La Liquidazione Volontaria Del Patrimonio Del Debitore

Hai debiti che non riesci più a gestire e stai cercando una via d’uscita legale, dignitosa e che ti permetta di voltare pagina senza rischiare pignoramenti o fallimenti disordinati? Ti stai chiedendo se puoi decidere tu di liquidare il tuo patrimonio, prima che lo facciano i creditori?

La liquidazione volontaria del patrimonio del debitore è uno strumento previsto nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento, che consente di affrontare una situazione economica compromessa in modo trasparente, guidato e sotto il controllo del tribunale, ma con un’iniziativa autonoma da parte del debitore stesso.

Vediamo allora cos’è, come funziona concretamente e quando conviene attivarla.

Cos’è la liquidazione volontaria del patrimonio?
È una procedura attraverso cui il debitore – persona fisica, ditta individuale o professionista – decide spontaneamente di mettere a disposizione i propri beni per pagare i creditori, in modo ordinato e controllato. L’obiettivo è chiudere i debiti in modo sostenibile e accedere, alla fine, all’esdebitazione, cioè la liberazione definitiva da ciò che non è stato possibile saldare.

Come funziona nella pratica?
Il debitore, assistito da un avvocato e da un gestore della crisi, presenta al tribunale un’istanza di liquidazione, elencando i beni e la documentazione che dimostra la situazione di sovraindebitamento. Una volta accolta, viene nominato un liquidatore che vende i beni (immobili, auto, quote) e ripartisce il ricavato tra i creditori secondo le regole di legge.

Durante la procedura, il debitore è protetto: i creditori non possono agire individualmente, né avviare nuovi pignoramenti o azioni forzate.

Chi può accedervi?
Possono accedere alla liquidazione volontaria:

– i soggetti non fallibili (come consumatori, professionisti, piccoli imprenditori);
– le persone che non possono proporre un piano del consumatore o un concordato minore;
– chi ha beni da offrire ma non entrate sufficienti per un piano di rientro regolare.

Cosa si può ottenere con questa procedura?
Il vantaggio principale è che, una volta completata la liquidazione, puoi ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione di tutti i debiti residui non pagati. In questo modo riparti da zero e chiudi definitivamente i rapporti con i creditori.

E la prima casa? Va sempre venduta?
Non necessariamente. In certi casi, se la casa è di valore modesto, oppure se il debitore e la famiglia non hanno alternative abitative, si può ottenere la sua esclusione dalla liquidazione, o una gestione compatibile con il diritto all’abitazione.

Serve un avvocato?
Sì. È fondamentale farsi assistere da un professionista esperto in crisi da sovraindebitamento, che sappia predisporre correttamente l’istanza, raccogliere i documenti necessari, seguire le fasi della procedura e, soprattutto, ottenere l’esdebitazione finale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in procedure di sovraindebitamento e tutela del patrimonio – ti spiega come funziona la liquidazione volontaria del patrimonio, quando conviene attivarla e come possiamo aiutarti a uscire dai debiti in modo legale e definitivo.

Hai debiti che non riesci più a pagare? Vuoi valutare se la liquidazione volontaria può essere la tua occasione per ripartire?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo la tua situazione, valuteremo insieme i beni disponibili e costruiremo il percorso più sicuro per chiudere i debiti, proteggere ciò che conta e tornare finalmente libero.

Introduzione

La liquidazione volontaria del patrimonio del debitore – talvolta indicata come liquidazione controllata nell’attuale Codice della crisi – è uno degli strumenti di composizione della crisi previsti dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi e dell’insolvenza, “CCI”). Si tratta di una procedura concorsuale rivolta principalmente a soggetti in sovraindebitamento (ossia non soltanto operanti in piena azienda), che permette al debitore di far liquidare i propri beni per soddisfare i creditori secondo una scala di priorità. Al termine della procedura il debitore può ottenere, se ricorrono i presupposti (art. 280 CCI), la liberazione dai debiti residui (esdebitazione). La finalità della liquidazione controllata è dunque la massimizzazione del rimborso creditori attraverso una liquidazione ordinata del patrimonio, evitando il fallimento o l’insolvenza formale (la “liquidazione giudiziale”) e consentendo comunque al debitore onesto di chiudere il proprio debito residuo.

Destinatari e requisiti di accesso

Possono accedere alla liquidazione controllata i debitori che rientrano nelle categorie soggettive ammesse dall’art. 2 CCI e soddisfano i requisiti previsti dal Codice. In particolare, come sintetizzato dalla Camera di Commercio di Modena, sono ammessi consumatori (persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale), professionisti e altri imprenditori individuali di limitate dimensioni, oltre a specifiche categorie quali imprenditori agricoli o start-up innovative, nonché ogni soggetto non assoggettabile a procedure liquidatorie ordinarie (fallimento o liquidazione coatta). In concreto, il debitore deve trovarsi in uno stato di crisi o insolvenza (caratterizzato dall’incapacità di far fronte regolarmente ai debiti nei 12 mesi) e non deve esistere un procedimento concorsuale già aperto nei suoi confronti. Inoltre, per alcuni obblighi si richiede che non si siano verificate circostanze ostative all’esdebitazione (per es., condanne per bancarotta fraudolenta, distrazione di beni o condotta dolosa), così come elencato all’art. 280 CCI.

Fra i requisiti più rilevanti ricordiamo:

  • Consumatore: la procedura è aperta anche al consumatore (persona fisica non imprenditore) indebitato. Il requisito di essere “consumatore” comporta nulla più che non svolgere attività imprenditoriale od averne scopo preponderante nei debiti; va sottolineato che il piano di ristrutturazione del consumatore (art.14-18 CCI) mantiene analoghi requisiti (quali l’assenza di esdebitazione pregressa nei 5 anni e di colpa grave).
  • Professionista e piccolo imprenditore: sono inclusi i professionisti e gli imprenditori minori, come definiti dall’art.2 CCI. Ad esempio, l’art.2 lett. d) CCI stabilisce che rientra in questa categoria chi abbia ricavi annui fino a €200.000, attivo inferiore a €300.000 e debiti complessivi fino a €500.000.
  • Imprenditore agricolo e start-up innovativa: pur svolgendo attività imprenditoriale, questi soggetti godono di accesso facilitato alla liquidazione controllata secondo il legislatore.
  • Altro: anche chi è formalmente imprenditore ma non rientra nei parametri sopra (ad es. società di persone o attività di maggiore dimensione) può in teoria accedere solo se “non è assoggettabile” a fallimento o liquidazione coatta – un caso alquanto raro. In pratica, le società di persone e le società di capitali in crisi devono seguire invece altre vie (concordato preventivo o liquidazione giudiziale).

In sintesi, la liquidazione controllata è pensata come soluzione flessibile per il debitore persona fisica – anche imprenditore piccolo – che non può sanare il debito integralmente ma desidera esaurire il patrimonio in modo ordinato per liberarsi dai residui, preservando i creditori dallo stato d’insolvenza.

Procedura della liquidazione controllata

Istanza e apertura

Il debitore presenta un’istanza al Tribunale competente (di solito quello del proprio domicilio o sede legale) tramite un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), analogamente ad altre procedure di sovraindebitamento. L’OCC assiste il debitore nella predisposizione della domanda ma – come prevede espressamente il Codice (art.68 co.1) – l’assistenza di un avvocato non è obbligatoria. La domanda contiene la documentazione patrimoniale e reddituale, un prospetto dei creditori e la proposta di programma di liquidazione (generalmente, listato dei beni da vendere e tempi di riparto).

Il Tribunale valuta i presupposti formali: stato di sovraindebitamento del debitore, completezza della documentazione, inesistenza di procedure pendenti e veridicità delle condizioni. Se tutto è in regola, il Tribunale dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata e nomina contestualmente un giudice delegato e un liquidatore (un professionista indipendente che gestirà materialmente la liquidazione). In questa fase iniziale il giudice può anche rigettare la domanda o, su reclamo dei creditori, bloccare l’apertura se ravvisa violazioni procedurali (ad es. mancanza di interesse del creditore reclamante, come chiarito dalla Cassazione).

Con l’apertura la procedura acquisisce efficacia di legge verso tutti i creditori: decorrono gli effetti tipici analoghi alla liquidazione giudiziale (interruzione di azioni esecutive e cautelari sui beni, divieto per il debitore di compiere atti dispositivi non autorizzati, ecc.). Diversamente dal fallimento, tuttavia, non viene aperta una procedura col curatore forzato, ma il liquidatore opererà secondo il programma presentato dal debitore e, se necessario, modificato dal giudice delegato.

Svolgimento e riparto

Il liquidatore redige un programma di liquidazione basato sull’inventario dei beni. Vengono quindi liquidati i beni del patrimonio (venduti o trasferiti) per convertire l’attivo in denaro. L’eventuale ricavato viene ripartito fra i creditori secondo l’ordine di prelazione ordinario (first privilegied claims, poi chirografari), analogamente a quanto avverrebbe in fallimento. Tra l’altro la Cassazione ha confermato che anche nella liquidazione controllata il creditore fondiario può far valere il proprio privilegio processuale (art.41 co.2 TUB) come in liquidazione giudiziale. Pertanto, la vendita di un immobile ipotecato segue le stesse regole e il ricavato sarà prioritariamente destinato a estinguere il credito ipotecario.

Il liquidatore, sotto la sorveglianza del giudice delegato, svolge ogni attività di custodia e vendita dei beni. I protocolli dei tribunali (ad es. Tribunale di Milano, 15 ott. 2024) sottolineano l’importanza di un monitoraggio puntuale: vanno redatti rapporti periodici allo stato passivo e alla gestione del conto della procedura. La procedura non prevede adempimenti rituali come l’assemblea dei creditori (tipica del concordato) né il voto dei creditori su un piano; è di tipo autorità-centrico: il giudice omologa sostanzialmente l’apertura e ratifica gli atti del liquidatore se conformi alle regole concordate.

Al termine (talora relativamente rapido: si parla di circa 1-3 anni in media) il liquidatore presenta rendiconto e propone la chiusura della procedura. Il giudice delegato, quindi, approva (con decreto) il riparto finale e dichiara formalmente chiusa la liquidazione controllata. Da quel momento (o, in ogni caso, al massimo dopo 3 anni dall’apertura) scatta di diritto la liberazione dai debiti residui (esdebitazione) se il debitore ha adempiuto gli obblighi informativi e non ha causato con dolo la propria crisi. Diversamente, in caso di violazioni gravi, l’esdebitazione può essere negata.

Effetti giuridici

Gli effetti della liquidazione controllata sul debitore e sui creditori sono molteplici:

  • Par condicio creditorum: tutti i creditori sono ammessi alla procedura; il liquidatore dovrà redigere lo stato passivo e ripartire in proporzione il ricavato fra loro. La procedura sancisce l’uguaglianza di trattamento per i crediti dello stesso grado. Eventuali accordi particolari fra debitore e singoli creditori possono essere superati dalla procedura concorsuale.
  • Sospensione delle esecuzioni: con l’apertura la tutela esecutiva parziale sui beni inizia a cessare. In particolare, come nella liquidazione giudiziale, dal decreto di apertura scongiura l’esecuzione sulle garanzie reali e altri atti: i creditori anteriori (che avevano già pignorato) non possono portare avanti esecuzioni espropriando i beni inclusi nella liquidazione.
  • Poteri del liquidatore: il liquidatore è organo della procedura con ampi poteri per salvaguardare l’integrità del patrimonio destinato ai creditori. La Cassazione (ord. n. 12395/2025) ha affermato che il liquidatore può addirittura eccepire in via incidentale l’inefficacia di atti pregiudizievoli compiuti dal debitore (azione di revocatoria ordinaria, art.2901 c.c.), previa autorizzazione del giudice delegato. In tal modo il liquidatore tutela il patrimonio destinato al pagamento dei creditori analogamente all’azione esercitabile in fallimento.
  • Sicurezza per i creditori: i creditori privilegiati (ad es. ipotecari) conservano i loro diritti di prelazione. In proposito la Cassazione ha stabilito che il privilegio fondiario di cui all’art.41 co.2 TUB “sopravvive” al Codice della crisi ed è applicabile alla liquidazione controllata. Pertanto, un creditore ipotecario potrà rivalersi sui frutti della vendita del bene immobiliare del debitore, prima di ogni altro creditore chirografario.
  • Esdebitazione: uno degli esiti più importanti, per il debitore onesto, è la liberazione del residuo debitorio. Se il debitore ha rispettato gli obblighi di legge (art. 274 CCI) e non ha determinato volontariamente la crisi (senza giusta causa), potrà essere ammesso all’esdebitazione “di diritto” al termine della LC o dopo 3 anni. Ciò significa che i debiti non soddisfatti con l’attivo finale vengono cancellati, e il debitore non sarà più tenuto a rispondere con i propri beni futuri. Il regime di esdebitazione nella liquidazione controllata riprende sostanzialmente quello della composizione con i creditori: in entrambi i casi, il beneficio si ottiene se il debitore dimostra buona fede e diligenza secondo le regole dell’art.280 CCI.

In sintesi, la liquidazione controllata offre al debitore gli stessi effetti di un fallimento liquidatorio (liquidazione dei beni e riparto pro quota), ma con procedure meno coercitive e con la possibilità di esdebitarsi. Tale strumento può essere molto attrattivo per un imprenditore o un professionista che, pur non potendo continuare l’attività, vuole chiudere civilmente la propria posizione verso i creditori.

Confronto con altri strumenti di crisi

La liquidazione volontaria (controllata) non è l’unica opzione per il debitore in difficoltà. Ecco un confronto con altri istituti principali:

  • Piano di ristrutturazione del consumatore (art.14-18 CCI): rivolto anch’esso al consumatore, prevede un piano che può consistere nell’estinzione parziale dei debiti mediante dilazioni o vendita di alcuni beni. A differenza della liquidazione controllata, il piano non implica necessariamente la vendita di tutto il patrimonio, ma può prevedere periodiche rate o obblighi limitati. Come nella LC, il consumatore può ottenere l’esdebitazione se rispettate le condizioni. I requisiti per il piano (essere consumatore, assenza di esdebitazione pregressa nei 5 anni, assenza di frode) sono praticamente identici a quelli della LC. La principale differenza è procedurale: il piano del consumatore si svolge interamente davanti all’OCC, senza fase pubblicistica, mentre la LC passa per un decreto del Tribunale che nomina il liquidatore.
  • Composizione negoziata della crisi (art.56-64 CCI): questo strumento, introdotto di recente, consente al debitore di negoziare direttamente con i creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in continuità d’impresa. Può coinvolgere soggetti che non sarebbero ammessi all’LC (ad esempio società di persone/di capitali) e si svolge innanzitutto davanti a un OCC, con successivo omologazione giudiziale facoltativa. L’obiettivo è salvare l’azienda tramite un piano di rientro; tipicamente non prevede liquidazione del patrimonio. Al contrario, la LC prescinde dalla continuità aziendale: punta esclusivamente alla liquidazione dei beni.
  • Concordato preventivo in continuità o liquidatorio (art.80-88 CCI): è la procedura tradizionale per le società commerciali (e imprenditori di dimensioni maggiori). Il debitore propone un piano che può prevedere prosecuzione dell’attività (con ristrutturazione dei debiti) o liquidazione dell’azienda stessa (con vendita concordata o liquidazione coatta). Diversamente dalla LC, il concordato richiede il consenso delle maggioranze dei creditori (solitamente 2/3 dei crediti ammessi) e prevede fasi assembleari. Lo strumento è molto più complesso e adatto ad aziende più grandi. Una volta omologato, nella versione in continuità il debitore resta in sella, mentre nella versione liquidatoria si nomina un liquidatore (simile a quello LC) che vendite attivo. Gli effetti per i creditori (sospensione esecuzioni, piani, ecc.) sono comunque paralleli. A differenza della LC, però, il concordato è applicabile a qualsiasi imprenditore/impresa in crisi (entro certi limiti patrimoniali) e può richiedere vincoli più stringenti (es. garanzie sui pagamenti).
  • Concordato semplificato per liquidazione (art.25-sexies/25-septies CCI): questo è un nuovo istituto introdotto per microimprese e soggetti sovraindebitati che hanno già avviato una composizione negoziata. Prevede un piano di liquidazione definito con minor formalità. In estrema sintesi, il debitore formula un programma di liquidazione dei beni e, se approvato dall’OCC, il Tribunale nomina un liquidatore e lo autorizza a vendere. Il liquidatore attua il programma; come in LC, alla fine il debitore può esdebitarsi. In pratica, è molto simile alla liquidazione controllata, ma si applica a crisi emerse nell’ambito della composizione negoziata di cui all’art.56 CCI, beneficiando di un iter più veloce. L’art.25-septies CCI chiarisce che il tribunale, con l’omologazione, nomina il liquidatore, mentre i commi successivi disciplinano la vendita dell’azienda o di parti di essa.
  • Liquidazione giudiziale (fallimento): si raggiunge quando il debitore non può presentare alcun piano e la crisi è conclamata. A differenza di quanto avviene nella LC, qui la procedura è coattiva e senza alcun ruolo decisionale del debitore. Un curatore (contrapposto al liquidatore LC) gestisce l’insieme patrimoniale per conto del tribunale. L’accesso richiede irreversibile insolvenza (debiti scaduti > patrimonio) e può essere chiesto anche dai creditori. Nel confronto: la LC è volontaria (il debitore chiede l’apertura) e normalmente più rapida, mentre la liquidazione giudiziale può essere lunga e più gravosa sul debitore (sospensione di molte attività, controlli giudiziari stringenti). L’esdebitazione post-fallimento richiede anch’essa l’assenza di condanne specifiche e colpe (art.278 ss. CCI) e segue una disciplina simile a quella della LC.

In sintesi, rispetto alle alternative, la liquidazione controllata è la procedura «minore» più adatta ai debitori non imprenditoriali o di piccole dimensioni. Non richiede accordi assembleari con i creditori né criteri di maggioranza, e concede un ruolo attivo al debitore che fornisce il programma di liquidazione. Viceversa, per aziende più grandi o debitori con velleità di ripresa, si ricorre al concordato o all’accordo di ristrutturazione, che privilegiano soluzioni di continuità e richiedono partecipazione maggioritaria dei creditori. La LC si colloca dunque a metà strada tra lo strumento consensuale (piano del consumatore) e lo strumento impositivo (fallimento), garantendo comunque omogeneità di trattamento per i creditori e parità di riparto.

Simulazioni e casi pratici

Caso 1 – Consumatore con beni immobili: Mario è un lavoratore dipendente in forte difficoltà finanziaria, con debiti per €80.000 verso più banche e un mutuo residuo di €20.000 su un’abitazione principale (valore di mercato €150.000) e un piccolo appartamento affittato (valore €100.000). Non riuscendo a pagare le rate, chiede aiuto. Potrebbe accedere al piano del consumatore, depositando domanda presso un OCC; in tale piano potrebbe proporre di vendere l’appartamento inquilino, estinguere il mutuo e usare €70.000 circa dei ricavi per ripagare in parte le banche (favorevole a Mario). In alternativa, potrebbe optare per la liquidazione controllata: in tal caso (essendo consumatore) il Tribunale dichiarerebbe aperta la procedura, nominerebbe un liquidatore che venderebbe gli immobili. Dalle vendite ricavasse, per esempio, €230.000, si salderebbero prima il mutuo e altri privilegi, e il residuo (diciamo €200.000) sarebbe ripartito fra tutti i creditori. Alla fine, se non c’è colpa grave, Mario otterrebbe l’esdebitazione e non dovrà più pagare ciò che non è stato coperto.

Caso 2 – Imprenditore individuale: Lucia gestiva un negozio di abbigliamento. A seguito di concorrenza e calo vendite, si ritrova con un debito di €200.000 verso fornitori e banche, e un magazzino e arredi aziendali valutati €100.000. Considerati i debiti insolubili, Lucia presenta istanza di liquidazione controllata (rientra nei limiti per imprenditore minore). Il Tribunale apre la procedura, nomina un liquidatore che vende le rimanenze e i macchinari. Con i ricavi (€100.000) paga parzialmente i creditori secondo le priorità. Lucia cessa l’attività commerciale. Se nel frattempo non ha violato norme di buona fede, il Tribunale, al termine, dichiara la sua liberazione dai debiti residui (previa verifica art.280).

Caso 3 – Società di persone (snc): I soci della snc «XYZ & Co.», insieme titolari di debiti di €500.000, dovrebbero generalmente scegliere tra concordato preventivo o liquidazione giudiziale. Tuttavia, se uno solo dei soci (persona fisica) è caduto in sovraindebitamento estraneo all’attività sociale, potrebbe in teoria chiedere individualmente la liquidazione controllata per i suoi debiti personali (non quelli della società). Se invece l’intero patrimonio sociale fosse gravato di debiti, i soci potrebbero deliberare la messa in liquidazione volontaria ex C.C. e, con l’aiuto di un accordo con i creditori, giungere a un concordato liquidatorio. In pratica, il modello di liquidazione controllata descritto dalla legge vale per il singolo debitore, non per l’intera società.

Caso 4 – Società di capitali: Una SRL in crisi può deliberare lo scioglimento e la liquidazione volontaria secondo il codice civile; ciò comporta la nomina di un liquidatore societario e la vendita dei beni sociali. Tuttavia, se la società è insolvente, tale via potrebbe non bastare per proteggere i creditori: essi potrebbero chiederne il fallimento (ora liquidazione giudiziale) o un concordato liquidatorio in Tribunale. Nonostante la terminologia “volontaria”, il codice della crisi non prevede una “liquidazione controllata” per le società di capitali; pertanto, in questi casi si ricorre quasi sempre a un concordato preventivo in liquidazione o alla liquidazione coatta da tribunale.

Questi esempi evidenziano come la liquidazione controllata – o “liquidazione volontaria del patrimonio” – sia uno strumento apprezzabile soprattutto per persone fisiche e piccole imprese. La scelta tra liquidazione controllata e gli altri istituti dipende dalle dimensioni dell’impresa, dalla situazione patrimoniale e dagli scopi di ristrutturazione (continuità vs chiusura).

FAQ (Domande frequenti)

  • Chi può presentare domanda di liquidazione controllata? Chiunque rientri nelle categorie ammesse (consumatore, professionista o piccolo imprenditore, artigiano, agricoltore, start-up innovativa) e si trovi in stato di sovraindebitamento. In pratica il debitore persona fisica indebitato (in affari o meno) soddisfa quasi sempre i requisiti. Le società di persone/di capitali non possono ricorrere direttamente a questa procedura, salvo casi molto particolari (ad es. un socio di una snc).
  • È obbligatoria l’assistenza legale o di un consulente? No. L’istanza deve essere presentata tramite un Organismo di Composizione (OCC), che tuttavia non sostituisce un avvocato: il debitore può depositare l’istanza anche a firma propria. L’OCC funge da interfaccia con il tribunale e i creditori e controlla la correttezza formale, ma il debitore può predisporre il piano autonomamente o con l’aiuto di un consulente a sua scelta.
  • Quanto tempo dura la procedura? In genere la liquidazione controllata è più veloce di un fallimento. La legge non fissa termini, ma i tribunali puntano a chiuderla nell’arco di uno-due anni mediamente. Molto dipende dalla complessità del patrimonio e dalla celerità del liquidatore. Durante la procedura il debitore cessa di dilatare i pagamenti e il liquidatore lavora per massimizzare i ricavi; una volta chiusa, il debitore ottiene lo svincolo definitivo dalla massa passiva.
  • Quali sono i costi? Oltre agli onorari dell’OCC e del liquidatore (liquidazione controllata applica un compenso unitario stabilito dalla legge), è previsto un contributo unificato per l’accesso (attualmente €366, salvo cambiamenti). Eventuali parcelle legali sono a carico del debitore e sono liquidate con il preventivo controllo giudiziario. In ogni caso, i creditori potranno eventualmente ottenere dal riparto di procedura (art. 92-95 CCI) anche un rimborso parziale delle spese sostenute.
  • Il mio patrimonio è vincolato da ipoteca: cosa succede? L’ipoteca sopravvive nella liquidazione controllata. Se il debito ipotecario non viene estinto, il creditore ipotecario potrà rivalersi sul prezzo dell’immobile venduto dal liquidatore. Non è prevista una “moratoria” speciale: come in fallimento, l’ipoteca prevale sui creditori chirografari. Quindi, in concreto, il liquidatore venderà l’immobile vincolato e destinerà parte del ricavato al pagamento del mutuo, come deciso anche dalla Cassazione.
  • Quali problemi possono sorgere? I rischi principali sono: mancanza di approvazione di qualche credito rilevante (in realtà la LC non richiede votazioni, ma l’OCC e il tribunale possono rigettare la domanda per irregolarità), valutazione errata dei beni (portando a ricavi insufficienti), o un comportamento fraudolento del debitore (che precluderebbe l’esdebitazione). In un reclamo del 2023 la Cassazione ha precisato che i creditori hanno interesse attuale a contestare l’apertura della procedura se temono che l’accordo li danneggi, e possono farlo anche se era già stato emesso il decreto di apertura. In altri termini, se i creditori ritengono che la procedura non sia corretta o utile, possono opporvisi per vie giudiziarie ordinarie o straordinarie. Questo implica che il debitore deve porre attenzione a depositare domande complete e veritiere.
  • Come si distingue dalla “liquidazione volontaria” societaria? La normativa delle società (codice civile) consente alle società di deliberare la propria liquidazione (distribuendo i cespiti ai soci) solo se non vi sono debiti o questi sono esigui. Se la società è insolvente, invece, si deve ricorrere alle procedure concorsuali (concordato/liquidazione giudiziale) – non esiste, nel CCI, una “liquidazione controllata” specifica per società di capitali. In questo senso, la liquidazione controllata descritta è proprio lo strumento alternativo per i debitori persone fisiche, non una procedura societaria.

Tabelle riepilogative

Requisiti soggettivi e accesso. La tabella seguente sintetizza le categorie di debitori e l’iter necessario:

Strumento / categoriaDestinatari ammessiRequisiti principaliOrgano competente
Liquidazione controllataPersone fisiche in sovraindebitamento– Stato di crisi/insolvenza (art.2, lett. c)– Non essere assoggettabile a fallimento/liquid. coatta– Assenza di condanne per bancarotta fraudolenta o frode (art.280)Tribunale (tramite OCC)
Piano consumatore (art.14 CCI)Consumatori– Essere consumatore– No esdebitazione pregressa (5 anni / 2 volte)– No dolo/frode nella crisiOCC / Tribunale (su accordo)
Accordo con creditori (sovr.)Consumatori, professionisti, imprese minori– Debito estraneo all’attività impr. (art.2, lett.c) o impr.OCC
Concordato preventivo (art.80 ss.)Imprenditori, società di persone, capitali– Stato d’insolvenza o di crisi grave– Soddisfazione maggioranze creditori (2/3) in sede di voto o accordoTribunale
Concordato semplificato (liquidaz.)Imprese minori in composizione negoziata– A seguito di composizione negoziata (art.25-sexies)Tribunale
Liquidazione giudizialeTutti gli imprenditori insolventi– Insolvenza conclamata (debiti > attivo)Tribunale

Effetti e procedure di liquidazione. La seguente tabella riepiloga gli aspetti chiave durante la procedura:

Fase/effettoLiquidazione controllataAltri strumenti simili
Nomina dell’organo gestoreTribunale nomina liquidatore– Fallimento: curatore nominato dal Tribunale– Concordato: commissario-liquidatore nominato dal Tribunale
Sospensione azioniSospende esecuzioni sui beni del debitore al decreto di aperturaSimile a fallimento/concordato (sospensione completa)
Ruolo del debitorePredispone il programma di liquidazione, ma non gestisce direttamente l’attivo– Concordato c.p.: debitore può continuare impresa (se piano in continuità)– Liquidazione giud.: debitore perde ogni potere
Riparto attivoIn base ai crediti ammessi, privilegiati/ecc., pari grado → par condicioUguale al fallimento; creditori insoddisfatti paralleli (no diversa scala)
EsdebitazioneSì, automatica al termine se rispettati art.280 (buona fede)– Fallimento: esdebitazione concessa ex art.278 CCI con requisiti analoghi– Concordato in continuità: esdebitazione usualmente prevista (art.98 CCI)
Durata e costiProcedura semplificata (minori formalità rispetto a concordato) – contributo iniziale fisso– Concordato/Accordi: iter più lungo, assemblee creditori, spese giudiziarie elevate– Liquidazione giud.: costo variabile, contributo giudiziario e liquidatore secondo tabella

Queste tabelle aiutano a confrontare a colpo d’occhio i parametri essenziali di ciascuna opzione.

Fonti

  • Normativa: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (aggiornato con modifiche, in particolare D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024). In particolare, artt. 268–277 CCI disciplinano la “liquidazione controllata del sovraindebitato”, artt. 14–18 la ristrutturazione del consumatore, artt. 25-sexies/25-septies il concordato semplificato di liquidazione, ecc. (testi rintracciabili su Normattiva e portali giuridici).
  • Giurisprudenza: Cass. civ., ord. 26 luglio 2023, n. 22616 (sull’interesse dei creditori a reclamare l’apertura della liquidazione); Cass. civ., 19 agosto 2024, n. 22914 (sul privilegio fondiario nella LC); Cass. civ., ord. 10 maggio 2025, n. 12395 (sui poteri del liquidatore in LC, tra cui la revocatoria incidentale).
  • Prassi notarile/giudiziale: Protocollo operativo Sovraindebitamento (Tribunale di Milano, 2024), linee guida OCC, modulistica Camera di Commercio (es. Guida Modena sulla LC).

Sei sommerso dai debiti? La liquidazione volontaria del patrimonio

La liquidazione volontaria del patrimonio è una procedura che consente al debitore in crisi di mettere a disposizione i propri beni per soddisfare i creditori e ottenere, alla fine, l’esdebitazione. È una scelta consapevole e protetta, che ti permette di ripartire senza debiti.
Fatti aiutare da Studio Monardo per presentare correttamente la domanda e tutelarti in ogni fase.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Valuta se sussistono i requisiti per accedere alla liquidazione volontaria
📑 Ti assiste nella redazione dell’istanza da presentare al Tribunale tramite l’OCC
⚖️ Ti segue nei rapporti con il gestore della crisi e con i creditori
✍️ Ti difende in caso di contestazioni sulla veridicità o completezza del patrimonio
🔁 Ti accompagna fino all’esdebitazione, proteggendo la prima casa se esclusa dalla procedura

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto del sovraindebitamento e liquidazione del patrimonio
✔️ Difensore in casi di pignoramento già avviato o minacce di vendita forzata
✔️ Consulente legale per ristrutturazioni personali e patrimoniali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

La liquidazione volontaria del patrimonio è una strada concreta per uscire dal sovraindebitamento e ricominciare da zero, senza più pressioni.
Con l’assistenza legale giusta puoi affrontare la procedura in modo consapevole e senza errori.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!