Quanto Tempo Ha L’INPS Per Richiedere Somme Indebitamente Percepite?

Hai ricevuto una comunicazione dall’INPS che ti chiede di restituire somme percepite da tempo e ti stai chiedendo quanto tempo ha l’Istituto per esercitare questa richiesta? Ti interessa sapere se esiste un limite temporale oltre il quale non sei più tenuto a rimborsare?

La risposta è positiva: l’INPS non ha tempo indefinito per chiedere somme indebitamente percepite. Ma i termini variano a seconda della natura del beneficio e se l’illecito è stato volontario o no.

Qual è il termine generale per il recupero delle somme indebitamente percepite?
In linea di principio, l’INPS ha 5 anni di tempo dalla data in cui avrebbe dovuto incassare la somma, per richiedere il rimborso. Questo termine può partire:

  • dalla fine del periodo di erogazione (es. assegno di invalidità terminato il 31/12/2018 → termine al 31/12/2023);
  • oppure dalla data dell’atto con cui stabiliscono il diritto al beneficio.

E se l’INPS contesta un errore o una frode?
In caso di illecito doloso o frode, il termine può estendersi a 10 anni, perché l’INPS può agire entro complessivamente 10 anni dall’erogazione. Ad esempio, se hai percepito una pensione a partire dal 2010 e l’INPS scopre una dichiarazione mendace nel 2022, potrà chiedere il rimborso anche per gli anni precedenti, fino al 2012.

I termini possono essere interrotti?
Sì. Il decorso del termine può essere interrotto se l’INPS invia avvisi formali, ingiunzioni di pagamento o atti di recupero. In tal caso, il termine riparte da capo e potrai ancora essere obbligato a rimborsare, anche oltre il presunto termine scaduto.

Cosa succede se è passato molto tempo?
Se sono passati più di 5 anni (o 10, in caso di frode) senza alcun atto interruttivo, puoi far valere la prescrizione e rifiutarti di pagare. Anche se hai ricevuto comunicazioni successive, ma non formali o inequivocabili, potresti comunque opporre che il diritto al recupero è estinto.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto previdenziale e difesa contro richieste INPS – ti spiega quanto tempo ha l’INPS per chiedere somme indebite, quali sono i termini da rispettare e come possiamo aiutarti a difenderti dal tentativo di recupero prescritto.

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Introduzione

In generale, le somme indebitamente percepite a titolo di prestazioni previdenziali o assistenziali (pensioni, indennità, NASpI, assegni, ecc.) rientrano nell’ambito dell’azione di ripetizione dell’indebito, disciplinata dall’art. 2033 cod. civ. Tale norma stabilisce che chi ha pagato per errore un credito può richiederne la restituzione. In base all’art. 2946 cod. civ., il termine ordinario di prescrizione per l’azione di ripetizione dell’indebito è di dieci anni. Ciò significa che, di regola, l’INPS ha 10 anni di tempo per chiedere indietro quanto pagato in eccesso.

Tuttavia, vi sono alcune norme di settore e principi giurisprudenziali che modificano o limitano questo principio generale, soprattutto a tutela del percettore in buona fede. In questa guida aggiornata esamineremo nel dettaglio i termini di prescrizione e le regole speciali che si applicano a tutte le principali prestazioni INPS (previdenziali e assistenziali), nonché alle sanzioni e agli interessi correlati. Ogni sezione è organizzata in domande e risposte, con tabelle riassuntive ed esempi pratici, e sono forniti modelli di lettera di opposizione alla richiesta di indebito o di sospensione del recupero. Le fonti normative e giurisprudenziali citate sono elencate in fondo.

1. Terminologia e fondamenti legali

  • Indebito previdenziale/assistenziale: erogazione di somme per prestazioni INPS non dovute, a causa di errore di calcolo, omissione di dati o altri motivi. In assenza di colpa del beneficiario (dolo), molte prestazioni previdenziali sono considerate irripetibili (non reclamabili).
  • Prescrizione ordinaria: il termine entro il quale l’INPS deve proporre l’azione di ripetizione. Per azioni di tipo civile vale la prescrizione decennale (dieci anni) ex art. 2946 c.c..
  • Interruzione della prescrizione: ogni atto formale dell’INPS volto a chiedere la restituzione interrompe (ferma) il decorso della prescrizione. Ad esempio, la notifica di una comunicazione di indebito o di un avviso di addebito riavvia il termine decennale, che riparte dalla data dell’atto.
  • Buona fede e dolo: nel caso di prestazioni pensionistiche e previdenziali, la legge 88/1989 (art. 52) e la legge 412/1991 (art. 13) stabiliscono che le somme percepite indebitamente sono irripetibili salvo dolo del percettore. In altri termini, se l’indebito è dipeso da un errore dell’INPS o della Pubblica Amministrazione (e il beneficiario era in buona fede), normalmente il beneficiario non è tenuto a restituire le somme. Solo se il beneficiario ha omesso di comunicare informazioni rilevanti o ha agito con dolo, l’INPS può pretendere la restituzione (entro il termine di prescrizione).

In pratica, per rispondere alla domanda posta: l’INPS ha dieci anni dal pagamento indebito (o da quando ha avuto conoscenza del credito) per chiedere la restituzione delle somme, ma per le pensioni e prestazioni collegate al reddito esistono regole particolari (legge 88/89, 412/91 e la giurisprudenza Cass.) che, in assenza di dolo del percettore, rendono irripetibili gli importi ricevuti. Ora vediamo i vari casi con maggior dettaglio, distinguendo le diverse categorie di prestazioni.

2. Prestazioni pensionistiche (vecchiaia, reversibilità, invalidità, assegno sociale)

Domanda: Qual è la prescrizione per il recupero di pensioni pagate indebitamente?
Risposta: In linea generale l’azione di recupero indennizzi un diritto di credito dell’INPS, perciò si applica la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.. Ciò significa che, fatti salvi eventuali atti interruttivi, l’INPS può chiedere il rimborso delle pensioni indebite entro 10 anni dalla singola erogazione indebita o da quando ne ha avuto conoscenza. Ad esempio, se un pensionato ha ricevuto indebitamente rate mensili nel 2010, l’INPS ha tempo fino alla fine del 2020 per intimare la restituzione (salvo interruzioni).

Decorrenza: la prescrizione decorre, di norma, dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento indebito o da quando l’INPS ha acquisito gli elementi per poter esigere la restituzione. In caso di prestazioni legate a condizioni reddituali da dichiarare, la prassi (cfr. Cass. 18615/2021) considera il termine di prescrizione decorrente dalla comunicazione della variabile reddituale. In particolare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 L.412/91 e 52 L.88/89, l’INPS deve verificare annualmente i redditi dei pensionati e recuperare entro l’anno successivo le somme eventualmente pagate in eccesso. Quindi, se un pensionato comunica i redditi con la dichiarazione 2016 (riferita ai redditi 2015), l’INPS deve notificare gli indebiti relativi all’anno 2015 entro il 31 dicembre 2017. Trascorso tale termine, l’azione è prescritta.

Eccezioni normative: Importante è ricordare che la legge 88/1989 (art. 52) e la legge 412/1991 (art. 13) stabiliscono una disciplina speciale per le pensioni (e assegno sociale). Tali norme affermano che “non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte indebitamente a titolo previdenziale, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato”. In sostanza, se l’errore nell’erogazione è imputabile all’INPS o a terzi (ad es. l’amministrazione datrice di lavoro) e il pensionato era in buona fede, le somme indebitamente percepite sono irripetibili. La Cassazione conferma infatti che per ottenere la ripetizione l’INPS deve provare che l’indebito dipenda da un errore non imputabile all’ente o che il pensionato sia stato in dolo o abbia omesso comunicazioni dovute.

  • Esempio di buona fede: Il pensionato ha correttamente comunicato redditi e stato di famiglia all’INPS. Qualche anno dopo l’ente scopre un errore di calcolo a suo carico. In questo caso, in assenza di dolo o colpa grave del pensionato, la corte ha stabilito che non si può obbligare a restituire le somme arretrate.
  • Esempio di dolo: Il pensionato non dichiara di avere un lavoro dipendente, ottenendo così una pensione più alta. All’accertamento tale circostanza emerge, e allora l’INPS può richiedere indietro le somme pagate in eccesso (entro 10 anni). In tal caso il pensionato ha agito con dolo omissivo e la richiesta è legittima.

Domanda: E se l’INPS invia la lettera di indennità dopo molti anni?
Risposta: Se sono trascorsi più di 10 anni dall’erogazione dell’indebito senza interruzioni del termine, l’azione si prescrive e l’INPS non può più pretendere nulla. Inoltre, la giurisprudenza e la normativa speciale tutelano il prescrizione dell’azione restitutoria, specie in caso di lentezza amministrativa. Ad esempio, la Cassazione e la Corte dei Conti hanno più volte osservato che il decorso di lunghi anni può consolidare l’affidamento del pensionato e far decadere l’azione di recupero (Cass. civ. 9/11/2018 n. 28771; C.Corte Conti Abruzzo 2010 n.355; Cass. 6/2/2020 n. 17997).

Tabella riepilogativa – Prestazioni pensionistiche (IVS) e prescrizione:

Tipo di prestazioneTermine prescrizioneNote principali
Pensione di vecchiaia/reversibilità/minima/invalidità/assegno sociale10 anni (art. 2946 c.c.)Decorrenza dal pagamento indebito o dalla conoscenza. Se legata a redditi dichiarati, entro 31/12 anno successivo (art.13 L.412/91). Irripetibile se erogato in buona fede (L. 88/89, art.52; L.412/91, art.13).
Assegno di invalidità / accompagnamento (prestazioni assistenziali)10 anni (art. 2946 c.c.)Normativa spec.: DPR 850/76 art.3-ter, DL 173/88 art.3: eventuale revoca ha effetto dal mese successivo senza recupero delle somme già corrisposte.
Altri assegni assistenziali (es. ANF, maternità, malattia, nucleo familiare)10 anni (art. 2946 c.c.)Non applicabile L.88/89. L’INPS agisce con ripetizione ai sensi art.2033 c.c. entro 10 anni (buona fede non invalida l’azione).

3. Indennità di disoccupazione (NASpI, DIS-COLL) e altre prestazioni non pensionistiche

Domanda: Qual è il termine di prescrizione per le indennità di disoccupazione (NASpI, DIS-COLL)?
Risposta: Le indennità di disoccupazione e simili sono prestazioni previdenziali ma non pensionistiche. La Cassazione ha chiarito (sent. 11659/2024) che tali indebitamente versati non seguono le regole della legge 88/89 sulle pensioni, bensì la disciplina generale dell’art. 2033 cod. civ.. In sostanza, anche per NASpI e DIS-COLL il termine ordinario resta di 10 anni (art. 2946 c.c.), senza preclusione legale per la buona fede del beneficiario. È stato infatti ribadito che, diversamente dalle pensioni, la buona fede del percettore di NASpI non esclude la ripetizione delle somme indebitamente percepite. La Corte Costituzionale (sent. 8/2023) ha confermato la legittimità di applicare l’art.2033 c.c. alle indennità di disoccupazione, anche in relazione all’affidamento del percettore.

  • Esempio pratico: un lavoratore percepisce NASpI indebitamente nel 2015. L’INPS invia la richiesta di rimborso nel 2025. Anche se il lavoratore era in buona fede, l’INPS può pretendere il recupero entro il termine decennale. Tuttavia, la sentenza Cass. 11659/2024 sottolinea che l’azione deve rispettare principi di gradualità e proporzione (cfr. Corte Cost. 8/2023).

Domanda: E per altre prestazioni Inps (bonus, NASPI integrativa, contributo autonomi, ecc.)?
Risposta: Se si tratta di prestazioni erogate dall’INPS che non sono pensioni (ad es. bonus, sgravi contributivi, integrazioni salariali), in assenza di norme speciali si applica in via subordinata l’art. 2033 c.c. con prescrizione decennale. Resta fermo che ogni somma pagata indebitamente deve essere richiesta entro dieci anni dal pagamento indebito (o dalla conoscenza del diritto da parte dell’INPS). Per gli ammortizzatori sociali (CIG, ASDI, etc.) non esistono regimi di irripetibilità: vale l’art.2033 c.c. (quindi 10 anni).

Tabella riepilogativa – Altre prestazioni previdenziali:

PrestazioneTermine prescrizioneNote
NASpI, DIS-COLL (indennità di disoccupazione)10 anni (art. 2946 c.c.)Art.2033 c.c. e Cass. 11659/2024: buoni fede non impedisce recupero. Applicare CC 8/2023 (gradualità).
CIG, ASDI, bonus vari, ecc.10 anni (art. 2946 c.c.)Come per NASpI, sono prestazioni non pensionistiche. Prescrizione decennale.
Assegno al nucleo familiare, assegni familiari10 anni (art. 2946 c.c.)Non regolati da L.88/89. L’INPS recupera ai sensi art.2033 c.c. come “prestazione indebita”.
Altre indennità (maternità, malattia, formazione)10 anni (art. 2946 c.c.)Stessa disciplina generale: art.2033 c.c., termine decennale.

4. Calcolo del termine di prescrizione e interruzioni

Domanda: Come si calcola esattamente la prescrizione decennale per l’INPS?
Risposta: Per le prestazioni suddette, il termine di prescrizione decennale inizia a decorrere, secondo l’art. 2935 c.c., dal momento in cui il diritto alla restituzione può essere fatto valere. In pratica, si consideri il più favorevole tra:

  • Data del pagamento indebito – se l’errore era ovvio, inizia subito da allora;
  • Data in cui l’INPS ha avuto conoscenza del motivo dell’indebito – ad es. data in cui riceve un’informazione o inizia un controllo che evidenzia l’indebito;
  • Data di notifica di fatti rilevanti – se l’indebito dipende da elementi che il percettore avrebbe dovuto comunicare (es. redditi), la prescrizione decorre dal momento in cui l’INPS riceve la comunicazione. Ad esempio, se un pensionato omette il reddito 2015 e lo dichiara solo nel 2020, il termine decennale decorre dal 2020.

Interruzioni e sospensioni: Qualunque atto formale dell’INPS finalizzato alla richiesta di rimborso (comunicazione di indebito, atto amministrativo, ecc.) interrompe la prescrizione. Ciò significa che, anche se il termine decennale stava per scadere, l’atto di indennità riportato dall’INPS fa ripartire il computo da zero. Analogamente, l’introduzione di un giudizio avverso l’indebito non interrompe il termine, ma può bloccare la riscossione in attesa della decisione del giudice (se richiesta una sospensione).

Esempio di calcolo: se l’INPS ha corrisposto a dicembre 2011 un’errata pensione di € 5.000, il termine decennale scadrebbe a dicembre 2021. Se nel marzo 2021 viene notificata una lettera di indebito, il termine era ancora aperto e l’INPS può agire. Se, viceversa, la prima comunicazione all’interessato arriva a gennaio 2022, l’azione sarebbe prescritta (10 anni scaduti a fine 2021). Se l’INPS avesse informato il pensionato già nel 2020 di un presunto indebito (interrompendo la prescrizione) e poi nel 2022 confermasse/rinnovasse l’intimazione, in quel momento ricomincerebbero a decorrere altri 10 anni.

5. Sanzioni e interessi sulle somme indebite e contributi

Domanda: Quali termini di prescrizione valgono per sanzioni e interessi?
Risposta: Se con la richiesta di rimborso sono contestati anche interessi di mora o sanzioni (ad es. per ritardato pagamento di contributi o altre somme), la loro prescrizione segue regole specifiche:

  • Interessi: l’obbligazione separata a pagare interessi (moratori o altri interessi) si prescrive in 5 anni, ai sensi dell’art. 2948, n.4 cod. civ.. Ciò vale in generale per qualsiasi interesse da debito liquido ed esigibile.
  • Contributi previdenziali (se l’indebito riguarda versamenti di contributi dovuti all’INPS): dal 1996 in poi vale il termine quinquennale (L. 335/1995, art.3, c.9). Prima del 1996 valenza decennale (con eccezioni in base a eventuali atti interruttivi).
  • Sanzioni contributive (somme aggiuntive/civili per omesso o ritardato versamento): hanno prescrizione decennale (termine ordinario). Infatti, pur essendo legate ai contributi, vengono considerate “entità a parte” e soggiacciono al termine ordinario di 10 anni (non al quinquennale speciale).

Riepilogo presc. contributive e penali: la Cassazione ha più volte affermato che, per i contributi IVS obbligatori dal 1996, il termine prescrizionale è di 5 anni (art.3 L.335/95), ma le somme aggiuntive per ritardato versamento si prescrivono invece in 10 anni. Gli interessi non godono di particolari eccezioni e seguono il termine quinquennale stabilito dal codice civile.

Credito/SanzioneTermine prescrizioneRiferimenti
Contributi previdenziali (dovuti dal 1/1/1996)5 anni (art.3, c.9 L.335/95)
Contributi previdenziali (ante 1996)10 anni (art.2946 c.c.)Cass. 7/2004 n.46
Sanzioni contributive (omessi/tardivi)10 anni (art.2946 c.c.)
Interessi su debiti IVS (moratori o corrispettivi)5 anni (art.2948 c.4 c.c.)
Sanzioni tributarie (per paragone)5 anni (D.Lgs.472/97 art.20)Cass. civ. 2016

6. Domande frequenti (Q&A)

  • D: L’INPS può recuperare somme indebitamente percepite dopo 10 anni?
    R: In linea di principio no. Scaduti 10 anni dalla data in cui l’indebito è sorto (o dal momento in cui l’INPS ne ha avuto conoscenza), il diritto alla ripetizione è estinto. Non rileva se l’INPS invii la richiesta tardivamente; una volta decorso il termine, il recupero è illegittimo.
  • D: L’INPS può chiedere indietro la pensione anche se era in buona fede?
    R: Solo nei casi previsti dalla legge. Per le pensioni e assegni (competenza INPS) si applica la regola dell’irripetibilità se il pensionato era in buona fede. L’istituto può ripetere l’indebito solo se prova il dolo o la colpa grave del beneficiario nell’aver ottenuto la prestazione. Se non vi è dolo, l’INPS generalmente non può pretendere la restituzione degli arretrati pensionistici.
  • D: Cosa succede se non ho fornito i miei redditi all’INPS?
    R: Se un pensionato omette di dichiarare redditi rilevanti, l’INPS può recuperare l’indebito anche se il termine dei 12 mesi (art.13 L.412/91) è trascorso. In tal caso si applica il termine ordinario decennale. In altre parole, senza comunicazioni del percettore, l’INPS ha 10 anni dal pagamento indebito per rivalersi.
  • D: Qual è l’effetto di una sentenza favorevole al pensionato su indebiti già pagati?
    R: Se l’indebito è diventato definitivo a seguito di una sentenza favorevole al pensionato, l’INPS non può più recuperare le somme. Solo se il pensionato ha agito con dolo nel contenzioso (falso ideologico) l’istituto può rivalersi sugli importi rimborsati.
  • D: Se ricevo una cartella esattoriale per recupero indebiti INPS, cosa devo fare?
    R: Bisogna verificare immediatamente il termine e le motivazioni. Si può inviare al Centro di Riscossione una “lettera di opposizione” chiedendo l’annullamento della cartella e/o la sospensione della riscossione, motivando con gli elementi giurisprudenziali e normativi (ad es. decadenza del termine decennale, buona fede, mancato obbligo di restituire secondo L.88/89). Contestualmente (o in alternativa), entro 40 giorni dalla notifica della cartella si può proporre opposizione in sede giudiziale (Tribunale), dove si potrà far valere ogni eccezione di merito.

7. Esempi pratici di calcolo

Caso 1 – Pensione minima e dichiarazione redditi: Marco percepisce l’assegno sociale dal 2010. Nel 2016 presenta il modello RED con i redditi 2014. A fine 2017 l’INPS invia un provvedimento di recupero partendo dal 2014. L’azione è legittima perché rientra nei termini (notifica entro 31/12/2017). Marco può opporsi motivando che l’azione ha tardato; tuttavia l’INPS ha rispettato la scadenza annuale prevista dall’art.13 L.412/91.

Caso 2 – Buona fede pensionato: Lucia percepisce pensione minima dal 2005. Nel 2020 l’INPS comunica un indebito relativo agli anni 2007-2012. Lucia ha sempre fornito i redditi correttamente e non ha commesso dolo. In questo caso, non essendo stato chiesto l’indebito entro dieci anni (scaduti fine 2022 per le mensilità 2007) e non sussistendo dolo, Lucia può opporsi su entrambi i profili: prescrizione decennale ed irripetibilità ex art.52 L.88/89.

Caso 3 – NASpI: Giuseppe percepisce NASpI 2017 per 12 mesi, poi nel 2024 l’INPS invia richiesta di restituzione di €8.000, asserendo che avrebbe dovuto percepire meno. L’INPS è entro i 10 anni, ma Giuseppe contesta: per la NASpI non opera l’irripetibilità delle pensioni, per cui l’indebito può essere richiesto. Tuttavia, Giuseppe può sollevare questioni di equità (gradualità nel rientro del debito) richiamando Cass. 11659/2024 e Corte Cost. 8/2023.

8. Modelli di lettera di opposizione e istanza di sospensione

Di seguito si riportano esempi di formulazioni che il debitore può utilizzare per opporre resistenza alla richiesta di recupero dell’INPS o per chiedere la sospensione della riscossione. Gli esempi vanno adattati al caso concreto e, se necessario, integrati con riferimenti normativi e giurisprudenziali specifici.

Esempio 1 – Pensionato contro richiesta di indebito:

Al Direttore Generale INPS – Settore Pensioni
Via [indirizzo] – [CAP] [Città]

Oggetto: Comunicazione di indebita percezione n. [XXX]/[YYYY] – Opposizione e istanza di sospensione.

Il/La sottoscritto/a [Nome e Cognome] (C.F. ), titolare della pensione di vecchiaia/inabilità/reversibilità n. [], residente in [città], con la presente opporre formale resistenza alla Vostra richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite (documento INPS prot. n. [] del [gg/mm/aaaa]).

Motivazioni: la richiesta di recupero si fonda su errori di calcolo imputabili all’INPS e non a mio dolo. In applicazione dell’art. 52 della L. 12/3/1989 n. 88 e dell’art. 13 L. 14/2/1991 n. 412, le pensioni corrisposte in eccesso in buona fede sono irripetibili. In ogni caso, il diritto dell’INPS alla restituzione si prescrive in 10 anni dal pagamento (art. 2946 c.c.). Ormai sono trascorsi più di dieci anni dalle mensilità contestate e non risultano atti interruttivi efficaci.

Istanza: alla luce delle suesposte ragioni, chiedo l’annullamento della comunicazione di indebito e la sospensione immediata di qualsiasi procedimento di recupero o azione esecutiva. Resto comunque a disposizione per concordare ogni chiarimento nel rispetto delle norme di legge.

Distinti saluti,
[Luogo e data]
[Firma]

Esempio 2 – Opposizione a cartella esattoriale:

Al Centro di Riscossione INPS – [indirizzo]

Oggetto: Opposizione cartella di pagamento n. [] del [].

Il/La sottoscritto/a [Nome e Cognome], C.F. , residente in [città], intende opporsi alla cartella di pagamento n. [] notificata in data [], avente ad oggetto somme iscritte a ruolo per presunta indebita percezione di prestazioni INPS.

Ragioni dell’opposizione: il credito rivendicato è ormai prescritto (sono trascorsi oltre 10 anni dai singoli pagamenti richiesti). Inoltre, trattandosi di pensione/indennità liquidata in buona fede, ai sensi della L. 88/1989 art. 52 non sono dovuti gli importi contestati. Per questi motivi chiedo l’annullamento della cartella e l’archiviazione dell’istruttoria.

Istanza di sospensione: chiedo altresì la sospensione immediata delle procedure esecutive (pignoramenti, trattenute, compensazioni) in attesa della definizione del presente giudizio, al fine di evitare gravissimi pregiudizi alla mia situazione economica.

Allego copia della documentazione rilevante e mi riservo di esporre nel merito ulteriori elementi in udienza.

Distinti saluti,
[Luogo e data]
[Firma]

Questi modelli sono puramente esemplificativi e vanno personalizzati. In ogni caso, devono far riferimento alle norme citate e alle proprie circostanze (es. dati di reddito, date, domiciliazioni, ecc.). È opportuno inviare tali lettere tramite raccomandata A/R o PEC.

9. Sintesi dei termini di prescrizione

Di seguito una sintesi dei principali termini prescrizionali trattati:

  • Somme indebitamente percepite (prestazioni INPS): 10 anni (art. 2946 c.c.); per le pensioni, verifiche annuali/termine al 31/12 a norma art.13 L.412/91.
  • Sanzioni civili contributive: 10 anni (termine ordinario).
  • Contributi previdenziali dovuti (IVS): 5 anni (per periodi dal 1996), 10 anni per i versamenti anteriori al 1996.
  • Interessi moratori: 5 anni (art. 2948 c.4 c.c.).

Le relazioni e le eccezioni dipendono dal contesto: ad es. buona fede/percezione indebita per pensioni (irripetibilità salva dolo), per NASpI resta applicabile art.2033 c.c. (con diritto di recupero).

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice Civile: art. 2033 (ripetizione dell’inesatto pagamento), art. 2935, 2943, 2946, 2948, 2953.
  • Legge 12 marzo 1989, n. 88, art. 52 (irripetibilità delle pensioni corrisposte in eccesso salvo dolo dell’interessato).
  • Legge 14 febbraio 1991, n. 412, art. 13 (recupero annuale delle eccedenze pensionistiche).
  • D.P.R. 31 luglio 1973, n. 1092, art. 162 (recupero indebito pensione provvisoria) e art. 206 (irripetibilità indebito da revoca pensione salvo dolo).
  • Normativa assistenziale: D.L. 29/10/1976 n. 850 (conv. L. 29/77), art. 3-ter; D.L. 13/7/1988 n. 173 (conv. L. 291/88), art. 3 (revoca prestazioni invalidità senza recupero pregresso).
  • Cassazione civile: ad es. Sez. Lav. sent. 30/6/2021 n. 18615 (indebito pensionistico: ripetibile solo per errore imputabile all’ente o dolo del percettore); sent. 9/11/2018 n. 28771; sent. 20/11/2019 n. 31832; Sez. Lav. ordinanze 11/7/2022 n. 21878 e 26/4/2023 n. 10337 (indebito previdenziale NASpI: conferma applicazione art.2033 c.c.; buona fede dell’accipiens non impedisce ripetizione); sent. 30/4/2024 n. 11659 (indebito NASpI: applicazione art.2033 c.c. e principi Corte Cost. 8/2023); Cass. civ. sez. un. 17/1/2017 n. 17997; Sez. Giur. Reg. Corte Conti Abruzzo 28/6/2010 n. 355 (indebiti INPDAP: ripetibili solo per dolo).
  • Corte Costituzionale: sent. 30/11/2022 n. 8/2023 (art. 2033 c.c. e tutela del legittimo affidamento del percettore).
  • INPS (circolari e messaggi): Circolare INPS 22/11/2021 n. 174 (nuove modalità di restituzione indebito); Messaggio INPS n. 466/2018 (sospensione sanzioni contributive fino al 2018).

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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto previdenziale e controversie INPS
✔️ Consulente per la regolarità dei rapporti con enti previdenziali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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