Hai una piccola impresa e ti ritrovi schiacciato dai debiti, con banche e fornitori che sollecitano pagamenti impossibili? Ti stai chiedendo se esiste una via d’uscita legale dal sovraindebitamento, senza dover fallire e perdere tutto?
Il sovraindebitamento del piccolo imprenditore è una situazione sempre più diffusa, ma spesso sottovalutata. Molti titolari di ditte individuali, artigiani, commercianti o professionisti cercano di resistere troppo a lungo, accumulando esposizioni insostenibili. Ma oggi il Codice della crisi offre strumenti precisi e su misura per risolvere la situazione in modo ordinato e legale.
Chi è il “piccolo imprenditore” che può accedere a queste procedure?
Parliamo di soggetti che, pur svolgendo attività economica, non superano determinate soglie dimensionali (volume d’affari, attivo patrimoniale, numero dipendenti) e non sono sottoponibili a liquidazione giudiziale. Anche chi ha cessato da poco l’attività può rientrare, se la crisi è ancora legata al carico debitorio accumulato durante l’impresa.
Quali soluzioni sono disponibili?
Il piccolo imprenditore può accedere a tre strumenti principali:
- il concordato minore, se vuole proporre un piano di rientro parziale ai creditori, con eventuale prosecuzione dell’attività;
- la liquidazione controllata, se non può più continuare e preferisce chiudere la posizione azzerando i debiti;
- l’esdebitazione del debitore incapiente, se non ha beni né reddito e non può offrire alcuna forma di pagamento.
Serve essere in buona fede?
Sì. Come per ogni procedura di sovraindebitamento, è richiesto il requisito della meritevolezza: significa non aver agito in frode ai creditori, non aver nascosto beni o falsificato i conti. Anche chi ha commesso errori o gestito male l’impresa può essere ammesso, se dimostra trasparenza e volontà di risolvere.
E i beni personali sono a rischio?
Dipende. Chi esercita in forma individuale risponde con tutto il proprio patrimonio. Tuttavia, con la liquidazione controllata o un concordato ben strutturato, è possibile limitare i danni, ottenere una sospensione delle azioni esecutive e salvaguardare – in certi casi – anche la prima casa o i beni funzionali a ripartire.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto dell’impresa, sovraindebitamento e risanamento – ti spiega come funziona il sovraindebitamento del piccolo imprenditore, quali strade puoi percorrere e come possiamo aiutarti a ripartire senza essere travolto dai debiti.
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Introduzione
La situazione di sovraindebitamento si verifica quando un soggetto, pur non potendo essere dichiarato fallito (ad es. perché piccola impresa sotto soglia o libero professionista), non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti. In questi casi il legislatore italiano ha introdotto strumenti alternativi per la composizione della crisi (Legge n. 3/2012 “salva-suicidi” e Codice della crisi d’impresa, D.Lgs. 14/2019, con successivi correttivi) che consentono di proporre un piano di ristrutturazione o di liquidazione del patrimonio, evitando il fallimento. Tali procedure (accordo di ristrutturazione, piano del consumatore, concordato preventivo semplificato o liquidazione controllata) sono concepite per tutelare il debitore meritevole, liberarlo dai debiti non soddisfatti (esdebitazione) e allo stesso tempo garantire un soddisfacimento equo dei creditori. Il piccolo imprenditore, grazie a questi istituti, può evitare il tracollo aziendale e ottenere una “seconda chance” rinegoziando il proprio debito sulla base delle reali capacità patrimoniali e reddituali.
Questa guida, aggiornata a giugno 2025 analizza in dettaglio la normativa italiana sul sovraindebitamento applicabile al piccolo imprenditore. Si inizia dalle definizioni e dai soggetti interessati, per poi illustrare le diverse procedure disponibili (accordo di composizione, concordato minore, liquidazione controllata, piano del consumatore), con tabelle riepilogative delle caratteristiche chiave. Segue un approfondimento sugli effetti delle procedure (sospensione delle esecuzioni, falcidia di crediti, esdebitazione) e sui profili fiscali e previdenziali (trattamento dei debiti tributari e contributivi, nuova transazione fiscale). Infine si presentano domande frequenti e casi pratici simulati, dal punto di vista del debitore. Tutte le informazioni normative e giurisprudenziali sono corredate da riferimenti alle fonti legislative e alle pronunce più recenti.
Definizione di sovraindebitamento e contesto normativo
Il sovraindebitamento è definito come una «situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte», ossia l’incapacità del debitore di soddisfare regolarmente i propri debiti. La legge 27 gennaio 2012, n. 3 (aggiornata dalle norme del 2020 e convertito 2020, nonché da successivi interventi) ha introdotto ex novo la composizione della crisi da sovraindebitamento per i soggetti esclusi dalle procedure fallimentari. In particolare l’art. 7 prevede che il debitore “in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano”. Al comma 1-bis lo stesso articolo riconosce al consumatore la possibilità di proporre un proprio piano di rientro del debito. Pertanto la procedura è modellata sul concordato preventivo fallimentare, ma riservata a categorie di debitori “non fallibili” (p.e. privati consumatori, professionisti, piccole imprese). L’omologazione del piano da parte del giudice presuppone il giudizio di meritevolezza del debitore (ragionevolezza del piano e assenza di colpa grave nella crisi) e la valutazione della convenienza del piano rispetto alla liquidazione del patrimonio. In caso di esito positivo, i creditori possono essere soddisfatti secondo quanto previsto dal piano, e i debiti residui (in chirografo) verranno cancellati (esdebitazione).
Le norme in materia sono oggi integrate dal Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) e dal suo correttivo-ter (D.Lgs. 136/2024), che hanno ridefinito alcuni aspetti procedurali e introdotto la possibilità di transazione fiscale/contributiva (nuova opzione per ridurre debiti verso Erario e INPS). Restano saldi i principi fondamentali di tutela del debitore meritevole e di equilibrio verso i creditori.
Chi è il «piccolo imprenditore» e chi può accedere
Possono accedere agli istituti del sovraindebitamento solo i soggetti non fallibili, come appunto il piccolo imprenditore. Le categorie interessate includono:
- Consumatori (persone fisiche con debiti estranei all’attività d’impresa), che potranno adottare esclusivamente il piano del consumatore.
- Lavoratori autonomi e liberi professionisti (senza impresa commerciale): artigiani, avvocati, professionisti che hanno partita IVA ma non esercitano un’impresa commerciale. Anche se possono esporre debiti IVA o INPS, questi soggetti accedono alle procedure di sovraindebitamento come “non imprenditori”.
- Piccole imprese commerciali (sotto soglia): imprese individuali o societarie che non superino i limiti dimensionali previsti dall’art. 1 l.fall. (attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti totali ≤ €500.000). Tali imprese “mini” non sono soggette alle normali procedure fallimentari e possono invece chiedere il concordato preventivo semplificato (detto concordato minore) o la liquidazione controllata da sovraindebitato per risanare la crisi. Anche chi ha cessato l’attività da oltre un anno, pur rispettando i limiti dimensionali, può proporre tali procedure.
- Imprenditori agricoli: agricoltori e coltivatori diretti con debiti aziendali possono accedere all’accordo di composizione della crisi.
- Società di persone e professionali: soci illimitatamente responsabili di S.r.l. o S.a.s., società semplici/professionali, possono beneficiare degli stessi strumenti, in quanto non rientrano tra i soggetti fallibili ordinarî.
- Startup innovative non quotate: anch’esse escluse dal fallimento, possono accedere alle procedure negoziate.
- Altri enti non commerciali privati (ONLUS, associazioni, fondazioni private) con debiti anche tributari possono avvalersi delle procedure di sovraindebitamento.
In sintesi, gli imprenditori di modesta dimensione (individuali, di persone, di capitali) che rispettino i parametri indicati e siano in stato di crisi (debiti esigibili e scaduti tali da rendere evidente l’incapacità di pagare) possono accedere agli strumenti della Legge 3/2012. Il requisito chiave è lo stato di sovraindebitamento: ciò viene verificato dall’Organismo di composizione della crisi (OCC) e dal Tribunale. I grandi imprenditori, le società quotate, banche e P.A. non possono usare questi meccanismi e restano soggetti alle ordinarie procedure concorsuali.
Principali procedure di composizione della crisi
Le procedure in capo al piccolo imprenditore si dividono principalmente in accordo di composizione della crisi (previsto dall’art. 7 e ss. della L.3/2012) e procedure concorsuali semplificate (concordato preventivo semplificato e liquidazione controllata). Inoltre il consumatore/professionista può attivare il piano del consumatore. Di seguito si riassumono le caratteristiche essenziali di ciascuno strumento, con una tabella comparativa.
- Accordo di composizione della crisi (art. 7-9 L.3/2012): si tratta di una procedura negoziale di ristrutturazione che il debitore propone ai creditori con l’assistenza di un organismo di composizione della crisi (OCC) iscritto nell’apposito registro ministeriale. Il debitore presenta un piano di rientro che può prevedere rateizzazioni, riduzioni di debiti (falcidia) o conferimenti di garanzie. I creditori (anche gli erariali e previdenziali) sono chiamati a votare. La decisione del Tribunale di omologare l’accordo richiede il consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60 % dei crediti, ovvero la maggioranza qualificata prevista per analogia al concordato fallimentare. La legge impone che il piano assicuri il pagamento regolare dei crediti impignorabili (altri che domiciliati e previdenziali) e può prevedere il differimento dei pagamenti anche per i crediti privilegiati (fino all’ammontare ottenibile nella liquidazione). In pratica: il piano può falcidiare le passività garantite, a condizione che al creditore sia riservata almeno la parte di ricavo che avrebbe ottenuto liquidando il bene ipotecato.
- Piano del consumatore (art. 7-bis L.3/2012): procedura riservata al consumatore (persona fisica con debiti non professionali), ma spesso utilizzata anche dai piccoli professionisti che hanno comunque componente personale nei debiti. Non prevede l’apporto di garanzie e non necessita del voto dei creditori. Il consumatore presenta un piano di ristrutturazione al Tribunale con l’ausilio dell’OCC; il Giudice verifica la meritevolezza (ragionevolezza del piano, causa del debito non colposa) e la fattibilità economica. Se omologato, il piano produce effetti analoghi: moratoria sulle esecuzioni e piano di pagamento, seguito da esdebitazione. In pratica l’interessato può chiedere la ristrutturazione del debito personale secondo le proprie reali capacità, mentre i creditori si accontentano di quanto il piano eroga. Anche in questo caso sono compresi i debiti tributari e contributivi esigibili (anche INPS). Il piano del consumatore può essere valutato anche sulla base di criteri diversi da quelli del concordato (p. es. non richiede soglie di credito).
- Concordato preventivo semplificato (“concordato minore”, art. 161-166 L.Fall integrati dalla L.3/2012): procedura giudiziale che permette alle piccole imprese (sotto soglia) di concordare con i creditori un piano di ristrutturazione. Pur definito “concordato”, ricalca l’impostazione dell’accordo: il debitore propone al Tribunale un piano che deve essere approvato da almeno il 60 % dei creditori (come sopra) o, in caso di opposizioni, omologato dal giudice. La differenza rispetto al concordato ordinario è che non si applicano le regole sul fallimento (non c’è pericolo di ammissione al passivo) e il piano è molto flessibile: può prevedere pagamenti parziali anche per crediti privilegiati, purché venga mantenuto inalterato il ranking di prelazione nella sfera liquidatoria. Se omologato, il residuo del debito viene esdebitato e l’imprenditore è liberato. Spesso questo istituto viene attivato insieme alla liquidazione controllata, ad es. con la formula del “concordato in bianco” (deposito piano senza beni, da integrare entro certi limiti) e nomina di un commissario giudiziale che può richiedere l’autorizzazione alla vendita del patrimonio per soddisfare i creditori.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (art. 14-bis/14-ter L.3/2012): procedura analoga a una liquidazione volontaria, dedicata alle piccole imprese non fallibili. Invece di proporre un piano di rientro, il debitore affida il proprio patrimonio a un liquidatore giudiziario che lo vende e ripartisce il ricavato tra i creditori. Il Tribunale omologa il piano di liquidazione se ritiene non vi sia colpa del debitore e che l’insufficienza dei proventi sia incompatibile con il risanamento. Al termine, i debiti residui possono essere cancellati (esdebitazione), se il debitore ha rispettato le regole di “meritevolezza” e non ha agito in malafede. Questo strumento è scelto quando l’impresa ha un patrimonio patrimoniale, ma non redditi correnti per pagare i debiti: consente di liquidare tutto senza fallire.
Le seguenti tabelle sintetizzano i punti chiave delle procedure principali:
Procedura | Destinatari | Organo/Assistenza | Esiti principali |
---|---|---|---|
Accordo di composizione | Qualsiasi debitore non fallibile (inclusi piccoli imprenditori) | OCC + Tribunale | Piano di ristrutturazione dei debiti (rateizzazioni, falcidie). Sospensione esecuzioni. Omologazione se ≥60% creditori approva. Al termine, residuo crediti chirografari esdebitati. |
Piano del consumatore | Consumatori e professionisti (debitore individuale) | OCC + Tribunale | Piano di rientro personalizzato. No voto dei creditori richiesto. Effetti simili: sospensione azioni, riconoscimento proporzionale ai creditori. Al termine, esdebitazione. |
Concordato minore | Piccole imprese (intestate a non fallibili, sotto soglia) | Tribunale (commissario giud.) | Piano concordatario con capi di soddisfazione creditori. Richiesta approvazione 60%. Può prevedere vendita beni, moratorie. Debiti residui esdebitati dopo esecuzione del piano. |
Liquidazione controllata | Piccole imprese (non fallibili, sotto soglia) | Tribunale (liquidatore) | Vendita controllata del patrimonio. Creditori soddisfatti sul ricavato. Se insufficiente, debiti residui esdebitati se debitore meritevole. |
All’atto dell’avvio di ciascuna procedura decorrono automaticamente l’effetto sospensivo sui pignoramenti e le altre esecuzioni (art. 14 L.3/2012): i creditori non possono più attivare azioni dirette sul patrimonio del debitore fino a che il piano non viene omologato o la procedura non termina. In pratica, l’imprenditore ottiene un blocco temporaneo degli esattori mentre si definisce la ristrutturazione. È fondamentale, però, prestare attenzione alle forme e ai termini: il Commissario/Tribunale potrà revocare la sospensione se ritiene infondata la richiesta (su istanza degli interessati, art. 623 c.p.c.).
Effetti delle procedure e trattamento dei crediti
Una volta avviata e omologata la procedura di composizione della crisi, si applicano effetti di carattere sostanziale e processuale:
- Divieto di proseguire esecuzioni: come detto, il Giudice delegato della procedura può ordinare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive individuali pendenti contro il debitore fino all’omologa. L’effetto spetta al solo giudice dell’esecuzione di ciascun procedimento (che sarà tenuto a sospendere dopo un decreto del collegio fallimentare).
- Piano di riparto: il piano omologato stabilisce come ripartire tra i creditori le risorse disponibili (uscite del debitore o proventi di vendita). I creditori sono classificati in classi (es. statali, privilegiati, chirografari) e possono essere falcidiate le poste di loro competenza, nel rispetto delle norme di par condicio e pari passu. In particolare, come chiarito dalla giurisprudenza, un creditore ipotecario/ privilegiato la cui pretesa venga pagata parzialmente entro il valore del bene in garanzia “non cessa di essere creditore per la parte degradatasi a chirografo”: ciò significa che l’eventuale eccedenza dovuta, rispetto a quanto versato con il piano, diviene un credito chirografario per cui il creditore ha diritto agli stessi limiti di soddisfazione degli altri creditori senza garanzia. In sostanza, l’ipoteca non copre la parte falcidiata.
- Crediti tributari e previdenziali: i debiti verso Agenzia delle Entrate, enti locali, INPS/INAIL e simili possono essere inseriti nel piano e soggetti a riduzione e dilazione. Ad esempio, rientrano IRPEF, IRES, IRAP, IVA, IMU, TARI, TASI, tributi catastali, contributi INPS e INAIL e relativi interessi e sanzioni. Non trattandosi di entrate “indisponibili” UE (ad eccezione di alcune imposte all’importazione e accise speciali), è possibile prevedere pagamenti ridotti o rateizzati anche per l’IVA nazionale. L’Agenzia delle Entrate in una circolare ha ribadito che “nei debiti risanabili attraverso la composizione della crisi da sovraindebitamento rientrano anche quelli di natura tributaria”. In pratica, anche l’Erario può dover accettare una falcidia del debito fiscale, se il giudice la ritiene equa rispetto alla liquidazione del patrimonio del debitore. Eccezioni: non possono essere compresi nel piano tributi di risorse proprie UE (alcune aliquote IVA all’importazione e accise gestite da Bruxelles). Inoltre, le obbligazioni non ancora esigibili (futuri tributi su fatture ancora non scadute) non possono essere inserite; si considerano solo i crediti già affidati alla riscossione. Per l’INPS e INAIL, i contributi arretrati sono trattabili nei piani come crediti dello Stato: l’impresa può richiedere moratorie o riduzioni anche su questi. Recenti novità legislative (D.Lgs. 136/2024) prevedono persino l’istituto della “transazione fiscale” nelle procedure concorsuali, che consente di negoziare formalmente con l’Agenzia riduzioni e dilazioni (previo attestazione professionale), sebbene senza possibile cram-down (pagamento minimo forzato).
- Cancellazione dei debiti residui (esdebitazione): se al termine del piano il debitore ha adempiuto alle obbligazioni nei modi e nei tempi previsti, il Tribunale può dichiarare “estinzione del debito” residuo, liberando definitivamente il debitore dai crediti non pagati. L’esdebitazione è condizione centrale (ora disciplinata anche dal Codice della crisi) e viene concessa solo se il debitore ha agito con meritevolezza (assenza di dolo o grave colpa nella determinazione del debito). In assenza di colpa rilevante, non è necessario soddisfare integralmente una percentuale minima di creditori per ottenere l’esdebitazione: il legislatore e la Cassazione hanno chiarito che basta dimostrare di aver fatto il possibile secondo quanto approvato nel piano e che i creditori sarebbero stati ancor meno soddisfatti in una liquidazione fallimentare. Se invece il debitore ha distratto beni o commesso frodi, rischia di vedersi negare l’esdebitazione sui debiti abusivamente ridotti.
Profili fiscali e contributivi
La crisi d’impresa coinvolge inevitabilmente debiti tributari e previdenziali, ed è cruciale comprendere come trattarli. Come detto, le procedure di sovraindebitamento consentono di inserire nel piano quasi tutti i debiti verso il fisco e l’INPS, obbligatoriamente esigibili al momento della domanda. Ciò vale per tasse e imposte (IRPEF, IVA, IRES, tributi locali, ecc.) e per contributi INPS/INAIL; gli interessi e sanzioni collegati rientrano anch’essi. In pratica, il piano può prevedere una falcidia fiscale: il debitore offre all’Agenzia o all’INPS un pagamento ridotto o rateizzato e l’ente lo può accettare nell’ambito dell’omologa del piano. Questo riflette una svolta culturale: anche il fisco mira a evitare che il contribuente venga sovrastato dai debiti e non possa più pagare nulla, come richiamato da circolari dell’Agenzia stessa.
Tuttavia, in passato la Corte di Cassazione (e la Costituzionale) avevano espressamente escluso la riducibilità di alcuni crediti prelazionari fiscali, in particolare l’IVA (resa «risorsa propria UE») e le ritenute operate (da corrispondere integralmente per legge). Ciò significava che, in pratica, l’IVA dovuta sui ricavi e le ritenute versate per conto dei dipendenti non potevano subire tagli nell’ambito del piano. Recenti interventi normativi (codice della crisi correttivo 2024) e dottrinali invece argomentano che anche l’IVA può ora essere falcidiata nel piano, in coerenza con l’evoluzione europea e col principio di non disparità di trattamento fiscale. Inoltre, dal 2023 è possibile avvalersi della transazione fiscale/contributiva (D.L.69/2023) in parallelo alle procedure concorsuali: un accordo negoziale con Agenzia e/o INPS per ridurre il debito versando almeno il 30% in 5 anni, con sospensione dei termini (anche se questo strumento è distinto dal piano di sovraindebitamento).
In ogni caso, le procedure di sovraindebitamento tutelano comunque le pretese dell’Erario in parte: il piano deve garantire il pagamento regolare dei crediti impignorabili (IRPEF, contributi previdenziali del lavoratore, c/c bancari fino a certo limite, alimenti) e può riflettere la priorità fiscale come se ci fosse una liquidazione fallimentare. Per il debitore imprenditore ciò significa che, anche se propone un notevole sconto sui tributi, dovrà comunque prevedere di versare almeno ciò che l’Agenzia otterrebbe con un’ipotetica espropriazione forzata. Non bisogna dimenticare, infine, la possibilità di sanare i debiti tributari (e contributivi) attraverso il c.d. saldo & stralcio o la rottamazione del 2023, ma questi strumenti ordinari richiedono di essere già in regola con le ultime presentazioni (IRPEF, IVA, ecc.).
Tabelle riepilogative
Per facilitare la consultazione, si riportano due tabelle di sintesi:
Tabella 1 – Confronto tra i procedimenti di composizione della crisi
Caratteristica / Procedura | Accordo di composizione | Piano del consumatore | Concordato minore | Liquidazione controllata |
---|---|---|---|---|
Destinatari | Persone fisiche e imprese non fallibili (tra cui piccolo impr.) | Consumatori (privati) | Piccole imprese sotto soglia / ceoattivi | Piccole imprese sotto soglia / ceoattivi |
Assistenza OCC | Sì | Sì | Sì (commissario) | Sì (liquidatore) |
Rich. al Tribunale | Documento + atto di citazione | Istanza di omologazione | Istanza in Tribunale | Istanza in Tribunale |
Approvazione / Omologazione | ≥60% creditori o giudice | No voto creditori, giudice verifica meritevolezza | ≥60% creditori o giudice | Giudice verifica condizioni |
Sospensione esecuzioni | Sì (dopo decreto giudice) | Sì (dopo decreto giudice) | Sì (dopo omologa) | Sì (dopo decreto giudice) |
Falcidia dei debiti | Sì (anche privilegi, in base a piano) | Sì (anche tributi, in base a piano) | Sì (fino al valore dei beni) | N/A (estinz. col ricavato) |
Esdebitazione residui | Sì, se debitore meritevole | Sì, se debitore meritevole | Sì, se debitore meritevole | Sì, se debitore meritevole |
Durata tipica | 1–2 anni | 1–2 anni | 1–2 anni | 1–2 anni |
Tabella 2 – Flusso delle procedure (esempi)
Fase / Procedura | Accordo o Concordato minore | Piano del consumatore | Liquidazione controllata |
---|---|---|---|
1. Predisposizione piano | OCC redige piano + atto di citazione (ai sensi art. 7 ss.) | OCC riceve istanza consumatore con piano (art. 7-bis) | Liquidatore redige piano di vendita e riparto; debitore o creditore ne chiede omologa |
2. Notifica ai creditori | Sì (tutti i creditori noti, compresi tributi e previdenza) | Sì (info generali e ademp. obbligatori) | Sì (avviso di citazione per creditori iscritti a ruolo e privilegiati) |
3. Approvazione creditori | Assemblea ex art. 84 l.fall (60% crediti) oppure controdeduzioni giudice | No assemblea: giudice valuta meritevolezza secondo art. 12-ter L.3/2012 | Sì (creditori esprimono voto sul piano) |
4. Omologazione giudice | Sì – se conferimenti e percentuali rispettati; giudice verifica meritevolezza | Sì – giudice valuta merito e procede all’omologa se tutto ok | Sì – se piano è conveniente; giudice verifica meritevolezza |
5. Esecuzione del piano | Debitore paga ai creditori secondo il piano (monitoraggio OCC) | Debitore paga secondo programma; OCC vigilante | Liquidatore vende beni e ripartisce il ricavato, poi riparto finale |
6. Esdebitazione finale | Sì, sui residui chirografari (se rispettati impegni) | Sì, sui residui chirografari | Sì, sui residui chirografari |
Le tabelle qui riportate sono schematiche e non esaustive, ma aiutano a orientare la scelta del procedimento più adatto in base alla situazione concreta.
Domande frequenti e casi pratici
D: Chi è considerato piccolo imprenditore?
R: In senso tecnico è chi, esercitando l’attività d’impresa, rientra nelle soglie dell’art. 1 legge fallimentare aggiornate (attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000) e quindi non è assoggettabile al fallimento. Se l’impresa supera tali limiti, non può accedere agli strumenti di sovraindebitamento previsti dalla Legge 3/2012 e ricade nelle procedure fallimentari ordinarie o nella composizione negoziata del Codice della crisi (artt. 4-5 D.Lgs. 14/2019). L’imprenditore sotto soglia gode quindi di misure semplificate (concordato minore, liquidazione controllata), anche se ha partita IVA o debiti verso il fisco. Può accedere anche chi ha chiuso l’attività da massimo 1 anno, sempre rispettando i limiti dimensionali.
D: Posso usare il piano del consumatore se ho partita IVA?
R: Il piano del consumatore è riservato al debitore persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Se l’imprenditore ha contratto debiti personali (ad es. mutuo prima casa, prestiti personali, carte di credito) e non ha altra partita IVA collegata all’attività d’impresa, in teoria può inquadrarsi come consumatore. Diversamente, chi ha partita IVA e debiti d’impresa dovrà rivolgersi all’accordo di composizione o al concordato minore. Tuttavia i liberi professionisti (avvocati, geometri, ecc.) con partita IVA ma senza vero fatturato d’impresa possono spesso ritenersi in questa categoria ibrida. In ogni caso, il piano del consumatore consente di trattare con flessibilità anche debiti misti (personali e professionali), purché essenziali e non collegati a frodi.
D: Qual è il trattamento dei crediti tributari nel piano?
R: I debiti verso Agenzia Entrate, INPS, enti locali ecc. possono essere inseriti nel piano e sottoposti a riduzione/dilazione. Ciò significa che, con il consenso dell’organo giudiziario, l’imprenditore può proporre di pagare all’Erario e all’INPS anche una percentuale inferiore al dovuto. La giurisprudenza (Cass. 2022) conferma che la falcidia è possibile sulle somme eccedenti il valore del bene dato in garanzia, e non cessa quindi il credito fiscale residuo: la parte non garantita rimane crediti chirografari. A livello pratico, l’esempio tipico è inserire le cartelle esattoriali (IRPEF, IVA, contributi) nel piano come crediti privilegiati, offrendo il pagamento parziale entro le capacità del debitore. L’Agenzia delle Entrate, con circolare, ha addirittura riconosciuto che “rientrano anche [nel piano] quelli di natura tributaria”, evidenziando una linea di apertura verso la soluzione della crisi piuttosto che la riscossione forzata integrale. Bisogna comunque tenere conto dei vincoli di legge: il piano non può incidere su tributi di risorse proprie UE (alcune accise doganali) e non comprende debiti non ancora esigibili. Nel complesso, il piccolo imprenditore in crisi può negoziare anche il debito fiscale come parte integrante della ristrutturazione complessiva.
D: E i contributi INPS e INAIL?
R: Anche i debiti previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL) possono essere ammessi nella composizione della crisi, trattandoli come crediti dello Stato. Il piano può prevedere moratorie o riduzioni per i contributi previdenziali (INPS) maturati negli anni precedenti, analogamente alle imposte statali. L’unica distinzione è che, tecnicamente, nell’accordo di composizione negoziato (ex Codice della crisi) non si può “negoziare” con INPS/INAIL se non con la transazione fiscale/contributiva introdotta dal 2023. Ma nelle procedure ex L.3/2012 l’INPS si comporta come un creditore ordinario statale. In sostanza, il professionista o imprenditore potrà regolarizzare i contributi in sospeso come parte del piano, sotto la vigilanza del Tribunale e dell’OCC.
D: Cosa succede se nel piano si prolunga il pagamento dei debiti privilegiati?
R: L’art. 8, comma 4, L.3/2012 prescriveva in origine che i crediti privilegiati dovevano essere pagati entro un anno dall’omologa. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34150/2024, ha stabilito che è legittimo prevedere una moratoria più lunga anche per i crediti prelatizi, purché al creditore privilegiato sia attribuito il diritto di voto nel piano o, nel caso del consumatore, la possibilità di pronunciarsi sulla proposta. In pratica, il giudice consente di differire il pagamento delle pretese garantite (es. ipoteche, privilegi su beni) oltre i termini ordinari, a condizione che il piano garantisca comunque loro un livello adeguato di soddisfazione futura. Ciò introduce maggiore flessibilità: l’imprenditore, per es., può offrire di pagare l’ipoteca in più anni anziché immediatamente, a patto che il piano sia equo e che il creditore ipotecario abbia partecipato alla decisione (potrà contestarne la convenienza).
D: Qual è la procedura passo-passo per l’accordo di composizione?
R: In sintesi, il piccolo imprenditore procede così:
- Preparazione del piano – Con l’aiuto di un OCC abilitato si redige il piano di ristrutturazione (o concordato minore) redigendo una proposta completa di prospetto dei crediti (statali, garanti, chirografari). Il piano deve essere dettagliato e credibile.
- Deposito in Tribunale – Si deposita il piano presso il Tribunale competente e si avvia il procedimento fallimentare (o equivalente sotto L.3/2012). Contemporaneamente si fissano udienza per l’assemblea dei creditori.
- Avviso ai creditori – Il debitore convoca tutti i creditori noti (tramite avviso pubblicato in gazzetta o a mezzo PEC/posta). I creditori possono partecipare all’assemblea e votare il piano.
- Votazione e opposizioni – Si tiene l’assemblea: i creditori possono approvare il piano (richiede almeno il 60 % di valore dei crediti a favore). Se alcuni creditori, o chi ha interesse (anche il PM o consumatori tutelati), contestano il piano, si segnalano opposizioni in Tribunale.
- Omologazione del Tribunale – Il Giudice verifica i requisiti di legge (assenza di altre procedure concorsuali pendenti, meritevolezza del debitore, regolarità formale del piano, non esistenza di documenti mancanti) e può omologare il piano. Dall’omologazione decorre l’esdebitazione legale (cancellazione dei debiti non pagati).
- Esecuzione del piano – Il debitore paga i creditori secondo le scadenze stabilite. Tutti gli atti esecutivi pendenti restano sospesi. Al completamento, il Tribunale dichiara estinti i debiti residui.
Ogni procedura ha tempistiche diverse (solitamente da 1 a 2 anni) e costi specifici: onorari degli organismi (OCC), del professionista attestatore (ove previsto) e del legale che assiste in Tribunale. Ad esempio, un accordo di composizione richiede la nomina di un professionista attestatore (anche un commercialista) per verificare la veridicità dei dati di bilancio. Analogamente, nel concordato minore può essere nominato un commissario giudiziale. I costi sono generalmente inferiori a quelli di un fallimento, poiché non vi è fase prefallimentare e il procedimento è semplificato. Tuttavia, è importante valutare con cura l’adeguatezza dello strumento: una procedura inadeguata può fallire (il Tribunale può rigettare il piano se lo ritiene svantaggioso per i creditori rispetto alla liquidazione).
D: Come si ottiene l’esdebitazione finale?
R: L’esdebitazione (estinzione definitiva dei debiti residui) si consegue con l’omologa del piano, a condizione che il debitore abbia rispettato gli impegni presi e non abbia agito in mala fede. Non è previsto un minimo soglia di soddisfazione dei creditori: la Legge richiede soltanto la «meritevolezza» del debitore, cioè che il piano sia ragionevolmente fattibile e che l’indebitamento non sia frutto di frode o grave negligenza. In pratica, se il Tribunale ritenesse il piano più vantaggioso della liquidazione e il debitore in buona fede, concederà l’estinzione dei debiti non adempiuti. La giurisprudenza sottolinea che anche solo il versamento di una minima percentuale (o la semplice dichiarazione di incapacità di pagare tutto) non preclude l’esdebitazione, fermo restando l’onere di collaborazione del debitore. Dopo l’omologa, il debitore ricomincia senza debiti pregressi (eccetto quelli impignorabili non coperti dal piano) e può così riavviare l’attività su basi equilibrate.
Fonti
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3, «Disposizioni in materia di usura, estorsione e composizione delle crisi da sovraindebitamento» (aggiornata).
- Codice Civile e Legge fallimentare (L. n. 267/1942): art. 1 (soglie di fallibilità).
- D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. L. 18 dicembre 2020, n. 176 (modifiche alla L.3/2012).
- D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e D.Lgs. 136/2024 (“Correttivo-ter”).
- Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2025, n. 5157 (reclamo omologa piano del consumatore; litisconsorzio attivo).
- Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2023, n. 22715 (rapporto tra concordato minore e procedura esecutiva; sospensione azioni esecutive).
- Cass. civ., sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150 (moratoria crediti prelatizi nei piani di sovraindebitamento).
- Cass. civ., sez. VI, 22 settembre 2022, n. 27843 (debito privilegiato; residuo credito in chirografo).
- Camera dei Deputati, Ufficio Studi, “Composizione delle crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012)” (temi.Camera.it).
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