Accertamento Sintetico Da Redditometro: Come Funziona

Hai ricevuto un accertamento fiscale e ti sei accorto che si basa su quanto spendi e non su quanto dichiari? Ti stai chiedendo come funziona il redditometro e se puoi contestare una ricostruzione che ti appare lontana dalla realtà?

L’accertamento sintetico da redditometro è una procedura che l’Agenzia delle Entrate può avviare quando ritiene che le spese sostenute da un contribuente non siano compatibili con il reddito dichiarato. Non è necessario dimostrare un’evasione vera e propria: basta una “sproporzione apparente” tra entrate e stile di vita.

Come funziona nella pratica il redditometro?

L’Agenzia parte dalle spese note: acquisti, bollette, assicurazioni, mutui, investimenti, auto, viaggi e consumi. Se queste superano di almeno il 20% il reddito dichiarato, scatta la presunzione di reddito maggiore. Ti verrà quindi notificato un avviso di accertamento sintetico basato su parametri e stime, che potresti dover giustificare punto per punto.

Posso difendermi?

Sì, e il contraddittorio è fondamentale. Hai diritto a spiegare all’Agenzia l’origine lecita dei fondi: aiuti familiari, risparmi accumulati, prestiti regolari, o spese sostenute da terzi. Se fornisci prove documentali chiare, l’accertamento può essere ridotto o annullato. Ma serve agire tempestivamente e con una strategia ben costruita.

E se non collaboro o non rispondo?

In caso di mancata risposta o difesa debole, l’accertamento diventa definitivo e potresti ricevere una cartella di pagamento con imposte, sanzioni e interessi. Anche se non hai commesso illeciti, rischi di pagare per una ricostruzione automatica che non corrisponde alla tua vera situazione.

Cosa puoi fare concretamente se ricevi un accertamento sintetico?

La prima cosa è non sottovalutare la comunicazione. Ogni spesa presunta può essere discussa, ma serve preparare una memoria difensiva dettagliata e precisa. Con il supporto di un avvocato esperto, puoi contestare i dati, richiedere rettifiche o – nei casi più gravi – impugnare l’accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in accertamenti fiscali e difesa del contribuente – ti spiega come funziona l’accertamento sintetico da redditometro, quando può essere contestato e come possiamo aiutarti a proteggere i tuoi diritti e il tuo patrimonio.

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Accertamento sintetico da redditometro: come funziona

L’accertamento sintetico (c.d. redditometro) è uno strumento di ricostruzione induttiva del reddito delle persone fisiche, introdotto per individuare i contribuenti con elevata capacità di spesa non giustificata dai redditi dichiarati. In pratica, l’Amministrazione finanziaria procede a determinare «sinteticamente» il reddito complessivo del contribuente in base alle spese sostenute e agli indicatori di capacità contributiva (beni posseduti, consumi e risparmi), invertinge l’onere della prova verso il contribuente e lo invita a dimostrare l’origine non imponibile dei fondi utilizzati.

Il redditometro non è un’imposta aggiuntiva, ma una tecnica d’accertamento del reddito IRPEF: se il reddito “ricostruito” dal redditometro supera quello dichiarato, scatta la rettifica e il contribuente dovrà pagare la differenza d’imposta e le relative sanzioni. In tale contesto la Giurisprudenza della Cassazione ha ribadito che il redditometro introduce una presunzione legale relativa: una volta che l’Ufficio ha provato la disponibilità di beni o spese indicativi di elevata capacità contributiva, al contribuente spetta dimostrare con prove specifiche che le spese sono state finanziate con redditi non tassabili o risparmi pregressi.

Principi normativi fondamentali

L’accertamento sintetico del reddito è disciplinato dall’art. 38 del DPR 600/1973 e s.m.i. In base al comma 4 di tale norma, l’ufficio può determinare in via sintetica il reddito complessivo del contribuente “sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”. Successivamente (comma 5) la norma è stata integrata con la facoltà di utilizzare anche il contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva definiti da decreti ministeriali. In pratica, si sono individuati specifici beni e servizi indicativi di capacità contributiva (ad es. abitazione, veicoli di lusso, spese familiari, ecc.) da utilizzare come basi di confronto.

L’art. 38 non fissa in astratto soglie di attivazione dello redditometro. Tali soglie sono state introdotte successivamente dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Manovra 2021), art. 1, commi 495-496 (conversione decreto rilancio), e dal D.L. 24 luglio 2024, n. 108 (c.d. decreto correttivo), che modificano l’art. 38 co.4-5. In base alla formulazione attuale, l’accertamento sintetico – anche “redditometrico” – scatta solo se il reddito complessivo accertabile eccede di almeno il 20% quello dichiarato e comunque supera almeno dieci volte l’assegno sociale annuo (aggiornato ISTAT biennalmente). In altri termini il reddito ricostruito deve superare di un quinto quello dichiarato e superare la soglia fissata (per il 2024 circa €69.700).

Norme di rilievo:

  • Art. 38, DPR 600/1973 (commi 4-8) – disciplina l’accertamento sintetico in generale; prevede l’invito al contribuente (art. 38, 7° comma) a fornire dati e notizie utili.
  • D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. L. 122/2010), art. 22 – ha riformulato l’art. 38, consentendo all’Agenzia di ricostruire il reddito sulla base di tutte le spese sostenute e introducendo il contraddittorio preventivo con il contribuente.
  • D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5 – disciplina il procedimento di accertamento con adesione, applicabile anche agli atti di accertamento redditometrico (rinvio nell’art. 38).
  • D.M. 24 dicembre 2012 (e DM succ.): definisce gli elementi indicativi di capacità contributiva (tabelle A e B), ossia le spese di consumo e investimento da confrontare con i redditi dichiarati.
  • L. 30 dicembre 2020, n. 178, e D.L. 24 luglio 2024, n. 108 (c.d. decreto correttivo) – fissano le nuove soglie di attivazione del redditometro (20% e 10× assegno sociale), e ribadiscono il diritto del contribuente a provare le fonti di spesa.
  • Legge 19 maggio 2020, n. 27 (c.d. decreto imprese) e s.m.i. – alcune novità fiscali, tra cui il “contraddittorio rafforzato” ex art. 38, comma 7 (in vigore dal 2024) – ma non hanno modificato i principi generali dell’onere della prova.
  • Legge 25 novembre 2022, n. 130, art. 6 – ha inserito il comma 5-bis nell’art. 7 D.Lgs. 546/1992 (CTP) confermando che l’onere della prova nel contenzioso tributario rimane “coerente con la normativa sostanziale”. La Cassazione (ordinanza 2746/2024) ha chiarito che tali novità non alterano i princìpi di presunzione già vigenti nel redditometro.

Soggetti interessati

L’accertamento sintetico da redditometro si applica alle persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo (ad es. lavoratori dipendenti, autonomi occasionali, pensionati, imprenditori agricoli, ecc.). In pratica, mira a intercettare i contribuenti privati (non imprese) con elevati consumi o patrimonio. Non si applica alle società o alle partite IVA con reddito d’impresa/lavoro autonomo (le quali sono in gran parte già indagate tramite accertamenti analitici o induttivi specifici).

Condizioni di applicazione e soglie attuali

Per procedere con l’accertamento sintetico redditometrico, due condizioni devono essere soddisfatte:

  • Scostamento di spese: il totale delle spese (“elementi indicativi di capacità contributiva”) sostenute dal contribuente nel periodo d’imposta deve far emergere una potenziale capacità contributiva tale da rendere il reddito accertabile superiore di oltre il 20% al reddito dichiarato. Si tratta in sostanza di un criterio quantitativo: se dai dati risultano spese e acquisti per un ammontare molto superiore a quanto il contribuente ha dichiarato di guadagnare, scatta il sospetto fiscale.
  • Soglia minima reddituale: il reddito complessivo ricostruito in via sintetica deve comunque superare una soglia minima pari a 10 volte l’assegno sociale annuo (indicativamente circa €70.000 per il 2024). Questa soglia serve a concentrare lo strumento sui “maxi-evasori”: se il maggior reddito accertato è inferiore a tale soglia, il redditometro non scatta.

In sintesi, oggi l’accertamento redditometrico si attiva quando il reddito presunto calcolato dall’Amministrazione è superiore sia del 20% a quello dichiarato sia di almeno 10 volte l’assegno sociale. Questo meccanismo bi-soglia è operativo dai primi anni 2021 e applicabile solo ai periodi d’imposta successivi (non retroattivo). In particolare, la nuova soglia del 20% è stata introdotta dalla Legge n. 178/2020; la soglia dell’“assegno sociale” è parte del D.L. 108/2024.

Procedimento dell’accertamento sintetico

Dal punto di vista formale, il redditometro segue un iter in più fasi, in cui il contribuente ha alcuni diritti procedurali:

  1. Avvio dell’indagine – L’ufficio accede alle banche dati fiscali (Anagrafe Tributaria, Cerved, PRA, ecc.) e individua elementi (immobili, veicoli, spese familiari) in contrasto con i redditi dichiarati. Se emerge un’anomalia tale da far scattare le soglie di cui sopra, l’ufficio informa il contribuente di voler procedere via redditometro.
  2. Contraddittorio preventivo (invito a comparire) – L’ufficio deve invitare il contribuente ad un incontro (di persona o tramite rappresentanti) per fornire “dati e notizie rilevanti” ai fini dell’accertamento. Questo incontro (obbligatorio per legge) serve a raccogliere le prime spiegazioni del contribuente sulle fonti delle sue spese. È un’opportunità di dialogo obbligata: la giurisprudenza ricorda infatti che l’Amministrazione deve dare questa possibilità nel redditometro.
  3. Ricostruzione del reddito – Sulla base delle informazioni raccolte e dei dati degli archivi, l’ufficio quantifica il reddito complessivo “presunto” del contribuente, sommando le spese sostenute e valutando la quota di risparmio insita nei consumi (secondo le tabelle ISTAT o i coefficienti ministeriali). Dal reddito così determinato vengono detratte solo le spese deducibili di legge e si applicano le detrazioni d’imposta spettanti.
  4. Atto di accertamento unico – Se il reddito presunto eccede quello dichiarato nelle misure previste, l’ufficio notifica un avviso di accertamento (atto unico che corregge la dichiarazione IRPEF e IRE) recante la nuova base imponibile e l’imposta dovuta. L’atto può riguardare anche anni d’imposta precedenti (entro termini di decadenza quinquennali). Nel caso l’accertamento redditometrico riguardi aumenti di patrimonio o spese di più anni, il totale del maggior reddito può essere distribuito nei periodi d’imposta interessati.
  5. Accertamento con adesione – Se il contribuente coglie l’atto, può aderire e regolarizzare pagando una somma ridotta di sanzioni (secondo l’art. 5 del D.Lgs. 218/97). Altrimenti può contestare l’atto in Commissione tributaria.

Durante tutto il procedimento l’onere di dimostrare la fondatezza delle contestazioni generali iniziali ricade sull’Amministrazione. Tuttavia, una volta che l’ufficio ha provato la veridicità degli “indici redditometrici” (beni e spese accertati) questi assumono valore di presunzione legale. In sostanza, se l’ufficio dimostra che il contribuente dispone di determinati beni o ha sostenuto certe spese, ne consegue per legge che egli abbia quella capacità contributiva aggiuntiva, salvo prova contraria offerta dallo stesso contribuente.

Elementi indicativi di capacità contributiva e categorie di spesa

Il redditometro si fonda sull’analisi di indicatori di spesa e patrimonio tipici della vita quotidiana, utilizzati come proxy del tenore di vita. Le voci principali – stabilite dal DM 24/12/2012 (e s.m.) – si suddividono in due macro-categorie: Consumi e Investimenti. Tali elementi includono, ad esempio:

  • Abitazione e famiglia: spese per affitto o mutuo casa, bollette, manutenzioni, anagrafe abitativa, proprietà immobiliari secondarie.
  • Istruzione: tasse universitarie, rette scolastiche, corsi professionali, spese scolastiche, libri e materiale didattico.
  • Sanità e prevenzione: assicurazioni sanitarie private, spese mediche non coperte dal SSN (occhiali, protesi, cure specialistiche), spese farmaceutiche.
  • Trasporti e motori: acquisto o leasing di autoveicoli (soprattutto di elevato valore/cc), motoveicoli, carburante, pedaggi e ticket trasporti.
  • Beni durevoli e beni di consumo: elettrodomestici, mobili, abbigliamento e calzature, prodotti hi-tech, arredamento, viaggi e vacanze, spese per ristoranti e tempo libero, iscrizioni a palestre o circoli.
  • Risparmio e investimenti: incremento di depositi bancari, acquisto di titoli, fondi d’investimento, assicurazioni sulla vita, forme di risparmio a lunga scadenza.

In totale sono centinaia di voci di spesa. In mancanza di dati puntuali, il decreto ministeriale utilizza statistiche ISTAT (indagini sulle spese delle famiglie) per attribuire un valore forfettario di spesa minima a beni essenziali (ad es. spesa minima alimentare, indennità di povertà). Da notare che con l’ultima riforma (DM 7/5/2024) si è prevista la possibilità di considerare qualsiasi voce di spesa disponibile nelle banche dati, anche oltre quelle elencate nelle tabelle.

In sintesi, l’ufficio confronta il totale delle spese accertate con il reddito dichiarato. Se il confronto supera le soglie fissate (20% e 10× assegno sociale), il redditometro scatta.

Diritti del contribuente e onere della prova

Una volta accertati i suddetti elementi indiziari, il redditometro instaura una presunzione relativa di capacità contributiva. Ciò significa che spetta al contribuente “smontare” tale presunzione con prove specifiche. In particolare l’art. 38 comma 5-ter prevede espressamente che il contribuente può sempre dimostrare che:

  • (a) le spese contestate sono state finanziate con redditi diversi da quelli imponibili nel periodo (ad esempio risparmi accumulati in anni precedenti, redditi esenti o già tassati alla fonte, donazioni o finanziamenti da terzi);
  • (b) l’ammontare delle spese è effettivamente inferiore di quanto stimato dall’ufficio (ossia contestare in concreto l’importo ricostruito);
  • (c) la quota di risparmio utilizzata proviene da accantonamenti formatisi in anni precedenti.

In pratica, il contribuente deve dimostrare con documenti idonei come ha ottenuto i fondi per sostenere le spese. Può farlo tramite contratti, donazioni notarili, estratti conto bancari, ricevute di rimborso di investimenti, quietanze di mutuo, certificati di assegni o prestiti, ecc. Se riesce a provare ad es. che il denaro proviene da risparmi precedenti o donazioni da familiari, l’eccedenza redditometrica diminuisce o viene annullata.

È tuttavia importante ricordare il principio ribadito dalla Cassazione: non basta dimostrare genericamente di avere altre entrate, occorre collegarle temporalmente e materialmente alle spese contestate. In altri termini, il contribuente deve provare non solo la disponibilità e l’ammontare di tali redditi extra, ma anche che non vi è stata interruzione (“soluzione di continuità”) nel possesso del denaro dal momento dell’acquisizione allo spendimento. Questo vuol dire, ad esempio, che un bonifico ricevuto poco prima di un acquisto devono essere dimostrati come preesistenti, e non provenienti, ad esempio, dalla vendita di un altro bene. La Corte ha sottolineato che “non può limitarsi alla dimostrazione della mera disponibilità di ulteriori redditi”: tali redditi devono essere stati posseduti «per il tempo sufficiente» da potersi usare per le spese e il tenore di vita accertati.

In estrema sintesi, l’onere della prova grava sul contribuente una volta attivato il redditometro: il giudice tributario, accertata la sussistenza materiale degli elementi indicativi (beni, spese), non può privarli del valore presuntivo ma deve valutare le prove che il contribuente offre sul finanziamento di detti elementi. Di conseguenza, la strategia difensiva di chi subisce un accertamento sintetico deve focalizzarsi sull’apporto di prove concrete (contratti, pagamenti tracciati, attestazioni di terzi) relative ai redditi o ai risparmi che hanno coperto le spese contestate.

Esempi pratici di spese e possibili giustificazioni:

  • Acquisto di una seconda casa: il contribuente può produrre atto notarile di donazione di denaro da parte di parenti, o mutuo acceso anni prima, dimostrando che non ha utilizzato redditi correnti.
  • Auto di lusso: può dimostrare di aver beneficiato di premi assicurativi o indennità non tassate, o di aver venduto azioni/incassi esenti in periodi precedenti.
  • Spese familiari (viaggi, studi figli, tempo libero): può mostrare certificati di versamento di contributi previdenziali o altre entrate esenti che hanno consentito tali spese.

Ogni caso è peculiare, ma il principio di base è che tutte le somme contestate devono essere spiegate attraverso la provenienza e la persistenza delle risorse. Se al contrario il contribuente non fornisce prove adeguate (o non riesce a dimostrare la durata del possesso dei fondi), il giudice confermerà l’accertamento redditometrico.

Criteri attuali e novità normative (2024-2025)

Negli ultimi anni la normativa sul redditometro è stata modificata soprattutto per limitare l’ambito di applicazione e rafforzare le tutele del contribuente. In particolare:

  • Introduzione del contraddittorio obbligatorio – Per gli accertamenti redditometrici è divenuto obbligatorio il contraddittorio preventivo (invito a comparire) prima di qualsiasi rettifica. Tale obbligo era già sancito dal D.L. 78/2010 e confermato in normali accordi, ma in via definitiva è stato ribadito nelle norme di delega fiscale recenti. La Corte di Cassazione ha chiarito che il contraddittorio è obbligatorio solo per gli accertamenti redditometrici successivi al 2021 (non retroattivi rispetto all’introduzione in Manovra 2020).
  • Soglie di attivazione – Come detto, dal 2021 il redditometro si applica solo se scattano la soglia del 20% e quella del 10× assegno sociale. Prima del 2021 non esisteva tale condizione e l’accertamento poteva essere attivato anche per scostamenti inferiori. Le novità normative hanno dunque ristretto l’uso dello strumento agli eccessi significativi.
  • Nuovo redditometro 2024 (sospeso) – Con Decreto MEF 7 maggio 2024 (GU n.116 del 20.05.2024) sono stati definiti nuovi criteri di calcolo basati su dati ISTAT e archivi di spesa. Tuttavia, pochi giorni dopo il governo ha emanato un atto di indirizzo (23 maggio 2024) rinviando l’entrata in vigore di tale decreto e annullandone gli effetti. Di fatto il “nuovo” redditometro 2024 non è mai entrato in vigore: l’Agenzia è rimasta nel frattempo vincolata alle regole appena introdotte dal correttivo 2024 (20% e 10×).
  • Norme di semplificazione – Sono state anche introdotte facoltà di formazione del reddito redditometrico per cassa, e alcune clausole di salvaguardia (ad es. limiti di esigibilità, decadenze dai 5 anni tradizionali, ecc.), ma la ratio del redditometro resta invariata.

Tendenze della giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha costantemente confermato i principi di base del redditometro, sia prima che dopo le ultime modifiche normative. Alcuni orientamenti recenti di rilievo:

  • Presunzione legale e valore delle prove – Cass. ord. n. 28321/2024 ha ribadito che, una volta provati gli elementi indiziari, il giudice tributario non può annullare la presunzione insita negli elementi esposti dall’Ufficio. In pratica, il collegio deve solo valutare le prove addotte dal contribuente sulla provenienza delle somme. Analogamente Cass. ord. 2746/2024 (31.01.2024) ha affermato che le nuove norme sull’onere della prova (commi 5-bis DLgs. 546/92) “salvaguardano le presunzioni legali, quale quella del redditometro”. In sostanza, le modifiche procedurali non hanno alleggerito l’onere del contribuente, confermando la disciplina presuntiva preesistente.
  • Onere della prova contraria – Più volte la Cassazione ha precisato che la prova che grava sul contribuente deve riguardare la capacità effettiva di giustificare le spese con redditi di fonte lecita. Ad es. Cass. 4492/2022, 16433/2021, 16637/2020 hanno affermato che il contribuente deve dare conto non solo della disponibilità ma anche della durata del possesso degli altri redditi. Analogamente l’ordinanza 2384/2025 (ud. 19.12.2024) conferma che l’onere probatorio include necessariamente la prova che non vi siano stati impieghi alternativi di tali somme. In pratica, se il contribuente argomenta di aver speso soldi provenienti da un certo fondo extra-reddituale, deve produrre documenti che indichino chiaramente che quelle somme non sono state distratte in altre operazioni nei periodi intermedi.
  • No mera disponibilità – La giurisprudenza è unanime nel dire che non è sufficiente dimostrare genericamente di avere altre entrate o di possedere il bene all’origine delle spese. Ad esempio, la Cassazione ha affermato che la prova contraria “non può limitarsi alla dimostrazione della mera disponibilità di ulteriori redditi”. Occorre invece che il contribuente dimostri circostanze documentali (contratti, ricevute, accertamenti bancari) che escludano l’utilizzo di quelle somme per scopi diversi da quelli dedotti nell’accertamento.
  • Nullità di atti carenti – Gli atti di redditometro devono essere motivati adeguatamente, con indicazione analitica delle spese e dei coefficienti applicati. In precedenti sentenze la Corte si è pronunciata sulla legittimità delle motivazioni, ma di recente ha ribadito che, avendo il redditometro natura presuntiva, non è necessaria la stessa dettagliata motivazione di un atto analitico, purché emerga chiaramente la discrepanza tra spese e redditi.

In definitiva, la giurisprudenza (Cassazione Sez. V) è costante nell’escludere un trattamento agevolato per il contribuente nell’ambito del redditometro: al contribuente spetta provare con certezza tutte le circostanze vantaggiose, come previsto dalla legge e dalla giurisprudenza.

Tavole riepilogative

  • Soglie di attivazione del redditometro: Condizione Descrizione e riferimento normativo Scostamento 20% Reddito accertabile ≥ 120% del reddito dichiarato. Soglia assegno sociale Reddito accertabile ≥ 10 volte l’assegno sociale annuo (in vigore biennale) (c.a. €70.000 per 2024). Obbligo contraddittorio preventivo Necessario prima di accertare sinteticamente (Art.38, 7° comma), pena nullità. Onere prova a carico del contribuente Dimostrare origine lecita dei fondi (redditi esenti, risparmi, donazioni, ecc.).
  • Esempi di spese e voci redditometro (DM 24/12/2012, DM 7/8/2018): Categoria di spesa Esempi di beni/spese Abitazione e famiglia Mutuo o affitto casa, bollette, utenze, opere di manutenzione, seconde case. Istruzione Tasse scolastiche/universitarie, rette corsi, libri, soggiorni studio. Sanità Assicurazioni sanitarie, spese mediche non SSN (protesi, cure, ottica). Trasporti Auto/moto di lusso, benzina, biglietti aerei, noleggi, parcheggi. Beni durevoli/consumi Elettrodomestici, mobili, abbigliamento, elettronica di consumo. Divertimenti/Tempo libero Viaggi, vacanze, abbonamenti palestra, intrattenimento (cinema, sport, hobby). Investimenti/Risparmi Deposit Bank, titoli, fondi, assicurazioni vita, certificati di risparmio.

Queste tabelle schematizzano i principali indicatori e le condizioni operative del redditometro. In sede di difesa, al contribuente è utile riferirsi a ciascuna categoria di spesa contestata e a tutti i documenti (es. estratti conto, contratti di donazione, ecc.) che provino come quelle spese sono state sostenute con redditi non gravanti ai fini IRPEF o con risparmi già accantonati.

Simulazione pratica

Scenario: Mario Rossi, impiegato dipendente, dichiara in un anno un reddito IRPEF di €30.000. Dai dati patrimoniali emerge che nello stesso anno ha acquistato un’auto di lusso da €50.000, pagato affitto e utenze per €10.000, speso €8.000 per viaggi e spese familiari, e investito €12.000 in un fondo pensione. In totale, le spese e gli incrementi patrimoniali “redditometrici” ammontano a €80.000. Supponiamo che la soglia dell’assegno sociale sia €6.970 (dieci volte = €69.700).

Ricostruzione redditometrica: L’Agenzia osserva che €80.000 sono ben oltre il 20% in più dei €30.000 dichiarati, e superano anche la soglia di €69.700. Decide quindi di procedere con l’accertamento sintetico. Convoca Mario al contraddittorio, chiedendogli spiegazioni sulle spese sostenute.

  • Difesa del contribuente: Mario dimostra di aver ricevuto €40.000 di donazioni dal padre e dalla moglie, tracciate tramite bonifici nel corso dell’anno, e possedere da anni un fondo di risparmi liquidi (€50.000) accantonati. Fornisce documenti (atto di donazione, estratti conto) che attestano la disponibilità di tali risorse fin dai mesi precedenti all’acquisto dell’auto e alla copertura delle spese familiari.
  • Esito redditometrico: Se il giudice ritiene attendibili le prove, potrà escludere fino a €40.000 di quelle spese dalla ricostruzione (quelle finanziate dalle donazioni). Resteranno €40.000 di spese “non giustificate” da redditi non dichiarati (€80.000 – €40.000). Si applicherà quindi l’imposta sui €40.000 residui.

In questo esempio Mario ha capito come suddividere le proprie spese in quelle coperte da redditi dichiarati (incremento patrimoniale non tassabile) e quelle effettivamente da giustificare. Ha concentrato le prove sulla durata del possesso dei fondi (essendo presenti in conto da prima degli acquisti). Se invece Mario non avesse fornito adeguate prove di durata (ad es. se avesse speso immediatamente i bonifici prima di puntuali depositi), sarebbe ricaduto interamente la presunzione sulle sue spese e avrebbe perso il ricorso.

Questa simulazione evidenzia che, nel redditometro, il contribuente deve provare l’idoneità e la persistenza delle fonti di finanziamento delle spese. Ogni spesa elevata genera una presunzione di reddito non dichiarato, che va contrastata con documentazione puntuale.

Domande e risposte (FAQ)

  • D: Chi può essere sottoposto al redditometro?
    R: Persone fisiche che non svolgono attività d’impresa o professionale (ad es. lavoratori dipendenti, pensionati, autonomi occasionali). L’accertamento redditometrico è espressamente riferito ai contribuenti PF “non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo”.
  • D: Quali dati utilizza il Fisco per l’accertamento?
    R: Il redditometro si basa prevalentemente su dati già presenti nell’Anagrafe tributaria (acquisti immobiliari, iscrizioni PRA auto, spese universitarie, mutui, ecc.), sulle voci di spesa dichiarate e statistiche (Istat). L’Ufficio incrocia tutte queste informazioni per stimare i consumi familiari e il risparmio, fornendo così un reddito “presunto” da confrontare con quello dichiarato. Il contribuente non deve invece fornire fatture o ricevute delle singole spese già in archivio (a meno che non contesti specifici importi).
  • D: Quando scatta il redditometro?
    R: Quando dalle spese ricostruite emerge un reddito superiore di almeno il 20% rispetto a quello dichiarato e tale reddito accertato supera 10 volte l’assegno sociale. Se una delle due condizioni non è soddisfatta (ad es. lo scostamento <20%), l’ufficio non può procedere via redditometro.
  • D: Serve conservare gli scontrini?
    R: In realtà il contribuente non deve dimostrare le spese (che l’Agenzia già conosce dall’archivio). Piuttosto, deve dimostrare la provenienza del denaro che ha permesso tali spese. Non serve quindi conservare scontrini, ma conservare documentazione di redditi non dichiarati (bonifici, contratti, dichiarazioni sostitutive) è cruciale.
  • D: Cosa succede se non fornisco prova sufficiente?
    R: Se il contribuente non riesce a documentare adeguatamente l’origine delle somme, l’accertamento redditometrico viene confermato dal giudice tributario e il maggior reddito diventa imposizione legittima. In quel caso, il Fisco può recuperare l’IRPEF dovuta sulle somme presunte più sanzioni e interessi, e l’atto diventa definitivo.
  • D: Posso contestare le spese indicate dall’Ufficio?
    R: Sì, se si accerta che l’ufficio ha erroneamente contabilizzato certe spese (errori di calcolo, doppioni, ecc.), il contribuente può contestarle nel ricorso. In tal caso si dimostrerà semplicemente che le spese sono inferiori a quelle indicate. Restano comunque le altre spese accertate.
  • D: Che prova devo fornire in giudizio?
    R: Documenti concreti e datati: contratti di acquisto/vendita, atto notarile di donazione, estratti conto bancari, buste paga non dichiarate, certificazioni di proventi esenti, fatture di acquisto sostenute con redditi già tassati, etc. L’obiettivo è dimostrare chiaramente che gli “altri redditi” reclamati dal Fisco erano effettivamente posseduti in esclusiva, senza interruzioni, dal momento dell’acquisizione al momento della spesa.
  • D: Cosa dicono le sentenze più recenti?
    R: Le Corti tributarie e la Cassazione confermano che il redditometro costituisce una presunzione di legge relativa. Gli orientamenti ribadiscono che il contribuente deve provare tutte le circostanze a suo favore (durata delle risorse, esenzione fiscale, ecc.) e non può essere ripetutamente scaricati oneri di prova dall’Amministrazione. In sostanza, le “regole di gioco” restano quelle codificate nell’art. 38: la presunzione parte dall’ufficio, il contribuente deve contraddirla con prove concrete.

Fonti

  • Normativa: DPR 29.9.1973 n. 600, art. 38 (accertamento sintetico); D.L. 31.5.2010 n. 78 (art. 22, conv. L. 122/2010); Legge 30.12.2020 n. 178 (Manovra 2021); D.L. 24.7.2024 n. 108 (decreto correttivo); D.M. 24.12.2012 (elementi redditometro); D.M. 7.8.2018; D.M. 7.5.2024 (nuovi criteri redditometro, sospeso).
  • Giurisprudenza: Cassazione Civile, Sez. V, ord. 28321/2024; ord. 2746/2024; ord. 2384/2025; Cass. 4492/2022; 16433/2021; 16637/2020; 1980/2020; 10266/2019; 5544/2019; 8933/2018; Cass. SU n. 19667/2014 (principi generali). Tutte ricordate in commenti Agenzia Entrate.

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