Hai un finanziamento in corso e la rata mensile sta diventando troppo pesante? Le tue entrate sono cambiate e vuoi sapere se è possibile alleggerire l’impegno senza andare in difficoltà?
La risposta è sì: è possibile abbassare la rata di un finanziamento, e farlo in modo legale, sicuro e — in molti casi — senza dover sostenere costi aggiuntivi. Esistono diverse soluzioni, a seconda della tua situazione finanziaria, del tipo di prestito e del rapporto con l’ente finanziatore.
Quando conviene agire?
– Se il tuo reddito è diminuito e la rata pesa troppo sul bilancio familiare
– Se hai accumulato più debiti e vuoi gestirli in modo più semplice
– Se hai stipulato un finanziamento anni fa a condizioni oggi meno vantaggiose
– Se vuoi evitare il rischio di ritardi, segnalazioni o morosità
Come si può abbassare la rata di un finanziamento?
- Rinegoziazione del contratto
Puoi chiedere alla banca o finanziaria di rivedere le condizioni del prestito.
– Allungamento del piano di rimborso: consente di ridurre la rata mensile, anche se aumenta la durata.
– Revisione del tasso di interesse: può essere rinegoziato, specie se il finanziamento è a tasso fisso e oggi i tassi sono più bassi. Serve l’accordo con l’ente finanziatore, ma non comporta costi notarili. - Sostituzione del finanziamento con uno nuovo
Puoi estinguere il prestito attuale e sottoscriverne uno con:
– Rata più bassa
– Durata più lunga
– Migliori condizioni complessive Attenzione a valutare con cura:
– Costi di estinzione anticipata
– Spese di apertura del nuovo finanziamento
– TAEG effettivo - Consolidamento debiti
Se hai più finanziamenti in corso, puoi unificarli in un solo contratto, con una sola rata più bassa.
– Gestione semplificata
– Rata mensile ridotta
– Maggiore respiro finanziario Ideale per chi ha prestiti, carte revolving o cessioni del quinto da accorpare. - Sospensione temporanea della rata
Se sei in difficoltà momentanea (perdita lavoro, malattia, ecc.), puoi chiedere alla banca di sospendere il pagamento delle rate (capitale e/o interessi) per un periodo limitato. Questa possibilità può essere prevista:
– Dal contratto
– Dalla normativa emergenziale
– Da specifici accordi con l’ABI o l’intermediario
Cosa valutare prima di procedere?
– Quanto incide la rata sul tuo reddito attuale
– Il costo totale del finanziamento dopo l’intervento
– L’impatto sulla tua affidabilità creditizia
– La presenza di segnalazioni o ritardi pregressi
Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?
Analizziamo il tuo contratto, verifichiamo se ci sono margini per ridurre la rata e ti assistiamo nella trattativa con la banca o l’istituto finanziario. Se necessario, ti guidiamo anche in percorsi più strutturati di ristrutturazione del debito, evitando errori e tutelando il tuo patrimonio.
Hai un finanziamento con una rata troppo alta e vuoi abbassarla? Vuoi capire qual è la soluzione migliore per la tua situazione?
In fondo alla guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo insieme il tuo caso, ti aiuteremo a capire quali opzioni hai e ti accompagneremo nel percorso più efficace per ritrovare equilibrio finanziario senza rischi.
Introduzione
Affrontare rate mensili troppo elevate può diventare insostenibile per molti debitori, siano essi privati cittadini o piccoli imprenditori. L’aumento dei tassi d’interesse e le difficoltà economiche degli ultimi anni (specie dopo il 2022) hanno portato molte famiglie a chiedersi: è possibile abbassare la rata di un finanziamento? E come?. Fortunatamente, l’ordinamento italiano prevede diversi strumenti – sia contrattuali (extragiudiziali) sia legali (giudiziali) – che possono alleviare il peso della rata mensile. In questa guida esamineremo in modo approfondito tutte le soluzioni disponibili (escludendo i finanziamenti puramente aziendali), con taglio giuridico ma accessibile, dal punto di vista del debitore.
Analizzeremo dapprima le opzioni extragiudiziali, come la rinegoziazione con la banca, la surroga del mutuo o il consolidamento dei debiti, incluse soluzioni pratiche bancarie (es. sospensione delle rate). Passeremo poi alle procedure legali di “sovraindebitamento” (ex L. 3/2012, ora integrate nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), che consentono di ristrutturare o perfino ottenere la cancellazione parziale dei debiti per privati in grave difficoltà. Illustreremo inoltre i diritti del debitore nei confronti di banche e finanziarie – ad esempio le tutele previste dal Codice del Consumo, i limiti ai tassi di interesse (usura, anatocismo) e gli strumenti di risoluzione delle controversie come l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). Infine, forniremo domande e risposte sui quesiti più frequenti e tabelle riepilogative che riassumono i punti chiave e normative di riferimento.
Nota: Tutte le informazioni sono aggiornate a giugno 2025. Le fonti normative e giurisprudenziali più recenti (Cassazione, Corte Costituzionale, ABF, ecc.) saranno citate per garantire l’accuratezza e il livello avanzato dell’analisi.
Soluzioni extragiudiziali per ridurre la rata
In primo luogo, esaminiamo le strategie senza ricorrere al tribunale, da attuare in accordo con la banca o finanziaria erogante. Queste soluzioni mirano a modificare le condizioni del finanziamento in modo da ridurre l’importo della singola rata, mantenendo però l’obbligo di rimborso del debito (in genere prolungando la durata o ottenendo tassi più bassi). Vediamo le principali.
Rinegoziazione del finanziamento con la banca
La rinegoziazione consiste nel rivedere le condizioni contrattuali del mutuo o prestito in essere, mediante accordo tra il debitore e la banca stessa. Tipicamente si possono modificare elementi come il tasso di interesse (ad esempio da un tasso più alto ad uno più basso, o da variabile a fisso) e/o la durata residua (allungando il piano di ammortamento), in modo da diminuire l’importo di ogni rata mensile.
È un diritto del mutuatario ottenere la rinegoziazione? In generale, no: la rinegoziazione è frutto della libertà contrattuale delle parti e richiede il consenso della banca. Non esiste un obbligo legale generale per l’istituto di credito di accordare modifiche a richiesta del cliente, salvo eccezioni previste da normative speciali. L’Arbitro Bancario Finanziario, ad esempio, ha chiarito che la possibilità di rinegoziare rientra nell’autonomia negoziale e “non può essere imposta” unilateralmente dal mutuatario. Dunque, la banca può rifiutare di cambiare le condizioni originarie, fermo restando il dovere di agire con buona fede e trasparenza: in base alle regole ABF, la banca deve quantomeno esaminare e rispondere tempestivamente alle richieste di rinegoziazione, motivando un eventuale diniego. Ignorare totalmente l’istanza del cliente sarebbe contrario ai doveri di correttezza.
Quando conviene rinegoziare? Nei periodi di ribasso dei tassi di interesse o in caso di difficoltà finanziarie del debitore. Ad esempio, chi anni fa ha acceso un mutuo a tasso fisso elevato potrebbe chiedere di abbassare il tasso; oppure, se la rata è divenuta troppo onerosa rispetto al reddito attuale, si può proporre di allungare il finanziamento (riducendo così la singola rata). La banca valuterà la richiesta in base al merito creditizio aggiornato del cliente e alle garanzie: spesso può proporre condizioni alternative (es. una temporanea moratoria, v. oltre, anziché un taglio permanente del tasso, se il cliente è in difficoltà).
Va segnalato che in contesti eccezionali il legislatore ha previsto diritti temporanei di rinegoziazione a favore dei debitori. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha introdotto la possibilità, entro il 31/12/2023, per i titolari di mutui a tasso variabile (prima casa, importo ≤ 200.000 €, stipulati prima del 2023, con ISEE ≤ 35.000 € e senza rate scadute) di chiedere unilateralmente la rinegoziazione a tasso fisso. In pratica la banca doveva offrire il passaggio a un tasso fisso calmierato (dato dallo spread originario + IRS più basso tra 10 anni o residua durata) e, se necessario, allungare il piano fino a 5 anni oltre la scadenza iniziale. Questa misura eccezionale mirava a contenere l’aumento repentino delle rate variabili nel 2023. Oltre a ciò, molte banche (sotto impulso ABI) hanno spontaneamente offerto nel 2023: i) allungamenti di durata per mutui prima casa; ii) estensione dei requisiti di tale rinegoziazione anche a clienti con ISEE o importi leggermente superiori ai limiti di legge; iii) sensibilizzazione sull’opzione del Fondo di solidarietà prima casa. Al di fuori di queste fattispecie straordinarie, comunque, vige la regola generale: serve un accordo tra banca e cliente per rinegoziare le condizioni.
Effetti della rinegoziazione: se la banca accetta, si formalizza un atto di rinegoziazione (scrittura privata autenticata per i mutui ipotecari) che modifica il contratto originale. Non vi sono penali o spese notarili, perché non c’è estinzione del mutuo ma solo variazione di clausole. La rata può così diminuire, ad esempio: – riducendo il tasso di interesse (es. passando da un TAN del 5% al 3%); – o aumentando la durata residua (es. da 10 a 15 anni). Talora entrambe le cose insieme. Il risultato tipico è un importo rata più sostenibile nel breve termine, a fronte però di un allungamento temporale (dunque più interessi complessivi pagati nell’arco del mutuo, se il tasso non viene ridotto significativamente).
Tutela del mutuatario: Il cliente che intende rinegoziare dovrebbe presentare una richiesta scritta motivata alla banca (anche via PEC o raccomandata, per avere prova). In caso di risposta negativa considerata ingiustificata, potrà valutare un reclamo e poi un ricorso all’ABF. Quest’ultimo, pur non potendo imporre modifiche contrattuali, verificherà il rispetto dei doveri informativi e di buona fede. Ad esempio, l’ABF può sanzionare comportamenti omissivi della banca (come mancata risposta), ma non potrà comunque obbligare l’istituto a concedere un tasso più basso in assenza di base legale. In definitiva, la rinegoziazione è una soluzione volontaria: spesso le banche la concedono per fidelizzare il cliente (anziché perderlo con la surroga) o per prevenire insolvenze (preferendo incassare meno ma regolarmente, piuttosto che avviare un contenzioso).
Rinegoziazione in corso di pignoramento: Un caso particolare è quando il mutuo è già scaduto impagato e l’immobile magari pignorato. In tali situazioni la legge n. 18/2015 (art. 40 TUB modificato) ha previsto la possibilità per il debitore esecutato di chiedere rinegoziazione o portabilità del mutuo entro certi termini per bloccare la vendita forzata. La rinegoziazione deve garantire il pagamento dei crediti entro 120 giorni dall’ordinanza di rinvio della vendita (anche grazie a un garante o al Fondo prima casa). Questo strumento è molto tecnico e si inserisce nel processo esecutivo, ma cita il principio per cui anche “all’ultimo” il debitore può proporre un piano alla banca per riprendere i pagamenti ed evitare la liquidazione all’asta.
Caso “piano di ammortamento francese” – Negli ultimi anni alcuni mutuatari hanno contestato i mutui “alla francese” (a rata costante) sostenendo che comportassero interessi anatocistici nascosti, specie nei mutui a tasso variabile non accompagnati da chiare indicazioni sul regime finanziario. La questione è stata risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2024 e confermata nel 2025: la Suprema Corte ha stabilito che i piani “alla francese” non generano anatocismo illecito, poiché ogni rata calcola gli interessi solo sul capitale residuo (e non su interessi già maturati), e che non vi è difetto di trasparenza se al mutuatario è fornito il piano di ammortamento con chiara indicazione di importi dovuti per quota capitale e interessi. In altre parole, la struttura alla francese è legittima e non viola il divieto di interessi composti. Dunque, non è possibile ottenere una riduzione della rata impugnando in giudizio il piano di ammortamento standard salvo che vi siano specifiche irregolarità contrattuali (es. un TAEG indicato scorrettamente, v. più avanti) o tassi oltre soglia d’usura.
Surroga (portabilità) del mutuo ipotecario
Un altro potente strumento extragiudiziale è la surrogazione del mutuo (detta anche portabilità). Prevista dall’art. 1202 c.c. e potenziata dal “Decreto Bersani” (D.L. 7/2007 conv. L.40/2007), la surroga consente al debitore di trasferire il proprio mutuo presso un’altra banca che offra condizioni migliori, senza estinguere le garanzie e senza costi a suo carico. In pratica, la nuova banca subentra nel contratto di mutuo originario (stipulando però un nuovo atto di mutuo di importo pari al debito residuo), mantenendo l’ipoteca esistente. La vecchia banca deve accettare il rimborso anticipato con surroga e non può opporsi né addebitare commissioni o penali: qualsiasi patto che impedisca o renda onerosa la surrogazione è nullo di diritto. Inoltre, per legge le imposte (sostitutiva, ipotecarie, catastali) non si pagano in caso di surroga, e l’atto notarile di surroga è a costo zero per il cliente (le eventuali spese sono a carico della banca subentrante).
Effetto sulla rata: attraverso la surroga, il debitore può ottenere un mutuo con tasso più basso e/o durata più lunga, riducendo così significativamente la rata. Ad esempio, se nel 2019 aveva un mutuo al 2% e nel 2025 trova una banca che offre l’1,5%, oppure vuole passare da 15 a 25 anni di ammortamento, la surroga permette di realizzare questo cambiamento. Negli anni passati, moltissimi mutuatari hanno surrogato i mutui per approfittare dei tassi in calo (soprattutto tra il 2015 e il 2021): la surroga è stata la leva principale per abbassare le rate in quel periodo. Anche oggi, con tassi più alti, la surroga può servire a congelare la rata passando a un fisso sicuro, o a ottenere condizioni più favorevoli se la propria situazione creditizia è migliorata (talvolta la prima banca applicava spread alti che altre banche concorrenti riducono).
Limiti: La surrogazione non consente di aumentare l’importo del finanziamento. Si può surrogare solo il capitale residuo. Se il debitore necessita di liquidità aggiuntiva, l’operazione diventa una “sostituzione” (estinzione e nuovo mutuo distinto per importo maggiore) che comporta però nuove imposte e costi notarili – per questo spesso si preferisce fare una surroga pura e affiancare eventualmente un secondo finanziamento separato per l’extra importo. Inoltre, la nuova banca deve essere disposta a concedere il mutuo sostitutivo: effettuerà una normale istruttoria (reddito, valore immobile, storico pagamenti). Dunque la surroga è accessibile se il merito creditizio del cliente e le garanzie sono adeguate alle nuove politiche di credito. In caso di ritardi di pagamento sul mutuo originario o peggioramento reddituale, trovare una banca subentrante può essere difficile.
Tutela legale sulla surroga: la legge impone tempi rapidi. La banca originaria deve collaborare fornendo al cliente il conteggio di estinzione e consentendo il perfezionamento entro 30 giorni dalla richiesta. Se la surroga non si perfeziona entro 10 giorni lavorativi dalla data concordata per cause imputabili alla banca uscente, quest’ultima è tenuta a risarcire il cliente con un indennizzo pari all’1% del debito residuo per ogni mese (o frazione) di ritardo. Questa penale (introdotta dalla L. 40/2007) incentiva gli istituti a non frapporre ostacoli burocratici alla portabilità. In caso di problemi, il cliente può segnalare la banca inadempiente all’ABF o all’IVASS/Bankitalia.
Ricordiamo inoltre che, grazie sempre alla “legge Bersani”, dal 2007 le penali di estinzione anticipata sui mutui casa sono state eliminate per i mutui stipulati dopo il 2 febbraio 2007. Per quelli precedenti a tale data, furono rideterminate su soglie più basse. Ciò significa che oggi estinguere un mutuo prima della scadenza (anche tramite surroga) di regola non comporta costi penali per il mutuatario. Un ulteriore motivo per cui la surroga è conveniente: l’intera operazione di cambio banca può avvenire senza oneri, trasferendo l’ipoteca esistente e con grande beneficio per il debitore.
Esempio: Mario ha un mutuo ventennale stipulato 5 anni fa di cui paga una rata di €750 al mese, tasso variabile Euribor + spread 1,5%. Nel 2025 la banca B gli offre un variabile con spread 0,8% oppure un fisso al 3% e la possibilità di allungare la durata residua da 15 a 20 anni. Mario potrà surrogare il mutuo presso banca B: l’ipoteca verrà annotata a favore di B (mantiene il grado originario) e Mario inizierà a pagare le rate alla nuova banca, con un notevole risparmio. Se ad esempio con banca B ottiene un fisso 3% a 20 anni, la sua rata scenderà magari a ~€500, grazie al tasso calmierato e ai 5 anni in più di durata. Naturalmente, pagherà le rate per un periodo più lungo, ma il suo cash flow mensile migliorerà immediatamente.
Sostituzione del mutuo e consolidamento dei debiti
Quando la surroga non è sufficiente (ad es. perché serve liquidità extra) o per finanziamenti che non sono mutui ipotecari, si può valutare un rifinanziamento tramite sostituzione del debito. La sostituzione del mutuo consiste nell’estinguere il mutuo originario e accenderne uno nuovo, spesso con una nuova ipoteca (se quella vecchia viene cancellata) o con contestuale surroga della garanzia ma incremento dell’importo finanziato. A differenza della surroga pura, la sostituzione comporta la stipula di un nuovo contratto di mutuo di importo superiore al residuo (per coprire, ad esempio, spese aggiuntive, liquidità extra o costi di estinzione). In tal caso vi saranno costi notarili e fiscali (imposte ipotecarie) sul nuovo importo eccedente. La convenienza va attentamente valutata: il vantaggio è ottenere liquidità aggiuntiva o condizioni diverse, ma occorre considerare le spese iniziali e l’eventuale perdita di benefici sul mutuo originario. Ad esempio, se il primo mutuo godeva di tasso agevolato prima casa, sostituendolo con uno di importo maggiore si potrebbe avere un tasso meno favorevole sull’intera somma.
Un caso particolare di rifinanziamento è il consolidamento debiti: qui l’obiettivo è unificare più debiti in uno solo, spesso tramite un nuovo prestito (personale o un mutuo di consolidamento) che estingue tutte le posizioni aperte. Il consolidamento punta esplicitamente a ridurre l’importo totale delle rate mensili che il debitore paga, allungando la durata e magari spuntando un tasso medio più basso. È uno strumento adatto a chi ha diversi finanziamenti attivi (es. prestito auto, carta di credito, piccolo prestito, ecc.) e fa fatica a gestire le numerose rate.
Come funziona il consolidamento? Si richiede a una banca/finanziaria un nuovo prestito di importo pari alla somma dei debiti residui attuali. Con i fondi ottenuti, vengono immediatamente estinti tutti i finanziamenti pregressi (spesso è la banca stessa a saldare i creditori precedenti direttamente, tramite i cosiddetti conteggi estintivi). Il debitore così rimane con un unico debito verso la nuova banca, con una sola rata mensile. Idealmente, questa nuova rata è molto più bassa della somma delle vecchie: ciò avviene grazie a un periodo di ammortamento più lungo e/o a un tasso ridotto rispetto a quelli medi precedenti. Ad esempio, se prima Tizio pagava 4 rate per vari prestiti per un totale di 650€ al mese, con un consolidamento potrebbe trovarsi a pagare una rata unica da circa 300€. Il rovescio della medaglia è che si paga più a lungo: magari 5 anni aggiuntivi rispetto ai piani originali, con più interessi complessivi versati nel lungo termine. In sostanza, il consolidamento non “regala” soldi né condona debiti, ma li ristruttura: il debitore resta tenuto a restituire tutto il dovuto, però con modalità diverse (una sola rata più leggera, spalmata su più tempo).
Vantaggi del consolidamento:
- Semplificazione: una sola scadenza mensile invece di molteplici, meno rischio di dimenticare pagamenti.
- Rata più bassa: ottenuta diluendo il debito in un periodo maggiore e talvolta negoziando un tasso unico più favorevole (es. sostituire debiti costosi come carte revolving al 18% con un prestito personale al 7-8%).
- Tasso unico: spesso fisso, rende più facile il budgeting familiare.
- Unico interlocutore: il debitore passa ad avere un solo creditore invece di diversi, semplificando le comunicazioni.
- Possibilità di liquidità extra: molte banche consentono, contestualmente al consolidamento, di ottenere liquidità aggiuntiva. Ad es. se i debiti totali sono 15.000€, si può chiedere un prestito di 18.000€, usando 15k per chiudere i vecchi e tenendo 3k per spese correnti. Ciò ovviamente aumenterà la rata rispetto al minimo, ma fornisce subito fondi freschi se necessari.
Svantaggi e rischi:
- Costo totale maggiore: allungando la durata, gli interessi pagati su 5-7-10 anni possono superare quelli che si sarebbero pagati finendo i vecchi prestiti in tempi più brevi. Si guadagna sollievo mensile ma si paga di più in assoluto.
- Nuova istruttoria creditizia: il consolidamento è un nuovo finanziamento, serve quindi avere ancora capacità di credito. Se la situazione è già compromessa (ritardi, segnalazioni), può essere negato.
- Garanzie richieste: per importi elevati, la banca potrebbe proporre un mutuo di consolidamento con ipoteca su un immobile. Ciò permette tassi più bassi e durate fino a 20-30 anni (dunque rata minima), ma trasforma debiti prima magari chirografari in debito garantito da casa: aumenta il rischio per il debitore (in caso di insolvenza futura perderebbe la casa). Inoltre, i mutui liquidità (senza finalità di acquisto prima casa) spesso hanno LTV limitato (es. max 50-60% del valore) e costi notarili da considerare.
- Penali di estinzione anticipata sui prestiti consolidati: se si estinguono anticipatamente prestiti personali, potrebbe applicarsi una piccola penale (massimo 1% del capitale residuo, vedi oltre la normativa). Spesso però il beneficio del nuovo tasso più basso compensa ampiamente tali penali, che per prestiti a breve termine sono importi modesti (es. 1% su €1000 = €10). È bene comunque richiedere i conteggi estintivi e verificare eventuali costi prima di procedere al consolidamento, in modo da includerli nell’importo richiesto.
In molti casi, il consolidamento si integra con la sostituzione del mutuo: ad esempio, un debitore con un mutuo casa residuo di €40.000 e altri €10.000 di debiti vari, potrebbe chiedere alla sua (o ad altra) banca di rifinanziare il mutuo portandolo a €50.000 e magari allungando la durata. Così chiude anche i debiti minori e incorpora tutto nel mutuo, ottenendo una rata totale più bassa. Questa operazione è di fatto un mutuo di consolidamento: attenzione che non è una “surroga” ma una novazione/sostituzione – dunque vanno rifatti atto notarile e ipoteca per l’importo aumentato (con i relativi costi, sebbene alcune banche li includano nel nuovo finanziamento). D’altra parte, un mutuo ipotecario ha in genere tassi più bassi dei prestiti personali, quindi la convenienza finanziaria può esserci. Bisogna valutare caso per caso con l’assistenza magari di un consulente finanziario.
Cessione del quinto e delegazione di pagamento: Tra le forme di consolidamento rientra anche la cessione del quinto dello stipendio/pensione, se il debitore non l’ha già utilizzata. La cessione del quinto è un prestito personale garantito dalla trattenuta diretta su stipendio/pensione (fino al 20% mensile). Ha tassi spesso competitivi (anche se comprensivi di assicurazione obbligatoria) e durate fino a 10 anni. Un debitore può ricorrervi per ottenere liquidità con cui estinguere altri debiti più costosi, ritrovandosi una sola rata (la trattenuta in busta paga). Ad esempio, con una buona posizione lavorativa si può ottenere una cessione di importo sufficiente a chiudere scoperti di carte e prestiti, sommando il rimborso in un’unica trattenuta quinquennale o decennale. La cessione, essendo garantita dal reddito fisso, è accessibile anche a chi ha avuto qualche disguido finanziario (purché non sia già pignorato lo stipendio). Nota: se il debitore ha già in corso una cessione, può rinnovarla dopo aver rimborsato almeno il 40% del piano originario (D.P.R. 180/1950). La delegazione di pagamento (doppio quinto) può permettere, ai dipendenti con sufficiente stipendio, di arrivare fino al 40% di trattenute mensili complessive, consolidando ulteriormente debiti. Queste soluzioni vanno ponderate: legano il reddito futuro e, se si perde il lavoro, possono creare problemi (interviene l’assicurazione pagando il debito residuo, ma il debitore potrebbe perdere TFR o altri importi).
Conclusione sulle soluzioni di mercato: rinegoziazione, surroga, sostituzione e consolidamento sono tutti strumenti volontari che richiedono accordi con le banche. In genere conviene tentare prima la rinegoziazione interna (meno onerosa) e, se non va, valutare la surroga o un rifinanziamento esterno. È fondamentale calcolare il Costo Totale dell’operazione: a volte una rata dimezzata può sembrare ottima, ma se comporta pagare interessi per molti anni in più, il debito può gravare più a lungo sulla persona. Tuttavia, per chi rischia l’insolvenza, abbassare la rata immediatamente può fare la differenza tra riuscire a pagare e cadere in mora. Dunque ogni scelta va calibrata sulla situazione individuale, magari facendosi assistere da un consulente del debito o un legale esperto, che sappia negoziare con le banche e leggere le clausole (ad esempio attenzione a eventuali polizze aggiuntive che alcune finanziarie propongono nei consolidamenti, incidendo sul costo).
Moratorie e sospensione temporanea delle rate
Se il problema finanziario è temporaneo (es. perdita del lavoro per qualche mese, spese improvvise) e non si vuole (o può) rinegoziare il contratto, esistono meccanismi di sospensione delle rate. In Italia abbiamo avuto varie moratorie – sia volontarie di settore (promosse dall’ABI) sia previste per legge in situazioni straordinarie (sisma, COVID-19, etc.). Lo strumento principale, ancora oggi attivo per i privati, è il Fondo di solidarietà per i mutui prima casa (cd. Fondo Gasparrini).
Il Fondo di Solidarietà (prima casa) consente ai titolari di mutuo prima casa (importo fino a €250.000) in determinate condizioni di difficoltà (cessazione del lavoro, grave handicap, morte del mutuatario, spese mediche onerose, ecc.) di sospendere il pagamento delle rate fino a 18 mesi totali, senza essere segnalati come morosi. Durante la sospensione, il Fondo pubblico interviene rimborsando alla banca una parte degli interessi maturati sulle rate sospese (copre circa il 50% degli interessi intercalari maturati). In pratica, al cliente vengono congelati i pagamenti: la quota capitale non viene richiesta finché dura la sospensione; la quota interessi, per metà è assorbita dal Fondo, la restante metà può essere capitalizzata sul debito residuo (ossia aggiunta al capitale da rimborsare in futuro) o altrimenti regolata secondo gli accordi. Ciò significa che, ad esempio, su una rata di €600 (di cui €400 quota capitale e €200 interessi), sospendendo col Fondo Gasparrini il cliente non paga nulla in quel mese; il Fondo paga €100 di interessi alla banca, e gli altri €100 di interessi vengono differiti (sommati al debito, incrementando leggermente le rate future o l’ultima rata). La sospensione può essere chiesta per massimo 18 rate (anche non consecutive) e per usufruirne bisogna presentare domanda alla propria banca, che inoltra a Consap (gestore del Fondo) la richiesta. Durante la moratoria, la banca non può revocare il mutuo né segnalare il cliente come in default, essendo una sospensione accordata ex lege. Al termine, i pagamenti riprendono secondo un nuovo piano allungato (le rate sospese vengono poste in coda).
Questa misura è stata utilizzata molto, ad esempio, durante l’emergenza Covid (quando i requisiti furono ampliati a lavoratori autonomi in calo di fatturato, ecc.). Ad oggi, rientrati alla normalità, restano le causali ordinarie (disoccupazione, handicap, morte, ecc.) e un requisito ISEE sotto 30.000 € (temporaneamente sospeso in passato). Vantaggio: la sospensione dà respiro immediato al bilancio familiare senza bisogno di rinegoziare il tasso né cambiare banca. Svantaggio: allunga la durata del mutuo e comporta comunque un costo (gli interessi non pagati per la metà non coperta dal Fondo vengono caricati sul debito). Resta tuttavia un salvagente importantissimo per evitare insolvenze in caso di shock temporanei.
Oltre al Fondo pubblico, alcune banche e l’ABI hanno talora introdotto moratorie volontarie: ad esempio, c’è stata una moratoria ABI per le famiglie colpite da crisi economica nel 2009-2010, poi rinnovata più volte, che consentiva di sospendere 6-12 mesi le rate per chi aveva perso il lavoro o aveva spese mediche, ecc. Attualmente tali moratorie settoriali non sono aperte (salvo accordi specifici), ma vale sempre la pena parlare con la propria banca: molti istituti dispongono di soluzioni interne di temporanea sospensione o riduzione della rata. Ad esempio, alcune finanziarie prevedono contrattualmente l’opzione di salto rata (il cliente può saltare una o due rate l’anno, spostandole in coda). Oppure, in casi di comprovata necessità, la banca può concedere un periodo di solo pagamento interessi (interest only) per alcuni mesi, rinviando il rimborso del capitale. Tali concessioni sono discrezionali ma spesso attuabili, perché anche per la banca è preferibile venire incontro al cliente piuttosto che subirne il default.
Saldo e stralcio extragiudiziale: Un’altra via, drastica ma talvolta percorribile, è negoziare un saldo e stralcio col creditore. Ciò significa proporre alla banca o finanziaria di accettare il pagamento di un importo inferiore al debito dovuto, in un’unica soluzione o in poche tranche, a saldo dell’intera esposizione. Ad esempio, su €20.000 di debito residuo, il debitore potrebbe offrire €12.000 subito come saldo finale. Le banche accettano raramente di ridurre il capitale, ma in situazioni di manifesta sofferenza (debitori insolventi, magari già pignorati, o crediti incagliati) possono preferire incassare subito una percentuale anziché rischiare di non recuperare nulla. Il saldo e stralcio abbassa definitivamente l’esposizione (non solo la rata), ma comporta avere a disposizione una somma rilevante immediata – spesso grazie all’intervento di terzi (un parente, o una nuova banca che eroga un prestito ad hoc di importo minore per chiudere il vecchio debito). Dal punto di vista legale, un saldo e stralcio va formalizzato per iscritto, con rinuncia della banca a future pretese a fronte del pagamento concordato. Tipico scenario: il debitore vende volontariamente un immobile ipotecato e con parte del ricavato offre alla banca ipotecaria un saldo inferiore al credito iniziale, ottenendo la liberatoria. Questo scenario esula dall’abbassare la “rata” in senso stretto, perché qui si chiude il debito, ma è una soluzione di uscita da sovraindebitamento spesso praticata.
Procedure giudiziali per la riduzione/ristrutturazione del debito (Legge 3/2012 e Codice della crisi)
Quando la situazione debitoria è grave e le soluzioni negoziali con le banche non sono praticabili o sufficienti, il debitore può ricorrere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla legge. Si tratta di strumenti giudiziari (dinanzi al tribunale) introdotti originariamente con la Legge 3/2012 (c.d. legge “Salva-suicidi”) e ora confluiti, con alcune modifiche, nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Tali procedure mirano a ristrutturare i debiti di persone fisiche, consumatori o piccoli imprenditori non fallibili, restituendo loro la dignità economica (fresh start) mediante piani sostenibili o esdebitazione finale. Dal punto di vista del debitore, questi strumenti possono ridurre drasticamente l’importo che dovrà effettivamente pagare – anche abbassando a zero la rata in certi casi – ma seguono regole e requisiti stringenti e richiedono l’assistenza di professionisti (OCC – Organismi di Composizione della Crisi).
Le procedure principali sono: (a) il Piano del consumatore (oggi “ristrutturazione dei debiti del consumatore”), (b) l’Accordo di composizione dei debiti (oggi forma di concordato minore), (c) la Liquidazione controllata del sovraindebitato, a cui si aggiunge la particolare esdebitazione del debitore incapiente (o “di buona fede”) introdotta di recente.
Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore)
Il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche consumatori, ossia che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriali. È uno strumento pensato per famiglie sovraindebitate, che consente di ottenere dal giudice l’omologazione di un piano di rientro dei debiti anche senza l’accordo dei creditori. In sostanza, il consumatore propone – con l’ausilio di un OCC nominato – un piano che può prevedere: riduzione degli importi dovuti (stralcio) di parte dei debiti chirografari, dilazione di pagamento su più anni delle restanti somme, e ogni altra misura utile (es. vendita di alcuni beni per pagare parzialmente i creditori, mantenendo però altri beni indispensabili).
Vantaggio principale: se il giudice ritiene il piano fattibile e che il consumatore sia meritevole (cioè che il sovraindebitamento non sia dovuto a sua frode o colpa grave), può omologare il piano anche senza il consenso di tutti i creditori. Anzi, nella versione originaria della L.3/2012, il piano del consumatore non richiedeva alcun voto dei creditori: era una decisione del giudice, valutato l’interesse dei creditori nel complesso e la buona fede del debitore. Con la riforma del Codice della crisi (CCII), la procedura è stata rinominata “ristrutturazione dei debiti del consumatore” e prevede attualmente anche il possibile intervento dei creditori (possono fare osservazioni o opporsi), ma resta un istituto fortemente sbilanciato a favore del debitore meritevole. Ad esempio, è possibile falcidiare (tagliare) i debiti chirografari e anche ristrutturare quelli privilegiati, purché il piano assicuri ai creditori privilegiati un trattamento non inferiore a quello che avrebbero in una liquidazione (cioè che il pagamento proposto non sia inferiore al presumibile ricavato dalla vendita del bene su cui hanno garanzia). Questa regola – prevista dall’art. 7, co.1, L.3/2012 – è stata confermata dalla Cassazione: in una recente pronuncia si è ribadito che un piano non può essere omologato se offre a un creditore ipotecario meno di quanto costui potrebbe ottenere escutendo l’ipoteca in sede esecutiva (tenendo conto anche di eventuali beni su cui il creditore potrebbe rivalersi, ad es. beni dati in garanzia da terzi). Dunque, non si può “scaricare” totalmente la perdita sui creditori garantiti, a meno che accettino volontariamente.
Procedura: il consumatore deposita ricorso in tribunale con proposta di piano e tutti i documenti (elenco debiti, beni, redditi, ecc.) con l’ausilio dell’OCC. Il giudice può sospendere eventuali procedure esecutive in corso (pignoramenti) già all’ammissione. Dopo aver sentito i creditori (eventuale udienza) e verificati i requisiti, omologa il piano rendendolo vincolante. Da quel momento, il debitore esegue il piano pagando le somme stabilite (es: pagamento del 100% di alcuni debiti essenziali e del 20% di altri chirografari, in rate semestrali per 4 anni, con eventuale vendita di un bene al terzo anno, etc.). Una volta completato il pagamento del piano, il debitore ottiene dal Tribunale la esdebitazione: la cancellazione di tutti i debiti residui non soddisfatti nel piano. Ciò significa un “fresh start”: i creditori non possono più pretendere nulla oltre quanto ricevuto secondo il piano.
Esempio di abbassamento rata tramite piano: un consumatore ha 5 finanziarie da pagare con rate mensili complessive di €1.500 che non riesce più a sostenere, e un piccolo immobile non di lusso. Tramite un piano del consumatore potrebbe proporre: vendere l’immobile e ricavarne €50.000 da distribuire ai creditori, e per la parte restante del debito pagare €300 al mese per 4 anni (totale altri ~€14.000). Così su, ipotizziamo, €100.000 di debiti totali, i creditori riceverebbero €64.000 (una soddisfazione parziale ~64%). Il tribunale, valutata la proporzione e l’assenza di colpa grave del debitore, può omologare anche se alcune finanziarie dissentono. Il debitore in questo periodo pagherà €300/mese invece di €1.500, un sollievo enorme; al termine dei 4 anni otterrà l’esdebitazione e i restanti €36.000 di debito saranno annullati. In termini di “rata”, il piano giudiziale gli ha consentito di ridurre la rata mensile di 5 volte e poi di azzerarla definitivamente dopo l’adempimento.
Condizioni e limiti: il debitore deve essere in buona fede (non aver fatto nuovo debito con dolo o frode sapendo di non poter pagare, non aver già fruito di esdebitazione recente – c’è un divieto di accesso se ha già ottenuto esdebitazione nei 5 anni precedenti). Inoltre, deve offrire tutto il suo possibile ai creditori: non può tenere per sé lussuose disponibilità mentre chiede lo stralcio dei debiti. Il piano deve essere fattibile e prevedere che il debitore metta a disposizione il suo patrimonio eccedente il minimo vitale. Il giudice valuterà la “meritevolezza”: interpretazioni troppo rigide in passato hanno rigettato piani per piccole negligenze, ma la giurisprudenza recente è più favorevole a dare una seconda chance, se il piano conviene comunque più di una liquidazione forzata. Ad esempio, è stato affermato che la meritevolezza non va confusa con una “punizione morale” del debitore: anche chi ha commesso qualche leggerezza può accedere, purché non abbia agito fraudolentemente (ci si riferisce a orientamenti come Trib. Verona 2021: meritevolezza da interpretare non troppo restrittivamente).
Accordo di composizione dei debiti (concordato minore)
L’accordo di composizione è l’altro strumento originario della L.3/2012, aperto a tutti i debitori non fallibili (compresi imprenditori sotto soglia, start-up, professionisti, enti no profit, ecc., oltre ai consumatori se preferiscono coinvolgere i creditori). A differenza del piano del consumatore, qui è previsto il coinvolgimento attivo dei creditori: la proposta di accordo deve essere accettata da almeno il 60% (in valore) dei crediti, e poi omologata dal tribunale. Il nuovo Codice della crisi lo ha ridenominato “concordato minore” (per soggetti minori non fallibili), ma la sostanza è analoga.
Caratteristiche: il debitore propone ai creditori un piano che può prevedere anche qui stralci, dilazioni, garanzie di terzi, ecc. Si presenta il ricorso con il piano e l’OCC asseverante. Il giudice convoca i creditori per votare. Se la maggioranza qualificata approva e il giudice verifica la regolarità, omologa l’accordo rendendolo efficace per tutti i creditori, anche dissenzienti. Se invece i creditori non approvano, l’accordo non si perfeziona (ma il debitore potrà eventualmente ripiegare sulla liquidazione controllata).
Trattamento dei creditori privilegiati: anche nell’accordo vale la regola che ai creditori con ipoteca, pegno o privilegio va garantito almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione del bene vincolato. Non occorre il loro consenso individuale se il piano rispetta questa condizione, ma se il trattamento è inferiore allora il singolo garantito può opporsi e il giudice non omologherà. Cassazione 2023/4613 (sopra citata) ha chiarito i criteri di confronto: bisogna considerare anche i diritti che il garantito perderebbe a causa dell’accordo (es. la possibilità di aggredire beni di terzi fideiussori o beni del debitore alienati prima). In breve, l’accordo non deve pregiudicare eccessivamente i garanti reali.
Vantaggi e svantaggi: rispetto al piano del consumatore, l’accordo richiede negoziazione con i creditori – il che può essere difficile se sono molti. In compenso può essere utilizzato anche da piccoli imprenditori e società. Una volta omologato, ha effetti di legge: sospende le azioni esecutive e le sostituisce con le previsioni del piano. Può salvare aziende in crisi evitando fallimenti, poiché consente anche il pagamento parziale dei debiti con accordo dei creditori. Dal lato del debitore privato, l’accordo può comunque abbassare il carico mensile: se i creditori accettano, si possono prevedere rate sostenibili magari per un periodo più lungo. L’esdebitazione finale è concessa analogamente una volta eseguito l’accordo.
Esdebitazione dell’incapiente: la novità introdotta dal Codice della crisi (art. 283 CCII) riguarda il debitore “meritevole” che non ha alcuna capacità di offrire pagamenti ai creditori. Se una persona fisica sovraindebitata non possiede beni liquidabili né redditi aggredibili, e non può accedere ad altre procedure (perché non avrebbe senso un piano con pagamento zero), può chiedere al tribunale la cancellazione dei debiti residui immediata, senza dare nulla ai creditori. È la cosiddetta esdebitazione del debitore incapiente, o “seconda chance” pura. Viene concessa una sola volta nella vita e con condizioni rigorose: il debitore non deve aver colposamente aggravato la sua insolvenza e si riserva ai creditori il ricavato eventuale di somme sopravvenienti nei 4 anni successivi (se ad esempio vince alla lotteria, o riceve un’eredità, parte di quella sopravvenienza va ai vecchi creditori, altrimenti questi nulla possono più pretendere). Questa misura straordinaria – in precedenza non prevista – consente ai debitori civili onesti ma totalmente incapaci di pagare, di azzerare i debiti e ripartire, evitando l’ergastolo finanziario. Ad esempio, persone sovraindebitate senza reddito né patrimonio, magari garanti di aziende fallite, possono liberarsi dei debiti non colpevoli. Cassazione 2023 ha confermato che tale esdebitazione si applica anche all’imprenditore agricolo meritevole che non riesce a offrire beni (debito “incapiente”). Questo strumento, pur estremo, risponde a finalità sociali di reinclusione del debitore disperato. Naturalmente, la concessione è in mano al giudice e va istruita con perizia OCC che attesti la totale incapienza.
Effetti sullo status del debitore: l’apertura di una procedura di sovraindebitamento produce, similmente a un fallimento, effetti protettivi. Il giudice può disporre la sospensione delle azioni esecutive individuali pendenti. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito (ord. 22715/2023) che il giudice della composizione non può sostituirsi al giudice dell’esecuzione: può vietare nuovi atti esecutivi, ma per sospendere formalmente un pignoramento in corso serve un provvedimento del giudice dell’esecuzione stesso. In pratica, dichiarato aperto un procedimento ex L.3/2012, il debitore deve informarne il giudice dell’eventuale pignoramento pendente, il quale sospenderà l’asta fino all’omologazione del piano. Se per caso non lo fa, il debitore deve opporsi in sede esecutiva per far valere il divieto, altrimenti quell’esecuzione potrebbe proseguire. Dopo l’omologa di un piano/accordo, i creditori sono vincolati e non possono procedere individualmente (gli atti esecutivi in corso decadono). In caso di liquidazione controllata, invece, le esecuzioni confluiscono nella procedura concorsuale e il liquidatore nominato vende i beni in un processo unitario; qui però c’è un’eccezione per i creditori fondiari (banche con ipoteca su immobili) che possono proseguire le esecuzioni anche durante la liquidazione – una peculiarità normativa criticata, evidenziata da Cass. 22914/2024. Ad ogni modo, conclusa la liquidazione (o trascorsi 3 anni dall’apertura, come introdotto dal Codice), il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione di ciò che non è stato pagato. In sintesi, le procedure concorsuali minori permettono di chiudere la posizione debitoria in modo ordinato e ottenere la liberazione definitiva dai debiti (discharge), anche se spesso a costo di perdere beni e subire limitazioni nell’accesso al credito durante la procedura.
Importante: le procedure ex L.3/2012 richiedono assistenza tecnica (OCC, avvocato). Sono soluzioni complesse ma potenti: il debitore passa sotto l’ombrello del tribunale e ottiene stop alle pressioni delle finanziarie, potendo vivere con quanto previsto nel piano (spese di sostentamento) e destinando il resto ai creditori secondo criteri di equità. Dal punto di vista del “abbassare la rata”, è chiaro che entrare in una procedura concorsuale significa spesso smettere di pagare le rate originarie e iniziare a pagare secondo il piano approvato, spesso importi molto ridotti. In casi estremi, come visto, la “rata” può addirittura azzerarsi (debiti cancellati). Tuttavia, il contraltare è che il debitore risulta iscritto nei registri dei protesti/conservatoria per la procedura in atto e dovrà gestire i sacrifici imposti (perdite di beni non indispensabili, controllo delle entrate da parte del liquidatore, etc.). Sono dunque vie da intraprendere quando il sovraindebitamento è conclamato e ingestibile con le normali rinegoziazioni.
Diritti del debitore nei rapporti con banche e finanziarie
Indipendentemente dalle strategie per ridurre la rata, è fondamentale che il debitore conosca i diritti che la legge gli riconosce nei contratti di finanziamento e nel dialogo con gli intermediari. Spesso l’esercizio di questi diritti (ad esempio contestare interessi illegittimi o richiedere rimborsi dovuti) porta di fatto a una riduzione del costo del debito. Esaminiamo le principali tutele: dalla trasparenza contrattuale, al divieto di usura e anatocismo, al diritto di rimborso anticipato, fino agli strumenti di reclamo e risoluzione stragiudiziale (ABF).
Trasparenza contrattuale e clausole vessatorie
Le banche e finanziarie sono tenute per legge a contratti chiari e informazioni precontrattuali complete. Il Testo Unico Bancario (TUB) e le disposizioni di Banca d’Italia impongono di indicare nei contratti di credito tutti i tassi, le voci di costo e l’ISC/TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) che rappresenta il costo totale del finanziamento. Se queste norme non vengono rispettate, le conseguenze possono essere favorevoli al cliente. Ad esempio, in alcuni casi di mancata indicazione del TAEG corretto, la giurisprudenza ha ritenuto che il tasso di interesse applicabile sia quello legale, molto inferiore (sanzione civile per violazione di trasparenza). Oppure, se il contratto di mutuo non viene fornito al cliente e firmato secondo le forme richieste, può esservi nullità parziale.
Il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) inoltre tutela il contraente debole da clausole vessatorie nei contratti con professionisti. Nei finanziamenti a consumatori, qualsiasi clausola che determini a carico del cliente uno squilibrio significativo e ingiustificato potrebbe essere dichiarata nulla (artt. 33-36 Cod. Cons.). Ad esempio, una clausola che escludesse del tutto la possibilità di rimborso anticipato del prestito o imponesse penali abnormi sarebbe sicuramente nulla, perché contraria a norme imperative e ai diritti del consumatore. La nullità di singole clausole non travolge l’intero contratto, che prosegue applicando norme più favorevoli al cliente (es. eliminando la penale vietata). Anche condizioni di recesso unilaterale della banca, o modifiche unilaterali del tasso non giustificate da parametri oggettivi, possono essere contestate.
Un altro aspetto cruciale è la documentazione: il debitore ha diritto, in ogni momento, di ottenere copia del contratto e degli estratti conto o prospetti di ammortamento (art. 119 TUB). Questo aiuto è fondamentale per verificare l’effettivo andamento del debito e accorgersi di eventuali anomalie (interessi non pattuiti, errori di calcolo, ecc.). Il rifiuto di consegna documenti può essere segnalato a Banca d’Italia e risolto tramite ABF.
Usura e interessi oltre soglia
La legge italiana (L. 108/1996) vieta espressamente i tassi usurari: per ogni tipo di credito viene fissato trimestralmente un tasso soglia (detto TEGM aumentato del 25% + 4 punti, con un max di 8 punti sopra il TEGM). Se il tasso di interesse pattuito in un contratto di mutuo o prestito eccede la soglia dell’usura al momento della stipula, la clausola di interesse è nulla e si applicano le sanzioni civili: il creditore perde il diritto agli interessi e il debitore deve restituire solo il capitale, senza interessi (art. 1815 co.2 c.c.). In altre parole, il tasso viene forzatamente ridotto a zero per punire l’usura. Questo può comportare un enorme vantaggio per il debitore vessato: se riuscisse a dimostrare l’usurarietà originaria del tasso (sommando interessi corrispettivi, commissioni e spese come da legge), potrebbe non dover più pagare interessi sulle rate future e richiedere la restituzione di quelli già pagati in eccesso. Attenzione: è materia tecnica, spesso affrontata in cause giudiziarie con CTU; la definizione del calcolo del TEG effettivo e quali voci includere (spese di assicurazione, mora, etc.) è stata oggetto di molto contenzioso. La Cassazione ha chiarito che nel confronto col tasso soglia vanno inclusi tutti gli oneri collegati all’erogazione del credito (costi occulti compresi), mentre gli interessi moratori vanno valutati separatamente secondo criteri indicati da Banca d’Italia (ma se la somma di moratori e corrispettivi porta il costo effettivo oltre soglia, alcuni giudici ritengono integrata usura sopravvenuta). In generale, se si sospetta usura, conviene rivolgersi a un legale: in caso di successo, l’effetto di azzerare gli interessi equivale ad “abbassare la rata” in modo drastico (la rata futura diventerebbe di soli rimborsi capitale).
E per l’usura sopravvenuta? Ossia tassi leciti all’origine ma divenuti superiori alla soglia in corso di rapporto per mutamento delle soglie (ad esempio in periodi di ribasso del mercato). La giurisprudenza prevalente esclude che si possa parlare di usura sopravvenuta come vizio del contratto: il superamento successivo non dà diritto alla nullità degli interessi pattuiti (Cass., SS.UU. n. 24675/2017). Tuttavia, anche in questi casi spesso le banche accettano di rinegoziare spontaneamente il tasso se diviene eccessivo: ad esempio, in passato con la discesa dei tassi molti mutui a tasso variabile con floor minimo si erano trovati a tassi di fatto molto alti rispetto al mercato, e le banche hanno offerto riduzioni per evitare accuse di usura sopravvenuta. Sul piano penale, conta solo il tasso al momento del patto.
Anatocismo e capitalizzazione degli interessi
Il anatocismo è la produzione di interessi su interessi già dovuti. È vietato in generale dall’art. 1283 c.c., salvo interessi maturati da almeno 6 mesi e richiesti giudizialmente o espressamente pattuiti con accordi transattivi. Nei rapporti bancari, l’anatocismo (specie su conti correnti) era prassi fino a inizio anni 2000 – poi è stato fortemente limitato. Oggi il TUB (art. 120) consente la capitalizzazione al massimo con periodicità non inferiore all’anno e a condizione di reciprocità tra attivo e passivo. In sostanza, sulle rate dei mutui e prestiti, di norma non vi è anatocismo: ogni rata è calcolata solo sul capitale residuo. Le Sezioni Unite 2024 hanno appunto confermato che l’ammortamento alla francese non costituisce anatocismo illegittimo. Se però si scoprisse che una banca applica calcoli anomali (es. interessi di mora su rate scadute comprensive a loro volta di interessi – ciò genererebbe anatocismo), tali clausole sarebbero nulle. Un caso tipico: alcuni mutui prevedono che in caso di mora gli interessi di mora si sommino al debito e poi producano ulteriori interessi (interessi composti); tale pattuizione sarebbe nulla perché contraria al divieto di anatocismo sugli interessi moratori.
Negli affidamenti di conto corrente, la situazione è diversa ma la menzioniamo per completezza: un correntista che scopre di aver pagato interessi anatocistici trimestrali negli anni 90-2000 può chiedere la restituzione, ma per i rapporti dopo il 2000 la materia è regolata da delibere CICR che hanno permesso capitalizzazione purché annuale e reciproca. Comunque, per i finanziamenti oggetto di rate mensili, il piano standard evita anatocismo: quindi su questo fronte non si ottiene generalmente una riduzione della rata (non c’è indebito da stornare) a meno di irregolarità particolari.
Diritto di estinzione anticipata e riduzione dei costi (principio Lexitor)
Ogni debitore ha facoltà di rimborsare anticipatamente in tutto o in parte il finanziamento, secondo le normative di settore. Questo può essere uno strumento per ridurre l’esborso totale di interessi (se si dispone di liquidità per chiudere il debito). La legge tutela questa facoltà stabilendo limiti alle penali e diritti al rimborso di costi non goduti.
- Mutui ipotecari: come detto, per i mutui contratti da persone fisiche dopo feb. 2007 (per acquisto/rist. prima casa o bisogni famigliari) non possono essere applicate penali di estinzione. Per i mutui precedenti, grazie a un accordo ABI-consumatori recepito nel 2007, le penali furono abbassate a soglie massime (es. 0,5% o 1% a seconda della vita residua). Quindi oggi chi estingue anticipatamente un mutuo casa in genere paga zero penale. Solo su mutui aziendali o prestiti ipotecari diversi (es. mutuo liquidità) stipulati prima del 2007 possono ancora esserci penali moderate.
- Credito ai consumatori (prestiti personali, cessione del quinto, finanziamenti finalizzati): il Codice del Consumo/TUB (art. 125-sexies TUB) prevede che il consumatore possa sempre estinguere anticipatamente e la banca può chiedere una indennità massima dell’1% del capitale rimborsato in anticipo (se manca oltre 1 anno a scadenza) o 0,5% (se manca 1 anno o meno). Nessuna indennità è dovuta se il debito residuo è rimborsato con un indennizzo assicurativo (es. polizza pagamento protetto) o se l’estinzione avviene in esecuzione di un contratto di portabilità (surroga) o ancora se l’importo rimborsato anticipatamente è modesto (sotto €10.000 per legge UE). In ogni caso, queste penali ridotte sono il tetto: se il contratto prevedesse ad es. un 3% di penale, sarebbe nulla la clausola per la parte eccedente l’1% legale. Oltre a ciò, il consumatore che estingue anticipatamente ha diritto a una riduzione del costo totale del credito pari agli interessi e ai costi relativi alle rate non maturate. Questo principio, oggetto di discussione per anni, è stato affermato dalla Corte di Giustizia UE (caso Lexitor 2019) e definitivamente recepito in Italia grazie alla Corte Costituzionale, sent. 263/2022. In sintesi: tutti i costi compresi nel costo totale del credito vanno restituiti pro-rata temporis se il prestito viene estinto prima del termine. Ciò include non solo interessi e costi “recurring” (es. commissioni periodiche), ma anche quelli upfront come commissioni di intermediazione, istruttoria, polizze, ecc., che originariamente la normativa italiana escludeva dal rimborso. Il legislatore nel 2021 aveva provato a limitare tale diritto ai soli contratti futuri, ma la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella limitazione. Quindi oggi, se un consumatore chiude anticipatamente un finanziamento, può chiedere alla finanziaria il rimborso della quota parte di tutti i costi relativi al periodo non goduto. Ad esempio, se aveva pagato una commissione di €600 per 5 anni di credito e estingue dopo 2, ha diritto a indietro 3/5 di quella commissione, oltre agli interessi non maturati su capitale residuo. Questo diritto opera per tutti i contratti di credito al consumo, anche quelli stipulati prima del 2021, grazie all’intervento della Consulta. Molti consumatori non ne sono consapevoli, ma far valere Lexitor può significare recuperare centinaia di euro dopo l’estinzione e, di fatto, abbassare il costo effettivo sostenuto. L’ABF ha emanato numerose decisioni conformi a Lexitor tra 2020 e 2022, e ora che la vicenda è chiusa normativamente, le finanziarie devono adeguarsi.
Riassumendo: nessun ostacolo contrattuale può impedire l’estinzione anticipata, e il debitore ha diritto a pagare meno costi se abbrevia la durata. Strategicamente, se si trova liquidità o si ottiene un nuovo finanziamento a miglior condizioni (es. un consolidamento come sopra), conviene approfittare del rimborso anticipato dei costi: di fatto, quei soldi recuperati riducono l’ammontare netto da rifinanziare. Ad esempio, se su €10.000 di prestito personale da estinguere oggi la finanziaria deve restituirmi €500 di interessi e commissioni non maturati, posso chiedere un nuovo prestito di €9.500 anziché €10.000, ottenendo la stessa cifra necessaria.
Strumenti di reclamo e risoluzione delle controversie: ABF
Quando il debitore ritiene che la banca o finanziaria non rispettino i suoi diritti, o vi siano errori nel rapporto (addebiti non dovuti, mancata applicazione di una legge, rifiuto ingiustificato di una richiesta, ecc.), ha a disposizione dei canali di tutela stragiudiziale rapidi ed economici. Il principale è l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), sistema ADR istituito presso Banca d’Italia dal 2009, competente su tutte le controversie in materia bancaria/finanziaria fino a €200.000 (se si chiedono somme) o illimitatamente se si chiede solo accertamento di diritti/obblighi. L’ABF è un organismo indipendente che decide sui ricorsi dei clienti contro intermediari, emettendo decisioni paragonabili a lodi arbitrali – non vincolanti come sentenze, ma generalmente rispettate dagli intermediari (anche perché in caso di mancata esecuzione la Banca d’Italia pubblica il nome della banca inadempiente, con grave danno reputazionale).
Come procedere: il cliente deve prima inoltrare un reclamo scritto interno alla banca e attendere risposta (massimo 30 giorni per reclami di mutui/prestiti ai consumatori). Se la risposta non arriva o è insoddisfacente, entro 12 mesi può presentare ricorso ABF. Il ricorso si presenta online o per raccomandata, pagando un contributo di soli €20 (rimborsati in caso di accoglimento anche parziale). Non serve un avvocato, sebbene il caso possa essere seguito da legali o associazioni consumatori. L’ABF istruisce la pratica tramite memorie scritte delle parti e decide entro circa 4-6 mesi. Le decisioni ABF sono pubbliche (massimate sul sito ABF) e formano una sorta di “giurisprudenza” di settore spesso uniforme.
Esempi di questioni affrontate dall’ABF:
- Errori di calcolo sul piano di ammortamento o sul conteggio di estinzione (l’ABF può rettificare importi e far ottenere rimborsi al cliente).
- Contestazioni su tassi, commissioni o clausole: l’ABF verifica la conformità a norme (ad es. applicazione della Lexitor: gli ABF dal 2019 in poi hanno accolto ricorsi di clienti a cui non erano stati restituiti costi upfront in caso di estinzione anticipata, ingiungendo alle finanziarie la restituzione).
- Portabilità del mutuo: ricorsi per ritardi nella surroga – i Collegi ABF hanno riconosciuto il diritto all’indennizzo 1% per ogni mese di ritardo previsto dalla legge.
- Rinegoziazione mutuo: se la banca ignora la richiesta o non rispetta obblighi di legge particolari (es. mancata applicazione della rinegoziazione ex lege di cui alla L.197/2022), l’ABF può intervenire. Abbiamo visto che l’ABF ha chiarito che non esiste un diritto assoluto a rinegoziare tasso/durata, però ha censurato comportamenti scorretti delle banche nel gestire tali richieste (come il non rispondere affatto). In una decisione del 2022, ABF Collegio di Roma ha ritenuto non censurabile la banca che aveva rifiutato la rinegoziazione per mancanza di redditi adeguati del cliente, ma solo dopo aver comunque esaminato l’istanza e concesso in alternativa una sospensione delle rate. L’ABF ha ribadito il principio di buona fede: la banca non ha obbligo di ridurre il tasso, ma ha il dovere di esaminare seriamente le richieste del mutuatario e di motivare eventuali rifiuti.
- Clausole contrattuali dubbie: l’ABF può dichiarare non dovuto un addebito se la relativa clausola è contra legem. Ad esempio, clausole che impongono spese di incasso rata, spese eccessive di invio comunicazioni, etc., possono essere contestate (il CICR ha vietato addebitare spese per comunicazioni obbligatorie come quelle ex art. 125 TUB).
- Segnalazioni in Centrale Rischi: se la banca segnala il cliente come cattivo pagatore in modo non conforme (anticipato o errato), l’ABF può disporre la rettifica.
- Polizze abbinate e rimborso premi: l’ABF tutela il cliente sul diritto di ottenere la restituzione parziale dei premi assicurativi pagati se estingue prima, e vigila su pratiche scorrette (es. vendita obbligatoria di polizze non obbligatorie).
- Casi di usura: pur essendo a volte complessi, alcuni ABF hanno accolto ricorsi su interessi di mora sproporzionati, riducendo il tasso di mora pattuito se eccedeva la soglia.
In generale, l’ABF è uno strumento rapido e a basso costo che ogni debitore dovrebbe considerare prima di intraprendere cause lunghe. Le banche tendono ad uniformarsi alle decisioni ABF perché la ripetizione di condotte sanzionate le espone anche a interventi di Banca d’Italia. Dal punto di vista pratico, dunque, un reclamo/ricorso ABF ben fondato può portare ad abbassare l’importo dovuto (ad es. stornando interessi non dovuti) o ottenere risarcimenti/riduzioni, che di fatto alleggeriscono il debito.
Nota: le decisioni ABF, se non eseguite dalla banca, non hanno efficacia coattiva come una sentenza – il cliente poi dovrebbe agire in giudizio ordinario. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, gli intermediari ottemperano, versando le somme indicate dall’ABF o adeguandosi al provvedimento.
Altre tutele: dall’Arbitro assicurativo all’Autorità Antitrust
Oltre all’ABF, segnaliamo brevemente che:
- Se il finanziamento è collegato a un servizio di investimento (es. è un prestito su titoli, margin loan, etc.), la controversia potrebbe rientrare nell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) presso Consob. Ma questo esula dal credito al consumo tradizionale.
- L’AGCM (Autorità Garante Concorrenza e Mercato) vigila sulle pratiche commerciali scorrette: in passato ha sanzionato finanziarie per pubblicità ingannevoli su prestiti o per la mancata concessione di benefici di legge (come Lexitor). Un consumatore può segnalare pratiche scorrette all’Antitrust, la quale può multare l’azienda e imporle di correggere i comportamenti (ad es. comunicare correttamente i diritti di rimborso).
- Il Giudice ordinario rimane l’ultima risorsa: per far dichiarare la nullità di clausole o far valere usura/anatocismo complessi potrebbe essere necessario avviare una causa civile. Tuttavia, con costi e tempi noti, spesso conviene tentare prima le vie stragiudiziali (reclamo, ABF). In alcuni casi peculiari (usura criminale, minacce da soggetti non bancari) entra in gioco anche l’autorità penale e misure di protezione (es. Fondo antiusura), ma ciò è al di fuori del rapporto banca-cliente tradizionale.
Domande frequenti (FAQ)
D: Posso obbligare la banca a ridurre la rata del mio finanziamento?
R: In linea generale no, non puoi imporlo unilateralmente. Le banche non hanno un obbligo legale di rinegoziare mutui o prestiti già concessi, salvo specifiche eccezioni stabilite per legge. Abbassare la rata richiede un nuovo accordo (rinegoziazione) o un’azione da parte tua (es. surroga o rifinanziamento presso un altro istituto). Fanno eccezione situazioni normate come la rinegoziazione imposta per i mutui a tasso variabile prima casa nel 2023 (dove chi rispettava i requisiti poteva chiedere per legge il passaggio a fisso e l’allungamento fino 5 anni). Ma al di fuori di queste circostanze, la banca può legittimamente rifiutare di modificare il contratto in essere, limitandosi al massimo a proporre soluzioni alternative. Tuttavia, hai diritto a richiedere la rinegoziazione: la banca deve esaminare la richiesta in buona fede e darti una risposta motivata. Se ignora la richiesta o si comporta scorrettamente, puoi sporgere reclamo e rivolgerti all’ABF per tutelarti.
D: Quali sono le opzioni principali per abbassare la rata?
R: Le strade principali sono: 1) Rinegoziare con la stessa banca (se accetta, modificando tasso e/o durata); 2) Surrogare il mutuo presso altra banca che offra condizioni migliori (operazione senza costi che trasferisce il debito residuo con nuovo piano più leggero); 3) Consolidare o rifinanziare i debiti tramite un nuovo prestito più a lungo termine o a tasso più basso, accorpando eventualmente più rate in una sola (es. un mutuo di consolidamento); 4) Sospendere temporaneamente le rate (tramite il Fondo prima casa o accordi di moratoria), se hai difficoltà transitorie, così da rinviare i pagamenti a quando potrai farvi fronte; 5) Nei casi estremi, avviare una procedura di sovraindebitamento: in tribunale potresti ottenere un piano con rate molto ridotte o la falcidia dei debiti non sostenibili. Prima di arrivare a ciò, valuta anche con esperti la possibilità di un accordo a saldo e stralcio con i creditori (pagare una parte subito per liberarti del resto). Ogni opzione ha pro e contro, e può essere combinata con altre (es. rinegozazione più sospensione temporanea, oppure consolidamento più allungamento).
D: Surroga e rinegoziazione sono la stessa cosa?
R: No. Rinegoziare significa modificare il contratto di mutuo originario, rimanendo con la stessa banca, tramite accordo scritto (gratuito) fra te e l’istituto. Surrogare invece vuol dire cambiare banca: il tuo mutuo viene estinto dalla nuova banca che subentra, mantenendo l’ipoteca esistente (portabilità). La surroga è regolata dalla legge Bersani ed è un tuo diritto effettuarla senza costi né opposizione della banca originaria. In sintesi, la rinegoziazione è “in casa” e richiede la volontà della banca; la surroga è “trasferimento” ad altra banca, e richiede di trovare un nuovo istituto disposto a concederti condizioni migliori. Spesso la surroga offre margini di miglioramento maggiori, perché subentra una banca concorrente. D’altra parte, la tua banca attuale potrebbe preferire rinegoziare piuttosto che perderti come cliente: per questo conviene far leva sulla surroga (es. presentando un’offerta concorrente ricevuta) per ottenere magari una rinegoziazione vantaggiosa.
D: Cosa devo fare per surrogare il mutuo?
R: Devi individuare una banca disposta a subentrare con un mutuo alle nuove condizioni. Una volta ottenuta la delibera dalla nuova banca, sarà quest’ultima a inviare richiesta di surroga alla vecchia banca indicando la data per l’atto notarile. Tu dovrai firmare il contratto di mutuo con la nuova banca (generalmente atto di surrogazione contestuale all’erogazione). Importante: fornisci alla nuova banca l’ultimo prospetto del debito residuo e autorizzala a chiedere il conteggio di estinzione. La vecchia banca è obbligata a cooperare e a intervenire all’atto di surroga. L’intera procedura deve completarsi entro 30 giorni dalla domanda di surroga; eventuali ritardi ingiustificati danno luogo all’indennizzo 1% per ogni mese di ritardo. Durante la surroga, continua a pagare regolarmente le rate alla vecchia banca finché non viene perfezionato il passaggio, per non risultare in ritardo. Il giorno dell’atto, la nuova banca consegna l’importo dovuto alla vecchia (che rilascia quietanza e contestualmente il notaio annota la surroga sull’ipoteca). Da quel momento pagherai le rate (più basse) alla nuova banca. Ricorda: non possono farti pagare commissioni, nemmeno per l’atto notarile (che di solito è a carico della banca nuova). Se la vecchia banca ti addebita costi indebiti (es. penale estinzione, spese chiusura) puoi contestarli perché la legge li vieta in caso di surroga.
D: Ho molti piccoli prestiti e carte: è opportuno consolidare in un unico prestito?
R: Spesso sì, se la tua priorità è abbassare l’esborso mensile e semplificare i pagamenti. Con un prestito di consolidamento puoi accorpare tutte le posizioni in un’unica rata, di solito più bassa della somma delle precedenti. Ad esempio, passando da 5 rate per un totale di €800 al mese a una sola rata da €400, il tuo bilancio mensile respira. Il consolidamento è consigliabile se i tuoi debiti attuali hanno tassi alti (es. revolving al 20%, prestiti al 10%): il nuovo prestito potrebbe avere un tasso inferiore, e comunque allungando la durata la rata scende. Tuttavia, attenzione: pagherai per un periodo più lungo, quindi il costo totale degli interessi può aumentare. Inoltre, verifica le eventuali penali di estinzione anticipata dei vecchi prestiti (massimo 1% per legge) e assicurati che il risparmio in rata non venga annullato da costi accessori sul nuovo prestito (commissioni, assicurazione). In sostanza, conviene consolidare quando: (a) la rata totale attuale è insostenibile, (b) riesci ad ottenere un tasso unico non superiore alla media dei tassi che pagavi, (c) hai bisogno di ordine finanziario. Se invece i tuoi debiti sono già prossimi a fine piano o i tassi che paghi sono bassi, può non valere la pena ricominciare da capo un nuovo prestito. Fai un piano di confronto: il tuo consulente può calcolare quanto pagheresti di interessi residui senza consolidamento vs con il nuovo prestito. Spesso il consolidamento è l’unica via per evitare il default, quindi anche se costerà di più nel lungo termine, è meglio che ritrovarsi moroso su 5 finanziarie. Valuta anche la cessione del quinto se lavori o sei pensionato: può essere uno strumento di consolidamento con rata fissa e tasso controllato, ma impegna il tuo stipendio fino a 1/5 per diversi anni.
D: Se non riesco proprio più a pagare, mi conviene una procedura di sovraindebitamento?
R: Le procedure ex L. 3/2012 (piano del consumatore, accordo, liquidazione) sono l’ultima risorsa quando sei in una situazione di insolvenza conclamata, ossia quando anche abbassare la rata non basta, perché il debito è troppo alto rispetto al tuo reddito/patrimonio. In tali casi, rivolgersi all’OCC e al tribunale può permetterti di congelare le azioni legali dei creditori e proporre una soluzione sostenibile: magari pagherai solo una parte dei debiti col tuo reddito disponibile per alcuni anni e il resto verrà cancellato. Ovviamente la scelta dipende dalla gravità: se hai perso ogni capacità di rimborso, un piano del consumatore può ridurre drasticamente ciò che devi pagare (es. stralcio dell’80% dei debiti). Se addirittura non hai nulla da offrire, potresti – in casi estremi di buona fede – chiedere l’esdebitazione totale senza pagare nulla. I benefici sono enormi (ti liberi dai debiti residui), ma ci sono conseguenze: intanto affronti una procedura giudiziale complessa, con costi (seppur dilazionabili) per compensi dell’OCC; inoltre comparirai in appositi registri e per qualche anno avrai difficoltà di accesso al credito; se hai beni di valore, rischi di doverli liquidare (specie nella procedura di liquidazione). Insomma, bisogna valutare caso per caso con un professionista. Se il tuo problema è temporaneo o parziale, meglio provare le soluzioni extragiudiziali (rinegoziazioni, consolidamenti, moratorie). Se invece sei sommerso da debiti fuori controllo e già in ritardo nei pagamenti, la procedura concorsuale potrebbe salvarti da pignoramenti e offrire un nuovo inizio, ovviamente scontando i sacrifici del caso. Ricorda che per accedere devi essere meritevole: niente frodi, niente dissipationi dolose del patrimonio. Il giudice esaminerà la tua condotta. Ad oggi molte più persone stanno utilizzando queste procedure (anche piccoli imprenditori e guarentigiati di fallimenti), quindi c’è meno stigma e più comprensione. Un consiglio: se hai un immobile prima casa e temi di perderlo all’asta, un piano del consumatore ben congegnato può a volte salvare la casa (previa soddisfazione almeno parziale dell’ipoteca) – mentre la liquidazione comporterebbe quasi certamente la vendita. Quindi se sei proprietario di casa e indebitato, prova prima il piano/accordo; se non va, come ultima spiaggia c’è la liquidazione controllata con esdebitazione.
D: Che succede ai miei beni (casa, auto, stipendio) se attivo una procedura di sovraindebitamento?
R: Durante un piano del consumatore o accordo, mantieni l’amministrazione dei tuoi beni, salvo quanto previsto dal piano stesso (es. potresti prevedere di vendere volontariamente l’auto o altri cespiti per ricavare liquidità da distribuire). I creditori, una volta omologato il piano o accordo, non possono pignorare nulla finché rispetti il piano. Se hai un mutuo sulla casa, in genere nel piano dovrai continuare a pagare le rate se vuoi tenerla, oppure prevedere di venderla se non sostenibile. La casa prima casa è protetta dal fallimento ma non è intoccabile in queste procedure: tutto dipende dal piano presentato e dall’assenso dei creditori (es. puoi proporre di tenere la casa pagando interamente il valore di perizia ai creditori ipotecari). In una liquidazione controllata, invece, tutto il tuo patrimonio (esclusi i beni impignorabili per legge e ciò che serve per vivere dignitosamente) viene gestito da un liquidatore nominato dal tribunale, che lo convertirà in denaro per pagare i creditori. Questo significa che la casa, se non ci sono accordi diversi, verrà messa in vendita; l’auto pure, salvo sia strumentale a una tua attività lavorativa; una parte dello stipendio (la parte pignorabile, in genere 1/5) potrà essere dirottata al liquidatore per i creditori durante la procedura. Dopo 3 anni dall’apertura della liquidazione, però, hai diritto all’esdebitazione residua, quindi c’è una fine certa. Inoltre, rispetto al fallimento, nella liquidazione da sovraindebitamento la prima casa non è protetta (può essere liquidata), ma hai il vantaggio di non subire l’onta del fallimento (non sei soggetto a inabilitazioni civili particolari, né a reati fallimentari, ecc.). Diciamo che è un percorso duro ma con la luce in fondo (la liberazione dai debiti). Se la casa è cointestata con un coniuge non debitore, le cose si complicano ma si può tentare di salvare la quota del coniuge estraneo.
D: Mi hanno segnalato come cattivo pagatore, cosa posso fare?
R: Questo esula un po’ dal tema “abbassare la rata”, ma è collegato alle difficoltà di pagamento. Se hai ritardi significativi, verrai probabilmente segnalato nelle banche dati (CRIF, Experian, Centrale Rischi Banca d’Italia se importi elevati). Tali segnalazioni rendono più arduo ottenere nuovi finanziamenti (ad esempio per consolidare altrove). L’unico modo per evitarle è cercare di trovare soluzioni prima di accumulare 2-3 rate insolute. Ad esempio, se capisci di non poter pagare, contatta subito la banca per attivare una moratoria o rinegoziare, così da evitare la mora prolungata. Se la segnalazione è già avvenuta ma poi trovi un accordo (es. saldo e stralcio), pretendi che nell’accordo la finanziaria si impegni a aggiornare la segnalazione come “saldato” o addirittura a cancellarla se paghi l’importo pattuito – a volte accettano. Se ritieni che la segnalazione sia errata o illegittima (magari perché tu avevi contestato importi non dovuti e la banca ti ha segnalato lo stesso), puoi rivolgerti all’ABF: l’Arbitro esamina molti ricorsi su segnalazioni e, se trova irregolarità procedurali (mancato preavviso di segnalazione, credito contestato, ecc.), ordina la cancellazione o modifica. Ad esempio, se la banca non ti ha inviato il preavviso 15 giorni prima di segnalarti (obbligatorio), potresti ottenere la cancellazione per vizio di forma. Vale la pena tentare, perché restare segnalati ti impedisce di rifinanziare i debiti in modo sano.
D: La banca ha aumentato il tasso (o aggiunto spese) senza il mio consenso, è lecito?
R: Dipende. Nei mutui a tasso variabile, l’aumento è dovuto all’indice di riferimento: è contrattuale e lecito (purtroppo fa parte del rischio che il mutuatario ha accettato). Non c’è molto da fare se non rinegoziare o surrogare a tasso fisso se temi ulteriori rialzi. Se invece la banca ha applicato commissioni nuove o spese non previste originariamente, potrebbe essere scorretto: i contratti consentono talvolta alla banca di modificare unilateralmente certe condizioni (ius variandi), ma solo seguendo l’art. 118 TUB – ovvero comunicandoti per iscritto la modifica proposta con 60 giorni di anticipo e dandoti diritto di recesso senza penali. Se ciò non è avvenuto correttamente, la modifica è nulla. Perciò, se ti trovi addebiti di spese mai pattuite o un aumento del tasso non concordato (ad esempio su una linea di credito revolving), contesta immediatamente per iscritto. Spesso le banche in questi casi fanno marcia indietro. L’ABF ha risolto molti casi di addebiti di spese mensili “ingiustificate” restituendo quanto pagato al cliente.
D: Cos’è l’Arbitro Bancario? Devo rivolgermi a lui o al tribunale?
R: L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie. È fortemente consigliato rivolgersi prima all’ABF per problemi con la banca, perché è rapido (pochi mesi) ed economico (€20), e spesso le decisioni ABF risolvono il caso senza necessità di tribunale. Puoi presentare il ricorso da solo online. Se l’ABF ti dà ragione, la banca di solito esegue la decisione (rimborsandoti o rettificando la posizione). In caso contrario, la decisione ABF a tuo favore comunque ti mette in ottima posizione se poi vorrai fare causa (perché molti giudici ordinari tengono conto delle decisioni ABF come orientamento del settore). Invece, ricorrere subito al tribunale può voler dire anni di causa e spese elevate: lo si fa solo per questioni di principio o di importi molto grandi che la banca si ostina a non riconoscere. Tieni presente che per alcune materie (es. richieste danni morali, questioni oltre 200k € in contanti) l’ABF non è competente, ma per la maggior parte dei problemi su mutui e prestiti (calcoli, tassi, trasparenza, ecc.) è perfetto. Inoltre, prima di andare in tribunale è obbligatorio aver tentato la via ABF o altro ADR per le controversie bancarie, altrimenti la domanda può essere improcedibile (art. 5 D.Lgs.28/2010 in materia di mediazione, come integrato). Quindi sì: ricorri all’ABF appena la banca non risolve col reclamo. È un tuo diritto e spesso ottieni giustizia senza dover passare per udienze e avvocati.
Tabelle riepilogative
Di seguito presentiamo alcune tabelle riassuntive che comparano le principali soluzioni e tutele discusse, con i loro effetti, requisiti e riferimenti normativi.
Tabella 1 – Confronto strumenti extragiudiziali per ridurre la rata
Soluzione | Come funziona | Vantaggi per il debitore | Aspetti da considerare |
---|---|---|---|
Rinegoziazione interna (mutuo/prestito) | Accordo con la stessa banca per modificare tasso, durata, ecc. del contratto in corso. | Nessun nuovo finanziamento, niente spese notarili. Rata subito più bassa se banca accorda tasso minore o più anni. Mantenimento rapporto col proprio istituto. | Facoltativa: la banca può rifiutare (nessun diritto unilaterale salvo casi ex lege). Spesso ottenibile solo con buon merito creditizio o come soluzione a breve (es. pausa rate breve). |
Surroga del mutuo (portabilità) | Trasferimento del mutuo a una nuova banca che offre condizioni migliori. Si stipula nuovo mutuo pari al debito residuo; l’ipoteca viene surrogata. Nessun costo per il cliente per legge. | Possibilità di ottenere tasso più basso o passare a fisso, riducendo la rata. Zero penali e zero spese (notaio, istruttoria, imposte a carico banche). Se vecchia banca ritarda >10gg, indennizzo 1% mese. | Occorre trovare banca subentrante con condizioni migliori (valuta offerte sul mercato). Non si può aumentare l’importo (solo debito residuo). I tempi di istruttoria vanno considerati (1-2 mesi). |
Consolidamento debiti (nuovo prestito) | Accensione di un nuovo finanziamento per estinguere più debiti esistenti, unificando tutto in una rata. Può essere un prestito personale o un mutuo di consolidamento (se serve importo alto e si ha un immobile da ipotecare). | Rata mensile ridotta rispetto alla somma delle precedenti, grazie a durata maggiore e spesso tasso medio più basso. Semplificazione: un solo pagamento al mese. Possibilità di liquidità extra inclusa (facoltativa). | Costo totale maggiore per via dell’allungamento. Necessaria nuova istruttoria: se situazione deteriorata, può essere difficile ottenerlo. Possibile richiesta di garanzie (es. ipoteca, garante). Eventuali penali 1% su prestiti estinti (ma di solito irrilevanti). |
Cessione del quinto (come consolidamento) | Ottenere un prestito con rimborso mediante trattenuta diretta su stipendio/pensione (fino al 20%), spesso usato per chiudere altri debiti. | Rata costante e “forzata” (gestione automatica). Tassi fissi spesso più bassi di quelli di mercato per crediti non garantiti. Accessibile anche con disguidi creditizi (garanzia salario). | Impegna reddito futuro stabilmente. Durata max 10 anni. Richiede contratto a tempo indeterminato o pensione (altrimenti difficile). Se già esistente, si può rinnovare solo dopo 40% del piano pagato. |
Sospensione/Moratoria (Fondo solidarietà, accordi ABI) | Sospensione temporanea del pagamento delle rate (intera rata o quota capitale) per un periodo (fino 6-18 mesi) in caso di difficoltà. Esempio: Fondo prima casa paga 50% interessi durante stop. | Sollievo immediato: per alcuni mesi non si paga la rata, liberando risorse per emergenze. Non si viene segnalati come morosi (sospensione concordata). Permette di superare periodi critici (es. disoccupazione) mantenendo il finanziamento in essere. | Allunga la durata del mutuo/prestito (le rate sospese si spostano in coda). Gli interessi sospesi in parte restano a carico (es. 50% nel Fondo, vengono capitalizzati). È una soluzione tampone: finita la pausa, bisogna riprendere pagamenti regolari (se la situazione non migliora, si rinvia solo il problema). Requisiti specifici per accesso (es. ISEE limite, motivi documentati). |
Tabella 2 – Procedure di sovraindebitamento (giudiziali)
Procedura (ex L. 3/2012) | Soggetti ammessi | Caratteristiche principali & Effetti sulla rata | Riferimenti normativi chiave |
---|---|---|---|
Piano del consumatore (oggi “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”) | Persona fisica consumatore (no imprenditore) sovraindebitato, meritevole (no dolo o colpa grave). | – Il debitore propone un piano di pagamento dei debiti sostenibile, anche senza il consenso dei creditori.– Riduzione dei debiti: possibile stralcio parziale di crediti chirografari, ristrutturazione di quelli garantiti (pagando almeno valore di realizzo su beni dati in garanzia).– Rata abbassata: il debitore paga solo quanto previsto dal piano (es. percentuale dei debiti in X anni), spesso molto meno delle rate originarie.– Sospensione azioni esecutive: dal decreto di apertura, i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti (vengono sospesi fino a decisione).– Esdebitazione finale: se esegue il piano, i debiti residui vengono cancellati. | L. 3/2012 art. 6-12; Cod. Crisi artt. 67-73, 76-81 (D.Lgs.14/2019). Principio di trattamento dei creditori privilegiati art. 7 co.1 L.3/2012. Meritevolezza e fattibilità valutate dal giudice. |
Accordo di composizione (oggi confluito nel “concordato minore” per soggetti non fallibili) | Debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore sotto soglie di fallibilità, professionista, start-up, ente non commerciale, ecc.). Anche soci illimitatamente responsabili. | – Il debitore propone un accordo ai creditori, che deve essere approvato da ≥60% del totale crediti (si forma una maggioranza).– Contenuto simile al piano: può prevedere moratorie, stralci, apporto di risorse esterne, ecc.– Rata ridotta secondo accordo: es. pagamenti parziali in % sul debito, con liberazione dal resto.– Vincolante per tutti i creditori una volta omologato dal giudice, anche dissenzienti (purché rispettati i diritti minimi dei privilegiati).– Sospende ed impedisce azioni esecutive individuali (si sostituisce il piano concordato).– Esdebitazione a fine esecuzione accordo (cancella il residuo). | L. 3/2012 art. 7-12; Cod. Crisi artt. 74-75, 84-88 (concordato minore). Maggioranza 60% L.3/2012 art. 11. Tutela creditori ipotecari: art. 7 co.1 L.3/2012, Cass. 4613/2023. |
Liquidazione controllata (ex “liquidazione del patrimonio”) | Qualsiasi debitore sovraindebitato (anche imprenditore minore) che non abbia prospettive di risanamento o chieda volontariamente la liquidazione. Anche creditore può chiedere apertura (raro). | – Il tribunale nomina un Liquidatore che liquida tutti i beni del debitore (esclusi quelli impignorabili per legge) per pagare i creditori secondo le cause di prelazione.– Il debitore perde la gestione del patrimonio (simile a fallimento, ma senza le incapacità personali di quest’ultimo).– Sospensione pignoramenti: le procedure esecutive confluiscono nella liquidazione concorsuale; però, i creditori ipotecari su immobili possono proseguire le loro esecuzioni separatamente (credito fondiario).– Pagamenti durante procedura: il debitore potrebbe dover contribuire con quota di reddito pignorabile. Le rate originarie non si pagano più; il debitore versa al Liquidatore ciò che ottiene oltre il minimo vitale.– Durata tipica: 4 anni circa. Dopo 3 anni dall’apertura, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione del residuo non soddisfatto (non più necessario attendere chiusura completa). | L. 3/2012 art. 14-ter ss.; Cod. Crisi artt. 268-277 (liquidazione controllata). Esdebitazione “automatica” dopo 3 anni: art. 282 CCII. Particolarità credito fondiario: art. 41 TUB e giurisprudenza (Cass. 22914/2024). |
Esdebitazione dell’incapiente (“fresh start” senza utilità) | Persona fisica sovraindebitata, meritevole, priva di ogni capacità di pagamento (nessun patrimonio liquidabile né reddito disponibile), che non ha già ottenuto esdebitazione nei 5 anni precedenti. | – Il debitore può ottenere la cancellazione di tutti i debiti immediata, senza offrire alcuna soddisfazione ai creditori (perché oggettivamente non può).– Procedura semplificata: si ricorre al giudice presentando informazioni sulla propria totale incapienza. Se accolta, i debiti sono cancellati subito.– Obbligo postumi: se nei 4 anni successivi il debitore acquista disponibilità rilevanti (es. eredità, vincite), deve pagarle ai creditori nella misura del soddisfacimento teorico che avrebbero avuto.– È ammessa una sola volta. Revocabile se si scoprono elementi di frode o miglioramento della condizione ex ante. | Cod. Crisi art. 283 (introdotto dal D.Lgs. 14/2019). Prevede esdebitazione immediata a certe condizioni. Cass. 2023 (es. Cass. 1869/2023) ha confermato applicabilità anche a debitori ex imprenditori onesti incapienti. |
Tabella 3 – Diritti del debitore e limiti per banca/finanziaria
Aspetto / Clausola | Cosa prevede la legge per tutelare il debitore | Fonte normativa / Giurisprudenza |
---|---|---|
Penale estinzione mutuo | Per mutui sottoscritti da privati dopo 2/2/2007, nessuna penale può essere applicata per estinzione anticipata (0%). Per mutui prima casa ante 2007, penali ridotte secondo accordo ABI (0,5%-1% max). Eccezioni: mutui non per acquisto abitazione possono avere penali moderate se contratti prima del 2007, ma mai oltre soglie eque stabilite da CICR. | L. 40/2007 (Decreto Bersani bis) art. 8-sexies: abolisce penali su mutui nuovi, impone riconduzione a equità su vecchi. |
Penale estinzione credito consumo | Per prestiti ai consumatori: indennizzo massimo 1% del capitale rimborsato (se >1 anno a scadenza) o 0,5% (se ≤1 anno). Zero penale se l’importo rimborsato è tutto il debito residuo a ≤10mila €, o in caso di rimborso effettuato tramite assicurazione o esercizio portabilità verso altro intermediario. | Art. 125-sexies TUB (D.Lgs. 385/93) come mod. da D.Lgs. 141/2010 e D.L. 79/2012. Norme attuative Banca d’Italia. |
Rimborso costi in caso di estinzione anticipata (credito consumo) | Diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi del credito per la durata residua non goduta (interessi e costi up-front inclusi). Esclusi solo costi per imposte e garanzie prestati da terzi non restituibili. Questo vale anche per contratti stipulati prima della legge di recepimento 2021, grazie a sentenza Corte Cost. 263/2022. | Art. 125-sexies TUB come modificato dal D.L. 73/2021 (conv. L.106/2021) – la parte limitativa dichiarata incostituzionale. Principio Lexitor (Corte Giustizia UE C-383/18) recepito. |
Surroga del mutuo (portabilità) | Gratuita per il cliente. La banca originaria non può rifiutare né imporre costi. È nullo qualsiasi patto che ostacoli o renda onerosa la surroga. Mantenimento ipoteca e benefìci fiscali (nessuna imposta sostitutiva). Se banca ritarda oltre 10 giorni, indennizzo 1% per mese di ritardo. | Art. 120-quater TUB introdotto da L. 40/2007 (art. 8, co.3-4); art. 120-quinquies TUB su tempi. L. 40/2007 commi 1-3 su nullità patti anti-surroga. |
Tassi usurari | Se il TAEG pattuito supera il tasso soglia d’usura vigente al momento della stipula, interessi nulli: nessun interesse è dovuto (il contratto resta valido per il capitale). Le soglie sono pubblicate trimestralmente dal MEF. Per valutare, si sommano interessi e oneri collegati al credito (esclusi quelli esenti per legge come imposte). Interessi di mora: se pattuiti oltre soglia, sono anch’essi soggetti a nullità/reduzione (la giurisprudenza li considera separatamente ma alcune sentenze li riconducono al tasso soglia). | Art. 644 c.p. e L. 108/1996 (tassi soglia). Art. 1815 co.2 c.c.: nullo patto usurario, nessun interesse dovuto. Cass. Sez. Un. n. 24675/2017: no usura sopravvenuta penale, riferimento soglia solo al momento stipula. Cass. Artt. 644 e 1815 c.c. interpretati in varie pronunce (es. Cass. 17447/2019 su mora). |
Anatocismo (interessi su interessi) | Divieto di capitalizzazione infrannuale non concordata. Nei mutui con ammortamento regolare non si ha anatocismo vietato, poiché il calcolo interessi è su capitale residuo (Cass. SS.UU. 2018 n. 16303, SS.UU. 2024 n. 15188/15145). È vietato far produrre interessi agli interessi scaduti senza accordo: eventuali clausole di interessi composti o anatocistici sono nulle. Attualmente la capitalizzazione è consentita solo con periodicità non inferiore ad annuale e purché simmetricamente per interessi a credito e a debito (Delibera CICR 2000, art. 120 TUB riformulato nel 2016). | Art. 1283 c.c.; Art. 120 TUB (come da Delibera CICR 2000 e succ. mod.). Cass. SS.UU. n. 284/2018: piano francese lecito, nessun anatocismo vietato. Cass. SS.UU. 15130/2024 (mutuo fisso), Cass. ord. 7382/2025 (mutuo variabile). |
Clausole abusive nel credito | Qualsiasi clausola che deroga significativamente a sfavore del consumatore può essere dichiarata vessatoria nulla ex artt. 33-34 Cod. Consumo. Esempi: clausola che esclude il diritto di recesso del consumatore, o che impone spese sproporzionate in caso di inadempimento, o consente alla finanziaria di modificare il tasso liberamente senza motivo. In caso di nullità, la clausola è come non apposta, si applica la disciplina sostitutiva più favorevole al consumatore (es. tasso BOT o nessun interesse). | Codice del Consumo (D.Lgs.206/2005) artt. 33-36 sulle clausole vessatorie nei contratti standard con consumatori. Clausole considerate vessatorie ipso iure in allegato (es. decadenza dal termine e immediata esigibilità in caso di mancata rata? Va valutato). Giurisprudenza di merito e ABF su singole clausole (es. ABF ha spesso eliminato spese “incasso rata” non giustificate). |
Reclamo e risoluzione stragiudiziale | Il cliente ha diritto di reclamo scritto verso l’intermediario; l’istituto deve rispondere entro 30 giorni (per servizi pagm e crediti) o 60 in altri casi. In caso di mancata o insoddisfacente risposta, può ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario entro 12 mesi dal reclamo. Il ricorso ABF sospende eventuale decadenza termini per andare in tribunale e costituisce condizione di procedibilità della causa. ABF esamina il caso in pochi mesi e decide chi ha ragione, se cliente o banca, indicando eventuali importi da restituire o correzioni da apportare. Le decisioni non vincolano come sentenze, ma in caso di inottemperanza la banca viene pubblicamente sanzionata (nome su sito Banca d’Italia). | Art. 128-bis TUB (reclami e ABF); Delibera CICR istitutiva ABF 2008; Disposizioni Banca d’Italia Trasparenza. Condizione di procedibilità introdotta dal D.Lgs. 28/2010 (mediazione) e normativa ABF. Tasso di adesione altissimo degli intermediari alle decisioni ABF (oltre 98%). |
Fonti (normative, giurisprudenziali e dottrinali)
- Legge 40/2007 (Decreto Bersani) – Art. 8 e 8-sexies: Portabilità mutui e abolizione penali estinzione.
- ABF Collegio di Roma, Dec. n. 9699/2022 – Massima su rinegoziazione mutuo non dovuta: libertà negoziale, obbligo di buona fede nel riscontro.
- Legge 197/2022 (Bilancio 2023) – Art. 1 comma 322: diritto a rinegoziazione mutui variabili a fisso (entro 2023) per mutui ≤200k, ISEE ≤35k.
- ABI (Ass. Bancaria Italiana), Comunicato 4/11/2023 – Dati su aumento rinegoziazioni mutui 2023 e misure promosse (allungamento piani, ampliamento platee legge 197/22, fondo solidarietà).
- Diritto del Risparmio, 28/3/2025 – Sintesi Cass. ord. 7382/2025: ammortamento “alla francese” lecito anche per tasso variabile, nessun anatocismo né vizio di trasparenza se piano chiaro.
- Cass. civ. Sez. I, ord. 4613/2023 – Sovraindebitamento: accordo non omologabile se pregiudica ipotecari oltre soglia legale. Principio: al creditore ipotecario va assicurato in piano ≥ valore realizzo bene, considerando anche diritti su beni alienati che perderebbe con omologa.
- Corte Costituzionale, sent. 263/2022 – Caso Lexitor: dichiarata illegittima norma che limitava ai soli costi recurring il diritto alla riduzione del costo totale credito per estinzione anticipata. Confermato che tutti i costi vanno restituiti pro-rata al consumatore.
- Diritto Bancario, 20/2/2023 – Nota Cass. 4613/2023: trascrive art. 7 co.1 L.3/2012 sulla tutela creditori privilegiati nei piani; massima Cassazione su confronto proposta vs scenario liquidatorio incluso valore beni alienati (donati a terzi).
- Banca d’Italia, Disposizioni Trasparenza (ult. agg. 2019) – Regolano obblighi informativi, reclami e ABF (art. 128-bis TUB). [Citate indirettamente per obblighi risposta 30 gg e condizione procedibilità].
- Normativa europea dir. 2008/48/CE (credito consumo) e 2014/17/UE (credito immobiliare) – recepite in Italia nel TUB/Cod. Cons., stabiliscono diritto rimborso anticipato e limite indennizzi.
La rata del tuo finanziamento è troppo alta? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Se stai pagando un finanziamento e la rata mensile è diventata difficile da sostenere, sappi che esistono soluzioni concrete per abbassarla.
Molte persone ignorano che è possibile rivedere le condizioni del contratto, anche quando il prestito è già in corso.
Ridurre la rata è possibile, ad esempio, attraverso:
- Rinegoziazione del finanziamento con la banca o la finanziaria
- Allungamento della durata del piano di rimborso
- Consolidamento di più debiti in un’unica rata più leggera
- Richiesta di moratorie temporanee in caso di difficoltà economica
- Accesso a procedure per il sovraindebitamento, nei casi più gravi
Lo Studio Monardo ti aiuta a valutare la strada migliore per ridurre la rata, evitando soluzioni affrettate o poco trasparenti.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza il contratto di finanziamento e la tua situazione economica attuale
📑 Verifica le condizioni per modificare legalmente l’importo della rata
⚖️ Ti assiste nella trattativa con l’istituto finanziario o nella procedura di reclamo
✍️ Redige le istanze necessarie per la rinegoziazione, il consolidamento o la sospensione
🔁 Ti accompagna anche in percorsi di ristrutturazione del debito in caso di sovraindebitamento
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario, prestiti e finanziamenti al consumo
✔️ Consulente legale per famiglie, lavoratori e partite IVA in difficoltà
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Sì, puoi abbassare la rata di un finanziamento, ma è fondamentale scegliere il percorso giusto, con l’assistenza di un esperto.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi alleggerire il peso del debito, riprendere il controllo delle tue finanze e tutelare i tuoi diritti.
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