Composizione Negoziata Della Crisi e Blocco Pignoramenti E Esecuzioni Forzate

Dal 2021, il nuovo strumento della composizione negoziata della crisi offre un’opportunità concreta per le imprese in crisi che vogliono evitare l’insolvenza, bloccare le azioni esecutive e provare a risanarsi attraverso un percorso assistito, volontario e riservato.

Cos’è la composizione negoziata della crisi?

È una procedura introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che consente all’imprenditore in difficoltà, ma ancora operativo, di accedere a un tavolo negoziale con i creditori per trovare soluzioni sostenibili. L’intero percorso è seguito da un esperto indipendente, nominato dalla Camera di Commercio, che aiuta le parti a dialogare e ad evitare lo scenario peggiore: il fallimento.

Quali vantaggi offre per chi ha già azioni esecutive in corso?

Uno dei benefici più rilevanti è il blocco automatico (o su richiesta) di:

Pignoramenti mobiliari, immobiliari e presso terzi
Esecuzioni forzate individuali
Azioni cautelari e sequestri conservativi

Il blocco vale sia per i creditori privati, sia per l’Agenzia delle Entrate Riscossione (cartelle esattoriali, avvisi di addebito, ecc.), e può essere richiesto già nella domanda di accesso alla composizione.

Quando scatta la protezione?

– In automatico per 120 giorni se l’imprenditore chiede l’applicazione di misure protettive
– Prorogabile dal tribunale, su istanza motivata, se la trattativa è in corso
– Pubblicata nel registro delle imprese, con effetto verso tutti i creditori

Attenzione: le misure protettive non cancellano i debiti, ma sospendono le aggressioni patrimoniali, dando tempo per trattare.

Chi può accedere alla composizione negoziata?

– Imprenditori individuali e societari (anche agricoli e artigiani)
– Con sede in Italia
– In stato di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, ma ancora “salvabili”

Il procedimento è attivabile tramite piattaforma telematica nazionale con l’assistenza obbligatoria di un professionista (avvocato, commercialista o consulente del lavoro).

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Introduzione

La composizione negoziata della crisi d’impresa è una procedura innovativa del diritto concorsuale italiano, pensata per aiutare l’imprenditore in difficoltà a risanare la propria attività prima che la situazione degeneri in insolvenza conclamata. Introdotta nel nostro ordinamento di recente (a partire dal 2021) e oggi disciplinata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), essa offre un percorso volontario e stragiudiziale in cui il debitore, assistito da un esperto indipendente, può negoziare con i creditori soluzioni concordate di ristrutturazione del debito.

Dal punto di vista del debitore, la composizione negoziata rappresenta un “porto sicuro” temporaneo: una volta avviata, consente di ottenere misure protettive che bloccano azioni esecutive e aggressive dei creditori (pignoramenti, sequestri, ecc.), creando uno spazio di respiro in cui condurre trattative senza il timore di subire nel frattempo esecuzioni forzate. A differenza delle procedure concorsuali tradizionali (come fallimento o concordato preventivo), la composizione negoziata non impone all’imprenditore di spossessarsi della gestione: l’azienda continua ad operare sotto la sua guida, evitando interruzioni dell’attività e mantenendo la continuità aziendale. Inoltre, la procedura è caratterizzata da un certo grado di riservatezza e minor stigma reputazionale: l’istanza iniziale è presentata tramite una piattaforma telematica dedicata e, fatta salva l’eventuale pubblicazione necessaria per attivare le misure protettive, la composizione negoziata è meno visibile al pubblico rispetto a un fallimento o concordato giudiziale.

In questa guida approfondiremo in dettaglio il funzionamento della composizione negoziata della crisi d’impresa aggiornato a giugno 2025, con i più recenti riferimenti normativi, prassi applicative e pronunce giurisprudenziali. Verranno esaminati i benefici e le tutele che la procedura offre al debitore (in particolare il blocco di pignoramenti ed esecuzioni forzate), le condizioni di accesso e le modalità operative attraverso esempi pratici, nonché le ultime novità legislative – come le modifiche apportate dal D.Lgs. 136/2024 – e le sentenze più rilevanti emerse in materia. Il taglio dell’esposizione è di livello avanzato, con un linguaggio giuridico ma comprensibile anche a imprenditori e privati, così da fornire uno strumento utile sia ai professionisti legali sia ai debitori che vogliono capire come tutelarsi dalle azioni dei creditori e pianificare un risanamento.

Quadro Normativo Aggiornato al 2025

La disciplina della composizione negoziata è attualmente contenuta negli articoli 12–25-octies del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), inseriti nel Titolo II, Capo I del CCII. Questo istituto è stato introdotto originariamente con il Decreto-Legge 24 agosto 2021 n.118, convertito con modifiche nella Legge 21 ottobre 2021 n.147, che ha anticipato nel nostro ordinamento alcune misure della direttiva UE 2019/1023 in tema di ristrutturazioni preventive. Inizialmente la composizione negoziata conviveva al di fuori del Codice della crisi (che all’epoca non era ancora integralmente in vigore), ma con l’entrata in vigore del CCII il 15 luglio 2022 essa è stata assorbita nel nuovo sistema concorsuale.

Le tappe normative principali sono state:

  • D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) – Ha introdotto in via d’urgenza la composizione negoziata, operativa dal 15 novembre 2021, delineandone i tratti fondamentali (nomina di un esperto, piattaforma telematica, misure protettive, eventuale concordato semplificato in caso di esito negativo, ecc.). Questa normativa “ponte” nasceva per fronteggiare la crisi economica post-pandemica e favorire l’emersione tempestiva delle difficoltà d’impresa.
  • D.Lgs. 83/2022 – Emanato in attuazione della direttiva UE Insolvency n. 2019/1023, ha modificato il Codice della crisi sostituendo integralmente le previgenti procedure di allerta e composizione assistita (Organismo di Composizione della Crisi, OCRI) con la nuova procedura di composizione negoziata. Dal 15 luglio 2022, dunque, la composizione negoziata è diventata la principale misura “preventiva” a disposizione dell’imprenditore in difficoltà, abrogando i vecchi strumenti di allerta obbligatoria.
  • D.Lgs. 13 ottobre 2022 n. 169 – Ulteriori correttivi al Codice della crisi (cd. “Correttivo 2022”), che hanno apportato alcune modifiche tecniche alla disciplina, per adeguarla meglio alla direttiva europea e risolvere problemi emersi nei primi mesi di applicazione. Ad esempio, sono state rafforzate le previsioni in tema di tutela dei finanziatori e di facilitazione delle trattative.
  • D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 – Il più recente intervento normativo (terzo “Correttivo” al CCII), entrato in vigore il 28 settembre 2024, che ha stabilizzato e affinato ulteriormente la disciplina della composizione negoziata. In particolare, questo decreto legislativo ha: chiarito i presupposti di accesso (confermando che si può accedere anche in semplice situazione di squilibrio o crisi probabile, non solo in insolvenza); semplificato la documentazione iniziale soprattutto per le PMI; rafforzato il ruolo dell’esperto indipendente; migliorato i rapporti con il ceto bancario e il Fisco (introducendo ad es. divieti di revoca degli affidamenti bancari senza giustificato motivo e la possibilità di una transazione fiscale durante la composizione); e reso più efficiente il raccordo tra la fase di composizione e le eventuali procedure concorsuali successive.

Parallelamente, resta in vigore la disciplina specifica per i soggetti non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, consumatori) prevista dalla Legge 3/2012 (ora trasfusa nel CCII per le procedure di sovraindebitamento). Tuttavia, va evidenziato che la composizione negoziata è uno strumento destinato esclusivamente agli imprenditori iscritti nel Registro delle Imprese: i debitori “civili” non imprenditori non possono accedervi e devono eventualmente ricorrere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. In tal senso, la composizione negoziata si affianca agli altri istituti del Codice della crisi componendo un sistema unitario: procedure stragiudiziali negoziate (come la composizione in esame) da un lato, e procedure concorsuali giudiziali (concordati, liquidazione giudiziale, ecc.) dall’altro, con possibilità di passaggi dall’una all’altra in base all’evoluzione della situazione dell’impresa.

Di seguito, analizzeremo il funzionamento concreto della composizione negoziata, soffermandoci sui suoi principi ispiratori, sui soggetti che vi possono accedere, sulle modalità di svolgimento (dalla presentazione dell’istanza fino alla conclusione delle trattative), nonché sul cruciale tema delle misure protettive che determinano il blocco dei pignoramenti e delle esecuzioni forzate a carico del debitore durante la procedura.

Obiettivi e Principi della Composizione Negoziata

La composizione negoziata è stata pensata dal legislatore con una logica ben precisa: favorire l’emersione tempestiva delle crisi d’impresa e la ricerca di soluzioni concordate capaci di preservare la continuità aziendale, evitando per quanto possibile l’erosione del valore dell’azienda che tipicamente accompagna le procedure fallimentari tradizionali. In altre parole, l’idea di fondo è di affrontare la crisi come un problema negoziale da risolvere con gli strumenti dell’autonomia privata, invece di attendere il collasso e poi procedere a una liquidazione giudiziale.

I principi cardine dell’istituto possono così riassumersi:

  • Volontarietà e iniziativa del debitore – Solo l’imprenditore può attivare la composizione negoziata; non esistono procedure d’ufficio o su istanza dei creditori. Ciò implica che il debitore conserva l’iniziativa e il controllo del processo di risanamento. La scelta volontaria di avvalersi della composizione incentiva l’imprenditore ad affrontare i primi segnali di crisi senza aspettare passivamente azioni esterne.
  • Tempestività e anticipazione – La procedura è utilizzabile in fase precoce, prima che la crisi diventi irreversibile. Anzi, è progettata per intervenire prima dell’insolvenza conclamata, quando ancora esistono margini per salvare l’azienda. Questa tempestività evita che il protrarsi delle difficoltà conduca a perdite di valore (es. fuga di clienti, diminuzione del credito commerciale, deterioramento di asset) e consente di trattare coi creditori quando l’impresa è ancora in piedi. In tal senso, la composizione negoziata attua l’obbligo dell’imprenditore di attivarsi per tempo in presenza di indizi di crisi (dovere introdotto proprio dal Codice della crisi).
  • Mantenimento della continuità aziendale – Obiettivo primario è salvaguardare il going concern dell’impresa, cioè la prosecuzione dell’attività economica e dei livelli occupazionali, ove possibile. Le soluzioni ricercate tendono al risanamento e alla ristrutturazione del debito in modo sostenibile, anziché alla mera liquidazione dei beni. Anche se talvolta l’esito può essere una liquidazione (ad es. tramite concordato semplificato), lo scopo originario resta favorire la riorganizzazione dell’azienda come soggetto produttivo.
  • Massima autonomia negoziale (con alcuni correttivi) – La composizione è extragiudiziale: non c’è una procedura giudiziaria con ripartizione dell’attivo, voto dei creditori o omologazione (salvo eventuali fasi successive). Durante le trattative, il debitore e i creditori hanno ampia libertà di concordare soluzioni varie e creative, senza le rigidità tipiche di un concordato preventivo. L’imprenditore mantiene la gestione ordinaria e straordinaria, senza commissari o altri organi concorsuali. Tuttavia, l’ordinamento affianca a questa libertà alcuni meccanismi di supporto e controllo: la presenza di un esperto terzo, imparziale, che assiste e sorveglia le trattative; la possibilità di ottenere dal tribunale provvedimenti mirati (come le misure protettive o autorizzazioni per atti urgenti) a tutela del buon esito delle negoziazioni; l’eventuale intervento finale del tribunale per omologare accordi con i creditori o per aprire una procedura concorsuale se il risanamento fallisce. In sintesi, la composizione negoziata è una trattativa protetta e organizzata: l’autonomia privata opera all’interno di un quadro normativo che offre tutele sia al debitore che alla collettività dei creditori.
  • Good faith e tutela dell’integrità patrimoniale – Un presupposto implicito ma essenziale è che l’imprenditore agisca in modo leale e trasparente durante la procedura. Egli ha il dovere di evitare atti che possano aggravare la crisi o pregiudicare i creditori durante le trattative. D’altro canto, l’ordinamento offre protezione al patrimonio del debitore (attraverso il blocco delle azioni esecutive) proprio per preservare la par condicio e l’integrità aziendale funzionale al risanamento. Se il debitore tentasse di abusare dello “scudo” protettivo senza genuina volontà di ristrutturare, l’esperto e il tribunale hanno strumenti per far cessare la procedura (ad es. negando la proroga delle misure protettive o riferendo eventuali abusi). La buona fede negoziale è dunque fondamentale per il successo dell’istituto.

Riassumendo, la composizione negoziata incarna una filosofia di crisis management proattivo: il debitore è protagonista del proprio salvataggio, supportato da un esperto e temporaneamente al riparo dai creditori, con l’obiettivo di negoziare una soluzione win-win che eviti la dispersione del valore aziendale. Questo approccio risponde a esigenze sia economiche (minimizzare i costi delle crisi) sia sociali (salvaguardare imprese e posti di lavoro), in linea con le tendenze internazionali in materia di rescue culture.

Soggetti Ammessi e Requisiti di Accesso

La composizione negoziata è accessibile a un’ampia platea di debitori, purché rientrino nella categoria degli imprenditori commerciali o agricoli iscritti nel Registro delle Imprese. La normativa non pone limiti di dimensione o settore: possono avvalersene tanto le grandi imprese (anche gruppi societari complessi, eventualmente coordinando le trattative per più società del gruppo) quanto le piccole imprese “sotto-soglia”, incluse le ditte individuali e le società di persone di minori dimensioni. Sono espressamente menzionate come ammesse anche le imprese agricole (tradizionalmente escluse dal fallimento) e persino categorie particolari come le startup innovative o le PMI innovative, gli istituti bancari e finanziari e le imprese soggette ad amministrazione straordinaria. In sostanza, la disciplina di accesso è molto ampia e abbraccia ogni tipo di impresa regolarmente iscritta; restano esclusi solo i soggetti che non sono imprenditori (ad esempio professionisti, consumatori, enti non commerciali) e le imprese “irregolari” non iscritte al registro.

Il presupposto oggettivo per poter presentare istanza di composizione negoziata è la presenza di uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza dell’impresa. In altre parole, l’azienda deve trovarsi in una situazione di difficoltà tale che, senza interventi correttivi, si prevede un aggravamento verso l’insolvenza. Non è necessario che l’impresa sia già insolvente in senso tecnico (cioè incapace di pagare regolarmente i debiti scaduti): al contrario, lo strumento è utilizzabile anche in fase di crisi iniziale o tensione finanziaria, purché ci siano ancora concrete prospettive di risanamento. La riforma del 2024 ha chiarito proprio che l’accesso è consentito anche al solo manifestarsi di segnali di crisi, oltre che nello stato di crisi conclamata o perfino di insolvenza reversibile. Dunque, un imprenditore accorto può (e dovrebbe) attivarsi tempestivamente, senza aspettare di accumulare ritardi o essere aggredito dai creditori.

Va sottolineato che anche se l’impresa è formalmente insolvente, la composizione negoziata può essere avviata se si ritiene che l’insolvenza sia temporanea o reversibile mediante un accordo di ristrutturazione. In caso invece di insolvenza conclamata e irreversibile, la strada corretta resterebbe la liquidazione giudiziale (fallimento) o altre procedure liquidatorie. Sarà in pratica l’esperto nominato a valutare, una volta avviate le trattative, se sussistono margini reali di risanamento oppure se la crisi è troppo grave: in quest’ultimo caso, l’esperto potrà chiudere anticipatamente la procedura e “spingere” verso soluzioni concorsuali più adeguate (es. concordato liquidatorio o liquidazione giudiziale).

Per quanto riguarda le imprese “sotto-soglia”, ossia quelle di piccole dimensioni non assoggettabili a fallimento (art. 2, lett. d CCII: attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000), è importante evidenziare che anch’esse possono accedere alla composizione negoziata alle medesime condizioni degli altri imprenditori. La qualifica di “minore” incide invece sulle procedure concorsuali eventualmente attivabili: ad esempio un’impresa sotto-soglia, se insolvente, non subirà la liquidazione giudiziale ma potrà ricorrere alla liquidazione controllata (ex art. 268 CCII), e al posto del concordato preventivo ordinario avrà il concordato minore, ecc.. Ma tutto ciò non preclude l’uso della composizione negoziata, che anzi per le micro-imprese può essere uno strumento prezioso. La legge ha previsto alcune semplificazioni specifiche per adattare la procedura ai debitori minori, come vedremo, ma senza escluderli.

Riassumendo i requisiti soggettivi e oggettivi:

  • Chi può accedere: qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo iscritto (società di capitali, di persone, ditte individuali, cooperative, grandi gruppi, imprese artigiane, aziende agricole, ecc.), a prescindere dalla dimensione o dal settore merceologico. Sono escluse solo le persone fisiche non imprenditori e gli enti non profit, nonché le imprese non iscritte o già sottoposte a procedure concorsuali irrevocabili.
  • Quando si può accedere: in presenza di squilibrio economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza. In pratica: difficoltà di liquidità, indici di bilancio deteriorati, esposizioni debitorie crescenti, ecc., tali però da lasciare spazio a un possibile recupero. Non è necessario essere insolventi (anzi, meglio muoversi prima), ma se si è insolventi è essenziale che esista la prospettiva di recupero della solvibilità tramite ristrutturazione.
  • Altri requisiti formali: l’impresa dev’essere “regolare”, cioè ad esempio tenere le scritture contabili in ordine e aver depositato i bilanci (una società che da anni non deposita bilanci o un’impresa individuale “sconosciuta” al Registro potrebbe incontrare problemi, anche se la norma non lo dice espressamente). Inoltre, al momento della domanda, occorre dichiarare se pendono istanze di fallimento o altre procedure: ciò non impedisce di per sé l’accesso, ma l’art. 18 CCII prevede che durante la composizione non possa essere dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale. Quindi, se c’è già un’istanza di fallimento, il tribunale dovrà coordinare le due cose (come vedremo a proposito della giurisprudenza recente, es. Cass. 3634/2025).

Procedura di Accesso e Nomina dell’Esperto

L’iter per attivare una composizione negoziata inizia con la presentazione di un’istanza di nomina di un esperto indipendente, da parte dell’imprenditore in crisi, tramite l’apposita piattaforma telematica nazionale gestita dal sistema delle Camere di Commercio (Unioncamere). Non è necessario rivolgersi al tribunale per avviare la procedura: il portale online è il canale ordinario di accesso, pensato per semplificare e uniformare il processo su tutto il territorio nazionale.

Documentazione richiesta e piattaforma telematica

Nell’istanza iniziale il debitore deve fornire una serie di informazioni e documenti che fotografano la situazione aziendale e consentono di valutare lo stato della crisi. La normativa distingue tra imprese più grandi e imprese minori, prevedendo un set documentale più snello per queste ultime. In generale, i documenti richiesti includono:

  • Situazione economico-patrimoniale dell’impresa: ad esempio gli ultimi tre bilanci d’esercizio approvati (o, se non disponibili, i progetti di bilancio non ancora approvati) e un’eventuale situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata più recente; per le imprese minori non tenute al bilancio, è comunque opportuno allegare almeno una situazione contabile aggiornata.
  • Elenco dei creditori aggiornato, con indicazione dei rispettivi crediti (importi dovuti, scadenzario) e delle eventuali garanzie o privilegi. Idealmente andrebbero distinti per tipologia (banche, fornitori, Erario, dipendenti, ecc.) per facilitare l’analisi.
  • Piano di risanamento o bozza di piano: per le imprese di maggiori dimensioni è richiesta una sorta di draft di piano di ristrutturazione, o quantomeno delle linee guida su come si intende affrontare la crisi (riduzione costi, accordi con banche, dismissioni, ricerca di soci, ecc.). Per le PMI minori, invece, non è obbligatorio allegare un piano completo iniziale; sarà l’esperto poi ad aiutare a definirlo. È comunque consigliato che l’imprenditore predisponga almeno un’idea di strategia, anche per superare il vaglio iniziale.
  • Relazione sulle cause della crisi: un documento descrittivo che illustri la genesi delle difficoltà aziendali (es. calo fatturato, insolvenze di clienti, contrazione del credito, eventi straordinari…) e le azioni già intraprese o tentate per fronteggiarle. Questo aiuta l’esperto a contestualizzare il caso.
  • Certificazione dei debiti fiscali e contributivi: occorre acquisire il certificato unico dei debiti tributari rilasciato dall’Agenzia delle Entrate (attestante le somme dovute all’Erario, ruolo, cartelle, ecc.) e un DURC regolare o documento equivalente per la posizione contributiva INPS/INAIL. Inoltre, è utile allegare una situazione aggiornata dei debiti verso l’agente della riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia).
  • Estratto della Centrale Rischi Banca d’Italia, per dare contezza dell’esposizione finanziaria dell’impresa verso il sistema bancario (affidamenti, sconfinamenti, sofferenze segnalate).
  • Dichiarazioni dell’imprenditore: nella domanda l’imprenditore deve dichiarare, sotto responsabilità, alcune circostanze rilevanti, ad esempio l’assenza di ricorsi pendenti per la dichiarazione di fallimento o altre procedure concorsuali a proprio carico (in caso contrario, vanno indicati), e di non aver già utilizzato strumenti di regolazione della crisi nei precedenti anni. Inoltre, deve attestare la veridicità e completezza dei dati e documenti forniti.

Per le imprese sotto-soglia (minori), la legge e i decreti attuativi hanno previsto alcune semplificazioni importanti:

  • Non è richiesto allegare i bilanci (se non esistenti) né un piano dettagliato di risanamento sin da subito. È sufficiente fornire i documenti essenziali: ad es. la dichiarazione sull’assenza di procedure concorsuali pendenti, il certificato dei debiti fiscali, il DURC, l’elenco dei debiti risultanti presso l’Agente della Riscossione (AER) e l’estratto della Centrale Rischi. Lo scopo è non scoraggiare le piccolissime imprese con oneri documentali eccessivi.
  • Per la presentazione dell’istanza, le imprese minori hanno una doppia opzione: possono utilizzare la piattaforma telematica CCIAA come tutti (modalità standard) oppure rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) del territorio. Infatti il CCII consente al debitore minore di depositare l’istanza anche presso un OCC (lo stesso organismo che gestisce le crisi da sovraindebitamento), il quale provvederà poi a nominare l’esperto e gestire la procedura in coordinamento con la Camera di Commercio. Questa alternativa, introdotta per venire incontro alle micro-imprese, offre un livello di assistenza ulteriore tramite gli organismi già operanti a livello locale.
  • I costi di avvio sono contenuti: è previsto un diritto di segreteria di €252,00 (dal 16/06/2022) più l’imposta di bollo di €16,00, da pagare via piattaforma PagoPA al momento dell’invio telematico. Queste somme si applicano a tutte le imprese richiedenti. L’accesso tramite OCC comporta invece il pagamento dei compensi previsti dall’organismo, ma per legge il compenso finale dell’esperto è liquidato comunque dal Segretario Generale della CCIAA, uniformando i costi (è stato eliminato il meccanismo alternativo precedente in cui l’OCC poteva liquidare).

Una volta raccolti tutti i documenti, l’imprenditore compila l’istanza direttamente online sul portale dedicato (accessibile via SPID/CNS). La piattaforma guida l’utente passo passo attraverso sezioni dove inserire dati anagrafici, descrizione sintetica della situazione aziendale, elenco creditori, ecc., e consente di caricare i file richiesti in formato elettronico. Al termine, l’istanza viene trasmessa telematicamente e protocollata.

Fac-simile di istanza (estratto):
Oggetto: Istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata ex art. 17 CCII.
Il sottoscritto [Nome Cognome], nato a … il …, residente in …, in qualità di titolare/legale rappresentante della [Denominazione Impresa] (C.F./P.IVA …), con sede legale in …, iscritta al Registro delle Imprese di … al n. …,
premesso che la suddetta impresa si trova in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o insolvenza, ma risulta ragionevolmente perseguibile il suo risanamento,
CHIEDE
la nomina di un esperto indipendente ai sensi degli artt. 17 e 25-quater del D.Lgs. 14/2019, per l’avvio della procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa.
A tal fine dichiara:
– che nei propri confronti non pendono ricorsi per liquidazione giudiziale o altre procedure concorsuali (ovvero, in caso contrario, indicare i riferimenti);
– di non aver già fatto ricorso agli strumenti di regolazione della crisi previsti dal CCII negli ultimi X anni;
– che i dati e le informazioni fornite, e i documenti allegati, sono veritieri e aggiornati.
Si allegano i seguenti documenti a corredo dell’istanza:

  1. [Elenco documenti richiesti dalla legge – es: ultimi bilanci/progetti di bilancio; certificato debiti tributari; DURC; elenco creditori; estratto Centrale Rischi; ecc.]
    Luogo, dataFirma dell’imprenditore

(Il modello sopra riportato è semplificato a fini illustrativi. L’istanza effettiva viene compilata online, ma le informazioni sostanziali da fornire sono quelle indicate nel fac-simile.)

Una volta inviata l’istanza tramite piattaforma, la procedura si mette in moto in tempi molto rapidi. L’ufficio della Camera di Commercio competente (quella del luogo dove l’impresa ha la sede legale) prende in carico la domanda. Il Segretario Generale della CCIAA verifica innanzitutto la completezza formale della documentazione e può, se necessario, richiedere eventuali integrazioni al debitore. Superato questo controllo, la pratica passa al vaglio dell’apposita Commissione Regionale per la composizione negoziata, la quale deve procedere alla nomina dell’esperto indipendente entro un termine brevissimo: 5 giorni dalla presentazione dell’istanza completa. La Commissione opera presso la CCIAA del capoluogo di regione (o provincia autonoma) e sceglie l’esperto da un elenco regionale di professionisti qualificati, tenendo conto delle competenze ed esperienza più adatte al caso.

Tabella – Schema temporale tipico della procedura di composizione negoziata

FaseTempistica Indicativa
Presentazione dell’istanza (deposito documenti e verifica)Giorno 0: invio istanza sulla piattaforma. Entro ~5 giorni il Segretario Generale esamina la domanda, verifica la documentazione e la trasmette alla Commissione regionale per la nomina.
Nomina ed accettazione dell’espertoEntro ~5-7 giorni: la Commissione regionale designa l’esperto. L’esperto nominato verifica l’assenza di conflitti e accetta l’incarico, dichiarando per iscritto la propria indipendenza.
Primo incontro e analisi inizialeEntro ~10 giorni dall’accettazione: l’esperto convoca l’imprenditore per un incontro preliminare, in cui analizza la situazione aziendale congiuntamente (verifica dei dati di bilancio, delle cause della crisi, ecc.) e valuta la fattibilità di un risanamento. Subito dopo, l’esperto predispone un calendario delle trattative invitando i principali creditori a partecipare a tavoli negoziali.
Richiesta di misure protettive (eventuale)In qualsiasi momento – anche contestualmente all’istanza iniziale. Se il debitore ha richiesto le misure protettive (ossia il blocco delle azioni esecutive), il Tribunale competente deve confermarle o revocarle entro breve: tipicamente fissa un’udienza entro 5-15 giorni. Intanto dalla pubblicazione dell’istanza nel Registro Imprese decorre l’effetto protettivo immediato (vedi oltre).
Svolgimento delle trattative~Giorni 15-180: l’esperto facilita gli incontri periodici con i creditori; l’imprenditore continua la gestione ordinaria (e straordinaria, informando l’esperto) dell’impresa. In caso di necessità, può chiedere al tribunale autorizzazioni urgenti per atti di straordinaria amministrazione che appaiano indispensabili (es. finanziamenti prededucibili, cessione di ramo d’azienda, ecc.), ai sensi dell’art. 19 CCII. Durante questa fase l’esperto vigila che non siano compiuti atti pregiudizievoli e può aggiornare la piattaforma con relazioni periodiche sullo stato delle trattative.
Proroga della composizione (se necessaria)Verso il giorno 180: qualora le negoziazioni siano in corso e vi siano concrete prospettive di accordo ma occorra più tempo, il tribunale – su istanza motivata del debitore (o di un creditore coinvolto) e con il consenso dell’esperto – può prorogare la composizione per ulteriori 180 giorni. La durata massima complessiva delle misure protettive è comunque di 240 giorni (8 mesi), quindi la proroga non può eccedere questo limite.
Conclusione delle trattativeEntro il giorno 180 (o 360 se prorogato): l’esperto redige la relazione finale con cui dichiara l’esito della composizione negoziata e riepiloga le soluzioni eventualmente concordate. La relazione finale è comunicata all’imprenditore e pubblicata nel Registro delle Imprese, segnando la chiusura ufficiale della procedura.
Esiti successivi (post-composizione)Entro 60 giorni dalla relazione finale: l’imprenditore, valutata la situazione, può decidere di passare a una procedura concorsuale formale. In particolare, se le trattative sono fallite senza accordo, egli può presentare un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (ex artt. 25-sexies e 25-septies CCII) entro 60 giorni. Se invece durante la composizione è stato raggiunto un accordo con i creditori, potrà chiedere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione (anche con eventuale estensione ai creditori non aderenti, ex art. 61 CCII) oppure presentare un concordato preventivo per dare esecuzione agli accordi definiti. In ogni caso, fino a quel momento restano fermi gli effetti protettivi in essere. Se nessuna iniziativa viene presa e l’insolvenza persiste, i creditori riacquisteranno la piena libertà di azione (potendo anche chiedere la liquidazione giudiziale).

Nomina e ruolo dell’esperto indipendente

Figura centrale della composizione negoziata è l’esperto indipendente, il professionista terzo incaricato di facilitare le trattative e di aiutare l’imprenditore ed i creditori a individuare una soluzione alla crisi. L’esperto viene designato – come visto – da una Commissione regionale apposita, scegliendolo da elenchi di esperti tenuti presso le Camere di Commercio. Si tratta in genere di commercialisti, avvocati o consulenti del lavoro con almeno 5 anni di iscrizione all’albo e comprovate competenze in materia di ristrutturazione aziendale. La legge richiede inoltre che abbia frequentato specifici corsi di formazione organizzati da Unioncamere e che soddisfi rigorosi requisiti di indipendenza: non deve aver intrattenuto rapporti professionali o personali con l’impresa debitrice né con i principali creditori negli ultimi 3 anni, altrimenti è incompatibile.

Quando la Commissione lo nomina, l’esperto deve sottoscrivere una dichiarazione di accettazione e indipendenza, attestando l’assenza di conflitti di interesse e l’impegno a svolgere l’incarico con imparzialità e riservatezza. Da quel momento, egli assume formalmente l’incarico ed entra in azione. Il suo compito, delineato dall’art. 13 CCII, è molteplice:

  • Analisi iniziale e verifica fattibilità: appena nominato, l’esperto esamina il materiale caricato dall’imprenditore sulla piattaforma (bilanci, elenchi debiti, ecc.) e, grazie alle novità introdotte nel 2024, può accedere direttamente a diverse banche dati pubbliche per completare le informazioni: Agenzia delle Entrate (situazione fiscale), INPS (contributi), Agente della Riscossione (cartelle/ruoli pendenti), Centrale Rischi Banca d’Italia (debiti bancari). Questa interoperabilità consente di ottenere rapidamente un quadro completo dell’esposizione debitoria dell’impresa. Entro pochi giorni dall’accettazione, l’esperto incontra l’imprenditore per discutere dello stato dell’azienda e valutare insieme se esistono concrete possibilità di risanamento. Se l’esperto dovesse riscontrare immediatamente che l’impresa è priva di prospettive (ad es. debiti enormi, attività ferma, nessun piano credibile), potrebbe decidere di interrompere subito la procedura, redigendo una relazione finale negativa. Nella prassi, tuttavia, di norma si tenta almeno l’avvio delle trattative prima di concludere per l’insuccesso.
  • Impostazione delle trattative con i creditori: l’esperto predispone un calendario di incontri o contatti con i principali creditori e stakeholder (es. banche finanziatrici, fornitori strategici, Fisco). Egli invia comunicazioni ai creditori invitandoli a partecipare al processo negoziale. Va sottolineato che i creditori non sono obbligati dalla legge a partecipare o a concordare soluzioni, ma è nel loro interesse farlo se intravedono chance di recuperare i crediti in misura maggiore che in caso di fallimento. L’esperto funge da facilitatore: convoca riunioni, modera le discussioni, cerca di stemperare conflitti e di guidare le parti verso un accordo. Non ha poteri autoritativi (non può imporre tagli di debito o obbligare ad accettare proposte), ma la sua autorevolezza e terzietà dovrebbero aiutare a far emergere un consenso.
  • Proposte e soluzioni concordate: durante gli incontri, l’esperto può formulare egli stesso proposte o ipotesi di soluzione, facendo leva sulla propria esperienza in casi analoghi. Ad esempio, potrebbe suggerire ai creditori una moratoria di alcuni mesi sui crediti scaduti, la conversione di parte dei crediti in strumenti partecipativi, la ricerca di un investitore terzo, la vendita di asset non strategici per fare cassa, ecc. Spesso l’esperto svolge anche un ruolo di “mediatore”, portando il debitore a riconoscere gli interessi dei creditori e viceversa, così che ciascuno sia disposto a qualche sacrificio in vista di un vantaggio comune (il salvataggio dell’impresa permette ai creditori di essere soddisfatti meglio che in caso di default totale).
  • Tutela dell’equilibrio negoziale: l’esperto deve vigilare che nel corso della procedura nessuna parte prenda iniziative scorrette. Ad esempio, se qualche creditore prova comunque ad agire in via esecutiva nonostante le misure protettive, o se l’imprenditore tenta di sottrarre beni dall’azienda, l’esperto può intervenire informando il Tribunale. Egli può anche chiedere misure cautelari specifiche a tutela del patrimonio (come vedremo dopo). L’esperto deve mantenere un ruolo equilibrato: non è il “difensore” del debitore, bensì un arbitro imparziale che tutela il successo delle trattative in generale. Se dovesse favorire indebitamente il debitore o certi creditori, violerebbe i suoi doveri e potrebbe essere sostituito.
  • Relazioni periodiche e finale: la legge prevede che l’esperto possa caricare sulla piattaforma eventuali relazioni intermedie per aggiornare sullo stato delle trattative, specie se chiede la proroga delle misure protettive o se emergono fatti rilevanti. Al termine, l’esperto redige una relazione finale che viene inserita nel registro imprese e conclusa la composizione. In essa riporta l’esito: ad esempio “trattative concluse con accordo tra impresa e creditori che garantisce il risanamento mediante…”, oppure “trattative interrotte per impossibilità di raggiungere un accordo”. La relazione serve anche come base per le eventuali procedure successive (il tribunale la valuterà se l’imprenditore propone un concordato semplificato, ad esempio, o per decidere sull’omologa di accordi).

Durante tutta la procedura, l’imprenditore è tenuto a collaborare lealmente con l’esperto, fornendo tutte le informazioni richieste e aggiornando su qualunque mutamento significativo. Un atteggiamento non collaborativo o reticente può portare l’esperto a segnalare l’impossibilità di proseguire e chiudere anticipatamente con un esito negativo. Ciò naturalmente conviene evitarlo: il debitore ha interesse a instaurare un clima di fiducia sia con l’esperto sia con i creditori al tavolo, dimostrando trasparenza sullo stato dell’azienda.

Compenso dell’esperto: l’esperto ha diritto a un compenso per la sua attività, che viene stabilito al termine della procedura dal Segretario Generale della Camera di Commercio (sentito il Presidente della Commissione regionale) sulla base dei parametri ministeriali. Il compenso è a carico dell’impresa debitrice. Tuttavia, la legge prevede che se la composizione negoziata sfocia poi in una procedura concorsuale (es. concordato o liquidazione giudiziale), il compenso dell’esperto sia considerato credito prededucibile, quindi con precedenza nel pagamento. In altre parole, l’esperto verrà pagato preferenzialmente nell’ambito della successiva procedura, a tutela della sua attività. Se invece l’azienda si risana e prosegue, il compenso dovrà essere corrisposto dall’impresa stessa. In caso di esito negativo senza procedure successive e insolvenza irreversibile, potrebbe divenire problematico per l’esperto ottenere quanto dovuto (ma in tal caso probabilmente i creditori stessi avvieranno una liquidazione giudiziale dove il credito dell’esperto sarà prededucibile).

Misure Protettive: blocco di pignoramenti ed esecuzioni

Uno degli aspetti più rilevanti (e dal punto di vista del debitore, più vantaggiosi) della composizione negoziata è la possibilità di ottenere dal tribunale le cosiddette misure protettive. Si tratta, in sostanza, di un provvedimento di sospensione generale delle azioni esecutive e cautelari dei creditori, una sorta di “congelamento” del patrimonio del debitore per la durata delle trattative. Lo scopo è evitare che, mentre l’imprenditore cerca un accordo di ristrutturazione, i singoli creditori possano precipitosamente aggredire i beni o rompere equilibri (ad esempio pignorando conti, sequestrando merci, iscrivendo ipoteche) compromettendo il buon esito delle negoziazioni. In pratica, le misure protettive operano come un ombrello protettivo sul patrimonio dell’impresa in crisi, analogo al principio dell’automatic stay previsto in altre giurisdizioni (ad es. Chapter 11 USA).

Cosa sono e come si attivano le misure protettive

Per misure protettive si intendono, secondo la definizione del Codice (art. 2, lett. p, CCII), “misure temporanee, richieste dal debitore, per evitare che azioni dei creditori pregiudichino il buon esito della regolazione della crisi”. In concreto esse consistono tipicamente in un divieto per tutti i creditori di iniziare o proseguire procedure esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore, nonché di acquisire titoli di prelazione (pegni, ipoteche) su tali beni. Gli effetti specifici includono:

  • Sospensione dei pignoramenti ed esecuzioni in corso: se al momento dell’attivazione delle misure protettive vi sono già procedimenti esecutivi pendenti (esecuzioni immobiliari, mobiliari, pignoramenti presso terzi, ecc.), questi vengono congelati e non possono proseguire per la durata della protezione. In particolare, non possono tenersi aste e non possono essere assegnati i beni pignorati. Anche i pignoramenti già notificati possono essere cancellati o comunque resi inefficaci in pendenza delle misure.
  • Divieto di iniziare nuove azioni esecutive o cautelari: dal momento in cui decorrono le misure protettive, nessun creditore può notificare nuovi pignoramenti, né ottenere sequestri conservativi o altri atti di aggressione sul patrimonio del debitore. Eventuali atti compiuti in violazione del divieto sarebbero giuridicamente invalidi.
  • Divieto di iscrivere ipoteche o altri privilegi: durante la vigenza delle misure, i creditori chirografari non possono rendersi garantiti iscrivendo ipoteca sui beni del debitore (ad esempio, se hanno in mano un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, non possono trascrivere ipoteca giudiziale). Si evita così che qualche creditore “furbo” migliori clandestinamente la propria posizione in pregiudizio degli altri.
  • Inibitoria di altre azioni individuali: sono comprese anche misure come i fermi amministrativi su veicoli e le ingiunzioni di pagamento? Sì, rientrano nel concetto di azioni esecutive o cautelari anche i provvedimenti amministrativi di blocco di beni (come il fermo auto per cartelle esattoriali) e gli atti di esecuzione forzata fiscale. In pratica, le misure protettive coprono tutti i creditori di qualsiasi natura, compresi quelli pubblici (Agenzia Entrate Riscossione). L’unica possibile eccezione riguarda crediti estranei per legge alle moratorie concorsuali (es. obblighi di mantenimento o simili), ma nel contesto d’impresa tipicamente non si pongono.
  • Continuità dei rapporti contrattuali in essere: sebbene non sia esplicitato come “misura protettiva” in senso stretto, la normativa prevede che l’accesso alla composizione negoziata e la concessione delle misure protettive non possano costituire di per sé causa di risoluzione o modifica dei contratti pendenti. Ciò significa che fornitori essenziali, locatori, clienti, ecc. non possono cessare il contratto unilateralmente adducendo come motivo il fatto che l’impresa ha avviato la procedura o sta usufruendo di una protezione. Questa salvaguardia è cruciale per la continuità aziendale: evita che, ad esempio, il fornitore di energia stacchi la corrente o il locatore sfratti l’azienda solo perché ha saputo della composizione negoziata. Ovviamente, se vi erano inadempimenti pregressi gravi, il contratto potrebbe essere risolto per quelle ragioni, ma non semplicemente a causa dell’avvio della composizione. In tal senso si tutelano la produzione e i rapporti di fornitura durante le trattative.

Le misure protettive non scattano automaticamente per il solo fatto di presentare l’istanza di composizione, ma devono essere richieste espressamente dal debitore. La richiesta può avvenire contestualmente all’istanza iniziale oppure anche successivamente, durante le trattative, se inizialmente il debitore aveva ritenuto di poterne fare a meno. Nella prassi, però, è comune che l’imprenditore chieda subito l’attivazione delle misure protettive sin dall’inizio, per mettersi al riparo da qualsiasi azione ostile dei creditori mentre contatta gli stessi per negoziare.

Dal punto di vista procedurale, la domanda di misure protettive viene iscritta nel Registro delle Imprese unitamente all’accettazione dell’esperto. Ciò significa che, non appena la richiesta di protezione è pubblicata (di solito entro uno o due giorni dall’istanza, in concomitanza con la nomina/accettazione dell’esperto), le misure protettive sono già efficaci in via provvisoria. Si crea dunque un “stato di freeze” immediato: tutti i creditori devono temporaneamente astenersi da azioni esecutive. Entro breve tempo, poi, interviene il Tribunale per la conferma o revoca di queste misure.

In particolare, la legge prevede che il Tribunale competente (quello delle imprese, se l’impresa è medio-grande, oppure il tribunale ordinario per imprese minori) fissi un’udienza entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’istanza di misure protettive. All’udienza il giudice sente l’imprenditore e l’esperto (ed eventualmente i creditori che si siano opposti) e valuta se le misure protettive devono essere mantenute, modificate o revocate. Condizioni per la conferma: il Tribunale verifica che sussistano i presupposti per la composizione (difficoltà dell’impresa e possibilità di risanamento) e che le misure richieste siano strumentali al buon esito delle trattative, cioè effettivamente necessarie per evitare pregiudizi. In questa fase, l’esperto svolge un ruolo importante riferendo allo stesso giudice sullo stato delle trattative e sulle prospettive di recupero. Se tutto è in regola, il Tribunale emette un decreto di conferma delle misure protettive, specificandone la durata.

La durata iniziale delle misure protettive stabilita dal Tribunale può essere compresa tra 30 e 120 giorni. Spesso i giudici concedono un periodo di 2 o 3 mesi in prima battuta. Tale periodo può essere prorogato in seguito, ma mai oltre il limite massimo di 240 giorni totali (8 mesi). In pratica, la protezione può coprire l’intera durata della composizione (che come visto dura al massimo 6 mesi + 6 di proroga). Per ottenere una proroga delle misure protettive serve una nuova istanza motivata, su cui il Tribunale decide sentito di nuovo l’esperto, e che richiede: (a) il consenso dell’esperto stesso, e (b) la sussistenza di reali prospettive di definizione delle trattative. Questo meccanismo serve a evitare che si tengano bloccati i creditori inutilmente: se la composizione non sta producendo progressi, il giudice non prorogherà lo “scudo”, lasciando che i creditori agiscano.

Effetti delle misure protettive e casi particolari

Quando le misure protettive sono in vigore, i loro effetti sul patrimonio del debitore sono ampi. Oltre alla sospensione delle esecuzioni individuali, la legge prevede espressamente che durante la composizione negoziata:

  • Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza: i termini di prescrizione relativi ai diritti dei creditori restano sospesi per tutto il periodo. Ciò tutela i creditori stessi, impedendo che perdano diritti per il decorso del tempo mentre sono “forzatamente” inerti. Anche eventuali decadenze da diritti non si producono finché dura la protezione.
  • Divieto di dichiarare il fallimento (liquidazione giudiziale): finché le misure protettive sono attive, il Tribunale non può aprire una liquidazione giudiziale dell’imprenditore, a meno che le misure non vengano revocate prima. Questo mette al riparo il debitore da istanze di fallimento promosse dai creditori o dal PM durante la negoziazione. Attenzione però: la Corte di Cassazione ha chiarito che ciò non obbliga il giudice fallimentare a rinviare all’infinito l’udienza prefallimentare – se le misure sono state revocate o scadute, il fallimento può essere dichiarato. In pratica: finché c’è uno scudo attivo, il fallimento è precluso; ma se lo scudo cade e l’insolvenza sussiste, il procedimento prefallimentare riprende.
  • Continuità aziendale tutelata: come detto, non si applicano clausole risolutive automatiche dei contratti per il solo accesso alla procedura. Inoltre il Tribunale, se interpellato, può autorizzare l’imprenditore a continuare i contratti in essere anche in situazioni in cui normalmente verrebbero meno, proprio per mantenere il valore aziendale in vista del risanamento. Ad esempio, potrebbe autorizzare il pagamento di forniture strategiche nonostante la pendenza delle misure, o autorizzare nuovi finanziamenti prededucibili affinché l’impresa abbia la liquidità per operare (si veda oltre).

Dal lato dei creditori, le misure protettive certamente rappresentano un congelamento dei loro diritti individuali, ma la legge offre alcune garanzie e contrappesi:

  • I creditori possono presentare opposizione alla concessione delle misure protettive o chiederne la revoca se ritengono che il debitore stia solo guadagnando tempo senza prospettive serie. Il giudice valuterà tali opposizioni, potendo anche revocare lo scudo se emergono abusi o pregiudizi eccessivi. Ad esempio, se un bene rischia di deteriorarsi o perdere valore durante la sospensione, il creditore potrà segnalarlo al giudice.
  • Le misure protettive non pregiudicano eventuali cause di merito in corso: i creditori possono continuare i giudizi di accertamento del credito (cause civili) sino a sentenza, pur senza poter eseguire la sentenza durante la moratoria.
  • Se un creditore ha titolo per essere soddisfatto al di fuori della procedura (ad esempio con diritto di compensazione tra debiti e crediti col debitore), in genere tali diritti non sono toccati dallo stay.

In generale, però, i creditori beneficiano anche loro indirettamente dello standstill: la parità di trattamento è preservata e vi è la speranza di una soluzione concordata che dia magari soddisfazione percentuale ai loro crediti anziché il nulla di un fallimento.

Misure cautelari aggiuntive

Oltre alle misure protettive di portata generale, l’ordinamento prevede che, contestualmente alla conferma delle misure protettive, l’imprenditore possa richiedere al Tribunale anche specifiche misure cautelari “necessarie per condurre a termine le trattative” (art. 54 CCII; in origine art. 7 D.L. 118/2021). Le misure cautelari in questo contesto sono provvedimenti mirati, emessi dal giudice su istanza, per tutelare in modo più incisivo l’impresa contro determinati rischi non coperti dallo stay generale.

Ad esempio, i tribunali hanno utilizzato misure cautelari per:

  • Inibire atti specifici di singoli creditori: se un creditore ha già avviato una certa azione, il giudice può ordinargli di sospendere (es. ordine ad un creditore ipotecario di non escutere il bene dato in garanzia per tutta la durata delle trattative). Questo è servito in taluni casi per estendere la protezione oltre i 12 mesi massimi: scadute le misure protettive ordinarie, il tribunale ha emesso un provvedimento cautelare puntuale contro il creditore più minaccioso, bloccandolo ancora per il tempo necessario a chiudere un accordo.
  • Imporre obblighi di fare o non fare: ad esempio, obbligare una parte a continuare a fornire un servizio essenziale all’impresa in crisi, oppure vietare alla banca di revocare affidamenti. Prima della riforma 2024, alcuni tribunali (es. Trib. Verona, decreto 22 gennaio 2024)hanno utilizzato proprio misure cautelari per impedire alle banche di chiudere fidi o revocare finanziamenti in corso durante la composizione negoziata. Veniva cioè imposto all’istituto di credito di mantenere operativa la linea di credito, pena sanzioni, riconoscendo che la revoca avrebbe vanificato le trattative. Tali provvedimenti giurisprudenziali hanno anticipato ciò che ora la legge dispone espressamente (divieto di revoca automatica degli affidamenti, vedi oltre).

Le misure cautelari, a differenza delle protettive, non sono soggette al limite temporale dei 12 mesi. Possono quindi estendere la protezione oltre il limite ordinario, seppur in modo selettivo e proporzionato. Il giudice le concede valutando il fumus (probabilità di successo del piano) e il periculum (rischio che senza quella misura il patrimonio si disperda). In pratica, rappresentano un “ultimo baluardo”: se la composizione sta per concludersi positivamente ma mancano pochi dettagli e lo scudo generale è scaduto, il debitore può chiedere una cautelare ad hoc per evitare che uno o due creditori rompano le uova nel paniere all’ultimo momento. Naturalmente, questo richiede al giudice una valutazione molto attenta di proporzionalità caso per caso.

Il ruolo delle banche e la tutela degli affidamenti

Un capitolo fondamentale, specie dal punto di vista del debitore, riguarda i rapporti con le banche finanziatrici durante la composizione negoziata. Spesso, infatti, le banche detengono crediti importanti verso l’impresa (fidi di cassa, scoperti, mutui) e la loro condotta può determinare il successo o meno di un tentativo di risanamento. Prima del 2024, non era del tutto chiaro fino a che punto una banca potesse reagire all’avvio della procedura riducendo il proprio supporto finanziario (revoca di linee di credito, segnalazioni negative, ecc.). Alcuni tribunali, come visto, intervenivano con misure cautelari per bloccare iniziative bancarie e garantire la continuità finanziaria dell’impresa in composizione.

Il D.Lgs. 136/2024 ha affrontato direttamente la questione, inserendo norme ad hoc per tutelare i rapporti bancari durante la composizione negoziata. In particolare è stato aggiunto un comma 5-bis all’art. 18 CCII e modificato l’art. 16 CCII, stabilendo che:

  • Divieto di revoca o sospensione “automatica” degli affidamenti: le banche non possono revocare, ridurre o sospendere le linee di credito concesse all’imprenditore per il solo fatto dell’avvenuto accesso alla composizione negoziata. In pratica, l’avvio della procedura e la pubblicazione delle misure protettive non possono essere considerate dalla banca come evento che giustifichi di per sé la chiusura dei fidi. Questo per evitare che l’imprenditore, già in crisi, si veda azzerare la liquidità proprio mentre cerca di risanarsi, il che vanificherebbe ogni sforzo.
  • Divieto di declassare il credito: allo stesso modo, è vietato alla banca di classificare automaticamente a sofferenza o deteriorato il credito verso il cliente solo perché ha attivato la composizione. Ciò evita segnalazioni negative (es. in Centrale Rischi) pregiudizievoli, a meno che non vi siano elementi oggettivi di peggioramento oltre la procedura in sé.
  • Obbligo di motivazione e comunicazione se revoca per giusta causa: la banca può comunque revocare o ridurre affidamenti se esiste una giusta causa inerente al merito creditizio (ad esempio ulteriore deterioramento della posizione, insolvenze nel frattempo, ecc.) oppure se la revoca è imposta dalla normativa prudenziale di Banca d’Italia. In tal caso, però, la banca deve dare comunicazione scritta e motivata all’imprenditore, esplicitando le ragioni della decisione. Una recente pronuncia (Tribunale di Verona, 22 gennaio 2024) ha chiarito che tale comunicazione scritta è necessaria in ogni ipotesi di revoca durante la composizione, anche oltre i casi di vigilanza prudenziale, per garantire trasparenza e correttezza. Dunque la banca, se ha seri motivi per ridurre il credito, deve esternarli ufficialmente.
  • Mantenimento fidi e esclusione responsabilità per abusiva concessione: la riforma precisa che se la banca, ottemperando al divieto, mantiene operativa la linea di credito durante la composizione, non potrà esserle imputata una responsabilità per concessione abusiva del credito in caso di successivo dissesto. Questa clausola rassicura gli istituti: continuare a sostenere finanziariamente l’impresa in crisi, su richiesta dell’esperto, non verrà domani contestato come comportamento colposo. Si elimina così la paura delle banche di “tenere in vita artificialmente” l’impresa a proprio rischio.

In sintesi, oggi l’imprenditore che avvia una composizione negoziata gode di un forte scudo finanziario: la banca non può tirare il freno tutto d’un colpo e anzi è sollecitata a partecipare attivamente alle trattative con diligenza. Se proprio deve ridurre gli affidamenti lo farà solo per comprovate ragioni e comunque comunicandole; in caso contrario, dovrà attendere l’esito della procedura, mantenendo (magari a revoca tecnica sospesa) le linee. Questo assicura un minimo di continuità di cassa all’impresa, fondamentale per operare durante i mesi di negoziazione.

Va da sé che, se l’impresa non riesce a risollevarsi e si arriva a una liquidazione giudiziale, la banca potrà allora chiudere i rubinetti; ma almeno si sarà tentata la via del risanamento.

Autorizzazioni per nuova finanza e atti urgenti

Durante la composizione negoziata, come visto, l’imprenditore rimane in possesso dei poteri gestori, potendo compiere sia atti di ordinaria che di straordinaria amministrazione senza dover chiedere autorizzazioni preventive generali. Tuttavia, ci sono alcuni “atti straordinari” particolarmente sensibili per cui la legge prevede la possibilità (non l’obbligo) di ottenere un provvedimento autorizzativo dal Tribunale. Ciò avviene su istanza motivata dell’imprenditore, con il parere favorevole dell’esperto. I principali casi sono:

  • Contrarre finanziamenti prededucibili: l’imprenditore in composizione può aver bisogno di liquidità fresche per proseguire l’attività (es. un prestito ponte). Può allora chiedere al giudice l’autorizzazione a contrarre un nuovo finanziamento, il cui credito venga dichiarato prededucibile ai sensi dell’art. 19, comma 3 CCII. La prededuzione significa che, se successivamente l’impresa entrerà in procedura concorsuale, quel finanziatore verrà rimborsato con precedenza sugli altri debiti (come costo della procedura di risanamento). Ciò serve a incoraggiare terzi a finanziare un’azienda in crisi. Il Correttivo 2024 ha ulteriormente esteso questa possibilità: ora la prededuzione si applica non solo ai finanziamenti nuovi, ma anche all’eventuale riattivazione di linee di credito sospese dalla banca. In altre parole, se una banca aveva congelato un fido e poi, a seguito dell’accordo, lo riattiva erogando nuova finanza, anche quell’esposizione riattivata gode di prededuzione. Inoltre viene chiarito che la prededuzione sopravvive a qualsiasi esito della composizione negoziata: quindi se pure si finisse in liquidazione giudiziale, quel finanziatore prededucibile sarà soddisfatto prima. Questo elimina le remore delle banche o investitori nel concedere credito-ponte.
  • Atti di straordinaria amministrazione urgenti: se durante la procedura si presenta la necessità di compiere un atto straordinario urgente e indispensabile per la salvaguardia dell’azienda (ad esempio vendere rapidamente un bene deperibile, o cedere un ramo d’azienda per salvare la continuità, o risolvere un contratto oneroso), l’imprenditore può ricorrere al giudice per ottenere l’autorizzazione ex art. 19, comma 1 CCII. L’autorizzazione offre due vantaggi: (1) l’atto compiuto in conformità ad essa non potrà essere oggetto di azione revocatoria fallimentare se poi c’è un fallimento (il legislatore presume la coerenza con il tentativo di risanamento); (2) spesso tranquillizza le controparti contrattuali, sapendo che c’è il “sigillo” del tribunale. Ad esempio, l’autorizzazione a pagare un fornitore strategico garantisce che quel pagamento non sarà revocato perché ritenuto preferenziale, purché coerente col piano.

In generale, queste autorizzazioni giudiziali facoltative sono strumenti a disposizione del debitore per agire con sicurezza giuridica in situazioni delicate, senza dover attendere l’esito finale. Rientrano nell’ottica di massimizzare le chance di risanamento (esempio tipico: un nuovo finanziamento per riavviare la produzione può fare la differenza tra successo o fallimento del piano).

Conclusione della procedura e possibili esiti

La composizione negoziata, come abbiamo visto, è limitata nel tempo: in via ordinaria dura al massimo 6 mesi (180 giorni) più eventualmente altri 6 mesi di proroga. Entro questi termini, idealmente, l’imprenditore e i creditori dovrebbero raggiungere una qualche forma di accordo. Al termine del periodo (o prima, se si chiude anticipatamente), l’esperto dichiara conclusa la procedura con la relazione finale.

A questo punto, dal punto di vista del debitore, si aprono diverse strade a seconda di ciò che è stato (o non è stato) ottenuto durante le trattative:

  1. Risanamento stragiudiziale privatistico: nella migliore delle ipotesi, l’imprenditore riesce a trovare un accordo amichevole con tutti (o la gran parte) dei suoi creditori senza bisogno di formalizzare la soluzione in una procedura concorsuale. Ad esempio, può stipulare accordi transattivi individuali con ciascun creditore (riduzioni di credito, piani di rientro) oppure predisporre un piano di risanamento attestato ex art. 56 CCII (già art. 67 l.fall.) con l’adesione volontaria dei creditori. In tal caso, la composizione negoziata si conclude con successo e non occorre alcun intervento del tribunale: gli accordi trovati avranno natura contrattuale. Il debitore dovrà ovviamente eseguirli nel tempo. Questa soluzione è la più snella e preserva totalmente la riservatezza (gli accordi restano privati). Tuttavia richiede che tutti i creditori chiave siano consenzienti, poiché non c’è un meccanismo di maggioranza che li vincoli.
  2. Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato: se si è raggiunto un accordo con una parte consistente dei creditori ma non tutti hanno aderito, il debitore può scegliere di utilizzare lo strumento degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 e ss. CCII. Si tratta di un accordo che, se approvato da almeno il 60% (in certi casi 75%) dei crediti, può essere presentato in Tribunale per l’omologazione, diventando vincolante anche per eventuali creditori dissenzienti (in misura limitata). Il Codice prevede anche forme particolari come l’accordo ad efficacia estesa per alcune categorie di creditori finanziari, ecc. In sostanza, il debitore deposita l’accordo con i creditori aderenti e chiede al giudice di renderlo efficace erga omnes. Questo è utile se, ad esempio, il 80% dei creditori ha accettato di ridursi i crediti del 30% ma un 20% non vuole: con l’omologa, anche il 20% sarà obbligato a quella riduzione (entro i limiti previsti dalla legge). In sede di omologa, il Tribunale verificherà la regolarità dell’accordo e la convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. Importante: la riforma 2024 ha inserito la possibilità di transazione fiscale in seno alla composizione, cioè l’Agenzia delle Entrate può aderire a un accordo che preveda stralci di imposte se viene attestato che è più conveniente del fallimento. Questo allinea la composizione negoziata ai concordati e accordi formali, superando un precedente limite (prima, il Fisco poteva non partecipare attivamente senza un’omologa). Dunque, se i debiti fiscali sono rilevanti, spesso la soluzione ottimale sarà far omologare un accordo comprensivo di transazione fiscale.
  3. Concordato preventivo “ordinario”: in alcuni casi, specie se la situazione è complessa o se occorre ristrutturare l’azienda anche dal lato societario, il debitore potrebbe optare per un concordato preventivo (in continuità o anche liquidatorio) come sbocco della composizione. Ad esempio, le trattative potrebbero aver portato a delineare un piano di continuità aziendale che però necessita di una moratoria più lunga o di falcidiare coattivamente alcuni creditori dissenzienti: il concordato è lo strumento adatto perché consente di imporre un piano anche senza l’accordo unanime (basta il voto delle maggioranze qualificate e l’omologa). Il concordato potrebbe essere in continuità (se l’impresa prosegue l’attività, magari con ristrutturazione del debito) oppure liquidatorio (se si è deciso comunque di liquidare i beni ma in modo controllato). La differenza rispetto a un concordato qualunque è che qui il piano di concordato nasce dalle trattative già condotte, quindi con un livello di definizione e consenso di massima che dovrebbe agevolarne l’approvazione.
  4. Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: questa è una novità introdotta proprio dal D.L. 118/2021, ora prevista negli artt. 25-sexies e 25-septies CCII, pensata specificamente come valvola di sfogo se la composizione negoziata fallisce. In sostanza, se al termine delle trattative l’impresa risulta insolvente e non è stato possibile trovare un accordo, l’imprenditore (entro 60 giorni dalla relazione finale) può comunque presentare una proposta di concordato “semplificato” al tribunale, esclusivamente liquidatoria, senza passare per il voto dei creditori. Il tribunale valuta la fattibilità e convenienza della proposta e, se la ritiene migliore per i creditori rispetto al fallimento, la omologa direttamente, aprendo la fase di liquidazione dei beni sotto controllo di un commissario liquidatore. Questo strumento serve a evitare il fallimento tout court, dando al debitore un’ultima opportunità di gestire la liquidazione in modo più rapido e sotto condizioni da lui proposte. Si chiama “semplificato” perché salta la fase del voto: è un retaggio dell’emergenza Covid poi stabilizzato per i casi di composizione non riuscita. Per il debitore è vantaggioso in quanto può ad esempio prevedere l’affitto d’azienda a terzi o la vendita in esercizio provvisorio, soluzioni che in un fallimento sarebbero più complicate.
  5. Liquidazione giudiziale (fallimento) su iniziativa dei creditori o d’ufficio: naturalmente, se nessuna delle soluzioni di cui sopra viene intrapresa dal debitore e l’insolvenza permane, i creditori potranno chiedere, oppure il tribunale dichiarare d’ufficio, l’apertura della liquidazione giudiziale. Questo scenario rappresenta il fallimento dell’obiettivo della composizione negoziata. Tuttavia, l’esperienza pratica mostra che molti debitori, dopo aver sperimentato la composizione, scelgono quantomeno di portare i libri in tribunale volontariamente (fallimento in proprio) se capiscono che non c’è via d’uscita, oppure optano per il concordato semplificato. Di rado si assiste a inerzia totale post-composizione, anche perché i 60 giorni di finestra servono proprio a evitare dichiarazioni precipitose di fallimento lasciando al debitore l’ultima parola.

Secondo i dati dell’Osservatorio Unioncamere, la composizione negoziata sta dando risultati incoraggianti: i casi di esito positivo (accordi raggiunti) sono in forte aumento, più che raddoppiati rispetto alla fine del 2023. In particolare, i settori in cui si registrano più successi sono manifatturiero (circa 21,5% dei casi positivi), commercio all’ingrosso/dettaglio (~19%) e costruzioni (~15%), seguiti da servizi e agricoltura. Ciò indica che lo strumento è trasversale e sta funzionando soprattutto in comparti tradizionali del tessuto economico.

È importante notare che il successo di una composizione negoziata non coincide necessariamente con l’assenza di qualsiasi procedura concorsuale: può significare anche aver avviato un concordato “su misura” o un accordo omologato che evita la soluzione liquidatoria pura. L’essenziale è aver evitato la disgregazione incontrollata dell’azienda e aver trovato un quadro di accordo (anche giudiziale) più efficiente.

Vantaggi per il debitore e tutele offerte (Punto di vista del debitore)

Dal punto di vista dell’imprenditore in crisi, la composizione negoziata offre un ventaglio di vantaggi concreti rispetto sia al non far nulla sia alle alternative concorsuali tradizionali:

  • Blocco immediato delle azioni esecutive: come ribadito, attivando le misure protettive il debitore ottiene una sospensione immediata di pignoramenti, fermi amministrativi, ingiunzioni e di ogni iniziativa individuale dei creditori. Questo “timeout” consente di lavorare al piano di risanamento senza la pressione di vedere beni aziendali venduti all’asta o conti correnti pignorati. Per un’azienda con tensioni di liquidità, anche solo evitare l’espropriazione di un macchinario o il blocco del conto può fare la differenza tra poter proseguire l’attività o dover chiudere.
  • Mantenimento della gestione e continuità operativa: a differenza di un fallimento (dove l’imprenditore perde la gestione) o anche di un concordato preventivo (dove spesso viene nominato un commissario e servono autorizzazioni per atti di straordinaria amministrazione), nella composizione negoziata il debitore mantiene il pieno controllo della propria azienda. Può continuare ad amministrarla quotidianamente, prendere decisioni rapide, con la sola accortezza di non peggiorare la situazione. Ciò garantisce flessibilità operativa e salvaguarda la conoscenza e le relazioni che il management ha costruito. Inoltre, l’azienda può continuare a fatturare, incassare crediti dai clienti, pagare i fornitori strategici e gli stipendi, evitando l’interruzione dell’attività. In altre parole, l’impresa rimane “viva” durante la cura, anziché entrare in ibernazione.
  • Trattativa ordinata e protetta con i creditori: la composizione negoziata crea un perimetro negoziale organizzato: i creditori vengono invitati al tavolo tramite l’esperto, cessano le “pressioni” individuali e le richieste scoordinate. Tutto avviene in modo trasparente, con la supervisione di un terzo. Questo è un sollievo per il debitore, che non deve più fronteggiare quotidianamente telefonate minacciose, diffide, solleciti diversi, ma può concentrare gli sforzi in un unico contesto di dialogo. Si passa dalla conflittualità dispersiva a un tentativo strutturato di soluzione condivisa.
  • Nessuna immediata “etichetta” di insolvenza o stigma pubblico: l’apertura di un fallimento o anche la pubblicazione di un concordato sono eventi di dominio pubblico che spesso portano stigma e sfiducia da parte di clienti, fornitori, banche. La composizione negoziata, invece, non comporta iscrizioni pregiudizievoli nelle banche dati tipo registro dei protesti o bollettini ufficiali. Formalmente viene pubblicata nel Registro Imprese, ma l’effetto reputazionale è minore perché è percepita come un tentativo volontario di risanamento e non come un’insolvenza conclamata. Molti partner commerciali potrebbero nemmeno accorgersi della procedura se non coinvolti. Ciò aiuta il debitore a mantenere rapporti fiduciari con la clientela e a non perdere commesse durante i mesi di negoziazione.
  • Maggiore libertà di soluzioni rispetto alle procedure giudiziali: nel “negoziato” l’imprenditore e i creditori possono concordare soluzioni molto flessibili, anche fuori dagli schemi, che in un concordato omologato sarebbero forse non ammesse. Ad esempio, un creditore può accettare temporaneamente una partecipazione al capitale al posto del credito, un fornitore può modificare i termini contrattuali, i soci possono immettere finanza in cambio di mantenere la proprietà, ecc. La composizione negoziata consente queste soluzioni creative e tailor-made, che poi magari verranno formalizzate in accordi o contratti civilistici. Questo livello di personalizzazione è spesso impossibile in tribunale, dove bisogna sottostare a regole uniformi per categorie di creditori.
  • Accesso a nuova finanza e protezione dei pagamenti autorizzati: un altro vantaggio è la possibilità di ottenere finanziamenti ponte o investimenti durante la procedura, con la garanzia di un trattamento di favore (prededuzione) se le cose dovessero andar male. Inoltre, i pagamenti e gli atti autorizzati dal giudice durante la composizione sono protetti da revocatorie. Quindi un fornitore può essere pagato e continuare a consegnare merce senza paura che, se poi c’è un fallimento, dovrà restituire quei soldi come pagamento preferenziale. Questo favorisce il mantenimento di rapporti commerciali utili al rilancio.
  • Maggiori chance di evitare la liquidazione fallimentare: mettendo in pratica tutti i benefici di cui sopra (stop dei pignoramenti, prosecuzione attività, supporto dell’esperto, eventuali accordi parziali col Fisco, ecc.), un imprenditore ben assistito ha concrete possibilità di evitare il fallimento e salvare l’azienda. Le statistiche già indicano esiti positivi crescenti. Naturalmente, la composizione negoziata non garantisce il successo – dipende dalla gravità della situazione e dalla disponibilità dei creditori – ma consente al debitore di giocarsi tutte le carte prima di alzare bandiera bianca. Molti imprenditori considerano questo un percorso “meno invasivo e più intelligente” per uscire dalla crisi, perché se va male c’è sempre tempo per il fallimento, ma se va bene si salva l’impresa.

In sintesi, la composizione negoziata offre al debitore tempo, contesto protetto e strumenti per gestire attivamente la crisi. Non è una bacchetta magica – servono impegno, un piano credibile e spesso sacrifici – ma pone l’imprenditore al centro della soluzione, anziché estrometterlo come avviene nel fallimento.

Va peraltro detto che il debitore ha anche delle responsabilità: deve agire in buona fede, rispettare i doveri informativi e, in caso di accordo, attuarlo rigorosamente. L’ordinamento scoraggia qualsiasi abuso: ad esempio, se un imprenditore usasse la procedura solo per prendere tempo e spogliasse l’azienda di beni, incorrerebbe in conseguenze gravose (revoca delle misure, eventuali azioni di responsabilità o persino penali per bancarotta fraudolenta, poiché la composizione non sospende l’obbligo di conservare il patrimonio aziendale a garanzia dei creditori). Fortunatamente, la maggior parte dei debitori che ricorre a questo strumento lo fa con l’intento genuino di risanare; per gli altri, i filtri dell’esperto e del tribunale sono lì a vigilare.

Limiti e recenti orientamenti giurisprudenziali

Benché la composizione negoziata sia uno strumento promettente, non mancano casi in cui i tribunali hanno negato o revocato le tutele quando le circostanze lo richiedevano. Analizziamo alcune pronunce recenti che delineano i limiti e le condizioni di utilizzo dell’istituto, fornendo importanti indicazioni pratiche dal punto di vista del debitore.

  • Inammissibilità di piani meramente liquidatori: Il Tribunale di Bologna, in una decisione del 2 maggio 2025, ha rigettato la conferma delle misure protettive richieste da un imprenditore il cui piano appariva puramente liquidatorio, privo di reali prospettive di risanamento. In sostanza, l’imprenditore voleva solo vendere tutti i beni senza continuazione aziendale né accordo con i creditori, utilizzando la composizione negoziata come surrogato del fallimento ma senza le garanzie di quest’ultimo. Il Tribunale ha osservato che la composizione negoziata non può essere usata per bypassare le regole concorsuali in caso di insolvenza irreversibile: se il “piano” consiste solo nel liquidare, tanto vale avviare direttamente un concordato liquidatorio o una liquidazione giudiziale. Questa pronuncia enfatizza che la composizione deve servire a tentare un risanamento, non a prendere tempo prima di liquidare comunque (ciò risulterebbe abusivo). Dunque, dal punto di vista del debitore, è sconsigliabile presentarsi con proposte vuote o finalizzate solo a dilazionare la fine: i giudici potrebbero negare le misure protettive ab initio se fiutano un abuso.
  • Composizione ≠ diritto a sospendere la dichiarazione di fallimento ad oltranza: Un chiarimento molto importante è venuto dalla Corte di Cassazione, Sez. I, ordinanza 12 febbraio 2025 n. 3634, la quale ha stabilito che la pendenza di una composizione negoziata e di misure protettive non obbliga il giudice fallimentare a rinviare l’udienza per la dichiarazione di fallimento. Nel caso di specie, il fallimento è stato dichiarato il 14 luglio 2023 nonostante la società avesse avviato una composizione: ciò perché, al momento dell’udienza, le misure protettive erano state revocate il giorno prima e non vi era quindi più uno scudo attivo. La Cassazione ha affermato il principio che non esiste un diritto assoluto del debitore al rinvio dell’udienza fallimentare per attendere gli esiti di procedure concorrenti; se le misure protettive sono cessate, il tribunale fallimentare può procedere. Inoltre, ha ribadito che eventuali vizi (come la mancata conoscenza della revoca dello scudo da parte del debitore) vanno eccepiti tempestivamente in sede di reclamo, altrimenti non possono essere fatti valere in Cassazione. In parole povere: la protezione è un temporaneo scudo, non una panacea per sfuggire al fallimento indefinitamente. Per il debitore ciò significa che occorre utilizzare bene il periodo protetto – se allo scadere non ci sono risultati, non si potrà pretendere di procrastinare il fallimento ulteriormente.
  • Obbligo di trasparenza delle banche – Tribunale Verona 2024: Già citata in precedenza, la decisione del Tribunale di Verona del 22 gennaio 2024 (Giudice Attanasio) ha fissato un punto fermo: quando una banca intende revocare o ridurre dei fidi durante la composizione negoziata, deve comunicarlo per iscritto motivando le ragioni. Nel caso concreto il giudice ha ritenuto che, sebbene la norma (art. 16 co.5 CCII) menzioni espressamente l’obbligo di comunicazione solo per revoche dovute a motivi di vigilanza prudenziale, in realtà il dovere di motivazione in forma scritta sussiste in ogni caso di revoca per giusta causa, in quanto: (i) i contratti bancari richiedono forma scritta; (ii) la forma scritta garantisce prova e trasparenza delle ragioni; (iii) non vi è motivo di trattare diversamente le ipotesi di revoca secondo la fonte (prudenziale o merito creditizio). Questo orientamento tutela il debitore da revoche arbitrarie “in sordina”: la banca dovrà esplicitare concretamente il perché (es. “saldo oltre fido da X giorni, peggioramento rating, etc.”). Ciò, unito al divieto normativo di revoca automatica, significa che il debitore può difendersi meglio, e anche l’esperto può discutere con la banca su basi più chiare.
  • Estensione delle misure protettive con provvedimenti d’urgenza – prassi dei tribunali: Alcune pronunce, citate anche dalla dottrina, mostrano una tendenza pro-debitore da parte dei tribunali nel massimizzare l’efficacia delle misure protettive. Ad esempio, il Tribunale di Udine (30/4/2024), Gorizia (19/3/2024) e Torino (5/12/2023) hanno emesso misure cautelari d’urgenza integrative per estendere la salvaguardia del patrimonio oltre i limiti ordinari. Ciò conferma che i giudici, quando vedono che un piano di risanamento ha chance di riuscita, sono disposti a “coprire” il debitore contro aggressioni ulteriori, anche facendo uso creativo degli strumenti cautelari. Naturalmente, ogni caso è a sé: questa flessibilità è un’arma a doppio taglio perché se il giudice percepisce invece un abuso, può negare perfino la protezione base. In definitiva, la giurisprudenza recente disegna un quadro bilanciato: forte protezione al debitore meritevole e in buona fede, ma tolleranza zero per manovre dilatorie o piani irrealistici.

Per un avvocato o un imprenditore debitore, questi orientamenti significano che bisogna preparare con cura l’istanza e il piano prima di avviare la composizione, mostrando subito che c’è una direzione concreta (anche solo abbozzata) di risanamento. Occorre poi usare lo strumento con correttezza, senza considerarlo un semplice escamotage per congelare i creditori e poi scappare. I tribunali osservano con attenzione: se vedono serietà e possibilità di salvataggio, collaborano (anche estendendo la protezione); se fiutano malafede o l’inutilità del percorso, troncano rapidamente.

Domande Frequenti sulla Composizione Negoziata (FAQ)

Di seguito una serie di domande e risposte che ricapitolano in forma sintetica i principali dubbi che possono porsi ai debitori interessati alla composizione negoziata.

Q: La mia impresa è in difficoltà ma non ancora insolvente. Posso accedere alla composizione negoziata o devo aspettare di essere in stato di insolvenza conclamata?
A: Non bisogna attendere l’insolvenza conclamata, anzi è opportuno muoversi prima. La composizione negoziata può essere attivata già in presenza di squilibri patrimoniali o finanziari che rendano probabile una crisi futura. Anche una difficoltà temporanea può giustificare l’accesso, purché vi sia la possibilità di risanamento. Agire tempestivamente aumenta le chance di successo, mentre accedere quando l’insolvenza è ormai definitiva potrebbe essere troppo tardi (e in tal caso il tribunale potrebbe negare le misure protettive).

Q: Quali imprese possono utilizzare questa procedura? Anche le piccolissime imprese individuali o le società agricole?
A: Sì, tutte le imprese iscritte al Registro Imprese – grandi o piccole, commerciali o agricole – possono richiedere la composizione negoziata. Anche l’imprenditore “sotto-soglia” (non fallibile) è ammesso. Non possono invece accedervi i soggetti che non sono imprenditori (es. privati consumatori, professionisti individuali) o imprese non regolari (non iscritte, con contabilità inattendibile, ecc.). In pratica, la porta è aperta dalla grande società per azioni fino al piccolo coltivatore diretto, se c’è un’attività d’impresa dietro.

Q: Come e dove si presenta la domanda? È necessario l’avvocato?
A: La domanda si presenta online, tramite la piattaforma telematica nazionale di Unioncamere dedicata alla composizione negoziata. Serve autenticarsi (es. con SPID) come rappresentante dell’impresa e compilare i campi richiesti, allegando i documenti indicati. Non è strettamente necessario l’intervento di un avvocato per presentare l’istanza, ma dato il contenuto tecnico dei documenti da predisporre, è fortemente consigliabile farsi assistere da un consulente legale e/o da un commercialista esperto in crisi d’impresa. Inoltre, se il debitore vuole chiedere misure protettive al tribunale, sarà opportuno farsi rappresentare da un avvocato nelle relative udienze. In sintesi: l’accesso è pensato per essere semplice e alla portata dell’imprenditore, ma il supporto dei professionisti aumenterà la qualità della domanda e la gestione delle trattative.

Q: Che costi comporta avviare la composizione negoziata?
A: I costi “iniziali” vivi sono modesti: €268 in totale (252 di diritto di segreteria + 16 di bollo) da pagare via piattaforma prima di inviare l’istanza. Successivamente, vi sarà il compenso dell’esperto nominato: il suo ammontare dipende dalla complessità del caso e verrà liquidato dal Segretario CCIAA al termine. Non c’è un tariffario fisso pubblico, ma orientativamente per PMI potrebbe essere qualche migliaio di euro. Se l’azienda ha risorse scarse, spesso si cerca di far pagare l’esperto con la nuova finanza in prededuzione o nell’ambito di un eventuale concordato successivo. Infine, ci sono eventuali costi di consulenti (avvocati, commercialisti) che il debitore decida di coinvolgere per preparare e condurre la procedura. Non ci sono cauzioni né spese giudiziarie come nel concordato preventivo.

Q: Cosa fa esattamente l’esperto? Ha poteri di ingerirsi nella gestione?
A: L’esperto non gestisce l’impresa al posto dell’imprenditore e non ha poteri tipici di un commissario. Egli svolge un ruolo di facilitatore e supervisore: analizza i dati, convoca i creditori, suggerisce soluzioni, assiste nelle trattative e vigila sul rispetto delle regole. Non può obbligare l’imprenditore a compiere o non compiere atti, però se vede comportamenti scorretti può segnalarlo al tribunale e far interrompere la procedura. In generale, l’esperto è un alleato per il debitore onesto: mette ordine nel confronto con i creditori e porta competenze di ristrutturazione. Ma non sostituisce l’imprenditore nella conduzione aziendale quotidiana, che rimane nelle mani di quest’ultimo.

Q: Durante la composizione negoziata posso continuare a pagare fornitori e dipendenti? Oppure i pagamenti sono congelati come nel fallimento?
A: L’impresa continua a operare e quindi anche a pagare le spese correnti necessarie. Non c’è un divieto di pagare i fornitori durante la composizione – anzi, per mantenere in vita l’attività spesso è essenziale pagarli, almeno quelli strategici (materie prime, utenze, ecc.). Ovviamente bisogna essere prudenti: se si pagano alcuni creditori e altri no, bisogna che ciò sia giustificato da esigenze di continuità e preferibilmente concordato con l’esperto. Comunque tali pagamenti non sono revocabili successivamente se servono all’attività ordinaria. Anche i dipendenti vanno pagati regolarmente per evitare defezioni e ulteriori problemi. In breve, l’azienda nel periodo protetto deve cercare di rispettare gli impegni correnti, compatibilmente con la cassa disponibile, soprattutto verso quei fornitori che sono disposti a continuare il rapporto confidando nel risanamento (magari accettando dilazioni per gli arretrati).

Q: I creditori sono obbligati a partecipare e a stare “buoni” durante la composizione?
A: Una volta concesse le misure protettive, tutti i creditori devono astenersi dalle azioni esecutive e cautelari, anche quelli che non intendono trattare. Questo è un obbligo imposto dalla legge. Partecipare attivamente alle trattative invece è una loro scelta: nessuno li può costringere a sedersi al tavolo o a fare sconti. Tuttavia, spesso i creditori maggiori aderiscono perché conviene anche a loro esplorare soluzioni. Se qualche creditore rimane ostile e minaccia azioni indebite, il tribunale può intervenire con provvedimenti cautelari mirati per inibirlo. In estrema sintesi: i creditori non sono obbligati ad essere costruttivi, ma sono temporaneamente disarmati (non possono agire) e ciò li incentiva a negoziare in buona fede.

Q: Cosa succede se un creditore aveva già avviato un pignoramento contro di me prima che attivassi la composizione negoziata?
A: Se le misure protettive vengono attivate, quel pignoramento viene sospeso – il che significa che, ad esempio, l’asta eventuale sarà rinviata, il giudizio di esecuzione rimane fermo e non può concludersi. Inoltre, se era stato iscritto un pignoramento su un bene (es. pignoramento immobiliare trascritto), l’effetto protettivo ne impedisce la prosecuzione e in alcuni casi porta alla cancellazione se la procedura concorsuale successiva lo prevede. In pratica, il creditore dovrà attendere l’esito della composizione. Se poi si trova un accordo, quel pignoramento verrà probabilmente rinunciato o assorbito dall’accordo stesso. Se invece tutto fallisce, il creditore potrà riprendere il pignoramento da dove era rimasto.

Q: E per i debiti fiscali e contributivi? Il Fisco partecipa? Posso ottenere sconti sulle cartelle esattoriali?
A: Sì, anche il Fisco (Agenzia delle Entrate) e l’Agente della Riscossione possono essere coinvolti nelle trattative. Dal 2024 è stata introdotta la possibilità di una transazione fiscale “anticipata” nell’ambito della composizione: l’imprenditore può proporre di pagare parzialmente o dilazionare i debiti tributari presentando apposite relazioni tecniche (una di un esperto attestatore e una del revisore) che dimostrino che l’offerta al Fisco è migliore di quanto otterrebbe in un fallimento. Se l’Agenzia accetta, l’accordo fiscale viene poi autorizzato dal tribunale e reso efficace. Ciò di fatto equipara la composizione negoziata a un concordato o accordo ex art.182-ter per quanto riguarda il Fisco. Purtroppo restano esclusi per ora i debiti contributivi INPS/INAIL (su cui non si possono fare sconti in composizione). In tal caso si potrà eventualmente dilazionarli ma non stralciarli, oppure inserirli in un concordato successivo. Comunque il Fisco è un interlocutore e anzi, secondo la nostra esperienza, sta partecipando con atteggiamento pragmatico in diversi tavoli di composizione, soprattutto se vede che la proposta è seria e certificata come conveniente.

Q: Se la composizione fallisce, finisco automaticamente fallito (liquidazione giudiziale)?
A: No, non c’è automatismo. Se la composizione non porta ad un accordo, hai una finestra di 60 giorni per decidere il da farsi. Puoi optare per il concordato semplificato, come spiegato, e in quel caso eviti il fallimento e gestisci una liquidazione pilotata. Oppure, se hai maturato un accordo con la maggior parte dei creditori, puoi tentare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione omologato (cioè portare comunque avanti tu una procedura concorsuale “ordinata” anziché subire il fallimento). Solo se non fai nulla e l’impresa è insolvente, allora i creditori potranno chiedere la liquidazione giudiziale. Quindi il fallimento arriva solo in ultima istanza, quando tutte le altre chance sono state scartate o non praticabili. Ricorda però: se la composizione fallisce e la situazione è grave, è spesso consigliabile non ostinarsi oltre e magari valutare tu stesso di richiedere la liquidazione controllata (per le piccole imprese) o il fallimento in proprio, per avere un minimo di controllo sulle prime fasi liquidatorie. Ma è una scelta da ponderare con i professionisti che ti seguono.

Q: Dopo aver attivato la composizione negoziata, posso comunque essere dichiarato fallito mentre sto trattando?
A: Finché hai le misure protettive attive, no – il tribunale non può dichiarare la liquidazione giudiziale. Se però, ad esempio, ti vengono revocate le misure perché magari hai violato qualche condizione, oppure sono scaduti i termini e non sono state prorogate, allora si riapre la possibilità di una dichiarazione di fallimento. In un caso del 2023 la dichiarazione di fallimento è avvenuta appena un giorno dopo la revoca delle misure protettive. Quindi, in generale, durante il periodo protetto sei al riparo dal fallimento; oltre, dipende. Ecco perché è cruciale utilizzare bene il periodo di protezione per concludere qualcosa (un accordo o il passaggio a concordato). Diversamente, una volta nudo, i creditori e il PM potranno agire.

Q: La procedura è “segreta”? I miei concorrenti o clienti lo verranno a sapere?
A: La procedura non è del tutto segreta, ma è relativamente riservata. L’istanza di composizione negoziata viene iscritta nel Registro delle Imprese solo quando l’esperto accetta l’incarico (quindi alcuni giorni dopo la presentazione), e ciò la rende conoscibile a terzi che vadano a consultare quella posizione. Se chiedi misure protettive, quell’istanza di misure viene pubblicata subito, e anche questo è un’informazione pubblica. Però non c’è un annuncio pubblico eclatante come un decreto di fallimento; inoltre i dettagli delle trattative rimangono confidenziali. In pratica, chi sa cercare nei registri lo può scoprire, ma generalmente la notizia circola meno di un fallimento. Molte volte fornitori e clienti continuano a fare affari come nulla fosse, magari sapendo ufficiosamente che è in corso un risanamento assistito (cosa che anzi può rassicurarli più di un silenzio sui problemi). Quindi non è totalmente segreta, ma comporta certamente meno stigma e pubblicità negativa rispetto alle procedure concorsuali tradizionali.

Q: In caso di esito positivo, la composizione negoziata risolve definitivamente i miei problemi?
A: Se riesci a concludere accordi sostenibili e a implementarli, sì, può segnare la svolta definitiva: l’azienda risanata esce dalla crisi e continua la sua attività in bonis. Tuttavia, molto dipende dalla qualità e credibilità del piano di risanamento concordato. La composizione negoziata in sé non cancella automaticamente i debiti (non è una procedura di esdebitazione); sono gli accordi che tu stringi che li riducono o ristrutturano. Dovrai quindi essere diligente nel rispettare quegli accordi (pagare le rate convenute, mantenere gli impegni presi con i creditori). Se per ipotesi, dopo un anno dall’accordo, l’azienda ricadesse in insolvenza perché non rispetta il piano, allora potresti dover affrontare una procedura concorsuale a quel punto inevitabile. In sintesi: la composizione è uno strumento, non una garanzia matematica – spetta a te usarlo per creare le condizioni di un vero risanamento di lungo periodo.

Q: Che differenza c’è tra composizione negoziata e la vecchia procedura di concordato preventivo in bianco (concordato con riserva)?
A: Il concordato con riserva (cosiddetto “in bianco”) era un espediente della vecchia legge fallimentare che consentiva al debitore di depositare una semplice domanda di concordato, ottenere un blocco temporaneo delle azioni dei creditori e poi presentare il piano concordatario dettagliato entro un certo termine. La composizione negoziata è molto diversa: è una procedura extragiudiziale dove l’obiettivo è trovare un accordo fuori dal tribunale, pur con protezioni. Nel concordato in bianco eri comunque già dentro una procedura concorsuale (sia pure provvisoria) e dovevi per forza sfociare in un concordato formale o fallimento; nella composizione negoziata potenzialmente ne esci senza passare per il tribunale, se trovi accordi stragiudiziali. Inoltre la composizione è assistita da un esperto indipendente sin dall’inizio, mentre nel concordato in bianco non c’era all’inizio nessun esperto (veniva nominato un commissario solo se e quando presentavi il piano). In breve, la composizione negoziata è uno strumento più flessibile e orientato al negoziato volontario, mentre il concordato in bianco era un espediente procedurale dentro l’ambito concorsuale. Oggi il concordato “in bianco” esiste ancora (art. 44 CCII, piano in attesa), ma la tendenza è usare la composizione negoziata come passo preliminare, e ricorrere al concordato con riserva solo se serve bloccare i creditori quando la composizione non sia stata attivata in tempo o non sia praticabile.


Fonti e Riferimenti Normativi

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – Artt. 12–25-octies CCII disciplinano la composizione negoziata (inseriti dal D.Lgs. 83/2022). Contiene anche le definizioni di misure protettive (art. 2 lett. p) e misure cautelari (art. 2 lett. q), nonché gli effetti (sospensioni, divieti) e il raccordo con altre procedure.
  • Decreto-Legge 24/08/2021 n.118, conv. in L. 147/2021 – Introduzione originaria della composizione negoziata e del concordato semplificato. Successivamente integrato nel CCII.
  • D.Lgs. 17/06/2022 n. 83 – Attuazione direttiva UE 2019/1023 (Insolvency), ha sostituito le procedure di allerta OCRI col nuovo Titolo II sulla composizione negoziata. Vigente dal 15 luglio 2022.
  • D.Lgs. 13/09/2024 n. 136 – Terzo correttivo al CCII, in vigore dal 28 settembre 2024. Ha innovato vari aspetti della composizione negoziata: accesso anche in crisi non insolvente, semplificazioni PMI, obblighi per banche (art. 16 co.5 e art.18 co.5-bis CCII), transazione fiscale in composizione (art. 23 co.2-bis CCII), interoperabilità banche dati per l’esperto, prededucibilità finanziamenti riattivati, ecc.
  • Sito Unioncamere – Piattaforma Composizione Negoziata (camere di commercio) – Guide pratiche e modulistica per presentare l’istanza (es. fac-simile istanza), manuale d’uso, regolamenti su compensi. Consultabile tramite portale dedicato (https://composizionenegoziata.camcom.it).
  • Osservatorio Unioncamere sulla Composizione Negoziata – Rapporti semestrali con dati statistici (numero istanze, esiti, settori coinvolti). VI edizione (novembre 2024) evidenzia aumento dei successi e principali settori: manifattura ~21.5%, commercio ~19%, costruzioni ~15%.
  • Giurisprudenza:
    • Cassazione Civile Sez. I, 12 febbraio 2025 n. 3634 – ordinanza su composizione negoziata e procedimento prefallimentare (no obbligo di rinvio udienza fallimento; necessità di eccepire vizi tempestivamente).
    • Tribunale di Verona, decreto 22 gennaio 2024 – su revoca affidamenti bancari in composizione: obbligo di comunicazione scritta motivata delle ragioni.
    • Tribunale di Parma (Sez. fall.), decreto 26 maggio 2024 – in materia di conferma misure protettive (menzionato in dottrina).
    • Tribunale di Napoli, Sez. VII civ., decreto 17 gennaio 2025 – ha affermato che la sola pendenza di un’istanza di misura protettiva in composizione non sospende il giudizio sull’insolvenza se il piano è manifestamente inadeguato
    • Tribunale di Milano, decreto 02 maggio 2025 (caso Bologna) – ha negato misure protettive a piano liquidatorio.
    • Tribunale di Udine 30.04.2024; Trib. Gorizia 19.03.2024; Trib. Torino 05.12.2023 – esempi di concessione misure cautelari ultra 12 mesi a tutela trattative (menzionati in dottrina).
    • Tribunale di Imperia 2023 – primo orientamento su possibilità di misure cautelari successive alla scadenza delle protettive.
    • Tribunale di Roma, decreto 25 febbraio 2025 – sulle condizioni di concessione delle misure protettive ex art. 44 CCII (massimario ODCEC Milano).

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📑 Predispone l’istanza e ti assiste nella presentazione sulla piattaforma telematica
⚖️ Chiede al tribunale le misure protettive per bloccare pignoramenti ed esecuzioni
✍️ Ti assiste nei tavoli di trattativa con i creditori
🔁 Ti accompagna anche in soluzioni alternative (piani di ristrutturazione, accordi di composizione)

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in gestione della crisi d’impresa
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per imprenditori, artigiani, professionisti e società in difficoltà

Conclusione

La composizione negoziata della crisi non è solo una soluzione legale: è una seconda possibilità.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi fermare pignoramenti, trovare un accordo con i creditori e rilanciare la tua attività.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

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