Hai ricevuto un sollecito su un vecchio debito di una cartella esattoriale? Ti stai chiedendo se puoi ancora opporti, se la cartella è scaduta o se rischi un pignoramento?
Quando una cartella esattoriale è scaduta, è fondamentale agire con lucidità e informarsi: in alcuni casi si può chiedere l’annullamento, in altri è ancora possibile rateizzare il debito o bloccare le azioni esecutive.
Cosa significa “cartella esattoriale scaduta”?
Una cartella si considera “scaduta” se:
– Sono trascorsi i termini di pagamento (normalmente 60 giorni dalla notifica)
– Non è stato presentato ricorso nei termini
– È già iniziata o è imminente l’attività di riscossione forzata (es. pignoramenti, fermi, ipoteche)
Ma attenzione: in molti casi, anche dopo anni, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può ancora agire se non sono decorsi i termini di prescrizione, oppure se sono stati interrotti.
Si può fare qualcosa anche se la cartella è “vecchia”?
Sì. Prima di pagare o subire un pignoramento, è importante verificare:
– Se la cartella è prescritta (dipende dalla natura del debito: 5 anni per tributi locali, 10 per imposte erariali, ecc.)
– Se ci sono stati atti interruttivi della prescrizione validi (notifiche, solleciti, intimazioni)
– Se ci sono vizi formali nella notifica o nel contenuto della cartella
– Se è ancora possibile rateizzare il debito, anche se scaduto
E se non fai nulla?
L’Agenzia delle Entrate Riscossione può attivare:
– Pignoramenti presso terzi (stipendio, conto corrente)
– Fermi amministrativi su veicoli
– Ipoteca sugli immobili
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Introduzione
Una cartella esattoriale scaduta è un avviso di pagamento emesso da Agenzia delle Entrate-Riscossione, INPS o enti locali per debiti tributari o previdenziali il cui termine di prescrizione è ormai decorso. Dal punto di vista del debitore, la scadenza temporale comporta l’estinzione del debito e la perdita di efficacia esecutiva dell’atto di riscossione. È quindi fondamentale comprendere i termini di prescrizione applicabili, distinguere dalla decadenza (perdita del potere di riscossione dovuta alla tardiva notifica) e adottare subito le misure giuridiche appropriate (istanze di annullamento, opposizioni, ecc.). Questa guida, aggiornata a giugno 2025 e basata su normativa e giurisprudenza italiana recente, illustra in dettaglio come agire quando una cartella è prescritta, con esempi pratici, tabelle riassuntive e modelli di atti per contribuenti, avvocati e imprenditori.
Concetti di base: prescrizione e decadenza
- Prescrizione (art. 2946 c.c.): termine entro cui il creditore può far valere il diritto. Se scade, il debito si estingue “efficacemente” (il creditore non può più esigere il pagamento, e un eventuale versamento successivo è indebito). La prescrizione si interrompe o sospende solo per i fatti previsti dal Codice Civile (es. riconoscimento del debito). Per i debiti tributari e previdenziali si applica in genere il termine ordinario decennale (10 anni), salvo casi speciali.
- Decadenza: termine entro cui l’atto di riscossione deve essere emesso o notificato “a pena di decadenza”, altrimenti l’ente perde il potere di agire con la riscossione coattiva. In questo caso il debito non si estingue, ma rimane recuperabile tramite azioni ordinarie (es. decreto ingiuntivo). Ad esempio, l’art. 25 del D.P.R. 602/1973 fissa termini da 2 a 4 anni per notificare la cartella: se non rispettati, la cartella decade. A differenza della prescrizione, i termini di decadenza non possono essere interrotti o sospesi.
In sintesi, l’estinzione del debito per prescrizione (scaduta) significa che il contribuente non deve più pagare il carico iscritto in cartella. In caso contrario, se paga un debito prescritto, tale somma rappresenta un pagamento indiretto, cioè versamento indebito che può essere chiesto a rimborso. Al contrario, la decadenza della cartella (tardiva notifica) inibisce solo l’azione esecutiva tramite ruolo: il credito originale resta valido ma potrà essere recuperato con altri mezzi giuridici.
Termini di prescrizione dei tributi e contributi
I termini di prescrizione variano a seconda della natura del credito. Una serie di sentenze della Cassazione confermano lo schema seguente:
Tipo di credito | Termine prescrizione | Riferimenti normativi e giurisprudenziali |
---|---|---|
Tributi erariali (IRPEF, IVA, IRES, IMU prima del 2012, etc.) | 10 anni (art. 2946 c.c.) | Cass. SS.UU. 23397/2016; Cass. 4385/2025 (ordinanza). |
Tributi locali (IMU, TASI, TARI, addizionali) | 5 anni (art. 2948 c.c. n.4, D.Lgs. 23/2011) | Cass. 31260/2023; Cass. 7486/2022. |
Contributi previdenziali (INPS, INAIL) | 5 anni (art. 3, co.9, L. 335/1995) | Cass. SS.UU. 23397/2016; Cass. 6729/2013. |
Sanzioni tributarie (multe amministrative) | 5 anni (art. 20, D.Lgs. 472/1997) | Cass. 7486/2022; Cass. 16099/2011. |
Obbligazioni civili ordinarie | 10 anni (art. 2946 c.c.) | Codice Civile, art. 2946. |
- Tributi erariali: la Corte di Cassazione ha ribadito che i crediti d’imposta non rientrano nella prescrizione breve quinquennale delle prestazioni periodiche, quindi IRPEF, IVA, IRES, ecc. si prescrivono ordinariamente in 10 anni.
- Tributi locali: poiché IMU, TASI, TARI, addizionali e analoghi tributi locali si configurano come obbligazioni periodiche, si applica la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. n.4. Cassazione 9/11/2023 n.31260 conferma che anche il canone RAI (quando gestito da enti locali) e le sanzioni collegate si prescrivono in 5 anni.
- Contributi previdenziali: l’art. 3 co.9 L. 335/1995 fissa la prescrizione dei contributi pensionistici in 5 anni. Cass. SS.UU. 23397/2016 conferma che la disciplina speciale (5 anni) prevale sulla regola generale (10 anni) anche se la cartella diventa definitiva per mancata opposizione.
- Sanzioni tributarie: salvo diversa disposizione, le sanzioni amministrative (contravvenzioni fiscali) seguono la regola quinquennale ex art. 20 co.3 del D.Lgs. 472/1997. La giurisprudenza ribadisce che le multe fiscali prescritte oltre i 5 anni (senza sentenza) non sono più riscuotibili; solo le sanzioni accertate con sentenza definitiva godono di prescrizione decennale (art. 2953 c.c.).
Tabella 1 – Termini di prescrizione dei tributi e contributi (sintesi). I termini decorrono generalmente dalla scadenza di ciascuna obbligazione tributaria o dall’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato. La tabella indica i casi più comuni (per approfondimenti normative, vedi art. 2946-2948 c.c., L.335/1995 art.3, D.Lgs.23/2011, D.Lgs.472/1997 art.20).
Effetti della prescrizione su una cartella esattoriale
Quando il termine di prescrizione è trascorso, l’iscrizione a ruolo contenuta nella cartella non può più essere coattivamente eseguita. In pratica, si perde il potere di esazione dell’ente creditore e la cartella perde efficacia esecutiva. In base alla giurisprudenza, la prescrizione del credito determina un’efficacia estintiva: il debito si estingue nei confronti di tutti e il creditore non può più pretendere il pagamento. Viceversa, la cartella diventa meramente formale: pur restando annotata negli archivi, non dà più titolo per espropriazioni.
Un debitore che ignora la prescrizione e versa ugualmente il tributo – ad esempio perché non ne è a conoscenza – ha diritto al rimborso del pagamento indebito. La Corte di Cassazione ha precisato che un ente previdenziale non può rinunciare alla prescrizione: se il contribuente, una volta scaduta, paga il credito, tale versamento “rappresenta di fatto un pagamento indebito sul quale il contribuente può pretendere la restituzione”. In sintesi, non è obbligatorio pagare una cartella scaduta di propria iniziativa; anzi, spesso conviene segnalare immediatamente la situazione.
Importante: anche la normativa di contabilità pubblica impone limiti: i crediti erariali sogliono essere iscritti a bilancio entro certi termini, dopo i quali – per ragioni di previsione finanziaria – non è più possibile contabilizzarli. Il decorso della prescrizione, tuttavia, assicura al contribuente la definitiva cancellazione dell’obbligazione verso l’Erario.
Cosa può fare il debitore
1. Verifica del termine e calcolo del “dies a quo”: il primo passo è accertare esattamente da quando decorre la prescrizione. In genere si parte dalla data di scadenza del tributo o dall’ultimo atto interruttivo (ad esempio, pagamento rateale, accertamento). Se il termine eccede quello indicato nelle tabelle soprastanti, il credito si è estinto. Questo vale anche se in precedenza il contribuente non ha impugnato la cartella o non ha effettuato opposizione: secondo Cass. 16743/2024, anche la mancata impugnazione non preclude la possibilità di opporre la prescrizione nei successivi atti di riscossione. Perciò, se si sospetta prescrizione, è utile calcolare il termine (die modificato da eventuali interruzioni) con l’aiuto di professionisti o strumenti online, tenendo conto delle differenze tra tributi e contributi.
2. Richiesta di annullamento in autotutela: se la cartella è evidente fuori termine, conviene subito presentare un’istanza di autotutela all’ente creditore (Agenzia Entrate-Riscossione, INPS o Comune), chiedendo l’annullamento del debito per prescrizione. La norma di riferimento è l’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 (Statuto dei contribuenti) che consente al contribuente di segnalare direttamente all’ente impositore la non dovuta iscrizione a ruolo. L’istanza dovrebbe richiamare i dati identificativi (numero cartella, ruolo, anno tributo), i riferimenti normativi (art. 2946 c.c. e norme di settore) e spiegare che, maturato il termine prescrizionale, il credito è estinto. In tal caso, l’ente dovrebbe comunicare ad AdER lo sgravio del debito che risulterà così cancellato dalla cartella.
- Esempio di istanza di autotutela: Spett.le Agenzia delle Entrate – Riscossione – Ufficio di X
Oggetto: Istanza di annullamento per prescrizione – Cartella n. 12345/2023 – De. Ant. RLR (ruolo 2022, tributo 2020)
Il/la sottoscritto/a Mario Rossi, C.F. RSSMRA80A01F205X, in qualità di titolare dell’utenza…, espone quanto segue. In data 10/11/2023 è stata notificata la cartella n. 12345/2023 relativa ad imposte IRPEF relative all’anno 2020. Trascorsi ormai oltre 10 anni dalla scadenza dell’imposta (dichiarazione 2000, modello 730 presentato il 30/09/2000), il credito tributario è prescritto ai sensi dell’art. 2946 c.c. e l’azione esecutiva non è più ammissibile. Pertanto, il debito è da ritenersi estinto e non dovuto. Si chiede pertanto l’annullamento d’ufficio della cartella n. 12345/2023 iscritta a ruolo RLR 2022 e di ogni altro atto collegato, con conseguente cancellazione del carico. In subordine, si richiede sospensione immediata della riscossione fino all’esito del presente esame. Si allega copia della cartella in oggetto.
Distinti saluti,
(firma)
Un istanza ben motivata con richiami normativi specifici ha buone probabilità di essere accolta, evitando costose cause. Secondo l’Agenzia stessa, il contribuente “può chiedere l’annullamento direttamente all’ente creditore, al giudice oppure richiedere la sospensione della riscossione”. In caso di diniego, si potrà sempre ricorrere all’autorità giudiziaria.
3. Opposizione giudiziale: se la cartella è già iscritta a ruolo e rimane un onere, il contribuente può agire entro i termini giurisdizionali previsti. Per i crediti tributarî erariali o locali, l’opposizione va proposta davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente (Tribunale tributario) entro 60 giorni dalla notifica della cartella. Tuttavia, se la prescrizione è già maturata, l’opposizione potrà sollevare l’eccezione di prescrizione anche ex post (la Cassazione recentissima conferma che la prescrizione può essere invocata anche “di ufficio” dal giudice tributario, annullando la cartella prescritta). Per i crediti contributivi INPS, l’opposizione deve essere proposta al Giudice del Lavoro (Tribunale ordinario) entro 40 giorni (art. 24 c.5, D.Lgs. 46/1999). In entrambi i casi, l’atto di opposizione deve contenere le generalità del ricorrente, l’oggetto della cartella impugnata e i motivi di fatto e di diritto (prescrizione, vizi nella notifica, errori materiali, ecc.).
- Esempio di ricorso tributario: Commissione Tributaria Provinciale di [Luogo]
Ricorso n. … /20XX
Ricorrente: Mario Rossi, C.F. …, rappresentato dall’Avv. …
Resistente: Agenzia delle Entrate – Riscossione
Oggetto: Opposizione a cartella esattoriale n. 12345/2023 – credito IRPEF 2020 – Motivi: prescrizione del credito
Fatti e motivi: Con atto in data 10/11/2023 è stata notificata al sottoscritto cartella di pagamento n. 12345/2023, con cui si pretende il versamento di €X,XX per tributi relativi all’anno di imposta 2020. Già nei fatti si segnala che il debito tributario è costitutivamente riferito a obbligazioni sorte a partire dal 2000 e, pertanto, il termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2946 c.c. si è completamente esaurito. In particolare, ai sensi dell’art. 57 del D.Lgs. 546/1992 e dell’art. 2948 c.c., i tributi erariali – stante l’assenza di speciali disposizioni – sono soggetti a prescrizione decennale. Poiché l’imposta del 2000 è stata regolarmente dichiarata e scaduta entro il 2001, la cartella notificata nel 2023 risulta emessa oltre ogni termine utile. Si eccepisce dunque la prescrizione del credito tributario, con conseguente estinzione del diritto di riscossione.
In diritto: La cassazione civile ha stabilito che i crediti tributari non rientrano nella prescrizione abbreviata e si prescrivono in 10 anni. Inoltre, le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato che, a parità di condizioni, la prescrizione rimane quella ordinaria, non potendo essere fatto applicare per analogia alcun termine più breve. Di conseguenza, l’estratto di ruolo qui impugnato è assolutamente inefficace e deve essere annullato ex art. 328 c.p.c.
P.Q.M.: la Commissione tributaria, accogliendo il ricorso, dichiara estinto il credito tributario per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, annulla la cartella n. 12345/2023 con relativo ruolo RLR.
4. Altri rimedi e comunicazioni: anche la richiesta di rateizzazione (piano di dilazione) interrompe la prescrizione, ma se il debito è già prescritto questa possibilità perde significato pratico. Se risulta concluso un eventuale piano di rate, la prescrizione riparte dal termine dell’ultima rata pagata. In alcuni casi, l’ente potrebbe inviare ulteriori solleciti (“avviso bonario” o “intimazione di pagamento”); attenzione: secondo Cass. 16743/2024, tali avvisi sono considerati semplici solleciti che interrompono la prescrizione. Ciò significa che, se la cartella originale era prescritta, ma successivamente arriva un avviso di intimazione e non viene impugnato, il termine di prescrizione si azzera nuovamente. Di qui l’importanza di contestare subito qualsiasi nuova comunicazione sospetta.
Rimborsi fiscali e cartelle scadute (novità 2025)
Dal 2025 è entrata in vigore la riforma fiscale che modifica il regime di compensazione dei rimborsi d’imposta su cartelle scadute. In precedenza l’Agenzia Entrate poteva proporre al contribuente la compensazione volontaria tra un rimborso (ad esempio del 730) e un debito iscritto a ruolo, richiedendo il consenso del contribuente. Con il D.Lgs. n. 110/2024 (decreto legislativo di riforma della riscossione) la compensazione diventa obbligatoria e automatica: se è accertato un rimborso a favore del contribuente e quest’ultimo ha una cartella esattoriale scaduta superiore a 1.500 € (o altri debiti parificati come INPS, Comuni, etc.), l’Agenzia delle Entrate utilizzerà d’ufficio il credito d’imposta per saldare quel debito. In pratica, chi ha cartelle prescritte non riceverà più i rimborsi in denaro fino a estinzione del debito: i fondi saranno bloccati e riversati nel ruolo iscritti.
Per esempio, se nel 2025 Mario ha diritto a un rimborso IRPEF di 2.000 € ma risulta iscritto in ruolo un debito di 3.000 € ormai prescritto, i primi 2.000 verranno automaticamente portati in compensazione. Il contribuente non potrà rifiutare questa compensazione (non serve più la sua autorizzazione), e chi vuole ricevere il rimborso in contanti deve prima estinguere la cartella. Tale novità, voluta per accelerare la riscossione, impone al debitore di verificare in anticipo la propria situazione prima di chiedere rimborsi: in sostanza, chi ha un ruolo scaduto dovrebbe regolarizzare o contestare subito il debito per evitare di perdere il rimborso previsto. Ulteriori dettagli operativi saranno forniti da appositi decreti attuativi.
Profili penali
Di per sé non esiste alcun reato nel semplice non pagare una cartella esattoriale. La mancata estinzione di un debito tributario è una questione di responsabilità civile/amministrativa: espone a interessi di mora, pignoramenti e sanzioni amministrative, ma non si finisce automaticamente in carcere. La Corte di Cassazione chiarisce che “il mancato pagamento delle cartelle esattoriali non è di per sé un reato” e che si rischia la detenzione solo in casi gravi collegati a condotte fraudolente o omissive particolarmente rilevanti. In pratica, i possibili reati tributari riguardano situazioni diverse: ad esempio, l’omesso versamento di ritenute previdenziali (art. 2 D.Lgs. 74/2000) o di IVA (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000) per somme rilevanti, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000), la dichiarazione infedele (art. 4), l’emissione di fatture false (art. 8), ecc. In tali casi il debitore (solitamente l’imprenditore o il professionista che trattiene e non versa tributi) può subire procedimenti penali.
In sintesi: non pagare una cartella prescritta non provoca direttamente conseguenze penali. Il pericolo di carcere sussiste solo se alla base vi sono comportamenti dolosi (evasione fiscale sistematica) e superamento delle soglie di punibilità (ad es. IVA omessa oltre 250.000 €, ritenute oltre 150.000 €, ecc.). Nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia, le conseguenze restano nell’ambito civilistico: ipoteche, pignoramenti, iscrizione nel Ruolo dei protesti, ecc. La regolarizzazione tempestiva (rateizzazione, ravvedimento operoso, definizioni agevolate) è la miglior difesa anche da eventuali rilievi penali, perché dimostra buona fede del contribuente.
Tabelle riepilogative
Oggetto | Termine | Effetto |
---|---|---|
Notifica cartella (IRPEF, IVA, ecc.) | Entro 4° anno successivo alla dichiarazione (DPR 602/1973, art.25) | Decadenza della riscossione se tardiva |
Notifica cartella (tributi locali) | Entro 5° anno successivo (D.Lgs. 23/2011) | Decadenza riscossione locale se tardiva |
Prescrizione tributi erariali | 10 anni dalla scadenza del tributo (art. 2946 c.c.) | Estinzione del debito per prescrizione |
Prescrizione tributi locali | 5 anni dalla scadenza (art. 2948 c.c. n.4) | Estinzione del debito |
Prescrizione contributi INPS | 5 anni (art. 3 L. 335/1995) | Estinzione del debito |
Scadenza per opposizione tributaria | 60 giorni dalla notifica della cartella (D.Lgs. 546/92, art. 21) | Decadenza opposizione se oltre (creditore irretrattabile) |
Tabella 2 – Termini di decadenza e prescrizione e relativi effetti. In particolare, i termini di notifica della cartella a pena di decadenza (caso IRPEF) sono ripartiti su 2, 3 o 4 anni a seconda dell’accertamento di base; superata la decadenza la riscossione coattiva decade. Separatamente, ogni credito si prescrive nei termini indicati (10 o 5 anni) come illustrato sopra.
Domande e risposte (FAQ)
- D: Che differenza c’è tra prescrizione e decadenza?
R: La prescrizione estingue il debito alla scadenza del termine legale: il creditore perde il diritto stesso di esigere il pagamento. La decadenza, invece, colpisce il solo potere di riscossione coattiva: se un atto (ad es. la cartella) viene emesso o notificato fuori tempo (oltre i termini stabiliti a pena di decadenza), l’ente non può più procedere mediante ruolo, ma il credito rimane in vita e potrà essere recuperato in via ordinaria. - D: Quanto tempo ho per pagare una cartella?
R: Se la cartella non viene impugnata, il debitore non ha una scadenza di pagamento fissa da legge, ma deve valutare il proprio debito. Si può pagare spontaneamente anche anni dopo la notifica, ma solo entro la prescrizione (10 o 5 anni). Oltre quel termine l’atto è privo di efficacia coattiva. In ogni caso, più si aspetta, più crescono interessi e sanzioni (se applicabili) fino al fallimento o prescrizione. - D: È obbligatorio pagare una cartella prescritta?
R: No, il debito estinto per prescrizione non può più essere richiesto dall’ente. Anzi, il pagamento volontario dopo prescrizione è considerato indebito, e dà diritto al contribuente di riavere indietro quanto pagato. Tuttavia, se si versa comunque prima di contestare, si perde l’occasione di far valere la prescrizione. Va ricordato però che con la riforma 2025 i rimborsi fiscali verranno automaticamente compensati sui debiti prescritti: in pratica, se si era in attesa di un rimborso del 730, l’Agenzia potrà trattenere queste somme per saldare la cartella. Ciò rappresenta un incentivo a contestare la cartella e chiedere l’annullamento prima di richiedere il rimborso. - D: Cosa cambia con la nuova riforma sul rimborso?
R: Dal 2025, su disposizione del D.Lgs. 110/2024, le compensazioni di rimborsi e debiti diventano automatiche. Se esiste un rimborso d’imposta (anche da modello 730) a favore del contribuente e questi ha una cartella esattoriale scaduta superiore a €1.500, l’Agenzia delle Entrate utilizzerà d’ufficio il credito per saldare il debito. In pratica, non è più possibile incassare un rimborso se sussistono debiti iscritti a ruolo: l’unica alternativa per ricevere il rimborso è estinguere prima la cartella. Questa misura mira a recuperare più efficacemente crediti (ed è applicata anche ad altri enti come Regioni e Comuni). - D: Posso chiedere subito l’annullamento dell’intera cartella?
R: Sì, se ritieni che la cartella sia inesistente o nulla (ad esempio perché il credito è prescritto, già pagato o attribuito a un altro, ecc.) puoi chiedere in via amministrativa l’annullamento in autotutela all’ente competente. In tal caso è opportuno rivolgersi al reale “creditore”: Agenzia Entrate-Riscossione per tributi statali, INPS per contributi, Comune per tributi locali. In pratica, si invia una istanza con descrizione del problema e si attende l’eventuale annullamento. In alternativa, si ricorre direttamente al giudice (Commissione tributaria o Giudice del lavoro) mediante opposizione. - D: Che ricorso devo fare contro una cartella INPS scaduta?
R: Le cartelle INPS (credito previdenziale) rientrano nella materia contributiva. Il ricorso deve essere proposto obbligatoriamente in opposizione al Tribunale Ordinario, sez. lavoro, entro 40 giorni dalla notifica della cartella. Anche in questo caso si possono sollevare tutti i motivi difensivi, compresa la prescrizione quinquennale. Se invece si agisce in via amministrativa, si inoltra l’istanza di autotutela all’INPS (o all’ente previdenziale coinvolto) chiedendo l’annullamento. - D: Cosa fare se ricevo un avviso di intimazione tardivo?
R: L’avviso di intimazione di pagamento è un sollecito emesso dall’ente prima della cartella vera e propria. Di recente la Cassazione (ordinanza 16743/2024) ha stabilito che tale avviso interrompe la prescrizione in quanto “integra un sollecito di pagamento”. Ciò significa che, pur avendo una cartella ormai prescritta, se successivamente ricevi un avviso di intimazione il termine di prescrizione si azzera nuovamente. Perciò, se ritieni la cartella già prescritta, è consigliabile impugnare subito anche l’intimazione, oppure rispondere formalmente ricordando la prescrizione. In ogni caso, ogni nuovo atto di sollecito deve essere valutato con attenzione perché può riaprire il termine prescrizionale. - D: Con che criteri vengono calcolati gli interessi e le sanzioni?
R: In una cartella non contestata e prorogata, gli interessi vengono applicati al tasso legale aggiornato (circa 0,1% annuo al 2025) e le sanzioni ridotte (fino al 2% per i tributi). Tuttavia, se il termine di prescrizione è ormai decorso, non ha più senso né continuare ad accumulare interessi né pagare sanzioni, dal momento che il credito è cancellato. Anzi, eventuali sanzioni in eccesso potrebbero essere fonte di un’ulteriore richiesta di rimborso indebito. È comunque buona prassi verificare in dettaglio le voci indicate in cartella con l’aiuto di un professionista.
Simulazioni pratiche
Caso 1 – Tributo erariale scaduto: Mario ha ricevuto nel 2024 una cartella dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione per IRPEF dovuta nel 2010. Controllando il calcolo, risulta che l’obbligazione era effettivamente riferita alla dichiarazione dei redditi 2000, quindi pagabile entro i termini del 2001. Poiché sono trascorsi oltre 10 anni, il debito è da considerarsi prescritto. Mario invia subito un’istanza di autotutela ad AdER richiedendone l’annullamento per prescrizione. Nel frattempo evita di richiedere il rimborso 730, che verrebbe comunque compensato con la cartella. Se AdER dovesse rifiutarsi, Mario farà opposizione tributaria entro 60 giorni, eccependo la prescrizione (e citando Cass. 23397/2016 sul termine decennale).
Caso 2 – Tributo locale scaduto: Anna, pensionata, scopre nel 2025 una cartella municipale TARI 2014 che non aveva mai pagato. Dalla delibera emerge che il tributo è a cadenza annuale e ha iniziato a decorrere già nel 2014. Trascorsi 5 anni (termine della prescrizione locale), l’obbligazione è estinta. Anna contatta l’Ufficio tributi del Comune allegando copia della cartella e della scheda imposta, chiedendo l’annullamento per prescrizione decennale da completare (art. 2948 c.c. n.4). Il Comune, d’intesa con AdER (che notifica la cartella), avvia la procedura di autotutela: se la documentazione conferma il presupposto periodico, il credito viene cancellato. In alternativa, Anna può ricorrere in Commissione Tributaria (rispondendo all’eventuale opposizione di AdER) sottolineando che la cartella è tardiva.
Caso 3 – Cartella INPS e ritenute omesse: La società X ha ricevuto nel 2024 una cartella INPS per contributi non versati relativi all’anno 2017, notificata a fine 2018. Essendo decorsi 5 anni dal periodo contributivo (2017 → termine prescrizione 31/12/2022), il credito è prescritto. Il legale della società invia una PEC all’INPS chiedendo conferma dello stato di prescritto (in base all’art. 3 L.335/1995) e l’annullamento del carico. In parallelo, comunica all’agente della riscossione (AdER) che il debito è prescritto, chiedendo lo sgravio. Se si arrivi a un contenzioso, la società proporrà opposizione al Tribunale Lavoro entro 40 giorni, fondando il ricorso sull’avvenuta prescrizione quinquennale dei contributi. Nel frattempo, anche in vista di possibili sanzioni penali per omesso versamento (art. 2 D.Lgs.74/2000), l’azienda adempirà spontaneamente alle altre incombenze (addebiti residui, eventuali contributi correnti) per dimostrare buona fede.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Cassazione civile, Sezioni Unite, 17/11/2016, n. 23397 – definisce i termini prescrizionali di tributi erariali (10 anni) e contributi (5 anni), escludendo l’effetto “esteso” dell’art.2953 c.c. in assenza di titolo giudiziale definitivo.
- Cassazione civile, 22/01/2025, n. 4385 (ordinanza) – conferma che i crediti erariali si prescrivono in 10 anni, sulla base dell’art.2946 c.c. e di Cass. 24322/2014.
- Cassazione civile, 17/06/2024, n. 16743 (ordinanza) – stabilisce che l’avviso di intimazione di pagamento interrompe la prescrizione in quanto assimilabile a un sollecito di pagamento.
- Cassazione civile, 09/11/2023, n. 31260 (ordinanza) – ribadisce che i tributi locali (IMU, TARI, ecc.) si prescrivono in 5 anni (art.2948 c.c. n.4).
- Cassazione civile, 24/01/2023, n. 2095 – conferma che le sanzioni tributarie ordinarie sono soggette a prescrizione quinquennale ex D.Lgs.472/1997 art.20.
- Cassazione civile, Sentenza 24/01/2023, n. 25790 (Sez. Unite) – principio actio iudicati per sanzioni tributarie.
- Codice Civile: art. 2946-2948 (termini prescrizione ordinaria e breve).
- D.P.R. 602/1973, art. 25 (termini decadenziali per notifica cartella) e art. 28 (sospensione/notifica).
- D.Lgs. 546/1992, art. 21 (istanza di autotutela) e art. 24 (termini e giurisdizione in opposizione).
- D.Lgs. 46/1999, art. 24, c.5 (opposizione INPS al Giudice del lavoro entro 40 giorni).
- L. 335/1995, art. 3, co.9 (prescrizione contributi pensionistici quinquennale).
- D.Lgs. 472/1997, art. 20 (prescrizione sanzioni tributarie 5 anni).
- D.Lgs. 23/2011, art. 1 (codice dei tributi locali – termini decadenza e prescrizione locali quinquennali).
- D.Lgs. 110/2024 (decreto delegato – riforma riscossione e compensazione obbligatoria su cartelle scadute).
Hai una cartella esattoriale scaduta? Ecco cosa puoi fare per difenderti
Ricevere una cartella esattoriale è sempre fonte di preoccupazione, soprattutto quando è già scaduto il termine per il pagamento.
Ma attenzione: non sempre la cartella è valida e non tutto è perduto, anche se sono passati i 60 giorni previsti per l’opposizione.
In molti casi, si può ancora:
- Verificare la prescrizione o decadenza del credito
- Opporsi per vizi formali o sostanziali
- Chiedere la rateizzazione o lo stralcio
- Avviare procedimenti di tutela del patrimonio
- Bloccare pignoramenti in arrivo
Lo Studio Monardo analizza la tua situazione e ti aiuta a scegliere la strategia migliore per annullare, sospendere o gestire correttamente la cartella.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la cartella e i documenti allegati per verificarne la legittimità
📑 Valuta eventuali vizi, irregolarità, prescrizione o notifica tardiva
✍️ Ti assiste nella richiesta di rateizzazione o definizione agevolata
🔁 Ti tutela da pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in cartelle esattoriali e riscossione coattiva
✔️ Difensore in opposizioni contro Agenzia delle Entrate – Riscossione
✔️ Consulente per privati, lavoratori autonomi e imprese in difficoltà
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Anche se la cartella esattoriale è scaduta, hai ancora margini di difesa.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi tutelare il tuo patrimonio, contestare la pretesa e rientrare nella legalità con soluzioni sostenibili.
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