Hai contratto debiti che non riesci più a pagare, ma non sei un imprenditore né un professionista? Ti stai chiedendo se anche chi ha solo debiti personali può accedere a una procedura legale per uscirne senza perdere tutto?
Sì. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, nella versione aggiornata, riconosce un ruolo preciso anche al consumatore sovraindebitato, cioè al cittadino che ha debiti verso banche, finanziarie, fornitori o Fisco senza esercitare attività d’impresa o professionale.
Chi è il consumatore sovraindebitato?
È la persona fisica che:
– Ha contratto debiti per bisogni personali o familiari (mutui, prestiti, carte revolving, utenze, ecc.)
– Non è imprenditore né libero professionista
– Si trova in uno stato di crisi economica non transitoria
– Non riesce più a far fronte ai pagamenti in modo regolare
Quali strumenti ha a disposizione il consumatore?
- Piano del consumatore
È la procedura principale pensata per il cittadino sovraindebitato.
Permette di: – Presentare una proposta di pagamento in base alla propria reale capacità economica
– Ottenere un decreto del giudice che impone l’accordo anche ai creditori contrari
– Conservare i beni essenziali, come la prima casa (se sostenibile)
– Essere liberato dai debiti residui, al termine del piano - Liquidazione controllata del patrimonio
Se il consumatore non può proporre un piano di rientro sostenibile, può mettere a disposizione i suoi beni per: – Pagare i debiti in modo proporzionale
– Evitare pignoramenti caotici
– Chiudere in modo ordinato ogni obbligazione
– Ottenere, a fine procedura, l’esdebitazione completa - Esdebitazione del debitore incapiente
Introdotta nel Codice aggiornato, consente di cancellare tutti i debiti anche in assenza di beni o redditi, se: – Il debitore è effettivamente privo di risorse
– Ha agito con onestà e senza frode
– Non ha già usufruito di questa misura negli ultimi 5 anni
Cosa serve per accedere a queste procedure?
– Documentazione completa su debiti, creditori, reddito e patrimonio
– Relazione di un gestore della crisi o OCC (Organismo di Composizione della Crisi)
– Assistenza legale per evitare errori e contestazioni
– Valutazione realistica delle possibilità di rientro o liquidazione
Perché è importante agire in tempo?
– Blocchi le azioni esecutive e i pignoramenti
– Eviti l’aggravarsi della posizione debitoria
– Gestisci tutto in sede protetta, davanti al Tribunale
– Eviti pressioni indebite, telefonate e solleciti aggressivi da parte dei creditori
Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?
Ti affianchiamo passo dopo passo nella gestione della crisi da sovraindebitamento. Analizziamo il tuo caso, valutiamo la soluzione più adatta e ti seguiamo in tutte le fasi della procedura: dal contatto con l’OCC fino all’omologazione del piano o all’esdebitazione. Il nostro obiettivo è farti tornare libero dai debiti, in modo legale e definitivo.
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Introduzione
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – introdotto con il D.Lgs. 14/2019 e successivamente modificato dal D.Lgs. 147/2020, dal D.Lgs. 83/2022 e da ultimo dal D.Lgs. 136/2024 – ha innovato profondamente la disciplina del sovraindebitamento, integrando la previgente Legge 3/2012 in un quadro normativo organico e aggiornato. In questo contesto, il consumatore sovraindebitato assume un ruolo centrale: il nuovo Codice, in continuità con lo “spirito originario” della legge del 2012, mira a offrire strumenti efficaci e accessibili per il risanamento dei debiti delle persone fisiche non fallibili, ispirandosi a un principio di favor debitoris. Ciò significa promuovere un approccio non punitivo ma di sostegno al debitore onesto in difficoltà, favorendone la reintegrazione economica e sociale e prevenendo fenomeni di usura ed estorsione.
Aggiornata a giugno 2025, la disciplina del sovraindebitamento presenta numerose novità normative e orientamenti giurisprudenziali recenti. Questa guida – rivolta ad avvocati, privati e imprenditori (dal punto di vista del debitore) – fornisce un’analisi avanzata e dettagliata del ruolo del consumatore nel CCII aggiornato. Dopo un inquadramento normativo generale, esamineremo le definizioni chiave, le procedure applicabili (con particolare focus sul piano del consumatore, ora ristrutturazione dei debiti del consumatore), i requisiti di accesso (in primis la meritevolezza), lo svolgimento del procedimento, i poteri e obblighi degli attori coinvolti (debitore, OCC, giudice, creditori), nonché le tutele previste (dalle misure protettive all’esdebitazione finale). Verranno inoltre presentate novità normative (come le modifiche introdotte dal Correttivo Ter del 2024 in tema di moratoria dei crediti privilegiati, reclamo e procedure familiari) e i principali orientamenti giurisprudenziali recenti (Cassazione 2023-2025 e pronunce di merito) che stanno plasmando l’interpretazione delle norme.
Quadro Normativo e Principi Generali
La disciplina del sovraindebitamento in Italia è oggi contenuta nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), in particolare nel Titolo IV, Capo II, Sezione II, articoli 65-83 CCII, dedicati alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento. Il CCII ha abrogato e assorbito la Legge 3/2012 (la c.d. “legge salva-suicidi”), mantenendone però l’impianto di fondo. In vigore dal 15 luglio 2022, dopo vari rinvii, il CCII è stato oggetto di successivi aggiustamenti tramite correttivi: il D.Lgs. 83/2022 (attuativo della direttiva UE 2019/1023 sulla ristrutturazione e insolvenza) e il D.Lgs. 136/2024 (c.d. Correttivo Ter, in vigore dal fine 2024) hanno ulteriormente calibrato la disciplina per renderla più efficace e aderente alla realtà economica attuale.
Tra i principi generali che guidano la materia spicca il già citato favor debitoris: il legislatore ha inteso facilitare l’accesso e l’utilizzo delle procedure da parte dei debitori meritevoli, evitando che formalismi o interpretazioni eccessivamente restrittive frustrino le finalità di risanamento. L’ottica è quella del secondo chance (seconda opportunità): permettere al consumatore onesto ma sfortunato di liberarsi dei debiti insostenibili e ripartire da zero (fresh start), contemperando però tale beneficio con la tutela dei creditori. Non a caso, il principio di buona fede e correttezza del debitore permea tutta la disciplina: solo chi ha adottato un comportamento leale (assenza di frode o colpa grave) può ambire all’esdebitazione finale.
Un altro caposaldo normativo è la distinzione tra soggetti fallibili e non fallibili: il CCII riserva le procedure di sovraindebitamento ai debitori non assoggettabili a liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento”). In base all’art. 2, comma 1, lett. c) CCII, si tratta degli imprenditori sotto determinate soglie dimensionali, degli imprenditori agricoli, delle start-up innovative, nonché di tutte le persone fisiche non esercitanti attività d’impresa (i consumatori). In sostanza, chi non rientra nelle procedure concorsuali maggiori può accedere agli strumenti di sovraindebitamento. Questo consente di coprire un’ampia platea di situazioni di crisi individuale o familiare che prima del 2012 restavano senza tutela (il singolo consumatore sovraindebitato, il piccolo imprenditore che non fallisce per soglia, il professionista, l’imprenditore cessato da tempo, etc.).
Il sovraindebitamento, nozione cardine, viene attualmente definito dal CCII come lo stato di crisi o insolvenza del debitore non fallibile che non è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (definizione analoga a quella previgente). In termini pratici, è la condizione in cui i flussi di cassa prevedibili nei successivi 12 mesi non bastano a far fronte ai debiti, oppure vi sono inadempimenti già in essere o altri fatti esteriori indicativi dell’incapacità di pagare regolarmente. Dunque rientrano nel sovraindebitamento sia situazioni di crisi (difficoltà finanziaria reversibile) sia di vera e propria insolvenza (incapacità strutturale di adempiere).
Procedimenti disponibili: Il Codice della Crisi prevede attualmente tre principali procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (cui se ne aggiunge una quarta, speciale, di esdebitazione “a zero”, come vedremo più avanti):
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII): è la nuova denominazione del piano del consumatore introdotto dalla L.3/2012, riservato esclusivamente al consumatore persona fisica con debiti personali/familiari estranei ad attività di impresa. Prevede la presentazione di un piano di pagamento dei debiti formulato dal consumatore, che può essere omologato dal tribunale ed imposto ai creditori senza bisogno del loro voto, purché il piano sia sostenibile e il debitore sia meritevole. È una procedura essenzialmente negoziale-giudiziale, orientata alla ristrutturazione dei debiti (anche mediante falcidie e rinegoziazioni) con l’obiettivo finale dell’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui impagati).
- Concordato minore (artt. 74-83 CCII): è la procedura corrispondente all’ex accordo di composizione della crisi, destinata ai debitori sovraindebitati diversi dal consumatore. Vi accedono quindi, ad esempio, imprenditori individuali “sotto soglia”, imprenditori cessati non fallibili, professionisti, start-up e soggetti con debiti misti (in parte personali, in parte derivanti da attività economiche). Il concordato minore prevede la formulazione di un piano con classi di creditori e sottoposto al voto di questi ultimi (richiede il raggiungimento di maggioranze qualificate). È quindi una procedura concorsuale minore di tipo negoziato, in cui l’accordo con i creditori è essenziale (pur intervenendo sempre l’omologazione giudiziale finale). Il suo scopo è la ristrutturazione complessiva dei debiti del sovraindebitato “non consumatore”. Ad esempio, un piccolo imprenditore agricolo con debiti sia personali sia d’impresa potrebbe proporre un concordato minore, offrendo ai creditori pagamenti parziali secondo un piano attestato e suddivisi in classi.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268-277 CCII, ex “liquidazione del patrimonio”): è la procedura a carattere liquidatorio, in cui il patrimonio del debitore sovraindebitato viene liquidato (vendita dei beni) sotto controllo del tribunale, al fine di soddisfare i creditori in modo proporzionale. Può accedervi qualunque debitore sovraindebitato non fallibile, inclusi gli imprenditori cessati e attivi sotto soglia. La liquidazione può essere richiesta dallo stesso debitore (anche volontariamente, ad esempio se non riesce a formulare un piano) oppure dai creditori o dal pubblico ministero in talune ipotesi. È in sostanza una “mini-fallimento” semplificato: il liquidatore nominato realizza l’attivo e distribuisce il ricavato ai creditori. Al termine il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione (la liberazione dai debiti residui) – nel CCII questa è concessa di norma senza necessità di una specifica istanza, a differenza della vecchia legge. La liquidazione controllata rappresenta il rimedio di ultima istanza quando non sia praticabile un accordo di ristrutturazione.
Oltre a queste tre procedure principali, il CCII contempla – all’art. 283 – una misura straordinaria: l’esdebitazione del debitore incapiente. Si tratta di una procedura introdotta a fine 2020 (anticipando il Codice) per consentire al debitore persona fisica, totalmente privo di beni e redditi, di ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza alcun pagamento, a patto che sia “meritevole”. È un meccanismo eccezionale, utilizzabile una tantum, riservato ai casi estremi in cui neppure la liquidazione darebbe qualche soddisfazione ai creditori. Il debitore incapiente può rivolgersi direttamente al tribunale chiedendo l’esdebitazione immediata ex art. 283 CCII, e il giudice – verificate le condizioni (insolvibilità totale attuale e prospettica, assenza di atti in frode, condotta diligente, mancati accessi pregressi ad altre procedure) – può emanare un decreto che libera il debitore da tutte le obbligazioni pregresse. Data la sua drasticità (il debitore viene sollevato dai debiti senza pagarli), l’istituto è circondato da cautele: ad esempio, è escluso per i debiti derivanti da obblighi alimentari, da risarcimenti per danni da fatto illecito o da sanzioni penali/amministrative (che restano comunque dovuti). Inoltre, come detto, può essere concesso solo una volta nella vita. Si segnala che la legge di Bilancio 2024 ha previsto l’istituzione di un Fondo statale per contribuire alle esdebitazioni degli incapienti, a tutela in particolare dei creditori vittime di reati (usura, estorsione) coinvolti in tali procedure – attuazione pratica di questa previsione è attesa con decreti attuativi. L’esdebitazione incapiente resta comunque una “rete di sicurezza” estrema nel panorama del sovraindebitamento, da valutare quando ogni altra strada risulta impercorribile.
Definizione di “Consumatore” e Debiti Ammissibili
Chi è il “consumatore” sovraindebitato? Il CCII ha ereditato dalla legge 3/2012 la definizione di consumatore quale persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Tale definizione è ora codificata nell’art. 2, comma 1, lett. e) CCII, anche alla luce del Correttivo Ter 2024 che l’ha leggermente affinata. In termini semplici, si considera consumatore il privato cittadino che agisce al di fuori di un’attività d’impresa o di una libera professione. È irrilevante che tale persona fisica sia socio di una società di persone o di capitali: l’elemento decisivo è la natura dei debiti contratti, che devono riguardare esigenze personali o familiari e non essere direttamente funzionali a un’attività imprenditoriale.
La distinzione ha conseguenze pratiche fondamentali: solo i debiti estranei all’attività d’impresa possono essere inclusi in un piano del consumatore. Se una persona fisica svolge o ha svolto in passato attività economiche, occorrerà esaminare la provenienza di ciascun debito. Ad esempio, rientrano tra i debiti “da consumatore” quelli derivanti da spese familiari, credito al consumo, mutui per la prima casa, bollette, canoni di locazione abitativa, finanziamenti personali, fideiussioni prestate per esigenze altrui non imprenditoriali, risarcimenti per fatti della vita privata, ecc. Non sono invece considerati debiti da consumatore quelli legati all’attività d’impresa o professionale: debiti verso fornitori dell’ex attività commerciale, scoperti di conto collegati all’azienda, leasing per macchinari, garanzie personali su finanziamenti all’impresa propria, debiti fiscali per IVA o imposte dell’attività professionale, e così via. Tali ultimi debiti non possono essere trattati nell’ambito di un piano di ristrutturazione del consumatore, ma dovranno eventualmente confluire in un concordato minore o in una liquidazione (se il soggetto è comunque non fallibile). In altre parole, il perimetro del “piano del consumatore” è limitato ai debiti personali e di consumo.
Questa impostazione è confermata dalla giurisprudenza recente: la Cassazione civile sez. I, 15 settembre 2023 n. 22699 ha ribadito che nella procedura di ristrutturazione del consumatore possono rientrare solo i debiti contratti per scopi personali o familiari, restando esclusi quelli derivanti anche indirettamente da attività d’impresa. Analogamente già la Cass. 1869/2016 aveva delineato la centralità del requisito soggettivo, anticipando il concetto che poi è stato recepito a livello normativo. In applicazione di tali principi, ad esempio, Tribunale di Napoli Nord 12/11/2022 ha dichiarato inammissibile un piano del consumatore che includeva cospicui debiti professionali, circoscrivendo il concetto di consumatore alle sole obbligazioni assunte per bisogni estranei a ogni finalità economica produttiva. Va però segnalato un interessante sviluppo: la giurisprudenza di merito più recente tende ad adottare un criterio prevalenziale più che assoluto. Ad esempio, Tribunale di Napoli, 5 maggio 2025 ha ritenuto ammissibile un piano anche in presenza di alcuni debiti “promiscui” (in parte riconducibili ad attività d’impresa), purché prevalessero nettamente i debiti di origine privata. Ciò in ossequio alla finalità di favor debitoris: se, in concreto, la situazione debitoria di una persona fisica è principalmente consumeristica, l’accesso alla procedura non dovrebbe essere precluso da qualche debito residuale di natura diversa (specie se di importo minore). Resta comunque un punto delicato, da valutare caso per caso: laddove i debiti d’impresa siano quantitativamente o qualitativamente significativi, l’orientamento dominante li considera ostativi al piano del consumatore, dovendo il soggetto allora ripiegare sul concordato minore.
Esempio: Tizio è un artigiano che ha cessato la propria attività nel 2019. Ha debiti residui per €30.000 verso ex fornitori (legati alla sua impresa artigiana) e altri €50.000 tra mutuo prima casa, carte di credito e finanziamenti personali. Pur essendo ora “non fallibile”, Tizio non può includere i €30.000 di debiti commerciali in un piano del consumatore, in quanto derivano dalla sua attività. Potrebbe tuttavia accedere a un concordato minore includendo l’intero indebitamento. Se invece i debiti d’impresa fossero marginali (es. €5.000 su €55.000 totali), un tribunale potrebbe valutare ammissibile il piano come consumatore, considerando prevalente la dimensione personale della crisi (come nel caso deciso dal Trib. Napoli 2025 citato sopra).
Fideiussore e consumatore: Un caso particolare è quello del fideiussore (garante) di un debito altrui. Il CCII non contiene una disciplina espressa del fideiussore nel sovraindebitamento, ma la giurisprudenza ha offerto chiarimenti: la Cassazione n. 742/2020 ha statuito che il fideiussore persona fisica, se ha prestato garanzia per fini a lui estranei ad attività d’impresa, può essere qualificato come consumatore. Dunque, ad esempio, un privato che fa da garante al mutuo dell’amico o al leasing della società di un conoscente, senza avere un interesse professionale diretto, rimane consumatore rispetto a quell’obbligazione di garanzia. Viceversa, se la fideiussione è funzionale alla propria impresa (tipicamente l’imprenditore individuale che garantisce personalmente un finanziamento alla sua azienda), quel debito per escussione di garanzia non è “di consumo”. In pratica, occorre guardare allo scopo per cui la garanzia è stata prestata: se estraneo all’attività imprenditoriale/professionale del garante, il fideiussore potrà accedere al piano del consumatore (in presenza degli altri requisiti); altrimenti no.
Requisiti di Accesso e “Meritevolezza” del Consumatore
Accedere alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore) non è un diritto automatico: la legge pone una serie di condizioni soggettive e oggettive volte a selezionare i casi in cui l’istituto può operare, evitando abusi. Tali requisiti, in buona parte ereditati dalla L.3/2012 (artt. 7, 9 e 12-bis della vecchia legge), sono oggi perlopiù codificati negli artt. 66, 69 e 68 CCII. Possiamo riepilogarli così:
- Soggetto legittimato: deve essere un consumatore sovraindebitato. Abbiamo già delineato la nozione di consumatore: persona fisica non fallibile con debiti personali. Inoltre, è necessario trovarsi in stato di sovraindebitamento (crisi o insolvenza) come definito dalla legge. Non è richiesta l’insolvenza “irreversibile” – va bene anche una situazione di temporanea difficoltà grave, purché tale da non poter soddisfare regolarmente le obbligazioni. Il consumatore può agire solo personalmente: a differenza di altre procedure concorsuali, qui non c’è fallimento su istanza dei creditori, né liquidazione coatta. Solo il debitore stesso (assistito dall’OCC) può attivare la procedura. Importante: il consumatore deve aver sede (residenza o domicilio) nel circondario del tribunale competente; in caso di trasferimento nei mesi precedenti, si valutano i criteri di competenza territoriale come da art. 9 CCII (simile all’art. 9 L.3/2012).
- Assenza di cause ostative (“meritevolezza”): la legge richiede che il debitore non abbia tenuto comportamenti gravemente colpevoli o fraudolenti che abbiano causato la sua insolvenza. L’art. 69 CCII elenca alcune condizioni ostative precise, che se presenti precludono l’accesso al piano. In particolare, non è ammesso chi:
- Ha provocato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Questo implica valutare la condotta del debitore nella genesi dell’indebitamento: ad esempio, chi ha assunto obbligazioni sproporzionate contando di non pagarle, chi ha dissipato patrimonio in gioco d’azzardo (ludopatia conclamata), chi ha aggravato dolosamente la propria situazione, chi ha commesso atti in frode ai creditori (es. occultare beni) non è meritevole di accedere alla procedura. La “colpa grave” va intesa come imprudenza o negligenza macroscopica nella gestione delle proprie finanze. È un criterio in parte discrezionale: la giurisprudenza, specie di merito, ha talora adottato linee rigorose (ad es. alcune pronunce hanno negato l’accesso a chi aveva accumulato debiti da gioco, ritenendolo indice di comportamento colposo). Tuttavia, si tende oggi a escludere che meri errori o leggerezze esistenziali configurino colpa grave sufficiente a bloccare la procedura: va dimostrato un quid pluris di mala fede o grave irresponsabilità.
- Ha già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Se il consumatore ha ottenuto la cancellazione dei debiti meno di 5 anni fa (sia con una precedente procedura di sovraindebitamento sia, in futuro, con un fallimento da cui è stato esdebitato), non può ripresentare un nuovo piano subito. L’idea è evitare che si abusi del sistema a intervalli ravvicinati; dopo 5 anni si può eventualmente tentare di nuovo.
- Ha già fatto ricorso, nei precedenti 5 anni, a due procedure di sovraindebitamento. Questa clausola evita l’uso seriale degli strumenti: non si possono avviare più di due procedure ogni 5 anni (anche se non sfociate in esdebitazione). Inoltre, non può accedere chi ha già beneficiato di due esdebitazioni in qualsiasi tempo (anche oltre 5 anni): la legge infatti vieta di concedere il beneficio della cancellazione dei debiti più di due volte nella vita del debitore. In pratica: prima esdebitazione ok, seconda possibile dopo 5 anni, terza mai.
Questi vincoli evidenziano il concetto di “meritevolezza” del consumatore: il meccanismo è riservato a chi non ha colpe rilevanti nella formazione del debito e non ne ha già abusato in passato. Si noti però che il CCII, rispetto alla vecchia legge, ha attenuato la rigidità di tali criteri: ad esempio, non si parla più di “meritevolezza” in senso stretto come requisito formale, ma solo di cause ostative specifiche; inoltre, scompare il riferimento espresso (che era nell’art. 12-bis L.3/2012) all’aver assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, che prima precludeva l’omologazione. La Cassazione a Sezioni Unite 18924/2011 (ancorché precedente e riferita analogicamente ad altre procedure) aveva evidenziato che il giudizio di meritevolezza non va spinto fino a punire ogni imprudenza, ma deve circoscriversi a comportamenti realmente dolosi o gravemente colposi. La tendenza attuale, confermata anche dalla Relazione illustrativa al Codice, è di valutare nel complesso la condotta del debitore, evitando automatismi. Ad esempio, alcune sentenze di merito hanno ammesso al piano debitori che pure presentavano profili di colpa, ma collegati a eventi sopravvenuti (come la perdita inaspettata del lavoro, la malattia, la crisi economica generale) ritenendo che la colpa lieve o scusabile non precluda l’accesso.
In definitiva, il concetto di meritevolezza funziona da filtro all’ingresso e all’uscita: in ingresso, il giudice verifica che non vi siano circostanze ostative (frodi, dolo, uso distorto delle carte di credito, etc.); in uscita, al momento dell’omologazione, valuta se il comportamento del debitore sia stato corretto (ad esempio, se ha fornito tutte le informazioni, se non ha nascosto beni) e se il piano proposto riflette buona fede (ad esempio, riserva ai creditori tutto il surplus di reddito disponibile, non li discrimina ingiustificatamente, ecc.). Dal punto di vista del debitore, ciò implica l’onere di presentarsi con le carte in regola: massima trasparenza sul proprio patrimonio e reddito, collaborazione piena con l’OCC, e un piano che offra ai creditori il miglior soddisfacimento possibile nelle sue condizioni.
- Fattibilità e sostenibilità del piano: Sul piano oggettivo, la proposta deve essere fattibile e sostenibile. L’art. 68 CCII richiede che il piano presenti un contenuto chiaro circa tempi e modalità di adempimento dei debiti e che vi sia una relazione dell’OCC che attesta la sua sostenibilità economica (vedremo oltre il ruolo dell’OCC). Un piano basato su entrate aleatorie o su risorse manifestamente insufficienti sarà dichiarato inammissibile dal tribunale. Ad esempio, se un consumatore senza alcun reddito né patrimonio propone di pagare i debiti in 5 anni senza indicare da dove prenderà i soldi, la proposta manca di fattibilità. La sostenibilità si riferisce alla capacità di generare flussi (reddito da lavoro, pensione, contributo di terzi, liquidazione di qualche bene, ecc.) tali da coprire le percentuali offerte ai creditori. Il giudice, anche avvalendosi della relazione OCC, valuta rigorosamente questo aspetto sin dall’inizio.
- Regolarità documentale: Insieme al piano va depositata ampia documentazione (elenchi dei creditori, inventario dei beni, attestazioni fiscali, ultime dichiarazioni dei redditi, elenco atti di straordinaria amministrazione ultimi 5 anni, certificati dello stato di famiglia se occorre per procedure familiari, ecc.). La mancanza di documenti essenziali o l’incompletezza grave della situazione patrimoniale può portare all’inammissibilità. Il CCII, anche su questo, nel 2024 ha introdotto un po’ di flessibilità: l’art. 70 CCII ora consente al giudice di dare un termine (max 15 giorni) al debitore per integrare la documentazione o apportare correzioni al piano prima di dichiarare l’inammissibilità. Ciò evita che piccoli errori formali o dimenticanze condannino subito il debitore: un segnale di attenzione pratica nel favor debitoris.
Misure protettive: Una volta presentata la domanda di ristrutturazione, il debitore può chiedere le misure protettive a tutela del patrimonio (analoghe all’automatic stay delle procedure concorsuali). Nel CCII, a differenza della legge previgente, non c’è una sospensione automatica di tutte le azioni esecutive con il solo deposito; tuttavia, il giudice, su istanza, può inibire o sospendere singole procedure esecutive in corso se ritiene che ciò non pregiudichi i creditori e sia funzionale al buon esito del piano. Inoltre, è previsto ex lege che dal momento del deposito della domanda si sospenda il decorso degli interessi convenzionali o legali sui debiti chirografari. Ciò significa che, per i debiti non garantiti, gli interessi non maturano più durante la procedura, evitando ulteriore aggravio. Questa sospensione non opera per i crediti privilegiati (es. mutuo ipotecario), i cui interessi continuano a maturare salvo accordi diversi. Comunque, una volta omologato il piano, scatta il vincolo per tutti i creditori anteriori: essi non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali, potendo solo attendere l’esecuzione del piano come omologato (pena l’inefficacia degli atti esecutivi eventualmente compiuti).
Fasi della Procedura di Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore
Il procedimento per l’omologazione del piano del consumatore si svolge presso il Tribunale competente (sezione Volontaria Giurisdizione o Fallimentare, a seconda dell’organizzazione interna; comunque in composizione monocratica, cioè davanti a un giudice unico). Le fasi principali possono essere schematizzate come segue:
- Conferimento dell’incarico e preparazione della proposta: Il consumatore sovraindebitato deve innanzitutto rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) abilitato nel suo circondario. L’OCC – generalmente attraverso un gestore nominato – esamina la situazione economica del debitore, raccoglie tutta la documentazione necessaria (elenchi dei creditori, documenti di reddito, lista beni, eventuali atti dispositivi recenti, ecc.) e predispone materialmente il piano di ristrutturazione. In questa fase vengono valutate le opzioni: ad esempio, si decide se proporre una moratoria sui debiti ipotecari, se offrire ai chirografari una certa percentuale, se coinvolgere terzi garanti, ecc. L’OCC inoltre redige una relazione particolareggiata da allegare al ricorso, in cui attesta l’assenza di cause ostative (dichiara se il debitore è meritevole, ovvero non ha colpa grave o frode) e la fattibilità del piano proposto. Questa relazione dell’OCC è un elemento chiave: rappresenta una sorta di “visto di conformità” sulla proposta prima che arrivi al giudice.
- Deposito del ricorso e domanda di omologazione: Una volta ultimati piano e allegati, l’OCC – per conto del debitore – deposita in tribunale il ricorso per l’omologazione del piano del consumatore. Il ricorso deve contenere tutte le informazioni di rito (generalità del debitore, indicazione che si tratta di un consumatore sovraindebitato, descrizione sommaria dello stato di sovraindebitamento e del piano proposto) e avere allegati: il piano dettagliato, la relazione dell’OCC, gli elenchi dei creditori e di eventuali coobbligati, l’inventario delle attività, le certificazioni sui redditi e patrimonio, lo stato di famiglia se la procedura è familiare, ecc.. Entro 3 giorni dal deposito, l’OCC deve notificare l’istanza all’Agente della Riscossione e agli uffici fiscali (Agenzia Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione) competenti, ciò per informare subito l’Erario della pendenza della procedura (in caso di debiti tributari). Il giudice assegnatario del fascicolo compie una prima verifica a porte chiuse e, se ravvisa palesi difetti di ammissibilità (ad esempio: il ricorrente non è un consumatore, mancano documenti essenziali, il piano è manifestamente irrealistico, oppure è già emerso che c’è frode), può emettere un decreto di inammissibilità immediata. Questo decreto (motivato) chiude la procedura sul nascere, ma può essere reclamato dal debitore dinanzi al Tribunale collegiale entro 30 giorni (vedi oltre sul reclamo). Se invece non vi sono cause di inammissibilità evidenti, si passa alla fase successiva.
- Apertura della procedura e provvedimenti iniziali: Superato il vaglio preliminare, il giudice emette un decreto di apertura (ammissione) della procedura. In tale decreto nomina formalmente se stesso o un altro giudice quale giudice delegato alla procedura, fissa la data dell’udienza di omologazione e dispone le forme di pubblicità. Inoltre, se il debitore lo ha richiesto, concede le misure protettive (sospensione o divieto di nuove azioni esecutive, sospensione delle prescrizioni) specificando l’ambito e la durata (di regola sino all’omologazione). Il decreto è comunicato all’OCC, il quale provvede a curare la pubblicità della procedura: tipicamente iscrive l’avviso nel registro delle procedure concorsuali tenuto presso il tribunale, oppure, come disposto dal giudice, invia comunicazione ai creditori o pubblica un avviso sull’albo online. Da notare che con il deposito del ricorso il decorso degli interessi sui debiti chirografari è sospeso ex lege, come già detto.
- Notifica ai creditori ed eventuali opposizioni: I creditori vengono messi a conoscenza della pendenza del piano in due modi: i principali (in particolare quelli pubblici) ricevono notifica diretta della domanda a cura dell’OCC entro 3 giorni dal deposito; per tutti gli altri, l’avviso pubblicato funge da notifica. I creditori, una volta informati, possono prendere visione del piano depositato e hanno facoltà di presentare eventuali contestazioni od opposizioni. Non esiste un “voto” sul piano (i creditori non devono approvare formalmente, come invece avviene nel concordato preventivo o nel concordato minore). Tuttavia, entro il termine fissato dal giudice (spesso coincidente con l’udienza o qualche giorno prima), ciascun creditore può depositare osservazioni, memorie o vere e proprie opposizioni, ad esempio contestando la veridicità dei dati, l’ammontare del proprio credito inserito, l’iniquità del trattamento proposto, la mancanza dei requisiti di meritevolezza del debitore, ecc. Tali interventi creditizi delineano il contraddittorio che poi si svilupperà all’udienza. È importante notare che, se un creditore privilegiato non è d’accordo con eventuali modifiche al suo diritto (es. una moratoria di pagamento o una parziale falcidia), può farlo presente; ma il suo dissenso non impedisce al giudice di omologare comunque il piano, data l’assenza di un diritto di veto individuale (salvo il caso particolare dei debiti fiscali, su cui poi diremo).
- Udienza di omologazione (deliberazione): All’udienza fissata, compaiono dinanzi al giudice delegato l’OCC (spesso personalmente o con un suo delegato), il debitore (accompagnato facoltativamente dal proprio avvocato, se ne ha nominato uno) e gli eventuali creditori che abbiano manifestato opposizioni. L’udienza si svolge in camera di consiglio, spesso in forma semipubblica. Non avviene alcuna votazione: diversamente dalle procedure concorsuali classiche, qui i creditori non sono chiamati a votare l’approvazione del piano. Il giudice ascolta le parti, verifica la regolarità della procedura e discute gli eventuali rilievi. Se non vi sono contestazioni rilevanti, o se queste vengono superate, il giudice può passare a decisione lo stesso giorno. Se invece emergono questioni complesse (es. un creditore contesta il valore di un bene, o la sussistenza del requisito soggettivo), il giudice può rinviare la decisione, eventualmente invitando l’OCC a integrare la relazione o il debitore a fornire chiarimenti. In alcuni casi, i giudici tentano una mediazione tra debitore e creditori, sondando se il piano possa essere modificato di comune accordo per superare opposizioni (pur non essendo previsto un vero cram down negoziale, la prassi talvolta porta a piccoli aggiustamenti concordati, come l’impegno del debitore a pagare qualcosa in più a un creditore particolare). Da notare che, grazie al Correttivo 2024, anche in questa fase è ammessa una moderata flessibilità: l’art. 70 CCII ora consente al giudice di concedere 15 giorni al debitore per modificare o integrare il piano prima dell’omologa, se emergono lacune correggibili. Ciò è molto innovativo, in quanto in precedenza dopo il deposito non era possibile cambiare nulla se non rifacendo la procedura; ora invece si può evitare di dover ricominciare daccapo per piccole correzioni in extremis.
- Decreto di omologazione: Se il giudice ritiene che tutti i presupposti siano soddisfatti – quindi piano ammissibile, debitore meritevole, fattibilità economica, corretto contraddittorio con eventuali creditori opponenti – emette il decreto di omologazione che approva il piano del consumatore. Il decreto è immediatamente esecutivo ed è comunicato/formalmente notificato alle parti. Con l’omologazione, il piano diviene obbligatorio per tutti i creditori anteriori: ciò significa che il debitore e i creditori sono vincolati a quanto previsto nel piano. Gli eventuali pignoramenti in corso possono essere dichiarati improcedibili o sospesi dal giudice stesso nell’atto di omologa, se ciò è coerente col piano. In generale però non c’è un automatic stay generalizzato permanente: il giudice può disporre caso per caso la cessazione delle esecuzioni individuali, specie se il piano prevede che i beni rimangano al debitore (come spesso avviene per la casa di abitazione). Il decreto di omologa viene pubblicato e comunicato a tutti i creditori, che a quel punto non possono far altro che attendere l’esecuzione secondo le nuove scadenze. Importante: se il giudice invece nega l’omologazione (ad esempio perché scopre ex post un atto in frode, o perché ritiene insostenibile il piano alla luce delle opposizioni), emette un decreto di rigetto. Contro il rigetto dell’omologa (che avviene dopo il contraddittorio) è ammesso reclamo alla Corte d’Appello entro 15 giorni. Questa distinzione dei mezzi di impugnazione è stata chiarita proprio di recente: Cass. 24870/2024 ha sancito che il decreto di inammissibilità iniziale si reclama al Tribunale collegiale, mentre il decreto di diniego di omologa si appella in Corte d’Appello. Il Correttivo 136/2024 ha preso atto di ciò, modificando l’art. 70 CCII per formalizzare il doppio binario di reclamo. Ne risulta un rafforzamento delle garanzie processuali: sia il debitore sia gli eventuali creditori opponenti hanno ora sempre un grado di revisione delle decisioni del giudice di prima istanza (cosa che sotto la L.3/2012 era discutibile e infatti oggetto di contrasti giurisprudenziali).
- Esecuzione del piano e adempimento: Dopo l’omologa si apre la fase attuativa. Il consumatore deve procedere a quanto promesso: ad esempio, iniziare a pagare le rate secondo il nuovo piano, liquidare eventuali beni se previsto, effettuare versamenti periodici all’OCC perché questi li distribuisca, etc.. L’OCC in questa fase ha funzioni simili a un commissario: vigila sull’esatto adempimento e riferisce al giudice con relazioni periodiche. Se il piano dura diversi anni (spesso 3-5 anni), il debitore dovrà mantenere la disciplina di rispettare le scadenze. Il CCII consente una certa elasticità: in caso di sopravvenute difficoltà durante l’esecuzione, il debitore può chiedere al giudice modifiche al piano già omologato (ad esempio una proroga dei termini di pagamento), ma deve trattarsi di eventi imprevisti e il giudice valuterà se accogliere tali modifiche minori. Se invece il piano diventa irrealizzabile per cause più gravi (es. il debitore perde il lavoro, o emerge un debito non considerato, ecc.), il debitore stesso può chiedere la conversione della procedura in liquidazione controllata per liberarsi residualmente, oppure un creditore/OCC possono chiederne la revoca. Una novità del 2024 è che non opera più la conversione automatica in liquidazione in caso di inadempimento: prima, se il debitore non eseguiva il piano, il tribunale “trasformava” d’ufficio il piano in una liquidazione di tutti i suoi beni. Ora, invece, la legge prevede che la risoluzione del piano (cioè la sua caducazione per inadempimento) debba essere richiesta espressamente da un creditore o dall’OCC, e così pure la conseguente apertura della liquidazione controllata non è automatica ma va domandata dal creditore o dal debitore stesso. Questo dà un margine al debitore: ad esempio, potrebbe fallire il piano ma riuscire a evitare la liquidazione trovando un accordo transattivo con i creditori fuori procedura, se nessuno chiede la conversione. Resta inteso che un inadempimento sostanziale del piano comporta la perdita degli effetti protettivi: il giudice, su istanza, dichiarerà risolto il piano e i creditori riacquisteranno piena libertà di azione esecutiva per i crediti non soddisfatti.
- Esdebitazione finale: Il traguardo principale per il debitore-consumatore è ottenere l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui che non è stato in grado di pagare neanche con il piano. Il CCII, all’art. 73, prevede che a conclusione dell’esecuzione del piano omologato, il debitore persona fisica ottiene di diritto l’esdebitazione per i debiti concorsuali non soddisfatti. Ciò significa che, se ad esempio il piano prevedeva di pagare il 50% ai chirografari e nulla poteva essere dato oltre quella percentuale, una volta pagato quel 50% il restante 50% viene cancellato. Questa esdebitazione opera automaticamente al termine, con decreto del tribunale che prende atto dell’avvenuto adempimento. Non è necessario fare una specifica istanza (diversamente dal regime previgente in cui bisognava chiedere l’esdebitazione e poteva anche essere contestata dai creditori). È condizione essenziale, ovviamente, che il debitore abbia eseguito regolarmente il piano o comunque vi abbia adempiuto per la parte sostanziale dovuta. In caso di adempimento solo parziale, l’esdebitazione potrà essere concessa solo se quel parziale adempimento è comunque in linea con le finalità del piano e se il mancato adempimento è dovuto a cause non imputabili al debitore (valutazione equitativa del giudice). Ove invece il piano fallisca completamente, l’esdebitazione non viene pronunciata, salvo eventualmente ottenerla tramite la successiva liquidazione. Da segnalare: Cass. civ. 9549/2025 ha di recente chiarito un dubbio sulla moratoria dei crediti privilegiati: il CCII, art. 67 co.4, consente di posticipare fino a 2 anni dall’omologazione il pagamento delle quote ai creditori privilegiati. La Cassazione ha precisato che questo termine di due anni è il tempo entro cui iniziare i pagamenti (non entro cui terminarli). In pratica, se un piano omologato a giugno 2025 dice che il mutuo ipotecario riprenderà a essere pagato da giugno 2027, ciò è lecito; non sarebbe invece ammissibile prevedere di iniziare a pagare i privilegiati oltre due anni dopo l’omologa. Si tratta di una interpretazione che estende la portata della moratoria (già portata dal correttivo a 2 anni, rispetto all’anno previsto prima), venendo incontro al debitore: egli può respirare fino a 24 mesi prima di ricominciare a pagare i creditori con privilegio. La Cassazione ha inoltre confermato che non v’è obbligo di saldare interamente i privilegiati entro i due anni: l’importante è iniziare entro quel termine (es.: iniziare a pagare rate del mutuo fra 18 mesi va bene, anche se il mutuo finirà anni dopo).
Se tutto va a buon fine, dunque, il consumatore avrà pagato quanto stabilito dal piano (magari solo parzialmente i suoi debiti) e ottenuto il decreto di esdebitazione che lo libera definitivamente dai debiti pregressi. Da quel momento i creditori non potranno più avanzare pretese (sono remissi in pristino solo per l’eventuale eccedenza non pagata). Il fresh start è compiuto: il debitore torna economicamente libero, pur con le limitazioni di legge (ad esempio, non potrà richiedere un nuovo piano se non dopo almeno 5 anni, come visto).
Di contro, dal lato dei creditori, il vantaggio è aver evitato spesso un’alternativa peggiore (l’inesigibilità totale): infatti, statisticamente, senza la procedura molti sovraindebitati sarebbero spinti all’irregolarità, al lavoro nero o all’assistenza sociale senza riuscire mai a pagare nulla. Con il piano, invece, anche i creditori ottengono il massimo possibile in base alle capacità del debitore (spesso più di quanto avrebbero ottenuto da pignoramenti isolati). In tal senso si realizza quell’equilibrio perseguito dalla normativa tra esigenze del debitore e diritti dei creditori.
Tabella 1 – Confronto sintetico delle procedure da sovraindebitamento
Procedura | Destinatari principali | Meccanismo | Intervento dei creditori | Esdebitazione finale |
---|---|---|---|---|
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII) | Persona fisica consumatore (debiti personali/familiari, no impresa attiva). Anche più membri di una famiglia con debiti comuni. | Piano di pagamento/ristrutturazione proposto dal debitore, con eventuali moratorie e stralci, attestato da OCC e omologato dal tribunale. Il debitore conserva i beni salvo diversa previsione del piano. | Nessun voto dei creditori. Possono presentare opposizioni ma non approvano formalmente il piano. Il tribunale può omologare anche senza consenso dei creditori (salvo alcuni crediti fiscali particolari). | Sì – Al termine dell’esecuzione il debitore persona fisica è liberato dai debiti residui non pagati (salvo debiti esclusi per legge es. alimenti, risarcimenti da illecito, etc.). |
Concordato minore (artt. 74-83 CCII) | Debitore sovraindebitato non consumatore: piccoli imprenditori, professionisti, start-up, imprenditori cessati, soggetti con debiti misti (in parte personali, in parte d’impresa). | Piano di ristrutturazione con eventuale continuità aziendale o liquidazione parziale, suddivisione dei creditori in classi e sottoposto a voto. Necessaria attestazione OCC e omologa tribunale. Il debitore può restare in attività se previsto. | Previsto voto dei creditori per classi: serve maggioranza >50% dei crediti in ogni classe o comunque maggioranza assoluta del passivo. Possibile cram-down sui dissenzienti se condizioni rispettate. I creditori possono anche presentare proposte concorrenti in certi casi. | Sì – Prevista esdebitazione analoga a quella del consumatore, a fine procedura (art. 83 CCII). Se però il debitore è imprenditore e prosegue attività, vi sono alcune limitazioni e controlli sui beni futuri. |
Liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) | Qualunque debitore non fallibile in stato d’insolvenza conclamata. Spesso scelto da imprenditori cessati oltre l’anno, o consumatori con patrimonio liquidabile. Può essere richiesta anche dai creditori. | Procedura liquidatoria: nominato un liquidatore che vende tutti i beni (salvo quelli impignorabili) e distribuisce il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. Il debitore perde la disponibilità dei beni (simile a fallimento, ma più semplificata). | Creditori chirografari: partecipano al riparto finale, eventuali comitato dei creditori per controllare. Creditori privilegiati: soddisfatti secondo prelazione sul ricavato dei beni relativi. Non c’è un voto sul “piano” perché non c’è piano, c’è liquidazione forzata. | Sì – Se il debitore persona fisica collabora e non vi sono frodi, di regola ottiene l’esdebitazione a chiusura della liquidazione. Nel CCII l’esdebitazione post-liquidazione è quasi automatica (salvo revoca se emerse irregolarità), in linea con la normativa europea sul fresh start. |
(Nota: esiste inoltre l’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII, procedura speciale in cui – previa verifica rigorosa – il debitore persona fisica meritevole ma privo di risorse ottiene l’immediata cancellazione dei debiti senza pagamenti. Trattandosi di situazione sui generis, non è inclusa nella tabella sopra.)
Ruolo dei Soggetti Coinvolti nella Procedura
La procedura di ristrutturazione del debito del consumatore vede coinvolti diversi attori, ciascuno con un ruolo ben definito:
- Debitore (Consumatore sovraindebitato): è il protagonista e promotore della procedura. Dal lato pratico, il debitore deve cooperare pienamente con l’OCC e con il tribunale: fornire tutte le informazioni richieste, dichiarare la totalità dei propri debiti e beni, segnalare gli atti di disposizione patrimoniale compiuti negli ultimi anni, e in generale tenere un comportamento trasparente e diligente. Durante la procedura mantiene l’amministrazione ordinaria del suo patrimonio, ma eventuali atti straordinari (es. vendere un immobile) potrebbero richiedere autorizzazione del giudice per evitare pregiudizi ai creditori. Una volta omologato il piano, il debitore si impegna a eseguire esattamente quanto previsto (pagare le rate, cedere eventuali quota di stipendio concordate, vendere beni se era stabilito, ecc.). Il punto di vista del debitore in questa procedura è delicato: egli passa da una posizione di soggezione (nei confronti dei creditori che potrebbero aggredirlo) a una posizione attiva, in cui propone una soluzione e deve dimostrare la propria affidabilità nel perseguirla. Onestà e completezza nelle informazioni sono essenziali: qualsiasi omissione o false dichiarazioni possono portare a perdere i benefici e all’eventuale revoca dell’omologazione.
- OCC (Organismo di Composizione della Crisi): è l’organismo terzo e indipendente incaricato di assistere il debitore e attestare la veridicità e fattibilità del piano. Gli OCC sono enti iscritti in un registro ministeriale (in genere istituiti presso gli Ordini dei Commercialisti o degli Avvocati, oppure presso enti pubblici come le Camere di Commercio). All’interno dell’OCC viene nominato un gestore della crisi (spesso un professionista esperto in materia concorsuale) che seguirà il caso concreto. Il ruolo dell’OCC è molteplice:
- Consulenza e preparazione: aiuta il debitore a redigere il piano, valuta assieme a lui le opzioni (ad esempio, se sia meglio proporre una dilazione lunga o liquidare un bene per pagare una parte dei creditori), raccoglie tutti i documenti e li organizza.
- Attestazione: l’OCC predispone una relazione da depositare con la domanda, in cui attesta: la completezza e correttezza dei dati forniti dal debitore, le cause dell’indebitamento, l’assenza di comportamenti in mala fede o frodi (ossia certifica la meritevolezza del debitore) e infine la fattibilità del piano (verifica i conteggi, la sostenibilità dei pagamenti proposti). Questa relazione è fondamentale per guidare il giudice nell’ammissibilità.
- Procedura: l’OCC presenta materialmente il ricorso in tribunale e provvede alle notifiche ai creditori pubblici. È quindi delegato a molti adempimenti procedurali.
- Garanzia di terzietà: l’OCC funge da figura di fiducia per i creditori e per il giudice, un po’ come un curatore/commissario nelle altre procedure concorsuali, sebbene qui non abbia poteri dispositivi sul patrimonio del debitore. Durante il procedimento, l’OCC rimane a disposizione per chiarimenti, può essere sentito dal giudice e interviene all’udienza rappresentando un punto di vista tecnico indipendente.
- Esecuzione e vigilanza: dopo l’omologazione, l’OCC sorveglia l’esecuzione del piano. Può ricevere i pagamenti dal debitore e ripartirli ai creditori (spesso infatti il debitore versa mensilmente all’OCC che poi provvede a pagare pro quota i creditori, specie se sono molti). L’OCC deve riferire periodicamente al giudice sullo stato di avanzamento (se il debitore è regolare nei pagamenti). Se il debitore inadempie, l’OCC può diffidarlo e, in caso di fallimento del piano, ha facoltà di segnalare la cosa al giudice chiedendo la revoca dell’omologazione o la conversione in liquidazione.
- Giudice Delegato (Tribunale): è il magistrato che sovrintende alla procedura e ne decide le sorti. Le sue funzioni principali includono:
- Valutare l’ammissibilità iniziale: controlla la sussistenza dei requisiti di legge (qualifica di consumatore, completezza documenti, assenza di cause ostative evidenti, fattibilità prima facie) e decide se ammettere la procedura o dichiararla inammissibile subito.
- Concedere, se richieste, le misure protettive (sospendere temporaneamente i pignoramenti, ecc.) e dare le disposizioni di pubblicità.
- Presiedere l’udienza: dirige il contraddittorio con i creditori, ascolta l’OCC e il debitore, esamina le eventuali opposizioni e infine valuta se il piano soddisfa l’interesse dei creditori in misura superiore alla liquidazione individuale (non è scritto formalmente ma di fatto i giudici valutano anche la convenienza per i creditori: se il piano offre loro almeno quello che otterrebbero altrimenti, è un punto a favore dell’omologa).
- Omologare o rigettare il piano: emette il decreto finale motivato. Se omologa, entra nel merito del giudizio di fattibilità e meritevolezza, talvolta modificando d’ufficio alcune clausole del piano se contrarie a norme inderogabili (ad es. può escludere dall’omologa la parte che prevedeva trattamento di un creditore in violazione dell’ordine delle cause di prelazione).
- Gestire l’eventuale fase di reclamo: se viene proposto reclamo, nel caso di inammissibilità sarà un collegio di tre giudici (incluso uno diverso dal delegato originario) dello stesso Tribunale a riesaminare; nel caso di rigetto post-udienza, sarà la Corte d’Appello a giudicare.
- Dopo l’omologa, il giudice prosegue con funzioni di vigilanza: riceve i rapporti periodici dall’OCC, può su istanza sospendere la procedura se emergono irregolarità gravi, e in caso di inadempimento dichiara con decreto la risoluzione del piano. Decide poi sull’esdebitazione finale emettendo il relativo decreto (che normalmente è un atto quasi dovuto se tutto è andato regolarmente).
- Creditori: i creditori del consumatore sovraindebitato sono parte necessaria ma “passiva” della procedura di piano del consumatore, nel senso che non hanno un ruolo negoziale attivo (come invece avrebbero in un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione). I loro diritti ed obblighi si possono riassumere così:
- Una volta informati dell’esistenza della procedura, i creditori devono astenersi dall’intraprendere nuove azioni esecutive sul patrimonio del debitore se il giudice ha concesso la protezione (pena l’inefficacia degli atti compiuti). Quelli che hanno pignoramenti in corso devono attendere: se il piano verrà omologato, l’esecuzione individuale sarà superata dal piano; se non verrà omologato, potranno riprendere.
- I creditori possono intervenire nel procedimento presentando osservazioni o opposizioni. Non sono obbligati a farlo: il creditore disinteressato potrebbe anche ignorare la cosa e limitarsi poi a incassare eventuali pagamenti secondo il piano. Ma il creditore che si ritenga leso (es. perché il piano lo paga molto poco rispetto al dovuto, o perché ritiene il debitore in malafede) può formalizzare la propria opposizione.
- Non essendoci il voto, il dissenso del creditore non impedisce l’omologa, però può spingere il giudice ad approfondire. Ad esempio, se Agenzia delle Entrate segnala che il debitore ha omesso un debito fiscale nel piano, ciò quasi certamente porterà alla non omologa per vizio di informazione; oppure se una banca creditrice ipotecaria si oppone perché il debitore vuole moratoria di 2 anni sul mutuo, il giudice valuterà la sostenibilità di tale moratoria ma potrebbe comunque concederla in omologa se ritiene che non pregiudichi le ragioni del creditore (che comunque mantiene l’ipoteca).
- Dopo l’omologa, i creditori sono vincolati: devono rispettare il piano. Ciò significa, per esempio, che se un creditore aveva un credito di €100.000 e il piano prevede di pagargliene €40.000 in 5 anni, non potrà pretendere più di 40.000 né agire per il resto. Se agisse, l’atto esecutivo sarebbe nullo ex lege. Il creditore deve presentare all’OCC le coordinate per ricevere i pagamenti e collaborare se richiesto (es. fornendo quietanze).
- I creditori privilegiati (muniti di pegno, ipoteca o privilegio generale) conservano i loro diritti di prelazione sui beni vincolati. Tuttavia, il piano può prevedere – come detto – una moratoria fino a 24 mesi per iniziare a pagarli, nonché una eventuale soddisfazione parziale (falcidia) se il valore del bene su cui insiste la garanzia non copre l’intero credito. La legge consente infatti di proporre ai creditori privilegiati un pagamento inferiore al totale, purché almeno pari al valore di stima del bene oggetto di garanzia (es.: se ho un mutuo da €120.000 ma la casa ipotecata ne vale €100.000, posso offrire €100.000 e il creditore ipotecario dovrebbe ritenersi soddisfatto in base alla garanzia effettiva). Se il creditore privilegiato ritiene erronea la stima o ingiusta la falcidia, può opporsi; il giudice valuterà con l’ausilio eventualmente di CTU (consulenza tecnica) sul valore del bene.
- I creditori chirografari (senza garanzie) generalmente sono quelli che sopportano le maggiori decurtazioni nel piano: possono vedersi offerto il pagamento di una percentuale sul dovuto, oppure niente se proprio non residuano risorse (anche il cosiddetto zero per cento ai chirografari è teoricamente possibile, ma in pratica raramente il giudice omologa piani che non diano alcuna utilità ai chirografari, salvo casi di incapienza totale). Questi creditori, se non hanno obiezioni sulla correttezza formale, difficilmente possono impedire l’omologa lamentando solo la scarsa convenienza: la Corte di Cassazione ha chiarito che non spetta ai creditori valutare la convenienza, perché non c’è voto; la convenienza viene valutata dal giudice in termini comparativi con alternative. Ad esempio, Cass. 22291/2020 e Cass. 576/2024 hanno sottolineato che dilazioni lunghe o pagamenti parziali sono ammissibili purché il piano appaia realistico e i creditori abbiano avuto modo di essere informati e coinvolti.
- I creditori pubblici (Erario, enti previdenziali): meritano un cenno specifico. Secondo il CCII, i debiti fiscali e contributivi possono essere oggetto di ristrutturazione nel piano del consumatore, anche con falcidie e dilazioni, ma con alcuni limiti. In particolare, per i debiti IVA e ritenute non versate si può solo dilazionare, non abbattere l’importo (essendo tributi “ristoratori” di un obbligo verso l’UE, per la giurisprudenza non falcidiabili pena violazione normativa UE). Inoltre, il cosiddetto cram-down fiscale richiede un rigoroso rispetto dell’art. 63 CCII: ovvero, il piano può essere omologato anche senza adesione del Fisco, però a condizione che il trattamento proposto all’Erario non sia inferiore a quello che otterrebbe in caso di liquidazione. Ciò comporta che l’OCC deve attestare che, vendendo i beni, il fisco non prenderebbe di più di quanto offerto nel piano. Se questa condizione non è soddisfatta (es.: il piano offre al Fisco il 10%, ma dall’ipotetica liquidazione emergerebbe che il Fisco avrebbe soddisfazione del 50% sul ricavato dei beni), allora l’omologa non può superare il dissenso del Fisco. Le ultime modifiche normative (D.Lgs 83/2022) hanno anzi inasprito i requisiti per comprimere i crediti pubblici, richiedendo una trattazione molto motivata e dettagliata per evitare che lo Stato subisca rinunce eccessive. In sintesi: è possibile includere cartelle esattoriali, debiti fiscali e contributivi nel piano del consumatore, ma bisogna strutturare la proposta con attenzione, spesso prevedendo di pagare almeno in parte privilegi IRPEF/INPS e dilazionare a lungo il resto, dimostrando che il massimo ricavabile è quello. Non di rado l’Agenzia delle Entrate partecipa alle udienze e fa presenti le proprie osservazioni.
- Eventuali coobbligati: se esistono fideiussori o coobbligati del debitore principale, la loro posizione non è direttamente regolata dal piano (che riguarda solo il sovraindebitato). Ad esempio, marito e moglie entrambi obbligati sul mutuo: se solo uno fa il piano, l’altro tecnicamente rimane obbligato per intero. Tuttavia, la legge prevede la possibilità di procedure familiari in cui più membri della stessa famiglia presentano un piano comune. Ne parleremo a parte, ma anticipiamo che nel caso di obbligazioni congiunte, è spesso opportuno che tutti i coobbligati aderiscano alla procedura così da ottenere un effetto esdebitativo completo. Se ciò non avviene, il creditore potrà rivalersi sul coobbligato non protetto per la parte non pagata nel piano.
Procedure familiari: Introdotte già dal 2012 e confermate dal CCII (art. 66), consentono a più membri della stessa famiglia – con sovraindebitamento di origine comune o collegata – di presentare un unico progetto di risoluzione. Ad esempio, coniugi che hanno contratto debiti insieme (mutuo cointestato, finanziamenti per spese familiari) possono proporre un piano familiare unitario, evitando duplicazioni di procedure. Il correttivo 2024 ha chiarito che tutti i membri coinvolti devono avere qualifica di consumatori (se uno fosse imprenditore, andrebbe separato). La procedura familiare presenta vantaggi di coordinamento (un solo OCC, un solo giudice, un unico piano che tratta globalmente i debiti) e in genere è consigliabile quando le finanze familiari sono promiscuamente intrecciate. Una novità di rilievo è che oggi si tutela meglio l’abitazione principale della famiglia: l’art. 67 co.5 CCII, come modificato, prevede che il debitore (o i debitori, in caso di famiglia) possa continuare a pagare le rate del mutuo ipotecario sulla prima casa con l’attestazione dell’OCC, senza incorrere in decadenza del beneficio del termine. In pratica, se la famiglia è in arretrato col mutuo casa, l’OCC può attestare che c’è la volontà e possibilità di riprenderne il pagamento regolare; il giudice può allora autorizzare la banca a non risolvere il contratto e il debitore ad essere rimesso in termini per pagare le rate scadute. Ciò è fondamentale per evitare la perdita della casa: viene data precedenza alla stabilità abitativa, considerando il mutuo come spesa da sostenere in parallelo al piano (magari allungando un po’ i tempi per gli altri creditori). Ad esempio, Tribunale di Pescara, 10 maggio 2025 ha applicato questa norma rimettendo nei termini un consumatore che aveva saltato alcune rate di mutuo, consentendogli di riprenderne i pagamenti e includendo gli arretrati nel piano. Questa interazione tra piano del consumatore e rapporto di mutuo ipotecario è un ottimo esempio di come il CCII cerchi di bilanciare la tutela del creditore (la banca ipotecaria) con l’interesse del debitore e della sua famiglia a conservare la prima casa: la banca accetta di non escutere immediatamente l’ipoteca e di diluire il recupero, il debitore in cambio si impegna a ripagare regolarmente per non perdere l’immobile.
Profili di Giurisprudenza Recente
L’evoluzione giurisprudenziale ha accompagnato e in parte anticipato le novità normative, fornendo interpretazioni utili a capire come i giudici applicano, in concreto, la disciplina del piano del consumatore. Ecco alcuni dei principali orientamenti recenti (2022-2025):
- Competenza e mezzi di impugnazione: Come già accennato, la Corte di Cassazione, sez. I, n. 24870/2024 ha risolto un dubbio applicativo sull’art. 70 CCII, stabilendo che il decreto di inammissibilità della domanda di piano è reclamabile al Tribunale in composizione collegiale, mentre il decreto di diniego di omologa (emesso dopo l’udienza con contraddittorio) è appellabile in Corte d’Appello. Ciò uniforma la ristrutturazione del consumatore alle altre procedure concorsuali minori, in cui pure vi è il reclamo interno per i provvedimenti che chiudono la procedura in limine. Il Correttivo 2024 ha recepito questo principio modificando testualmente l’art. 70 CCII. La ratio è garantire un controllo pieno: nel caso dell’inammissibilità iniziale, il giudice si è già espresso sui requisiti di accesso, quindi un riesame da parte di un collegio dello stesso Tribunale è opportuno; nel caso del rigetto finale, la materia del contendere potrebbe includere valutazioni di merito sul piano e sulle opposizioni, quindi è corretto salire di grado in Appello. Questo nuovo assetto è ormai applicato uniformemente dai tribunali.
- Nozione di consumatore e debiti promiscui: Diversi tribunali hanno affrontato casi limite sulla qualificazione del consumatore. Ad esempio, Tribunale di Gela, 26 marzo 2025 ha chiarito che per qualificare un debitore come consumatore rileva lo scopo per cui il debito è assunto – se finalità estranea all’impresa, il debito è “da consumatore” anche se magari legato indirettamente ad un’attività (il caso riguardava un soggetto che aveva contratto un prestito personale usato in parte per coprire perdite di una ditta cessata: il tribunale ha guardato allo scopo dichiarato e alla natura del finanziamento, considerandolo di consumo). Inoltre, in quella sede il giudice ha ritenuto irrilevante che un terzo avesse assunto parte dei debiti (accollo da parte di un familiare), ai fini della qualificazione: l’importante è la natura originaria. Come visto sopra, Tribunale di Napoli 2025 ha aperto a un approccio flessibile sui debiti promiscui purché con prevalenza privata. Ciò segna un leggero cambio di rotta rispetto al passato, dove bastava un debito di natura imprenditoriale per escludere la procedura. Ora, con il CCII che definisce il consumatore anche “socio di società” (quindi persona non del tutto estranea al mondo imprenditoriale), alcuni giudici privilegiano la finalità dei debiti e la buona fede del debitore rispetto a rigidi steccati. Resta fermo però che non è consentito “spezzare” un debito: se un’obbligazione è in parte professionale e in parte personale (cosa rara, di solito il debito ha un’unica causa), non la si può includere pro-quota nel piano; deve essere considerata per intero dentro o fuori.
- Meritevolezza e cause ostative: L’atteggiamento dei tribunali sulla valutazione della colpa del debitore varia. Alcuni tribunali in passato sono stati severi, ad esempio rigettando piani dove il sovraindebitamento era dovuto a ludopatia (gioco d’azzardo patologico), equiparata a colpa grave. Di recente però si registra maggiore comprensione: Tribunale di Taranto, 6 aprile 2025 ha ammesso un piano pur in presenza di spese rilevanti per gioco, ritenendo che la ludopatia documentata sia uno stato patologico che può attenuare la colpa del debitore, specie se egli ha poi intrapreso un percorso di cura. Si è affermato che la valutazione va fatta caso per caso e non in astratto: se il debitore, pur avendo avuto condotte censurabili, dimostra ravvedimento e collaborazione, e il piano appare utile per soddisfare i creditori meglio di alternative, non è opportuno negare l’accesso. In generale, la giurisprudenza di merito dal 2022 in poi tende a non applicare rigidamente le preclusioni, soprattutto sulla “colpa grave”, a meno di evidenti malversazioni. Anche il concetto di “frode” è interpretato in senso stretto (atti di sottrazione attivi). La Cassazione non ha ancora avuto molte occasioni post-CCII di intervenire su questo, ma in passato (sent. 1869/2016 citata) aveva auspicato una lettura non eccessivamente penalizzante del requisito.
- Contenuto del piano e tutela dei creditori privilegiati: La moratoria fino a 2 anni per i creditori prelatizi, introdotta dall’art. 67 co.4 CCII come modificato nel 2022-2024, ha sollevato dubbi interpretativi: si poteva intendere che entro 2 anni dovessero essere interamente pagati, oppure bastava iniziare a pagarli entro 2 anni? La già citata Cass. 9549/2025 ha chiarito che è corretto il secondo approccio: entro due anni dall’omologa devono iniziare i pagamenti ai privilegiati, ma possono proseguire oltre tale termine. Questo era un punto nodale perché molti piani prevedono di congelare per un certo periodo mutui o debiti fiscali privilegiati per consentire al debitore di pagare prima i più deboli o accantonare risorse; avere solo 24 mesi per finire tutto sarebbe stato troppo restrittivo. La Cassazione ha quindi di fatto convalidato la prassi di concedere al debitore un periodo di respiro (moratoria) dopo l’omologa, coerente con la finalità di permettere un riequilibrio finanziario. La stessa sentenza, richiamando una sua precedente del 2020, ha anche ricordato che i creditori privilegiati, pur non votando, hanno diritto a non essere trattati in modo deteriore senza motivo: in particolare, eventuali falcidie (riduzioni) dei loro crediti devono rispettare il limite del valore di realizzo dei beni su cui insistono. Questo per evitare che un creditore ipotecario si veda offerto meno di quanto ricaverebbe da una vendita all’asta dell’immobile: sarebbe un ingiusto sacrificio.
- Convenienza e controllo giudiziale: Un altro tema toccato dalla giurisprudenza è il grado di sindacato del giudice sulla convenienza del piano per i creditori. In assenza di voto, il giudice può spingersi a valutare se il piano sia vantaggioso per i creditori rispetto alla liquidazione? Alcune pronunce di merito (ad es. Trib. Bologna 2023) erano parse restrittive, quasi a richiedere che il piano assicurasse un ritorno almeno pari alla liquidazione individuale (somma dei pignoramenti). Tuttavia, la prevalente interpretazione – e ora lo stesso art. 112 CCII per concordato preventivo fa da guida analogica – è che il giudice debba verificare la fattibilità e legalità, non entrare nel merito della convenienza economica se non per evidenti sperequazioni. In pratica, se il piano è sostenibile e rispetta le norme (priorità dei privilegi, ecc.), e se i creditori sono stati messi in condizione di opporsi, il giudice non dovrebbe negare l’omologa sulla base di un proprio giudizio soggettivo che “il piano paga poco”. Infatti, la Cassazione (sent. 576/2024 richiamata in dottrina) ha affermato che dilazioni anche lunghe sono ammissibili purché vi sia trasparenza e informazione, evidenziando come l’aspetto della convenienza sia demandato al contraddittorio coi creditori. Dunque, oggi un piano del consumatore che preveda ad esempio di pagare i chirografari al 20% in 5 anni può essere omologato se è l’unica via percorribile, anche se quei creditori preferirebbero (forse illusoriamente) tentare pignoramenti: il tribunale considera che almeno con il piano prendono il 20% garantito, mentre fuori rischierebbero forse di meno.
In sintesi, la giurisprudenza recente mostra un trend di sostanziale allineamento col legislatore nel voler favorire il risanamento del consumatore meritevole, bilanciando però la posizione dei creditori con cautele quali: controllo di legalità rigoroso, trasparenza assoluta sui dati, rispetto delle prelazioni, e possibilità di reclamo/impugnazione delle decisioni. In particolare, grazie ai più recenti arresti, è ora chiarita la cornice processuale (competenza dei reclami), l’estensione delle moratorie e la definizione restrittiva di consumatore, evitando incertezze applicative. Resta uno spazio interpretativo in evoluzione su aspetti come la meritevolezza e la gestione di debiti promiscui, ma le prime decisioni del 2025 indicano un orientamento pragmatico e flessibile.
Va menzionato che in molti tribunali sono stati adottati protocolli operativi per le procedure di sovraindebitamento, i quali forniscono modelli standard di ricorso, liste di controllo dei documenti da allegare e indicazioni su come strutturare le proposte. Ad esempio, il Protocollo di Firenze sulle “procedure unite” o direttive simili a Bari, Milano, etc., hanno lo scopo di uniformare prassi e modulistica. Ciò rientra nell’obiettivo di rendere le procedure più accessibili e snelle: se il debitore (o il suo OCC/avvocato) dispone già di fac-simile e check-list predisposte dal Tribunale, il rischio di errori formali diminuisce, così come i tempi morti per integrare documenti.
Domande Frequenti (FAQ)
- Chi può proporre un piano del consumatore? Soltanto la persona fisica consumatore – cioè un individuo che non svolge attività d’impresa o professionale in proprio (al momento della domanda) e che ha contratto debiti per esigenze personali o familiari. Sono esclusi gli imprenditori attivi e, in generale, i debiti di natura aziendale non possono essere oggetto di piano. Tuttavia, un ex imprenditore oggi non attivo può accedere come consumatore, limitatamente ai debiti personali estranei alla sua precedente impresa.
- Serve l’assistenza di un avvocato? La legge non richiede obbligatoriamente un avvocato per presentare il piano: il ricorso viene depositato dall’OCC (che spesso è esso stesso un professionista legale o contabile). Il consumatore può farsi affiancare da un avvocato di fiducia per maggior tutela, ma non è formalmente obbligatoria la firma di un avvocato sul ricorso. In pratica, comunque, avvalersi di un legale esperto è consigliabile per interloquire con il tribunale e i creditori in modo appropriato, soprattutto in caso di opposizioni.
- Quali costi comporta la procedura? I costi principali sono: una marca da bollo e contributo unificato ridotto (spese di giustizia minime, trattandosi di volontaria giurisdizione) e il compenso dell’OCC. Quest’ultimo è stabilito dal giudice a fine procedimento e dipende dall’entità del debito e dal lavoro svolto. Molti tribunali applicano parametri fissi o percentuali: ad esempio €1.000-2.000 per debiti fino a €100k, e così via. L’OCC in genere chiede un fondo spese iniziale (qualche centinaio di euro) per avviare l’analisi. Se il debitore ha reddito basso, può chiedere il gratuito patrocinio (se rientra nei limiti di legge) così che lo Stato copra le spese dell’OCC/avvocato. Inoltre, eventuali professionisti ausiliari (stimatori di beni, notarili per certificati ipotecari, ecc.) potrebbero avere costi, ma di solito si cerca di limitarli.
- Quanto dura la procedura? Non vi sono termini perentori fissati dalla legge per la durata. In media la fase di omologazione dall’istanza al decreto dura alcuni mesi (4-6 mesi tipicamente). Dipende dal carico del tribunale e se vi sono opposizioni. Alcuni casi particolarmente complessi possono richiedere un anno. Dopo l’omologazione, la durata del piano dipende da quanto tempo il debitore chiede per pagare: comunemente i piani vanno da 3 a 5 anni, ma possono essere più brevi (se il debitore dispone subito di una somma – liquidazione anticipata) o più lunghi in situazioni eccezionali (ad esempio, se c’è un mutuo ventennale che si continua a pagare, tecnicamente il piano si estende fino a quell’orizzonte per quel creditore). Diciamo che 3-5 anni è la durata tipica di impegno per il debitore, poiché coerente col principio di dare una prospettiva di risanamento nel medio termine.
- Posso rinegoziare il piano dopo averlo presentato? Dopo il deposito in tribunale, il piano non può essere modificato liberamente dal debitore, a meno di ricominciare la procedura. Tuttavia, come visto, il correttivo 2024 consente piccole integrazioni entro 15 giorni se il giudice lo richiede. Inoltre, se prima dell’omologa emergono difficoltà, il debitore può chiedere di rinunciare al piano e optare per la liquidazione (in sostanza cambia procedura). Una volta omologato, il piano può essere aggiustato solo dal giudice in caso di eventi straordinari sopravvenuti (es. pandemia, malattia grave del debitore): si tratta di istanze di modifica dell’omologa che raramente vengono accolte, se non per proroghe brevi. In caso di impossibilità sopravvenuta, conviene magari chiedere la risoluzione del piano e aprire la liquidazione controllata, che è oggi vista come un percorso alternativo senza stigma.
- Cosa succede se il piano non viene eseguito? Se il debitore non rispetta gli impegni del piano (manca pagamenti, ecc.), i creditori o l’OCC possono chiedere al tribunale di revocare l’omologazione e dichiarare risolta la procedura. Il tribunale, verificato l’inadempimento, emetterà un decreto di risoluzione: a quel punto i debiti non ancora pagati ritornano esigibili per intero (deducendo solo quanto eventualmente già versato pro-quota). Gli atti dispositivi eventualmente compiuti in esecuzione del piano rimangono validi, ma perdono efficacia le esenzioni da interessi e le protezioni. Dopo la risoluzione, su istanza di parte, il tribunale può aprire una liquidazione controllata dei beni residui del debitore (prima della riforma 2024 ciò avveniva d’ufficio automaticamente; ora è su richiesta). In alternativa, il debitore e i creditori sono liberi di trovare soluzioni stragiudiziali o, trascorso il termine di legge, il debitore potrà tentare un nuovo piano (ma di solito deve aspettare 5 anni se c’è stata esdebitazione parziale). È importante sottolineare: la risoluzione non comporta sanzioni penali o altro per il debitore, a meno che non emergano condotte fraudolente; semplicemente i creditori riacquisiscono il diritto di agire in proprio.
- Il piano del consumatore è un fallimento personale? No, la ristrutturazione del consumatore non equivale al fallimento. Il debitore conserva la titolarità e, in buona parte, la gestione dei suoi beni (non c’è spossessamento generale come nel fallimento). Inoltre, non subisce le tipiche conseguenze del fallimento (come l’inabilitazione, l’interdizione o altre limitazioni civili che tra l’altro nel nuovo codice sono state eliminate anche per l’imprenditore). Il piano è una procedura di soluzione negoziata/giudiziale della crisi, dove il debitore è parte attiva e non viene assoggettato a liquidazione coatta (salvo scelga poi la liquidazione controllata). Quindi non c’è alcuno “stigma” del fallito: il consumatore rimane proprietario dei suoi beni (salvo quelli che decide di liquidare nel piano) e, se ha un reddito, continua a percepirlo e spenderlo secondo il budget previsto dal piano. La procedura viene annotata nei registri ma non produce pubblicità lesiva (non va al casellario né altrove, anche se rimane visibile nei registri concorsuali per qualche anno). In sintesi, è un percorso molto più simile a una trattativa guidata che non a un fallimento.
- Quante volte si può ricorrere alla procedura? Come detto nei requisiti, il debitore non può ottenere esdebitazioni a ripetizione: massimo due volte in totale nella vita, con almeno 5 anni di distanza. Quindi, nella pratica, potrà fare al massimo due procedure di sovraindebitamento di successo. Può succedere che la prima volta abbia fatto un piano che si è concluso bene; se dopo parecchi anni ricade nei debiti per nuove ragioni, potrà accedere di nuovo. Una terza volta non è ammessa. Se invece una procedura viene solo presentata ma poi magari viene revocata o non porta a esdebitazione (es. viene ritirata, o convertita in liquidazione e poi chiusa senza esdebitazione richiesta), potrebbe non contare ai fini del limite delle due esdebitazioni, anche se il criterio delle “due procedure in 5 anni” potrebbe comunque bloccare tentativi troppo ravvicinati. In ogni caso, l’idea è che lo strumento serve a dare una seconda chance, non una terza, quarta, infinita chance.
- Posso mantenere la mia casa o auto nel piano del consumatore? Sì, una caratteristica del piano del consumatore è la flessibilità nel trattare il patrimonio. Il debitore non è obbligato a liquidare tutti i beni che possiede, a differenza di quanto accade in una liquidazione. Può dunque prevedere di mantenere la casa di abitazione, continuando a pagare il mutuo se sostenibile, magari offrendo ai creditori chirografari altre risorse (pignorando solo parte dello stipendio, o pagando una percentuale con aiuti familiari). Molti piani del consumatore puntano proprio a preservare l’abitazione principale, ritenuta bene essenziale, soprattutto se su di essa grava un mutuo che il debitore è in grado di pagare almeno in parte. Grazie alle norme sulle procedure familiari e all’intervento dell’OCC, come visto, oggi è più facile evitare la vendita della casa: se il piano mostra che il debitore può reggere la rata del mutuo, i giudici tendono ad approvare soluzioni che non privino la famiglia della propria abitazione. Discorso analogo per beni strumentali: se il debitore necessita di un’auto per andare al lavoro, spesso nel piano la tiene e continua a pagarne le rate leasing, piuttosto che venderla. Ovviamente, mantenere un bene significa però sottrarre quel valore ai creditori, quindi bisogna essere pronti a giustificare la scelta (es. tenendo la casa e pagando mutuo, i creditori ipotecari sono soddisfatti integralmente col tempo, mentre i chirografari comunque avrebbero poco anche vendendo la casa per via dell’ipoteca). In pratica, nel piano si può proporre qualsiasi soluzione purché i creditori non vengano trattati peggio di come sarebbero trattati se il bene fosse liquidato. Se tenermi la casa implica che i chirografari prendono zero anziché magari qualcosa dalla vendita, allora il giudice potrebbe non omologare; ma se tenerla non peggiora la loro condizione (perché tanto la casa è coperta dall’ipoteca, e il mutuo lo continuo a pagare), allora è accettabile.
- I debiti verso lo Stato si possono ridurre? Sì, ma con prudenza. I debiti fiscali e contributivi (verso Agenzia Entrate, Inps, Agenzia Riscossione) possono essere inclusi nel piano del consumatore e trattati alla pari degli altri crediti, prevedendo rateizzazioni anche lunghe e, per la parte non privilegiata, anche stralci. Tuttavia, come spiegato, la legge richiede che il Fisco non venga degradato oltre il dovuto rispetto alla liquidazione: in pratica, se il debitore ha beni pignorabili, la proposta al Fisco deve tenerne conto. Ad esempio, per IVA e ritenute, la prassi consolidata è che non si possono abbattere (devono essere pagate integralmente, magari spalmate in rate), perché la normativa UE lo sconsente e i giudici su questo sono rigidi. Per IRPEF, multe, contributi, ecc. invece uno sconto è possibile, ma in genere l’OCC deve attestare che il debitore offre già il massimo possibile. Un esempio: se ho €50.000 di cartelle, di cui €10.000 IVA, €5.000 INPS e il resto multe e IRPEF, e possiedo solo un piccolo immobile che venduto darebbe €20.000 – un piano potrebbe offrire: pago integralmente i €10k IVA e i €5k INPS (perché privilegiati e delicati), e del resto pago €5k (cioè il 10%), perché vendendo l’immobile non ci sarebbe ricavato oltre quelle somme; l’OCC attesta che la liquidazione dei beni darebbe al massimo €20k, quindi il Fisco è trattato il meglio possibile. Se il Fisco non si oppone o se si oppone ma l’attestazione regge, il giudice può omologare anche senza adesione esplicita. In sintesi, sì ai tagli del debito fiscale, ma ben motivati e mai totali: una quota significativa di quel che è dovuto allo Stato di solito va prevista, se non altro per questioni di equità politica (difficile che un giudice cancelli al 100% debiti erariali a meno che davvero il debitore non possegga nulla e vada in incapienza, in cui caso rientra forse nella procedura di esdebitazione incapienti).
- Che differenza c’è tra piano del consumatore e accordo/concordato minore? Dal punto di vista del consumatore, la differenza sostanziale è che nel piano non devono convincere i creditori: il giudice può omologarlo anche contro il loro parere, se lo ritiene equo e fattibile. Nell’accordo (ora concordato minore) invece serve il voto favorevole dei creditori, quindi il potere negoziale dei creditori è molto più forte. Inoltre, il piano del consumatore è più semplice: non bisogna formare classi di creditori, non c’è un’assemblea di voto, i tempi tendono ad essere più rapidi e i requisiti di ammissibilità leggermente meno stringenti (non serve l’impresa in continuità, ad esempio). D’altra parte, il piano è riservato ai soli consumatori: quindi se hai debiti d’impresa, non hai scelta. Inoltre, nel concordato minore il debitore può essere anche una società minore o un imprenditore in proprio – figure non ammesse al piano del consumatore. In pratica, per il privato cittadino il piano del consumatore è lo strumento ideale; per il piccolo imprenditore il concordato minore è la controparte disponibile. La tabella comparativa precedente già riassumeva le differenze salienti (destinatari, voto, ecc.).
Simulazione Pratica e Fac-simili di Atti
Per meglio comprendere la dinamica applicativa, presentiamo una simulazione basata su un caso pratico semplificato, seguita da un elenco di fac-simili di atti tipici della procedura.
Simulazione operativa – Caso “Mario Rossi”: Mario è un ex impiegato 65enne in pensione, residente a Roma. Ha un mutuo residuo sulla prima casa con ipoteca (debito residuo €100.000, rata mensile €500) e ha accumulato debiti per ulteriori €20.000 (due prestiti personali contratti per spese mediche e familiari). Da quando la moglie si è ammalata e con il calo di reddito dopo la pensione, Mario ha iniziato a faticare a pagare regolarmente le rate; è in arretrato di 4 rate del mutuo e le finanziarie lo sollecitano per rate scadute da mesi. In totale, con il suo reddito di €1.200 mensili, Mario non riesce a far fronte a €800 di uscite debitorie mensili più le spese di vita quotidiana.
- Fase 1: Mario si rivolge a un OCC locale (organizzato dall’Ordine dei Commercialisti). Il gestore analizza la situazione: patrimonio composto dall’abitazione (valore €120.000, su cui c’è l’ipoteca della banca), nessun altro immobile; pensione €1.200/mese; nessun’altra entrata; debiti: banca €100k garantiti da ipoteca, finanziaria A €15k chirografo, finanziaria B €5k. Mario risulta consumatore (debiti personali), sovraindebitato (insolvenza manifestata dalle rate impagate). Non ha compiuto atti in frode (ha solo pagato un piccolo prestito ai tempi con la liquidazione, ma nulla di anomalo), né ha altre procedure pregresse. L’OCC lo reputa meritevole. Viene elaborato un piano in 5 anni: prevedere che Mario continui a pagare regolarmente le rate del mutuo (€500) così da non perdere la casa e soddisfare la banca integralmente (anche se in misura dilazionata); nel contempo, propone di pagare le finanziarie solo parzialmente: offrire €200 al mese per 60 mesi da dividere pro quota tra i due creditori chirografari, con un ritorno di circa il 60% del loro credito. In pratica, ogni mese Mario pagherà €500 (mutuo) + €200 (fondo per chirografari) = €700, lasciandogli €500 per vivere – un budget un po’ stretto ma fattibile perché la moglie ha una piccola pensione di invalidità aggiuntiva. Il totale pagato in 5 anni ai chirografari sarà €12.000 su €20.000 dovuti (falcidia al 60%). Alla fine del piano, resterebbero scoperti €8.000 di quei debiti, che sarebbero esdebitati. La banca ipotecaria invece recupera tutto ma con calma. L’OCC verifica che vendere la casa all’asta darebbe forse €100k con cui la banca sarebbe soddisfatta ma i chirografari prenderebbero zero; col piano, i chirografari almeno ottengono €12k. Quindi per i creditori chirografari il piano è migliore della liquidazione; per la banca è analogo (prende tutto comunque). L’OCC scrive la relazione attestando questi fatti e menzionando che Mario è stato onesto (nessuna colpa grave, solo evento sfortunato: reddito ridotto).
- Fase 2: L’OCC deposita il ricorso in tribunale a settembre 2025. Nel ricorso si chiede anche la sospensione della procedura esecutiva che la banca nel frattempo aveva avviato dopo 4 rate insolute (aveva minacciato di accelerare il mutuo e pignorare). Il giudice ammette la procedura e autorizza Mario a riprendere i pagamenti del mutuo pagando le rate scadute entro 30 giorni (rimessione in termini), sospendendo l’azione esecutiva della banca. Fissa l’udienza a gennaio 2026.
- Fase 3: La banca, ricevuto il piano, vede che comunque riavrà i suoi soldi (solo più tardi) e non si oppone formalmente, anche perché l’alternativa sarebbe espropriare la casa e forse non ricavare l’intero capitale. Le finanziarie invece inviano osservazioni: una accetta il piano, l’altra lamenta che 60% è poco, ma non propone nulla di concreto. All’udienza, Mario (assistito dall’avvocato e con presente l’OCC) dichiara la sua volontà di adempiere e spiega che ha ridotto tutte le spese per riuscire nei pagamenti. Il giudice verifica che i requisiti sono rispettati (Mario non ha nascosto nulla, l’OCC conferma). Non ci sono opposizioni insormontabili – il creditore che chiedeva più soldi non può dimostrare che Mario abbia risorse occulte per farlo. Pertanto, a febbraio 2026, il Tribunale omologa il piano di Mario.
- Fase 4: Da febbraio 2026 a febbraio 2031, Mario effettua i pagamenti: €700 al mese. L’OCC ogni anno invia una breve relazione al giudice confermando che Mario è in regola. Nel 2028 Mario vende una vecchia auto per €3.000 e versa spontaneamente metà di quella somma in più ai creditori chirografari per accelerare (non era obbligato, ma lo fa per buona volontà).
- Fase 5: A marzo 2031, terminati i 60 pagamenti mensili, Mario ha pagato integralmente banca e il 60% circa ai finanziari. L’OCC presenta il rendiconto finale al giudice. Il giudice emette il decreto di chiusura e di esdebitazione per Mario: i residui €8.000 verso le finanziarie sono cancellati definitivamente. Mario conserva la sua casa (il mutuo continua fino al 2035, ma ora è tornato regolare) e non ha più altri debiti. La sua vicenda di sovraindebitamento si conclude con successo e i creditori hanno ottenuto il massimo che poteva dare senza annientarlo economicamente.
Fac-simile di atti principali: Di seguito si descrivono i contenuti tipici dei documenti chiave di un procedimento di piano del consumatore (da intendersi come linee guida generali, da adattare al caso concreto):
- Ricorso introduttivo (istanza di omologazione): è l’atto iniziale depositato in tribunale, normalmente redatto dall’OCC e sottoscritto dal debitore (ed eventualmente dal suo avvocato se ne ha uno). Contiene:
- Intestazione al Tribunale competente, indirizzato al Presidente (nelle procedure di volontaria giurisdizione spesso i ricorsi si rivolgono al Presidente che poi delega un giudice).
- Dati anagrafici del debitore (nome, cognome, C.F., residenza) e indicazione che agisce in qualità di “consumatore sovraindebitato ex art. 2 lett. e) CCII”.
- Esposizione dei fatti: descrizione sintetica dello stato di sovraindebitamento, cause che lo hanno determinato (es. calo reddito, spese impreviste), entità complessiva del debito, eventuali procedimenti esecutivi in corso.
- Istanza: si chiede l’omologazione di un piano di ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII, come da piano allegato, e contestualmente l’adozione delle misure protettive di cui all’art. 54 CCII (se richieste).
- Elenco allegati: piano dettagliato; relazione OCC; attestazioni varie (stato di famiglia, certificato residenza, elenco atti di straordinaria amm., ecc. come da art. 67 co.2 CCII).
- Luogo, data, firma del debitore e visto dell’OCC. Talora firma anche l’avvocato se coinvolto.
- Nota bene: spesso il “piano” vero e proprio è redatto come documento a parte e allegato; nel ricorso se ne riportano solo i punti salienti (ad es. importo complessivo da pagare e in quanto tempo) e si dichiara “si allega piano”. Alcuni tribunali richiedono che il ricorso contenga esplicitamente anche le conclusioni, cioè cosa si chiede al giudice (es. “chiediamo dichiararsi aperta la procedura ex art. 69 e fissarsi udienza, omologando il piano allegato e disponendo le misure protettive…”).
- Piano di ristrutturazione (allegato): è il documento che dettaglia la proposta ai creditori. Redatto in forma narrativa ma spesso con tabelle. I suoi elementi tipici:
- Situazione debitoria: elenco completo di tutti i creditori con indicazione di importo dovuto, titolo del credito (prestito, mutuo, bollette, ecc.), garanzie esistenti (ipoteche, pegni, coobbligati), e distinzione tra crediti privilegiati e chirografari.
- Situazione economica del debitore: redditi attuali (stipendio, pensione, ecc.), spese correnti di mantenimento, eventuali altri oneri (affitto, mantenimento figli). Patrimonio attuale (beni immobili con stima valore, beni mobili di valore, conti correnti, ecc.).
- Causa del sovraindebitamento: una breve spiegazione di come si è giunti alla crisi (es. perdita lavoro, pandemia, ecc.), per contestualizzare e mostrare eventuale buona fede (es. “il debitore ha sempre onorato i debiti fino al 2020 quando…”).
- Proposta di ristrutturazione: cuore del piano. Si spiega cosa si offre ai creditori e come. Ad esempio: “Il debitore propone di continuare a pagare integralmente il mutuo X alle scadenze originarie fino a estinzione; propone di pagare ai creditori chirografari una somma pari al 20% del credito, mediante 10 rate semestrali…; propone di liquidare l’autovettura di proprietà e distribuire il ricavato tra i creditori tali e tali; propone la moratoria di 12 mesi sui crediti ipotecari; propone la dilazione in 5 anni del debito fiscale con stralcio interessi e sanzioni…”. Ogni parte va dettagliata con importi e tempi.
- Fonti finanziarie: indicazione di dove verranno presi i soldi per attuare il piano: redditi futuri (stipendio, pensione), aiuti da terzi (un parente che si impegna a contribuire una tantum), liquidazione di beni (vendita casa/auto), ecc. Se vi sono risorse esterne (es. un garante che offre €10.000), va specificato e possibilmente allegata una dichiarazione di impegno di quel terzo.
- Classe dei creditori (nel piano consumatore non c’è voto, ma si può suddividere per chiarezza): spesso il piano distingue per categorie: p.es. “Creditori privilegiati: il piano li soddisfa così…; Creditori chirografari: il piano prevede il pagamento nella misura del xx%…; Crediti impignorabili (es. alimentari) che saranno pagati fuori piano normalmente…”.
- Durata del piano e calendario pagamenti: indicare quando decorrono le obbligazioni del piano e le relative scadenze. Es: “Le rate semestrali ai chirografari decorreranno dal 30/06/2024 e termineranno al 30/12/2028”; “Le rate mensili del mutuo proseguiranno regolarmente ogni 15 del mese; gli arretrati saranno corrisposti entro il …”; “Entro 60 giorni dall’omologazione sarà venduta l’auto e versato il ricavato…”.
- Eventuali garanzie o impegni ulteriori: se il debitore offre garanzie, fideiussioni di terzi, accensioni di ipoteche volontarie su beni, ecc. per dare maggiore tutela ai creditori sul rispetto del piano, vanno evidenziate.
- Trattamento di eventuali contenziosi o crediti contestati: se c’è un debito contestato (es. una causa pendente su una bolletta non dovuta), il piano può prevedere accantonamento in attesa di definizione o pagamento condizionato all’esito.
- Richiesta di esdebitazione: in chiusura, di solito si scrive che, completato il piano, il debitore chiederà di essere liberato dai debiti residui ai sensi dell’art. 73 CCII.
- Spesso il piano contiene tabelle riepilogative (es. flusso di cassa anno per anno con entrate e uscite, percentuali di soddisfo per ciascun creditore).
- Relazione dell’OCC: documento redatto dall’organismo, destinato al giudice, di cui il debitore solitamente prende visione ma non interviene sul contenuto (deve essere indipendente). Include:
- Analisi della posizione debitoria: conferma dei dati forniti dal debitore, con eventuali integrazioni se l’OCC ha scoperto qualcosa (es. “oltre ai debiti indicati, da visura CR Banca d’Italia risulta anche una posizione di credito al consumo estinta nel 2019” – giusto per dimostrare che ha verificato).
- Cause dell’indebitamento e condotta del debitore: l’OCC descrive le cause e valuta se c’è colpa. Importante: l’OCC deve esprimersi sull’assenza di colpa grave, malafede o frode da parte del debitore. Una frase tipica: “Dalle informazioni acquisite, non risultano atti in frode ai creditori né comportamenti di malafede; il sovraindebitamento appare conseguenza della riduzione di reddito non imputabile a condotte dolose del debitore, il quale ha anzi cercato di adempiere finché possibile…”. Questa è la sua attestazione di meritevolezza.
- Valutazione del piano proposto: l’OCC verifica la fattibilità: es. controlla i conteggi, fa eventualmente un piano alternativo in caso di scenari (stress test). Attesta che le risorse previste sono realistiche: “il debitore percepisce pensione mensile €X, come da cedolino allegato, quindi la rata proposta di €Y è sostenibile”; “il prezzo stimato per l’immobile è congruo secondo perizia allegata, dunque la previsione di ricavarne €Z è attendibile”; “un parente del debitore ha dichiarato di voler contribuire €K e ha versato tale importo su un conto vincolato a disposizione della procedura” ecc.
- Osservazioni su trattamenti dei crediti: ad es. se c’è falcidia di crediti fiscali, l’OCC deve dire che è rispettato l’art. 63 CCII (fisco non trattato peggio della liquidazione). Se c’è moratoria, deve dire che è entro 2 anni per privilegiati. Se c’è discriminazione tra chirografari, deve spiegarne la ragione (p.es. un creditore chirografario viene pagato più di un altro perché era un creditore particolare? Questo in genere non succede perché i chirografari vanno in pari passu salvo accordi differenti).
- Conclusione: l’OCC conclude di ritenere il piano idoneo a risanare la situazione debitoria del sig. … senza ledere i diritti dei creditori oltre quanto consentito dalla legge e lo ritiene meritevole di omologazione. In sostanza raccomanda al giudice l’approvazione. Questa relazione porta data e firma del gestore OCC.
- Provvedimenti del giudice: Nella pratica, i tribunali usano formulari standard sia per il decreto di apertura/ammissione sia per il decreto di omologa:
- Decreto di apertura: contiene: visto il ricorso, ritenuto che ricorrono (o non ricorrono) le condizioni di legge; nomina il giudice delegato; fissa l’udienza al…, ore…; ordina all’OCC di provvedere alle comunicazioni; dispone le misure protettive ex art… (elencandole, es: sospensione di ogni azione esecutiva e cautelare fino all’omologa); manda alla cancelleria per la pubblicazione; ecc. Se invece è un decreto di inammissibilità, conterrà i motivi specifici (es: “ritenuto che il ricorrente non rivesta qualifica di consumatore avendo debiti d’impresa… dichiara inammissibile…”).
- Decreto di omologazione: formula tipica: visto il piano depositato; visto il verbale di udienza; rilevato che sono stati adempiuti gli obblighi di legge e che il debitore risulta in possesso dei requisiti (assenza cause ostative); preso atto dell’attestazione OCC di fattibilità e veridicità; rilevato che le eventuali contestazioni dei creditori (se ce ne sono state) sono infondate per…; ritenuto che il piano assicura il regolare adempimento dei crediti nei limiti della situazione data, in misura non inferiore alle alternative praticabili; omologa il piano di ristrutturazione dei debiti proposto da… e, per l’effetto, dispone che tutti i creditori anteriori sono vincolati alle condizioni del piano. Sospende/ordina la chiusura delle procedure esecutive pendenti (specificare quali, se note). Dichiara inesigibili eventuali interessi di mora o sanzioni maturati oltre quanto previsto dal piano. Nomina eventualmente il liquidatore (in caso il piano preveda vendite) o delega l’OCC per il compimento di certe operazioni. Spesso dispone che, a completamento del piano, l’OCC dovrà riferire per l’esdebitazione automatica ex art. 73 CCII. Questo decreto viene poi comunicato all’OCC che ne cura la notifica ai creditori.
- Decreto di rigetto: qualora non omologhi, il giudice motiva sulle ragioni (p.es. “ritenuto che il debitore ha colposamente omesso di includere un debito rilevante, circostanza incompatibile col dovere di lealtà, rigetta la domanda di omologazione”).
- Atti di impulso durante l’esecuzione:
- Istanza di sospensione o modifica: se durante i pagamenti il debitore ha problemi, può presentare un’istanza al giudice (di solito tramite l’OCC o avvocato) per chiedere un provvedimento, ad esempio la sospensione di una rata o la modifica di una scadenza. Sono istanze in carta semplice al giudice delegato, decise con decreto. Non c’è garanzia che vengano accolte, ma in situazioni come Covid, i tribunali hanno concesso proroghe generali.
- Istanza di revoca/risoluzione: se il debitore non paga, il creditore insoddisfatto o l’OCC possono depositare un’istanza motivata chiedendo la revoca dell’omologa e l’apertura della liquidazione controllata in sostituzione. Dal 2024 questo passaggio non è più automatico ma su richiesta: quindi l’atto dovrà evidenziare l’inadempimento e magari la convenienza a liquidare i beni residui. Il giudice sentirà le parti e deciderà se convertire in liquidazione.
- Istanza di chiusura/esdebitazione: a fine piano, l’OCC di solito deposita un’istanza finale allegando un rapporto conclusivo dove attesta che il piano è eseguito. Chiede che si dichiari chiusa la procedura e si pronunci l’esdebitazione residua ex art.73 CCII. Il giudice verifica e emette il decreto di esdebitazione.
Ogni tribunale può avere modelli leggermente diversi, ma l’essenza di questi atti resta comune. Gli avvocati e i gestori OCC spesso dispongono di fac-simile precompilati (anche reperibili da precedenti procedure o linee guida delle associazioni di categoria). Per il debitore privato, è fondamentale affidarsi a tali professionisti per la predisposizione corretta degli atti: infatti, pur essendo una procedura “per non fallibili”, la complessità tecnica è elevata e non sarebbe gestibile in autonomia senza guida.
Conclusioni
La ristrutturazione dei debiti del consumatore, nel quadro del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza aggiornato al 2025, si conferma come uno strumento sofisticato ma fondamentale per affrontare situazioni di indebitamento eccessivo delle persone fisiche. Il legislatore ha strutturato una procedura che bilancia elementi di diritto civile (l’accordo tra debitore e creditori, seppur sotto l’egida giudiziale) e elementi di diritto processuale concorsuale (l’intervento dell’OCC, il controllo del tribunale, l’efficacia erga omnes dell’omologazione). Al centro di tutto c’è la figura del debitore-consumatore, che da un lato viene responsabilizzato – deve essere corretto, trasparente e mettere a disposizione il proprio patrimonio e reddito secondo le proprie possibilità – dall’altro viene tutelato e aiutato a ritrovare l’equilibrio finanziario.
L’aggiornamento normativo attraverso i correttivi ha rafforzato tale equilibrio: ha ampliato la definizione di consumatore per includere situazioni prima dubbie, ha semplificato l’accesso per famiglie e piccoli imprenditori non fallibili, ha introdotto flessibilità procedurali (termini per integrare documenti, reclamo contro decisioni sfavorevoli, possibilità di moratorie più lunghe), e ha potenziato gli strumenti degli OCC (accesso a banche dati) per garantire soluzioni più aderenti alla realtà. Parallelamente, la giurisprudenza – sia di legittimità che di merito – sta affinando i concetti chiave come meritevolezza e ambito del piano, in modo da evitare interpretazioni punitive e privilegiare invece la finalità ultima: il recupero del debitore sovraindebitato in un contesto di correttezza e soddisfazione, per quanto possibile, dei creditori.
Dal punto di vista del debitore, il percorso del piano del consumatore rappresenta una via di uscita ordinata da una crisi spesso drammatica: invece di subire passivamente azioni esecutive frammentarie e potenzialmente interminabili, il consumatore può prendere l’iniziativa, mettere un punto fermo alla situazione debitoria e ripartire dopo alcuni anni libero da incubi finanziari. Ovviamente non si tratta di un “perdono generalizzato” dei debiti: richiede sacrifici (pagare tutto il possibile per diversi anni, rinunciare a parte del tenore di vita, alienare beni non essenziali) e richiede impegno costante. E non tutti possono accedervi – i furbi o i fraudolenti ne restano fuori. Ma per chi ne ha i requisiti, è uno strumento prezioso di giustizia sostanziale, che concretizza nella vita reale i principi della Costituzione (favorire il pieno sviluppo della persona, evitare che la dignità venga compromessa da condizioni economiche).
In definitiva, il ruolo del consumatore nel Codice della Crisi è quello di un soggetto attivo e tutelato: attivo perché ha la possibilità di proporre e gestire direttamente (con l’ausilio dell’OCC) il proprio risanamento; tutelato perché la legge gli fornisce un quadro procedurale garantito in cui ottenere protezione dalle aggressioni dei creditori e, all’esito, liberarsi dei debiti residui. Per avvocati e professionisti, ciò impone una conoscenza approfondita sia delle norme sostanziali sia delle prassi applicative, per guidare efficacemente i consumatori attraverso la procedura. Per gli imprenditori non fallibili o ex imprenditori, il medesimo sistema offre strumenti analoghi (concordato minore, liquidazione controllata) che integrano la posizione del consumatore e spesso si intersecano con essa (si pensi alle famiglie in cui coesistono debiti personali e d’impresa).
L’auspicio, confermato dalle più recenti riforme, è che queste procedure siano utilizzate sempre più diffusamente e con esito positivo, contribuendo a ridurre il contenzioso esecutivo, a combattere l’esclusione sociale causata dai debiti e a restituire fiducia nel sistema creditizio (anche i creditori preferiscono recuperare qualcosa con certezza in un piano, piuttosto che nulla da un debitore divenuto nullatenente). In quest’ottica, la figura del consumatore sovraindebitato cessa di essere vista come quella di un soggetto da punire o emarginare, e diventa invece il beneficiario di una procedura di aiuto regolamentato, in cui la legalità e la solidarietà trovano un punto di incontro.
Il Codice della Crisi aggiornato, in definitiva, riconosce nel consumatore indebitato non un fallito, ma una persona che può essere riabilitata economicamente, a vantaggio suo e dell’intera collettività creditizia. Le sentenze più recenti – ad esempio in tema di moratoria e di reclamo – sottolineano proprio questa visione moderna e pragmatica: il diritto del consumatore all’esdebitazione viene tutelato senza pregiudicare i diritti dei creditori, ma anzi inserendolo in un procedimento trasparente e condiviso. Sta ora agli operatori del diritto e agli stessi debitori far buon uso di tali strumenti, con senso di responsabilità e competenza tecnica.
Fonti Normative e Giurisprudenziali
- Normativa: Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 14/2019, Titolo IV Capo II Sez. II (artt. 65–83 CCII, Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento), come modificato dai Decreti correttivi: D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 (attuazione direttiva UE 2019/1023) e D.Lgs. 136/2024 (Correttivo-ter). Prevista anche la disciplina speciale dell’esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII). – (Legge 3/2012) abrogata dal 2022, ma rilevante per continuità interpretativa.
- Giurisprudenza di legittimità:
- Cass. civ. Sez. I, 12 luglio 2024 n. 24870: competenza del Tribunale in composizione collegiale per il reclamo avverso decreto di inammissibilità del piano del consumatore ex art. 70 CCII. Conferma reclamo in Corte d’Appello per diniego di omologa.
- Cass. civ. Sez. I, 11 aprile 2025 n. 9549: interpretazione dell’art. 67 co.4 CCII sulla moratoria dei crediti privilegiati nel piano del consumatore – i pagamenti ai creditori prelatizi devono iniziare entro 2 anni dall’omologazione, non necessariamente concludersi entro tale termine. Conferma possibilità di dilazioni maggiori se trasparenti e accettabili per i creditori.
- Cass. civ. Sez. I, 15 settembre 2023 n. 22699: definizione di “consumatore” sovraindebitato – esclusi i debiti derivanti da attività professionale/imprenditoriale, inclusi solo debiti a scopi personali/familiari.
- Cass. civ. Sez. I, 3 febbraio 2016 n. 1869: sul concetto di meritevolezza nel sovraindebitamento (legge 3/2012) – va interpretato in senso non rigoristico; condotte con colpa lieve o dovute a eventi sopravvenuti non precludono l’accesso.
- Cass. civ. Sez. Un. 15 settembre 2011 n. 18924: (precedente pre-2012, citato analogicamente) – centralità del principio di buona fede del debitore nelle procedure concorsuali minori; l’indagine sulla colpa del debitore non deve spingersi oltre la verifica di comportamenti gravemente scorretti.
- Giurisprudenza di merito (selezione):
- Tribunale Napoli Nord, 12 novembre 2022: ha delineato una nozione rigorosa di consumatore, escludendo i debiti d’impresa residui dall’ammissibilità del piano.
- Tribunale di Napoli, 5 maggio 2025: ha ritenuto ammissibile un piano con debiti promiscui qualora la componente personale sia prevalente, mostrando un approccio flessibile sulla definizione di consumatore.
- Tribunale di Pescara, 10 maggio 2025: in tema di abitazione principale – ha autorizzato il debitore a essere rimesso in termini per pagare le rate scadute del mutuo sulla prima casa, così da proseguirlo nel piano senza perdere l’immobile.
- Tribunale di Taranto, 6 aprile 2025: su meritevolezza e ludopatia – ha valutato che la patologia del gioco può attenuare la valutazione di colpa grave, ammettendo la procedura con piano di cura e controllo (il debitore ludopatico seguito dai servizi, piano omologato con monitoraggio).
- Tribunale di Gela, 26 marzo 2025: ha ribadito che per essere consumatore conta lo scopo del debito – debiti contratti per esigenze personali restano tali anche se poi usati indirettamente per tamponare obblighi d’impresa. Irrilevante l’accollo di debiti altrui ai fini della qualifica.
- Corte d’Appello di Ancona, 10 ottobre 2023 & Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto, 5 gennaio 2024: (orientamenti superati dal correttivo) avevano ritenuto non reclamabile il decreto di inammissibilità, tesi poi superata da Cass. 24870/24 e modifica legislativa.
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