Concordato Minore Liquidatorio: Come Funziona

Hai un’impresa non fallibile o una ditta individuale in crisi profonda e ti stai chiedendo come chiudere i debiti in modo ordinato e protetto? Non hai più margini per il rilancio, ma vuoi evitare pignoramenti, azioni esecutive e soprattutto ottenere l’esdebitazione finale?

Il concordato minore liquidatorio è lo strumento pensato proprio per queste situazioni: quando la continuità aziendale non è più possibile e l’obiettivo diventa liquidare tutto ciò che è disponibile, ma in modo guidato e con un vero effetto liberatorio per il debitore.

Vediamo come funziona il concordato minore in forma liquidatoria, quando si applica e cosa puoi aspettarti.

Cos’è il concordato minore liquidatorio?
È una procedura che consente a soggetti non fallibili (come imprenditori individuali, start-up sotto soglia, piccoli professionisti o agricoltori) di proporre ai creditori un piano di pagamento parziale, attraverso la vendita del proprio patrimonio, con l’obiettivo di chiudere definitivamente la posizione debitoria.

Quando si usa questa forma “liquidatoria”?
Quando non ci sono più le condizioni per proseguire l’attività, ma esiste ancora un minimo di patrimonio da offrire ai creditori: immobili, strumenti, veicoli, crediti. È la strada più adatta per chiudere senza continuare, evitando il caos delle azioni singole e mirando all’esdebitazione finale.

Chi può accedere al concordato minore liquidatorio?
Chi è in stato di crisi o di sovraindebitamento, non ha i requisiti per la liquidazione giudiziale (ex fallimento), e vuole evitare la procedura di liquidazione controllata più rigida. Serve però collaborazione piena con il gestore della crisi e la presentazione di un piano credibile.

Cosa prevede il piano da presentare?
Il debitore, assistito da un avvocato e dal gestore della crisi nominato dall’OCC, propone:

  • la descrizione dei beni da liquidare;
  • le modalità di vendita e i tempi;
  • la percentuale prevista per ciascun creditore;
  • la richiesta di esdebitazione al termine della procedura.

Il piano deve essere approvato dai creditori e omologato dal giudice.

Cosa succede dopo l’approvazione del piano?
Il patrimonio viene liquidato secondo le modalità previste (ad esempio tramite aste, cessione volontaria, compensazioni). I creditori ricevono quanto pattuito e al termine, se tutto è stato eseguito regolarmente, il debitore viene liberato dai debiti residui.

Quali sono i vantaggi di questa procedura?

  • Blocca subito le azioni esecutive;
  • Permette una gestione ordinata dei beni;
  • Protegge il debitore da responsabilità personali;
  • Conduce all’esdebitazione (la liberazione da tutti i debiti non pagati).

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in concordato minore, liquidazione e crisi da sovraindebitamento – ti spiega come funziona il concordato minore in forma liquidatoria, quando conviene usarlo e cosa possiamo fare per aiutarti a chiudere i debiti in modo sicuro.

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Concordato Minore Liquidatorio: come funziona

Il concordato minore è la procedura concorsuale semplificata introdotta dal Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) per consentire ai cosiddetti debitori civili (piccole imprese, professionisti, agricoltori, start-up innovative, enti non profit indebitati, ecc. – in genere soggetti esclusi dal fallimento) di risolvere situazioni di sovraindebitamento. In particolare, il concordato minore può essere proposto in due versioni: in continuità aziendale (se il debitore continua l’attività) o in liquidazione (se il debitore cessa l’attività e punta a liquidare i beni). In questo testo ci concentriamo sul concordato minore liquidatorio, ossia sul piano concordatario finalizzato alla liquidazione controllata del patrimonio del debitore, da un lato per pagare i creditori, dall’altro per ottenere l’esdebitazione (la cancellazione dei debiti residui) a termine di legge. Il concordato minore liquidatorio è disciplinato dall’art. 74 e seguenti del Codice della Crisi e si applica solo in Italia; è riservato a debitori non consumatori, il cui debito è stato contratto nell’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale, in condizioni di seria difficoltà (sovraindebitamento).

Normativa di riferimento

Il concordato minore liquidatorio trova disciplina nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n.14/2019), in particolare negli artt. 74‑83. In base all’art. 74 CCII, il debitore “di cui all’art. 2, c.1, lett. c), in stato di sovraindebitamento” può proporre o un concordato in continuità, o – come qui interessa – un concordato liquidatorio. In sostanza la legge prevede che, se il debitore non è in grado di proseguire l’attività, possa porsi come obiettivo la liquidazione dei beni, a condizione però di dotare il piano di risorse aggiuntive tali da migliorare sensibilmente il soddisfacimento dei creditori rispetto alla mera liquidazione volontaria (cfr. art. 74, 2° co.). In pratica il legislatore richiede un apporto esterno di capitali in misura apprezzabile (senza percentuale minima fissata) che renda più conveniente per i creditori accettare il piano concordatario anziché far nominare un liquidatore giudiziale (art. 268 e ss. CCII).

Requisiti soggettivi

Possono accedere al concordato minore (sia in continuità sia liquidatorio) solo i soggetti indicati dall’art. 2, comma 1, lett. c) CCII, vale a dire “debitori civili non soggetti alle procedure maggiori”. In concreto ciò significa:

  • Piccole imprese sotto soglia: imprese commerciali che non superano i limiti dimensionali di cui all’art. 2, c.1, lett. d) CCII (attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000, debiti totali ≤ €500.000).
  • Imprenditori agricoli: espressamente esclusi dal fallimento e quindi ammessi alle procedure di sovraindebitamento.
  • Professionisti e autonomi (avvocati, medici, etc.) e altri debitori civili (ad esempio chi ha debiti da garanzie a fideiussione, non imputabili a consumo).
  • Startup innovative iscritte nella sezione speciale del Registro imprese (pur avendo ricavi elevati, sono esonerate dal fallimento per un periodo iniziale).
  • Enti non profit (es. associazioni sportive) con attività economica non commerciale, che sono soggetti a composizione della crisi anziché a fallimento.

Rimangono invece esclusi i consumatori, che hanno procedure dedicate (piani di ristrutturazione familiare, ecc.). Va anche ricordato che l’art. 33, comma 4, CCII pone un divieto generale: non possono accedere i debitori cancellati dal Registro Imprese. Tale divieto, ereditato dalla L. 3/2012 (c.d. accordo di composizione), è stato interpretato con rigore dalla giurisprudenza di legittimità: la Cassazione ha chiarito che questo divieto si applica alle società estinte (art. 2495 c.c.) impedendo l’accesso a concordati (anche minori) a imprese ormai sciolte. Tuttavia, alcuni Tribunali (vicende oggetto di recenti ordinanze) hanno ritenuto di limitare il divieto ai soli imprenditori collettivi, consentendo all’imprenditore individuale cancellato di proporre il concordato minore liquidatorio, soprattutto se coadiuvato da apporto finanziario esterno. In ogni caso tale questione è ancora dibattuta, ma occorre segnalare che secondo la S.C. (Cass. 22699/2023) l’imprenditore cancellato rimane escluso, come già chiarito da Cass. 4329/2020.

Requisiti oggettivi – stato di sovraindebitamento

Oltre ai requisiti soggettivi, il debitore deve trovarsi in stato di sovraindebitamento. Con la nuova legge il sovraindebitamento è definito (art. 2, c.1, lett. c CCII) come lo “stato di crisi o di insolvenza” di chi non è soggetto a fallimento, ossia uno squilibrio persistente tra debiti assunti e patrimonio liquidabile tale da rendere insostenibile il rimborso regolare delle obbligazioni. In parole semplici, il debitore non riesce più a pagare tutti i suoi creditori con le risorse disponibili. Non è richiesto lo stato di insolvenza giuridica (debitore “tecnicamente fallito”): basta una situazione di perdurante difficoltà economica. Il debitore deve dimostrare, anche tramite una relazione dell’esperto (OCC), l’effettivo squilibrio patrimoniale e l’impossibilità concreta di continuare i pagamenti normalmente. Non sono invece previsti requisiti di buona fede o di diligenza specifica per accedere (a differenza di altre procedure come il piano del consumatore); ma se emergeranno falsità o frodi la procedura potrà essere revocata o dichiarata nulla.

Tipologie di concordato minore: continuità vs liquidatorio

L’art. 74 CCII distingue due tipologie di concordato minore:

  • Concordato minore in continuità: previsto dal primo comma dell’art. 74, quando il debitore propone di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale anche dopo l’omologa, utilizzando i flussi di cassa futuri per pagare i creditori. In questo caso il piano può prevedere pagamenti dilazionati basati sui ricavi futuri. Pur non essendo esplicitamente richiesto (continuità diretta o indiretta), lo scopo è la prosecuzione dell’attività. Il soddisfacimento dei creditori avviene comunque in forma pecuniaria. Questo tipo di piano privilegia il risanamento dell’impresa, fermo restando che ai creditori deve comunque essere garantito un risultato equivalente o migliore rispetto alla liquidazione del patrimonio attuale.
  • Concordato minore liquidatorio: disciplinato dal secondo comma dell’art. 74, è proposto quando il debitore intende cessare l’attività e liquidare i beni per soddisfare i creditori. A differenza del concordato preventivo liquidatorio “ordinario” (art. 84 CCII) che richiede un’offerta minima del 10% dell’attivo, il concordato minore liquidatorio non fissa una percentuale, ma richiede un apporto esterno di capitali in misura apprezzabile. In pratica, il piano deve prevedere finanziamenti aggiuntivi (da parte di soci, familiari, investitori, ecc.) tali da “aumentare in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori, rispetto all’alternativa liquidazione”. Ciò significa che i creditori devono ottenere un risultato significativamente migliore di quanto avrebbero ottenuto tramite una liquidazione pura (art. 268 CCII). Se, per esempio, il patrimonio attuale del debitore permetterebbe di pagare solo il 10% dei creditori, con un apporto esterno si potrebbe arrivare al 30%: questo salto “apprezzabile” è ciò che la legge richiede. La giurisprudenza ha confermato che tale apporto esterno può essere condizionato anche al soddisfacimento parziale di determinati creditori e non necessariamente distribuito pro‐rata all’intero passivo, purché non si violino le regole delle cause di prelazione.

In sintesi, il concordato minore liquidatorio è la strada privilegiata quando non c’è possibilità di rilancio dell’impresa: ad esempio nel caso di un’azienda cessata o di un professionista che chiude l’attività. Lo strumento serve allora a gestire la liquidazione (che in ogni caso si avrebbe) in un contesto concordatario, mettendo a disposizione finanza aggiuntiva per massimizzare il soddisfacimento dei creditori e possibilmente ottenere comunque l’esdebitazione finale. Il legislatore delinea espressamente che lo scopo non può essere il mero “liberarsi dei debiti” senza alcun piano concreto, ma se non ci sono prospettive di continuità è ammesso proporre un concordato liquidatorio anche per “evitare procedure peggiori” (cfr. Tabella 1, riepilogo differenze).

AspettiConcordato minore in continuitàConcordato minore liquidatorio
ScopoRisanare continuando l’attività e pagando coi flussi futuriLiquidare beni esistenti (attività sospesa) con apporto esterno
Continuità aziendaleSì (il debitore prosegue l’attività, può essere anche indiretta)No (attività soppressa, si liquidano i beni)
Apporto esternoFacoltativo, serve solo per sostenere il piano se necessarioObbligatorio “in misura apprezzabile” per essere ammesso
Trattamento creditoriSi paga coi flussi futuri e risorse esistenti, piano vincolante se approvatoSi liquidano i beni e i creditori ricevono quanto dalla vendita più apporto
Classi di creditoriPossibile creare classi omogenee (non obbligatorio)Idem (ma di solito pochi creditori, il meccanismo rimane lo stesso)
Voto per approvazioneMaggioranza qualificata dei creditori ammessi (art.77 CCII)Stesse regole di quorum e maggioranze del concordato minore (c.d. cram-down applicabile)
Effetti sui coobbligatiSe previsto, il piano può liberare fideiussori, altrimenti restano soggetti residuiSimilmente, i coobbligati (fideiussori, soci illimitati) restano obbligati a meno di rinuncia specifica del creditore
Riferimento normativoArt. 74, 75, 76, 77 CCII e ss.Art. 74, 75, 76, 77 CCII e ss.
EsdebitazioneSì, al completamento del piano (il debitore ottiene l’annullamento dei debiti residui)Sì, al completamento del piano concordatario (cfr. art. 282 CCII)
Alternativa principaleConcordato preventivo “ordinario” o accordi di ristrutturazioneLiquidazione controllata (art. 268 CCII) – ma qui sostituita dal concordato in presenza di apporto

Procedura: step by step

Dal punto di vista pratico, la procedura del concordato minore liquidatorio segue uno schema concorsuale semplificato. Di seguito i passaggi principali (in genere assistiti da un Organismo di Composizione della Crisi – OCC – similmente al Commissario giudiziale nel concordato preventivo):

  • Predisposizione del piano e della documentazione (art. 75 CCII): il debitore si rivolge a un OCC (o un professionista esperto) per predisporre ricorso per concordato minore ai sensi dell’art. 76 CCII. Il ricorso deve contenere l’istanza di ammissione, l’elenco completo dei creditori con le somme dovute, l’indicazione della sede di notifica e della classe giuridica, oltre a una relazione descrittiva (piano) in cui si dettagliano le cause della crisi, lo stato patrimoniale, le modalità di soddisfacimento proposte, e deve allegare i documenti contabili e fiscali prescritti dalla legge (bilanci, dichiarazioni, estratti conto, ecc.). L’OCC, se nominato preventivamente, redige una relazione che attesta la fattibilità del piano concordatario (in particolare la convenienza rispetto alla liquidazione ordinaria). La legge (art. 75 comma 1 CCII) richiede numerosi documenti, simili a quelli del concordato preventivo, ma con semplificazioni (l’OCC può assumere in pratica gran parte dei compiti di attestazione). Il contenuto della proposta è libero, ma deve indicare specificamente tempi, modalità e risorse per superare la crisi. Il piano può prevedere la soddisfazione anche parziale dei creditori, ma non è ammesso escludere arbitrariamente qualcuno dalla distribuzione senza giustificato motivo.
  • Deposito del ricorso e apertura della procedura: una volta pronto, il debitore deposita il ricorso in Tribunale (ufficio procedure concorsuali) territorialmente competente. Il Giudice delegato valuta preliminarmente l’ammissibilità formale: verifica il rispetto dei requisiti soggettivi (soglie dimensionali, stato di sovraindebitamento) e la presenza di tutta la documentazione obbligatoria. Se manca qualcosa di essenziale (es. mancano relazioni o bilanci), il ricorso può essere rigettato d’ufficio (decreto di inammissibilità, cfr. art. 77 CCII). In caso contrario il Tribunale emette un decreto di apertura (art. 78 CCII) che autorizza la procedura, nomina l’OCC (se non già designato dal debitore) e fissa i termini di svolgimento (data fine raccolta voti, durata della procedura, ecc.). Contestualmente il giudice può ordinare misure protettive a garanzia dei creditori (ad esempio il blocco dei pignoramenti su beni del debitore, analogamente a quanto previsto per la composizione negoziale), impedendo la spoliazione del patrimonio.
  • Comunicazione ai creditori e votazione: entro pochi giorni dall’apertura, l’OCC comunica ufficialmente a tutti i creditori ammessi (via PEC o altro) la proposta di concordato e raccoglie le loro manifestazioni di voto. I creditori possono esprimersi favorevolmente o negativamente sul piano, secondo le modalità fissate dal Tribunale (ad es. tramite moduli cartacei o PEC). L’OCC raccoglie i voti e redige il verbale finale (art. 79 CCII). Ai sensi dell’art. 77 CCII, la proposta si considera approvata se ottiene la maggioranza deI crediti ammessi al voto e la maggioranza dei creditori (o comunque le maggioranze di legge stabilite, compresa la possibilità di cram‑down sulle classi dissenzienti, con le regole dell’art.112 CCII compatibili). Se sono state istituite delle classi di creditori omogenee (non obbligatorie nel concordato minore, data la minore numerosità di creditori), occorre che la maggioranza sia raggiunta in ciascuna classe e nell’insieme. L’OCC attesta in conclusione dell’assemblea che il piano è stato approvato (o respinto) e ne invia copia al Tribunale.
  • Udienza di omologazione: se il piano ottiene il numero di voti necessario, il Tribunale convoca un’udienza pubblica di omologazione. In udienza il Giudice controlla la legalità della procedura (rispetto forme e quorum), la veridicità dei dati e la concretezza del piano, e verifica che i creditori non escano peggiorati rispetto all’alternativa liquidatoria. Se tutto è regolare, il Tribunale omologa il concordato minore (art. 80 CCII), rendendolo esecutivo e vincolante anche per i creditori dissenzienti (fermo restando il rispetto delle prelazioni). Se invece si riscontrano irregolarità gravi (piano palesemente inattuabile o fraudolento), l’omologa può essere negata e si apre la liquidazione giudiziale ordinaria. In caso di omologa, il piano entra in vigore e il debitore inizia a eseguirlo.
  • Esecuzione del piano e chiusura: dopo l’omologa, il debitore deve realizzare il piano concordatario. L’OCC rimane “gestore della crisi” e ha il compito di vigilare sull’esecuzione (su incarico del Giudice). Il debitore dovrà vendere i beni mobili/immobili concordati, riscuotere i proventi, e versare le somme pattuite ai creditori secondo il programma di rimborsi (ad es. rate decennali, percentuali fisse, assegni unici, ecc.). Alla fine del piano l’OCC presenta un rendiconto al Giudice, che constata l’adempimento o meno degli impegni. Se il piano è stato eseguito con successo, il Giudice dichiara la chiusura della procedura e pronuncia (ai sensi dell’art. 282 CCII) il provvedimento di esdebitazione: in tal modo i debiti residui non soddisfatti dal piano vengono spazzati via, liberando il debitore da ulteriori obblighi verso i creditori residuali (con alcune eccezioni come crediti alimentari, derivanti da reati, o di lavoro, che restano). Questo meccanismo finale di riduzione del debito è uno dei principali vantaggi del concordato: il debitore, se rispetta il piano, ottiene la “seconda chance” anche in forma di liquidazione concordataria.

Apporto esterno “apprezzabile” e calcolo dei rimborsi

Un elemento cruciale del concordato minore liquidatorio è l’apporto esterno di risorse. In sede di preparazione del piano il debitore deve prevedere fonti aggiuntive di finanziamento (per es. denaro fresco da soci, familiari o investitori, o contributi futuri generati da lavoro dipendente) da integrare al patrimonio esistente. Tali risorse extra servono a migliorare la percentuale di soddisfazione dei creditori oltre quanto avverrebbe con la mera vendita dei beni. La legge non quantifica un minimo, ma la giurisprudenza e la dottrina richiamano il criterio dell’“apprezzabilità”: l’aumento di attivo deve essere concreto, altrimenti il concordato sarebbe fittizio. Ad esempio, un piano che garantisca un introito del 30% del passivo (anziché il 10% liquidando tutto) con un apporto di terzi è evidentemente più vantaggioso per i creditori. Diversi Tribunali (e la Cassazione) hanno sottolineato che questo apporto può essere strutturato in vario modo: non è necessario che sia proporzionale a tutto il passivo (può essere destinato, anche “a pioggia”, a soddisfare determinati creditori purché non si violi il principio della parità di trattamento tra creditori omogenei). L’importante è che il piano dimostri, in modo verificabile, che grazie a quei fondi aggiuntivi i creditori percepiranno una quota maggiore rispetto alla soluzione liquidativa ordinaria.

Nella pratica questo significa ad esempio prevedere un pagamento in unica soluzione o rateale da parte di terzi. Nel piano concordatario (allegato al ricorso) si espliciteranno esattamente le somme promesse e i tempi di erogazione. A titolo esemplificativo, in un caso reale (Trib. Nola) il piano presentava “l’apporto di finanza esterna di €10.000,00 una tantum e il versamento rateale di circa €500 mensili”; grazie a quell’apporto i creditori chirografari avrebbero ottenuto una percentuale superiore rispetto alla liquidazione pura. Il piano deve anche descrivere come e quando queste risorse entreranno effettivamente nell’attivo del concordato, e l’OCC attesterà la loro disponibilità e utilizzabilità. Se l’apporto promesso viene meno dopo l’omologa, il piano potrebbe essere inadempiuto e la procedura revocata, per cui è essenziale che i contributori esterni siano affidabili e contrattualmente vincolati (ad es. con fideiussioni personali).

Trattamento dei crediti e privilegi

Nel concordato minore liquidatorio valgono le regole generali del concordato preventivo per il trattamento dei creditori (artt. 75‑80 CCII), quindi anche qui si devono rispettare le norme sulle cause di prelazione. In breve:

  • Creditori garantiti (ipotecari, privilegi): saranno soddisfatti al livello concordato, o in taluni casi trattati fuori concorso (come nell’esempio con la banca mutuataria). Il piano può prevedere, compatibilmente con l’art. 84 CCII, modalità di estinzione differenziate, purché l’OCC attesti che nessun prelazionario risulti danneggiato dal piano rispetto alla liquidazione di legge.
  • Coobbligati e fideiussori: l’omologazione del concordato minore libera il debitore principale dai debiti residui, ma non libera automaticamente i garanti o coobbligati: costoro rimangono obbligati nei confronti del creditore per la parte di debito non pagata dal concordatario, a meno che nel piano non si preveda diversamente e il creditore non acconsenta esplicitamente alla liberazione del garante. Nella prassi i creditori (in particolare banche) raramente rinunciano ai diritti verso i garanti, quindi di regola i fideiussori restano esposti. Ciò non blocca comunque la procedura, perché il debitore principale ottiene comunque l’esdebitazione finale; l’eventuale garanzia personale dovrà poi essere eseguita dal creditore dopo la chiusura (ad esempio escutendo il garante).
  • Criteri di riparto: la proposta deve indicare come vengono divisi i proventi tra i vari tipi di creditori (chirografari, privilegiati, fiscali, previdenziali, ecc.), anche mediante classi omogenee se utili. Nel concordato minore la creazione di classi non è obbligatoria (soprattutto se i creditori sono pochi), ma è consentita. Se si utilizzano classi, ai sensi dell’art. 112 CCII (applicabile in quanto compatibile) è possibile “cram-down” (imporre il piano anche sulle classi dissenzienti) se in ogni classe le maggioranze di legge sono state raggiunte.

Un esempio pratico: nel piano di concordato di un piccolo imprenditore con 50.000€ di debiti, si è proposto di vendere un’auto per 5.000€, utilizzare 24.000€ di futuri stipendi del debitore e 6.000€ di contributi della moglie, mantenendo la casa soggetta a mutuo. L’ente creditore ipotecario (la banca) veniva escluso dal concorso: avrebbe continuato a incassare le rate del mutuo come da piano originale (100.000€ totali), soddisfazione integrale verificabile dalla valutazione di mercato. I restanti 35.000€ concordatari venivano destinati pro rata ai creditori privilegiati (Erario) e chirografari (fornitori). L’OCC attestava che tale piano era più conveniente della liquidazione pura (dove la banca avrebbe preso 100k e poco o nulla sarebbe rimasto per gli altri). Questo esempio concreto illustra come il concordato liquidatorio possa conservare patrimoni strategici (casa) e ottenere contributi esterni, migliorando l’esito rispetto alla liquidazione tradizionale.

Modifiche recenti e punti salienti

Con gli ultimi interventi legislativi (in particolare il D.Lgs. 136/2024, correttivo del CCII), sono state introdotte alcune novità rilevanti anche per il concordato minore:

  • Prima casa e mutuo: da fine 2024 l’art. 75 CCII è stato integrato con un comma 2‑bis che consente esplicitamente al debitore di mantenere il pagamento del mutuo sulla prima casa anche in concordato minore. In pratica, se il debitore (persona fisica) è in regola con le rate del mutuo ipotecario sulla prima abitazione, il piano può prevedere la prosecuzione del pagamento del mutuo secondo il piano originario, senza vendere l’immobile. L’OCC deve attestare che vendendo la casa la banca prenderebbe comunque l’intero credito (quindi non viene danneggiato) e che tale soluzione non pregiudica gli altri creditori. Grazie a questa norma, il debitore non rischia di perdere l’abitazione principale per proseguire il concordato. In precedenza alcuni Tribunali avevano autorizzato soluzioni analoghe anche in assenza di norma (cfr. es. Trib. Brescia 2024), ma ora è previsto espressamente.
  • Classi separate per contribuzioni fiscali e previdenziali: in linea con il concordato preventivo, è prassi riservare separate modalità ai creditori pubblici (fisco, INPS). Il concordato minore deve comunque rispettare gli eventuali privilegi dell’Erario (es. crediti fiscali privilegiati) trattando i loro crediti in modo non inferiore a quanto avverrebbe liquidando i beni (con possibilità di applicare il “cram down erariale” se necessario, secondo le regole generali del CCII). Nel concordato minore tali formalità fiscali e contributive sono semplificate (l’OCC certificherà che l’offerta al fisco è superiore all’alternativa liquidatoria).
  • Altri aspetti: il concordato minore non richiede alcune formalità del concordato preventivo (non serve ad es. la relazione del professionista attestatore sulle promesse di pagamento, perché questa è sostituita dall’OCC). Le spese di procedura sono contenute (non sono previsti troppi creditori e complesse udienze pubbliche), ma sono dovuti i diritti camerali e le imposte di bollo ordinari. L’OCC riceve un compenso con carico sul patrimonio procedurale, determinato secondo le tabelle forensi (artt. 14‑18 D.M. 202/2014).

Esdebitazione

Uno dei vantaggi più interessanti per il debitore è l’esdebitazione dei debiti residui. Se il concordato minore liquidatorio viene portato a termine con esito positivo (ossia il piano viene eseguito, anche parzialmente, in modo coerente con l’omologa), il debitore può ottenere, ai sensi dell’art. 282 CCII, l’annullamento degli obblighi futuri verso i creditori residui. Ciò comporta che, una volta trascorso il termine fissato dal piano o completata la liquidazione concordataria, il Tribunale dichiari chiusa la procedura e conceda l’esdebitazione. In tal modo il debitore rientra in bonis (ripulito dai debiti) anche pur non avendo integralmente pagato. La Cassazione ha osservato che, nel sistema del nuovo Codice, l’esdebitazione diventa un vero diritto del debitore una volta conclusa la liquidazione controllata (compresa quella concordataria) da almeno tre anni. In altri termini, anche nel caso di liquidazione concordataria (concordato minore liquidatorio) il debitore può ottenere l’esdebitazione senza dover attendere il completo pagamento: il semplice decorso del triennio previsto dall’art. 282 CCII produce gli effetti di cancellazione dei debiti (salvo categorie speciali di crediti).

Domande Frequenti (FAQ)

D: Chi può proporre un concordato minore liquidatorio?
R: Solo i debitori di cui all’art. 2, c.1, lett. c) CCII: in pratica imprenditori individuali o società (sotto soglia), professionisti, agricoltori, start-up innovative, enti non profit non fallibili, ecc. Non possono accedere i consumatori puri (che hanno procedure dedicate) né le imprese “grandi” soggette a fallimento. Inoltre l’art. 33(4) CCII esclude in generale gli imprenditori cancellati dal Registro delle Imprese; in concreto è generalmente vietato alle società estinte, mentre la giurisprudenza ha discusso se ciò valga anche per gli imprenditori individuali.

D: Quali documenti devo allegare alla domanda?
R: Devono essere allegati i documenti prescritti dall’art. 75 CCII, simili a quelli del concordato preventivo: bilanci degli ultimi esercizi, dichiarazioni fiscali, rendiconto economico attualizzato, elenco creditori con somme dovute, piano dei pagamenti, relazione dettagliata dell’OCC sulla fattibilità del piano, ecc. Mancanza di tali documenti può comportare l’inammissibilità dell’istanza (art. 77 CCII).

D: Che differenza c’è tra concordato minore liquidatorio e una liquidazione controllata ex art. 268 CCII?
R: Entrambe mirano a liquidare il patrimonio, ma: nel concordato minore le parti concordano un piano con apporto esterno e omologa giudiziale; nella liquidazione controllata si nomina un liquidatore e i creditori possono opporsi (art. 274). Nel concordato minore l’esdebitazione è automatica in base al piano, mentre nella liquidazione ordinaria è dopo 3 anni ex lege. Inoltre, il concordato minore non può derogare all’ordine delle cause di prelazione e richiede un beneficio apprezzabile per i creditori rispetto alla liquidazione, grazie all’apporto esterno.

D: Cosa significa “misura apprezzabile” dell’apporto esterno?
R: È un criterio qualitativo: l’aumento di attivo patrimoniale dovuto ai fondi terzi deve rendere il piano più conveniente di una liquidazione pura. Non esiste un minimo fisso (a differenza del 10% del concordato preventivo liquidatorio), ma occorre un contributo sensibile. Per intenderci, se vendendo solo i beni del debitore i creditori incasserebbero il 10%, un apporto esterno che porta al 25-30% è chiaramente apprezzabile. L’OCC dovrà attestare la convenienza economica del piano.

D: Cosa succede se alcuni creditori rifiutano il piano?
R: Il piano è comunque vincolante se ottiene le maggioranze di legge all’assemblea dei creditori (art.77 CCII). I creditori dissenzienti, se il piano è omologato, dovranno accettare il pagamento previsto (anche se parziale), in base ai termini e ai privilegi fissati nel piano omologato. Essi non possono comunque agire sui beni del debitore affinché il piano sia efficace (il concordato li blocca come nel concordato preventivo).

D: Cosa accade se il piano non viene eseguito?
R: Se il debitore non esegue i pagamenti concordati, l’omologa può essere revocata dal Tribunale e la procedura può trasformarsi in liquidazione giudiziale (eventualmente a istanza di un creditore). In ogni caso il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione e può incorrere in responsabilità se sono state accertate frodi o slealtà (in tal caso potrebbero anche configurarsi reati fallimentari).

D: Posso mantenere la casa col mutuo nel concordato?
R: Sì. Il nuovo art. 75, c.2‑bis CCII (introdotto dal correttivo 2024) consente espressamente di escludere la vendita della prima casa ipotecata, prevedendo il suo mantenimento e la prosecuzione del mutuo alle scadenze originarie, purché il mutuatario rispetti il piano di rateazione. L’OCC deve dimostrare che vendendo l’abitazione la banca avrebbe comunque riscosso l’intero credito (ossia non si impoveriscono gli altri creditori). Grazie a questa norma il concordato minore può salvare l’abitazione principale continuando il mutuo regolarmente.

D: E la liberazione dai debiti residui?
R: Concluso positivamente il concordato (piano eseguito o almeno ritenuto soddisfacente), il debitore presenta al Tribunale la richiesta di chiusura della procedura. Il giudice accerta l’avvenuto pagamento secondo il piano e, se del caso, dichiara chiusa la procedura con decreto. A quel punto il debitore ottiene l’esdebitazione: gli eventuali debiti residui non pagati si estinguono per effetto di legge (art. 282 CCII). In pratica il debitore rientra nella legalità e può ricominciare senza il peso dei vecchi debiti (salvo alcune categorie di crediti che restano obbligatoriamente fuori dal beneficio).

Confronto con altre procedure (tabella riepilogativa)

Per chiarire i punti chiave, nella tabella seguente confrontiamo il concordato minore liquidatorio con la liquidazione controllata classica, evidenziando le differenze pratiche:

AspettiConcordato minore liquidatorioLiquidazione controllata (art. 268 CCII)
Riferimento normativoSez. III, Titolo IV CCII (art. 74 e ss.)Capo II, Titolo IV CCII (art. 268 e ss.)
FinalitàLiquidare i beni secondo un piano concordato, ottenendo esdebitazione finaleLiquidare i beni con un liquidatore giudiziale, ottenere esdebitazione dopo 3 anni
Ruolo del debitoreResta in possesso, esegue il piano sotto supervisioneRinuncia alla gestione, delega tutto al liquidatore
Apporto di risorseObbligatorio (deve essere “apprezzabile” e pianificato nel ricorso)Non previsto (si vende solo il patrimonio esistente)
OCC/CommissarioOCC (gestore della crisi) simile a commissario (redige relazioni e verbali)Commissario giudiziale, funzioni analoghe (gestione liquidazione)
Coinvolgimento creditoriAssemblea dei creditori (adotta o respinge il piano con votazioni)I creditori sono informati ma non votano (liquidatore prova ad accordarsi)
EsdebitazioneSì, al termine della procedura concordataria (art. 282 CCII)Sì, automaticamente dopo 3 anni dall’avvio liquidazione (art. 282 CCII)
Continuità dell’attivitàNo (attività cessata, si vendono beni)No (l’impresa cessa, si vende tutto)
Iter proceduraleGiudiziale con omologa del piano (analogamente al concordato preventivo)Giudiziale con apertura liquidazione, divieto di pagamenti diretti, ecc.
VantaggiPossibilità di ottenere fondi esterni e mantenere certi beni (es. prima casa), recuperare credibilità commercialeProcedura più rapida se il piano fallisce; unica via per l’esdebitazione nel codice per chi non può fare concordato

Esempi concreti (scenario pratico)

  1. Caso “Mario, artigiano cessato”: Mario, piccolo imprenditore artigiano, ha chiuso l’attività ma è rimasto con 100.000€ di debiti verso fornitori e banca. Con un concordato minore liquidatorio propone di vendere i macchinari per 20.000€, destinare 5.000€ da una liquidazione personale, e impegnarsi a pagare 1.000€ all’anno per 4 anni dai suoi nuovi salari. Grazie a questi fondi esterni, i creditori riceverebbero nel complesso circa il 30% invece del 10% previsto da una liquidazione pura. L’OCC valuta il piano conveniente e il Tribunale omologa: Mario continua a lavorare da dipendente per pagare i versamenti, e al termine ottiene l’esdebitazione (i restanti 70% di debiti residui vengono cancellati). Grazie al concordato, Mario evita la liquidazione giudiziale completa, ottiene più tempo e un “salvagente” finanziario.
  2. Caso “Luigi, edile con debiti fiscali”: Luigi è un ex imprenditore edile con 300.000€ di debiti (200k con l’Erario, 50k banca ipotecaria, 50k fornitori). Ha una casa con mutuo residuo di 100k (valore di mercato 180k) e un’auto. Non essendo fallibile, può proporre concordato minore (Tribunali recenti lo confermano). Il suo piano, elaborato con un OCC, prevede: non vendere la casa, continuare le rate del mutuo come da contratto (grazie all’art. 75(2-bis) CCII introdotto nel 2024), vendere subito l’auto per 5.000€, e versare 500€ mensili per 4 anni dal suo stipendio (conservando i restanti 1.000€ per la famiglia), più un piccolo contributo da parte della moglie. In sostanza, mette a disposizione dei creditori 5.000€ (auto) + 24.000€ (stipendi futuri) + 6.000€ (dalla moglie) = 35.000€ netti. Nel piano la banca ipotecaria viene trattata fuori dal concorso: continuerà a riscuotere 100.000€ dalla casa (senza alcuna falcidia), mentre i 35.000€ saranno divisi tra Erario e fornitori. L’OCC attesta che vendendo la casa la banca avrebbe preso comunque 100k e agli altri sarebbero rimasti al massimo gli 80k eccedenti – in ogni caso Luigi offre 35k, molto più di nulla. Il Tribunale ritiene il piano conveniente rispetto a una liquidazione ordinaria, omologa il concordato e Luigi continua a pagare il mutuo regolarmente, ripagando gradualmente parte dei crediti. Al termine ottiene la chiusura della procedura e l’esdebitazione dei residui. In questo modo Luigi mantiene la casa (come da piano concordatario autorizzato) e riduce notevolmente il suo debito fiscale, invece di perderla in una procedura liquidatoria forzata.

Conclusioni

Il concordato minore liquidatorio è uno strumento flessibile dedicato ai debitori sovraindebitati non fallibili che non possono o non vogliono proseguire l’attività ma desiderano comunque evitare gli effetti devastanti di una liquidazione giudiziale “pura”. Grazie alla possibilità di coinvolgere risorse esterne e di ottenere l’esdebitazione finale, offre spesso soluzioni più favorevoli rispetto alla semplice cessione del patrimonio. Dal punto di vista del debitore, è fondamentale redigere un piano realistico con l’ausilio di professionisti (OCC) esperti, rispettare tutte le formalità documentali e ottenere l’adesione della maggioranza dei creditori. La procedura, pur semplificata rispetto al concordato “maggior”, mantiene rigori formali (omologazione in tribunale, votazioni, rispetto preferenze), pertanto va affrontata con cura tecnica. In prospettiva, l’efficacia del concordato minore liquidatorio permette al debitore di “resettare” la propria posizione finanziaria: i creditori sono pagati in misura più alta rispetto al liquidatore e il debitore può tornare operativo senza debiti pregressi, con benefici pratici e reputazionali in ambito creditizio.

Fonti normative e giurisprudenza

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), Sezione III (artt. 74-83 CCII): disciplina il concordato minore (incluso quello liquidatorio). V. in particolare art. 74 (proposta di concordato minore) e art. 75 (documentazione).
  • Cassazione civile, Sez. Unite, n. 22699/2023 (Pres. Cassano): ha ribadito che all’imprenditore cancellato spetta l’esdebitazione dopo tre anni di liquidazione controllata, in continuità col divieto di accesso al concordato dei soggetti estinti.
  • Cassazione civile, sez. I, n. 4329/2020: sul divieto di concordato per imprenditore cancellato (art. 2495 c.c. comb. art. 10 l.fall.).
  • Trib. Ancona, 29 luglio 2024: ha ammesso l’accesso dell’imprenditore individuale cessato al concordato minore liquidatorio in presenza di apporto esterno apprezzabile.
  • Trib. Nola, Relazione al concordato minore liquidatorio (modello esemplificativo): sviluppo di piano concordatario con apporto esterno.

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