Hai un’azienda in crisi e ti stai chiedendo quali siano le procedure concorsuali disponibili per tentare un risanamento o gestire la chiusura nel modo meno traumatico possibile? Temevi il fallimento come unica via, ma hai scoperto che esistono soluzioni alternative per affrontare l’insolvenza in modo guidato e protetto?
Le procedure concorsuali sono strumenti giuridici che permettono a imprese in difficoltà di affrontare la crisi con regole precise, offrendo ai creditori garanzie di pagamento e all’imprenditore una via d’uscita ordinata. Ma è fondamentale scegliere quella giusta, in base alla tua situazione patrimoniale, ai debiti e alla prospettiva di continuità aziendale.
Vediamo insieme quali sono le principali procedure concorsuali per le aziende, quando conviene attivarle e cosa comportano.
Cosa sono le procedure concorsuali?
Sono percorsi giudiziari o semi-giudiziari, regolati dal Codice della Crisi d’Impresa, pensati per gestire l’insolvenza di un’impresa in modo ordinato. L’obiettivo può essere il risanamento, la liquidazione o l’esdebitazione, con la supervisione di un tribunale e di organi nominati (come il curatore o il commissario giudiziale).
Quali sono le procedure più comuni?
- Composizione negoziata della crisi, per imprese ancora in piedi ma in difficoltà, che vogliono cercare un accordo con i creditori prima che sia troppo tardi.
- Concordato preventivo, per evitare la liquidazione totale proponendo un piano di pagamento (anche parziale) ai creditori, approvato dal tribunale.
- Concordato semplificato, pensato per aziende in stato di insolvenza conclamato, ma con possibilità di una rapida definizione delle passività.
- Liquidazione giudiziale, l’ex fallimento, per chi non riesce più a far fronte ai debiti. Conduce alla chiusura dell’attività, alla vendita dei beni e all’esdebitazione finale.
- Liquidazione controllata, per le imprese minori, individuali o sotto soglia, che possono accedere a una procedura semplificata ma comunque protetta.
Come scegliere la procedura giusta?
Dipende dalla gravità della crisi, dalla presenza di debiti tributari o bancari, dal patrimonio disponibile e dalla possibilità di continuare l’attività. In molti casi, è necessaria una consulenza professionale per predisporre una diagnosi aziendale e una strategia personalizzata.
Cosa succede durante una procedura concorsuale?
L’impresa è assistita da un professionista e, a seconda del caso, viene protetta dalle azioni esecutive dei creditori (pignoramenti, sequestri, aste). I debiti vengono ristrutturati o liquidati e si può arrivare, a fine percorso, alla cancellazione dei debiti residui con l’esdebitazione.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi aziendale, diritto concorsuale e risanamento d’impresa – ti spiega quali sono le procedure concorsuali disponibili per la tua azienda, come funzionano e cosa possiamo fare per aiutarti a difendere il tuo patrimonio e ripartire.
Hai un’azienda in difficoltà e vuoi sapere qual è la procedura più adatta per evitare il fallimento o gestire la chiusura senza rischi personali?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo insieme la tua situazione, individueremo la procedura concorsuale più efficace e ti accompagneremo in ogni fase per uscire dalla crisi con una soluzione concreta e sostenibile.
Procedure concorsuali per aziende: guida aggiornata al 2025
Le procedure concorsuali sono gli strumenti giuridici attraverso i quali un’impresa in crisi può tentare il risanamento o, in caso di insolvenza irreversibile, procedere alla liquidazione ordinata dei propri beni. Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12/01/2019, n. 14 – CCII) ha profondamente riformato l’ordinamento fallimentare italiano, promuovendo il principio del favor debitoris e l’attenzione alla continuità aziendale. Il codice, entrato in vigore dal 15 luglio 2022 (con il Titolo II parte I a fine 2023), introduce nuovi meccanismi (es. composizione negoziata della crisi), aggiorna i tradizionali istituti (fallimento diventa liquidazione giudiziale) e affianca strumenti speciali (es. accordi di ristrutturazione, piani attestati). Questa guida, rivolta ad avvocati, imprenditori e privati, illustra le principali procedure concorsuali italiane dal punto di vista del debitore, con linguaggio giuridico divulgativo e un taglio operativo.
Quadro normativo e principi generali
Il CCII, attuativo della L.155/2017 e delle direttive UE 2019/1023 (Insolvency Directive), richiede che l’impresa in stato di crisi si attivi per ottenere il risanamento piuttosto che essere immediatamente destinata alla liquidazione. Non esiste più l’art.5 della legge fallimentare che imponeva il fallimento obbligatorio in caso di insolvenza: oggi anche l’impresa insolvente deve valutare prima strumenti di risanamento. Il legislatore punta sullo sviluppo di una “cultura della prevenzione e del risanamento”, in cui l’imprenditore è “il primo attore del salvataggio” della propria azienda. Per favorire questo approccio, il codice prevede:
- Definizioni e ambito: Il Codice si applica agli imprenditori commerciali (persone fisiche, società, enti collettivi, gruppi di imprese) di qualsiasi settore (commercio, industria, agricoltura, artigianato). Restano salve le leggi speciali, ad es. quelle sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi e sulla liquidazione coatta amministrativa. Il concetto di crisi (“incapacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni”) e di insolvenza (“impossibilità di soddisfare i debiti esigibili con il patrimonio disponibile”) sono definiti all’art. 2 CCII.
- Obblighi dell’imprenditore: L’imprenditore deve implementare assetti organizzativi e contabili adeguati a individuare tempestivamente i segnali di squilibrio (perdite ricorrenti, indebitamento elevato, tensione finanziaria, ritardi nei pagamenti di imposte e stipendi, ecc.). È tenuto ad avviare immediatamente una delle procedure di regolazione della crisi (es. composizione negoziata) qualora sussistano indizi gravi di crisi imminente. Nei mesi precedenti l’insolvenza, la sua condotta sarà esaminata da curatori e giudici: la mancata collaborazione e la continuazione dell’attività senza un piano ragionevole può configurare responsabilità (per esempio per aggravamento del dissesto o bancarotta). Gli organi di controllo (sindaci, revisori) hanno l’obbligo di vigilare e segnalare all’organo amministrativo eventuali anomalie patrimoniali, agendo in “favor debitoris”.
- Pubblicità e trasparenza: Il Codice richiede ampia trasparenza procedurale, con obblighi di pubblicità su una piattaforma telematica (per la composizione negoziata) e sul Registro delle Imprese. Ad es. l’istanza di misure protettive in composizione negoziata, la domanda di concordato, gli accordi di ristrutturazione approvati o omologati, il decreto di apertura di liquidazione giudiziale, la sentenza di apertura, vanno iscritti nel Registro per informare i creditori e terzi del procedimento in corso (cfr. artt. 18-19 CCII, art. 57 CCII). La pubblicità preventiva sospende gli obblighi di riduzione del capitale e altre cause di scioglimento societario.
- Principi di fondo: Il CCII è organizzato come un “sistema unitario” in cui crisi e insolvenza ricevono generalmente la stessa disciplina, salvo alcune differenze di gestione dell’impresa. Il legislatore ha dato rilievo alla buona fede del debitore e alla tutela della continuità aziendale: oggi anche in liquidazione giudiziale è possibile autorizzare, temporaneamente, la continuazione dell’esercizio (art. 54 CCII). Tuttavia, il criterio guida resta la par condicio creditorum (trattamento paritario dei creditori) e la copertura delle spese di procedura con priorità sui crediti, secondo le priorità di legge (art. 107 e ss. CCII).
Segnalazioni e composizione negoziata
Prima di ricorrere al tribunale, il CCII introduce strumenti pre-insolvenzali per anticipare l’emersione della crisi e negoziare soluzioni. Il più innovativo è la composizione negoziata della crisi d’impresa (artt. 14-30 CCII): si tratta di una procedura volontaria e stragiudiziale, rivolto a tutte le imprese in difficoltà, che affianca un esperto indipendente scelto dall’imprenditore. L’esperto assiste nelle trattative con i creditori e può mediare soluzioni (rinegoziazioni, moratorie, cessioni parziali, fusioni, ecc.) mirate al risanamento. Durante la procedura, l’imprenditore può richiedere al tribunale misure protettive di natura conservativa (es. sospensione degli atti esecutivi/ingiuntivi, blocco degli obblighi societari, divieto di atto dispositivo): questo frena il dissesto e garantisce la par condicio tra creditori.
- Requisiti: Non c’è alcun requisito soggettivo particolare: l’impresa non deve essere ancora formale insolvente, ma neanche “sane”. È sufficiente il rischio concreto di insolvenza futuro o un’imminente crisi economico-finanziaria. Può accedervi anche un gruppo di imprese (con la medesima procedura unitaria). Non sono previste soglie dimensionali; è utile una relazione sull’andamento aziendale e un piano di risanamento da presentare alla piattaforma telematica dedicata.
- Durata: Il percorso negoziato dura di norma 180 giorni, prorogabili con giustificati motivi (max altri 60 gg.). Al termine, l’esperto presenta una relazione finale: se l’accordo tra le parti viene raggiunto, si procede alla sua esecuzione (o all’omologazione in sede giudiziaria se opportuno, ad es. transazioni fiscali); se falliscono le trattative, la procedura si chiude senza danno alcuno per il debitore. La cessazione (positiva o negativa) è pubblicata nel Registro delle Imprese.
- Effetti: Già con il deposito dell’istanza di composizione negoziata e della domanda di misure protettive scatta la sospensione degli obblighi di riduzione del capitale e di scioglimento societario (art. 20 CCII). Durante la procedura l’impresa continua ad operare liberamente sotto la supervisione dell’esperto (a differenza del concordato, non interviene al momento un commissario giudiziale). Al termine, se si raggiunge un’intesa, i creditori coinvolti possono ratificare piani di ristrutturazione o moratorie. In pratica, la composizione negoziata è un primo tentativo di salvataggio extragiudiziale: se esito negativo, l’imprenditore mantiene comunque il diritto di accedere (senza preclusioni) alle procedure giudiziarie (concordato, accordi, liquidazione).
Domanda: Quali vantaggi offre la composizione negoziata rispetto al concordato?
Risposta: La composizione negoziata è più rapida e meno formalistica: la gestione rimane interamente in mano all’imprenditore (con l’ausilio dell’esperto) senza intervento immediato del giudice o di un commissario giudiziale. Consente di bloccare in anticipo pignoramenti e azioni esecutive (salvo opposizioni in udienza) grazie alle misure protettive, dando tempo per un riassetto finanziario. Inoltre è gratuita e riservata (non pubblica come il concordato). Tuttavia, ha successo solo se si trova un accordo con i creditori: in caso contrario non vengono imposti obblighi aggiuntivi, ma l’impresa può sempre passare a strumenti giudiziali.
Concordato preventivo e concordati affini
Il concordato preventivo (artt. 47-82 CCII) è la procedura giudiziale tradizionale di ristrutturazione/debito dell’impresa in crisi. L’imprenditore o i creditori stessi possono chiedere l’ammissione al concordato, proponendo un piano e un progetto di accordo con i creditori. Il piano può prevedere continuità aziendale (con mantenimento dell’attività produttiva) o liquidazione programmata del patrimonio. La proposta va accompagnata da una relazione di un professionista (attestazione) che ne verifichi veridicità e fattibilità. I creditori votano sull’accordo: in genere serve il consenso di almeno i 2/3 del passivo ammesso al voto; tuttavia, il Codice introduce il «cram-down»: il tribunale può omologare l’accordo anche contro la minoranza dissenziente, se ritenuto equo e conveniente complessivamente per i creditori. Questo permette al debitore di chiudere il piano anche senza l’unanimità dei creditori.
- Tipi di concordato: Oltre al concordato “classico”, il CCII prevede forme particolari:
- Concordato semplificato (ex artt. 25 sexies-25octies CCII): volto a liquidare il patrimonio residuo dell’impresa su base concordata, senza complicazioni procedurali e senza nuova impresa in continuità. Più rapido e meno costoso, applicabile se l’accordo prevede liquidazione totale (usato come strumento finale).
- Concordato in continuità (così definito nella prassi): quando il piano prevede il prosieguo dell’attività (con eventuale affitto o cessione dell’azienda). In tal caso il curatore (commissario) può essere autorizzato a continuare provvisoriamente l’esercizio, se l’ordinanza di apertura lo stabilisce (art. 54 CCII). Anche dopo l’avvio del concordato, l’imprenditore resta gestore sotto la vigilanza del commissario.
- Procedura: La domanda di concordato si presenta al tribunale competente (sede dell’impresa). Inizia quindi il procedimento unitario (artt. 40-53 CCII), in cui il giudice delegato fissa i termini per completare la documentazione (normalmente 30-60 giorni, prorogabili) e nomina un commissario giudiziale. Durante questa fase con riserva di deposito di documentazione (art. 44 CCII), il debitore deposita la proposta definitiva di concordato con piano e attestazione. Fino al deposito il debitore può operare liberamente, anche richiedendo una sospensione degli obblighi societari (art. 44), ma non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione. Una volta ricevuta tutta la documentazione, il tribunale fissa l’udienza di ammissione; se ammette la procedura, dall’omologazione al ricorso o dalla sentenza di apertura decorrono gli effetti pieni del concordato (blocco cautelare delle azioni esecutive individuali e del fallimento, par condicio creditorum, ecc.).
- Effetti principali: L’apertura del concordato produce vari effetti di law e di regolazione:
- Blocco delle azioni esecutive: dal giorno successivo all’udienza di ammissione, le esecuzioni individuali avviate o da avviare sono sospese fino a decisione sulla domanda di concordato (art. 48 CCII). Questo protegge il patrimonio del debitore.
- Sospensione del fallimento: viene inibito l’avvio del fallimento (liquidazione giudiziale) nell’impresa durante il concordato.
- Nomina del commissario: l’organo delegato controlla le attività del debitore, preserva il patrimonio, e cura l’esecuzione del piano in caso di approvazione.
- Par condicio creditorum: tutte le categorie di creditori partecipano al voto secondo il proprio diritto (privilegiati, chirografari, ecc.), e l’accordo omologato ha efficacia anche verso i dissenzienti (c.d. effetto erga omnes).
- Transazione fiscale e contributiva: recenti chiarimenti e norme consentono di integrare nel concordato accordi con Agenzia Entrate e INPS per la definizione agevolata del debito tributario e contributivo, estinguendolo in proporzioni stabilite. Le Sezioni Unite (Cass. SU 7337/2024) hanno affermato che il tribunale può purgare i gravami ipotecari sulle vendite concorsuali, analogamente all’art.108 l.f. (attualmente art.113 CCII).
- Esdebitazione: al termine (in caso di esito positivo) si apre la fase finale di liquidazione del passivo e, una volta eseguito il concordato, il debitore può chiedere l’esdebitazione (esclusione delle rimanenti passività non estinte) se ha rispettato correttamente il piano. La giurisprudenza recente ha ammorbidito i criteri di concessione del beneficio: non è più richiesto un soddisfacimento minimo quantitativo dei creditori residui; si valuta invece globalmente la condotta e la situazione creata, confermando che anche percentuali apparentemente basse (p.es. ~1%) di soddisfazione, non “simboliche”, possono non precludere il beneficio. Questo orientamento, coerente con il principio di fresh start europeo, accentua la tutela del debitore meritevole.
Domanda: Il debitore può modificare il piano concordatario dopo l’omologazione?
Risposta: No. Una volta che il concordato è stato approvato e omologato dal tribunale, il piano definitivo diventa vincolante. Il debitore deve dunque presentare in fase istruttoria la versione finale del piano con tutti gli allegati richiesti (perizie, attestazioni, documenti contabili). Eventuali modifiche successive sarebbero possibili soltanto entro i termini fissati per il deposito degli elaborati (art. 44 CCII) o per mero accordo con i creditori prima dell’udienza. Dopo l’omologazione, invece, il piano procede all’esecuzione da parte del commissario; l’accordo è effettivo verso tutti i creditori, e il debitore deve attenervisi nei termini stabiliti.
Accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati
Oltre al concordato, il CCII prevede altri strumenti di ristrutturazione più flessibili:
- Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII): è un accordo stragiudiziale tra debitore e creditori fondato su un piano di rientro autocertificato dall’impresa e accompagnato da un’attestazione di uno specifico professionista. Non richiede voto formale dei creditori né omologazione, ma per ottenere efficacia “protetta” (sospensione delle azioni esecutive) occorre la stipula di un contratto con ciascun creditore o l’adesione di tali creditori al piano. È essenzialmente un accordo consensuale (soprattutto per micro e piccole imprese), che acquisisce però una sorta di sicurezza procedurale. Se invece non si raggiungono tutti i creditori, il piano resta comunque valido tra le parti aderenti, ma non ha blocco automatico; il debitore può allora ricorrere al concordato o agli accordi di ristrutturazione.
- Accordi di ristrutturazione omologati (artt. 60-64 CCII): si tratta di uno strumento ispirato agli artt. 67-182-bis l.f. del passato, che consente al debitore di negoziare direttamente con i creditori privilegiati e chirografari un piano di ristrutturazione (giudiziale). L’accordo è efficace se sottoscritto da creditori rappresentanti almeno il 60% del totale (come regola generale); in alternativa, con la procedura semplificata ex L.3/2012 (ora riformata), è richiesto il consenso di almeno i 2/3 degli stessi creditori non favorevoli (art. 63 CCII). Se l’accordo soddisfa tali maggioranze, esso si trasforma in efficacia erga omnes solo tramite omologa giudiziale: il debitore deposita il testo concordato, e il tribunale lo omologa se ritiene che l’accordo sia equo e che il debitore sia affidabile (verifica formale). L’omologazione ha l’effetto di neutralizzare i creditori non aderenti e di sospendere le azioni esecutive (analogo al concordato). Questo strumento, più snello del concordato, è indicato quando la maggioranza dei creditori è già d’accordo su un piano di ristrutturazione (es. dilazione, cessione aziendale parziale, riduzione di interessi, ecc.). Le modifiche legislative più recenti (decreto correttivo 136/2024) hanno ribadito il primato delle ristrutturazioni extragiudiziali e prevedono regole rapide di composizione, specialmente per PMI (es. art. 63-bis, 64-quinquies CCII).
- Accordi agevolati per debiti tributari/contributivi (art. 61-62 CCII): sono specifiche convenzioni di moratoria con Agenzia delle Entrate o INPS che possono essere inserite nei piani di risanamento o concordato. Ad esempio, l’accordo può prevedere ristrutturazioni dilazionate dei tributi insoluti (fino a 24 rate) o riduzioni dei contributi dovuti, con criteri certificati dall’esperto o dal commissario. Questi accordi, una volta approvati nel piano o omologati, vincolano l’Amministrazione fiscale/INPS e favoriscono il riequilibrio finanziario complessivo. La prassi nota (Cass. n. 7337/2024) stabilisce che il giudice delegato può applicare alle vendite fallimentari il potere purgativo delle garanzie (art. 108 l.f., ora 113 CCII) anche per cancellare gravami in un concordato contenente tali accordi tributari.
Domanda: Quali differenze esistono tra concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e composizione negoziata?
Risposta: In sintesi, la composizione negoziata è una procedura extragiudiziale (non passa per il tribunale fino a richiesta misure), rapida e gratuita, pensata per trattative private con sospensione cautelare opzionale. Il concordato preventivo è un rimedio giudiziale formale: richiede deposito di domanda in tribunale, piano, e voto dei creditori; offre protezione forte (blocco delle esecuzioni) ed è adatto a ristrutturazioni complesse. Gli accordi di ristrutturazione omologati stanno nel mezzo: coinvolgono comunque il tribunale per l’omologazione, ma partono da un’intesa già definita tra debitore e maggioranza dei creditori. In generale, si procede dal meno invasivo (negoziato) al più strutturato (concordato), a seconda della gravità della crisi e della cooperazione dei creditori. L’imprenditore può tentare soluzioni via via più stringenti: p.es. prima negozia, poi stipula accordi stragiudiziali con fideiussioni, e solo se serve ricorre al concordato. In ogni caso, l’ordinamento mira a privilegiare il risanamento e a evitare la liquidazione come prima opzione.
Liquidazione giudiziale (ex fallimento)
Se tutti gli strumenti di risanamento falliscono o l’impresa è già insolvente, si giunge alla liquidazione giudiziale, erede del vecchio fallimento. Può essere dichiarata dal tribunale su istanza del debitore stesso (diritto) o, nei casi più gravi, su reclamo di un creditore (conflitto sull’iniziativa) o d’ufficio (se accertato dissesto conclamato).
- Procedimento unitario: Con le novità CCII il passaggio alla liquidazione è inserito nel procedimento unitario (artt. 40-53). L’imprenditore può presentare con riserva domanda anche di liquidazione simultaneamente alla domanda di concordato o accordo (c.d. opzione concorrente). Il decreto correttivo 136/2024 ha chiarito che, in caso di revoca di un accordo omologato in appello, la Corte deve esaminare l’istanza di liquidazione già depositata in primo grado (comma 5 art.53 CCII). Altrimenti, dall’avvio del concordato con riserva di deposito dell’accordo, se il debitore ad esempio ritiene di non poter più raggiungere un accordo, può chiedere la conversione in liquidazione giudiziale; in questa fase il tribunale autorizza il curatore a non compiere atti di straordinaria amministrazione non conformi al piano residuo.
- Nomina e ruolo del curatore: All’apertura della liquidazione (decreto di apertura con omologa da parte del giudice delegato) il tribunale nomina un curatore fallimentare e, se non superano i 50 milioni di fatturato, una commissione di tre esperti (solo curatore per imprese più piccole). Il curatore ha l’obbligo di liquidare i beni aziendali (salvo autorizzazione del tribunale per la conservazione o avvio di attività redditizie limitate), di raccogliere gli attivi (in ventimila presenti nel Registro delle imprese, art. 107 CCII) e di far sedere i creditori in assemblea per la formazione dello stato passivo.
- Effetti della sentenza di apertura: Dalla sentenza di apertura decorrono:
- Cessazione dell’attività: l’impresa cessa ogni rapporto commerciale (salvo casi eccezionali autorizzati) e se ne avvia la liquidazione. Se il titolare è imprenditore individuale, ciò determina anche la cessazione dell’impresa a fini previdenziali.
- Sospensione dei pignoramenti: come nel concordato, all’apertura è ordinata la sospensione di tutte le azioni esecutive promosse contro il patrimonio del fallito (art. 107 CCII).
- Scritture contabili e informazione: il curatore richiede l’invio del bilancio, dei libri sociali e documenti; comunica l’andamento della procedura in apposite riunioni con i creditori.
- Copertura dei costi: le spese di procedura (onorari curatore, custodi, esperti, cancellieri) hanno prelazione assoluta sui crediti (art. 107 CCII); i crediti di lavoro e previdenza seguono (art. 108 CCII).
- Chiusura e esdebitazione: Si chiude la liquidazione quando il curatore rende conto al tribunale e alla commissione (art. 124 CCII) della completa soddisfazione possibile dei creditori (o, se questo non è avvenuto, perché l’attivo è esaurito). Il tribunale esamina il rendiconto in udienza e, se lo approva, emette la sentenza di chiusura. Contro tale decreto è possibile reclamo entro 30 giorni. Terminata la liquidazione, il debitore può ottenere l’esdebitazione delle passività residue, qualora abbia cooperato e non abbia compiuto atti fraudolenti. Come visto, oggi l’esdebitazione è subordinata solo alla “meritevolezza” del debitore; il requisito del soddisfacimento minimo dei creditori è superato.
Domanda: Quali sono le differenze tra fallimento (liquidazione giudiziale) e concordato preventivo?
Risposta: Il fallimento (liquidazione giudiziale) è una procedura liquidatoria forzata: l’impresa cessa l’attività e il patrimonio viene venduto per pagare i creditori. È dichiarato quando l’insolvenza è conclamata e gli altri rimedi si sono esauriti. Il concordato invece è una procedura preventiva di riorganizzazione: si cerca di ristrutturare i debiti per evitare la liquidazione. In concordato l’imprenditore propone un piano e può continuare a gestire in via provvisoria la sua azienda sotto controllo giudiziario; in fallimento l’imprenditore perde ogni potere di gestione. Nel concordato tutti i creditori possono partecipare al piano (anche se dissenzienti), mentre nel fallimento vengono invece soddisfatti in ordine di priorità legale. Entrambe le procedure bloccano il fallimento concorrente e impediscono esecuzioni individuali, ma il fallimento è l’extrema ratio.
Altri strumenti straordinari
Oltre alle procedure ordinarie, il diritto italiano prevede strumenti speciali per particolari situazioni:
- Amministrazione straordinaria delle grandi imprese: Disciplina dal D.Lgs. 270/1999 (Prodi-bis) e successive modifiche. È riservata a società di grandi dimensioni (es. con almeno 2000 dipendenti o 300 dipendenti con fatturato alto) insolventi. A differenza delle procedure ordinarie, l’avvio avviene per decreto ministeriale sentito il tribunale e il Ministero dello Sviluppo Economico; vengono nominati commissari straordinari con poteri gestori particolari. L’ente riesce a proseguire parzialmente l’attività in settori vitali, mentre si elabora un piano (anche con misure di sanatoria o affitto d’azienda). L’obiettivo è «conservazione del complesso aziendale e salvaguardia dell’occupazione», nonché soddisfazione dei creditori pubblici (fisco, sicurezza sociale). L’imprenditore originario viene retrocesso: nella fase istruttoria iniziale invia una relazione sul risanamento, ma poi cede ogni gestione ai commissari. L’amministrazione straordinaria opera in deroga al CCII; le procedure ordinarie possono comunque coesistere (ad es. un concordato può essere chiesto anche se in amministrazione straordinaria, ai sensi art. 1 CCII).
- Liquidazione coatta amministrativa (LCA): È l’analogo del fallimento per imprese soggette a vigilanza pubblica (banche, assicurazioni, cooperative di credito, ecc.). La disciplina variaz a seconda dei settori (cfr. art. 293-295 CCII e leggi speciali). In genere, la procedura può essere aperta per decreto ministeriale su istanza dell’Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia, IVASS, Consob, ecc.). Si nominano commissari liquidatori che curano la liquidazione controllata degli attivi e la ripartizione tra gli aventi diritto, secondo le tabelle di prelazione dedicate a prestatori di lavoro, risparmiatori, ecc. Anche se il CCII stabilisce un rinvio generale alle norme speciali, è utile ricordare che nella LCA sono spesso previste tutele specifiche (p.es. partecipazione del MEF come supervisore, modalità di rimborso dei depositanti). Per il debitore-impresa, la LCA ha effetti simili al fallimento: espulsione dalla gestione (salvo parziale presidenza del consiglio di amministrazione per alcune banche), liquidazione del patrimonio, cancellazione dal registro delle imprese.
- Procedure di sovraindebitamento (artt. 65-73 CCII): Sebbene prevalentemente destinate a consumatori e piccoli imprenditori non fallibili (ex Legge 3/2012), il codice mantiene una sezione specifica sui piani di concordato minore e ristrutturazione del debitore non- fallibile. Si applicano a imprenditori individuali con debiti limitati (sotto determinate soglie), prevedendo semplificazioni procedurali (piani più brevi, tassi di soddisfazione facilitati, mediatore per aziende familiari, ecc.). Di interesse limitato per le aziende di dimensioni medio-grandi, questi istituti comunque enfatizzano il favor debitoris, consentendo al piccolo imprenditore insolvente la continuazione dell’attività fino al termine del piano e una percentuale di soddisfacimento dei creditori (anche molto bassa) che non preclude l’esdebitazione.
Domande frequenti (Q&A)
- D: Che differenza c’è tra “crisi” e “insolvenza” nel Codice della Crisi?
R: Nel CCII crisi è definita come una situazione di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza futura; insolvenza è invece la condizione di totale incapacità di pagare regolarmente i debiti esigibili. La differenza è spesso sottile: un’azienda può essere già insolvente (paga con ritardi gravi o per nulla) oppure in crisi ma non ancora insolvente (perdite gravose, indebitamento elevato). Molte procedure del codice richiedono semplicemente la “crisi” (es. composizione negoziata), mentre altre (accordi omologati, concordato, liquidazione) presuppongono o accolgono l’insolvenza conclamata (art. 216 CCII). In pratica, occorre emersione tempestiva della crisi, prima che insorga l’insolvenza irreversibile. - D: Cosa rischia l’imprenditore se nasconde la crisi e non si fa avanti con le procedure?
R: Il debitore ha l’obbligo giuridico (e deontologico) di attivarsi in caso di crisi; la legge punisce la condotta colposa o fraudolenta. Se l’imprenditore prosegue l’attività senza prospettive concrete di risanamento, può incorrere in responsabilità per aggravamento del dissesto (art. 592 c.p.) o bancarotta fraudolenta (art. 216 l.f.). In ambito civile, creditori o curatori possono agire contro l’imprenditore per il comportamento negligente nell’amministrazione del patrimonio, chiedendo danni. Inoltre, la legge fallimentare prevedeva (e in parte il CCII conferma) la responsabilità patrimoniale dei soci o amministratori che abbiano continuato a gestire in stato d’insolvenza, facendo aumentare le perdite. Per questo il legislatore insiste su contabilità trasparente e segnalazione tempestiva: organi di controllo interni (sindaci, revisori) o esterni (banche, fornitori) hanno il dovere di segnalare all’imprenditore o al tribunale situazioni anomale. - D: Cosa succede ai contratti (es. affitti, forniture, prestiti) pendenti durante concordato o fallimento?
R: La costituzione di una procedura concorsuale comporta effetti speciali sui contratti in essere. In generale, nel fallimento il curatore può scegliere di esercitare o meno i contratti in corso alla data della dichiarazione di insolvenza. Se decide di non proseguire un contratto (o viene meno il requisito della continuità, p.es. nel concordato liquidatorio), può risolverlo il giorno stesso della pubblicazione della sentenza di apertura, con obbligo di restituzioni o risarcimenti a seconda dei casi. Alcuni contratti, come i contratti di durata (affitto, locazione, servizi continuativi), il curatore può chiederne la risoluzione per gravi irregolarità. In sede di concordato, il debitore spesso inserisce clausole di adempimento o risoluzione dei contratti (p.es. turnaround con cessione di azienda). È comunque fondamentale segnalare tempestivamente le controversie contrattuali nel piano o nello stato passivo. - D: In caso di concordato o accordo, si può inserire nel piano la transazione del debito fiscale?
R: Sì, il CCII consente di inserire trattative con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS all’interno del piano concordatario o degli accordi di ristrutturazione. In pratica, il debitore può proporre una definizione agevolata dei tributi dovuti (art. 61 CCII) o una dilazione contributiva. Tali intese devono essere approvate o omologate, come parte del concordato, con obbligo di trasparenza totale. Le Sezioni Unite della Cassazione n. 7337/2024 hanno confermato che, se la vendita di un bene nell’ambito concordatario realizza l’accordo con il Fisco, il giudice delegato può cancellare i gravami iscritti (ex art. 108 l. fall.), rendendo effettiva la purgazione fiscale. In sintesi, il debitore può chiedere al tribunale di omologare un piano anche se contiene misure di transazione fiscale non sostenute da tutti i creditori erariali, purché soddisfi le maggioranze di legge. - D: Che cos’è l’esdebitazione e chi può ottenerla?
R: L’esdebitazione è il beneficio che esclude dalla responsabilità patrimoniale del debitore le passività residue non soddisfatte alla fine della procedura liquidatoria. È disciplinata dall’art. 280 CCII (per procedure dopo il 15/07/2022) e dall’art. 142 l.f. (per procedure pendenti alla data). In passato era richiesto che i creditori fossero soddisfatti “in parte” (anche minimamente), ma il CCII ha eliminato questo requisito oggettivo, allineandosi alla direttiva UE. Ora il giudice valuta la meritevolezza del debitore: se non sono stati commessi reati, il debitore ha collaborato e il piano è stato eseguito in buona fede, il beneficio viene concesso anche in presenza di una frazione esigua di soddisfazione dei creditori, purché non zero assoluto. L’orientamento attuale è favorevole al debitore “meritevole”: percentuali di recupero basse (es. intorno all’1%) non pregiudicano automaticamente l’esdebitazione. Inoltre, non vengono considerati elementi negativi atti simbolici di soddisfazione (ad es. qualche piccola donazione), e conta soprattutto la condotta complessiva e il contesto economico.
Tabelle riepilogative
Tabella comparativa delle principali procedure concorsuali:
Procedura | Obiettivo | Accesso | Organi principali | Effetti principali (esempi) |
---|---|---|---|---|
Composizione negoziata | Risanamento stragiudiziale con tutela patrimoniale | Istanza volontaria del debitore (con esperto), misure protettive richieste al tribunale (art.18-19 CCII) | Esperto indipendente (nominato su richiesta), tribunale (per misure cautelari) | Sospensione azioni esecutive (art.20 CCII), continuazione libera dell’attività, riservatezza. |
Concordato preventivo | Ristrutturazione dei debiti (continuazione o liquidazione programmata) | Domanda giudiziale al tribunale; deposito di piano + documenti + attestazione (art. 40-45 CCII) | Tribunale, Commissario giudiziale, Assemblea creditori | Blocca pignoramenti e fallimento (da sentenza di apertura), cram-down (approvazione forzata del piano), mantenimento app. creditori. |
Accordi di ristrutturazione | Rinegoziazione degli accordi con creditori singoli | Piano sottoscritto dai creditori rappresentanti ≥60% (o ≥2/3 se ex L.3/2012) del passivo, poi omologazione in tribunale (art. 60-64 CCII) | Tribunale omologa il piano (anche su ricorso del debitore) | Efficacia erga omnes (blocco creditori non aderenti), sospensione delle esecuzioni (art. 168 CCII). |
Liquidazione giudiziale (fallimento) | Liquidazione coatta dei beni per soddisfare i creditori | Domanda di apertura (o opposizione a reclamo) nel procedimento unitario (art. 40-53 CCII) | Tribunale, Curatore fallimentare, eventuale commissione (per grandi imprese) | Cessazione attività, vendita beni, formazione stato passivo. I crediti si soddisfano per graduazione legale (art. 107-108 CCII). Caso extremo favor debitoris (esdebitazione). |
Amministrazione straordinaria | Salvataggio grandi imprese insolventi (continuità o dismissione controllata) | Decreto del Ministero (Sviluppo Economico) con sentenza del tribunale (procedura ministeriale) | Commissari straordinari (nomina ministero), Magistrato delegato per la sorveglianza | Continuità limitata di parti produttive, stazioni appaltanti dedicate, piani di risanamento/cessione. L’imprenditore originario perde poteri (solo carica nell’organo parlamentare). |
Liquidazione coatta amministrativa | Liquidazione di enti vigilati (banche, assicurazioni, ecc.) | Decreto ministeriale o a richiesta vigilanza (nelle procedure speciali) | Commissari liquidatori (designati dall’autorità di vigilanza), tribunale speciale | Liquidazione degli attivi secondo leggi speciali, tutela privilegiata di crediti statali e risparmiatori, aiuti pubblici in sospeso convertiti. |
(Fonte: elaborazione propria su base Codice della Crisi d’Impresa 14/2019, studi specialistici e giurisprudenza.)
Simulazioni pratiche
- Caso “ImpreseMesta s.r.l.” (PMI in crisi di liquidità): La ditta, artigiana di 15 dipendenti, ha registrato perdite rilevanti e rischia di non pagare fornitori e dipendenti. L’amministratore decide di attivarsi: prima incarica un consulente per una composizione negoziata della crisi. Deposita l’istanza in camera di commercio e chiede misure protettive. Per 180 giorni l’esperto analizza i flussi di cassa, negozia con i creditori e ottiene una moratoria sui debiti fiscali e prevede la vendita di un ramo d’azienda non strategico. Alla scadenza l’esperto conferma un accordo: tutti i fornitori acconsentono a rateizzare i crediti residui (accettando anche uno sconto), l’INPS accorda dilazioni straordinarie e le banche concedono una nuova linea di credito garantita. Grazie a questo, nel frattempo l’azienda riprende marginalmente a vendere, evitando la liquidazione. In alternativa, se la negoziazione fosse fallita, l’imprenditore avrebbe potuto passare (ad es. entro la fase con riserva) al concordato preventivo, presentando subito un piano più solido al tribunale.
- Caso “GrandiTech S.p.A.” (grande industria insolvente): La società ha fatturato €50 milioni ma ha accumulato debiti bancari e tributari per €60 milioni. L’insolvenza ormai si manifesta con pagamenti in ritardo. Gli amministratori, su consiglio dei consulenti, chiedono l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale. Presentano un piano che prevede: (a) rifinanziamento di parte del debito bancario a medio termine con garanzie reali; (b) cessione di asset non strategici per aumentare liquidità; (c) partecipazione temporanea di un investitore di turnaround; (d) accordi di moratoria con l’Erario e l’INPS (già negoziati). Il piano è accompagnato da un’attestazione di un esperto. In udienza, la maggioranza qualificata dei creditori approva il piano. Il tribunale omologa il concordato. I dipendenti restano in forza (grazie a garanzie sul pagamento degli stipendi), e la produzione continua senza interruzioni, seppure sotto controllo del commissario. Dopo due anni, il piano è eseguito con soddisfazione del 30% dei creditori chirografari e integrale dei crediti privilegiati: il curatore conclude la procedura e l’amministratore ottiene l’esdebitazione del residuo debito.
- Caso “Banca Popolare Locale” (ente creditizio in LCA): L’istituto di credito, nonostante un salvataggio governativo, fallisce a causa di perdite estreme. L’Autorità di Vigilanza indice la liquidazione coatta. Viene nominato un commissario liquidatore. Le attività bancarie regolari cessano, i conti correnti fino a 100.000€ sono coperte dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Le operazioni sospese vengono valutate e liquidate; i finanziamenti residui sono incamerati e gradualmente pagati con gli attivi. I creditori (in primis lo Stato e i depositanti) ricevono diversi ratei in base alla graduatoria. Alla fine del processo, l’istituto viene radiato dal registro delle imprese. Questo esempio mostra un caso estremo in cui la continuità non è contemplata: l’intervento è di puro smantellamento, secondo regole speciali di settore.
Fonti e normativa di riferimento
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), come modificato e integrato dai successivi decreti (in particolare D.Lgs. 83/2022, n. 136/2024).
- Cassazione – Sezioni Unite, n. 7337/2024, relativi alla transazione fiscale e potere purgativo del curatore (commento in Diritto della Crisi).
- Cass. Civ. Sez. I, 8 maggio 2024, n. 12523, su reclamo e reclamabilità in procedura unitario.
- Cass. Civ. Sez. I, 24 ottobre 2024, n. 27562, su esdebitazione e soddisfazione creditori.
La tua azienda è in difficoltà? Fatti aiutare da Studio Monardo
Quando un’impresa non riesce più a far fronte ai propri debiti, può accedere a procedure concorsuali pensate per gestire la crisi e tutelare i creditori. A seconda della situazione, è possibile ricorrere a strumenti di ristrutturazione, liquidazione o protezione patrimoniale.
Fatti aiutare da Studio Monardo per scegliere la procedura più adatta alla tua azienda e tutelarti da responsabilità.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la situazione economica e patrimoniale dell’azienda per valutare le opzioni disponibili
📑 Ti guida nella scelta tra concordato preventivo, liquidazione giudiziale, concordato semplificato o composizione negoziata
⚖️ Presenta l’istanza al Tribunale e ti assiste in ogni fase della procedura
✍️ Ti difende in caso di contestazioni da parte dei creditori o responsabilità personali dell’amministratore
🔁 Ti supporta anche nel percorso di risanamento e nella salvaguardia della continuità aziendale
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa e procedure concorsuali
✔️ Consulente per amministratori, soci e creditori coinvolti in procedimenti concorsuali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Le procedure concorsuali sono strumenti legali per affrontare la crisi e trovare soluzioni sostenibili per l’azienda e i suoi creditori.
Con il supporto dell’Avvocato Giuseppe Monardo puoi agire in tempo, proteggere il tuo ruolo e dare un nuovo corso alla tua impresa.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: