Hai deciso di affrontare la tua situazione di sovraindebitamento, ma non sai a chi rivolgerti per avviare la procedura? Ti stai chiedendo dove trovare un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) riconosciuto e come scegliere quello giusto per il tuo caso?
Per accedere agli strumenti previsti dalla legge per superare il sovraindebitamento – come il piano del consumatore, la liquidazione controllata o il concordato minore – è indispensabile rivolgersi a un OCC iscritto ufficialmente nell’apposito registro.
Vediamo allora dove trovare l’elenco aggiornato degli Organismi, come funziona la nomina del gestore della crisi e come farti assistere in modo corretto e sicuro.
Cos’è un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)?
Si tratta di un ente terzo, imparziale e riconosciuto, che ha il compito di valutare la tua situazione debitoria, nominare il gestore della crisi e seguire l’intera procedura di composizione negoziata o liquidatoria, fino all’omologazione da parte del tribunale.
Dove trovo l’elenco ufficiale degli OCC?
L’elenco è pubblico e consultabile, ma spesso è difficile orientarsi tra nomi, sedi e competenze. Gli OCC possono essere:
- istituiti presso le Camere di Commercio;
- attivati da Ordini professionali (es. Avvocati, Commercialisti, Notai);
- organizzati da enti accreditati o associazioni iscritte.
Ogni OCC opera su un determinato territorio e può essere scelto in base alla tua residenza o sede dell’attività.
Come si attiva l’OCC?
Una volta individuato l’organismo, puoi presentare istanza direttamente o con l’assistenza di un avvocato. L’OCC nomina il gestore della crisi, che è il professionista incaricato di:
- analizzare i tuoi debiti e redditi;
- predisporre la proposta di piano o liquidazione;
- assisterti nei rapporti con i creditori;
- inviare la documentazione al tribunale per l’omologazione.
Serve per forza passare da un OCC?
Sì. Senza l’intervento dell’OCC, non puoi avviare alcuna procedura di sovraindebitamento riconosciuta dalla legge, né ottenere l’esdebitazione, la protezione dai creditori o il blocco dei pignoramenti.
Come scegliere l’OCC giusto?
La scelta è strategica. Un OCC efficiente, con esperienza nel tuo tipo di problema (famiglie, professionisti, imprese), può accelerare i tempi e aumentare le possibilità di successo. Affidarsi a un avvocato esperto ti aiuta a selezionare l’organismo più adatto e preparare una pratica completa e corretta.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, OCC e composizione della crisi – ti spiega come trovare l’elenco degli organismi accreditati, come attivare la procedura e cosa possiamo fare per accompagnarti verso la soluzione.
Vuoi sapere a quale OCC rivolgerti e se puoi già iniziare una procedura di ristrutturazione dei debiti?
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Introduzione
Il sovraindebitamento è la condizione in cui una persona (o un piccolo imprenditore) non riesce più a far fronte ai propri debiti in modo regolare, trovandosi in una situazione di insolvenza civile. In passato, chi accumulava troppi debiti senza rientrare nelle categorie soggette al fallimento restava intrappolato “a vita” dai creditori. Dal 2012 l’ordinamento italiano ha però introdotto strumenti specifici – spesso noti come “legge salva-suicidi” (Legge n. 3/2012) – per aiutare il debitore non fallibile a uscire dalla crisi debitoria. Oggi queste procedure sono consolidate e aggiornate nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), D.lgs. 14/2019, entrato in vigore definitivamente dal 15 luglio 2022.
Dal punto di vista del debitore, questa guida fornisce un quadro completo e aggiornato a giugno 2025 degli strumenti disponibili per la composizione della crisi da sovraindebitamento. Approfondiremo le procedure di esdebitazione previste dalla normativa vigente, con riferimenti al Codice della Crisi (incluse le modifiche recenti) e alla giurisprudenza rilevante. Illustreremo inoltre come funzionano gli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) – gli enti preposti ad assistere il debitore – fornendo un elenco completo e aggiornato di tutti gli OCC attivi in ogni provincia italiana, suddivisi per territorio.
La guida adotterà un linguaggio chiaro ma rigoroso, adatto sia a professionisti del diritto (avvocati, commercialisti) sia a imprenditori e privati cittadini interessati a comprendere come gestire legalmente una situazione di eccessivo indebitamento. Troverete tabelle riassuntive che mettono a confronto le diverse soluzioni (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, ecc.), domande frequenti con risposte motivate dalla legge, e persino simulazioni pratiche di casi concreti (dal consumatore sovraindebitato al piccolo imprenditore in difficoltà), riferite esclusivamente alla realtà italiana e alle norme oggi in vigore.
Struttura della guida: dopo un inquadramento normativo e dei soggetti ammessi, esamineremo in dettaglio ciascuna procedura di sovraindebitamento oggi prevista (inclusa la nuova esdebitazione “del debitore incapiente”). Successivamente, ci concentreremo sugli OCC, spiegando cosa sono, come operano e come scegliere quello a cui rivolgersi (con indicazione di criteri, costi, tempi e strategie di scelta). Seguirà l’elenco aggiornato degli OCC per provincia, utile per individuare l’organismo competente nel vostro territorio. Infine, troverete una sezione FAQ con le risposte ai quesiti più comuni e una sezione finale con tutte le fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali utilizzate.
Nota: Tutte le informazioni sono aggiornate alle norme vigenti al giugno 2025. In caso di ulteriori riforme o sviluppi giurisprudenziali successivi, sarà necessario verificarne l’impatto. I riferimenti normativi principali sono il D.lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e le modifiche apportate dal D.lgs. 83/2022 e dalla L. 176/2020 (che ha anticipato alcune novità); le procedure disciplinate dalla vecchia Legge 3/2012 sono ora trasfuse nel Codice, con terminologia in parte diversa e alcune innovazioni sostanziali.
Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono riservate per legge a determinate categorie di debitori in difficoltà, ossia quei soggetti non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali fallimentari (oggi denominate “liquidazione giudiziale”). In altre parole, possono accedervi tutti i debitori civili o economici che: a) versano in uno stato di insolvenza o crisi conclamata (sovraindebitamento) e b) non rientrano tra i soggetti fallibili, cioè non potrebbero comunque essere assoggettati a fallimento o ad altre procedure concorsuali maggiori.
Definizione di sovraindebitamento: il Codice della Crisi definisce lo “stato di sovraindebitamento” come lo stato di crisi o insolvenza del debitore non fallibile. In termini pratici, un soggetto è sovraindebitato quando non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti ed è in una condizione di incapacità definitiva (o di grave difficoltà finanziaria) a causa dell’eccessivo indebitamento accumulato. Tipicamente si manifesta con insufficienza di liquidità (flussi di cassa prospettici inadeguati a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi) e un patrimonio inferiore all’ammontare del debito complessivo. È cruciale sottolineare che le procedure qui discusse si applicano solo ai debitori non fallibili: ad esempio, una grande società di capitali insolvente non rientra nel sovraindebitamento (dovrà ricorrere a concordato preventivo o liquidazione giudiziale), mentre un privato cittadino o una piccola impresa “sotto soglia” insolvente sì, rientrando nella disciplina sul sovraindebitamento.
Di seguito elenchiamo le principali categorie di soggetti ammessi alle procedure di sovraindebitamento, insieme alla definizione rilevante per ciascuno:
- Consumatori: persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In pratica si tratta dei privati cittadini con debiti di natura personale o familiare: prestiti al consumo, mutui per la casa, bollette e spese di famiglia arretrate, scoperti di conto corrente, finanziamenti personali, debiti condominiali, tributi domestici, ecc.. Rientra in questa categoria anche l’erede di un imprenditore deceduto gravato da debiti dell’azienda, se l’erede non prosegue l’attività d’impresa (il debito ereditario resta personale). Il piano del consumatore – ribattezzato dal Codice “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” – è riservato esclusivamente ai debitori che rientrano in questa categoria. Esempio: un impiegato con mutuo e prestiti personali arretrati, senza attività d’impresa, è un consumatore sovraindebitato che potrà accedere al relativo piano.
- Lavoratori autonomi e professionisti: persone fisiche titolari di partita IVA che esercitano un’attività economica non organizzata in forma di impresa commerciale. Rientrano qui, ad esempio, i professionisti (avvocati, medici, ingegneri, consulenti, ecc.), gli artigiani individuali (falegnami, idraulici, ecc.), i piccoli commercianti al dettaglio e in generale tutti i lavoratori autonomi non soggetti a fallimento. Questi soggetti possono avere debiti anche di natura commerciale o fiscale legati alla propria attività, ma la legge li equipara ai debitori “civili” quanto all’accesso alle procedure di sovraindebitamento. Esempio: un architetto con studio individuale oberato da debiti tributari e prestiti personali (spese familiari) può ricorrere a un accordo o liquidazione da sovraindebitamento, in quanto professionista non fallibile.
- Imprenditori minori “sotto soglia”: piccole imprese commerciali che non superano i limiti dimensionali previsti dall’art. 1 della vecchia legge fallimentare (criteri rimasti in vigore anche nel nuovo Codice per definire chi è esonerato dal fallimento). Si tratta delle cosiddette “imprese sotto-soglia”, ossia imprenditori commerciali individuali o società di persone con parametri economici contenuti. In base alla normativa attuale, i limiti sono: attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi lordi annui ≤ €200.000 e debiti totali ≤ €500.000. Chi rientra simultaneamente in questi tre limiti non è soggetto a fallimento e può quindi accedere alle procedure di sovraindebitamento. Ad esempio, un commerciante al dettaglio con 150.000 € di debiti e ricavi annui di 100.000 €, in crisi, è un imprenditore minore ammesso al concordato minore o alla liquidazione controllata, invece che al concordato preventivo o al fallimento.
- Imprenditori agricoli: sono esclusi per legge dal fallimento e quindi rientrano nel sovraindebitamento. Anche un’azienda agricola insolvente può dunque accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata. Ad esempio, un coltivatore diretto con debiti agrari potrà usare queste procedure (gli imprenditori agricoli erano già esentati dal R.D. 267/1942).
- Start-up innovative: la legge esenta dal fallimento anche le start-up innovative (D.L. 179/2012). Una start-up insolvente, se non supera i limiti di cui sopra, potrà usare le procedure minori.
- Enti non commerciali: Enti privati non commerciali (associazioni, fondazioni non profit) non soggetti a fallimento rientrano anch’essi nella definizione di debitori sovraindebitati.
Al contrario, non possono accedere al sovraindebitamento: a) gli imprenditori o enti soggetti a procedure concorsuali ordinarie (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.), come le società di capitali di medie-grandi dimensioni e gli enti pubblici; b) chi ha già beneficiato di una procedura di esdebitazione di recente (vedremo i limiti temporali); c) chi ha causato la propria situazione debitoria con condotte gravemente colpose o fraudolente. In particolare, il Codice prevede specifiche cause di inammissibilità se il debitore:
- ha già ottenuto un’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) nei 5 anni precedenti la nuova domanda;
- ha già beneficiato di due esdebitazioni in passato (la legge consente al massimo due “fresh start” in tutta la vita);
- ha aggravato volontariamente la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode (es. ha contratto debiti in modo irresponsabile senza possibilità di rimborso, ha dissipato il patrimonio, o ha frodato i creditori);
- ha violato gli obblighi informativi verso l’OCC o compiuto atti in frode ai creditori nei 5 anni precedenti la domanda (es. ha sottratto o simulato beni per non farli trovare dai creditori).
Queste condizioni attengono alla “meritevolezza” del debitore e costituiscono filtri all’accesso: la legge intende riservare gli strumenti di sollievo dal debito a chi non ne ha abusato in precedenza e a chi non ha colpe rilevanti nella formazione del proprio dissesto. In concreto, il giudice valuterà sempre la condotta del debitore: ad esempio, un consumatore che ha accumulato debiti giocando d’azzardo in modo compulsivo, continuando a chiedere prestiti senza possibilità di rimborso, potrebbe essere considerato non meritevole (per colpa grave) e vedersi negare l’omologazione del piano. Viceversa, un piccolo imprenditore rovinato dalla crisi economica e da eventi sfortunati, che non ha nascosto beni né agito con malafede, sarà considerato meritevole e ammesso alle procedure. In termini giuridici attuali, più che di “meritevolezza” in senso ampio si parla di assenza di dolo o colpa grave da parte del debitore. Questo è divenuto il criterio chiave: il debitore onesto ma sfortunato ha diritto a una seconda chance (fresh start), mentre chi ha colpe gravi non può ottenere l’esdebitazione. Tale impostazione è confermata anche dalla giurisprudenza più recente: ad esempio, il Tribunale di Roma ha rigettato un piano del consumatore in cui difettava il requisito dell’assenza di colpa grave, ritenendo non ammissibile la ristrutturazione dei debiti di un soggetto che aveva contratto obbligazioni in maniera del tutto imprudente.
Novità introdotte dal Codice della Crisi: la riforma ha ampliato e affinato le regole del sovraindebitamento. Tra le innovazioni più significative vi sono: la procedura di esdebitazione del debitore incapiente (un quarto strumento aggiunto ai tre preesistenti, come vedremo), la possibilità di presentare procedure familiari unitarie (coinvolgendo più membri della stessa famiglia in un unico procedimento), e una definizione più ampia di consumatore (che ora include anche, ad esempio, l’erede di imprenditore come visto). Approfondiremo ciascuna di queste novità nei paragrafi seguenti.
Gli Organismi di Composizione della Crisi (OCC): cosa sono e come funzionano
Il “Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento” (OCC) è l’ente preposto ad assistere il debitore nell’accesso alle procedure e a svolgere, di fatto, il ruolo di ausiliario del tribunale (simile a quello del curatore fallimentare o del commissario giudiziale, ma nelle procedure minori). Gli OCC sono stati introdotti dalla Legge 3/2012 e oggi sono regolati dal Codice della Crisi. Hanno il compito di fornire supporto, consulenza e gestione operativa al debitore sovraindebitato durante tutto l’iter della procedura, fungendo da intermediario tra il debitore, i creditori e il sistema giudiziario. In parole semplici, l’OCC è il “porto sicuro” a cui il debitore in difficoltà può rivolgersi per essere guidato fuori dalla crisi con soluzioni legalmente approvate.
Composizione e competenza territoriale degli OCC
Gli OCC possono essere costituiti presso vari enti di natura pubblica o privata, purché autorizzati dal Ministero della Giustizia. In Italia ne esistono di diversi tipi, tra cui:
- OCC istituiti presso Ordini professionali: molti Consigli degli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (ODCEC) hanno creato un proprio Organismo, così come diversi Consigli degli Ordini degli Avvocati hanno costituito OCC presso il proprio foro. Ad esempio, esistono l’OCC dell’ODCEC di Roma, l’OCC dell’Ordine Avvocati di Napoli, ecc. Spesso questi OCC operano prevalentemente nell’ambito provinciale di riferimento dell’Ordine stesso.
- OCC presso le Camere di Commercio (CCIAA): numerose Camere di Commercio hanno attivato al loro interno un Organismo di Composizione delle Crisi. In genere la Camera di Commercio di ciascuna provincia funge da riferimento per i debitori locali (con sportelli informativi dedicati ai sovraindebitati).
- OCC promossi da enti locali (Province, Comuni): in alcuni casi le Province o i Comuni, con apposite iniziative, hanno istituito Organismi di Composizione della Crisi per il territorio. Un esempio è l’OCC “Equità e Giustizia” del Comune di Villorba (TV) in Veneto.
- OCC costituiti da associazioni o fondazioni senza scopo di lucro: certe associazioni di categoria o dei consumatori hanno dato vita a OCC per assistere specifiche tipologie di debitori. Ad esempio, l’associazione di consumatori “Rialziamoci Italia” gestisce OCC attivi in varie zone (es. a Pordenone, Udine, Olbia, Verona, Padova, Oristano, ecc.). Allo stesso modo, associazioni come “Prima Difesa” operano con sportelli di OCC nel catanese e siracusano. Anche reti di professionisti privati hanno creato OCC (ad esempio Moonetica – Assodebitori a Roma).
Ogni OCC è iscritto in un Registro ministeriale e possiede una competenza territoriale, di norma coincidente con uno o più circondari di tribunale (spesso su base provinciale). In generale, il debitore deve rivolgersi a un OCC che abbia sede nel circondario del Tribunale del luogo in cui egli risiede o ha la sede principale la sua attività. Questo è un punto importante: non è libero di scegliere un OCC qualsiasi in Italia, ma deve attivare un Organismo competente per territorio. Ad esempio, un consumatore residente a Torino dovrà rivolgersi a un OCC operante presso il Tribunale di Torino (o comunque avente sede nel medesimo circondario); un piccolo imprenditore di Napoli Nord potrà rivolgersi all’OCC istituito presso l’Ordine dei Commercialisti di Napoli Nord (circondario Tribunale di Napoli Nord) e così via. Se in un certo territorio sono presenti più OCC (ad esempio Camera di Commercio e Ordine professionale), il debitore ha la facoltà di scegliere a quale di essi presentare la domanda, purché tutti siano territorialmente competenti. In pratica, conviene contattare l’OCC locale che risulta più accessibile o maggiormente esperto nel proprio tipo di situazione (molti debitori si rivolgono inizialmente all’OCC della Camera di Commercio locale, che li può poi indirizzare all’Organismo corretto).
E se nella mia provincia non c’è alcun OCC? Oggi la diffusione degli Organismi è abbastanza capillare: praticamente in ogni regione esiste almeno un OCC operativo, spesso più di uno nelle regioni popolose. Tuttavia, può accadere che in una provincia molto piccola non vi sia un OCC “autonomo”. In tal caso, di norma il territorio è coperto da OCC di province vicine o di livello regionale. Ad esempio, in Molise l’OCC della Camera di Commercio del Molise con sede a Campobasso ha competenza su tutti i Tribunali della regione (Campobasso, Isernia, Larino). In Valle d’Aosta, attualmente non esiste un OCC locale registrato: i debitori valdostani possono rivolgersi agli OCC del Piemonte limitrofi (es. Torino) o ad altre Camere di Commercio per ottenere assistenza. In ogni caso, in mancanza di un OCC disponibile nel proprio circondario, la legge offre un’ulteriore ancora di salvezza: il debitore può presentare direttamente ricorso al Tribunale competente chiedendo che sia quest’ultimo a designare un professionista gestore ad hoc per il suo caso. Il tribunale nominerà allora un professionista (scelto tra avvocati, commercialisti o consulenti iscritti negli elenchi dei gestori della crisi) che svolgerà le funzioni di OCC per quella singola procedura.
Il “gestore della crisi” e le funzioni dell’OCC
L’OCC, una volta investito della domanda del debitore, nomina al suo interno un Gestore della crisi incaricato di seguire operativamente il caso. Il gestore è tipicamente un professionista qualificato (commercialista, avvocato, consulente finanziario) con specifica formazione in crisi da sovraindebitamento, iscritto in apposito elenco ministeriale. In pratica, è il tutor che guiderà il debitore lungo tutto il percorso di composizione della crisi. Le sue mansioni comprendono: esaminare la situazione finanziaria del debitore, verificare i documenti forniti, aiutare a individuare la soluzione più adatta (piano, concordato minore o liquidazione) e predisporre la proposta da presentare al giudice. Il gestore deve anche redigere una relazione particolareggiata sulla situazione, attestando la completezza e attendibilità dei dati e (nel caso di piano del consumatore) esprimendo un giudizio sulla fattibilità e meritevolezza della proposta.
Una volta avviata formalmente la procedura, l’OCC (tramite il gestore) svolge varie funzioni tecniche: comunica l’avvio della procedura ai creditori, li convoca per il voto se si tratta di un concordato minore, redige verbali delle adunanze, vigila sull’esecuzione del piano omologato e riferisce al giudice sull’andamento. In caso di liquidazione controllata, il gestore può essere nominato liquidatore e occuparsi della vendita dei beni, della predisposizione del piano di riparto e della relazione finale di chiusura. Di fatto, quindi, l’OCC assiste passo passo il debitore, fungendo anche da interfaccia con i creditori e con gli organi giudiziari (Giudice delegato e Tribunale).
Riassumendo, ecco cosa fa l’OCC per il debitore sovraindebitato:
- Valutazione iniziale: fornisce informazioni preliminari, esamina la situazione e verifica se ci sono i requisiti per accedere a una procedura. Molti OCC offrono un primo colloquio gratuito di orientamento, durante il quale il debitore descrive il proprio caso e riceve indicazioni sulle possibili soluzioni.
- Raccolta documentazione: se il caso è ammissibile, l’OCC richiede al debitore tutti i documenti necessari. In genere si tratta di: elenco completo di tutti i creditori (con nomi, indirizzi, importi dovuti per capitale, interessi, spese, cause legali pendenti, eventuali garanzie reali o personali); elenco dei beni di proprietà (immobili, mobili registrati, conti correnti, ecc.) e dei redditi percepiti; bilanci e libri contabili (se impresa o professionista); ultime dichiarazioni dei redditi e documentazione fiscale; stato di famiglia ed eventuali documenti su carichi di famiglia; situazione aggiornata delle eventuali procedure esecutive in corso; dichiarazione che attesti la veridicità dei dati forniti. Questa checklist documentale serve al gestore per avere un quadro chiaro e completo della crisi.
- Elaborazione della proposta: il gestore, insieme al debitore (e con l’eventuale ausilio di consulenti del debitore, es. un avvocato di fiducia), individua la soluzione più adeguata: piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata. Quindi prepara la proposta di accordo o di piano con tutti i dettagli: modalità e tempi di pagamento dei creditori, eventuali garanzie offerte, eventuali risorse apportate da terzi, percentuale di soddisfacimento prevista per ciascuna classe di crediti, ecc. Questa proposta viene formalizzata in un ricorso da presentare al Tribunale competente.
- Relazione dell’OCC: l’OCC compila la relazione ex art. 68 CCII (per il piano del consumatore) o ex art. 75 CCII (per il concordato minore), attestando la veridicità dei dati, le cause dell’indebitamento, il comportamento del debitore, e valutando la fattibilità del piano nonché l’assenza di dolo o colpa grave del debitore. Questa relazione è un documento chiave su cui il giudice farà affidamento.
- Deposito del ricorso in tribunale: l’OCC deposita l’istanza presso il Tribunale competente, completa della proposta di piano/accordo o domanda di liquidazione e di tutti i documenti allegati. Viene richiesto al Tribunale di nominare formalmente il gestore (se già designato dall’OCC) e di procedere con l’apertura della procedura.
- Gestione della procedura: dopo il deposito, l’OCC continua a svolgere il suo ruolo. In un concordato minore, ad esempio, organizza l’eventuale voto dei creditori (invia le convocazioni, raccoglie le manifestazioni di voto, redige il verbale di votazione). In un piano del consumatore, inoltra ai creditori la proposta depositata dando loro facoltà di presentare eventuali opposizioni. In una liquidazione, collabora con il Giudice Delegato per la formazione dello stato passivo (raccolta delle domande dei creditori) e procede alla vendita dei beni come liquidatore (se nominato tale).
- Rapporto con il giudice: l’OCC risponde alle richieste del tribunale o del giudice delegato, fornendo chiarimenti o integrazioni se necessari. Ad esempio, se il giudice ravvisa carenze documentali o dubbi sulla fattibilità del piano, può chiedere al gestore spiegazioni o revisioni.
- Esecuzione e chiusura: dopo l’omologazione, l’OCC vigila sull’esatto adempimento del piano o accordo da parte del debitore. Se il debitore ha difficoltà, l’OCC può riferirlo al giudice per le determinazioni del caso (ad esempio, il giudice può concedere lievi proroghe o modifiche, o in caso di inadempimento rilevante può disporre la revoca dei benefici). In una liquidazione, l’OCC/liquidatore, conclusa la vendita dei beni e distribuiti i ricavi ai creditori, redige la relazione finale e chiede la chiusura della procedura con eventuale esdebitazione.
Va evidenziato che il ruolo dell’OCC è di ausilio neutrale: non è un avvocato di parte del debitore né un semplice consulente, ma un organo con funzioni pubblicistiche, tenuto a operare con imparzialità e trasparenza. Ciò significa che pur aiutando il debitore a trovare una soluzione, deve anche tutelare gli interessi dei creditori e del sistema (ad esempio segnalando se emergono atti in frode o scorrettezze).
Costi e tempi: attivare l’OCC conviene?
Uno degli aspetti pratici più importanti è il costo della procedura. Fortunatamente, accedere a un OCC non è costoso e non rappresenta un ostacolo insormontabile, considerati i benefici che si possono ottenere (riduzione o cancellazione di debiti ingenti). Gli OCC sono in gran parte enti senza fini di lucro o a partecipazione pubblica, ma la legge prevede comunque un compenso per il lavoro svolto dal gestore e il rimborso delle spese vive di procedura. In genere, l’OCC richiede al debitore:
- il versamento di un fondo spese iniziale per coprire i costi di segreteria e avvio pratica (di solito una somma moderata, indicativamente €200-300 in molti casi);
- eventualmente, il pagamento del contributo unificato dovuto per il ricorso in tribunale (€98 per le procedure di sovraindebitamento, salvo esenzioni) e di alcune marche da bollo (spese vive di giustizia, generalmente poche decine di euro);
- il compenso finale del gestore, che viene però determinato dal Tribunale a conclusione della procedura, secondo parametri ministeriali (d.m. 202/2014) basati sulla complessità del caso e sull’attivo realizzato. Questo compenso è considerato credito prededucibile, cioè viene pagato con precedenza sui ricavati distribuiti ai creditori. In pratica, significa che se dalla procedura emergono somme (ad es. dalla vendita di beni o dai versamenti effettuati dal debitore nel piano), l’OCC verrà soddisfatto prima degli altri creditori.
Nella maggior parte dei casi, dunque, l’onorario del gestore non deve essere anticipato interamente dal debitore, ma sarà prelevato in prededuzione durante l’esecuzione. Solo un piccolo anticipo per spese viene richiesto all’inizio (come detto, qualche centinaio di euro). Se il debitore è del tutto privo di risorse (incapiente), molti OCC – specialmente quelli pubblici – riducono al minimo gli oneri iniziali o li subordinano a eventuali miglioramenti futuri della situazione. Sono noti casi in cui, ad esempio, il compenso del gestore in procedure di debitori incapienti è stato fissato in misura simbolica. Insomma, il costo non è proibitivo rispetto ai vantaggi ottenibili, e certamente non dovrebbe scoraggiare nessuno dal cercare aiuto. In aggiunta, come detto, molti OCC offrono una prima consulenza gratuita, utile per capire fattibilità e costi caso per caso.
Sul fronte dei tempi, l’attivazione di un OCC è relativamente rapida. Una volta contattato, l’Organismo fissa in genere un incontro entro qualche giorno o poche settimane. Se il debitore fornisce in tempi brevi tutti i documenti richiesti, la predisposizione del ricorso può richiedere alcune settimane (dipende dalla complessità: vanno analizzati i debiti, eventualmente contattati i creditori per stime di voto, ecc.). Dopo il deposito in Tribunale, i tempi procedimentali variano a seconda del carico di lavoro del tribunale stesso: indicativamente, l’udienza per omologare il piano o accordo viene fissata nel giro di 2–3 mesi dal deposito del ricorso. In alcuni tribunali più rapidi, si sono avute omologhe in un paio di mesi; altrove ci possono volere 6 mesi. In media, però, l’intero iter dall’attivazione dell’OCC all’omologazione si esaurisce in qualche mese, certamente molto meno dei tempi di una procedura fallimentare classica.
Un aspetto strategico cruciale per il debitore è che già nella fase iniziale – ancor prima dell’omologazione – può ottenere protezione dalle azioni esecutive dei creditori. Infatti, anche solo presentando la domanda di nomina del gestore al Tribunale (primo atto del procedimento) si possono chiedere al giudice misure urgenti per congelare i pignoramenti in corso. Il CCII prevede che, ricevuta l’istanza, il giudice possa disporre la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali e cautelari, in attesa della definizione della procedura. Questa è una differenza fondamentale rispetto a una trattativa informale: attivando un OCC e depositando un ricorso, si ottiene un vero “ombrello protettivo” contro i creditori, impedendo che nel frattempo case, stipendi o altri beni vengano espropriati. Ovviamente la sospensione è concessa se c’è pericolo imminente per il patrimonio del debitore e se la domanda appare ammissibile. Ma nella pratica molti tribunali emanano provvedimenti inibitori a tutela del debitore onesto che si è attivato per risolvere la crisi. Conclusione: è bene attivarsi per tempo presso un OCC: già questa iniziativa fornisce un immediato sollievo, congelando sul nascere nuovi pignoramenti o azioni aggressive mentre si lavora al piano di rientro.
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento
La normativa vigente (Titolo IV Capo II CCII) prevede quattro diversi procedimenti attraverso i quali il debitore sovraindebitato può trovare soluzione alla propria crisi. Tali procedure ricalcano in parte quelle introdotte dalla L. 3/2012, con alcune modifiche terminologiche e sostanziali, e si adattano alle diverse tipologie di soggetti e situazioni. In elenco, le quattro procedure oggi disponibili sono:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (in breve, piano del consumatore);
- Concordato minore (già chiamato accordo di composizione dei debiti);
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (già liquidazione del patrimonio);
- Esdebitazione del debitore incapiente (procedura speciale di liberazione dai debiti residui senza utilità da offrire ai creditori).
Ognuna di queste procedure ha caratteristiche specifiche, presupposti propri ed effetti particolari. Analizziamole singolarmente in dettaglio, dal punto di vista del debitore che intende accedervi.
Piano del consumatore
Il piano del consumatore è uno strumento riservato esclusivamente ai debitori qualificabili come consumatori, cioè persone fisiche che hanno contratto debiti per esigenze estranee ad attività d’impresa o professionale (come definito in precedenza). Si tratta, in sostanza, di un piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal consumatore al tribunale – con l’ausilio dell’OCC – per riorganizzare e ridurre l’esposizione debitoria in base alle sue reali capacità economiche.
Caratteristiche principali: il piano del consumatore non richiede il consenso dei creditori per essere adottato. Diversamente dall’accordo/concordato, qui i creditori non votano e non è necessario raggiungere maggioranze di adesioni. È sufficiente che il giudice omologhi il piano, dopo aver verificato che siano rispettate le condizioni di legge: in particolare, il tribunale deve valutare la fattibilità del piano (cioè che il debitore sia in grado di adempiere alle obbligazioni promesse) e la meritevolezza del consumatore, ossia l’assenza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento. Inoltre il giudice controlla che non vi siano frodi ai creditori (ad es. omessa dichiarazione di qualche debito, o atti di malafede). Se queste verifiche sono positive, il piano viene omologato anche se i creditori sono contrari. I creditori, infatti, non hanno potere di veto: possono solo presentare eventuali opposizioni in sede di omologazione, eccependo ad esempio che il piano li pregiudichi oltre i limiti consentiti, ma non possono impedire l’approvazione se il giudice ritiene il piano conforme alla legge. In pratica, dunque, il consumatore – con l’ausilio dell’OCC – predispone un piano di pagamento (anche parziale) dei propri debiti e lo sottopone al vaglio del tribunale; i creditori non votano sul piano, ma possono sollevare obiezioni che il giudice valuterà prima di decidere.
Contenuto del piano: è molto flessibile. Il piano deve indicare come il consumatore intende soddisfare, in tutto o in parte, i crediti nell’arco di un certo periodo, ma la legge non impone uno schema rigido. Si può prevedere qualunque forma di ristrutturazione finanziaria, ad esempio:
- Dilazioni di pagamento: rimodulazione delle scadenze, con rateizzazione pluriennale dei debiti compatibilmente con il reddito futuro disponibile.
- Taglio (falcidia) dei debiti chirografari: riduzione dell’importo dovuto ai creditori non privilegiati (ad esempio proponendo di pagarne solo una percentuale, se il patrimonio e il reddito non consentono di più).
- Moratoria per alcuni creditori privilegiati: il Codice consente, ad esempio, di proporre che i creditori muniti di garanzia reale (es. banca con ipoteca sulla casa) siano pagati anche con un ritardo fino a 12 mesi dall’omologazione, purché siano soddisfatti per un importo non inferiore al ricavabile in una liquidazione. Ciò equivale a poter chiedere una sospensione temporanea delle rate del mutuo garantito da ipoteca, se il giudice la ritiene giustificata.
- Cessione o vendita di beni non essenziali: il piano può includere l’impegno del debitore a vendere (oppure a far vendere dall’OCC) determinati beni di proprietà per ricavare liquidità da distribuire ai creditori. Ad esempio, il consumatore potrebbe offrire la vendita di un secondo immobile, di un’auto di lusso, etc., nel contempo prevedendo di mantenere i beni necessari (come la prima casa, se sostenibile).
- Apporto di risorse esterne: è ammesso che terzi (familiari, amici) contribuiscano, versando somme per aiutare il debitore a pagare i creditori. Tali somme “esterne” migliorano la proposta e spesso sono decisive per raggiungere una percentuale di soddisfacimento accettabile.
- Differenziazione tra creditori: il piano può trattare diversamente categorie di crediti, purché vi sia una giustificazione (ad esempio, pagare per intero alcuni debiti “sensibili” come stipendi arretrati ai dipendenti o alimenti dovuti, e falcidiare di più i crediti finanziari o bancari). Ovviamente i creditori privilegiati (ipotecari, pignoratizi) non possono essere trattati peggio rispetto al valore delle garanzie su cui vantano diritto. Ad esempio, un creditore ipotecario su un immobile di valore €100.000 deve ricevere almeno €100.000 tra pagamenti e mantenimento della garanzia, o comunque non meno di quanto otterrebbe vendendo l’immobile stesso. La Cassazione ha chiarito che un piano non può pregiudicare un creditore ipotecario assicurandogli meno di quanto conseguirebbe in una liquidazione alternativa.
Il piano del consumatore, una volta presentato, viene comunicato ai creditori a cura dell’OCC. Se un creditore ritiene che i propri diritti siano violati, può proporre opposizione all’omologazione. Ad esempio, un creditore ipotecario potrebbe opporsi sostenendo che il piano lo paga significativamente meno del valore dell’immobile su cui vanta ipoteca (in tal caso il giudice dovrà verificare la fondatezza, richiamando l’art. 69 CCII e i principi affermati dalla Cassazione n. 4613/2023). Il giudice, all’udienza, ascolterà l’OCC, il debitore ed eventuali opponenti e poi deciderà se omologare il piano. Con l’omologazione, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti. Da quel momento, il debitore dovrà eseguirlo fedelmente sotto la supervisione dell’OCC e del tribunale. Eventuali pignoramenti in corso restano sospesi e, ad omologazione avvenuta, dovranno essere definitivamente estinti se il piano procede regolarmente.
Durata del piano e adempimenti: non c’è un limite temporale massimo fissato dalla legge per la durata del piano del consumatore. In pratica, però, i tribunali tendono ad approvare piani con durata ragionevole (spesso 4–5 anni, raramente oltre 7 anni), per garantire che l’uscita dalla crisi avvenga in tempi non eccessivamente lunghi. Durante l’esecuzione, il debitore effettuerà i pagamenti secondo il calendario previsto (versando le somme all’OCC o a un conto dedicato da cui poi si soddisfano i creditori). Se il debitore ha un reddito regolare (stipendio, pensione), il piano potrebbe prevedere il prelievo di una quota mensile di esso per distribuirla ai creditori. Se sono previste vendite di beni, l’OCC curerà che avvengano nei tempi stabiliti.
Esdebitazione finale: uno dei punti chiave è che, una volta che il debitore ha eseguito correttamente il piano del consumatore fino al termine, egli ha diritto all’esdebitazione, ossia alla cancellazione di tutti i debiti residui rimasti non pagati. L’art. 81 CCII prevede che il giudice, su istanza del debitore, dichiari la chiusura della procedura e l’avvenuta esdebitazione di ogni eventuale credito non soddisfatto per intero. In altre parole, al termine del piano il debitore ottiene la liberazione definitiva dai debiti pregressi (il cosiddetto fresh start), potendo ripartire da zero. Se invece il piano non viene eseguito per colpa del debitore – ad esempio per morosità rilevante nei pagamenti dovuti – il tribunale può dichiarare risolta la procedura e revocare i benefici. In tal caso l’esdebitazione non scatta e i creditori tornano liberi di agire per la parte di credito non ricevuta, salvo che il giudice disponga contestualmente l’apertura di una liquidazione (soluzione spesso adottata per non vanificare del tutto quanto già fatto).
Esempio pratico (piano del consumatore): Mario è un impiegato, senza attività d’impresa, con debiti personali per €80.000 (prestiti, carte di credito, bollette non pagate, piccolo scoperto di conto). Ha uno stipendio netto mensile di €1.500, sufficiente a mantenere sé e la famiglia ma insufficiente a servire il debito accumulato. Si rivolge all’OCC locale e presenta un piano del consumatore: offre di pagare €400 al mese per 5 anni ai creditori chirografari, raggiungendo circa €24.000 (il 30% del debito) più gli interessi legali, suddivisi proporzionalmente. Non possiede immobili né beni di valore da liquidare. Il giudice verifica che Mario è meritevole (ha perso il secondo lavoro a causa della pandemia, i debiti si sono accumulati per quella ragione, niente mala fede) e che il piano è fattibile (il budget famigliare consente €400 al mese). Omologa quindi il piano nonostante alcuni creditori finanziari fossero contrari. Mario esegue puntualmente i pagamenti mensili per 60 mesi; alla fine versa complessivamente €24.000 soddisfacendo in parte i creditori (che incassano un 30% circa). Il tribunale, su richiesta dell’OCC, dichiara la completa esdebitazione di Mario: il restante 70% (€56.000) di debiti viene cancellato e i creditori non possono più pretenderne il pagamento. Mario ha così riacquistato la piena libertà finanziaria.
Concordato minore
Il concordato minore (già noto come “accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento” nella L.3/2012) è la procedura destinata ai debitori non consumatori, quindi tipicamente imprenditori minori, professionisti, imprese agricole, start-up non fallibili, enti non commerciali, e in generale soggetti sovraindebitati che abbiano debiti anche di natura professionale o aziendale. Si tratta a tutti gli effetti di un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori, che richiede il voto favorevole di una certa maggioranza di questi ultimi e la successiva omologazione da parte del tribunale. Concettualmente è simile a un concordato preventivo ma calibrato su debitori di piccole dimensioni e con procedure più semplificate.
Caratteristiche: a differenza del piano del consumatore, nel concordato minore i creditori hanno diritto di voto sulla proposta. Il debitore (sempre assistito dall’OCC) formula una proposta di concordato ai creditori, che può prevedere il pagamento parziale e/o differito dei debiti, e se opportuno li suddivide in classi omogenee (ad esempio separando fornitori, banche, Fisco, ecc.). La legge richiede l’adesione di una maggioranza di crediti affinché l’accordo sia approvato: in particolare, è necessario il voto favorevole di almeno una classe di creditori rilevante (se i creditori sono raggruppati in classi), oppure – in assenza di classi – dei creditori che rappresentino la maggioranza dell’ammontare dei crediti ammessi al voto. In pratica, funziona così: il gestore OCC convoca i creditori comunicando la proposta; i creditori esprimono il loro voto (per iscritto o in adunanza convocata dall’OCC); se si raggiunge la maggioranza richiesta, l’accordo è approvato. A quel punto il tribunale procede all’omologazione, verificando la legalità e fattibilità dell’accordo e l’assenza di cause ostative (come la malafede del debitore). Se invece non si raggiunge la maggioranza, la procedura viene chiusa senza omologazione (salva la possibilità per il debitore di chiedere l’apertura di una liquidazione controllata in sostituzione). Da notare che per il calcolo della maggioranza si applicano regole simili a quelle del concordato preventivo: i creditori privilegiati sono ammessi al voto solo per la parte non coperta dalle garanzie (cristallizzazione del credito al valore di liquidazione del pegno/ipoteca), e almeno una classe di creditori chirografari o con diritto di voto deve essere soddisfatta in misura non irrisoria. La Cassazione (ord. n. 22797/2023) ha ad esempio chiarito che i creditori muniti di privilegio vanno conteggiati ai fini del voto considerando il loro eventuale credito residuo non garantito, in modo analogo a quanto avviene nel concordato preventivo. Ciò garantisce equità nel voto tra creditori garantiti e non.
Contenuto della proposta: il concordato minore può avere due modalità fondamentali:
- Concordato in continuità: se il debitore intende proseguire l’attività imprenditoriale o professionale. In tal caso, il piano prevede che i creditori vengano soddisfatti col ricavato futuro dell’attività (es. mediante un piano industriale di risanamento per l’azienda). Il debitore dunque continua a operare e destina parte dei futuri utili o redditi al pagamento dei debiti.
- Concordato liquidatorio: se il debitore invece prevede di cessare l’attività e mettere a disposizione tutti i propri beni per soddisfare i creditori in modo ordinato. In questo caso il piano può consistere, sostanzialmente, in una liquidazione concordata del patrimonio (evitando però le lungaggini di una esecuzione forzata disordinata). Spesso per micro-imprese si propongono soluzioni miste: ad esempio cedere alcuni cespiti non strategici, ma continuare l’attività con i beni essenziali, utilizzando parte dei redditi futuri per pagare i creditori.
Come nel piano del consumatore, anche nel concordato minore è consentito falcidiare (ridurre) gli importi dovuti ai creditori chirografari e, con i dovuti limiti, anche ai creditori privilegiati qualora il valore di liquidazione dei beni dati in garanzia sia inferiore al credito vantato. Ad esempio, un creditore ipotecario su un immobile dal valore calato può vedersi pagato solo quel valore ridotto, subendo una falcidia sulla parte eccedente (che diventa chirografaria). I debiti fiscali e contributivi possono anch’essi essere stralciati (ridotti) o rateizzati all’interno del concordato minore, purché l’Erario ottenga almeno quanto otterrebbe in una liquidazione giudiziale. Questo principio – già valido nel vecchio accordo – è confermato dalla Cassazione: l’omologazione non può essere concessa se la proposta fiscale paga il Fisco in misura inferiore rispetto all’alternativa liquidatoria. Ad ogni modo, l’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali partecipano al voto come gli altri creditori, e spesso accordano dilazioni o riduzioni se il piano è credibile (anche in luce delle norme pro-debtor introdotte dal D.Lgs. 83/2022 per recepire la Direttiva UE 2019/1023).
Effetti dell’omologazione: se il tribunale omologa il concordato minore, tutti i creditori rimasti vincolati dalla proposta approvata. I creditori dissenzienti o non votanti vengono cram-down, ossia sono comunque obbligati ad accettare le condizioni concordatarie. Da quel momento, il debitore dovrà eseguire l’accordo sotto la sorveglianza dell’OCC e del giudice. Le azioni esecutive individuali restano sospese e i beni eventualmente destinati alla liquidazione verranno venduti secondo quanto previsto in piano (ad es. tramite l’OCC). Se sopravvengono difficoltà nell’esecuzione, il debitore può chiedere al giudice modifiche o proroghe entro certi limiti. Se invece il debitore non adempie agli obblighi concordatari senza giustificazione, i creditori possono chiederne la risoluzione e il tribunale dichiarerà la fine dell’accordo (a quel punto i creditori riacquisteranno i loro diritti per la parte non pagata, salvo che il debitore chieda l’apertura di una liquidazione controllata come exit strategy).
Esdebitazione finale: analogamente al piano del consumatore, il debitore persona fisica che adempie integralmente l’accordo ha diritto alla cancellazione dei debiti residui. L’art. 80 CCII infatti estende al concordato minore gli effetti liberatori previsti per il consumatore: “Il debitore persona fisica, a seguito dell’adempimento dell’accordo omologato, è ammesso di diritto al beneficio dell’esdebitazione”. Pertanto, se ad esempio il concordato minore prevedeva di pagare il 50% dei debiti chirografari e il debitore esegue quanto promesso, il restante 50% viene definitivamente cancellato (esdebitazione). Anche qui vale il limite di non più di una esdebitazione ogni 5 anni e massimo due in totale per la stessa persona. In caso di debitore società o ente, ovviamente la questione esdebitazione personale non si pone (le società chiudono direttamente).
Esempio pratico (concordato minore): Luigi è un artigiano (ditta individuale) con debiti totali per €120.000, di cui €30.000 verso fornitori, €20.000 di mutuo residuo garantito da ipoteca su un piccolo capannone, €50.000 di debiti con il Fisco e €20.000 altri debiti vari. L’attività è in calo ma può ancora generare reddito. Luigi, assistito dall’OCC, propone un concordato minore in continuità: mantiene il capannone e l’attività, e offre ai creditori di pagarli in 5 anni con il flusso di cassa generato (prevede di destinare €1.500 al mese ai creditori). Propone di soddisfare integralmente la banca ipotecaria (continuando a pagare le rate del mutuo, magari con 6 mesi di sospensione iniziale), di pagare il 40% dell’importo dovuto al Fisco dilazionato in 5 anni e di pagare circa il 30% ai chirografari nello stesso periodo. La proposta viene sottoposta al voto: la banca è favorevole (il suo credito è garantito e comunque continuerebbe a ricevere pagamenti), il Fisco aderisce perché otterrebbe più di quanto potrebbe ricavare pignorando (l’azienda senza Luigi fallirebbe e il capannone copre solo il mutuo), i fornitori rappresentanti oltre la metà dei crediti chirografari votano sì confidando di recuperare qualcosa. Si raggiunge quindi la maggioranza richiesta e il tribunale omologa l’accordo, ritenendolo fattibile. Luigi continua la sua attività, versa mensilmente quanto promesso. Dopo 5 anni, ha pagato ad esempio €20.000 al Fisco (40%) e circa €15.000 ai fornitori (30%). A quel punto, ottenuta la liberatoria finale, Luigi viene esdebitato dal restante 60-70% di debiti non soddisfatti. La sua azienda prosegue l’attività, ora ripulita dalla parte insostenibile di debiti (fresh start imprenditoriale).
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata è la procedura concorsuale a carattere liquidatorio applicabile a qualsiasi soggetto sovraindebitato (consumatore o non) che non sia in grado di offrire ai creditori un pagamento soddisfacente tramite un piano o un accordo. In altre parole, è l’equivalente del fallimento (oggi chiamato liquidazione giudiziale) per i debitori non fallibili. In questa procedura, infatti, il patrimonio del debitore viene liquidato (cioè venduto) in modo collettivo e il ricavato ripartito tra i creditori. Il grande vantaggio, rispetto alle esecuzioni civili individuali, è che al termine della liquidazione controllata il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui, conseguendo così il fresh start. Nel fallimento tradizionale, l’esdebitazione doveva essere chiesta a parte dopo la chiusura; nel sovraindebitamento, invece, la legge mira a dare automaticamente al debitore meritevole la clemenza sui debiti una volta che questi abbia sacrificato tutto il possibile ai creditori.
Quando ricorrere alla liquidazione controllata? In generale, questa è la soluzione da adottare quando né un piano né un accordo risultano praticabili. Ad esempio:
- Se il debitore non ha una capacità di reddito sufficiente per proporre un piano di rientro (es. è disoccupato o ha entrate minime).
- Oppure se possiede un patrimonio liquidabile (es. una casa) e preferisce mettere direttamente a disposizione quel bene ai creditori, anziché impegnarsi in pagamenti futuri incerti.
- Oppure se ha tentato un accordo/piano ma questo non è stato accettato o omologato (i creditori hanno bocciato la proposta, oppure il giudice ha negato l’omologazione magari per mancanza di meritevolezza). In tali casi, spesso la via d’uscita è ripiegare sulla liquidazione, che garantisce comunque al debitore la possibilità dell’esdebitazione finale.
La liquidazione controllata può essere avviata volontariamente dal debitore (presentando egli stesso la domanda tramite l’OCC), oppure – novità introdotta dal CCII – può essere richiesta dai creditori o dal Pubblico Ministero nei confronti di un debitore impresa minore. Quest’ultima ipotesi (liquidazione “coatta” dei non fallibili) è però limitata: solo se il debitore è un imprenditore minore può essere spinto in liquidazione su istanza altrui, mentre per i consumatori vale la volontarietà. Ciò per evitare che creditori facciano partire procedure concorsuali indesiderate contro privati cittadini. Di solito, comunque, è il debitore stesso a scegliere la liquidazione controllata quando sa di non poter proporre altro.
Apertura della procedura: il procedimento si avvia con il ricorso del debitore (o dei creditori autorizzati) al Tribunale competente, tramite l’OCC. Il tribunale, verificati i requisiti e l’esistenza di uno stato di insolvenza conclamata, dichiara l’apertura della liquidazione controllata con apposito decreto. In tale decreto nomina un Giudice Delegato e un liquidatore, che spesso coincide con il gestore già designato dall’OCC. Da quel momento scattano vari effetti tipici delle procedure concorsuali:
- Il patrimonio del debitore (tutti i beni di sua proprietà al momento dell’apertura e quelli che dovesse acquisire nei successivi 4 anni) forma la massa attiva destinata ai creditori. Fanno eccezione i beni impignorabili per legge e quelli strettamente necessari al sostentamento proprio e della famiglia (es. alcuni mobili di casa, gli stipendi entro i limiti vitali, etc.).
- Il debitore perde la disponibilità dei suoi beni: non può più venderli o gravarli, né riscuotere crediti, perché tutti i poteri passano al liquidatore. Gli atti dispositivi eventualmente compiuti dopo l’apertura sono nulli.
- Si sospendono le azioni esecutive individuali: i creditori non possono più iniziare o proseguire pignoramenti per conto proprio. Chi vanta un credito deve presentare domanda di insinuazione al passivo nella procedura concorsuale entro i termini fissati dal giudice. In altre parole, i crediti vengono accertati nell’ambito della liquidazione e non possono più essere fatti valere singolarmente.
- Il liquidatore (sotto la supervisione del giudice) procede a vendere i beni del debitore con modalità competitive – aste o trattative private autorizzate – e a riscuotere i crediti dovuti al debitore (ad es. se il debitore lavorava, la parte pignorabile dello stipendio futuro viene incamerata). Tutto il ricavato confluisce in un patrimonio separato destinato ai creditori.
- Una parte del reddito futuro del debitore, se eccede il minimo necessario al suo mantenimento, può dover essere versata nella massa attiva per un certo periodo (generalmente fino alla chiusura o entro 4 anni). Ad esempio, se il debitore trova un lavoro durante la liquidazione e percepisce uno stipendio, il giudice potrebbe destinare una percentuale mensile ai creditori, lasciando il resto a lui per vivere.
Dal lato dei creditori, essi saranno ammessi al passivo se i loro crediti sono documentati e non contestati, con l’ordine di preferenza stabilito (privilegi, ipoteche ecc. li mettono in graduatoria preferenziale sul ricavato dei beni relativi).
Soddisfazione dei creditori: terminata la fase di realizzo dell’attivo, il liquidatore predispone un piano di riparto finale. Le somme disponibili vengono distribuite secondo la graduatoria legale: prima si pagano le spese di procedura e i crediti sorti durante il concorso (prededucibili, come il compenso dell’OCC); poi si soddisfano i creditori privilegiati (garantiti) fino a concorrenza del valore di realizzo dei beni su cui vantavano prelazione; infine l’eventuale residuo viene ripartito tra i creditori chirografari (non garantiti) in proporzione ai rispettivi crediti. Nella pratica, nelle procedure da sovraindebitamento spesso il realizzo è modesto rispetto al debito: può coprire integralmente o quasi i creditori con pegni/ipoteche, ma lascia soddisfatti solo in minima percentuale quelli chirografari. Ad esempio, se un debitore liquida la casa per €100.000 a fronte di €300.000 di debiti totali, può darsi che l’intera somma vada alla banca ipotecaria e ai creditori privilegiati, lasciando poco o nulla ai creditori chirografari. Ed è proprio in questi casi che diventa decisiva l’esdebitazione per liberare il debitore da tutto ciò che non è stato pagato.
Chiusura e esdebitazione: la liquidazione controllata si chiude con un decreto del tribunale una volta ultimata la vendita di tutti i beni e completata la distribuzione dell’attivo. Se il debitore è una persona fisica, contestualmente (o con istanza successiva) può essere concessa l’esdebitazione, cioè la cancellazione di tutti i debiti rimasti insoddisfatti nella procedura. Questa è una differenza fondamentale rispetto al vecchio fallimento: qui l’esdebitazione è integrata nel sistema e mira a dare al debitore onesto una liberazione dai debiti pregressi una volta sacrificato tutto il possibile. L’art. 282 CCII prevede però che l’esdebitazione possa essere negata se il debitore ha tenuto comportamenti gravemente scorretti (frode, dolo, documentazione falsa) o se non ha collaborato durante la procedura. Altrimenti, trascorsi 3 anni dalla chiusura della liquidazione, i debiti residui si considerano automaticamente cancellati. In alcuni casi il giudice può dichiarare l’esdebitazione anche prima dei 3 anni, su istanza del debitore, se è chiaro sin da subito che nulla più potrà essere pagato e che non vi sono ragioni per attendere (ad esempio, quando non vi sono sopravvenienze attive). In ogni caso, restano esclusi dall’esdebitazione eventuali debiti per alimenti e mantenimento, debiti derivanti da sanzioni penali o amministrative di particolare gravità, e obblighi risarcitori per fatti illeciti dolosi – come già previsto in passato e confermato dal Codice. Inoltre, come già detto, una nuova esdebitazione potrà essere ottenuta solo dopo 5 anni e comunque non più di due volte nella vita.
Con la chiusura, se il debitore ha agito correttamente, ottiene dunque la “clemenza” finale: nessun creditore precedente potrà più avanzare pretese. Questo consente al debitore di ripartire, anche se ovviamente ha dovuto cedere il proprio patrimonio. La liquidazione controllata rappresenta quindi il paracadute finale: quando non è possibile alcuna ristrutturazione (né piano né accordo), il sovraindebitato può comunque attivare questa procedura per liquidare in modo ordinato tutto ciò che possiede e ottenere la cancellazione dei debiti residui. Naturalmente, chi possiede beni significativi perderà il patrimonio (es. la casa, se non esente), ma in cambio eviterà il protrarsi indefinito di pignoramenti e insolvenze irrisolvibili.
Esempio pratico (liquidazione controllata): Marco è un ex artigiano senza lavoro fisso, con debiti per €250.000 e nessuna entrata stabile. Possiede solo una vecchia casa ereditata. Non potendo proporre pagamenti sostenibili ai creditori (non ha reddito per un piano né un’attività da continuare), Marco avvia – tramite OCC – una liquidazione controllata cedendo l’immobile. Il liquidatore nominato vende la casa a €100.000. Con il ricavato, paga circa €80.000 al creditore ipotecario (la banca, che aveva ipoteca sull’immobile) e distribuisce i restanti €20.000 in percentuale ai creditori chirografari (che ottengono ad esempio un 10% dei loro crediti). La procedura viene chiusa. Formalmente, Marco rimane debitore per il 90% non pagato, ma decorsi i termini di legge il tribunale gli concede l’esdebitazione: tutti i crediti residui vengono cancellati e i creditori non possono più avanzare pretese per quei debiti. Marco ha così azzerato la propria esposizione, sebbene abbia perso la casa, e può ricostruirsi un futuro libero dai debiti.
Esdebitazione del debitore incapiente
L’esdebitazione del debitore incapiente è una procedura speciale, introdotta di recente (artt. 283-284 CCII), che consente in casi estremi di cancellare tutti i debiti di una persona fisica sovraindebitata che non ha alcuna utilità da offrire ai creditori. È, in sostanza, una sorta di “fallimento senza attivo”, pensata per quei debitori totalmente privi di beni e di reddito, per i quali anche una liquidazione sarebbe inutile perché non c’è nulla da liquidare. In passato, tali soggetti rimanevano a vita sotto il peso dei debiti, perché non potevano nemmeno accedere alle procedure (non avendo beni o redditi da mettere sul piatto). Ora la legge offre loro un’ultima spiaggia di riabilitazione.
Presupposti per l’accesso: la persona che chiede l’esdebitazione “incapiente” deve dimostrare tutti i seguenti requisiti:
- Di essere sovraindebitata e priva di patrimonio liquidabile: nessun immobile di proprietà, nessun bene di valore, nessun risparmio accantonabile.
- Di non avere un reddito pignorabile, ovvero di avere redditi talmente esigui da non consentire neanche un minimo rimborso parziale ai creditori. Tipicamente rientra qui chi è disoccupato, o vive di entrate al di sotto della soglia di impignorabilità (es. solo pensione minima sociale).
- Di essere meritevole: il sovraindebitamento non deve dipendere da frode o colpa grave del debitore, e questi deve aver tenuto un comportamento leale (obbligo di completa trasparenza sulla propria situazione). In altre parole, anche l’incapiente deve superare il vaglio dell’assenza di dolo o colpa grave, come negli altri procedimenti.
- Di non aver già usufruito in passato di questa esdebitazione per incapienti (la legge consente questo beneficio una sola volta nella vita).
- Se del caso, di aver già tentato una liquidazione controllata senza successo perché non c’era nulla da liquidare, oppure di provare che la liquidazione sarebbe manifestamente inidonea a soddisfare i creditori. Quest’ultimo punto non è un requisito tassativo, ma nella prassi è apprezzato: se il debitore ha almeno provato ad avviare una liquidazione ma è stata chiusa per mancanza di attivo, si dimostra chiaramente l’incapienza. In assenza di ciò, il debitore deve comunque convincere il giudice che neanche la liquidazione darebbe esiti apprezzabili (es. costerebbe più del ricavato).
Procedura: l’esdebitazione incapiente si avvia con un’istanza presentata al tribunale tramite l’OCC, con cui il debitore chiede di essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione integrale ex art. 283 CCII. Alla domanda devono essere allegati: tutti i documenti che provano la totale incapienza (certificati che attestano l’assenza di proprietà immobiliari, eventuale ISEE molto basso, stato di disoccupazione, ecc.); e una relazione particolareggiata dell’OCC che attesti la veridicità della situazione economica e l’assenza di risorse occulte. L’OCC deve anche indicare se la situazione di sovraindebitamento è stata aggravata da concessione irresponsabile di credito da parte di terzi (cioè se il debitore è anche vittima di “credito facile” da parte di banche o finanziarie), informazione utile a fini statistici e di sistema.
Il tribunale, esaminata l’istanza, procede come segue:
- Verifica preliminare dei requisiti: controlla che sussistano le condizioni di legge (incapienza, meritevolezza, documentazione completa, ecc.). Se manca un presupposto, rigetta subito.
- Notifica ai creditori: dispone che l’istanza venga notificata a tutti i creditori, i quali hanno facoltà di presentare opposizione entro un termine (solitamente 30 giorni). Nella pratica, i creditori potranno contestare ad esempio sostenendo che il debitore nasconda in realtà dei beni o redditi, o che sia colpevole di insolvenza dolosa.
- Udienza di comparizione: il giudice può fissare un’udienza per ascoltare il debitore e discutere eventuali opposizioni. Spesso nessun creditore si oppone, consapevoli che non c’è nulla da prendere (per loro la procedura non comporta alcun pagamento, quindi tendono a ignorarla).
- Decisione: se i requisiti risultano soddisfatti e non emergono opposizioni fondate, il tribunale emette il decreto di esdebitazione dell’incapiente, che libera il debitore da tutti i debiti chirografari anteriori. I crediti privilegiati eventualmente esistenti restano insoluti ma di fatto inescutibili se non vi sono beni su cui rivalersi (si trasformano in perdite per i creditori). Da notare: l’esdebitazione incapiente non richiede, per definizione, alcun pagamento ai creditori, quindi è un atto unilaterale di clemenza.
Effetti: con il decreto di esdebitazione, il debitore è immediatamente libero da ogni obbligo di pagamento dei debiti pregressi non soddisfatti. E dato che per ipotesi era incapiente, ciò significa quasi sempre che l’ammontare dei debiti cancellati è prossimo al 100% (non avendo pagato nulla o quasi). Tuttavia, la legge prevede una sorta di condizione risolutiva a tutela dei creditori: per i 4 anni successivi all’esdebitazione, se al debitore sopravvengono nuove utilità rilevanti, egli ha l’obbligo di destinarne ai creditori fino al 10% dei loro crediti originari. In pratica, se entro 4 anni il debitore incapiente riceve ad esempio un’eredità, vince alla lotteria o trova un lavoro altamente remunerativo (insomma, ha un colpo di fortuna economico), dovrà informare i creditori e pagare loro entro il limite del 10% di quanto dovevano avere, sempre che le risorse sopravvenute lo consentano. Trascorsi 4 anni senza “fortuna”, l’esdebitazione diventa definitiva e irrevocabile. Questa clausola, mutuata dalla normativa introdotta nel 2020, bilancia l’idea che il debitore incapiente meriti una liberazione, con l’esigenza di equità verso i creditori se il debitore in futuro avrà disponibilità significative.
Ovviamente, anche nell’esdebitazione incapiente la meritevolezza rimane fondamentale: se successivamente si scopre che il debitore aveva nascosto volontariamente beni o redditi, o aveva commesso frodi (ad esempio evasione fiscale deliberata e cospicua), l’esdebitazione può essere revocata dal tribunale. Diversi decreti già emanati dai tribunali hanno infatti negato il beneficio a chi risultava aver evaso il fisco in modo doloso: l’omesso pagamento di imposte dovute per evasione deliberata è stato giudicato indice di colpa grave, incompatibile col beneficio. Al contrario, i tribunali tendono a concedere l’esdebitazione incapiente quando il debitore ha tenuto condotte regolari ma è stato travolto da eventi sfortunati (malattie, perdita del lavoro, ecc.).
Esempio pratico (incapiente): Anna è una ex commerciante che ha chiuso la sua attività in perdita. Ha debiti per €100.000 tra banche e fornitori, ma non possiede alcun immobile né beni di valore, e attualmente vive senza redditi fissi (è sostenuta dalla famiglia). Ha 65 anni e scarse prospettive di trovare lavoro. Anna si rivolge all’OCC e, constatata la totale incapienza, chiede al Tribunale di cancellare i suoi debiti. Nessun creditore si oppone (sanno che Anna non possiede nulla). Il giudice accerta la buona fede di Anna (ha tentato di pagare i debiti vendendo gli arredi del negozio, non risultano atti in frode né spese voluttuarie) e concede l’esdebitazione integrale. Anna viene liberata da tutti i €100.000 di debiti. Nei 4 anni successivi, l’unica “sopravvenienza” è una piccola eredità di un lontano parente da €5.000; su tale somma Anna versa il 10% (cioè €500 totali) ai suoi ex creditori, come previsto dalla legge. Trascorsi i 4 anni, l’esdebitazione diviene definitiva e Anna può vivere senza l’ombra dei debiti passati.
Tabella comparativa delle procedure di sovraindebitamento:
Per riassumere le principali differenze tra gli strumenti disponibili, la seguente tabella confronta i punti chiave di piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata ed esdebitazione incapiente:
Caratteristica | Piano del consumatore | Concordato minore | Liquidazione controllata | Esdebitazione incapiente |
---|---|---|---|---|
Soggetti ammessi | Solo consumatori (persone fisiche con debiti personali, non aziendali). | Debitori non consumatori (imprenditori minori, professionisti, enti non fallibili). | Tutti i debitori sovraindebitati (consumatori e non) possono accedere. | Solo persone fisiche completamente prive di beni e redditi (incapienti). |
Consenso dei creditori | Non richiesto: i creditori non votano, decide il giudice (dopo eventuali opposizioni). | Richiesto: serve il voto favorevole della maggioranza (per importo o per classi) dei crediti. | Non previsto: non c’è un accordo da approvare; i creditori partecipano insinuando i crediti, non votano. | Non previsto: i creditori possono solo opporsi se contestano i requisiti, ma non c’è voto né pagamento. |
Quota di debito da pagare | Variabile secondo il piano: può essere anche parziale (es. pagare 20-30% del totale) se il giudice ritiene equo e fattibile. | Variabile secondo la proposta: in genere parziale (percentuale concordata). Deve assicurare almeno quanto la liquidazione darebbe ai dissenzienti. | Dipende dall’attivo liquidato: spesso i chirografari ricevono poco o nulla, i privilegiati fino a concorrenza garanzia. | Nessun pagamento (0%), salvo eventuale obbligo di versare ai creditori fino al 10% se entro 4 anni il debitore ottiene “fortune” economiche. |
Patrimonio del debitore | Il debitore di regola mantiene i propri beni, salvo diversa previsione di piano (può decidere di liquidarne alcuni). Casa e beni essenziali possono essere conservati se il piano regge. | Può essere in continuità (debitore prosegue attività conservando beni produttivi) oppure liquidatorio (debitore cede beni ai creditori). Spesso soluzioni miste. | Tutti i beni (presenti e futuri entro 4 anni) confluiscono nella massa attiva e vengono venduti dal liquidatore. Il debitore perde la disponibilità del patrimonio. | Il debitore non ha beni da mettere a disposizione (per definizione). Se emergono beni nascosti, il beneficio viene revocato. |
Redditi futuri | Il piano considera i redditi futuri per i pagamenti (es. quote di stipendio). Dopo l’omologazione, il debitore conserva la gestione dei propri redditi, dovendo però destinarne la parte prevista ai creditori. | Se in continuità, il debitore usa i redditi futuri per pagare i creditori (piani di risanamento, ecc.). Se liquidatorio, cessa l’attività e non ci sono redditi futuri da destinare (salvo eventuali rate da stipendio se il debitore ha anche un reddito personale). | I redditi del debitore eccedenti il minimo vitale possono essere requisiti dal liquidatore per la massa attiva (es. pignoramento di stipendio, affitti, etc.). Ciò dura fino alla chiusura o per 4 anni post-apertura. | Il debitore non ha redditi pignorabili. Se ne ottiene di rilevanti entro 4 anni dal decreto, deve comunicarlo e versarne una parte ai creditori (max 10%). |
Durata della procedura | Variabile; tipicamente 3-5 anni di pagamenti (può essere più breve se il debitore apporta subito somme, o più lunga in casi eccezionali). L’omologazione arriva in pochi mesi, poi esecuzione pluriennale. | Flessibile; dipende dalla proposta. Spesso 3-5 anni anche qui. L’accordo vincola fino all’ultimo pagamento previsto. Se liquidatorio, i tempi dipendono da vendita beni, in media 2-3 anni. | Durata tecnica: vendite e riparti possono durare alcuni anni (dipende dai beni da liquidare, solitamente 2-4 anni). Dopodiché si chiude. C’è poi un periodo di 3 anni post-chiusura per l’esdebitazione automatica. | Procedura relativamente breve: il decreto di esdebitazione può arrivare in pochi mesi. Dopo, c’è la fase di 4 anni di condizione risolutiva, ma senza “gestione” attiva (solo obbligo di segnalare sopravvenienze). |
Esdebitazione (debiti residui) | Se il piano viene completato con successo, i debiti residui vengono cancellati (esdebitazione immediata a fine piano). Se il piano fallisce per colpa del debitore, niente esdebitazione (salvo eventuale conversione in liquidazione). | Se il concordato viene adempiuto, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione dei debiti residui ex lege. I soci illimitatamente responsabili beneficiano anch’essi se adempiono. In caso di inadempimento, accordo risolto e niente esdebitazione (a meno di passare a liquidazione). | A fine liquidazione, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione di tutti i debiti non pagati. È automatica dopo 3 anni dalla chiusura, salvo revoca se comportamenti fraudolenti. Restano esclusi per legge alcuni debiti (alimenti, multe, danni per dolo). | L’esdebitazione è l’oggetto stesso della procedura: il decreto cancella tutti i debiti chirografari esistenti. Viene concessa subito (salvo revoca successiva se emergeranno malafede). Anche qui esclusi alimenti, multe, ecc., ma in genere questi casi non si presentano poiché di solito tali debiti non compongono situazioni incapienti. |
Note particolari | Valutazione giudiziale della meritevolezza fondamentale (assenza di dolo/colpa grave). Consente di salvare beni essenziali (es. casa) se compatibile con sostenibilità del piano. | Necessita di coinvolgere attivamente i creditori (dialogo, voto). Utile per piccole imprese che vogliono evitare la cessazione attività. Possibile conversione in liquidazione se fallisce. | Procedura simile al fallimento ma su misura di soggetti non fallibili. Prevede la figura del liquidatore (spesso il gestore OCC). Il debitore può avviare attività nuova senza aspettare la chiusura (non ci sono le stesse interdizioni personali del fallimento). | Misura eccezionale e una tantum. Permette di ripartire da zero anche a chi non potrebbe offrire nulla. Richiede massima buona fede. Previsto dal 2020, i tribunali italiani lo applicano con prudenza ma sempre più frequentemente in situazioni di indigenza documentata. |
Elenco aggiornato degli OCC in Italia (per provincia e regione)
Di seguito presentiamo l’elenco completo e aggiornato (giugno 2025) degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) autorizzati in Italia, suddivisi per regione e provincia. Per ogni territorio sono indicati gli OCC attivi (istituiti presso Camere di Commercio, Ordini professionali o altri enti) con la relativa sede di riferimento e competenza provinciale. Fonte dati: Ministero della Giustizia – Registro OCC aggiornato al 2025, integrazioni da fonti locali.
Abruzzo:
- OCC Commercialisti Associati Abruzzo – Organismo costituito dagli ODCEC di Avezzano, Chieti, Lanciano e Pescara; sede principale a Pescara. (Copertura: province dell’Aquila, Chieti, Pescara; opera in sinergia con i locali tribunali).
- OCC “Protezione Consumatori” Montesilvano (PE) – Sportello di segretariato sociale per la composizione della crisi, con sede a Montesilvano (PE).
- OCC Ordine Avvocati Pescara – presso il Palazzo di Giustizia di Pescara (competente per il circondario di Pescara).
- OCC Camera di Commercio Chieti – organismo presso la CCIAA Chieti-Pescara, sede a Chieti (competenza sul Tribunale di Chieti).
- OCC ODCEC Teramo – organismo dell’Ordine dei Commercialisti di Teramo (competente per provincia di Teramo).
Basilicata:
- OCC Camera di Commercio della Basilicata – sede a Potenza; competente per entrambe le province di Potenza e Matera (organismo camerale regionale). (Nota: attualmente in Basilicata non risultano OCC costituiti presso gli Ordini professionali; tutti i debitori lucani fanno riferimento all’OCC camerale.)
Calabria:
- OCC ODCEC Catanzaro – organismo presso l’Ordine dei Commercialisti di Catanzaro (competente per provincia di Catanzaro).
- OCC ODCEC Reggio Calabria – presso l’Ordine Commercialisti RC (competente per Città Metropolitana di Reggio Calabria).
- OCC ODCEC Palmi – organismo dell’Ordine Commercialisti di Palmi, sede a Gioia Tauro, competente sull’area di Palmi (RC) e circondario di Gioia Tauro.
(In Calabria operano inoltre sportelli OCC minori in altre città, spesso collegati agli organismi sopra indicati.)
Campania:
- OCC ODCEC Avellino – Organismo dell’Ordine dei Commercialisti di Avellino (competente per provincia di Avellino).
- OCC Consiglio Ordine Avvocati Napoli – organismo costituito presso il Tribunale di Napoli (competente per circondario Napoli).
- OCC ODCEC Napoli – Organismo dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Napoli (competenza Napoli città).
- OCC ODCEC Napoli Nord – sede ad Aversa (CE), competente per il Tribunale di Napoli Nord (giurisdizione su area nord di Napoli e comuni aversani in prov. Caserta).
- OCC ODCEC Salerno – Organismo dell’Ordine Commercialisti di Salerno (competente per provincia di Salerno).
- (Altri OCC in Campania: ODCEC Nola per area Nolano; ODCEC Benevento per provincia BN; ODCEC Caserta per CE – non elencati sopra ma attivi sul territorio. Esistono inoltre sportelli di associazioni di consumatori.)
Emilia-Romagna:
- OCC Camera di Commercio Ferrara-Ravenna – organismo camerale con sedi congiunte a Ferrara e Ravenna, competente per i circondari dei Tribunali di Ferrara e Ravenna.
- OCC Ordine Avvocati Reggio Emilia – presso il COA di Reggio Emilia (competente per provincia di Reggio Emilia).
- OCC “Commercialisti Emilia” – organismo interprovinciale che coinvolge gli ODCEC di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena; sede operativa principale a Parma (copre i tribunali di PC, PR, RE, MO).
- OCC “Commercialisti Romagna” (OCC Romagna) – Associazione promossa dagli ODCEC di Forlì, Rimini, Ravenna, Ferrara; sede a Forlì (copertura multi-provinciale: Forlì-Cesena, Rimini e supporto a RA-FE in rete con CCIAA).
- OCC Ordine Avvocati Modena – organismo del COA Modena (competente per Tribunale di Modena).
- OCC Ordine Avvocati Ravenna – organismo del COA Ravenna (opera in parallelo all’OCC camerale Ferrara-Ravenna).
Friuli-Venezia Giulia:
- OCC “Rialziamoci Italia” Pordenone – organismo dell’Associazione Rialziamoci Italia attivo a Pordenone (competente per provincia di Pordenone).
- OCC “Rialziamoci Italia” Udine – inizialmente non presente fisicamente a Udine, opera con sede operativa a Treviso in coordinamento con il tribunale friulano (competenza su provincia di Udine). (In Friuli attualmente non risultano OCC costituiti presso ODCEC o COA; i debitori di Gorizia e Trieste possono rivolgersi ad OCC di regioni vicine, ad es. a Trieste ci si appoggia spesso all’OCC di Venezia o ad associazioni nazionali.)
Lazio:
- OCC ODCEC Roma – Organismo presso l’Ordine dei Commercialisti di Roma, competente per il Tribunale di Roma (uno dei più grandi OCC in Italia).
- OCC Ordine Avvocati Velletri – presso il Tribunale di Velletri (competente per circondario di Velletri, area Castelli Romani).
- OCC Ordine Avvocati Roma – sportello OCC istituito dal COA di Roma, con sede presso il Palazzo di Giustizia di Roma; opera in ambito civile romano (in coordinamento con OCC ODCEC Roma).
- OCC “Moonetica – Assodebitori” (Roma) – organismo associativo privato con sede a Roma, specializzato in assistenza debitori (opera su Roma e in ambito nazionale come OCC).
- OCC “A Sostegno del Debitore” (Tor Sapienza, Roma) – sportello sociale in Roma gestito da associazione privata, anch’esso riconosciuto come OCC. (Nel Lazio vi sono inoltre OCC presso ODCEC di Latina, Frosinone, Viterbo non elencati sopra: ad esempio l’OCC del COA Latina e OCC ODCEC Frosinone, attivi a livello locale.)
Liguria:
- OCC ODCEC Genova – Organismo costituito presso l’Ordine dei Commercialisti di Genova, competente per Genova e area ligure centrale. (Per le altre province liguri – Imperia, Savona, La Spezia – storicamente ci si appoggia o all’OCC di Genova o a OCC minori istituiti localmente. Ad esempio, l’ODCEC Savona e La Spezia hanno nominato gestori collaborando con OCC di regioni vicine o usando professionisti locali su base ad hoc.)
Lombardia:
- OCC ODCEC Brescia – organismo dell’Ordine Commercialisti di Brescia (competenza provincia di Brescia).
- OCC delle Camere di Commercio Lombarde (Camera Arbitrale Milano) – Organismo inter-camerale istituito presso la Camera Arbitrale di Milano, competente per le province di Milano, Monza-Brianza, Como, Lecco, Cremona, Lodi, Pavia, Sondrio e Varese (copertura ampia, più tribunali). La sede operativa è a Milano (Via Meravigli, Camera Arbitrale).
- OCC ODCEC Milano – organismo dell’Ordine dei Commercialisti di Milano (competenza Milano città e affari milanesi).
- OCC ODCEC Como – presso ODCEC di Como (competente per provincia di Como, sebbene Como rientri anche nell’OCC inter-camerale, i debitori comaschi possono scegliere).
- OCC ODCEC Busto Arsizio – sede a Busto Arsizio (VA), presso Ordine Commercialisti di Busto, competente per circondario Tribunale di Busto Arsizio (zone di Varese sud).
- OCC ODCEC Pavia – organismo presso ODCEC Pavia (competente per provincia di Pavia).
- OCC ODCEC Lecco – presso ODCEC Lecco (competente per provincia di Lecco).
- OCC ODCEC Mantova – Ordine Commercialisti di Mantova (competente per provincia di Mantova).
- OCC ODCEC Bergamo – Ordine Commercialisti di Bergamo (competente per provincia di Bergamo).
- OCC Ordine Avvocati Cremona – presso COA Cremona (competente per provincia di Cremona).
- OCC ODCEC Monza e Brianza – organismo dell’Ordine Commercialisti Monza Brianza (competente per Tribunale di Monza, provincia MB).
- OCC Ordine Avvocati Brescia – presso COA Brescia (affianca l’OCC dei commercialisti per ambito bresciano).
- OCC Segretariato Sociale Bergamo-Brescia – associazione costituita come OCC interprovinciale a vocazione sociale, con sede a Predore (BG), opera nelle province di Bergamo e Brescia (in coordinamento con gli ordini locali).
(Nota: la Lombardia ha il maggior numero di OCC; qui sopra sono elencati i principali. Altri minori includono OCC ODCEC Varese, OCC ODCEC Sondrio, ecc., spesso però coperti dall’organismo camerale lombardo. I debitori lombardi possono rivolgersi a qualunque OCC competente nel proprio territorio provinciale, data la pluralità di scelta.)
Marche:
- OCC ODCEC Fermo – organismo dell’Ordine Commercialisti di Fermo (competente per Tribunale di Fermo).
- OCC Ordine Avvocati Pesaro – presso COA Pesaro (competente per provincia di Pesaro-Urbino).
- OCC Commercialisti Marche – associazione inter-ODCEC che coinvolge Pesaro, Ancona, Ascoli Piceno (sede ad Ancona, presso ODCEC locale). Copre le province di Pesaro-Urbino, Ancona, Ascoli Piceno, e collabora anche per Macerata. (In pratica nelle Marche tutti i tribunali hanno almeno un OCC di riferimento: ad es. per Macerata ci si appoggia a OCC di Ancona o associazioni; per Ascoli c’è la sezione ODCEC AP nell’associazione citata.)
Molise:
- OCC Camera di Commercio del Molise – sede a Campobasso; competente su entrambe le province di Campobasso e Isernia, oltre che sul circondario di Larino. (Al momento non risultano OCC presso l’Ordine Avvocati o Commercialisti locali; tutti i casi vengono gestiti dall’organismo camerale regionale, che nomina i gestori e coordina con i tre tribunali molisani).
Piemonte:
- OCC di Alessandria – organismo locale costituito dall’ODCEC di Alessandria (competente per provincia di Alessandria).
- OCC del Canavese (Ivrea) – associazione “Modello Canavese” con sede a Ivrea (TO), competente per l’area del Canavese e circondario Tribunale di Ivrea.
- OCC ODCEC Novara – organismo presso Ordine Commercialisti Novara (competente per provincia di Novara).
- OCC “A Sostegno del Debitore” Torino – sportello di segretariato sociale con sede ad Alpignano (TO), operativo su Torino e provincia, in mancanza di un OCC d’Ordine a Torino. (A Torino città non esiste ad oggi un OCC interno al locale ODCEC o COA, pertanto operano associazioni come questa e gestori nominati ad hoc).
- OCC ODCEC Cuneo – (in collaborazione interregionale, Cuneo si appoggia a OCC di Piemonte o Liguria data la mancanza di organismo autonomo; spesso i gestori sono nominati tra i commercialisti cuneesi su designazione del tribunale).
- OCC ODCEC Asti – (simile a Cuneo, collabora con altri OCC regionali).
- OCC per Verbano-Cusio-Ossola (VCO) – non formalizzato, i casi vengono generalmente gestiti con l’ausilio dell’OCC di Novara o di associazioni piemontesi, data la dimensione ridotta. (In sintesi, il Piemonte vede OCC strutturati in alcune province, mentre Torino, Cuneo, VCO operano tramite collaborazioni: i debitori valdostani, come detto, possono anch’essi rivolgersi a Torino/Piemonte).
Puglia:
- OCC ODCEC Lecce – Organismo dell’Ordine Commercialisti di Lecce (competente per provincia di Lecce).
- OCC Ordine Avvocati Lecce – istituito presso COA Lecce (competente anch’esso su Lecce, collabora con OCC ODCEC).
- OCC ODCEC Taranto – Organismo dell’Ordine Commercialisti di Taranto (competente per provincia di Taranto).
- OCC ODCEC Bari – Organismo dell’Ordine Commercialisti di Bari (competente per area di Bari).
- OCC Ordine Avvocati Bari – nuovo OCC costituito nel 2024, con sede a Bari presso il COA, competente per Tribunale di Bari (non presente negli elenchi precedenti).
- OCC ODCEC Trani – associazione locale promossa dall’Ordine Commercialisti Trani (competente per circondario di Trani-Barletta-Andria, la cosiddetta BAT).
(La Puglia presenta OCC praticamente in ogni distretto: oltre ai sopra citati, esistono OCC minori a Brindisi (presso ODCEC Brindisi) e Foggia (ODCEC Foggia), attivi localmente. I debitori pugliesi dunque possono rivolgersi all’OCC del capoluogo della propria provincia o distretto.)
Sardegna:
- OCC ODCEC Cagliari – Organismo dell’Ordine Commercialisti di Cagliari (competente per Città Metropolitana di Cagliari e Sud Sardegna).
- OCC “Rialziamoci Italia” Olbia – associazione Rialziamoci con sede a Olbia (competente per area Gallura, provincia di Sassari/Olbia-Tempio).
- OCC ODCEC Sassari – organismo dell’Ordine Commercialisti di Sassari (competente per provincia di Sassari).
- OCC “Rialziamoci Italia” Oristano – sportello segretariato sociale a Oristano, sede Rialziamoci locale (competente per provincia di Oristano). (In Sardegna quindi ogni zona ha un OCC: Cagliari per il sud, Sassari/Olbia per il nord, Oristano e Nuoro possono appoggiarsi a questi ultimi due.)
Sicilia:
- OCC ODCEC Agrigento-Sciacca – Organismo istituito dall’Ordine dei Commercialisti di Agrigento (competente per i Tribunali di Agrigento e Sciacca).
- OCC ODCEC Ragusa – organismo presso ODCEC Ragusa (competente per provincia di Ragusa).
- OCC ODCEC Trapani – organismo presso ODCEC Trapani (competente per provincia di Trapani).
- OCC Ordine Avvocati Messina – organismo presso COA Messina (competente per Tribunale di Messina).
- OCC ODCEC Catania – organismo presso ODCEC Catania (competente per Tribunale di Catania).
- OCC ODCEC Palermo – organismo presso ODCEC Palermo (competente per Tribunale di Palermo).
- OCC Ordine Avvocati Siracusa – organismo presso COA Siracusa (competente per Tribunale di Siracusa).
- OCC “Prima Difesa” Maletto (CT) – sportello segretariato sociale dell’associazione Prima Difesa, comune di Maletto (CT), operante nel catanese.
- OCC “Prima Difesa” Pachino (CT) – sportello segretariato sociale Prima Difesa a Pachino (SR), operante tra Siracusa e Ragusa.
(Sicilia quindi molto attiva: praticamente ogni tribunale ha un OCC di riferimento, con Palermo, Catania, Messina coperti dagli Ordini locali, e associazioni supplementari sul territorio per i casi più periferici.)
Toscana:
- OCC Lucca (ODCEC Lucca) – Organismo di Composizione della Crisi presso Ordine Commercialisti di Lucca (competente per provincia di Lucca).
- OCC Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno – organismo camerale con sede a Livorno, competente per le province di Livorno e Grosseto.
- (Altri OCC attivi in Toscana includono: OCC ODCEC Firenze – Ordine Comm. Firenze, OCC ODCEC Pisa, OCC Ordine Avvocati Arezzo, OCC ODCEC Siena, OCC ODCEC Prato, ecc. Per brevità non elencati singolarmente, ma ogni provincia toscana ha almeno un OCC. Ad esempio, Firenze ha un OCC molto attivo presso l’Ordine Commercialisti.)
Trentino-Alto Adige:
- OCC Camera di Commercio di Bolzano – organismo camerale unificato per la regione, con sede a Bolzano, competente per tutta la Regione Trentino-Alto Adige (sia Tribunale di Bolzano che Trento). (Nota: Trentino-Alto Adige opera con questo OCC unico; i debitori di Trento fanno capo all’OCC di Bolzano).
Umbria:
- OCC ODCEC Perugia-Spoleto – Organismo unificato costituito dall’Ordine dei Commercialisti di Perugia (competente per Tribunali di Perugia e Spoleto).
- OCC Ordine Avvocati Perugia – presso COA Perugia (affianca l’OCC commercialisti per area Perugia).
- OCC Ordine Avvocati Spoleto – presso COA Spoleto (competente per Tribunale di Spoleto, anch’esso in coordinamento con ODCEC PG).
Valle d’Aosta:
- (Come già accennato, la Valle d’Aosta non dispone attualmente di un OCC autonomo iscritto. I debitori valdostani possono rivolgersi agli OCC del Piemonte, ad esempio all’OCC “A Sostegno del Debitore” di Torino o alla Camera di Commercio del Canavese, per gestire la propria procedura. Le pratiche verranno coordinate col Tribunale di Aosta. È in corso di valutazione l’istituzione di un OCC regionale, ma al 2025 non risulta ancora operativo.)
Veneto:
- OCC “Equità e Giustizia” Villorba (TV) – Organismo costituito dal Comune di Villorba (Treviso), competente per buona parte della provincia di Treviso (in sinergia con Tribunale di Treviso).
- OCC ODCEC Padova – organismo dell’Ordine Commercialisti di Padova (competente per provincia di Padova).
- OCC del Veneziano (ODCEC Venezia) – organismo presso Ordine Commercialisti di Venezia, detto anche “OCC del Veneziano”, competente per il Tribunale di Venezia (provincia di Venezia).
- OCC ODCEC Verona – Organismo presso Ordine Commercialisti di Verona (competente per provincia di Verona).
- OCC Ordine Avvocati Vicenza – organismo presso COA Vicenza (competente per Tribunale di Vicenza).
- OCC ODCEC Vicenza – organismo presso ODCEC Vicenza (competente per area Vicenza; opera in parallelo al COA Vicenza).
- OCC “Rialziamoci Italia” Padova – sede a Piazzola sul Brenta (PD), associazione Rialziamoci attiva in provincia di Padova (in supporto all’OCC ODCEC PD).
- OCC “Rialziamoci Italia” Verona – sede a Verona, associazione Rialziamoci attiva su Verona e dintorni (supporta l’OCC ODCEC VR).
- (Presenti inoltre OCC minori non citati: es. COA Verona ha un proprio OCC, ODCEC Treviso coopera con Comune Villorba, etc. Complessivamente il Veneto è ben coperto.)
Legenda abbreviativa: ODCEC = Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili; COA = Consiglio Ordine Avvocati; CCIAA = Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura. Molti OCC sono istituiti presso tali enti. Altri OCC fanno capo ad associazioni di categoria o di consumatori. È sempre consigliabile consultare il sito web del Ministero della Giustizia – sezione Registro OCC – per trovare i contatti aggiornati dell’organismo competente nel proprio territorio, oppure rivolgersi alla locale Camera di Commercio che saprà indicare a quale OCC indirizzarsi.
Come si evince dall’elenco, vi è una diffusione capillare degli OCC in tutta Italia: praticamente in ogni provincia o area territoriale esiste almeno un organismo operativo (nelle regioni più grandi ce ne sono anche molti). Il debitore sovraindebitato può quindi rivolgersi con fiducia all’OCC più vicino (ad esempio, contattando la Camera di Commercio o l’Ordine professionale locale) per avviare il proprio percorso di risanamento.
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito riportiamo alcune delle domande più frequenti in materia di sovraindebitamento, con risposte chiare e basate sulle disposizioni di legge e sull’esperienza pratica delle procedure.
D: Chi può chiedere l’accesso alle procedure di sovraindebitamento?
R: Possono accedere tutti i debitori “civili” non fallibili che versino in stato di sovraindebitamento (insolvenza o crisi da debiti). In concreto: consumatori con debiti personali (familiari), professionisti e ditte individuali non fallibili, piccole imprese sotto soglia, imprenditori agricoli, start-up innovative e in generale chiunque non sia soggetto a fallimento (liquidazione giudiziale). Sono esclusi invece gli imprenditori di grandi dimensioni, le società di capitali oltre soglia, gli enti pubblici e chi ha già abusato di queste procedure (ad es. avendone già beneficiato due volte). Nella sezione iniziale di questa guida troverai i dettagli e le categorie ammesse (Consumatori, professionisti, ecc.).
D: Qual è la differenza tra piano del consumatore e concordato minore? Come scelgo tra i due?
R: Il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche “consumatori”, cioè che hanno debiti privati. Non richiede il voto dei creditori: decide tutto il giudice in omologazione. È ideale se sei un privato cittadino sovraindebitato, perché puoi proporre di pagare solo una parte dei tuoi debiti e, se il piano è fattibile e sei meritevole, il giudice può omologarlo anche contro il parere dei creditori. Invece il concordato minore è destinato a imprenditori minori, professionisti e altri non consumatori. Richiede il consenso dei creditori: devi ottenere il voto favorevole di almeno la maggioranza (per importo) dei crediti perché il tribunale possa omologare. Dunque, nel concordato minore c’è una vera trattativa con i creditori, simile al concordato preventivo (ma semplificata). In sintesi, se sei un consumatore puro opterai per il piano; se hai un’attività economica (anche cessata) e debiti con fornitori, banche, Fisco legati a essa, dovrai andare sul concordato minore. Va detto che entrambe le procedure portano allo stesso risultato finale (ristrutturazione e possibile esdebitazione), ma con meccanismi diversi. Il tuo OCC ti aiuterà a scegliere lo strumento giusto: a volte capita che una persona abbia debiti promiscui (sia personali che d’impresa). In tali casi, secondo la Cassazione, la qualificazione dipende dalla natura prevalente delle obbligazioni da ristrutturare. Ad esempio, se hai qualche debito professionale ma vuoi ristrutturare principalmente debiti personali, si potrebbe tentare comunque il piano del consumatore limitatamente ai debiti consumeristici (cosa ora possibile anche nel Codice). È una questione tecnica da valutare caso per caso con l’OCC e, se necessario, con il tuo legale.
D: Che vantaggi offre la procedura di sovraindebitamento rispetto al “lasciare andare” e subire i pignoramenti?
R: Offre vantaggi enormi. In breve: tempi certi di uscita dalla situazione debitoria, protezione immediata contro i creditori e cancellazione finale dei debiti residui. Se non fai nulla, i creditori possono rincorrerti per decenni, rinnovando pignoramenti ogni volta che trovano qualcosa a tuo nome, e gli interessi continueranno a maturare allungando l’agonia finanziaria. Con le procedure di composizione, invece, congeli la situazione e la risolvi in modo ordinato: ad esempio, con un piano paghi solo quello che effettivamente puoi permetterti (magari il 20-30% del totale) e il resto viene cancellato. Con la liquidazione, vendi i beni una volta per tutte e poi, in pochi anni, ottieni l’esdebitazione. Inoltre, già con il deposito del ricorso, puoi ottenere la sospensione dei pignoramenti in atto, bloccando ad esempio un’asta sulla casa o il fermo amministrativo di un’auto. È un vero “reset” della tua posizione debitoria, impossibile da ottenere lasciando semplicemente che i creditori agiscano individualmente.
D: Se attivo una procedura, i miei beni verranno venduti tutti? Perderò la casa o l’auto?
R: Dipende dalla procedura scelta e da come viene impostata. Nel piano del consumatore, non sei obbligato a cedere i tuoi beni: se riesci a formulare un piano sostenibile pagando i creditori con il tuo reddito e magari l’aiuto di terzi, puoi conservare i tuoi beni, inclusa la casa. Spesso i giudici omologano piani in cui il debitore mantiene la prima casa e continua a pagare il mutuo regolarmente (falcidiando altri debiti). Nel concordato minore, si può prevedere la continuità dell’impresa, quindi tenere macchinari, immobili aziendali strategici, etc., vendendo magari solo quelli non essenziali. Nella liquidazione controllata, invece, la regola è che tutto il patrimonio viene venduto per soddisfare i creditori. Quindi se possiedi una casa o altri beni, andranno probabilmente liquidati dal curatore, salvo siano beni impignorabili o di valore trascurabile (ad es. attrezzi di lavoro indispensabili, arredamento modesto, ecc. non si toccano). Tieni presente però che, a fronte di questo sacrificio, avrai la cancellazione dei debiti rimanenti. In alcuni casi, il debitore in liquidazione può anche trovare un accordo per riottenere la casa: ad esempio, un familiare o un terzo la acquista all’asta e gliela lascia in uso; oppure, se non ci sono offerte, dopo un po’ la procedura potrebbe chiudersi e la casa restare invenduta (è raro ma può capitare per immobili di scarso interesse). Comunque, prima di arrivare a liquidazione, valuta se un piano potrebbe evitarti la perdita dei beni: spesso è possibile.
D: I debiti con lo Stato (Agenzia Entrate, Equitalia) e con banche possono essere tagliati in queste procedure?
R: Sì, quasi tutti i tipi di debito possono essere ristrutturati. I debiti fiscali verso Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) e i debiti IVA possono essere inclusi nel piano o accordo e pagati parzialmente o dilazionati, con alcune condizioni. La regola generale è che il Fisco non deve ricevere meno di quanto ricaverebbe pignorando i beni del debitore (principio del miglior soddisfacimento). In pratica, se non hai beni, puoi offrire anche una percentuale bassa (es. 10-20%) sui debiti fiscali e il giudice potrebbe omologare. Se invece hai beni, devi destinare ai crediti erariali un importo almeno pari al valore di quei beni (al netto delle garanzie di altri) – cosa che comunque faresti anche fuori dalla procedura. È importante notare che l’IVA e le ritenute non versate erano considerate in passato “non falcidiabili” nei concordati, ma nel sovraindebitamento la giurisprudenza ha ammesso il taglio anche di questi crediti se i creditori (Erario) votano favorevolmente o comunque se ricevono almeno il valore di realizzo. Quindi, sì: si possono ridurre sanzioni, interessi e anche parte di tributi in misura significativa nelle procedure minori. Per le banche, vale lo stesso discorso: sono creditori come gli altri. Se la banca ha un’ipoteca, va pagata almeno per il valore dell’immobile ipotecato (altrimenti può opporsi con buone ragioni). Se il suo credito è chirografario (prestito personale non garantito), può subire una falcidia anche notevole, ad esempio prendere 30 su 100 e vedere cancellato il resto. Nella pratica, molte banche preferiscono accettare un concordato proposto piuttosto che sperare di recuperare magari meno con cause e pignoramenti incerti.
D: Ci sono debiti che non si cancellano neanche con queste procedure?
R: Sì, alcune tipologie di debito restano comunque dovute. La legge esclude dall’esdebitazione finale: a) gli obblighi di mantenimento e alimentari (es: assegni di mantenimento al coniuge o ai figli) – questi devi continuare a pagarli integralmente; b) le sanzioni penali (multe, ammende) e amministrative di natura afflittiva – non vengono cancellate, per ragioni di ordine pubblico; c) i debiti derivanti da responsabilità civile per fatti illeciti dolosi (risarcimenti per reati dolosi commessi dal debitore). Quindi, se hai debiti di questi tipi, sappi che non potranno essere “scaricati”: dovrai comunque provvedere a pagarli a parte. Tutti gli altri debiti, invece – finanziamenti, mutui, fornitori, tasse, tributi locali, canoni, bollette, leasing, ecc. – possono essere inclusi e soggetti a esdebitazione finale.
D: Ho un mutuo sulla prima casa: posso mantenerlo ed evitare che la casa sia venduta?
R: Assolutamente sì, è possibile. Se la casa ha un mutuo/ipoteca e vuoi tenerla, devi continuare a pagare le rate o comunque garantire all’ipotecario un trattamento conforme al suo diritto. Nel piano del consumatore, spesso il debitore prevede di proseguire il pagamento del mutuo regolarmente, escludendo di fatto la casa dalla liquidazione (ovviamente la banca ipotecaria non viene intaccata dal piano se continua a ricevere le rate). Anche nel concordato minore si può impostare la continuità per la casa: ad esempio, prevedere una moratoria fino a 12 mesi sulle rate e poi riprenderle, oppure rinegoziarle. L’importante è che la banca ipotecaria non venga danneggiata oltre misura: di solito, le si paga l’intero valore dell’immobile (o la si soddisfa integralmente). Molti tribunali hanno autorizzato piani in cui il debitore conserva la casa se dimostra di poter sostenere il mutuo e se ciò non lede gli altri creditori (che comunque otterrebbero poco vendendo la casa, giacché il ricavato andrebbe quasi tutto alla banca). In liquidazione controllata, invece, mantenere la casa è molto difficile: il liquidatore la metterà all’asta per pagare l’ipoteca e altri creditori con l’eventuale eccedenza. Una strada, se vuoi evitare la vendita in liquidazione, è trovare un accordo con i creditori prima che la vendano – ma è complicato. Quindi, se la casa è per te prioritaria, meglio puntare su un piano/accordo piuttosto che sulla liquidazione.
D: Serve un avvocato per queste procedure o basta l’OCC?
R: Formalmente, la legge non richiede che il debitore sia assistito da un avvocato: l’OCC è l’organo che prepara e presenta la proposta e funge da “tutor” tecnico. Molti debitori affrontano la procedura senza un proprio legale, appoggiandosi totalmente all’OCC (che comunque deve essere imparziale). Tuttavia, avere un avvocato di fiducia può essere molto utile, specialmente in situazioni complesse o conflittuali. L’avvocato ti tutela come parte, può interloquire con l’OCC, aiutarti nella predisposizione dei documenti, negoziare con singoli creditori prima del voto, e rappresentarti in eventuali giudizi di opposizione. Inoltre, se sorgono contestazioni (es. un creditore insinua un credito non dovuto, o un oppositore contesta l’omologa), il tuo avvocato potrà difenderti in udienza. L’OCC, essendo organo neutrale, non fa da avvocato del debitore in giudizio. Dunque, pur non essendo obbligatorio, consiglio di avere un consulente legale personale almeno dall’omologazione in poi. Molti OCC collaborano strettamente con i legali dei debitori per assicurare che la procedura fili liscia. In sintesi: per depositare il ricorso è sufficiente l’OCC, ma per affrontare eventuali cause (opposizioni, reclami) e in generale per tutelare i tuoi interessi è meglio avere anche un avvocato.
D: Quanto dura l’intera procedura e dopo quanto tempo sarò finalmente “pulito” dai debiti?
R: La durata varia in base allo strumento e alla tua capacità contributiva. Possiamo distinguere: (1) il tempo per ottenere l’omologazione (cioè la sentenza/decreto che approva il piano/accordo o apre la liquidazione) – tipicamente pochi mesi; (2) il tempo di esecuzione del piano/accordo – di solito qualche anno, ad esempio piani di 4–5 anni; (3) il periodo di attesa per l’esdebitazione finale (se previsto) – ad esempio 3 anni dopo la liquidazione. Nel migliore dei casi (es. piano breve con pagamento immediato tramite vendita di un immobile), potresti chiudere tutto e avere l’esdebitazione nel giro di 1 anno. Nei casi più lunghi (es. pagamenti rateali su 7 anni), la procedura dura quel periodo e l’esdebitazione arriva alla fine. Per la liquidazione, spesso in 2-3 anni si chiude e poi 3 anni di attesa per l’automatica esdebitazione: in totale circa 5-6 anni di sofferenza e poi liberazione. Però devi considerare che già dall’omologazione sei protetto e sai esattamente quando finirà: ad esempio, se nel 2025 omologhi un piano quinquennale, sai che nel 2030 avrai finito di pagare e sarai libero dai debiti residui. In confronto, senza procedura, potresti trascinarti per decenni. La quick fix più rapida è l’esdebitazione incapiente: in qualche mese hai il decreto che cancella i debiti, e dopo 4 anni (se non hai miglioramenti economici rilevanti) diventa definitiva. In questo periodo di 4 anni comunque non paghi nulla, salvo segnalare eventuali nuovi redditi. Quindi, in sostanza, in 4-5 anni al massimo la stragrande maggioranza dei debitori ottiene il fresh start, e spesso anche prima.
D: Se dopo aver ottenuto l’esdebitazione eredito dei soldi o miglioro la mia situazione, possono tornare a chiedermi i vecchi debiti?
R: In generale, no, una volta ottenuta l’esdebitazione definitiva, i creditori passati non possono più nulla. Fai però attenzione a due cose: (1) Nel piano del consumatore e concordato minore, se ottieni l’esdebitazione a fine piano, è definitiva e irrevocabile (salvo fosse stata ottenuta con dolo). Quindi se dopo tu diventi ricco, i vecchi creditori non possono riaprire il discorso: i debiti sono estinti. (2) Nella liquidazione controllata, la legge prevede che l’esdebitazione scatti dopo 3 anni dalla chiusura e che eventuali sopravvenienze attive entro quei 3 anni (tipo eredità, vincite) possano portare a revoca o obbligo di pagamento. In realtà il Codice dice che decorsi 3 anni l’esdebitazione è automatica, quindi eventuali attivi sopravvenuti entro i 3 anni dovrebbero essere usati per pagare, ma dopo i 3 anni non rileva più. (3) Nella esdebitazione incapiente, come spiegato sopra, c’è quella condizione dei 4 anni: se entro 4 anni dal decreto ottieni “utilità rilevanti” devi darne fino al 10% ai creditori. Dopo i 4 anni, non devi più nulla e l’esdebitazione diventa irrevocabile. Quindi, riassumendo: una volta che hai completato correttamente la procedura e ottenuto il provvedimento finale di esdebitazione, i creditori del passato non possono pretendere altri soldi, tranne le eccezioni previste (quell’obbligo limitato al 10% in 4 anni per l’incapiente, o la revoca se si scoprono frodi). Per sicurezza, se dovessi diventare molto benestante subito dopo, è buona norma soddisfare comunque moralmente i creditori se te la senti, ma legalmente non sei più tenuto (soprattutto se loro non hanno contestato nei termini).
D: Cosa succede se, dopo l’omologazione, non riesco a rispettare il piano o l’accordo?
R: Se incontri difficoltà, comunicalo subito all’OCC e al tuo avvocato. La legge consente alcuni correttivi: ad esempio, il debitore può chiedere al giudice di modificare le scadenze o le modalità di pagamento se sopravvengono giustificati motivi (entro certi limiti). Nel piano del consumatore, il tribunale può approvare modifiche non sostanziali e concedere una tolleranza sui ritardi non gravi. Nel concordato minore, se un debitore non adempie, i creditori possono chiedere la risoluzione dell’accordo: si torna alla situazione pre, salvo aprire una liquidazione. In ogni caso, se il mancato rispetto è dovuto a cause non imputabili a te (esempio: ti ammali gravemente, perdi il lavoro per motivi oggettivi), spesso i giudici mostrano comprensione e possono adattare la procedura, oppure – se proprio il piano diventa impossibile – convertirla in una liquidazione controllata per darti comunque l’esdebitazione. Se invece l’inadempimento è per tua negligenza o colpa grave (es. non paghi pur potendo), allora rischi la revoca dei benefici: il piano viene risolto o revocato e perdi il diritto all’esdebitazione. I creditori tornerebbero ad agire per la parte non pagata. Quindi è fondamentale impostare un piano realistico fin dall’inizio (meglio offrire meno ma con certezza). In sintesi: se non riesci a pagare, c’è un margine di rimodulazione se hai buone ragioni, altrimenti la procedura può essere dichiarata fallita. In tal caso, come ultima risorsa, puoi chiedere di essere ammesso alla liquidazione controllata (se già non l’avevi scelta) per liquidare i beni e comunque arrivare all’esdebitazione dopo la liquidazione.
D: Posso accedere di nuovo a queste procedure in futuro se ne ho già usata una?
R: C’è un limite: non più di due volte nella vita e non prima di 5 anni dalla precedente esdebitazione. Quindi, se hai già ottenuto un’esdebitazione, devi attendere almeno 5 anni per chiederne un’altra; e comunque dopo la seconda non è concessa una terza. L’idea è che queste procedure servono a dare una seconda opportunità, non infinite. Se invece in passato hai presentato un accordo ma è stato rigettato (o revocato) senza che tu abbia ottenuto esdebitazione, in teoria potresti riprovarci, ma devi stare attento: il giudice valuterà se stai abusando dello strumento. La legge sanziona chi presenta domanda con frode o negligente: in tali casi potrebbe anche scattare il divieto per qualche tempo. Dunque formalmente: massimo due esdebitazioni per persona, e almeno quinquennio di intervallo tra una e l’altra. Ad esempio, se hai chiuso una procedura con esdebitazione nel 2020, potrai eventualmente ripresentare domanda non prima del 2025. Ma l’auspicio è di non averne più bisogno!
D: La procedura di sovraindebitamento viene pubblicizzata? I miei conoscenti o colleghi lo verranno a sapere?
R: La procedura è pubblica nei suoi atti ufficiali (depositi in tribunale) ma generalmente non è soggetta a forme di pubblicità legale paragonabili al fallimento. Non viene pubblicata sui giornali, né iscritta al registro delle imprese (salvo se impresa, in quel caso si annota al REA). I creditori vengono informati singolarmente dall’OCC. Esiste un Registro pubblico delle procedure di sovraindebitamento gestito dal Ministero, ma consultabile solo da soggetti qualificati. Quindi la tua situazione non verrà resa nota a tutti: ovviamente i tuoi creditori lo sapranno (riceveranno le notifiche dall’OCC) e gli atti sono depositati in tribunale (teoricamente accessibili), ma difficilmente un tuo vicino o datore di lavoro ne verrà a conoscenza a meno che tu non glielo dica. Diverso è se possiedi immobili: in caso di liquidazione, gli atti di vendita compariranno nei registri immobiliari (ma lo stesso accadrebbe con un pignoramento). In sintesi, la procedura è relativamente discreta, sicuramente meno stigmatizzante di un fallimento (che per gli imprenditori comportava pubblicazione e alcuni effetti sui diritti civili). Nel sovraindebitamento non perdi diritti civili, non c’è interdizione (salvo comportamenti illeciti). Anzi, molti imprenditori apprezzano che la “riabilitazione” avvenga in silenzio senza eccessiva pubblicità. Naturalmente, se la tua domanda venisse rigettata per motivo di frode, potrebbe esservi comunicazione all’autorità giudiziaria, ma parliamo di casi eccezionali.
D: Dopo la procedura, potrò chiedere nuovi prestiti o mutui? Il mio “credit score” migliorerà?
R: Questa è una domanda pratica importante. In Italia non esiste un vero credit score alla americana, però le banche e finanziarie consultano le banche dati creditizie (CRIF, Experian ecc.). Se eri segnalato come cattivo pagatore prima, è probabile che la segnalazione permanga per un certo periodo anche dopo l’esdebitazione. Non c’è (ancora) un meccanismo automatico per dire “questo soggetto è esdebitato, pulito”: sta però entrando nella cultura. Di solito, dopo l’omologazione del piano o l’apertura della liquidazione, il debitore viene segnalato in Centrale Rischi come in procedura concorsuale minore. Una volta chiusa, la segnalazione dovrebbe essere aggiornata. In pratica, otterrai un certificato dal Tribunale che attesta la tua esdebitazione. Potrai mostrarlo a eventuali futuri creditori per dimostrare che non hai più debiti pendenti. Tuttavia, alcune banche potrebbero comunque essere caute nel concedere nuovi prestiti per qualche anno, sapendo del precedente sovraindebitamento. Col tempo però, ricostruendoti una storia reddituale regolare e senza altri intoppi, potrai sicuramente riottenere credito. Non c’è alcuna preclusione legale: dopo l’esdebitazione, sei a tutti gli effetti come un soggetto senza debiti né insolvenze. Alcuni istituti richiedono che siano passati ad esempio 2 anni dal fallimento/esdebitazione prima di concedere mutui. Ma sono politiche interne. Dal punto di vista normativo, tu sarai riabilitato completamente. Quindi, con un po’ di pazienza e costruendo fiducia (magari iniziando con piccoli prestiti o affidamenti che ripagherai regolarmente), potrai tornare ad avere accesso al credito. Ricorda: la finalità di queste procedure è proprio il fresh start, cioè reinserirti nell’economia senza stigma. Molti esdebitati testimoniano di essere riusciti a ottenere un mutuo per la casa 3-4 anni dopo la chiusura, presentando la documentazione dell’esdebitazione e dimostrando un reddito stabile. In conclusione: nel breve termine può essere difficoltoso ottenere prestiti, ma sul medio termine, grazie alla liberazione dai debiti, avrai una posizione finanziaria molto più sostenibile e quindi presentabile.
Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali
Normativa vigente (Italia):
- D.Lgs. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), artt. 65-91 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento) e artt. 268-284 (esdebitazione del sovraindebitato). In vigore dal 15 luglio 2022, con modifiche apportate dal D.Lgs. 147/2020 e D.Lgs. 83/2022.
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 – “Disposizioni in materia di usura e di sovraindebitamento” (c.d. legge salva-suicidi). Normativa previgente, ora abrogata e confluita nel CCII, ma rilevante per la giurisprudenza formatasi ante 2022.
- D.M. 24 settembre 2014 n. 202 – Regolamento sul compenso degli organismi di composizione della crisi e degli esperti nominati (parametri ministeriali per compensi OCC).
- Direttiva (UE) 2019/1023 – Direttiva europea sui quadri di ristrutturazione e sull’esdebitazione, recepita in parte nel CCII (ha ispirato varie novità, tra cui esdebitazione incapiente e procedure familiari).
Principali riferimenti giurisprudenziali:
- Cass. civ. Sez. I, 14 febbraio 2023, n. 4613: ha stabilito che nell’accordo di sovraindebitamento l’omologazione non può essere concessa se il piano pregiudica il creditore ipotecario assicurandogli meno di quanto otterrebbe in una liquidazione alternativa. Conferma l’obbligo di garantire ai creditori privilegiati almeno il valore di realizzo del bene su cui hanno garanzia.
- Cass. civ. Sez. I, 26 luglio 2023, n. 22699: ha affrontato la nozione di debitore consumatore in presenza di debiti “promiscui”. Ha affermato che la qualifica (consumatore vs imprenditore) va determinata in base alla natura delle obbligazioni contratte: occorre guardare, al momento in cui furono assunte, se erano per scopi personali o professionali. Ha ritenuto non ammissibile un piano del consumatore se il debito ha origine in attività d’impresa, salvo il caso particolare del socio illimitatamente responsabile che voglia regolare solo i debiti personali (come ora previsto nel CCII).
- Cass. civ. Sez. I, 27 luglio 2023, n. 22900: ha chiarito i rimedi impugnatori nelle procedure di sovraindebitamento, ammettendo il ricorso straordinario in Cassazione avverso il decreto di omologazione in determinati casi. Rilevante per le impugnazioni dei creditori dissenzienti (ora regolate dall’art. 14 CCII).
- Cass. civ. Sez. I, 6 novembre 2023, n. 30814: ha ribadito la distinzione tra provvedimenti decisori e non decisori in tema di omologazione e rigetto dei piani, con impatto sul regime delle impugnazioni. Rileva per capire quali decreti sono reclamabili o ricorribili.
- Cass. civ. Sez. VI, 1 agosto 2023, n. 22797: ha precisato che per il voto dei creditori privilegiati nel concordato minore occorre considerarli per la parte non coperta da garanzia. Ha richiamato la necessità di ammetterli al voto pro-quota, analogamente al concordato preventivo, pena vizio della procedura.
- Tribunale di Napoli Nord, 20 aprile 2023 (decr.): ha negato l’omologazione di un piano del consumatore rilevando colpa grave del debitore che aveva accumulato debiti da gioco d’azzardo. Ha applicato il criterio dell’art. 69 CCII (assenza di dolo o colpa grave) per valutare la meritevolezza. Conferma l’orientamento restrittivo verso debiti contratti con leggerezza estrema.
- Tribunale di Milano, 11 ottobre 2023: prima applicazione art. 66 CCII, ha ammesso una procedura familiare con piano congiunto marito-moglie per debiti comuni. Ha nominato un unico gestore OCC per entrambi, evidenziando i vantaggi di trattazione unitaria in termini di costi e coordinamento.
- Tribunale di Torino, 15 febbraio 2022: (una delle prime esdebitazioni incapienti in Italia) ha concesso l’esdebitazione a un debitore ultra-settantenne senza beni né redditi, riconoscendone la meritevolezza e fissando la condizione dei 4 anni per eventuali utilità sopravvenute. Ha applicato la L. 176/2020 anticipando la norma poi ripresa nel CCII.
- Tribunale di Campobasso, 10 aprile 2024, proc. 17/2024: ha omologato un piano di ristrutturazione del consumatore con taglio dell’80% dei debiti, ritenendo soddisfatto il requisito della sostenibilità del piano e della buona fede del debitore, nonostante l’opposizione di alcuni creditori chirografari. (Menzione come caso recente di favore verso il favor debitoris, fonte: Portale fallimenti Campobasso).
Si noti: la giurisprudenza in materia è in costante evoluzione, specie dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice. Le sentenze sopra citate, in particolare quelle della Cassazione del 2023/2024, forniscono orientamenti importanti sull’interpretazione delle clausole di meritevolezza, sul trattamento dei creditori privilegiati e sulle condizioni di omologazione. Gli OCC e i tribunali locali fanno riferimento a tali principi nella gestione quotidiana delle procedure.
In conclusione, l’auspicio è che questa guida approfondita abbia chiarito ogni dubbio sul funzionamento degli OCC e degli strumenti offerti al debitore sovraindebitato. Con le conoscenze normative e pratiche qui raccolte – e con l’assistenza competente di un OCC sul territorio – anche le situazioni debitorie più difficili possono trovare una soluzione legale, dignitosa e orientata a un nuovo inizio finanziario.
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