L’Avviso Di Accertamento Esecutivo Nel Sistema Dei Tributi Locali

Hai ricevuto un avviso di accertamento da un Comune o da un ente locale e ti stai chiedendo se può portare direttamente al pignoramento senza che ti venga notificata una cartella? Cosa succede se non paghi entro i termini indicati?

Nel sistema dei tributi locali, l’avviso di accertamento ha oggi anche efficacia esecutiva: questo significa che, una volta decorso il termine per pagare o per presentare ricorso, l’ente può procedere direttamente alla riscossione coattiva, senza bisogno di altri atti.

Quando diventa esecutivo l’avviso di accertamento?

L’avviso emesso dal Comune o da altro ente locale (come per IMU, TARI, COSAP e altri tributi comunali) diventa esecutivo se contiene:

– L’intimazione a pagare entro 60 giorni
– L’indicazione del soggetto incaricato della riscossione
– La motivazione e il calcolo dettagliato delle somme richieste

Se non versi quanto richiesto entro i 60 giorni e non presenti ricorso, l’atto acquista automaticamente efficacia esecutiva.

Cosa può succedere dopo?

– Trascorso il termine, il Comune può affidare il debito a un agente della riscossione
– Possono partire azioni esecutive come il pignoramento del conto, dello stipendio o di altri beni
– Non ti verrà notificata alcuna cartella: l’avviso ricevuto è già sufficiente come titolo esecutivo

Cosa puoi fare per difenderti?

Hai a disposizione 60 giorni dalla notifica per:

– Verificare la correttezza dell’atto (contenuto, motivazione, notificazione)
– Controllare se il tributo è realmente dovuto
– Presentare ricorso davanti alla giustizia tributaria, sospendendo l’esecutività dell’atto
– Valutare eventuali possibilità di rateizzazione con l’ente

E se hai perso il termine per impugnare?

L’atto diventa definitivo e il Comune potrà procedere alla riscossione coattiva. Tuttavia, in presenza di vizi gravi, può essere valutata un’azione in autotutela oppure un ricorso straordinario, se vi sono ancora margini di manovra.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in tributi locali e contenzioso esattoriale – ti spiega cosa significa ricevere un avviso di accertamento esecutivo, quali sono i tuoi diritti e come evitare che un semplice avviso si trasformi in un blocco dei tuoi beni.

Hai ricevuto un avviso esecutivo da parte del Comune e non sai se puoi impugnarlo o se è troppo tardi?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo l’atto che hai ricevuto, valuteremo se è impugnabile e ti aiuteremo a evitare che si trasformi in un pignoramento o in una procedura di riscossione aggressiva.

Introduzione

L’avviso di accertamento esecutivo è un istituto relativamente nuovo nel panorama tributario italiano, introdotto con la Legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, c. 792, per semplificare la riscossione coattiva dei tributi comunali e degli enti locali. Esso unifica in un unico atto sia la fase di accertamento che la titolarità esecutiva del credito, accelerando notevolmente i tempi di recupero rispetto al vecchio schema (avviso di accertamento seguito da cartella esattoriale). In sostanza, il comune o altro ente locale – oltre alle province, città metropolitane, comunità montane e consorzi – può emettere un avviso di accertamento che, qualora non venga impugnato dal contribuente entro il termine di legge, acquista automaticamente forza di titolo esecutivo. Questo significa che – allo scadere del termine per proporre ricorso – l’avviso stesso abilita l’agente della riscossione ad avviare immediatamente le procedure esecutive (pignoramenti, ipoteche, ecc.) senza emettere prima la tradizionale cartella di pagamento.

Negli ultimi anni il quadro normativo è stato ulteriormente integrato da importanti novità: la legge delega 111/2023 ha dato il via a decreti attuativi (D.Lgs. 110/2024 e D.Lgs. 87/2024) che estendono e armonizzano l’uso dell’avviso esecutivo anche ad altri tributi (regionalmente). In particolare, dal 2026-2027 anche le regioni potranno adottare avvisi esecutivi analoghi (per addizionali IRPEF regionali, addizionali IMU, ecc.). Le regole introdotte (es. D.Lgs. 110/2024, art.14 e D.Lgs. 87/2024, art. 8-9) rendono l’atto impositivo coattivo ancor più “tutto campo”, applicabile a molte tipologie di entrate publiche, confermando però per i tributi locali il meccanismo avviato nel 2020 (intimazione di pagamento con efficacia esecutiva dopo 60 giorni).

Questa guida approfondisce il nuovo istituto confrontato con un atto impositivo di emanazione locale. Vengono esaminate la disciplina normativa attuale, i requisiti formali e sostanziali dell’avviso esecutivo, i termini e gli effetti di giurisdizione, nonché le possibilità di difesa del contribuente (impugnazioni, autotutela, opposizioni). Il linguaggio è giuridico, ma volto a chiarire le questioni in modo divulgativo, con esempi pratici, tabelle e domande‐risposte riassuntive per agevolare la comprensione.

1. Quadro normativo e principi generali

In Italia la materia dei tributi locali (IMU, TARI, TASI, addizionali IRPEF comunali, pubblicità, occupazione suolo, ecc.) è regolata nel rispetto dei principi costituzionali del federalismo fiscale (art. 119 Cost.). Secondo l’art. 52, co.1, del D.Lgs. n. 446/1997, ai Comuni e alle Province è attribuito il potere di emanare regolamenti per disciplinare le proprie entrate, «sia nella parte sostanziale sia – soprattutto – procedimentale». Ciò significa che, in linea di principio, l’ente locale può stabilire con regolamento le modalità di accertamento e riscossione dei tributi di propria competenza (nel rispetto della legge statale e dei principi generali).

Tuttavia, l’uso dell’avviso di accertamento esecutivo è frutto di una disposizione statale (legislativa) che ha uniformato la procedura di riscossione coattiva. In particolare, la Legge 160/2019 ha esteso ai tributi locali quanto già previsto, dal 2011, per le imposte erariali statali. Il comma 792 dell’art.1 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, gli avvisi di accertamento emessi da Province, Città metropolitane, Comuni, Comunità montane, Unioni di Comuni e consorzi tra Enti locali «devono contenere l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento» e l’indicazione che essi costituiscono «titolo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari». In pratica, tali enti possono procedere al recupero coattivo delle somme dovute senza emettere separatamente cartelle o ingiunzioni, perché l’avviso stesso assume efficacia esecutiva trascorsi i termini di legge.

Dal punto di vista normativo, occorre notare che l’avviso esecutivo locale si collega espressamente all’art. 29 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito con modif. nella L. 10 luglio 2010, n. 122), istituto pensato originariamente per velocizzare la riscossione di IRPEF, IVA e IRAP. La L. 160/2019 ha sostanzialmente previsto che «l’avviso di accertamento […] costituisce titolo esecutivo» anche nel campo dei tributi propri degli enti locali. L’avviso locale pertanto è a tutti gli effetti un atto impositivo cumulato con titolo esecutivo, secondo le modalità analoghe a quelle già note per le imposte statali.

Negli ultimi anni la riforma fiscale ha aggiunto alcune novità rilevanti. La legge delega 111/2023 ha prefigurato una revisione complessiva delle procedure di riscossione territoriale. I decreti attuativi (in particolare il D.Lgs. 14.6.2024, n. 87 e il D.Lgs. 19.5.2024, n. 110) hanno esteso, dall’1.1.2025, l’avviso esecutivo anche alle entrate regionali (e indirettamente a quelle locali), con alcune differenze operative. In breve: dal 2026/27 gli atti di accertamento regionali (es. addizionali IRPEF regionali, addizionali IMU) dovranno indicare anch’essi l’intimazione al pagamento e avranno efficacia esecutiva dopo 60 giorni dal termine di ricorso, analogamente all’avviso locale già in vigore. La bozza legislativa ha previsto pure che per le Regioni il termine precedente all’avvio dell’esproprio è maggiore (tre anni invece di uno) e sono obbligatori ulteriori solleciti di pagamento per importi fino a €10.000. Queste modifiche (contenute nel D.Lgs. 87/2024) dimostrano l’intenzione del legislatore di armonizzare i meccanismi di riscossione, ma non mutano il funzionamento base dell’avviso esecutivo locale, che resta disciplinato sostanzialmente come prima.

In sintesi, il quadro normativo italiano vigente – aggiornato al 2025 – prevede: l’esercizio della potestà tributaria locale affidata ai regolamenti comunali (D.Lgs. 446/97, art. 52); la disciplina generale dei ricorsi tributari (D.Lgs. 546/92, art. 21 e ss.); le regole sul contenzioso e sull’esecuzione (D.P.R. 602/1973 per la riscossione); nonché disposizioni speciali (L. 160/2019, D.Lgs. 110/2024, D.Lgs. 87/2024 ecc.) che sanciscono l’avviso di accertamento esecutivo come strumento di riscossione coattiva dei tributi locali. A ciò si aggiungono principi generali codicistici (es. CC. 2946 e 2948 sui termini di prescrizione) e giurisprudenza consolidata (Cassazione) di applicazione trasversale, che verranno richiamati nei paragrafi seguenti.

2. Contenuto e validità formale dell’avviso esecutivo

L’avviso di accertamento esecutivo si configura come un vero e proprio atto amministrativo impositivo, avente però efficacia sostanziale di titolo esecutivo. Occorre dunque distinguere i suoi requisiti formali (come ogni atto tributario) da quelli sostanziali (propedeutici alla sua efficacia esecutiva).

Dal punto di vista formale, l’avviso deve recare tutti gli elementi tipici di un accertamento tributario. Ciò include l’indicazione del contribuente (intestazione corretta e non generica), della natura e periodo del tributo, della base imponibile contestata, degli importi relativi a tributo, sanzioni e interessi, nonché la firma dell’ufficiale competente (o le modalità elettroniche di sottoscrizione). In particolare, la Cassazione ha recentemente chiarito che gli avvisi di accertamento degli enti locali possono essere validamente sottoscritti anche con “firma a stampa” (firma digitale o altro sistema automatico) del funzionario responsabile del tributo. In tal caso l’atto deve precisare il provvedimento dirigenziale di adozione e le generalità dell’operatore, come richiesto dalla legge speciale. Ciò significa che non è necessario un’autografa manuale, purché sia chiaro chi ha firmato e con quale atto amministrativo l’avviso è stato generato.

Per quanto riguarda la motivazione, vigono i principi generali in materia tributaria. L’avviso di accertamento esecutivo deve contenere una motivazione sufficiente a consentire al contribuente di comprendere i fatti e le ragioni giuridiche dell’azione impositiva. In particolare, la giurisprudenza di Cassazione (sent. n. 3860/2025) ha ribadito che la motivazione dell’avviso «deve riportare tutte le conoscenze dell’ufficio tributario e deve indicare con chiarezza, pur se sinteticamente, le ragioni poste alla base dell’atto impositivo», delimitando in tal modo le questioni che l’ente potrà far valere in giudizio. È pertanto inammissibile che l’ufficio voglia successivamente fondare la propria pretesa in giudizio su argomenti diversi da quelli esposti nell’atto. È ammessa – come sempre – la motivazione per relationem (rimando ad atti o documenti esterni), a condizione però che tali atti siano allegati all’avviso o che nell’avviso siano riportati i loro contenuti essenziali.

Un punto delicato è il rapporto con l’art. 65 del DPR 600/1973 (norma dedicata agli eredi del contribuente). In linea di massima, anche per i tributi locali si applica per analogia il regime dell’art. 65. Ciò significa che, se il debitore al momento dell’accertamento è deceduto, la notifica dell’avviso deve seguire due regole alternative: o individuale e nominativa ai singoli eredi, presso i loro domicilio fiscale, se questi hanno comunicato all’ufficio le proprie generalità (art. 65, co. 2); oppure, impersonale e collettiva nei confronti di tutti gli eredi nell’ultimo domicilio del de cuius, se gli eredi non hanno fornito tale comunicazione. Va ricordato che l’errata intestazione a nome del defunto è considerata nullità insanabile: la Cassazione (sent. 36675/2022) ha affermato infatti che notificare un atto impositivo a persona deceduta travalica la mera irregolarità formale e vanifica il rapporto tributario, rendendo l’atto inesistente. In altre parole, l’avviso deve essere indirizzato correttamente agli eredi (o almeno con la dicitura «agli eredi di…»), seguendo le regole sopra indicate, pena la nullità.

In sintesi, dal punto di vista formale l’avviso di accertamento esecutivo locale non differisce sostanzialmente da un normale avviso di accertamento: deve essere motivato, contenere l’intimazione di pagamento e i termini per il ricorso, recare firma (anche digitale) dell’ufficiale tributi e rispettare le regole di notifica. Tuttavia, la funzione esecutiva attribuita dallo Stato impone che al suo interno sia esplicitato anche il referente esattore (il soggetto incaricato della riscossione coatta, ad es. l’Agenzia delle Entrate-Riscossione o altro agente) e la dichiarazione della sua efficacia di titolo esecutivo al decorso dei termini. In pratica, ai sensi di legge l’avviso deve riportare anche la formula intimidatoria per il pagamento entro il termine di ricorso e la clausola che, trascorso tale termine, esso «costituisce titolo esecutivo idoneo ad attivare procedure esecutive», indicando il responsabile della riscossione.

3. Termini e decorrenze temporali

Un aspetto cruciale per il debitore è la scansione dei termini di pagamento e ricorso. Per legge il contribuente ha 60 giorni dalla notifica dell’avviso esecutivo per decidere come comportarsi. In questo lasso di tempo può infatti: (1) pagare volontariamente la somma indicata, eventualmente chiedendo contestualmente una rateazione oppure definendo la controversia (ad es. con accertamento con adesione); oppure (2) impugnare l’avviso presso la competente giurisdizione tributaria, sperando così di annullarlo in tutto o in parte; oppure (3) non fare nulla, correndo il rischio che l’avviso diventi definitivo e che la riscossione coatta abbia inizio.

Il termine di 60 giorni per ricorrere è stabilito dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 (cfr.). Decorso inutilmente questo termine, l’avviso acquisisce definitività, ossia le somme reclamate diventano immediatamente esigibili. In pratica, trascorsi i 60 giorni senza opposizione o pagamento, l’atto «acquista efficacia di titolo esecutivo» e il contribuente perde il diritto di contestarlo nel merito. A quel punto, l’ente o l’agente della riscossione procederà all’affidamento del credito per l’esecuzione forzata. Normalmente, 30 giorni dopo la scadenza del termine di pagamento del 60° giorno, le somme vengono affidate all’agente riscossore (Agenzia Entrate-Riscossione o altro delegato) per l’avvio dei pignoramenti.

È essenziale per il debitore tener presente queste scadenze: nel corso dei 60 giorni dall’avviso deve decidere se pagare (totalmente o parzialmente), contestare o chiedere dilazioni.

  • Se il contribuente decide di pagare o rateizzare entro i 60 giorni, l’atto perde efficacia esecutiva e si estingue la pretesa (in tutto o in parte).
  • Se il contribuente impugna l’avviso entro 60 giorni, il processo tributario avrà inizio. Il ricorso inibisce provvisoriamente l’esecutività dell’atto solo se espressamente richiesto e concesso dal giudice. Questo significa che, in sede di ricorso, si può domandare la sospensione dell’esecuzione coatta; in caso di esito favorevole, non ci sarà ulteriori azione di riscossione fino alla sentenza.
  • Se non si paga né si ricorre entro i 60 giorni, l’atto diventa definitivo ed esecutivo. A partire da quel momento, entro ulteriori 30 giorni si procede all’iscrizione a ruolo e all’invio del titolo all’agente riscossore. Da tale momento il credito è formalmente «affidato all’esecuzione» e l’agente può attivare pignoramenti su salari, conti correnti, immobili, automezzi, ecc..

È importante notare che, contrariamente alle cartelle esattoriali ordinarie (che solitamente lasciano 40 giorni per pagare), l’avviso esecutivo dà comunque 60 giorni per impugnare o pagare. Questa uniformità di termini facilita il contribuente, ma richiede comunque tempestività. Il mancato esercizio del ricorso nei 60 giorni «fa diventare definitivo l’avviso di accertamento esecutivo, ed il debitore può subire pignoramenti immediatamente».

Le tabelle seguenti riepilogano le scadenze e gli effetti:

  • Tabella 1 – Scadenze principali dell’avviso di accertamento esecutivo
EventoTermine/DecorrenzaEffetto
Notifica avviso esecutivoGiorno 0Avvio del conteggio dei termini.
Termine per impugnare o pagareEntro 60 giorni dalla notificaSe ricorso entro termine: possibilità di sospensione dell’esecutività (su concessione del giudice).
Esito del termine senza ricorsoGiorno 61 (1° giorno post termine)L’avviso diventa definitivo ed esecutivo. L’importo è immediatamente esigibile.
Termine per affidare il creditoEntro 30 giorni dal termine di pagamento (efficacia ex art.13Decorso il termine per pagare, l’Ente affida all’agente riscossore (di solito Agenzia Riscossione)
all’esecuzione)del D.P.R. 602/73 o equivalente locale)il recupero coattivo del credito.
Decorrenza azioni esecutiveDal momento dell’affidamento al riscossoreL’agente può notificare precetti e pignoramenti (conto corrente, stipendio, immobili, ecc.).
Termine prescrizione del creditoin generale 5 anni (art. 2948 c.c.)Se il credito non viene introitato entro 5 anni, si prescrive (caso tipico: IMU, TARI quinquennali).

In particolare, per i tributi locali la prescrizione segue quasi sempre il regime quinquennale (art. 2948 c.c., n.4). La Cassazione ha confermato che IMU, TARI, addizionali comunali, canoni concessori e altri tributi comunali soggetti a periodicità seguono la prescrizione ordinaria di cinque anni. Ad esempio, se un Comune intima nel 2023 un avviso di accertamento IMU relativo al 2014, il termine per riscuotere decorre normalmente a partire dal 2015 e si estingue nel 2020 (salvo interruzioni o sospensioni). Gli altri tributi (per es. addizionali regionali) hanno termini simili o decennali se assimilati a imposte erariali, ma tale aspetto va valutato caso per caso.

4. Efficacia esecutiva e conseguenze patrimoniali

Dal momento in cui l’avviso di accertamento esecutivo diventa definitivo (ossia decorsi i 60 giorni senza impugnazione), esso produce immediati effetti giuridici sui beni del debitore. In particolare:

  • Titolo esecutivo: l’avviso acquista efficacia di titolo esecutivo “idoneo ad attivare procedure esecutive e cautelari”. Ciò significa che l’Ente locale non deve più emettere separatamente una cartella; l’atto stesso da solo legittima l’esecuzione forzata.
  • Esigibilità del credito: l’importo richiesto diventa esigibile senza ulteriori preavvisi. In pratica, il contribuente ha la sola facoltà di adempiere spontaneamente (entro il termine normale di pagamento che di solito coincide con la scadenza decorsi i 60 giorni o eventuali proroghe), dopodiché l’agente riscossore potrà procedere forzatamente.
  • Avvio dei pignoramenti: trascorsi ulteriori 30 giorni dal termine di pagamento (tempo concesso per eventuale ravvedimento), l’agente della riscossione incaricato (spesso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione o altro soggetto delegato) inizia le misure esecutive. Si procede tipicamente prima al pignoramento presso terzi (stipendi, pensioni, conti bancari), e se occorre anche al pignoramento immobiliare o mobiliari (ad es. immobili di proprietà del debitore, titoli, veicoli, ecc.). L’ente può anche ottenere iscrizione di ipoteca giudiziale sugli immobili del contribuente.
  • Tempestività del debitore: data la rapidità dell’esecuzione, il contribuente deve agire con prontezza. Come già evidenziato, trascorsi 60 giorni l’avviso è titolo esecutivo e l’agente riscossore può pignorare senza ulteriori atti intermedi. Questo accentua l’urgenza di monitorare gli atti ricevuti e valutare tempestivamente le difese del caso.

Dal punto di vista patrimoniale, va sottolineato che l’avviso di accertamento esecutivo produce effetti molto simili a quelli di un ruolo esattoriale: una volta diventato definitivo, consente di dar corso alla riscossione coattiva senza alcun altro titolo. Il contribuente potrà trovare, ad esempio, il blocco del conto corrente o l’apposizione di ipoteca sul proprio immobile entro breve tempo, senza essere avvertito da una cartella di pagamento ulteriore. In altre parole, il principale vantaggio per l’ente creditore è la semplificazione e l’accelerazione del recupero: per il debitore, invece, aumenta il rischio di esecuzione rapida.

Tabelle riepilogative di confronto

Per chiarezza, le tabelle seguenti riepilogano i principali elementi caratterizzanti l’avviso di accertamento esecutivo rispetto al precedente iter di riscossione:

  • Tabella 2 – Confronto tra accertamento esecutivo e cartella esattoriale
ElementoAvviso di accertamento esecutivo (tributi locali)Cartella esattoriale (metodo tradizionale)
Natura dell’attoAtto impositivo e titolo esecutivo simultaneo.Atto esecutivo a valle di un atto impositivo (avviso non esecutivo).
Emissione dell’attoEmanato dall’ente impositore (Comune, etc.) direttamente con efficacia esecutiva a termine.Emanato dall’Agente della Riscossione dopo iscrizione a ruolo.
Termine per ricorso60 giorni dalla notifica (D.Lgs. 546/92, art.21).40 giorni (D.P.R. 602/73, art. 19-bis) – anche i 60 per ruolo locale.
Motivazione necessariaSì, come per ogni atto impositivo. Deve essere «rafforzata» se primo atto notificato.Già presente nell’avviso di accertamento a monte. Cartella può rimandare.
Sospensione per impugnazionePossibile solo se richiesta e concessa (art.47 D.Lgs.546/92).Nessuna: l’impugnazione della cartella rimane ordinaria (art.19 D.Lgs.546/92).
Decorrenza dell’esecutivitàDopo 60 giorni senza impugnazione (diviene titolo esecutivo); non richiede cartella.Con la cartella stessa (il contribuente ha 60 giorni per pagare o impugnare).
Affidamento a riscossioneIn carico all’agente riscossore immediatamente dopo i 90 giorni totali (60+30).Già avviene con l’emissione della cartella di pagamento.
Possibilità di rateazioneSi può chiedere istanza all’Ente locale entro 60 giorni; nuova normativa offre più rate (fino 120).Si può richiedere la rateazione delle cartelle (art.19 D.Lgs. 546/92).
Effetti di inazione del debitoreIl debito diventa definitivo ed esecutivo; pignoramenti in pochi giorni.Dopo 60 giorni dal titolo (cartella), l’Agente procede con pignoramenti.
  • Tabella 3 – Fasi tipiche dopo notifica di avviso esecutivo
FaseDescrizione
1. Notifica avviso (giorno 0)Consegna al contribuente o suo indirizzo abilitato; inizia a decorrere il termine di 60 giorni per il ricorso.
2. Termine di 60 giorniTermine entro cui il debitore deve pagare, impugnare o chiedere dilazione. Al 61° giorno scatta l’esecutività.
3. Atto definitivo (giorno 61)L’avviso diventa definitivo ed esecutivo. Il credito è esigibile.
4. Affidamento al riscossore (entro 90 giorni)Entro 30 giorni dal termine di pagamento (circa giorno 90) le somme sono affidate all’agente della riscossione.
5. Avvio esecuzione forzataL’agente notifica precetti (ad es. di pagamento, di ipoteca) e procede con i pignoramenti coatti sui beni.
6. Opposizione all’esecuzione (facoltativa)Il debitore può depositare opposizione al giudice civile entro 40 giorni dal pignoramento, contestando vizi formali (notifica, importo errato, ecc.).

Queste tabelle aiutano il contribuente a visualizzare sinteticamente il processo di riscossione derivante da un avviso esecutivo, evidenziandone accelerazione e potenziali conseguenze.

5. Rimedi e difese del contribuente

5.1 Impugnazione dell’avviso di accertamento

Il primo rimedio che il debitore ha a disposizione è il ricorso tributario contro l’avviso di accertamento esecutivo. Il ricorso va proposto entro i 60 giorni dalla notifica (termine di decadenza), presso la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione tributaria provinciale) territorialmente competente. Con il ricorso, il contribuente può contestare in via giurisdizionale gli aspetti sostanziali e formali dell’avviso: vizi di calcolo, erronee imputazioni, mancata indicazione di dati essenziali, illegittimità della notifica, errori nell’applicazione di sanzioni o interessi, e così via.

Se il ricorso viene proposto nei termini, l’avviso perde efficacia esecutiva in pendenza del giudizio solo se il contribuente lo richiede espressamente e il giudice tributario gliela concede. In assenza di sospensione chiesta, l’Ente potrà comunque procedere alla riscossione, ma poi il contribuente potrà difendersi in udienza. La concessione della sospensione è discrezionale, valutata caso per caso (ad es. vi è pericolo concreto di esito in favore del contribuente).

L’impugnazione può avvenire per qualsiasi motivo di diritto: ad es., l’eccessiva tassazione, la nullità di qualche requisito formale (come la violazione dell’art. 65 sui de cuius), la violazione del termine di decadenza per la notifica (ad es. il quinto anno), l’errata applicazione di sanzioni e interessi, o la difformità con il regolamento comunale. Va ribadito che, come per ogni atto impositivo, se l’avviso esecutivo presenta vizi gravi (es. mancanza di motivazione necessaria, notifica nulla, superamento decadenza) essi possono essere eccepiti con il ricorso tributario. In particolare, la Cassazione ha affermato che un avviso mal motivato o basato su presupposti di fatto generici non può essere regolarmente impugnato, mentre un’avviso sprovvisto di motivazione o recante motivazione “per relationem” incompleta è annullabile. Se invece l’avviso è stato notificato a un defunto in violazione dell’art.65, il ricorso costituisce l’unico strumento per far emergere la nullità insanabile dell’atto.

Il ricorso tributario segue le consuete regole: atto scritto, contenente tutti gli elementi obbligatori (intestazione, dati delle parti, numero atto, motivi, richieste), notificato all’ente creditore ed depositato telematicamente presso la segreteria della Corte. Si possono presentare documenti a supporto, chiedere il riconteggio degli importi o l’esclusione di voci illegittime, e naturalmente chiedere la declaratoria di inesistenza del debito. Con esito favorevole, il giudice tributario annullerà l’avviso – quindi il credito locale – in tutto o in parte. Se il ricorso è rigettato, l’avviso rimane definitivo ed esecutivo, e l’azione coattiva procederà.

5.2 Autotutela dell’ente

Parallelamente al ricorso, l’ente impositore (Comune o altro) può esercitare autotutela per rimediare a eventuali errori prima che la sentenza diventi definitiva. Secondo la più recente giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 30051/2024), l’ufficio può annullare, revocare o rettificare un avviso anche dopo la sua emanazione (“autotutela sostitutiva in mala partem”), purché entro i termini di decadenza per la notifica. Ciò significa che, se il Comune si accorge di un vizio formale o sostanziale nel proprio atto, può revocarlo e quindi pubblicare un nuovo avviso (magari più dettagliato o corretto) anziché procedere in giudizio. Questi provvedimenti di autotutela sono impugnabili autonomamente dal contribuente se recano un aumento della pretesa tributaria, ma non necessitano di motivazioni particolari se riducono (ad esempio, annullamento parziale senza riformare la pretesa).

Per il debitore ciò vuol dire che, in certe ipotesi, può verificarsi un “avviso integrativo” nato dall’annullamento di quello originario. Ad esempio, se il Comune emetteva un accertamento parziale (con importo errato) e poi esercita autotutela riformandolo in aumento, emetterà un nuovo avviso con importo maggiore. In tal caso, come recita la Cassazione, non si tratta di un semplice aumento di sanzione: i termini vanno rispettati, e l’atto sostitutivo è autonomamente impugnabile. Tuttavia, l’autotutela non esclude il bis in idem: nel caso di tributi periodici locali (IMU, TARI ecc.), il Comune non può pretendere somme già assoggettate ad un precedente avviso divenuto definitivo, in virtù del divieto di “doppia tassazione” (bis in idem fiscale previsto dall’art. 9-bis della L. 212/2000).

In pratica, l’ente locale può correggere i propri errori, ma entro certi limiti di tempo e di legge. Il contribuente, se ravvede l’errore prima dell’ente, può sempre impugnare l’atto; se invece è l’ente a correggere per proprio conto, potrà impugnare il nuovo avviso (che non è “convalidato” dal ricorso tardivo). L’importante è che, dopo l’autotutela, i termini non siano superati e che l’atto definitivo non sia già passato in giudicato.

5.3 Opposizione all’esecuzione

Se l’avviso di accertamento esecutivo è divenuto titolo definitivo (ossia dopo il mancato ricorso entro 60 giorni) ed è affidato all’agente riscossore, il contribuente conserva comunque un rimedio residuale in sede giudiziaria ordinaria. Infatti, come ogni titolo esecutivo, l’avviso definitivo può essere oggetto di opposizione all’esecuzione davanti al giudice civile (ex artt. 615 e segg. c.p.c.). In pratica, il debitore può contestare formalmente l’atto di pignoramento o il precetto notificato successivamente, sollevando censure quali: nullità della notifica dell’avviso (se fuoritempo o con difformità), inesistenza del debito (se sussiste errore tale), violazioni delle norme procedurali di pignoramento, ecc. L’opposizione all’esecuzione non consente di riaprire il merito del debito (ormai definito da giudicato), ma solo di verificare vizi estrinseci del titolo o dell’esecuzione. Ad esempio, se l’avviso non è stato validamente notificato agli eredi (art. 65), l’opposizione potrà far dichiarare inefficace la pignoramento. Oppure si potrebbe lamentare un’eccessiva gravosità del pignoramento rispetto al debito. L’opposizione si svolge normalmente con atto di citazione davanti al tribunale civile competente per esecuzioni forzate.

È un rimedio di secondo grado e più complesso; per un debitore privato spesso conviene tentare di impugnare preventivamente l’avviso. In ogni caso, la possibilità di opposizione rappresenta una tutela ulteriore per chi non abbia contestato in tempo, potendo far valere almeno difetti formali nell’esecuzione (ad es. notifica irregolare del titolo, prescrizione intervenuta, etc.).

5.4 Compensazione e rateazione

Infine, si segnalano due aspetti pratici legati agli adempimenti del contribuente.

  • Compensazione: in linea generale, il meccanismo di compensazione orizzontale (art. 17 D.Lgs. 241/1997) non trova spazio per i tributi locali se il debito è già stato accertato esecutivamente. Ciò perché l’avviso esecutivo produce immediata esigibilità. Tuttavia, se al momento della notifica vi fossero crediti fiscali non utilizzati del contribuente verso l’ente locale (rari, ma es. compensazioni TARI/IMU), il debitore potrebbe tentarne la compensazione a patto che l’ammontare spetti, secondo le regole ordinarie. Spesso però il regolamento locale non prevede agevolazioni di compensazione immediate e si deve rispettare le procedure normalmente previste (titolo esecutivo, ruoli).
  • Rateazione (dilazione): l’avviso esecutivo offre anche la possibilità di chiedere una dilazione del pagamento. Il contribuente può inviare all’ente una formale richiesta di rateazione entro 60 giorni dalla notifica. Se il Comune o l’ente locale accoglie la richiesta (secondo i criteri di propria competenza), il pagamento verrà dilazionato nel tempo, sospendendo di fatto l’esecuzione coatta. La nuova riforma contenuta nel D.Lgs. 110/2024 prevede una maggiore flessibilità nelle rateazioni fiscali generali (fino a 120 rate mensili). Anche per i tributi locali possono essere previste regole analoghe (ad esempio l’Ente potrebbe conformarsi alla dilazione delle sanzioni e interessi come nell’IRPEF). In ogni caso, la dilazione deve essere domandata in tempo e concessa prima che l’atto diventi esecutivo.

In conclusione, il contribuente deve tenere conto che l’avviso di accertamento esecutivo è un atto potente: va valutato sin da subito se vi sono motivi di illegittimità (da far valere con ricorso) o se sia più opportuno pagare o chiedere una dilazione. Ignorarlo significherebbe consentire l’esecuzione forzata dei propri beni senza altro rimedio.

6. Novità normative 2024–2025 di rilievo

Negli ultimi mesi sono entrate in vigore o in discussione diverse novità normative che interessano più in generale i tributi e le riscossioni, con riflessi anche sul tema dell’avviso di accertamento esecutivo:

  • Estensione dell’avviso esecutivo: come accennato, il D.Lgs. 110/2024 (attuazione della delega fiscale) ha esteso il modello dell’accertamento esecutivo ad altri tributi statali e ha stabilito procedure comuni di notifica, come la decorrenza di 60 giorni per l’efficacia esecutiva. Dal 2024, molti atti (recuperi crediti d’imposta, liquidazioni imposte, accertamenti auto, ecc.) già riportano nel testo l’«intimazione a pagare entro 60 giorni» con l’avvertenza che essi diventeranno titoli esecutivi trascorsi i termini. Lo stesso schema si applica dal 2025 ai tributi regionali (D.Lgs. 87/2024) e, indirettamente, riecheggia per i tributi locali. Pertanto, si è creata una convergenza fra il sistema statale e locale: anche per i Comuni vale l’obbligo di inserire nell’avviso la clausola esecutiva e il termine di 60 giorni.
  • Regolamenti locali: gli enti territoriali stanno aggiornando i propri regolamenti (statali e locali) sulle entrate per recepire le novità. Ad esempio, i Comuni dovranno adeguare i modelli di avviso TARI/IMU inserendo le clausole di avviso esecutivo previste dalla legge (intimazione, avvertimento titolo esecutivo). Tuttavia, le procedure di notifica restano quelle tradizionali (cartacee o elettroniche), il che richiede attenzione formale nella consegna dell’atto.
  • Agevolazioni di pagamento: le leggi di bilancio recenti hanno potenziato gli strumenti di dilazione del debito fiscale. Il D.Lgs. 110/2024 prevede la possibilità di rateizzare un avviso di accertamento (statale o locale) fino a 120 rate mensili, anche per chi non era stato in grado di saldare al 60° giorno. Ciò offre ulteriore spazio di manovra a debitori in difficoltà, benché la semplice rateazione non sospenda automaticamente l’esecuzione se non omogeneamente concordata.
  • Contenzioso tributario digitale: il D.Lgs. 175/2024 ha introdotto il processo tributario telematico fino al secondo grado. Dal 2024 infatti anche i ricorsi contro gli avvisi comunali possono essere depositati e notificati online (piattaforma PCT). Ciò può velocizzare le procedure e rendere più accessibile l’impugnazione.
  • Sentenze recenti: la giurisprudenza tributaria si è allineata alle novità. Ad esempio, la Cassazione con l’ordinanza 9091/2025 ha specificato i criteri di motivazione dell’avviso esecutivo, mentre con l’ordinanza 11097/2025 ha chiarito le regole di notifica agli eredi (anche nell’ambito di un avviso esecutivo). Inoltre, le Sezioni Unite del 2025 (Cass. 3860/2025) hanno ribadito i principi di motivazione e autotutela applicabili anche agli avvisi locali. Queste sentenze confermano che, nonostante le modifiche di legge, restano applicabili al contribuente le garanzie tradizionali del diritto tributario (motivazione, rispetto termini, limite della pretesa).

In definitiva, il 2024-2025 ha visto l’avviso di accertamento esecutivo diventare una procedura ormai stabilizzata anche nel sistema locale, con un’attenzione crescente alla sua applicazione concreta. I debitori italiani devono conoscere le novità normative ed essere consapevoli che, sebbene semplifichino la riscossione per l’ente, richiedono altrettanta prontezza e cura da parte del contribuente nel verificare la correttezza degli atti ricevuti e nel tutelarsi in tempo.

7. Domande e risposte frequenti

D. Cos’è l’avviso di accertamento esecutivo?
R. È un atto tributario con funzione doppia: da un lato accerta (liquida) il credito dell’ente locale; dall’altro svolge le funzioni di un titolo esecutivo per la riscossione coatta. In pratica, sostituisce avviso + cartella, accelerando i tempi di recupero.

D. Quali tributi locali rientrano in questo meccanismo?
R. In linea di principio tutti i tributi propri dei Comuni e altri Enti locali (es. IMU, TARI, TASI, addizionali comunali IRPEF, canoni, imposte di pubblicità) possono essere riscosse con avvisi esecutivi, purché la legge o il regolamento dell’Ente lo prevedano. Dalla legge 160/2019 in poi gli avvisi esecutivi sono ammessi esplicitamente per i tributi comunali tradizionali.

D. Cosa succede se ricevo un avviso esecutivo?
R. Dal momento della notifica hai 60 giorni per reagire (termine legge). Entro questo termine puoi: (1) pagare quanto dovuto (anche in parte) – sfruttando l’eventuale riduzione delle sanzioni per pagamento spontaneo – oppure chiedere una dilazione; (2) impugnare l’avviso davanti alla Commissione Tributaria competente (tramite ricorso); oppure (3) fare nulla. Se non paghi né ricorri entro 60 giorni, l’avviso diventa definitivo ed esecutivo, ed il comune o l’agente della riscossione può procedere senza ulteriori preavvisi. Dopo altri 30 giorni dal termine di pagamento, le somme sono affidate al riscossore e verranno recuperate coattivamente (pignoramenti, ipoteche, ecc.).

D. Qual è il termine per impugnare un avviso esecutivo?
R. Il ricorso tributario deve essere notificato e depositato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (art. 21 D.Lgs. 546/92). Superato tale termine, l’atto è definitivo e il contribuente perde la possibilità di contestarlo nel merito.

D. Come e dove si impugna l’avviso?
R. Si presenta un ricorso tributario alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (Commissione provinciale), indicando l’atto impugnato e i motivi dell’errore contestato. Il ricorso va notificato al Comune (o all’ente) che ha emesso l’avviso e depositato telematicamente presso la segreteria della Corte. Può chiedersi la sospensione dell’esecuzione (art.47 D.Lgs.546/92). È consigliabile farsi assistere da un professionista (commercialista o avvocato tributarista).

D. Cosa succede se impugno l’avviso?
R. Una volta presentato il ricorso, la riscossione viene sospesa solo se si richiede e si ottiene espressamente la sospensione. In sede di giudizio, il contribuente può ottenere l’annullamento totale o parziale dell’avviso se viene provato un vizio (erronea valutazione dei fatti, errore di calcolo, ecc.). Se il ricorso è respinto, l’avviso resta in vigore e l’azione esecutiva riprenderà dopo 60 giorni dalla notifica.

D. Che differenza c’è con la vecchia cartella esattoriale?
R. Con la cartella la fase di accertamento e riscossione erano separate: prima si riceveva un avviso di accertamento “ordinario” (non esecutivo) e poi, se non si pagava, si procedeva con iscrizione a ruolo e cartella di pagamento. Con l’avviso esecutivo tutto avviene in un unico atto: non c’è più la fase intermedia della cartella. Ciò accelera la riscossione, ma richiede maggiore tempestività di difesa del contribuente.

D. Quali costi comporta?
R. L’avviso esecutivo riporta già gli importi di tributo, sanzioni e interessi maturati. Se non viene impugnato, su tali somme si aggiungono le spese di riscossione (diritti di notifica, commissioni, spese legali del pignoramento). Quindi oltre al debito principale può essere richiesto un supplemento per le spese sostenute dal Comune (analogamente a quanto accade nelle cartelle esattoriali).

D. Cosa posso fare se il contribuente è deceduto?
R. In caso di decesso del contribuente, l’avviso va indirizzato agli eredi. Se gli eredi hanno comunicato il decesso all’ufficio (art.65, DPR 600/1973), la notifica deve essere fatta nominativamente a ciascun erede presso il domicilio fiscale comunicato. Altrimenti può essere notificato collettivamente “agli eredi di” presso l’ultimo domicilio del defunto. Una notifica errata (a persona defunta e non correttamente a eredi) è nulla. In caso di controversie postume, gli eredi rispondono solidalmente dei tributi maturati prima del decesso (limite art.65).

D. Qual è il termine di prescrizione del credito?
R. Per i tributi comunali ordinari (IMU, TARI, TASI, addizionali locali, canoni, ecc.) il termine di prescrizione è normalmente quinquennale (art.2948 c.c., n.4). Ciò significa che il Comune deve riscuotere entro 5 anni dal momento in cui il tributo è divenuto esigibile (di solito la data di scadenza dell’anno di riferimento). La Cassazione ha confermato che tali tributi seguono prescrizione quinquennale. Oltre i cinque anni il credito si estingue. Nel caso particolare di un avviso esecutivo già notificato, il conteggio della prescrizione inizia dalla data di effettiva esigibilità dell’imposta, come per ogni accertamento definitivo.

D. Cosa succede se non impugno il ricorso?
R. Se il ricorso viene proposto e poi ritirato (rinuncia) o non discussione alla prima udienza, l’avviso è considerato definitivo. Se non si propone nessun ricorso, l’atto diventa definitivo automaticamente al 61° giorno dalla notifica. In entrambi i casi l’effetto è che il debitore non potrà più contestare il merito del debito, e il comune potrà iscrivere a ruolo la somma residua e avviare l’esecuzione (senza necessità di ulteriori atti impositivi).

D. In cosa si differenzia l’avviso “esecutivo” da un eventuale accertamento “integrativo”?
R. Spesso il termine “avviso di accertamento esecutivo” viene utilizzato anche per indicare quegli avvisi successivi (cd. integrativi o secondari) emessi entro i termini di decadenza dopo un accertamento precedente. In realtà, quando si usa “esecutivo” si intende normalmente l’atto unico citato dalla L. 160/2019. Se invece il Comune emette un secondo avviso di accertamento (ad es. un integrativo o rettificativo), esso è considerato “secondario” e segue le regole ordinarie (anche se l’integrativo, se divenuto definitivo, consentirà anch’esso la riscossione). La Cassazione ha precisato che se un avviso esecutivo secondario è il primo atto notificato, anch’esso deve essere motivato come un atto impositivo. In pratica, non vi sono regole speciali: ogni nuovo atto deve rispettare i requisiti formali e sostanziali già detti, indipendentemente dal numero di avvisi precedenti.

D. È possibile rateizzare anche un avviso esecutivo?
R. Sì. Entro i 60 giorni dall’avviso si può presentare all’ente una richiesta di rateizzazione del debito. L’Ente locale, valutata la richiesta, può concedere un piano di rate (secondo i limiti del proprio regolamento o delle linee guida generali). Negli ultimi anni la normativa ha previsto piani molto estesi (fino a 120 rate mensili) per tributi statali e locali. Se la rateazione è concessa, i termini di versamento dei rate svolgono come un nuovo calendario del debito e sospendono temporaneamente l’esecuzione (salvo eventuali condizioni).

8. Simulazioni pratiche

Esempio 1: Signor Bianchi – IMU non dichiarata.
Il Comune X accerta nel luglio 2025 che il signor Bianchi non ha versato €1.200 di IMU 2023. Viene emesso l’avviso di accertamento esecutivo, notificato a Bianchi il 10 luglio 2025. L’avviso contiene l’intimazione a pagare entro 60 giorni (scadenza 8 settembre 2025) con la dicitura che, decorso tale termine senza ricorso, l’atto avrà efficacia di titolo esecutivo.

  • Entro il 8 settembre 2025 Bianchi può pagare, fare ricorso o chiedere rateizzazione.
  • Se paga (magari €1.200 più gli interessi/penali dovute), l’atto si estingue.
  • Se chiede 12 rate mensili e il Comune accetta, le prime rate si pagheranno a partire da settembre e, in attesa del pagamento, l’atto non viene affidato al riscossore.
  • Se ricorre entro il 8/9 chiedendo l’annullamento (es. perché le dimensioni catastali erano sbagliate), il giudice dovrà decidere. Se concede la sospensione, nessuna azione coatta partirà nel frattempo. Se invece conferma il debito, Bianchi dovrà comunque pagare e subire eventuali spese.
  • Se Bianchi non fa nulla entro il 8/9, dal 9 settembre 2025 l’avviso diventa definitivo. In teoria, già dal 9° settembre egli deve l’importo immediatamente. Il comune attende i 30 giorni successivi (fino all’8 ottobre) e quindi, il 9 ottobre 2025, affida l’esecuzione all’Agenzia Entrate-Riscossione. Da quel momento l’Agente può pignorare il conto corrente di Bianchi per riscuotere i €1.200 (più sanzioni e spese) senza dover notificare una cartella aggiuntiva.

Esempio 2: Impresa Zeta – TARI 2022.
Un’impresa riceve il 15 novembre 2024 un avviso di accertamento esecutivo del Comune per €5.000 di TARI 2022, con sanzioni e interessi. L’impresa crede che il calcolo sia errato: aveva già pagato €4.000, ma l’avviso segnala solo €3.000 versati. Decide di impugnare l’atto il 10 dicembre 2024. Il ricorso tributario, depositato con validi motivi di fatto (ricevute di pagamento) viene notificato al Comune il 15/12/2024. L’impugnazione sospende l’esecutività (richiesta esplicita di sospensione contestualmente al ricorso). Il Comune, ammettendo l’errore contabile, annulla l’avviso e invia uno nuovo, correggendo il debito residuo a €1.000 netti. Anche questo nuovo avviso (notificato il 20/1/2025) è formato esecutivo: l’impresa ha ancora 60 giorni (fino al 21/3/2025) per pagare o ricorrere. Se il 22/3/2025 l’azienda non paga né ricorre, l’avviso diventa esecutivo e l’impresa vedrà il proprio conto pignorato dopo altri 30 giorni (circa fine aprile 2025) per €1.000 più spese. In questo caso il ricorso originario ha evitato il pignoramento per €4.000, ma ha prodotto un nuovo debito che non andava dimenticato: l’impresa doveva ripetere i termini con il nuovo atto notificato.

Esempio 3: Eredi di Rossi – imposte impagate.
Il sig. Rossi muore nel 2023 lasciando un immobile. Nel maggio 2025 il Comune invia all’ultimo domicilio di Rossi un avviso di accertamento esecutivo di €2.500 per IMU 2019 impagata, intestandolo al defunto. Tuttavia, gli eredi (figli) avevano già comunicato al Comune la morte e i loro dati nel 2024 (adempimento art.65 DPR 600/1973). Di conseguenza, l’avviso notificato a casa di Rossi è nullo perché dovrebbe essere indirizzato nominativamente ai singoli eredi. Presso il giudice tributario le figlie di Rossi impugnano l’avviso, chiedendo annullamento per nullità. La Corte di Cassazione (n. 11097/2025) ribadisce che se la comunicazione di eredi è stata fatta, l’atto deve essere notificato singolarmente a ciascun erede nel loro domicilio fiscale, altrimenti è inidoneo. Nel caso concreto l’avviso viene annullato. Il Comune dovrà notificare un nuovo avviso valido agli eredi (o dichiarare il debito caduto in prescrizione se i termini erano scaduti).

Esempio 4: Contribuente attende prescrizione.
Immaginiamo che un Comune accerti nel 2015 una TARI dovuta dal 2008, notificandola a dicembre 2015. Se quella TARI non era stata riscossa entro fine 2013 (5 anni dal 2008), al 2016 il credito è già prescritto. Anche se il Comune ha emesso l’avviso, l’erario locale non potrà esigere somme risalenti a oltre 5 anni prima, e il debitore può fare opposizione avverso la riscossione in forza di prescrizione. In pratica, la prescrizione quinquennale estingue il credito di TARI 2008 al termine del 2013. Nel caso di accertamenti tributari, se la notifica è avvenuta fuori termine di decadenza, il credito «non è mai sorto», potendo il contribuente eccepire prescrizione (art. 2946 c.c.) come difesa.

Questi esempi illustrano come, nella pratica, la tempestività nel leggere l’avviso, verificare l’esattezza dei dati e decidere l’azione (pagare, impugnare o rateizzare) sia cruciale per il debitore. L’avviso di accertamento esecutivo, se non contrastato in tempo, porta rapidamente alla coercizione patrimoniale.

9. Tabelle riepilogative

Di seguito riportiamo alcune tabelle che sintetizzano informazioni chiave:

  • Tabella 4 – Contenuto tipico di un avviso di accertamento esecutivo
ElementoDettagli/Forme richieste
Intestazione destinatarioNome e dati del contribuente (o «eredi di…» se deceduto, con rispetto art.65).
Autorità impositriceComune (o altro ente locale) emittente, con contraddistinto ente impositore.
Riferimenti tributoAnno/periodo d’imposta, tipo di tributo (es. TARI 2022), base imponibile.
Importi richiestiTributo principale, sanzione (val. ordinariamente 30%), interessi (val. 5% annui o tasso legale), totale dovuto. Include anche spese di notifica.
MotivazioneRiferimenti ai fatti contestati (es. vani non dichiarati, superficie sottodimessa, mancata presentazione dichiarazione, ecc.) e alle norme applicate. Deve essere esaustiva (Cass.3860/2025).
Scadenze e avvisiTermine di pagamento e ricorso (60 giorni dalla notifica). Indicazione che è titolo esecutivo al termine del ricorso e che, in caso di mancato pagamento entro 30 giorni successivi, si passerà all’esecuzione coatta.
Efficacia esecutivaFormula nella quale si afferma che l’atto diventa titolo esecutivo decorso il termine di impugnazione. Spesso si cita l’art.13 del DPR 600/73 o norme analoghe.
Soggetto riscossoreNome/ente incaricato della riscossione forzata (es. Agenzia Entrate-Riscossione o ufficio comunale di tributi), come da norma speciale.
  • Tabella 5 – Differenze tra ricorso tributario e opposizione esecuzione
CaratteristicaRicorso tributario (C.T.)Opposizione all’esecuzione (Giudice civile)
Ambito di impugnazioneL’avviso di accertamento esecutivo (atto amministrativo impositivo).L’atto di esecuzione forzata (ad es. precetto, pignoramento).
Ricorso soggetto a termine60 giorni dalla notifica dell’avviso (art.21 D.Lgs.546/92).40 giorni dal pignoramento o precetto (art.615 c.p.c.).
Oggetto contestazioneVizi del tributo/atto (calcolo errato, motivazione inesistente, illegittimità dell’atto, ecc.).Vizi formali e procedurali dell’esecuzione (notifica, competenza, errori materiali). Non si riapre il merito del credito sottostante.
Effetto sul titoloSe accolto: l’avviso si annulla totalmente o parzialmente; suspende l’efficacia esecutiva (se richiesta).Se accolta: impugnazione del pignoramento (es. revoca del pignoramento). L’avviso-imposizione rimane definitivo, ma non si possono espropriare i beni.
Autorità competenteCorte di Giustizia Tributaria (ex Commissione tributaria).Tribunale civile (sez. esecuzioni).

Queste tabelle sintetizzano i punti fondamentali per orientarsi: un avviso di accertamento esecutivo contiene tutti gli elementi di un atto impositivo con l’aggiunta delle clausole esecutive, e il debitore dispone di strumenti di tutela specifici in ogni fase.

10. Conclusioni

L’avviso di accertamento esecutivo comunale è diventato un pilastro nel sistema di riscossione dei tributi locali. Dal 2020 esso consente agli enti territoriali di bypassare la cartella di pagamento, accelerando le operazioni di recupero forzoso. Dal punto di vista del debitore, ciò comporta che ogni avviso notificato deve essere preso molto seriamente: contiene già un “invito incondizionato” ad adempiere entro i termini, oltre a riportare tutti i dettagli del presunto debito e l’avvertimento dell’esecutività. Nel momento stesso della notifica scatta un conto alla rovescia (60 giorni) durante il quale il contribuente deve valutare attentamente la validità dell’atto e scegliere la strategia di difesa (ricorso, pagamento o dilazione).

Come abbiamo visto, la disciplina è complessa: mescola norme statali e competenze locali. Serve tener presente i termini fiscali (decadenza e prescrizione) e i principi di diritto (motivazione, tutela giurisdizionale). Le pronunce dei tribunali (Corte di Cassazione in particolare) hanno chiarito aspetti importanti, confermando ad esempio l’obbligo di motivazione “rafforzata” nei casi di avvisi esecutivi «primi atti», e ribadendo l’applicabilità delle regole su notifiche ed eredi anche ai tributi locali.

Per il contribuente – che sia privato cittadino, professionista o imprenditore – il consiglio è di agire rapidamente: leggere con cura l’avviso, verificare la correttezza dei calcoli e delle generalità, e al più presto consultare un esperto. Impugnare un atto entro i termini salvaguarda la possibilità di contestarne il contenuto; ignorarlo significa lasciare libera mano alla riscossione e subire pignoramenti in breve tempo. Allo stesso tempo, non va dimenticato che, se un accredito è legittimo, anche il debitore ha obblighi precisi: pagare entro i termini evita sanzioni aggiuntive e spese di riscossione, o almeno consente di dilazionare l’ombra esecutiva.

Infine, è utile ricordare che questo strumento resta permeabile agli stessi principi di diritto che regolano il contenzioso tributario in generale. Il contribuente ha tutte le garanzie di un normale processo tributario (art. 111 Cost., art. 47 D.Lgs.546/92, ecc.): l’avviso deve diramare chiaramente la pretesa, consentendo il contraddittorio, e può essere invalidato se carente o illegittimo. Le modifiche normative introdotte fino al 2025 non alterano questi diritti fondamentali, ma richiedono di essere aggiornati sulle nuove procedure.

In definitiva, l’avviso di accertamento esecutivo locale – pur semplificando la riscossione per gli enti territoriali – impone al debitore di prestare la massima attenzione. Conoscere i propri diritti di impugnazione, i termini da rispettare e le modalità di difesa è oggi più che mai indispensabile. Questa guida (aggiornata a giugno 2025) vuole essere uno strumento pratico e approfondito in questa direzione, offrendo concetti chiave, tabelle di sintesi, risposte ai dubbi più comuni e scenari operativi dal punto di vista del debitore.

Fonti normative e giurisprudenza citate

  • Legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, c. 792 e ss. (introdotta dalla Finanziaria 2020) – istituzione dell’avviso di accertamento esecutivo per tributi locali.
  • Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 29 (conv. L. 122/2010) – disciplina originaria degli avvisi di accertamento esecutivi per le imposte statali.
  • D.Lgs. 14 dicembre 1997, n. 446, art. 52 – potere regolamentare degli enti locali sulle entrate tributarie.
  • D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 e ss. – termini e procedure di impugnazione tributaria (60 giorni per il ricorso).
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 65 – disciplina degli eredi del contribuente e della notificazione degli atti tributari.
  • D.Lgs. 14 maggio 2024, n. 110, art. 14 – recepimento della delega fiscale (ampliamento dell’accertamento esecutivo a nuovi atti tributari).
  • D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87, art. 8-9 – attuazione delega tributi locali/regionali (estensione dell’avviso esecutivo anche alle entrate regionali, novità procedurali).
  • Cassazione Civile, Sez. VI, ord. 9.11.2023, n. 31260 – prescrizione quinquennale degli accertamenti IMU/TARI (tributi locali).
  • Cassazione Civile, ord. 7.4.2025, n. 9091 – necessità di motivazione “rafforzata” per avvisi esecutivi primi atti.
  • Cassazione Civile, ord. 28.4.2025, n. 11097 – notificazione avviso agli eredi: conferma applicabilità art.65 DPR 600/1973 anche agli avvisi esecutivi.
  • Cassazione Civile, sent. 15.4.2025, n. 3860 – motivazione e autotutela negli avvisi di accertamento (richiesta di indicazioni complete delle ragioni).
  • Cassazione Civile, sent. 15.2.2025, n. 15437 – estensione dell’art. 65 DPR 600/1973 ai tributi locali.
  • Cassazione Civile, sent. 22.10.2024, n. 27326 – principio simile a Cass. 11097/2025 sull’intestazione agli eredi e adempimenti degli eredi (caso tassazione IRPEF).
  • Cassazione Civile, ord. 15.6.2024, n. 6142 – firma a stampa del funzionario per gli avvisi di accertamento locali.
  • Norme ordinarie: art. 2946-2953 c.c. (prescrizione), D.P.R. 602/1973 (riscossione coatta), D.Lgs. 546/92 (contenzioso tributario), D.Lgs. 175/2024 (processo telematico tributario), Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente), ecc.

Hai ricevuto un avviso di accertamento esecutivo per tributi locali? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Negli ultimi anni, i Comuni e gli altri enti locali possono notificare un avviso di accertamento esecutivo: un atto che vale sia come accertamento fiscale che come titolo per la riscossione.
Ciò significa che, se non presenti ricorso entro 60 giorni, l’ente può procedere direttamente alla riscossione forzata, senza bisogno di ulteriori notifiche come cartelle o ingiunzioni.

Per questo è fondamentale:

  • Controllare la correttezza dell’atto: contenuto, motivazione, importo, termini e intimazione al pagamento
  • Verificare se sussistono errori di notifica o vizi formali
  • Agire in tempo, presentando ricorso entro i termini previsti

Lo Studio Monardo ti aiuta a verificare la legittimità dell’avviso esecutivo e a bloccare eventuali azioni illegittime prima che diventino esecutive.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza nel dettaglio l’avviso ricevuto e la documentazione relativa
📑 Verifica la presenza di tutti gli elementi obbligatori previsti dalla legge
⚖️ Redige e presenta ricorso per annullare o sospendere l’efficacia dell’atto
✍️ Ti rappresenta nei confronti dell’ente impositore e della Commissione Tributaria
🔁 Ti assiste anche in caso di pignoramenti o iscrizioni di fermi e ipoteche

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e riscossione locale
✔️ Consulente per imprese, professionisti e cittadini colpiti da tributi locali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Un avviso di accertamento esecutivo può trasformarsi in un pignoramento nel giro di pochi mesi, ma non è sempre valido e non è immune da errori.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi agire tempestivamente, bloccare l’esecuzione e tutelare i tuoi diritti con una strategia legale solida e personalizzata.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!