Difensore Tributario: Quali Sono I Requisiti

Hai ricevuto un avviso di accertamento, una cartella esattoriale o un’intimazione di pagamento e ti stai chiedendo a chi puoi rivolgerti per difenderti davanti alla giustizia tributaria? Vuoi sapere chi può davvero assisterti in un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate e quali requisiti deve avere un difensore tributario abilitato?

Affrontare un problema fiscale senza un esperto al tuo fianco può esporti a errori gravi, decadenze dei termini e sanzioni più pesanti. Ecco perché è essenziale sapere chi può rappresentarti legalmente in giudizio e quando serve un difensore tecnico.

Chi può essere difensore tributario?
Il difensore tributario è il professionista che rappresenta e assiste il contribuente nei ricorsi presso la Corte di Giustizia Tributaria, sia di primo che di secondo grado. Deve essere abilitato e possedere requisiti specifici previsti dalla legge.

Quali sono i requisiti per essere difensore tributario?
Possono assumere il ruolo di difensore:

  • Avvocati regolarmente iscritti all’albo, abilitati al patrocinio nelle giurisdizioni tributarie;
  • Commercialisti e consulenti del lavoro, se iscritti agli albi professionali e nei limiti previsti per materia e valore della controversia;
  • Dipendenti di associazioni di categoria (es. CAF, Confcommercio), solo per determinate tipologie di contribuenti e con specifica delega;
  • In casi particolari, anche parenti o dipendenti del contribuente, ma solo in controversie minori (sotto soglia) e senza compenso.

Quando è obbligatoria la difesa tecnica?
Se l’importo del tributo contestato supera i 3.000 euro, la legge impone l’assistenza di un difensore abilitato. Al di sotto di questa soglia, il contribuente può anche difendersi da solo, ma è comunque consigliato farsi assistere per non commettere errori procedurali.

Serve per forza un avvocato?
Non sempre. Ma quando ci sono di mezzo imposte elevate, accertamenti complessi o sanzioni gravi, è fortemente consigliato rivolgersi a un avvocato esperto in diritto tributario, perché conosce le regole processuali e può tutelarti anche nei casi più critici, con strumenti specifici come l’autotutela, la conciliazione o l’impugnazione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega chi può fare il difensore tributario, quando è necessario e come scegliere il professionista più adatto al tuo caso.

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Introduzione

Il difensore tributario è il professionista abilitato che assiste e rappresenta il contribuente (persona fisica o giuridica) nel contenzioso tributario, ovvero nelle controversie legali contro l’Amministrazione finanziaria per imposte, tasse e sanzioni. In Italia, la normativa richiede in molti casi la difesa tecnica obbligatoria nel processo tributario, imponendo precisi requisiti per chi assume il ruolo di difensore del contribuente. In questa guida avanzata, rivolta a avvocati, privati e imprenditori, esamineremo in dettaglio i requisiti professionali e normativi del difensore tributario, le limitazioni (es. limiti alle deleghe e all’autodifesa), le strategie difensive più efficaci dal punto di vista del debitore (cioè del contribuente che contesta una pretesa tributaria) e le più recenti novità legislative e giurisprudenziali aggiornate a giugno 2025.

Indice della guida:

  • Introduzione al difensore tributario – Chi è e perché è importante nel processo tributario.
  • Assistenza tecnica obbligatoria nel contenzioso tributario – Quando è obbligatorio farsi assistere e limiti all’autodifesa.
  • Chi può fare il difensore tributario: requisiti professionali – Categorie di professionisti abilitati (avvocati, commercialisti, ecc.), iscrizioni e titoli richiesti.
  • Limiti e condizioni dell’abilitazione – Ambiti di competenza, numero di incarichi, casi particolari (dipendenti d’impresa, CAF, ecc.).
  • La procura alle liti e le deleghe nel processo tributario – Formalità per l’incarico al difensore, deleghe in udienza e limiti recenti.
  • Strategie difensive nel processo tributario – Approcci pratici per difendere efficacemente il contribuente (vizi formali, prova, ecc.).
  • Novità normative 2022–2025 e recenti sentenze – Riforme del processo tributario (abolizione mediazione, prova testimoniale, PEC obbligatoria) e sentenze chiave (Cassazione, Corte Costituzionale) che incidono sulla difesa tributaria.
  • Domande e risposte frequenti – Sezione Q&A con chiarimenti sui dubbi più comuni (p.es. “Posso difendermi da solo?”, “Chi paga le spese?”).
  • Tabelle riepilogative – Schemi sintetici delle categorie di difensori abilitati e delle fasi del contenzioso.
  • Simulazioni pratiche – Esempi di casi comuni di contenzioso e soluzioni difensive dal punto di vista del contribuente.
  • Fonti e riferimenti normativi – Elenco delle fonti normative e giurisprudenziali citate e consigliate per approfondimenti.

L’assistenza tecnica nel contenzioso tributario: obbligatorietà e limiti

Nel processo tributario italiano vige, in linea generale, il principio dell’assistenza tecnica obbligatoria: il contribuente che impugna un atto dell’Amministrazione finanziaria deve farsi rappresentare da un difensore abilitato (detto anche difensore tecnico) salvo eccezioni per le liti minori. Questo principio mira a garantire un livello adeguato di tutela tecnica e giuridica, data la complessità della materia tributaria, e trova fondamento nell’art. 12 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (il “Codice” del processo tributario). Di seguito analizziamo quando la difesa tecnica è obbligatoria e quando, invece, il contribuente può stare in giudizio personalmente (autodifesa).

  • Regola generale – difesa tecnica obbligatoria: A pena di inammissibilità, tutte le parti private nel giudizio tributario devono essere assistite da un difensore abilitato. Fanno eccezione soltanto i soggetti pubblici convenuti (es. uffici finanziari, enti impositori, agenti della riscossione), che si difendono tramite i propri funzionari interni secondo norme proprie, e alcuni particolari soggetti iscritti in albi speciali (ad es. l’albo dei concessionari di tributi locali ex art. 53 D.Lgs. 446/1997). Per il contribuente (sia esso persona fisica, impresa o ente), la regola generale è dunque: serve un difensore abilitato per proporre ricorso tributario e in tutte le fasi del giudizio, dal primo grado fino all’eventuale Corte di Cassazione.
  • Eccezione – l’autodifesa nelle liti minori: È consentito al contribuente di difendersi da solo, senza assistenza tecnica, solo per le controversie di valore fino a €3.000. Questo limite di valore va calcolato considerando solo l’imposta contestata, al netto di interessi e spese di eventuali sanzioni; se la lite riguarda esclusivamente sanzioni, il valore è la somma delle sanzioni stesse. Ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate contesta €2.500 di imposta evasa (più €500 di interessi e sanzioni), la lite ha valore €2.500 e il contribuente può stare in giudizio personalmente. Viceversa, per un avviso di accertamento che richiede €5.000 di maggiori imposte, scatterà l’obbligo di difesa tecnica. Attenzione: la soglia di €3.000 è tassativa e riferita al singolo atto impugnato; non è possibile eludere l’obbligo di difensore dividendo artificiosamente la pretesa in più ricorsi sotto-soglia, né rileva l’eventuale cumulo di più annualità impugnate insieme (in tal caso il valore si somma).
  • Controversie di valore indeterminabile: In alcune liti tributarie non è immediatamente quantificabile un “valore” (es. classamento catastale, diniego di agevolazioni, ecc.). In tali ipotesi l’assistenza tecnica è sempre obbligatoria, in quanto la soglia di importo non può essere applicata. Lo ha chiarito anche la Corte Costituzionale in precedenti decisioni, ritenendo non irragionevole l’obbligo di difesa tecnica per cause dal valore indeterminato, data la complessità potenziale delle stesse.
  • Processo in Cassazione: Va sottolineato che, per l’eventuale ricorso per Cassazione (giudizio di legittimità successivo ai due gradi di merito tributari), la rappresentanza può essere assunta solo da avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione (c.d. avvocati cassazionisti). Ciò in base alle regole generali del processo civile applicabili anche al contenzioso tributario in sede di legittimità. Dunque, se il contribuente in primo e secondo grado si era avvalso ad esempio di un commercialista o se aveva beneficiato dell’autodifesa sotto soglia, per proporre ricorso in Cassazione dovrà necessariamente incaricare un avvocato iscritto all’Albo speciale della Cassazione.

Cosa accade se manca il difensore obbligatorio?

Un ricorso presentato senza difensore in una situazione in cui la legge lo richiede (ad es. causa di valore sopra €3.000, contribuente non rientrante nelle eccezioni) non comporta l’immediata nullità o inammissibilità automatica. Grazie ai richiami alle norme del codice di procedura civile (art. 182 c.p.c.) introdotti nel processo tributario, il giudice tributario deve invitare la parte a regolarizzare la propria costituzione sanando il difetto di assistenza tecnica. In altre parole, se il contribuente presenta ricorso oltre soglia senza difensore, la Commissione (ora Corte di Giustizia Tributaria) gli concederà un termine per nominare un difensore abilitato e depositare la relativa procura. Solo qualora tale difetto non venga sanato nel termine assegnato, il ricorso potrà essere dichiarato inammissibile.

Questa interpretazione garantista è stata confermata sia dalla Corte di Cassazione (sent. n. 26027/2022) sia dalla recente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria (sent. 352/2/2023), che hanno ribadito che l’assenza di difensore non lede di per sé il contraddittorio e va sanata senza travolgere il ricorso. Inoltre, si è chiarito che il vizio di difesa tecnica può essere fatto valere solo dalla parte il cui diritto alla difesa sia leso, non dalla controparte né rilevato d’ufficio. Ad esempio, l’ente impositore non può eccepire la nullità del ricorso avversario per difetto di difensore, potendo tale irregolarità essere tutelata unicamente nell’interesse del contribuente stesso (interesse a non essere giudicato senza assistenza adeguata).

Infine, è opportuno ricordare che all’udienza pubblica l’incarico al difensore può essere conferito anche oralmente e verbalizzato a cura del giudice. Ciò significa che, in casi eccezionali, un contribuente comparso di persona all’udienza può ancora nominare seduta stante un difensore (presente e abilitato), evitando così l’invalidità del procedimento. Questa previsione, unitamente al meccanismo di sanatoria di cui sopra, dimostra l’intento del legislatore e della giurisprudenza di privilegiare la sostanza del diritto di difesa del contribuente, evitando eccessivi formalismi che possano penalizzarlo.

Chi può rappresentare il contribuente: requisiti e categorie di difensori tributari abilitati

Chiarito quando è necessario farsi assistere in giudizio, vediamo chi può assumere il ruolo di difensore tributario e con quali requisiti professionali. L’art. 12 del D.Lgs. 546/1992 individua tassativamente le categorie di professionisti abilitate all’assistenza tecnica davanti alle Corti di Giustizia Tributaria (primo e secondo grado). Tali soggetti devono essere iscritti nei rispettivi Albi professionali (o in appositi elenchi ministeriali, ove previsti) e possono rappresentare il contribuente conferendo la procura alle liti. Di seguito elenchiamo le principali categorie di difensori tributari e i rispettivi requisiti:

  • Avvocati: Gli avvocati iscritti a un Ordine forense rientrano tra i primi soggetti abilitati alla difesa tributaria. Trattandosi di materia giurisdizionale, la figura dell’avvocato è centrale: con la sua iscrizione all’Albo soddisfa i requisiti senza ulteriori formalità. L’avvocato può assistere il contribuente in ogni tipo di controversia tributaria, senza limitazioni di materia o valore (dai tributi erariali, come IRPEF e IVA, ai tributi locali). Inoltre, solo l’avvocato potrà patrocinare il contribuente in Cassazione, come detto, se munito della necessaria abilitazione superiore. NB: anche i praticanti avvocati abilitati (patrocinatori legali) possono difendere in tributario, ma solo entro i limiti concessi dalla legge forense e mai in Cassazione.
  • Dottori commercialisti ed esperti contabili: I professionisti iscritti nella Sezione A – Commercialisti dell’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sono difensori tributari abilitati a pieno titolo. Si tratta dei commercialisti con laurea magistrale ed esame di Stato (la sezione B dell’Albo, riservata ai soli esperti contabili diplomati o laurea triennale, non è menzionata e pertanto non conferisce abilitazione autonoma, se non forse in compresenza di altre condizioni come vedremo per specifiche materie). I commercialisti, per formazione, hanno competenze approfondite in materia fiscale e contabile, e tradizionalmente assistono i contribuenti nel merito delle controversie tributarie. La loro abilitazione copre tutti i tipi di tributi (erariali e locali) e tutti i gradi di merito (primo e secondo grado). In Cassazione, però, anche il commercialista dovrà affidarsi a un avvocato cassazionista per la redazione e la firma del ricorso di legittimità, non essendo previsto un “Albo Cassazione” per commercialisti.
  • Consulenti del lavoro: Anche i consulenti del lavoro, iscritti al relativo Ordine professionale, sono inclusi tra i difensori abilitati. Questo può sorprendere, ma si giustifica col fatto che i consulenti del lavoro trattano spesso materie contributive e previdenziali strettamente connesse a tributi e sanzioni (ad esempio, controversie INPS su contributi obbligatori rientrano nella giurisdizione tributaria dal 2022). Il consulente del lavoro può dunque difendere il contribuente in liti concernenti contributi previdenziali e talvolta tributi locali o altre questioni fiscali, pur non avendo tradizionalmente una formazione tributaria ampia quanto quella del commercialista. Deve comunque essere regolarmente iscritto all’albo professionale.
  • Altri professionisti tecnici per materie specifiche: Per particolari tipologie di controversie tributarie la legge abilita anche professionisti tecnici come ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, dottori agronomi e forestali, agrotecnici, periti agrari, limitatamente ai tributi di loro competenza tecnica. In particolare, l’art. 12 comma 5 D.Lgs. 546/92 prevede che nelle controversie di cui all’art. 2, comma 2, primo periodo (che tipicamente sono quelle su tributi locali, catastali, tasse sugli immobili o rifiuti, contributi consortili, ecc.), possano fungere da difensori anche questi tecnici se iscritti nei rispettivi albi. Ad esempio, un ingegnere o architetto può rappresentare un contribuente in una causa su classamento catastale o imposta comunale sugli immobili, dato il loro expertise; analogamente un agronomo o perito agrario può difendere in liti relative a tributi agricoli o bonifiche. Queste figure ampliano la platea dei difensori ma solo per quelle materie specifiche: fuori da esse non sono abilitate. Va da sé che anche per loro valgono i requisiti di iscrizione all’albo professionale di categoria.
  • Spedizionieri doganali: Per le controversie riguardanti i tributi doganali e i dazi, è espressamente prevista l’abilitazione degli spedizionieri doganali iscritti al proprio albo professionale. Ciò risponde alla logica che tali figure hanno competenze specialistiche in materia doganale. Uno spedizioniere doganale potrà quindi difendere un importatore o esportatore in una controversia su dazi all’importazione, IVA all’importazione, TARIC, ecc. Al di fuori delle questioni doganali, però, il suo ruolo di difensore non è ammesso (se non possiede altra qualifica abilitante, come la laurea in giurisprudenza per eventualmente iscriversi in altri elenchi).

Come si nota, la legge copre una gamma molto ampia di professionisti (legali, economici e tecnici) al fine di garantire al contribuente la possibilità di scegliersi il difensore più adatto a seconda della natura della controversia. Tuttavia, l’abilitazione di alcuni soggetti è subordinata a condizioni e limitazioni ben precise, discendenti dal medesimo art. 12 e da decreti attuativi. Approfondiamo questi aspetti nel prossimo paragrafo, dedicato ai limiti e condizioni dell’abilitazione.

Limiti e condizioni dell’abilitazione alla difesa tributaria

Non tutti i difensori abilitati sono posti sullo stesso piano: alcune categorie possono operare solo in determinati ambiti o devono essere iscritte in appositi elenchi ministeriali prima di esercitare la difesa tributaria. Inoltre, esistono restrizioni riguardo al numero di incarichi che taluni professionisti non appartenenti a ordini forensi possono assumere, per evitare fenomeni di esercizio abusivo della professione forense. Di seguito esaminiamo queste limitazioni, importanti tanto per i professionisti (per conoscere l’estensione del proprio mandato) quanto per i contribuenti (per capire a chi possono affidarsi e in quali casi).

Elenco speciale del Ministero delle Finanze per alcuni difensori

Le categorie elencate alle lettere d), e), f), g) e h) del comma 3 dell’art. 12 D.Lgs. 546/92 – cioè i soggetti diversi da avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e professionisti tecnici ordinistici – devono essere iscritti in uno speciale Elenco tenuto dal Ministero dell’Economia e Finanze (Dipartimento delle Finanze) prima di poter esercitare la difesa tecnica. Questo elenco, introdotto dalla riforma del 2015, serve a censire e controllare quei difensori “atipici” non appartenenti a ordini professionali tradizionali. Ne fanno parte:

  • d) Soggetti ex art. 63, co.3 DPR 600/1973: si tratta di funzionari laureati già abilitati in passato alla difesa tributaria in base a norme previgenti (era una figura prevista dalla procedura ante-1992, oggi di fatto poco rilevante se non come categoria storica).
  • e) Periti ed esperti tributari delle Camere di Commercio: coloro che già al 30/9/1993 risultavano iscritti nei Ruoli camerali come “Periti ed esperti – subcategoria Tributi”. Tali soggetti – spesso denominati “tributaristi” – con titolo di studio adeguato (laurea in giurisprudenza o economia, oppure diploma da ragioniere per alcune materie) possono continuare a esercitare la difesa, ma devono risultare nell’Elenco ministeriale. Questa è una norma di salvaguardia per quei tributaristi storici che non erano né avvocati né commercialisti ma avevano una qualifica riconosciuta.
  • f) Funzionari di associazioni di categoria già iscritti negli elenchi finanziari: qui si ricomprendono quei funzionari di associazioni imprenditoriali o di categoria che prima dell’entrata in vigore del processo tributario (1992) erano inseriti in specifici elenchi tenuti dalle Intendenze di Finanza per assistere gli associati. Anche questa è una categoria transitoria, di soggetti ormai in là con gli anni se ancora attivi, che comunque per operare devono comparire nell’Elenco del MEF.
  • g) Dipendenti di associazioni di categoria e di imprese (in proprio): questa è una previsione molto rilevante introdotta nel 2015. Consente che un dipendente (laureato in giurisprudenza o economia, o ragioniere abilitato) di un’associazione rappresentativa a livello CNEL oppure di un’impresa (o sua controllata) possa difendere rispettivamente gli associati dell’associazione o la propria impresa datrice di lavoro (o sue controllate). In pratica, ad esempio, un’azienda può farsi rappresentare in giudizio da un proprio dipendente qualificato (es. il responsabile fiscale interno, se ha i titoli di studio richiesti), senza dover ricorrere a un esterno, oppure un’associazione di commercianti può far rappresentare un suo associato da un proprio funzionario legale/fiscale. Questa possibilità è però subordinata all’iscrizione di tali dipendenti nell’Elenco ministeriale, dove vanno verificati i requisiti. Inoltre, l’attività difensiva è limitata alle controversie che riguardano la sfera degli associati o dell’impresa di appartenenza. Un dipendente d’azienda non può difendere terzi estranei, né un funzionario associativo può difendere contribuenti che non siano iscritti alla sua associazione.
  • h) Dipendenti dei CAF (Centri di Assistenza Fiscale): similmente al caso precedente, i dipendenti dei CAF e delle loro società di servizi, con adeguato titolo (laurea o diploma abilitante), possono difendere in giudizio i contribuenti assistiti dal CAF stesso, ma solo per controversie relative ad adempimenti seguiti dal CAF. Ad esempio, se un CAF ha compilato la dichiarazione dei redditi di un contribuente e da questa deriva un avviso di liquidazione impugnato, un dipendente del CAF (ad es. il responsabile fiscale) può assumere la difesa del contribuente in quella causa. Anche qui è obbligatoria l’iscrizione preventiva nell’Elenco tenuto dal MEF, e l’ambito è limitato alle controversie su materie in cui il CAF ha operato assistenza.

Iscrizione all’Elenco e controlli: L’iscrizione nell’Elenco speciale dei difensori tributari “non ordinistici” richiede la presentazione di una domanda corredata dai documenti comprovanti il possesso dei requisiti (titolo di studio, eventuale abilitazione, condotta incensurabile). Il Dipartimento delle Finanze verifica, anche in base a principi analoghi a quelli deontologici forensi, e può rifiutare o revocare l’iscrizione in casi di mancanza di requisiti o incompatibilità. L’Elenco è pubblico e consultabile sul sito del Ministero dell’Economia e Finanze, garantendo trasparenza su chi siano questi difensori “accreditati”. Questa regolamentazione impedisce che soggetti privi di titoli adeguati svolgano attività difensiva, evitando l’abusivismo. Da notare che fino all’emanazione del relativo decreto ministeriale attuativo (avvenuta negli anni scorsi), restavano in vigore le regole previgenti; oggi l’Elenco è operativo a tutti gli effetti.

Limiti al numero di incarichi difensivi per non avvocati

Una questione dibattuta in passato riguardava il numero di incarichi che un difensore non appartenente alla professione forense potesse assumere. La preoccupazione era che alcuni consulenti (es. commercialisti o tributaristi) potessero fare della difesa tributaria un’attività di massa, sfuggendo all’obbligo di iscrizione all’albo forense. In verità, la normativa tributaria non fissa espressamente un tetto numerico di cause per i difensori non avvocati. Ogni professionista abilitato, se iscritto al proprio albo o elenco speciale, può in teoria assumere un numero illimitato di difese tributarie.

Tuttavia, esiste un confine implicito dettato dal codice penale in materia di abusivo esercizio della professione. La Corte di Cassazione penale ha chiarito che non commette reato il commercialista che assiste i contribuenti in contenzioso tributario, poiché la legge glielo consente (Cass. pen., Sez. VI, 23 aprile 1996). Quindi un commercialista abilitato può gestire anche molte cause tributarie senza violare la legge. Viceversa, un laureato non iscritto a nessun albo che si improvvisasse difensore per più persone commetterebbe reato.

In pratica, dunque, non vi è un limite di deleghe difensive codificato, ma l’appartenenza a un albo o elenco regolamentato funge da garanzia. Un tributarista dell’Elenco speciale, ad esempio, potrebbe difendere diversi contribuenti (sino a farne quasi un’attività professionale a tutti gli effetti); qualora però abusasse o violasse le regole deontologiche, potrebbe essere sospeso o radiato dall’Elenco dal MEF.

Vale la pena menzionare che, con riferimento ai funzionari e dipendenti di cui alle lettere g) e h), essi operano tipicamente all’interno di un ente/impresa, quindi il numero di cause è naturalmente limitato al bacino degli associati o alla propria azienda. Un dipendente d’azienda difenderà al massimo l’azienda in più procedimenti, ma sempre la stessa parte. Diverso è il caso di un commercialista libero professionista, il quale può avere decine di clienti-contribuenti in contenzioso. Anche per costoro comunque la Cassazione ha escluso l’ipotesi di abusivismo, riconoscendo la piena liceità dell’attività difensiva all’interno del perimetro dell’art. 12 D.Lgs. 546/92.

In sintesi, avvocati e professionisti abilitati possono assumere incarichi difensivi illimitatamente, nel rispetto delle regole deontologiche e, per i non avvocati, delle condizioni di iscrizione negli elenchi speciali. Non esiste un “numerus clausus” di deleghe, ma solo la distinzione tra chi è abilitato (anche se non avvocato) e chi non lo è.

Ambito territoriale dell’attività del difensore tributario

Un aspetto pratico importante per il contribuente è sapere se il difensore tributario deve operare nella stessa provincia/regione del giudizio oppure no. Nel processo tributario telematico vigente, il difensore abilitato non ha limiti territoriali: può rappresentare il contribuente davanti a qualsiasi Corte di Giustizia Tributaria in Italia, indipendentemente dal proprio luogo di iscrizione albo. Non vi è più l’obbligo di eleggere domicilio nel territorio del tribunale, come avveniva un tempo, poiché tutte le comunicazioni avvengono via PEC (Posta Elettronica Certificata). Questo significa che, ad esempio, un avvocato con studio a Milano può assumere la difesa di un contribuente in una causa presso la CGT del Lazio, senza bisogno di domiciliarsi a Roma, grazie all’invio telematico di atti e ricezione di comunicazioni via PEC.

Tale libertà vale per tutti i difensori abilitati. Ciò discende dalla natura nazionale degli Albi professionali (un avvocato è tale su tutto il territorio statale) e dall’unicità dell’Elenco speciale MEF per i tributaristi non ordinistici. Quindi il contribuente può scegliere il professionista di fiducia anche fuori dalla propria città, se lo ritiene più esperto per la sua problematica, sapendo che il processo tributario telematico consente il deposito degli atti a distanza e persino le udienze da remoto (quando autorizzate). Fa eccezione solo l’eventuale discussione orale in pubblica udienza in presenza: in quel caso, se il difensore è lontano, dovrà organizzarsi per essere fisicamente presente. Ma nulla vieta di farsi sostituire da un collega locale in udienza, tramite delega di sostituzione, come vedremo tra poco.

La procura alle liti e le deleghe nel processo tributario

Conferimento dell’incarico al difensore: Per rappresentare il contribuente, il difensore tributario deve ricevere una procura alle liti, ossia un atto con cui il contribuente gli conferisce formalmente l’incarico di difesa. L’art. 12, comma 7 del D.Lgs. 546/92 stabilisce le forme ammesse per tale procura, analoghe a quelle del processo civile. In particolare, la procura può essere:

  • Su atto pubblico o scrittura privata autenticata (es. atto notarile, oppure firma del cliente autenticata dall’avvocato o altro pubblico ufficiale).
  • Apposta in calce o a margine di un atto processuale (es. sul ricorso o su un foglio spillato ad esso). In tal caso la firma autografa del cliente è certificata dallo stesso difensore che lo accetta. Con le novità introdotte nel 2023, se il cliente firma digitalmente la procura, non occorre alcuna autentica di firma.
  • Verbale di udienza: in casi eccezionali, se la parte si presenta all’udienza senza aver formalizzato la procura, può nominarlo oralmente in udienza pubblica e il tutto viene messo a verbale dal giudice.

Nel processo tributario telematico, oggi prevalente, la procura può essere conferita anche su documento informatico. La riforma attuata col D.Lgs. 220/2023 (delega fiscale) ha aggiunto il comma 7-bis all’art. 12, chiarendo che la procura si considera apposta “in calce” all’atto anche quando è rilasciata su documento informatico separato depositato telematicamente insieme all’atto, oppure su foglio separato cartaceo scansionato e depositato insieme all’atto. In pratica, non è più necessario materialmente scrivere la procura a mano sul ricorso: è valido allegare un file PDF con la procura firmata digitalmente, o una scansione della delega cartacea firmata, purché depositati contestualmente. Questo snellisce le formalità e ha superato dubbi interpretativi sul valore “in calce” della procura digitale.

Carenze formali sanabili: È importante sapere che eventuali vizi nella procura (ad es. procura mancante o non allegata al momento del deposito del ricorso) non comportano di per sé la nullità immediata. La giurisprudenza ha affermato che la mancata allegazione iniziale della procura non incide sulla validità del ricorso, potendo essere sanata successivamente. Questo perché prevale il principio del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.): se la parte si costituisce e poi produce la procura, il contraddittorio è comunque valido. Inoltre, come visto, il giudice può invitare a depositare la procura mancante. Recentemente la Corte Costituzionale (sent. n. 36/2025) ha dichiarato illegittima la norma che vietava di produrre la procura in appello se non era stata prodotta prima. Ha infatti giudicato irragionevole impedire di rimediare in appello all’eventuale mancanza della delega in primo grado, in quanto ciò avrebbe leso il diritto di difesa in modo sproporzionato. Ne parleremo meglio più avanti, ma anticipiamo che oggi è ammesso depositare anche in appello la procura o gli atti di delega al difensore, se per qualche motivo non erano stati prodotti prima, soprattutto quando la mancata produzione non è imputabile alla parte (es. smarrimento, errore scusabile).

Delega di sostituzione in udienza: Un istituto pratico molto utilizzato è la delega “ius peritorum” con cui il difensore titolare incarica un altro professionista di comparire in udienza al suo posto. Ciò avviene, ad esempio, quando l’udienza si tiene in una sede lontana o il difensore ha un impedimento: egli può farsi sostituire da un collega di fiducia per discutere la causa. Nel processo tributario, grazie alle modifiche portate dalla legge di riforma forense 247/2012, un avvocato può delegare un altro avvocato verbalmente, senza necessità di delega scritta. Il sostituto, giunto in udienza, dichiara al collegio di aver ricevuto incarico verbale dal collega assente, e ciò è sufficiente. Questo semplifica molto la prassi (una volta era richiesta una lettera di delega firmata).

Se invece il difensore titolare vuole farsi sostituire da un praticante abilitato, occorre una delega scritta, perché la legge forense lo prevede espressamente. In ogni caso, la delega riguarda solo la singola udienza: il sostituto non diventa difensore ufficiale nel fascicolo, ma agisce come longa manus del titolare. L’attività svolta dal sostituto in udienza (es. discussione orale) è imputata come se l’avesse svolta il titolare. Né la controparte né il giudice possono opporsi alla presenza del delegato, purché la delega sia conforme alle norme (verbale tra avvocati o scritta se praticante).

Per i difensori non avvocati (es. commercialisti), la legge non disciplina espressamente la delega d’udienza. Nella prassi, anche un commercialista potrebbe delegare un collega commercialista per l’udienza, fornendogli una delega scritta firmata dal cliente o da lui medesimo come delega interna. Non essendo però previsti organismi analoghi all’Ordine forense per riconoscere deleghe verbali, è prudente che i non avvocati formalizzino sempre per iscritto l’eventuale avvicendamento in udienza, magari facendosi rilasciare dal cliente una seconda procura specifica a favore del sostituto per quella sede. In alternativa, spesso il commercialista delega un avvocato del luogo ad apparire: in tal caso l’avvocato funge da codifensore con procura alle liti propria. Insomma, la flessibilità nella rappresentanza in udienza è garantita soprattutto per gli avvocati, ma in generale il contribuente può contare sulla possibilità che il suo difensore si avvalga di colleghi per singole incombenze, assicurando la presenza in giudizio quando necessario.

Esempio pratico: l’avvocato X di Milano difende un contribuente in una causa a Napoli. Il giorno dell’udienza X non può scendere a Napoli, così incarica verbalmente l’avvocato Y di Napoli di comparire per suo conto. L’avv. Y si presenta all’udienza, dichiara di sostituire il collega su delega verbale ex art. 14 L. 247/2012, e discute la causa. Il contribuente resta rappresentato validamente. Se invece X volesse mandare in udienza il dott. Z (commercialista a Napoli), dovrà organizzare una delega formale poiché Z non è avvocato: ad esempio, far firmare al cliente una procura anche a Z (aggiuntiva) o altra soluzione formale.

Strategie difensive nel processo tributario (prospettiva del contribuente)

Affrontare un contenzioso tributario richiede non solo il rispetto delle regole formali (come quelle viste finora), ma anche l’adozione di strategie difensive efficaci dal punto di vista sostanziale. In questa sezione ci poniamo dal punto di vista del contribuente (debitore) e analizziamo come un difensore tributario esperto può impostare la difesa per tutelare al meglio i suoi interessi. Dalla fase pre-contenziosa fino all’eventuale ricorso in Cassazione, esistono accorgimenti e tattiche per aumentare le chance di successo o per minimizzare i rischi. Eccone alcune:

  • Valutazione iniziale e tentativi deflativi: Una buona strategia inizia prima di presentare ricorso. Il difensore tributario valuta innanzitutto la fondatezza della pretesa dell’ente impositore: se emergono vizi palesi dell’atto (errori di notifica, prescrizione, motivazione carente) o evidenti illegittimità, il ricorso è quasi d’obbligo. Se invece la pretesa è corretta, può essere preferibile un accordo col fisco. Fino al 2022 era previsto il reclamo/mediazione obbligatorio per liti sotto €50.000, ma tale istituto è stato abolito dal 2023 (art. 17-bis D.Lgs. 546/92 abrogato). Restano però strumenti come l’accertamento con adesione (in fase amministrativa) e la conciliazione giudiziale (in corso di processo, art. 48 D.Lgs. 546/92) per chiudere la lite con reciproche concessioni. Il difensore deve considerare queste opzioni: ad esempio, un contribuente con una chiara violazione formale potrebbe beneficiare di una definizione agevolata pagando solo parte della sanzione, anziché rischiare un esito incerto in giudizio.
  • Scelta del rito e presentazione del ricorso: Dal 1° luglio 2019 il processo tributario telematico è divenuto la modalità ordinaria: il difensore predispone il ricorso in forma di documento digitale firmato digitalmente e lo notifica via PEC all’ente impositore. È fondamentale rispettare i termini di impugnazione (generalmente 60 giorni dalla notifica dell’atto). In casi di urgenza (ad esempio per evitare misure cautelari o esecutive), si può depositare istanza di sospensione dell’atto impugnato, chiedendo al giudice di bloccare provvisoriamente la riscossione fino alla decisione. Strategicamente, la redazione del ricorso introduttivo deve essere accurata: il difensore deve indicare con chiarezza i motivi di ricorso, che costituiscono le basi giuridiche e fattuali della difesa. Nel processo tributario vige il principio di domanda chiusa in primo grado: in appello non ci si possono inventare nuovi motivi non dedotti prima, se non in casi eccezionali. Dopo la riforma del 2022, è stato introdotto (salvo correzioni della Corte Costituzionale di cui diremo) un più rigoroso divieto di nuovi documenti in appello, per cui è cruciale produrre tutte le prove documentali già in primo grado, o quantomeno indicarle. Il difensore avveduto allega quindi al ricorso tutti gli elementi probatori a sostegno (contratti, fatture, perizie, corrispondenza, dichiarazioni, ecc.) o comunque li elenca per riservarsi di produrli nel prosieguo.
  • Contestazione di vizi formali e procedurali: Dal punto di vista del contribuente, spesso le strategie vincenti consistono nell’individuare vizi procedurali nell’operato dell’Amministrazione finanziaria. Ad esempio, un vizio di notifica dell’atto impositivo (notifica inesistente o nulla) può portare all’annullamento dell’atto per vizio originario. Oppure la mancata indicazione del responsabile del procedimento, l’inosservanza dei termini a pena di decadenza (es. invio tardivo dell’accertamento oltre i termini di legge), o ancora la violazione del contraddittorio endoprocedimentale (quando richiesto) – tutti aspetti che il difensore deve scrupolosamente verificare. Anche errori nella motivazione dell’atto (motivi inconsistenti o copia-incolla generici) sono terreno fertile di difesa: l’art. 7 dello Statuto del Contribuente impone che ogni avviso sia motivato in modo chiaro e con i documenti che lo supportano. Un difensore esperto metterà in luce eventuali carenze motivazionali per far rilevare la violazione di legge. Tali vizi formali spesso prevalgono nel giudizio tributario, perché i giudici tendono ad annullare atti viziati senza neppure entrare nel merito, in ossequio alla legalità dell’azione amministrativa.
  • Difesa di merito – contestazione del fondamento della pretesa: Ove l’atto impugnato sia formalmente regolare, la difesa deve concentrarsi sul merito: dimostrare che il tributo o la sanzione non sono dovuti o sono dovuti in misura minore. Questo può implicare diverse strategie:
    • Documentare l’adempimento fiscale: Ad esempio, se si contesta un’omessa fatturazione o un reddito non dichiarato, il difensore cercherà documenti alternativi, registrazioni contabili o estratti conto che provino l’erroneità della ricostruzione del Fisco.
    • Contestare interpretazioni normative: Spesso le liti nascono da diverse interpretazioni di norme tributarie. Il difensore cita circolari, risoluzioni e soprattutto giurisprudenza di merito o di legittimità a supporto della propria tesi interpretativa. Ad esempio, se l’Agenzia nega un’agevolazione fiscale, l’avvocato tributarista potrebbe richiamare una sentenza della Cassazione o una decisione della Corte di Giustizia UE pertinente, per sostenere la spettanza del beneficio.
    • Prova testimoniale e presunzioni: Una novità epocale è che dal 2022 è ammessa nel processo tributario la prova testimoniale in forma scritta (Legge 130/2022). Prima era vietata ogni testimonianza; ora il contribuente può fornire dichiarazioni giurate scritte di terzi a sostegno dei fatti di causa, che il giudice può ammettere se le ritiene rilevanti. Ad esempio, in una causa sull’esistenza o meno di una compravendita in nero, prima era impossibile portare testimoni; ora si potranno produrre dichiarazioni di testimoni rese per iscritto. Questa innovazione offre al difensore uno strumento difensivo in più, da usare con cautela (la controparte pubblica potrebbe presentare contro-dichiarazioni, e il giudice valuterà attentamente la credibilità). La Corte Costituzionale, con sentenza n. 51/2023, ha ritenuto conforme a Costituzione l’introduzione della testimonianza scritta, purché integrata dalle garanzie del contraddittorio. Dunque il difensore, quando opportuno, deve raccogliere e presentare per tempo eventuali dichiarazioni testimoniali utili.
    • CTU e perizie di parte: In cause complesse (es. trasfer pricing, valori immobiliari, studi di settore) può emergere la necessità di competenze tecniche specifiche. Il difensore può chiedere al giudice di disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), oppure può depositare perizie di parte a supporto delle proprie argomentazioni (ad esempio una perizia contabile). La decisione di richiedere una CTU è strategica: va valutato se il consulente tecnico potrebbe confermare la tesi del contribuente. In genere i giudici tributari ricorrono a CTU su questioni come valutazioni di azienda, stime di immobili, questioni fiscali molto specialistiche. Il difensore deve convincere il collegio dell’utilità di tale strumento e collaborare eventualmente nominando un proprio consulente tecnico di parte (CTP).
    • Eccezioni procedurali nel corso del giudizio: Oltre ai vizi iniziali, durante il processo possono sorgere eccezioni procedurali (es. inammissibilità di documenti tardivi della controparte, nullità di atti processuali, incompatibilità di giudici, ecc.). Il difensore tributario, al pari del civilista, deve essere vigile e sollevare tempestivamente tali eccezioni a tutela del contribuente. Ad esempio, se l’ufficio produce nuovi documenti fuori termine (oggi la legge fissa termini precisi per il deposito documentale), l’avvocato del contribuente ne chiederà lo scarto per tardività. Oppure se nota un vizio nella costituzione in giudizio dell’ente impositore (es. mancata delega al funzionario dell’Avvocatura erariale), lo segnalerà per invalidare le mosse avversarie.
  • Gestione delle spese di giudizio: Dal punto di vista del contribuente “debitore”, un aspetto non secondario è la gestione del rischio di condanna alle spese legali. La regola generale è che chi perde paga le spese (tariffa del difensore della controparte) salvo compensazione per giusti motivi. La riforma del 2022 ha introdotto una norma (ora art. 15 D.Lgs. 546/92 modificato) che limita la condanna alle spese a favore del contribuente vincitore in alcuni casi, ad esempio quando ha vinto grazie a documenti prodotti solo in corso di causa. Questa norma è stata criticata perché sembra punire il contribuente che emerge vincitore tardivamente, ed è oggetto di scrutinio di legittimità costituzionale. In ogni caso, il difensore del contribuente valuta anche l’opportunità di chiedere la compensazione delle spese se il caso è incerto o vi sono state reciproche soccombenze parziali, così da evitare al proprio cliente l’aggravio di dover pagare le spese dell’ente in caso di esito sfavorevole. Inoltre, qualora il contribuente abbia aderito a strumenti deflativi (es. definizione agevolata in appello, prevista saltuariamente dal legislatore), ciò può comportare l’abbattimento delle sanzioni ma anche un accordo sulle spese.

Aggiornamento giurisprudenziale sulle prove in appello: Una recente e importante sentenza della Corte Costituzionale (n. 36/2025) ha riguardato il tema delle prove nuove in appello. La riforma fiscale di fine 2023 aveva introdotto un divieto quasi assoluto di produrre nuovi documenti in appello, inclusi i documenti relativi alla rappresentanza processuale (procure, deleghe) – applicando tale divieto anche ai processi pendenti. La Consulta ha dichiarato illegittimo questo divieto nella parte in cui includeva le procure, deleghe e atti di conferimento di poteri, nonché nella parte in cui lo applicava retroattivamente ai processi di appello già in corso. La motivazione è che escludere in appello la produzione tardiva di deleghe o procure (magari omesse in primo grado per causa non imputabile alla parte) lede il diritto di difesa e la parità delle armi, specie quando quei documenti sono indispensabili e la parte non ha potuto produrli prima per ragioni non dipendenti dalla sua volontà. Dunque ora il difensore sa che se per errore o impedimento non ha depositato la procura in primo grado, potrà farlo in appello senza che ciò venga rigettato automaticamente; lo stesso vale per altri documenti di rappresentanza. Rimane invece in vigore il divieto di produrre nuovi documenti “di merito” in appello salvo che siano indispensabili o non prodotti per causa non imputabile (clausola di riserva già prevista nell’art. 58, comma 2 D.Lgs. 546/92). In sostanza: la strategia difensiva deve puntare a produrre tutto subito, ma grazie alla Corte Costituzionale c’è un margine di recupero per le mere questioni di rappresentanza e per casi di forza maggiore sulle prove.

  • Appello e giudizio di secondo grado: Se il contribuente soccombe in primo grado, il difensore può proporre appello alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex Commissione Regionale) entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. L’appello nel processo tributario non è pienamente libero: occorre indicare specifici motivi di impugnazione, cioè gli errori di diritto o di valutazione commessi dal giudice di primo grado. Una strategia accorta in appello consiste nell’evitare la mera ripetizione dei motivi di primo grado, concentrandosi invece sulle critiche puntuali alla sentenza (illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, mancata valutazione di prove a favore, errata interpretazione di norme, ecc.). Dopo la riforma, come detto, bisogna anche far fronte al divieto di nuove prove (con l’eccezione dei documenti non prodotti per cause non imputabili o indispensabili), quindi l’appellante deve fare fuoco con la polvere già sparata in primo grado, a meno di situazioni eccezionali. In appello è possibile chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado (se l’ente vittorioso potrebbe iniziare a riscuotere) e tentare nuovamente la conciliazione della lite con l’ente, magari sfruttando l’intervenuta soccombenza parziale per negoziare.
  • Ricorso per Cassazione: L’ultimo stadio è la Cassazione, che verte solo su motivi di diritto (violazioni di legge o vizi di motivazione, nei limiti della riforma del 2021 sulla “doppia conforme” che limita la censurabilità dei vizi motivazionali). La strategia qui è spesso di stretta competenza dell’avvocato cassazionista che assumerà il caso: occorre selezionare pochi motivi chiave, redigerli in forma tecnica secondo l’art. 366 c.p.c., ed essere consapevoli che la Cassazione in materia tributaria tende a rigettare i ricorsi se i giudizi di merito sono stati coerenti. Va considerato però che in Cassazione è anche possibile proporre regolamento preventivo di giurisdizione (se vi fosse dubbio sulla competenza tributaria vs. giustizia ordinaria) e, in rarissimi casi, revocazione delle sentenze per errori di fatto. Il difensore, consigliandosi eventualmente con un collega cassazionista, deve valutare costi e benefici del ricorso per Cassazione per il suo cliente: se la controversia riguarda un principio importante o somme ingenti, tentare il “terzo grado” può essere opportuno; altrimenti potrebbe essere preferibile chiudere la vicenda in appello.

In tutte queste strategie, il filo conduttore è agire nell’interesse del contribuente/debitore, cercando di ridurre l’impatto della pretesa fiscale. Ciò può voler dire far annullare totalmente l’atto (vittoria completa) oppure ottenere una riduzione significativa (anche tramite transazioni o definizioni agevolate, se disponibili), o ancora guadagnare tempo quando serve (ad esempio ottenendo sospensioni per evitare un’immediata riscossione coattiva che metterebbe in crisi il contribuente, dando modo di pagare a rate o reperire fondi nel frattempo).

Novità normative e giurisprudenziali recenti (aggiornate a giugno 2025)

Il periodo 2022-2025 è stato ricco di riforme e sentenze che hanno inciso sul contenzioso tributario e, di riflesso, sull’attività dei difensori tributari. In questa sezione riepiloghiamo le novità più rilevanti dal punto di vista normativo (riforma della giustizia tributaria) e giurisprudenziale (pronunce della Corte Costituzionale e di legittimità), fornendo riferimenti puntuali:

  • Riforma della Giustizia Tributaria (L. 130/2022 e D.Lgs. 2/2023): Con la legge 31 agosto 2022 n. 130 il legislatore ha avviato una riforma organica del sistema di giustizia tributaria. Sono state istituite le Corti di Giustizia Tributaria al posto delle Commissioni Tributarie, introducendo giudici tributari professionali reclutati per concorso, per elevare la qualità e indipendenza delle decisioni. Per i difensori, questo significa interfacciarsi sempre più con giudici di carriera analoghi ai giudici ordinari. Inoltre, la riforma 2022 ha:
    • Ammesso la prova testimoniale scritta nel processo tributario (art. 7, comma 4 bis D.Lgs. 546/92 nuovo), finora esclusa. Il MEF ha emanato decreti attuativi sulle modalità di raccolta delle testimonianze.
    • Previsto la figura del giudice monocratico per le liti fino a €3.000 in secondo grado (anche se questo importo coincide con le liti dove di solito non c’è difesa tecnica obbligatoria).
    • Rafforzato l’obbligo del deposito telematico degli atti: dal 2023 tutto deve viaggiare via PEC/portale, la PEC è divenuta obbligatoria per le comunicazioni (prima era facoltativa), e le parti senza difensore tecnico (nelle liti minori) devono comunque utilizzare il canale telematico salvo rare eccezioni.
    • Eliminato il reclamo e mediazione: dal 2023 l’istituto del reclamo (tentativo obbligatorio di mediazione per liti fino a 50.000 €) è stato soppresso. Il contribuente presenta subito ricorso e, se vuole, può autonomamente cercare una conciliazione. Ciò semplifica il lavoro del difensore (niente più attesa di 90 giorni per la mediazione) ma toglie lo sconto sulle sanzioni che prima si otteneva in caso di accordo mediato (riduzione al 35%). Bisogna tenerne conto in fase di valutazione costi/benefici.
    • Introdotto un contributo unificato più alto per gli appelli pretestuosi (se l’appello viene integralmente respinto, c’è un contributo aggiuntivo del 50%). Questo per scoraggiare impugnazioni meramente dilatorie. Il difensore deve quindi valutare bene le chance prima di appellare.
  • Delega fiscale 2023 (L. 111/2023) e Decreto Legislativo 30 dicembre 2023 n. 220: In attuazione della delega, il D.Lgs. 220/2023 (in vigore dal 2024) ha apportato ulteriori modifiche al processo tributario. Alcune già discusse: conferma dell’abolizione della mediazione, dettagli su PEC obbligatoria e depositi telematici, modifica dell’art. 16-bis che ha sancito definitivamente la regola del tutto telematico (eliminando la facoltà cartacea per i non difesi, imponendo regolarizzazione se errore tecnico), e soprattutto il nuovo art. 58 comma 3 che limitava le nuove prove in appello (poi parzialmente cassato dalla Corte Costituzionale 36/2025 come visto). Il D.Lgs. 220/2023 ha inoltre:
    • Inserito norme transitorie: le nuove regole si applicano ai ricorsi notificati da settembre 2024 in poi in alcuni casi, e altre da gennaio 2024. Questo crea un periodo cuscinetto. Ad esempio, la nuova regola sulla capacità di stare in giudizio della Regione (art. 11 co.3-ter, che consente alle Regioni di stare in giudizio con propri dirigenti) si applica solo ai giudizi instaurati dopo 1/9/2024.
    • Previsto che il difensore deve indicare il proprio indirizzo PEC nel ricorso e comunicare le variazioni; se cambia PEC e non lo comunica, la segreteria non è tenuta a inseguirlo (sono a suo rischio le mancate comunicazioni).
    • Reso più flessibile il regime delle comunicazioni in caso di PEC non funzionante: se la PEC non funziona o non è reperibile, si procede col deposito in segreteria (e questo vale anche se la parte è senza difensore e non ha PEC).
    • Rafforzato i principi di chiarezza e sinteticità: è stato introdotto un criterio per cui nella liquidazione delle spese il giudice terrà conto anche del rispetto di tali principi da parte degli atti difensivi. Ciò sollecita i difensori a scrivere ricorsi e appelli non inutilmente prolissi.
  • Sentenze di Cassazione degne di nota: Negli ultimi anni la Corte di Cassazione ha prodotto una mole notevole di sentenze tributarie. Ne segnaliamo alcune che impattano sul ruolo del difensore tributario:
    • Cass. SS.UU. n. 8500/2021: ha stabilito che gli avvisi di accertamento “per relationem” (ossia motivati rinviando ad altri atti, come PVC) devono mettere il contribuente in grado di conoscere compiutamente la pretesa. Il difensore può eccepire nullità se l’atto rinvia a documenti non conosciuti o non allegati, rafforzando il diritto di difesa.
    • Cass. sez. trib. n. 26027/2022: (già citata) ha sancito che la mancanza di difensore oltre soglia non invalida il ricorso, ma impone al giudice di assegnare termine per sanarLa. Questa pronuncia dà sicurezza ai difensori che subentrano tardivamente: il processo non è perso se il cliente aveva provato inizialmente da solo.
    • Cass. sez. trib. n. 21768/2023: ha affrontato il tema della sottoscrizione del ricorso quando il difensore ha regolare procura ma per un refuso la firma manca. La S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso se comunque la volontà della parte è chiara e la procura c’è, applicando la sanatoria ex art. 182 c.p.c. (firma apposta dopo su richiesta). Ciò evita decadenze per meri errori materiali del difensore.
    • Cass. sez. trib. n. 1738/2023: su un piano diverso, ha stabilito che la consulenza tecnica d’ufficio non può supplire alla mancanza di prove che la parte avrebbe dovuto fornire. Questo mette in guardia i difensori: non si può fare affidamento sul CTU per “trovare” le prove – se il contribuente ha l’onere probatorio (es. provare costi deducibili), il difensore deve attivarsi a produrre documenti, non sperare che il CTU colmi i vuoti.
    • Cass. sez. VI n. 3671/2025: (ipotetica, come esempio) ha affermato un principio di civiltà giuridica: le spese legali vanno commisurate anche al comportamento processuale dell’ente impositore. Se l’ente ha costretto il contribuente al giudizio con pretese chiaramente infondate, il giudice deve condannarlo interamente alle spese. Questo incoraggia i difensori a chiedere esplicitamente la condanna alle spese in casi di abuso del contenzioso da parte del Fisco.
  • Sentenze della Corte Costituzionale recenti:
    • Sent. n. 39/2023: ha dichiarato infondata la questione di legittimità sull’assenza di un secondo grado di merito per le sanzioni amministrative fiscali. In pratica, non c’è violazione dell’art. 24 Cost. nel fatto che contro la decisione di secondo grado tributaria si vada solo in Cassazione e non ad altra corte di appello, essendo comunque garantito un doppio grado di esame nel merito (primo e secondo grado tributari).
    • Sent. n. 51/2023: ha respinto le censure sulla nuova testimonianza scritta, ritenendo bilanciato il meccanismo introdotto nel processo tributario rispetto al diritto al contraddittorio, a patto che i giudici valutino con prudenza tali mezzi di prova.
    • Sent. n. 36/2025: (già approfondita) ha dichiarato parzialmente illegittimo il divieto di nova in appello introdotto nel 2023. In particolare ha riaperto la possibilità di depositare in appello deleghe, procure e atti di legittimazione non prodotti prima, e ha impedito che la norma nuova si applicasse retroattivamente agli appelli pendenti. Questa decisione è stata accolta con favore dalla categoria dei difensori tributari, poiché risolveva situazioni paradossali in cui una parte poteva decadere dal giudizio d’appello per una delega non rinnovata formalmente, e tutela i processi in corso da regole sopravvenute. La Corte ha lasciato fermo invece il resto del divieto (nuovi documenti di merito solo se indispensabili o non dipendenti da colpa).
    • Sent. n. 2/2024: (sempre ipotetica come scenario) ha dichiarato non fondata la questione sulla compensazione automatica delle spese introdotta dalla riforma (art. 15, comma 2 D.Lgs. 546/92 come modificato) che prevede la compensazione se il contribuente vince grazie a documenti decisivi prodotti tardi. La Corte ha interpretato in senso restrittivo la norma, salvandola in Costituzione purché si applichi solo ai casi di colpa grave del contribuente nel non aver prodotto i documenti prima. Ciò significa che i difensori dovranno porre attenzione a produrre subito ogni documento, altrimenti rischiano di non recuperare le spese legali per il cliente anche se vincono (un chiaro incentivo a non tenere “carte nel cassetto”).

In conclusione, il biennio 2023-2025 ha visto un’evoluzione del processo tributario verso una maggiore telematizzazione, professionalizzazione della magistratura tributaria e qualche stretta procedurale (sulle prove in appello, poi parzialmente allentata dalla Consulta). Il difensore tributario deve restare costantemente aggiornato su questi cambiamenti normativi e giurisprudenziali – come abbiamo fatto in questa guida – per poter svolgere al meglio il suo ruolo e garantire al contribuente assistito il pieno esercizio del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 della Costituzione.

Di seguito, per completare l’esposizione in modo fruibile, proponiamo una sezione di Domande e Risposte riassuntive e alcune tabelle riepilogative, seguite da esempi pratici di situazioni comuni di contenzioso tributario con possibili approcci difensivi.

Domande e Risposte frequenti (FAQ)

D: Chi può fare il difensore tributario in Italia?
R: Può assumere la difesa tecnica nel contenzioso tributario una ristretta cerchia di professionisti abilitati indicati dalla legge. In primis gli avvocati iscritti a un Ordine, poi i dottori commercialisti ed esperti contabili (sezione A dell’Albo) e i consulenti del lavoro. Inoltre, per specifiche materie, sono abilitati anche tecnici come ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, agronomi, agrotecnici, periti agrari (nelle liti riguardanti tributi di loro competenza, es. tributi locali, catastali), nonché gli spedizionieri doganali per i tributi doganali. Vi sono poi figure particolari (tributaristi ex ruolo CCIAA, funzionari di associazioni di categoria, dipendenti di imprese o CAF) che possono difendere se iscritte in un Elenco speciale del MEF. In sintesi, il difensore tributario deve essere abilitato per legge: il contribuente non può farsi rappresentare ad esempio dal proprio consulente fiscale se questi non rientra in una delle categorie suddette.

D: Quando è obbligatorio il difensore tecnico nel processo tributario?
R: L’assistenza tecnica è obbligatoria sempre, tranne che nelle liti di modico valore. La sola eccezione è per le controversie di valore fino a €3.000 (imposte al netto di interessi e sanzioni) in cui le parti possono stare in giudizio da sole, senza difensore. Al di sopra di tale soglia, il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore abilitato. Anche nelle liti sotto i €3.000, comunque, nulla vieta di farsi assistere volontariamente da un difensore se lo si desidera (non è obbligatorio ma è facoltativo, spesso consigliabile se la questione è complicata). Fanno eccezione all’obbligo anche gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti equiparati, che si difendono con i propri funzionari, ma ciò riguarda la controparte pubblica, non il contribuente.

D: Posso difendermi da solo contro Agenzia delle Entrate o Comune?
R: Sì, ma solo se la disputa riguarda un importo contenuto entro 3.000 euro. Ad esempio, per una multa o sanzione fiscale di 1.500 euro, puoi presentare ricorso personalmente, senza avvocato. Tuttavia, devi comunque rispettare le regole processuali (presentare il ricorso in modo corretto, usare il canale telematico dal 2023). Se la cifra in ballo supera i 3.000 euro, non puoi stare in giudizio da solo: dovrai incaricare un difensore abilitato, altrimenti il giudice non potrà decidere nel merito. In ogni caso, anche quando l’autodifesa è ammessa, valuta attentamente: il diritto tributario è complesso e un difensore esperto può far valere eccezioni e argomenti che da solo potresti non conoscere. Infatti, come recita il titolo di un articolo: “è difficile la difesa personale del contribuente” – proprio perché servono competenze specialistiche.

D: Cosa succede se presento un ricorso senza difensore, pur essendo la causa sopra soglia?
R: In passato rischiavi una inammissibilità immediata. Oggi, grazie alle norme di favore e alla giurisprudenza, il ricorso non viene subito scartato. Il giudice ti inviterà a nominare un difensore e a depositare la procura entro un termine. Se rispetti l’ordine, il ricorso resta valido come se nulla fosse. Se invece ignori l’ordine e non ti costituisci con difensore, a quel punto il ricorso potrà essere dichiarato inammissibile. Nota bene: questa possibilità di “rimedio” vale anche se avevi un difensore non abilitato (ad es. un consulente non iscritto albo) – il giudice ti chiederà di sostituirlo con uno abilitato. Inoltre, solo tu (o il tuo difensore poi nominato) puoi far notare l’eventuale vizio: la controparte non può approfittare della tua mancanza per chiedere il rigetto. Quindi c’è una tutela per il contribuente de iure condendo, ma conviene comunque incaricare fin da subito un difensore idoneo per evitare rischi e perdite di tempo.

D: Un commercialista o un consulente può difendermi in ogni tipo di causa fiscale?
R: Un dottore commercialista (iscritto Albo) sì, può assisterti in qualsiasi controversia tributaria, dall’Irpef all’Iva, IMU, cartelle, ecc., senza limitazioni. Un consulente del lavoro può difenderti in generale (la legge lo include), pur se di solito si occupa di contributi e ritenute – nulla vieta però che ti rappresenti anche per imposte dirette o Iva, se competente. Diverso è il caso di altri consulenti: ad esempio un tributarista non iscritto a un albo può difenderti solo se è iscritto nell’Elenco MEF come esperto tributi (lettera e) o funzionario associativo (f) o simili, altrimenti non è autorizzato. Un tecnico come un ingegnere/geometra può difenderti solo nelle materie attinenti (tipicamente tributi su beni immobili, catasto, ecc.). Quindi, dipende dalla qualifica: verifica sempre che il tuo consulente abbia titolo per rappresentarti. In caso di dubbio, la scelta più sicura è un avvocato tributarista o un commercialista, che hanno abilitazione generale.

D: Il mio amico laureato in legge ma non avvocato può rappresentarmi?
R: No, la laurea in giurisprudenza di per sé non basta. Bisogna essere iscritti all’albo degli avvocati oppure rientrare in una delle figure speciali previste (ad esempio, se il tuo amico laureato fosse un dipendente di un CAF o di un’associazione di categoria e tu ne fossi assistito/associato, potrebbe se iscritto nell’elenco speciale, ma è un caso particolare). In generale un semplice laureato, non iscritto a ordini, non può fare l’avvocato tributario. Se lo facesse, commetterebbe esercizio abusivo della professione (reato), e gli atti sarebbero nulli.

D: Posso far difendere la mia azienda da un dipendente interno (es. il direttore amministrativo)?
R: Sì, è possibile a certe condizioni. La lettera g) dell’art. 12 consente che una società o impresa sia rappresentata da un proprio dipendente laureato in giurisprudenza o economia (o ragioniere abilitato), purché quel dipendente sia iscritto nell’elenco dei difensori tributari del MEF. Quindi, se la tua azienda ha una figura interna qualificata, potete presentare domanda al MEF per iscriverla e, una volta iscritta, quella persona può stare in giudizio per l’azienda senza dover ogni volta delegare un legale esterno. È una scelta adottata da alcune grandi imprese che hanno uffici legali/fiscali interni attrezzati. Attenzione: il dipendente potrà difendere solo la sua azienda (datore di lavoro) o società del gruppo, non soggetti esterni. E ovviamente se la controversia va in Cassazione, servirà comunque un avvocato cassazionista.

D: Quanto costa un difensore tributario? Le spese legali chi le paga?
R: I costi dipendono dal tariffario del professionista e dalla complessità della causa. Avvocati e commercialisti in genere adottano parametri forensi (per gli avvocati) o accordi simil-forensi. Nel contenzioso tributario non c’è gratuito patrocinio statale (salvo in Cassazione per questioni di puro diritto, rarissime), quindi il contribuente deve sostenere le proprie spese. Se il contribuente vince la causa, il giudice può condannare l’ente soccombente a rimborsare le spese legali al contribuente in misura di solito stabilita secondo i parametri di legge. Tuttavia, la riforma recente ha previsto casi di compensazione delle spese anche se vinci, ad esempio se hai prodotto documenti in ritardo e hai vinto proprio grazie ad essi. In molti casi, soprattutto in primo grado, i giudici tributari tendevano a compensare le spese (ogni parte paga il proprio difensore) per ragioni di “equità” o se la questione era complessa. Dal 2023 c’è stata una stretta: la compensazione deve essere motivata e limitata a gravi ragioni. Se il contribuente invece perde la causa, di regola viene condannato a pagare un importo per le spese dell’Avvocatura erariale o del difensore del Comune. A volte i giudici compensano anche in caso di perdita se la questione era nuova o se il contribuente aveva buoni motivi (ad esempio vittima di un errore indotto dall’ufficio). In appello e Cassazione, le spese seguono lo stesso criterio. Quindi, in sintesi: chi perde rischia di dover pagare anche le spese dell’altro; chi vince può ottenerle rifuse, ma non è garantito al 100%. Conviene sempre discuterne col difensore per valutare l’esposizione economica.

D: È vero che ora le udienze tributarie si fanno online da remoto?
R: Sì, è possibile. La riforma 2020-2022 (anche causa pandemia) ha introdotto la videoudienza da remoto nel processo tributario, su richiesta di parte. Oggi la regola di default è che la causa si decide in camera di consiglio senza presenza, a meno che una parte chieda espressamente la pubblica udienza. Se viene chiesta, si può specificare se in presenza fisica o da remoto. Se una parte vuole la presenza fisica e l’altra da remoto, prevale la presenza. In pratica, le parti (difensore del contribuente o controparte) hanno la facoltà di chiedere di discutere oralmente e anche via video. Molti difensori tributari apprezzano la discussione da remoto, perché consente di evitare trasferte e ottimizzare i tempi, presentandosi via piattaforma al collegio. Altri preferiscono la presenza per avere un contatto diretto col giudice. In ogni caso, sì, la trattazione “a distanza” è ora una realtà concreta e disciplinata (l’istanza va depositata entro un certo termine prima dell’udienza). Se nessuno chiede udienza pubblica, la causa viene decisa “sulle carte” in camera di consiglio. Compito del difensore è valutare se l’udienza pubblica (in presenza o telematica) può dare valore aggiunto alla difesa – ad esempio per replicare a eventuali eccezioni orali della controparte o chiarire punti dubbi. Spesso, per questioni documentali, si lascia decidere in camera di consiglio senza udienza.

D: Se il mio difensore sbaglia (es. non deposita un documento, o fa scadere un termine) ci rimetto io?
R: Purtroppo in linea di principio gli errori del difensore ricadono sulla parte (principio della rappresentanza processuale). Se il difensore dimentica di impugnare nei termini o non produce un documento essenziale, gli effetti si riflettono sul contribuente, che può vedersi respingere il ricorso. Esistono tuttavia rimedi parziali: se l’errore è procedurale ma c’è ancora tempo, si può rimediare con istanze al giudice (es. chiedere rimessione in termini, se c’è un motivo valido). Se il difensore causa un danno grave al cliente per negligenza, c’è sempre la strada della responsabilità professionale: il contribuente potrà chiedere i danni al difensore in separata sede (assicurazione professionale, ecc.). Ma nel processo in questione quell’errore potrebbe essere irreversibile. Perciò è fondamentale affidarsi a professionisti competenti e scrupolosi. Va detto che alcune recenti pronunce, come accennato, tendono a non far pagare al cliente errori formali facilmente rimediabili (es. firma mancante sul ricorso, sanabile se c’è procura) – in tali casi il giudice invita a correggere. Ma su errori sostanziali o gravi decadenze c’è poco da fare nel processo stesso.

D: Cos’è cambiato con la riforma del 2023 per la difesa tributaria?
R: In breve:

  • Niente più mediazione obbligatoria: il difensore presenta subito ricorso, non deve prima fare istanza di mediazione per liti fino 50.000 €. Ciò snellisce i tempi ma toglie uno strumento di possibile accordo anticipato.
  • Processo 100% telematico: PEC e depositi telematici obbligatori per tutti gli atti. Il difensore deve vigilare sulle PEC (ha l’onere di comunicare variazioni, pena atti in segreteria a sua insaputa).
  • Prova testimoniale scritta ammessa: ora il difensore può allegare dichiarazioni sostitutive testimoniali. È un game-changer in certe cause prima impossibili da provare.
  • Divieto di nuovi documenti in appello (parzialmente rivisto): inizialmente nel 2024 non si potevano portare nuovi documenti in secondo grado, men che meno deleghe/procure. La Consulta nel 2025 ha allentato la morsa per deleghe e procure, che ora si possono aggiungere. Resta però buona prassi portare tutto già in primo grado.
  • Giudici tributari più “professionali”: col tempo avremo sempre più giudici a tempo pieno e con concorso dedicato. Ci si aspetta maggior uniformità e decisioni più solide (forse anche meno “comprensive” su certe irregolarità, chissà).
  • Sanzioni sulle spese e sinteticità: occhio a come si scrive: atti chilometrici e poco chiari possono non solo indisporre il giudice ma anche, in teoria, comportare riduzione del rimborso spese. È un incentivo alla qualità degli atti difensivi.

Il difensore tributario deve quindi aggiornare le proprie modalità operative: oggi più informatica giuridica (firma digitale, PEC, portali), più attenzione alle preclusioni probatorie, e restare informato sulle pronunce delle Corti superiori che spesso innovano l’interpretazione delle norme tributarie sostanziali e processuali.

D: In caso di cartella esattoriale da Agenzia Entrate Riscossione, serve il difensore?
R: Dipende dall’importo e dal tipo di vizi che vuoi far valere. Una cartella esattoriale è impugnabile in Commissione (Corte Giustizia Tributaria) come gli avvisi. Se l’importo supera €3.000 (spesso sì, le cartelle includono anche sanzioni e interessi ma per il calcolo soglia contano solo i tributi), ti serve il difensore tecnico. Per cartelle piccole sotto soglia potresti teoricamente fare da solo. Ma considera: le cartelle spesso implicano questioni tecniche (verifica notifica, decadenza della notifica, eventuale prescrizione del credito, duplicazione di atti, rateizzazioni, sgravio, ecc.). Un difensore esperto (avvocato specializzato in cartelle esattoriali) può individuare vizi che annullano la cartella – ad esempio una mancata notifica del verbale presupposto, oppure la decadenza della notifica oltre i termini, oppure errori nell’intimazione. Anche perché Agenzia Entrate Riscossione spesso resiste in giudizio con propri legali, quindi si entra in un campo da maneggiare con cura. In breve: non è obbligatorio se debito piccolo, ma è consigliato nella maggior parte dei casi per avere concrete chance di successo.

Tabelle riepilogative

Di seguito presentiamo due tabelle che sintetizzano rispettivamente: (A) le categorie di soggetti abilitati alla difesa tributaria e i relativi requisiti/limitazioni, e (B) le fasi del contenzioso tributario con indicazione della necessità del difensore e degli strumenti principali a disposizione.

A) Soggetti abilitati alla difesa tecnica tributaria

Categoria difensoreRequisiti di iscrizioneAmbito consentitoNote/limitazioni
AvvocatoAlbo AvvocatiTutte le controversie tributarie (primo e secondo grado; Cassazione se avvocato cassazionista)Può delegare sostituti (avvocati o praticanti) in udienza.
Dottore Commercialista / Esperto contabileAlbo DCEC – Sezione A (laurea + esame di Stato)Tutte le controversie tributarie (primo e secondo grado). In Cassazione necessita avvocato.Se Sez. B (solo esperto contabile dipl./triennale) non autonomamente abilitato se non rientra in altra categoria.
Consulente del lavoroAlbo Consulenti del LavoroTutte le controversie tributarie (inclusi contributi previdenziali in giurisdizione tributaria).Figura inserita nel 2015, può difendere anche su tributi non lavoristici.
Ingegnere/Architetto/Geometra/Perito Ind.leAlbo Ingegneri / Architetti / Geometri / Periti IndustrialiControversie ex art. 2 co.2 primo periodo: in pratica tributi su immobili, urbanistica, tecnici (es. IMU, catastali).Abilitazione aggiunta se iscritti albo, solo materie tecniche.
Agronomo/Forestale/Agrotecnico/Perito agrarioAlbo Agronomi / Agrotecnici / Periti AgrariControversie tributi agricoli, es. contributi di bonifica, IMU terreni, ecc. (art. 2 co.2 primo periodo).Anche qui ambito limitato a materia di competenza.
Spedizioniere doganaleAlbo Spedizionieri doganali (art. 6 TU 143/2005)Tributi doganali (dazi, IVA import, diritti doganali).Abilitato da art. 12 co.6, non oltre dogane.
Tributarista (Perito CCIAA)Ruolo Periti ed Esperti CCIAA – subcat. Tributi (iscr. al 30/9/93) + Elenco MEFTributi specificati (registro, successione, tributi locali, imposte dirette, IVA) come da qualifiche possedute.Solo chi era iscritto ante 1993; deve essere nel registro MEF.
Funzionario Associazione di categoria (storico)Iscritto in elenchi Intendenza di Finanza ante 1992 + Elenco MEFControversie di associati all’associazione di categoria (es. CNA, Confcommercio) di appartenenza.Categoria esaurita (chi c’era nel ‘92). Deve comparire in Elenco MEF.
Dipendente di associazione di categoriaLaurea mag. giur./econ. o dipl. ragioniere con abilitazione + Elenco MEF; dipendente di associazione rappresentata in CNEL.Controversie in cui parte l’associato dell’associazione (es. un membro di Confesercenti).Ambito limitato a membri associati. Solo difesa di quelli (no terzi).
Dipendente di impresa (o controllata)Laurea mag. giur./econ. o dipl. rag. abilit. + Elenco MEF; dipendente dell’impresa interessata (o sua controllata)Controversie in cui parte l’impresa datrice (o controllata).Ambito limitato all’azienda di appartenenza. Soluzione tipica: legale interno azienda.
Dipendente di CAF (Centro Assistenza Fiscale)Laurea mag. giur./econ. o dipl. rag. abilit. + Elenco MEF; dipendente CAF o società di servizi collegataControversie dei contribuenti assistiti dal CAF su adempimenti curati dal CAF.Esempio: difende per dichiarazioni 730 o Redditi elaborate dal CAF. Non altri casi.

Legenda: Elenco MEF = elenco difensori art. 12 co.3 tenuto da Ministero Economia e Finanze; dipl. rag. abilit. = diploma di ragioniere e abilitazione professionale (es. esperto contabile, geometra abilitato, perito agrario abilitato).

B) Fasi del contenzioso tributario e difesa

Fase / AttoDifensore richiestoStrumenti difensivi e note
Prima del ricorso (fase amministrativa)Non applicabile (non è processo)– Istanza in autotutela (richiesta annullamento all’ufficio) – non sospende termini.– Accertamento con adesione (sospende termini ricorso 90 gg) – possibile definizione con riduzione sanzioni.
Reclamo-mediazione (ABROGATO)(Non più previsto dal 2023)Prima obbligatorio per liti ≤ €50k; ora abolito. Eventuale mediazione facoltativa informale possibile durante processo (conciliazione).
Ricorso introduttivo (primo grado)Sì, se valore > €3.000 (no per valore minore)– Redazione motivi di ricorso e deposito telematico.– Possibile istanza sospensione esecuzione (art. 47) per atti immediatamente esecutivi.– Procura alle liti al difensore su atto o separata.– Notifica via PEC all’ente impositore e deposito su SIGIT.
Costituzione in giudizio (ente/contribuente)Sì per controparte pubblica (ente usa funzionari o Avvocatura) / Sì per contribuente se obbligo– L’ente può stare con propri funzionari (Agenzia Entrate-Riscossione può avvalersi Avvocatura Stato).– Deposito memorie difensive, documenti, eccezioni procedurali (entro 60 gg da notifica ricorso per resistente).
Trattazione primo grado (CGT provinciale)Difensore discute se nominato– Processo generalmente scritto. Se richiesta udienza pubblica, difensore discute oralmente (in presenza o da remoto).– Possibile deposizione di memorie finali e repliche (art. 32, 33).
Sentenza di primo grado– Se vittoria contribuente, eventuale rimborso spese (o compensazione).– Se sconfitta, valutare appello. Sentenza esecutiva (ma impugnata sospendibile se chiesta).
Appello (secondo grado)Sì, sempre (anche se valore basso, in appello serve difensore)– Ricorso in appello (motivi specifici contro sentenza) da presentare con difensore abilitato.– Termine 60 gg da notifica sentenza (o 6 mesi se non notificata).– Divieto di nuovi motivi non dedotti in primo grado (salvo eventi sopravvenuti).– Nuovi documenti: ammessi solo se indispensabili o non prodotti per causa non imputabile; deleghe/procure ora ammesse grazie a Corte Cost..– Possibile sospensione esecutività sentenza impugnata (art. 52, se gravi motivi).– Struttura del giudizio simile al primo grado (memorie 40-20 gg).
Trattazione secondo grado (CGT regionale)Difensore– Anche in appello, udienza pubblica solo su richiesta parti; discussione come in primo grado.
Sentenza secondo grado (definitiva nel merito)– Può confermare, riformare o annullare senza rinvio.– Se negativa per contribuente, valutare Cassazione sui soli motivi di legittimità.
Ricorso per CassazioneSì, avvocato cassazionista– Termine 60 gg da notifica sentenza appello (o 6 mesi da deposito).– Motivi: violazioni di legge, vizi motivazione (entro limiti).– Non si discutono fatti, solo diritto.– Parte contribuente deve essere rappresentata da avvocato iscritto Albo Cassazione. (Commercialista non può stare in Cassazione).– Controparte pubblica in Cassazione di regola Avvocatura Generale dello Stato.
Fasi eventuali in CassazioneDifensore cassazionistaControricorso dell’intimato (Agenzia) entro 60 gg.– Assegnazione a sezione, eventuale udienza pubblica (rara, spesso deciso in camera di consiglio con ordinanza).– Esito: rigetto o accoglimento. Se accolto, rinvio a CGT seconda grado diversa per nuovo giudizio di merito, oppure decisione nel merito se non servono fatti.
Definizioni agevolate speciali (sanatorie)Difensore utile ma non obbligatorio– Periodicamente leggi di bilancio prevedono definizioni liti pendenti (es. condono liti). Il difensore assiste nel valutare adesione (spesso non serve formalmente difensore per aderire, ma è consigliato).– Conciliazione giudiziale: in qualsiasi grado, possibilità di accordo con ufficio (sanzioni ridotte al 40% in primo grado, 15% in appello). Difensore negozia termini.

Nota: CGT = Corte di Giustizia Tributaria (Provinciale = primo grado, Regionale = secondo grado). Le tempistiche e modalità sono semplificate; per dettagli si rimanda al D.Lgs. 546/92 e succ. mod. Il difensore tributario svolge un ruolo in quasi tutte le fasi, tranne nella fase amministrativa iniziale, ma anche lì spesso consiglia il contribuente nelle scelte (adesione, autotutela, etc.).

Simulazioni pratiche (casi comuni dal punto di vista del debitore)

Per rendere più concreti i concetti esposti, immaginiamo alcune situazioni tipiche in cui un contribuente-debitore si trovi a dover affrontare il Fisco, e vediamo come potrebbe intervenire il difensore tributario e con quali esiti:

Caso 1: Cartella di pagamento per omesso versamento IVA – (Importo: €4.500)
Scenario: La ditta individuale Alfa riceve nel 2024 una cartella esattoriale da Agenzia Entrate Riscossione per €4.500, riferita a IVA 2019 non versata (ruolo emesso a seguito di liquidazione automatica). Il titolare, Mario, non aveva mai visto precedentemente un avviso di accertamento.
Approccio difensivo: Mario si rivolge a un avvocato tributarista. Superando la soglia €3.000, è obbligatorio il difensore tecnico. L’avvocato esamina la cartella e nota che manca la notifica del previo avviso di irregolarità: in pratica la cartella sarebbe il primo atto che Mario riceve, il che non è regolare per somme da controllo automatizzato (serve comunicazione bonaria). Inoltre, la cartella risulta notificata via PEC ma ad un indirizzo PEC non più attivo dell’azienda.
Strategia: Si presenta ricorso presso la CGT provinciale entro 60 giorni, eccependo due vizi: (i) nullità della cartella per difetto di notifica dell’atto presupposto (violazione dell’art. 6, c.5, L.212/2000 – Statuto Contribuente, che prevede comunicazione prima della iscrizione a ruolo); (ii) nullità/inesistenza della notifica PEC della cartella stessa, in quanto inviata a indirizzo inattivo (violazione art. 26 DPR 602/73 e normative PEC). Il difensore chiede anche la sospensione dell’esecuzione, poiché Mario ha ricevuto anche un preavviso di fermo auto.
Esito possibile: La Corte, valutati gli atti, potrebbe accogliere il ricorso su uno dei vizi formali: ad esempio, dichiarare nulla la cartella poiché l’ente non prova di aver inviato la comunicazione preventiva oppure perché la notifica PEC è irregolare. In entrambi i casi, la cartella viene annullata. Mario non dovrà pagare nulla subito, ma attenzione: l’annullamento per vizi formali di solito non estingue il debito tributario. L’Agenzia potrebbe recuperare ripetendo la notifica correttamente (salvo prescrizione). Tuttavia, nel frattempo Mario avrà guadagnato tempo e potrà eventualmente avvalersi di definizioni agevolate o concordare un pagamento rateale in altra sede. Il difensore ha svolto efficacemente il suo ruolo, proteggendo Mario da un atto esecutivo viziato e permettendogli di non subire il fermo auto (la sospensiva sarà stata verosimilmente concessa). In caso di vittoria, le spese legali potranno essere chieste a carico dell’ADER, salvo diversa decisione (il giudice potrebbe compensare ritenendo l’ufficio esattore non responsabile del vizio dell’Agenzia Entrate).

Caso 2: Avviso di accertamento per redditi non dichiarati – (Importo: €50.000)
Scenario: La società Beta Srl, piccola azienda commerciale, riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate contestando ricavi non dichiarati per €100.000 con imposte evase per circa €30.000 (oltre sanzioni e interessi, totale pretesa €50.000). L’accertamento si basa su una verifica fiscale dove è stato rinvenuto un secondo magazzino non contabilizzato. Beta nega l’accusa sostenendo che quel magazzino era di un’attività parallela cessata.
Approccio difensivo: Beta incarica un dottore commercialista esperto in contenzioso tributario. In questo caso il commercialista è abilitato a pieno titolo. La prima cosa che fa è valutare un eventuale accertamento con adesione: conviene imbastire una trattativa con l’ufficio? Considerato che Beta ha parzialmente ragione (il magazzino era di altra società, ma qualche irregolarità minore c’è stata), il difensore propone adesione per ridurre sanzioni. L’Agenzia però pretende ancora troppo (vuole almeno €40.000 totali). Si decide quindi di andare in ricorso.
Strategia: Nel ricorso si contestano sia aspetti formali che di merito: formali, perché l’accertamento risulta notificato a un indirizzo PEC non risultante sul registro INI-PEC (Beta aveva cambiato PEC e comunicato solo in visura, non in Agenzia – qui il difensore valuta se insistere su questo vizio, che però potrebbe essere sanato con la costituzione in giudizio: l’Agenzia eccepirà che Beta ha comunque ricevuto l’atto via posta in un secondo momento). Di merito, il difensore produce documentazione che il magazzino in questione era intestato a un’altra società (contratto di affitto a nome di Gamma Srl) e quindi i beni trovati non erano di Beta Srl. Inoltre allega le scritture contabili di Beta per dimostrare che i ricavi dichiarati sono congrui con i movimenti bancari (nessun flusso anomalo extra). Chiede eventualmente l’ammissione di testimonianze scritte di due ex-dipendenti di Gamma Srl che confermano che quella merce non c’entrava con Beta.
Esito possibile: La Corte tributaria potrebbe accogliere il ricorso integralmente se ritiene provato che l’Ufficio ha attribuito a Beta redditi non suoi (magazzino estraneo). Le dichiarazioni testimoniali giurate potrebbero convincere il collegio sulla realtà dei fatti (nuovo strumento a vantaggio). In tal caso Beta Srl non dovrà pagare le imposte accertate né le sanzioni, e anzi potrà chiedere rimborso delle spese legali. Alternativamente, la Corte potrebbe optare per una soluzione intermedia: annullare in parte l’accertamento riconoscendo che una parte dei ricavi era erronea ma magari rilevando qualche altra irregolarità (ad es. Beta non aveva emesso scontrini per parte della merce “ufficiale”). In tal caso, vittoria parziale: l’imposta richiesta viene ridotta, le sanzioni ricalcolate, e le spese potrebbero essere compensate per soccombenza reciproca (entrambe le parti hanno in parte torto e ragione). In ogni evenienza, il ruolo del difensore è stato cruciale per smontare l’assunto fiscale e portare prove alternative (documenti, testimonianze) a favore del contribuente.

Caso 3: Rimborso IRPEF negato – (Importo: €2.800)
Scenario: La sig.ra Rossi ha presentato dichiarazione dei redditi chiedendo un rimborso IRPEF di €2.800 per eccedenze d’imposta risultate. L’Agenzia delle Entrate non le ha mai liquidato il rimborso, e anzi dopo 2 anni le invia un provvedimento di diniego motivato dal fatto che quell’eccedenza sarebbe frutto di un errore di compilazione. Rossi vuole impugnare il diniego. Importo sotto €3.000.
Approccio difensivo: In teoria la sig.ra Rossi potrebbe stare in giudizio da sola (valore €2.800 < €3.000). Tuttavia, non essendo pratica, decide di consultare un CAF. Il CAF le consiglia un professionista. Potrebbe difenderla direttamente un dipendente del CAF se iscrittO all’elenco MEF, ma raramente i CAF lo fanno per importi piccoli. Alla fine Rossi si rivolge a un consulente del lavoro, che conosce perché le fa il 730. Costui è abilitato ex lege (anche se è una causa IRPEF, i consulenti del lavoro possono).
Strategia: Il difensore verifica la questione: in effetti c’è un disallineamento di dati, ma la sig.ra Rossi ha ragione (aveva un credito da anni precedenti). Si decide di procedere col ricorso tributario per ottenere il rimborso. Data la cifra modesta, il difensore redige un ricorso molto sintetico e chiaro (anche per non incorrere nella regola nuova sulla sinteticità – inoltre, parcella contenuta). Non c’è bisogno di istanza di sospensione (non c’è riscossione in atto, anzi si tratta di un rimborso dovuto).
Esito possibile: Spesso in casi del genere, l’ufficio può fare marcia indietro in corso di causa, soprattutto se si accorge di un errore proprio. Potrebbe presentare una memoria riconoscendo che in effetti il credito spettava e annullando in autotutela il diniego. In tal caso la controversia cesserebbe per sopravvenuta carenza di materia del contendere, con vittoria di fatto per Rossi. Le spese in questi casi vengono in genere compensate (perché l’ufficio ha sì sbagliato, ma ha rimediato prima della sentenza). Se invece l’ufficio insiste nel negare, il difensore porterà tutte le pezze giustificative (dichiarazioni anni precedenti, ricevute versamenti ecc.) e con ogni probabilità la Corte Tributaria riconoscerà il rimborso dovuto. Rossi otterrà i suoi €2.800 più, forse, qualche centinaio di euro di spese legali liquidate (che però andranno in parte al suo difensore a copertura dei costi). Questo caso mostra che anche per cifre piccole il ruolo del difensore può essere determinante: il contribuente da solo magari non saprebbe come districarsi, mentre un tecnico in pochi passi risolve.

Caso 4: Avviso di liquidazione imposta di registro per compravendita immobiliare – (Importo: €12.000)
Scenario: I coniugi Verdi acquistano una seconda casa dichiarando in atto un valore di €100.000. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo il valore venale più alto (€150.000), notifica un avviso di liquidazione chiedendo imposta di registro aggiuntiva su €50.000 in più, per circa €9.000 di imposta + €3.000 sanzioni.
Approccio difensivo: Trattandosi di valore catastale/immobiliare, i coniugi possono pensare di rivolgersi a un geometra o ingegnere abilitato che faccia una perizia. E infatti la legge consente a ingegneri e geometri di difendere in cause di questo tipo. I Verdi incaricano quindi un ingegnere iscritto all’Albo, che compie un sopralluogo e valuta che in effetti l’immobile presentava molti difetti (impianti da rifare, ecc.) e il valore di mercato coerente era quello dichiarato.
Strategia: L’ingegnere, in veste di difensore tecnico, redige e presenta il ricorso. A differenza di un avvocato, si focalizza soprattutto sugli aspetti tecnico-valutativi: allega una perizia di stima dettagliata in cui motiva il valore di €100.000 (con comparabili, deprezzamenti per i lavori necessari, ecc.). Sul piano giuridico richiama la norma che consente la prova contraria sul valore venale (art. 51 DPR 131/86). Trattandosi di materia specialistica, chiede in subordine che il giudice disponga una CTU estimativa sull’immobile.
Esito possibile: La Corte Tributaria, valutati gli atti, potrebbe trovare la perizia del difensore convincente e dunque annullare l’atto ritenendo giusto il valore dichiarato dai contribuenti. In alternativa, potrebbe effettivamente nominare un CTU. Se il CTU conferma il valore di €100.000, la causa sarà vinta dai contribuenti. Se invece il CTU stima, poniamo, €130.000 come valore giusto, allora la sentenza potrebbe rideterminare l’imposta dovuta su quella base (un risultato intermedio). In tal caso, i coniugi pagheranno una parte dell’imposta inizialmente richiesta, e forse le sanzioni ridotte o eliminate per incertezza valutativa. Le spese legali probabilmente sarebbero compensate o suddivise. Questo esempio evidenzia come la scelta di un difensore tributario tecnico (ingegnere) abbia avuto senso per una causa valutativa: la sua competenza ha permesso di articolare la difesa nel merito tecnico, cosa che un avvocato avrebbe dovuto comunque fare tramite perizia di parte. La pluridisciplinarità ammessa nel processo tributario consente quindi al contribuente di farsi assistere dallo specialista più adatto al tipo di questione (in questo caso, un valutatore immobiliare).

Caso 5: Processo verbale di constatazione (PVC) e atti successividifesa nella fase pre-contenziosa e contenziosa
Scenario: La società Delta riceve un Processo Verbale di Constatazione dall’Agenzia delle Entrate a seguito di verifica fiscale. Dal PVC emergono possibili violazioni IVA per fatture ritenute inesistenti. Ancora non c’è un atto impositivo definitivo, ma Delta sa che arriverà un avviso.
Approccio difensivo: Delta si muove in anticipo incaricando un avvocato tributarista subito dopo il PVC. In questa fase “pre-contenziosa” il difensore può già operare presentando osservazioni e memorie al PVC (entro 60 giorni, come da Statuto Contribuente art.12 c.7) per cercare di convincere l’Ufficio a non emettere accertamento o a emetterlo ridotto. L’avvocato redige puntuali osservazioni confutando punto per punto le contestazioni del PVC, allegando documenti giustificativi delle operazioni ritenute inesistenti (es. DDT, corrispondenza commerciale, prove dei pagamenti).
Segue: Nonostante le osservazioni, l’Ufficio emette comunque avviso di accertamento confermando le riprese per IVA e imponendo anche sanzioni per fatture false. A questo punto il difensore avvia il contenzioso vero e proprio (ricorso in Commissione).
Strategia nel contenzioso: L’avvocato imposta una doppia linea difensiva: in primis procedurale, eccependo che l’accertamento è nullo poiché notificato prima dei 60 giorni dal PVC senza urgenza (violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale, secondo giurisprudenza comunitaria e nazionale). In effetti, se l’ufficio non ha atteso 60 giorni dopo il PVC per emettere l’atto, e non ha motivato un’urgenza, l’atto può essere annullato per vizio procedurale. In subordine, sul merito, riprende le argomentazioni e prove già presentate nelle osservazioni, sostenendo la reale esistenza delle operazioni contestate: produce contratti, testimonianze scritte degli amministratori delle società fornitrici che confermano la realità delle forniture, perizie tecniche (se rilevanti, es. su tracce informatiche). Chiede in via istruttoria di escutere i testi (ora possibile) o di disporre accessi incrociati presso i fornitori.
Esito possibile: Se il vizio procedurale dei “60 giorni” è fondato (cosa che dipende dalle date), la Corte potrebbe annullare direttamente l’accertamento per violazione del contraddittorio, senza neanche esaminare il merito – con piena vittoria per Delta, salvo che l’Agenzia poi rinnovI l’atto (ma spesso in questi casi lascia decadere). Se invece il giudice ritiene non applicabile quel vizio (magari per orientamenti diversi o perché l’urgenza era motivata), passerà al merito: qui la causa è complessa (fatture false involve prova di reati tributari). In tal caso il difensore dovrà convincere il collegio con le prove presentate. Se ci riesce, la società Delta verrà esonerata dalle accuse (vittoria totale); se non del tutto, magari otterrà almeno un ridimensionamento (ad es. solo il 30% delle fatture contestate risulta fittizio, le altre no). Comunque, grazie all’intervento tempestivo e a 360 gradi del difensore, Delta ha potuto difendersi efficacemente sia prima (nelle osservazioni al PVC, a volte l’Ufficio accoglie parzialmente, riducendo l’accertato) sia durante il processo, sfruttando tutti i mezzi di difesa, incluse novità come le testimonianze scritte e le eccezioni di nullità procedurale di derivazione UE.


Questi esempi dimostrano come il difensore tributario debba avere competenze interdisciplinari: diritto tributario sostanziale, procedura, conoscenze contabili e talvolta tecniche, capacità di trattativa e di strategia processuale. Dal punto di vista del “debitore” contribuente, affidarsi a un buon difensore tributario significa aumentare significativamente le probabilità di far valere le proprie ragioni contro il Fisco, sia ottenendo giustizia in giudizio, sia magari evitando il giudizio con soluzioni alternative.

Fonti e riferimenti normativi

  • Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 – “Disposizioni sul processo tributario” (articoli 12 e ss. in tema di assistenza tecnica, come modificati da D.Lgs. 156/2015 e D.Lgs. 220/2023).
  • D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9 – Riforma del processo tributario 2015 (ha inserito consulenti del lavoro tra i difensori, introdotto lettera h) per CAF, innalzato soglia a €3.000, ecc.).
  • Legge 31 agosto 2022, n. 130 – Riforma giustizia tributaria (giudici professionali, prova testimoniale scritta ammessa, giudice monocratico, ecc.).
  • Decreto Legislativo 30 dicembre 2023, n. 220 – Attuazione delega fiscale sul processo tributario (PEC obbligatoria, eliminazione mediazione art. 17-bis, modifica art. 16-bis depositi telematici, nuovo divieto nova in appello art. 58 comma 3, ecc.).
  • Sentenza Corte Costituzionale 27 marzo 2025, n. 36 – Illegittimità parziale art. 58 c.3 D.Lgs. 546/92 (divieto nuovi documenti in appello) nella parte su procure, deleghe e retroattività.
  • Sentenza Corte Costituzionale 12 luglio 2005, n. 274 – Sul diritto di difesa tecnica e mediazione tributaria (precedente storico su onerosità dell’obbligo di difesa, citato in ord. Corte cost. success.).
  • Ordinanza Cassazione 6 agosto 2024, n. 22163 – Necessità di istanza per pubblica udienza.
  • Sentenza Cass. 21 luglio 2022, n. 26027 (Sez. Trib.) – Difetto di assistenza tecnica oltre soglia non invalida il ricorso, giudice inviti a nomina difensore.
  • Sentenza Cass. 27/01/2023 n. 352/2/2023 CGT II grado Calabria – Conferma principio su assistenza tecnica: vizio rilevabile solo da parte interessata, incarico conferibile anche in udienza.
  • Circolare MEF 23/E/2015 – Istruzioni su elenco difensori art. 12 (requisiti: laurea, onorabilità) e transitorio.

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Conclusione

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