Hai debiti accumulati che non riesci più a pagare, ma possiedi la prima casa e hai paura di perderla? Ti stai chiedendo se esiste una soluzione per rientrare in una situazione sostenibile senza dover vendere l’abitazione in cui vivi con la tua famiglia?
Il piano del consumatore è una delle procedure previste per chi si trova in stato di sovraindebitamento e rappresenta una vera opportunità per chi vuole risanare la propria situazione finanziaria tutelando nel contempo la casa di abitazione.
Vediamo insieme come funziona, quando è possibile salvare la prima casa e quali condizioni bisogna rispettare.
Cos’è il piano del consumatore?
È una procedura giudiziale rivolta ai debitori “non fallibili” – come lavoratori dipendenti, pensionati, autonomi o ex imprenditori – che consente di proporre un piano di rientro ai creditori, da sottoporre all’approvazione del tribunale. A differenza di altre procedure, non serve il consenso dei creditori: è il giudice a valutarne la fattibilità e la convenienza.
È possibile mantenere la prima casa con il piano del consumatore?
Sì, in molti casi. Se il piano dimostra che il mantenimento della casa non compromette il pagamento delle rate concordate, è possibile evitare la vendita dell’immobile. Questo avviene, ad esempio, quando il debitore ha un mutuo in corso che continua a pagare regolarmente, oppure quando l’abitazione è essenziale per la stabilità del nucleo familiare e non c’è altro patrimonio liquidabile.
Il giudice può decidere di escludere la casa dal piano?
Sì, ma solo se ricorrono condizioni specifiche: il piano deve essere equilibrato, sostenibile, e dimostrare che i creditori non sarebbero danneggiati rispetto all’alternativa di una procedura liquidatoria. Il supporto di un legale esperto è fondamentale per costruire una proposta credibile e convincente.
Quando conviene il piano del consumatore?
Quando hai:
– una situazione debitoria ormai insostenibile, ma entrate costanti (stipendio, pensione, affitto);
– un mutuo regolare o in lieve ritardo che puoi ancora rinegoziare o rimettere in ordine;
– la volontà di evitare la liquidazione forzata del patrimonio e salvare l’abitazione principale.
Serve un avvocato?
Sì. Il piano va presentato da un avvocato tramite l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), con documentazione completa, relazione dell’esperto e calcoli precisi. Solo un professionista specializzato in diritto del sovraindebitamento può garantirti una procedura corretta e davvero efficace.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in piano del consumatore e difesa della prima casa – ti spiega come funziona la procedura, quali requisiti servono e come possiamo aiutarti a evitare la vendita dell’abitazione, anche se hai debiti pesanti sulle spalle.
Hai una casa e vuoi sapere se puoi salvarla con un piano del consumatore?
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Introduzione
Premessa. Il piano del consumatore è una procedura giudiziaria per la ristrutturazione dei debiti riservata alle persone fisiche consumatrici, cioè con debiti contratti per scopi personali (non professionali o imprenditoriali). Introdotto dalla L. 3/2012 (cd. “salva-suicidi”) e codificato nel D.lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, CCII), il piano del consumatore è una sorta di fresh start che consente al debitore sovraindebitato di proporre al tribunale un programma sostenibile di rientro (es. pagamenti rateali o parziali) con il coinvolgimento di tutti i creditori iscritti. L’obiettivo finale è l’esdebitazione: la liberazione dai debiti residui alla fine del piano. In questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamineremo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale del piano del consumatore, con particolare attenzione alla tutela dell’abitazione principale. Il linguaggio resta tecnico-giuridico, ma espositivo. Nel testo si useranno riferimenti espliciti agli articoli di legge e alle sentenze, sempre citando fonti normative e giurisprudenziali.
Evoluzione normativa del piano del consumatore
- Legge 3/2012 (cd. “salva-suicidi”). Ha introdotto nel nostro ordinamento il piano del consumatore (art. 8) e l’accordo di composizione della crisi per persone fisiche, rivolti ai soggetti non fallibili (consumatori e piccoli imprenditori). L’art. 8 L.3/2012 consentiva di strutturare il piano con contenuto libero, prevedendo anche moratorie sui crediti privilegiati (ad esempio, rate mutuo casa) con un termine finale iniziale di “fino a un anno” dalla omologa, al termine del quale l’obbligo di riprendere i pagamenti. La legge 3/2012 garantiva inoltre una forma di salvaguardia sulla prima casa: ai sensi dell’art. 8 c.1-ter L.3/2012 il piano poteva prevedere la prosecuzione dei pagamenti del mutuo ipotecario sulla abitazione principale (se il debitore era in regola o il giudice autorizzava il pagamento del capitale e interessi scaduti), evitando così la vendita forzata della casa.
- D.lgs. 14/2019 (Codice della crisi). Entrato in vigore gradualmente nel 2020, ha raccolto e ampliato la disciplina della crisi del consumatore. Il piano del consumatore è ora disciplinato negli artt. 67-73 CCII (parte II, sez. I). Il testo del codice ha ripreso quasi integralmente le previsioni della legge 3/2012: il consumatore può proporre un piano «con contenuto libero» per ristrutturare i debiti, anche parzialmente e differenziati (ossia trattamenti diversi per creditori diversi); è ammessa la falcidia dei crediti privilegiati nei limiti del valore di realizzo (ossia non pagare integralmente mutui/ipoteche purché il piano garantisca al creditore ipotecario almeno quanto otterrebbe dall’asta); è prevista la possibilità di continuare i pagamenti del mutuo sulla prima casa («rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca sull’abitazione principale», se il debitore è in regola o il giudice autorizza il recupero delle somme scadute). In sostanza, la disciplina di partenza confermava le agevolazioni in favore del consumatore (piani flessibili, esdebitazione finale) ereditate dalla L.3/2012 e confermava la particolare tutela della prima casa.
- Modifiche del 2020-2021. Diverse norme succedute hanno apportato correttivi:
- D.Lgs. 147/2020 (correttivo “legge delega” dei primi articoli di Codice Crisi) ha introdotto importanti chiarimenti: fra l’altro ha aggiunto alla definizione del piano (art. 67 c.1 CCII) la parola “differenziato” (così il piano può prevedere soddisfazioni parziali e differenziate per i creditori). Ha altresì rafforzato i doveri del debitore e dell’OCC (organismo di composizione della crisi) nella fase esecutiva (art.71 sostituito) e modificato alcune procedure.
- Legge 176/2020 (conv. D.L. 137/2020), varata nel dicembre 2020, ha invertito l’onere della prova della cosiddetta “meritevolezza” del consumatore. Prima era su di lui dimostrare di non avere colpa nell’indebitamento; dal 2020 è sul creditore, che deve provare colpa grave del debitore per opporsi all’accesso al piano. Ciò ha reso più semplice l’ammissibilità del piano, salvo casi di fraudolenza accertata.
- “Decreto correttivo ter” 2024 (D.Lgs. 136/2024). Pubblicato in GU il 27.9.2024, è il terzo decreto correttivo del CCII. Ha ulteriormente affinato la normativa (anche su procedure di impresa, ecc.), ma per il consumatore le novità più importanti sono state introdotte in artt. 67, 70-73 CCII. In particolare, ha chiarito terminologie (“atti eccedenti l’ordinaria amministrazione” al posto di “straordinaria”), esteso alcuni termini di pagamento (ad es. art.67 c.4 CCII porta da 1 a 2 anni il termine entro cui almeno iniziare a pagare i creditori privilegiati), e – rilevante – ha espressamente consentito al consumatore di mantenere il mutuo sulla prima casa al di fuori del piano, continuando a pagare le rate come da piano originario, se è in regola (norma pienamente operativa art.67 c.5 CCII secondo versione coordinata).
In sintesi, il percorso legislativo dal 2012 al 2024 ha confermato il piano del consumatore come strumento flessibile di ristrutturazione dei debiti personali, aggiustando taluni limiti (p.es. la durata della moratoria) e ribadendo la possibilità di tutelare la prima casa mediante continuazione del mutuo.
Soggetti e requisiti del piano del consumatore
Destinatari. Possono accedere al piano del consumatore solo i consumatori sovraindebitati, ossia le persone fisiche con debiti personali, estranei all’attività imprenditoriale. In linea con la definizione di art.2 CCII, si considerano consumatori coloro che hanno stipulato obbligazioni “nella qualità di consumatore”. Viceversa, chi ha debiti derivanti da un’attività imprenditoriale o professionale prevalente (anche se residua) non rientra in questa procedura. In generale vige il criterio di prevalenza dei debiti: se essi sono prevalentemente personali, il soggetto può qualificarsi consumatore (piano del consumatore); se invece sono soprattutto professionali, dovrà rivolgersi ad altri strumenti (p.es. concordato minore o liquidazione). La giurisprudenza sottolinea che è “o bianco o nero”: il piano consumatore è riservato ai non imprenditori.
Chi è escluso. Sono esclusi coloro che hanno già ottenuto l’esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di 2 volte in vita, nonché chi ha provocato volontariamente la crisi (colpa grave, malafede o frode). In pratica, comportamenti dolosi di indebitamento (p.es. credito irresponsabile senza prospettiva) vietano l’accesso. Se la colpa grave è accertata, il debitore può comunque aprire la procedura, ma rischia solo di non ottenere l’esdebitazione (rimborso di tutti i creditori). Se la domanda di piano viene rigettata, il debitore può chiedere la liquidazione controllata del patrimonio (procedura di liquidazione in senso stretto).
Esclusioni e alternative. Il consumatore non può accedere al concordato minore (procedura riservata a imprenditori minori o professionisti). Invece, gli è sempre consentito ricorrere alla liquidazione controllata (ex art. 268 ss. CCII) quale opzione residuale. In liquidazione controllata il patrimonio del debitore viene “spogliato” e i beni (salvo quelli essenziali) liquidati per soddisfare i creditori, ma alla fine si ottiene comunque l’esdebitazione.
Condizioni oggettive. Il debitore deve trovarsi in stato di crisi o insolvenza: non necessariamente nullo in termini di ricchezza, ma non più in grado di soddisfare regolarmente i debiti con le sue entrate. Non sono richiesti requisiti reddituali minimi specifici, ma il piano deve risultare fattibile: il tribunale valuta la sostenibilità delle proposte in base al reddito e al patrimonio dichiarato.
Accesso al tribunale e contenuto del piano
Domanda e OCC. Il piano del consumatore si apre con la domanda in tribunale, corredata da una dettagliata documentazione (elenco creditori, stato patrimoniale, redditi, ecc.) e da una relazione dell’Organismo di composizione della crisi (OCC), nominato dal tribunale. Il ruolo dell’OCC è cruciale: valuta la completezza della domanda e la meritevolezza del debitore, coadiuva il piano. A differenza delle procedure da imprenditore, non è necessaria l’assistenza di un difensore nella fase di apertura. La domanda sospende immediatamente tutte le azioni esecutive nei confronti del debitore (conti bancari, stipendi, pignoramenti immobiliari). In particolare, se pende un’asta sulla prima casa, il tribunale di solito ordinerà la sospensione cautelare dell’asta, per evitare di privare immediatamente il consumatore della propria abitazione durante la procedura.
Esame del piano. Il tribunale, sentito l’OCC e senza bisogno di votazioni, esamina la proposta. A differenza del concordato, non serve il voto dei creditori: il giudice valuta in via monocratica la fattibilità e la convenienza del piano. In particolare, il piano del consumatore deve garantire ai creditori – nel loro complesso – un soddisfacimento “più conveniente” rispetto all’alternativa liquidatoria. Se così, il giudice omologa il piano, rendendolo vincolante per tutti i creditori. I creditori decisi a opporsi dovranno farlo nella fase istruttoria; superato quell’esame, la delibera di omologa, se favorevole, ha efficacia di giudicato, e alla fine si ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei residui) rispetto a tutti i crediti compresi nel piano.
Contenuto del piano. Non esistono limiti rigidi di modulazione: il piano può prevedere pagamenti rateali, quote forfettarie, riduzioni (“falcidie”) dei debiti, assegnazioni di beni, ecc. La legge consente anche di ridurre i crediti privilegiati (mutui, fiscali, uscite stipendio) purché il creditore privilegiato riceva almeno il pari valore della vendita dei beni che garantiscono il credito. In pratica, se l’ipoteca sulla prima casa vale 100, il piano potrebbe fissare un rimborso di pari importo (o minore se il valore di mercato è più basso). Gli eventuali pignoramenti pendenti vengono cancellati all’esecuzione del piano, ma nell’esecuzione del piano stesso il debitore è obbligato a compiere ogni atto necessario a realizzare quanto previsto, sotto la vigilanza dell’OCC.
Protezione dell’abitazione principale. Un punto chiave è la prima casa. Il codice (e la giurisprudenza) considera l’abitazione principale un bene “essenziale” e ne tutela la permanenza nella proprietà del debitore quando possibile. Il piano del consumatore può salvaguardare la prima casa in modi diversi:
- Continuazione del mutuo fuori dal piano. La norma attuale (art.67 c.5 CCII) riconosce espressamente che il consumatore può escludere il mutuo sulla prima casa dal piano, continuando a pagare le rate scadute e future con scadenza originaria. In altre parole, se il debitore è in regola con il mutuo alla data di deposito o ottiene dal giudice il via libera a pagare gli arretrati, può dichiarare nel piano che manterrà le rate del mutuo fuori dal piano. Ciò significa che l’ipoteca resta sulla casa fino al debito residuo, e la casa non viene toccata dalla procedura (nessuna vendita coatta). Questa opzione è molto utilizzata: ad esempio, una soluzione tipica è che il debitore dichiari di continuare a versare €X mensili per il mutuo (come prima) e propone di risanare gli altri debiti. Il tribunale, considerata più conveniente la prosecuzione del mutuo rispetto a una vendita, può omologare il piano. In pratica, il mutuo prosegue in bonis e la casa “si salva”.
- Inclusione del mutuo nel piano. In alternativa (o se il mutuo è inadempiuto), il piano può includere il mutuo sulla prima casa imponendo nuovi termini di pagamento o persino una parziale riduzione del capitale residuo. Il consumo del mutuo nel piano è previsto dall’art.67 c.5 CCII: il piano può prevedere il pagamento delle rate a scadenza pattuita, estendendo la durata del mutuo e differendo gli interessi. Ad esempio, il piano può offrire di pagare in 15 anni il debito residuo di €120.000, estinguendo €80.000 complessivi (37–67% del capitale) se il valore di mercato giustifica tale riduzione. In tal caso il creditore ipotecario (la banca) viene tutelato dal principio della “convenienza comparata”: otterrà almeno quanto riceverebbe da una vendita all’asta (ad es. €60.000). Se la riduzione è maggiore ma il piano complessivo garantisce la massima soddisfazione possibile (ad es. rata più sostenibile, nessun onere di vendita), il tribunale può accoglierla, come è avvenuto in casi recenti.
- Divieto di vendite coatte dei beni essenziali. Indipendentemente dal piano, il CCII (art.66) e la giurisprudenza considerano beni essenziali quelli indispensabili alla vita familiare del debitore: tra questi rientrano l’abitazione principale e gli strumenti di lavoro. Se i beni sono essenziali, non possono essere liberati coattivamente dai creditori. Ciò significa che, anche in assenza di un piano, l’esecuzione sulla prima casa viene sospesa appena si apre la procedura di sovraindebitamento, permettendo al debitore di rinegoziare il debito o proporre un piano senza perdere immediatamente la casa.
In sintesi, la legislazione e la prassi assicurano un’elevata protezione della prima casa nel piano del consumatore: il debitore può mantenere l’abitazione continuando a onorarne il mutuo in bonis, oppure proporre di ristrutturare il mutuo stesso nel piano (di solito offrendo almeno il valore di realizzo in caso d’asta). In ogni caso il tribunale blocca le esecuzioni e valuta il piano nel confronto tra ipotesi di mercato e piano proposto: se il piano conviene di più (come spesso accade se salvi la casa), sarà omologato. Diverso è il caso in cui il mutuo sia già stato escusso o l’immobile pignorato e venduto prima del piano: anche allora, il piano può essere chiesto fino all’ultimo momento utile, anzi proprio in situazioni di emergenza (prezzo base d’asta o decreto di vendita emesso) può diventare la via per bloccare la vendita e salvare la casa.
Giurisprudenza significativa
Negli anni recenti diversi tribunali e anche la Corte di Cassazione si sono pronunciati su questioni chiave del piano del consumatore, in particolare sul mutuo e sulle moratorie. Tra le decisioni più importanti:
- Cassazione civ. ord. 4622/2024 (21 feb. 2024). La Corte Suprema ha confermato che non esistono limiti rigidi alla dilazione dei crediti privilegiati nel piano consumatore. L’ordinanza ha dichiarato ammissibile una moratoria superiore a 12 mesi (fatta salva la partecipazione del creditore al procedimento), in linea di principio “fermo restando il diritto di voto del creditore” di valutare la convenienza. In pratica, anche senza il consenso formale della banca, il giudice può autorizzare pagamenti oltre l’anno se il piano è più vantaggioso dell’asta. Tale pronuncia estendeva la precedente Cass. n.17391/2020, consolidando il principio che la fattibilità del piano si misura sulla convenienza complessiva, non su stringenti limiti temporali.
- Cass. civ. 9549/2025 (26 feb. 2025). Questa sentenza ha chiarito definitivamente il senso della moratoria “fino a 1 anno” (oggi «fino a 2 anni»). Secondo la Cassazione, la norma (art.67 c.4 CCII, previo art.8 L.3/2012) non imponeva che i creditori privilegiati fossero pagati integralmente entro il termine: il limite di un anno rappresenta solo il termine iniziario per l’inizio dei pagamenti rateali, non un termine finale oltre il quale il debito sarebbe estinto. In pratica, una moratoria protratta oltre un anno (ora due) è possibile purché il debitore inizi almeno a pagare i privilegiati entro quel termine. Anche questa pronuncia conferma che l’interesse principale è la tutela comparata: il piano è valido se, nel suo complesso, offre di più della liquidazione forzata.
- Tribunali ordinari (vedi casistica). In sede di merito, si segnalano:
- Trib. Bari, 27 ott. 2021: ha omologato un piano che permetteva al debitore di riprendere il pagamento del mutuo sulla prima casa anche dopo la risoluzione del contratto, autorizzando il versamento integrale degli importi scaduti in un termine concordato.
- Trib. Nola (NA), 25 nov. 2021: ha accettato un piano che riduceva drasticamente il debito ipotecario residuo da €150.000 a €55.000 da pagare in 7 anni (37% del capitale), ritenendolo più vantaggioso per la banca rispetto alla liquidazione (asta valutata ~€60.000).
- Trib. S. Maria C.V. (CE), 5 nov. 2021: ha rigettato un piano che prevedeva di pagare il 62% del debito ipotecario senza autorizzare la prosecuzione del mutuo, ritenendo inapplicabile la deroga di art.8 L.3/2012 in quei termini.
- Trib. Torino, 2021: ha rifiutato un piano che tagliava il mutuo al 62% (similmente a S. Maria) perché violava la regola della soddisfazione equivalente alla vendita.
- Trib. Spoleto, 15 gen. 2024: ha osservato che la situazione di sovraindebitamento va valutata dinamicamente nel suo complesso, non con un’inquadratura statica.
- Trib. Oristano, 2024: analogamente ha affermato che l’eccesso di indebitamento non implica automaticamente colpa grave del consumatore.
- Trib. Vasto (Chambery), vari decreti: alcune pronunce hanno accolto piani di “debiti misti”, assimilando piccoli imprenditori cancellati (con debiti professionali prevalenti su quelli personali) a consumatori meritevoli di piano.
In generale, la prassi giudiziaria nazionale conferma che i tribunali tendono a proteggere la prima casa se il piano è conveniente. Nel Nord (es. Milano, Torino) alcuni piani con mutuo sono stati approvati, ma sono più frequenti rigetti di tagli eccessivi. Nel Centro-Sud (Bari, Napoli, Oristano, Avellino, Catania, ecc.) si registrano esempi variegati: alcuni giudici hanno fatto applicazioni flessibili di art.8 L.3/2012 (ora art.67 CCII) anche su mutui ormai in sofferenza, purché garantita la parità di trattamento rispetto all’asta. Cassazione e Corti di merito hanno dunque stabilito principi fondamentali (no limite rigido ai tempi, prevalenza della convenienza, importanza dell’accordo implicito del giudice) che ogni piano deve rispettare. Restano aperte questioni: ad es. se il ricorso del creditore bancario può opporsi nel merito a piani di estensione mutuo, oppure l’esatto perimetro dei debiti “promiscui” ammessi in un piano consumatore. Su questi temi è prevedibile ulteriore consolidamento nelle Corti supreme nei prossimi anni.
Prassi regionali e casi pratici
Di seguito alcuni esempi tratti dalla prassi italiana, utili per cogliere approcci diversi:
- Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto). In Lombardia un piano può salvare la casa. Ad es., il Trib. Milano del 10.6.2024 ha autorizzato un piano che bloccava l’asta e consentiva a una famiglia di pagare il mutuo fuori piano, risanando gli altri debiti (recuperando per la banca più di quanto l’asta avrebbe fruttato). Il Trib. Torino (2021) ha invece negato un piano che riduceva troppo il mutuo (solo 62% di pagamento), ritenendo violato il principio della parità rispetto all’asta. In generale, al Nord si esaminano con rigore sia la sostenibilità del piano sia il rispetto del valore dell’immobile.
- Centro (Lazio, Umbria). Nel Lazio i tribunali (Roma, Latina, Cassino) hanno omologato piani salvaguardando la prima casa se integrale per i creditori migliori dell’asta. In Umbria, il Trib. Spoleto (2024) ha espresso sensibilità verso la storia del debitore: si valuta se l’insolvenza è stata frutto di sfortuna piuttosto che di colpevolezza estrema, concedendo piani anche con moratorie lunghe in base alle disponibilità reali.
- Sud (Campania, Puglia, Sicilia). Qui la giurisprudenza appare in generale attenta alle esigenze familiari. Esempi: il Trib. Bari (2021) ha accolto piani di rinegoziazione mutuo anche dopo pignoramento, autorizzando il debitore a pagare l’intero scaduto entro tempi concordati; il Trib. Nola (NA) ha omologato estensioni quinquennali del mutuo con forte riduzione del debito, ritenendolo vantaggioso per la banca; il Trib. S. Maria C.V. (CE) ha qualificato “esagerato” un taglio a meno dei due terzi e ha rifiutato il piano. In Sicilia, il Trib. Catania (giugno 2024) ha omologato piani con moratorie superiori ai 12 mesi senza opposizione bancaria, ribadendo la stessa ratio di Cassazione. In sintesi, non esistono forcut regionali predeterminate, ma piuttosto il caso per caso: molti giudici meridionali tendono a valorizzare la possibilità di ristrutturare il mutuo a favore della famiglia, pur salvaguardando l’interesse del creditore ipotecario.
Esempi pratici di gestione della prima casa nel piano
Per chiarire i meccanismi, ecco tre simulazioni (fantasie didattiche, ispirate a casi reali):
- Esempio 1 (Famiglia con mutuo prima casa). Mario e Giulia, 45 anni, hanno due figli e un mutuo sulla prima casa con debito residuo di €120.000 (rate ancora in coda sei mesi). Mario ha perso il lavoro, il reddito familiare netto è ora di €2.300/mese. Oltre al mutuo (rata ~€700), hanno circa €40.000 di debiti da finanziamenti personali e bollette scadute. Il pignoramento dell’immobile è stato avviato dalla banca. La loro proposta di piano:
- Mutuo: estensione della durata a 15 anni, con pagamento complessivo di €80.000 in totale (circa il 67% del debito originario). Propongono 180 rate mensili da ~€500 (pari a €80k + interessi), sostenibili con il nuovo reddito. Contestualmente, dichiarano di mettere in regola tutte le rate arretrate (per evitare la decadenza del mutuo), con una somma capitalizzata dal TFR o da fondi familiari.
- Altri debiti: offrono di saldare i prestiti personali e le bollette accumulando €15.000 (37% su €40.000) con un piccolo acconto iniziale (p.es. €5.000) e il resto in rate (quanto rimane di capacità mensile).
- Risultato: la banca (creditore ipotecario) riceverebbe €80.000, più delle circa €60.000 che ricaverebbe dall’asta. Gli altri creditori (finanziarie, utenze) ottengono il pari di quanto ricevuto in liquidazione (oppure poco meno, dato che i debiti chirografari vengono falcidiati, ma accordi analoghi sono accettabili). Il giudice omologa il piano: l’asta viene sospesa, Mario e Giulia continuano a pagare il mutuo secondo le scadenze originarie (il piano prevede di riprendere il pagamento completo del capitale scaduto) e pagano €500 al mese verso la banca, mentre altri €200/mese vanno ai debiti residui. La prima casa resta libera da ipoteca al termine dei 15 anni (il mutuo sarà estinto) e i debiti personali vengono ammortizzati come da piano. In sintesi, il piano offre a tutti i creditori una soddisfazione maggiore rispetto all’asta forzata: la famiglia mantiene la casa con un piano sostenibile, e la banca incassa più di quanto avrebbe ottenuto in vendita.
- Esempio 2 (Piccolo imprenditore consumatore). Luca, 50 anni, è un ex artigiano disoccupato: vive in affitto, con stipendio netto di €1.300 mensili. Accumula debiti personali di €40.000 (carte di credito, prestiti) e debiti tributi e fornitori per €35.000 (IVA, INPS, utenze). Non possiede immobili, ha solo un’auto modesta. Avendo chiuso l’attività, può accedere al piano consumatore (i debiti personali prevalgono su quelli d’impresa). Nel piano ipotizzato:
- Offre di saldare i €40.000 di debiti privati al 30% del loro valore nominale, versando in 5 anni un totale di €12.000 rateali + un acconto iniziale di €5.000 (provenienti dal TFR).
- Ai debiti d’impresa totali (€35.000), propone di assegnare in tutto €10.000 (20% ai fornitori, 40% al fisco e INPS).
- In pratica i pagamenti mensili ammontano a circa €287 (€120 per i debiti personali + €167 per i debiti fiscali), che si conciliano con il suo reddito e spese essenziali (affitto €900, spese familiari).
- Tutti i creditori ricevono almeno quanto avrebbero incassato in caso di liquidazione: l’auto e i pochi risparmi di Luca possono rendere al massimo ~€26.000 in 4 anni, mentre il piano assicura €22.000 in 5 anni in modo sostenibile.
- Esito ipotetico: il Tribunale sospende i pignoramenti in corso e omologa il piano. Luca paga regolarmente €287/mese; dopo 5 anni tutti i pagamenti sono stati fatti e gli altri debiti residui vengono esdebitati (cancellati). Non avendo casa di proprietà, la questione della prima casa non si pone, ma il piano ha reso possibile la “ripartenza” di Luca, senza aggravi a terzi.
- Esempio 3 (Persona sola con mutuo in bonis). Giovanna, 40 anni, è madre single di un bambino. Ha un mutuo “prima casa” residuo di €90.000 con rata mensile di €500, sempre pagata regolarmente fino ad oggi (nessun arretrato). Ha invece accumulato debiti personali chirografari di €30.000 (finanziamenti e carta di credito) a causa di spese impreviste. Il suo stipendio netto è €1.800 mensili. Vive nell’appartamento acquistato; in mancanza di pagamenti essenziali rischierebbe di perderlo. Nel piano del consumatore:
- Mutuo escluso dal piano: Giovanna dichiara esplicitamente che continuerà a pagare il mutuo regolarmente (fuori dalla procedura). Quindi la banca non fa parte del piano, l’ipoteca resta intatta e lei onora €500/mese come prima.
- Altri debiti: Propone di ristrutturare i €30.000 restanti riducendoli al 50% (€15.000 totali), da pagare in 5 anni (rate da €250/mese) più una piccola quota iniziale dal TFR.
- Esito atteso: Il tribunale sospende il pignoramento sulla casa. Poiché il piano offre ai creditori un ammontare (anche €15.000) comparabile o superiore a quanto incasserebbero vendendo l’auto di Giovanna e pignorando stipendio per 4 anni (€circa13.000), omologa la proposta. Giovanna mantiene la casa continuando a pagare €500 per il mutuo e €250 ai finanziatori, ripagando in tutto €22.500 sui €30.000 dovuti. Alla fine del piano i debiti residui (€7.500) vengono azzerati con l’esdebitazione. In questo modo la prima casa è salva (non toccata dalla procedura) e il debitore ottiene uno sconto sul debito complessivo, mentre i creditori ricevono più di quanto avrebbero in una vendita immobiliare (dato che la casa non è stata messa all’asta e non sarebbero passati i 4 anni di pignoramento). Questa simulazione illustra l’opzione “mutuo fuori dal piano” già menzionata.
Questi esempi mostrano casi tipici: il piano può concentrarsi sui debiti non ipotecari, mantenendo in vita il mutuo sulla prima casa (esempio 3), oppure includere il mutuo con nuovi termini (es. 1). In ogni caso, l’obiettivo è garantire ai creditori di ottenere almeno quanto avrebbero da una vendita forzata, salvaguardando però i bisogni familiari fondamentali come l’abitazione principale.
Domande e Risposte (FAQ) sui profili chiave
- Chi può accedere al piano del consumatore? Il piano è riservato solo ai consumatori (persone fisiche con debiti per scopi personali). Ciò esclude i soggetti fallibili o con attività d’impresa prevalente: in particolare non è ammesso al piano del consumatore chi ha superato i limiti dimensionali (imprenditore “sotto soglia” non fallibile) o chi è sostanzialmente un piccolo imprenditore. Tali soggetti dovranno ricorrere al concordato minore o alla liquidazione. In sintesi, o si è consumatori (piano dedicato), o si è imprenditori/professionisti (concordato o liquidazione).
- Cosa succede se ho un pignoramento in corso (mutuo o beni)? Con la presentazione della domanda di piano, tutte le esecuzioni vengono sospese automaticamente. Il tribunale può inoltre ordinare la sospensione cautelare di un’asta immobiliare pendente. In pratica, l’apertura del piano blocca la vendita coatta: i creditori non possono incassare dalle esecuzioni mentre la procedura è in corso. Successivamente, il giudice valuterà la proposta di piano come alternativa all’asta stessa, garantendo che i creditori (ad esempio la banca ipotecaria) ricevano almeno il ricavato di un’eventuale asta frustrata.
- Posso continuare a pagare il mutuo risolto o scaduto? Sì. Il piano può prevedere la prosecuzione del mutuo ipotecario sulla prima casa: il debitore chiede l’autorizzazione del tribunale a versare capitale e interessi scaduti e a continuare i pagamenti alle scadenze originarie. I tribunali hanno confermato questa possibilità: ad esempio il Trib. Bari 2021 ha omologato un piano che riprendeva il mutuo sulla casa anche dopo la risoluzione contrattuale. L’importante è che il piano garantisca ai creditori privilegiati (banche, fisco) una soddisfazione almeno pari al valore di realizzo alternativo. In pratica, tale opzione significa che l’abitazione principale rimane fuori dalla procedura, a patto che il debitore continui a pagare il mutuo normalmente.
- Qual è la durata massima del piano? Non esiste un limite legale fisso alla durata. Di solito i piani durano alcuni anni (fino a 5–10 anni); in casi estremi si possono prevedere dilazioni ultradecennali se giustificate dalla situazione. La Cassazione ha chiarito che non c’è un termine finale massimo: ogni estinzione va valutata in base alla convenienza complessiva e alla capacità reddituale del debitore. Pertanto, il giudice può autorizzare piani anche molto lunghi se mostrano di massimizzare il rimborso ai creditori rispetto alla liquidazione.
- Cosa ottengono i creditori inclusi nel piano? Tutti i creditori inclusi (privilegiati e chirografari) ricevono quanto stabilito dal piano approvato. Globalmente essi ottengono una “offerta” più vantaggiosa di una procedura esecutiva: in particolare il creditore ipotecario deve ottenere almeno l’equivalente dell’asta. Ad esempio, se l’asta sulla prima casa avrebbe fruttato €50.000, il piano dovrà assicurare alla banca almeno €50.000 complessivi. Se così è, i creditori sono vincolati all’omologa e al termine il debitore ottiene l’esdebitazione sui debiti residui (i rimanenti debiti non soddisfatti). Se invece il piano non è conveniente, il giudice può rigettarlo.
- Cosa succede ai coobbligati o garanti (es. coniuge garante di mutuo)? L’omologa libera solo il debitore procedurale. Il fideiussore o coobbligato esterno non viene liberato dai debiti residui: i creditori ipotecari o finanziari potranno rivalersi sul garante per l’eventuale quota non pagata. Il piano, infatti, estingue i debiti solo per il soggetto che ha ottenuto l’omologa. In altri termini, il piano del consumatore non produce effetti diretti sulle persone estranee al procedimento.
- Influisce il tipo di tasso (fisso/variabile) sul piano? No. L’elemento determinante è il capitale residuo e la sostenibilità della rata complessiva, non la modalità di calcolo degli interessi. Un mutuo a tasso fisso o variabile si tratta allo stesso modo nel piano, puntando sulla riduzione del capitale residuo o l’allungamento delle rate. Eventuali controversie tecniche sul tasso (es. usura, trasparenza) rimangono contenzioso a sé stante, e non incidono direttamente sul piano.
- Conserva la proprietà della casa dopo il piano? Se il piano viene omologato e correttamente eseguito (pagamenti come da accordo), alla fine l’abitazione principale resta di proprietà del debitore, libera da ipoteca (nel caso sia stato ripianato il mutuo) o quantomeno non venduta. Grazie all’esdebitazione, tutti i debiti residui (non pagati dal piano) vengono cancellati. Quindi se il piano era focalizzato sui debiti chirografari e il mutuo è stato pagato o continuerà a essere pagato, la casa non sarà mai messa in vendita coatta e potrà restare alla famiglia. Questo risultato non è garantito con altri strumenti (in una liquidazione controllata l’abitazione poteva essere liquidata se superava i limiti di “bene essenziale”), mentre nel concordato minore la casa può venire inserita nel piano con differenti criteri (non esistono protezioni speciali per il consumatore).
Vantaggi e svantaggi del piano del consumatore
Vantaggi principali:
- Blocca immediatamente esecuzioni e pignoramenti, consentendo un’amministrazione ordinata dei debiti.
- Permette flessibilità nella composizione del debito: moratorie lunghe, rateizzazioni, riduzioni (“falcidie”), mantenimento dei beni essenziali (inclusa la casa).
- Non richiede accordi formali con i creditori: l’omologa dipende dal giudice, non dal voto.
- Alla fine il debitore ottiene l’esdebitazione sui residui non pagati (salvo comportamenti colposi), azzerando gli stessi.
Svantaggi principali:
- Richiede una certa capacità di rimborso: i piani devono prevedere pagamenti verosimili; chi è del tutto incapiente può finire in liquidazione controllata.
- Può essere percepito dai creditori come “concordato mascherato”: qualche giudice dubita se sia corretto, ma attualmente è legittimo (Cass. 4622/2024, 9549/2025).
- Se non approvato dal giudice, il debitore resta esposto: eventualmente passerà alla liquidazione.
- Può precludere percorsi alternativi (ad es. chi presenta il piano consumatore può rinunciare al concordato), e l’OCC ha un ruolo vincolante sulla correttezza del piano.
Confronto tra strumenti di composizione del sovraindebitamento
Di seguito una tabella riassuntiva delle principali differenze tra il Piano del consumatore, la Liquidazione controllata e il Concordato minore (per piccoli imprenditori/professionisti), con riferimento agli istituti nel CCII:
Caratteristica | Piano del consumatore | Liquidazione controllata (CCII) | Concordato minore |
---|---|---|---|
Soggetti ammessi | Solo consumatori (persone fisiche con debiti personali). Non accessibile a imprenditori/professionisti (anche piccoli). | Consumatore o professionista o imprenditore minore (non soggetto a fallimento). Ad esempio, liberi professionisti o imprenditori artigiani sotto soglia fallimentare possono chiedere la liquidazione controllata. | Imprenditori non fallibili (piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti non consumatori); il consumatore è escluso. |
Contenuto e voto creditori | Piano definito dal debitore; non è richiesto il voto dei creditori né il loro consenso formale. Il giudice omologa se il piano è soddisfacente. | Nessun voto; l’OCC nomina un liquidatore, che vende i beni (tranne quelli essenziali) e ripartisce proventi. Il debitore non propone un piano, ma deve cooperare nella liquidazione. | Richiede la convocazione dei creditori e il voto dei creditori (con maggioranze previste dall’art.167 LF). Il piano (progetto) va approvato dai creditori (maggioranza del debito). |
Patrimonio e beni | Il debitore mantiene i beni essenziali (abitazione principale, strumenti di lavoro, effetti personali). Può eleggere di non cedere la casa se continua a pagarla. | I beni non essenziali sono liquidati: l’abitazione principale rimane se rientra nei “beni essenziali” o se di valore limitato; altrimenti può essere venduta. Ad es., il fondo mutuo per prima casa (L.147/2013) può essere utilizzato. | L’eventuale immobile è inserito nel piano di ristrutturazione: non c’è un’esenzione automatica per la prima casa del debitore. Le regole sono quelle del concordato fallimentare (creditori votano il piano). |
Esdebitazione finale | Sì: al termine dell’esecuzione, i residui del debito vengono azzerati. Solo il debitore viene liberato, i garanti rimangono comunque debitori (coobbligati). | Sì: il debitore (qualsiasi categoria) ottiene l’esdebitazione finale cancellando i residui, salvo casi di frode o meriti negativi gravi. | Sì: anche nel concordato minore i residui (ripartiti nel piano) vengono esdebitati alla fine, se il piano è eseguito. |
Durata tipica | Variabile, di norma fino a 5–10 anni; non esiste un tetto legale massimo. Può superare i 10 anni in casi complessi (Cass. 9549/2025: ogni durata è valutata in base alla convenienza). | La procedura ha durate prefissate per la liquidazione: spesso pochi anni. L’esecuzione non è temporizzata come un piano; si chiude quando i beni sono venduti e l’OCC presenta il rendiconto finale. | Durata anch’essa flessibile, generalmente 3-5 anni, ma il piano votato può prevedere pagamenti rateali di media lunghezza (il debitore resta vigile fino all’esito). |
Obbligo di buona fede | Sì. Il debitore e i creditori devono comportarsi secondo buona fede (art.4 CCII) durante la procedura. L’OCC monitora il piano e segnala gli abusi. | Sì, in quanto applicabile tutto il CCII (deve collaborare con l’OCC). Il debitore ha doveri analoghi. | Sì, come in ogni concordato. Il piano deve essere realizzabile: è prevista la relazioni di bancarottieri. |
Protezione prima casa | Molto elevata: il mutuo può continuare a essere pagato (e l’ipoteca resta) senza togliere la casa, o essere ristrutturato con moratoria estesa. Non vige obbligo di vendita. | Notevole: la prima casa è un bene essenziale (tutela del debitore), ma può essere venduta se di valore eccessivo; comunque è spesso coperta dal Fondo garanzia prima casa. | Nessuna protezione speciale: la casa può far parte del concordato (il piano sottoposto ai creditori) e non esistono esenzioni automatiche riservate ai consumatori. |
Vantaggi / svantaggi | Vantaggi: procedura semplice, senza liquidazione forzata, con possibilità di “salvare” la casa; elimina i residui dei debiti. Svantaggi: richiede comunque pagamenti sostenibili; non salva il garante; può essere rigettato. | Vantaggi: copre debiti anche in caso di colpa, dà esdebitazione piena; non dipende dal voto creditori; può proteggere beni essenziali. Svantaggi: liquidazione dei beni, perdita possibile dell’abitazione (se non essenziale), necessità di molte formalità (organismo, rendiconto). | Vantaggi: adeguato per professionisti/imprenditori che devono ristrutturare debiti; prevede accordo collettivo con i creditori. Svantaggi: il consumatore non vi accede; iter più complesso (assemblee, maggioranze); costi procedurali; meno flessibile nel tutelare la casa del debitore individuale. |
Gli esempi e le tavole precedenti illustrano come ciascuno strumento risponda a esigenze diverse. In particolare il piano del consumatore emerge come la soluzione più adatta quando l’obiettivo è conservare la prima casa e ottenere subito una moratoria strutturata, facendo fronte ai debiti con rate compatibili al reddito corrente. La liquidazione controllata può essere scelta se il piano fallisce o in casi di debiti complessi, mentre il concordato minore è riservato a chi esercita un’attività non professionale e ha necessità di raccogliere creditori attorno a un piano comune.
Conclusioni e fonti normative/giurisprudenziali
Il piano del consumatore è ormai la procedura chiave per i debitori privati in crisi, con una disciplina aggiornata dal CCII e dai correttivi succedutisi nel 2020-2024. Essa offre ampi margini di tutela della prima casa, sia mediante la continuazione del mutuo (o la sua esclusione dal piano) sia imponendo al debitore di garantire al creditore ipotecario quanto darebbe l’asta. Le ultime riforme (c.d. “correttivo-ter” 2024) e la giurisprudenza della Cassazione (ordinanze 4622/2024 e 9549/2025) hanno ribadito questo schema interpretativo, ampliando la possibilità di moratorie prolungate (fino a 2 anni e oltre) e specificando che il termine è solo quello iniziale per cominciare i pagamenti.
Il giudice del tribunale ha sempre l’ultima parola sulla convenienza complessiva: salva la casa se il piano è effettivamente più conveniente dell’asta, oppure la vende se i termini proposti sono irragionevoli. In ogni caso, grazie al piano e all’esdebitazione finale, il debitore meritevole ottiene una reale possibilità di “ripartire” senza portarsi i debiti per tutta la vita.
Fonti normative e giurisprudenziali citate: D.Lgs. 14/2019 (codice della crisi, artt. 67-73), L. 3/2012 art. 8; D.Lgs. 147/2020; L. 176/2020; D.Lgs. 136/2024 (correttivo-ter); Cass. civ. ord. 4622/2024; Cass. civ. 9549/2025; Tribunale di Bari 27.10.2021; Trib. Nola 25.11.2020; Trib. S. Maria C.V. 5.11.2021; Trib. Torino 2021; Trib. Spoleto 15.1.2024; Trib. Oristano 2024; e altri.
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✔️ Difensore di famiglie e privati contro pignoramenti e aste immobiliari
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Conclusione
Con il piano del consumatore puoi ristrutturare i tuoi debiti e continuare ad abitare nella tua casa, anche se già ipotecata o pignorata.
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