Hai un’impresa con debiti fiscali e ti stai chiedendo se puoi accordarti con il Fisco per pagarli a condizioni più sostenibili? Ti hanno parlato dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ma non ti è chiaro come funziona, se puoi accedervi e se può evitarti il fallimento?
L’accordo di ristrutturazione dei debiti fiscali è uno strumento pensato per imprese in crisi che vogliono evitare la liquidazione giudiziale e gestire i debiti – anche con l’Agenzia delle Entrate – in modo ordinato e protetto. Si tratta di una procedura formalizzata, che può coinvolgere anche i debiti previdenziali, locali o verso altri enti pubblici.
Che cos’è esattamente l’accordo di ristrutturazione?
È un piano elaborato dall’imprenditore con l’aiuto di un avvocato e di un professionista esperto, che prevede una proposta di pagamento parziale o dilazionato dei debiti, accettata da una parte significativa dei creditori (almeno il 60%) e omologata dal tribunale. Una volta approvato, diventa vincolante e protegge l’imprenditore da esecuzioni individuali, come pignoramenti o ipoteche.
È possibile includere anche l’Agenzia delle Entrate?
Sì. Se il piano è sostenibile e ben documentato, anche i creditori pubblici possono essere coinvolti nell’accordo. In alcuni casi, è possibile ottenere dilazioni, abbattimento di interessi o sanzioni, a condizione che la proposta garantisca una soddisfazione concreta e verificabile del debito.
Cosa contiene il piano di ristrutturazione?
Il piano deve indicare chiaramente:
- la situazione economica e patrimoniale dell’azienda,
- le modalità di pagamento dei debiti fiscali e degli altri creditori,
- le proiezioni future di sostenibilità,
- le eventuali garanzie offerte.
Inoltre, deve essere accompagnato dalla relazione di un esperto indipendente che confermi la fattibilità del piano e l’idoneità a superare la crisi.
Quali sono i vantaggi concreti?
Con un accordo di ristrutturazione puoi:
- evitare il fallimento e continuare a lavorare,
- ottenere la sospensione delle azioni esecutive durante l’iter,
- negoziare direttamente con il Fisco,
- proteggere il tuo patrimonio personale, soprattutto se hai firmato garanzie.
Quando conviene davvero attivarlo?
Quando la crisi è seria ma l’impresa è ancora attiva, ha commesse, clienti, o un asset da valorizzare. È uno strumento adatto a chi vuole risanare, non chiudere. Se invece la situazione è irreversibile, può essere più utile valutare la composizione negoziata, la liquidazione controllata o un’altra procedura meno impegnativa.
Serve un avvocato per gestirlo?
Sì. È fondamentale affidarsi a un avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa, che sappia negoziare con il Fisco, predisporre il piano, coordinarsi con l’esperto e seguire l’omologazione in tribunale. Senza assistenza adeguata, l’accordo può fallire o essere respinto, con conseguenze gravi per l’imprenditore.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in accordi di ristrutturazione e crisi d’impresa – ti spiega cos’è un accordo di ristrutturazione dei debiti fiscali, come funziona, quando conviene davvero e cosa possiamo fare per aiutarti a risanare l’impresa senza subire esecuzioni o fallimenti.
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Introduzione
L’accordo di ristrutturazione (ex artt. 57‐63 del D.Lgs. 14/2019, Codice della crisi) è uno strumento che permette all’imprenditore in stato di crisi di rinegoziare i propri debiti attraverso accordi con i creditori, comprensivi anche di Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL. In pratica il debitore prepara un piano che assicuri ai creditori un rimborso parziale o dilazionato – spesso con la prosecuzione dell’attività – e chiede al Tribunale l’omologazione di tale accordo. L’accordo si considera stipulato se vi aderiscono creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti complessivi (soglia abbattibile al 30% in caso di rinuncia alla moratoria sui creditori estranei: accordo agevolato art. 60 CCII). Gli accordi di ristrutturazione producono effetti vincolanti solo per i creditori aderenti: i creditori non coinvolti devono invece essere integramente soddisfatti entro 120 giorni dall’omologazione (o dalla loro scadenza originaria).
Per quanto riguarda i debiti fiscali e contributivi, l’art. 63 CCII prevede che nel corso delle trattative l’imprenditore possa proporre il pagamento parziale e dilazionato dei tributi (e relativi accessori) gestiti dall’Agenzia delle Entrate e dei contributi (e relativi accessori) gestiti da INPS/INAIL. Se l’Agenzia o gli enti previdenziali non aderiscono, il Tribunale può comunque omologare l’accordo (c.d. cram‐down fiscale/previdenziale) a condizione che: (i) l’adesione di tali enti sarebbe stata determinante per raggiungere la maggioranza richiesta e (ii) un professionista indipendente attesti che il trattamento offerto ai creditori pubblici è almeno conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In altre parole, la proposta deve soddisfare i due principi chiave: convenienza per l’Erario (pari almeno al realizzo che avrebbe in liquidazione) e divieto di trattamento più sfavorevole rispetto ad altre classi omogenee di creditori.
Giuridicamente, l’accordo di ristrutturazione dei debiti fiscali nasce dall’unificazione di varie disposizioni (ex art. 56, 57 e 63 CCII) ed è entrato progressivamente in vigore con il Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019, efficace dal 2022) e successive riforme. In particolare, il D.Lgs. 136/2024 (“correttivo‐ter”), pubblicato il 27 settembre 2024, ha introdotto modifiche anti‐abuso al comma 6 dell’art. 63, escludendo il cram‐down nei casi di debiti pubblici superiori all’80% dell’indebitamento complessivo o di comportamenti elusivi/abusi dell’imprenditore. In ogni caso, resta sempre libera la facoltà dell’Agenzia di accettare la proposta anche in tali casi. D.L. 69/2023 (art.1‐bis), convertito con L. 103/2023, ha invece fissato parametri più precisi: l’accordo non deve essere meramente liquidatorio, l’adesione dei pubblici è determinante per le maggioranze, e altri creditori devono rappresentare almeno il 25% del totale o, in caso contrario, l’offerta a Erario/INPS non deve scendere sotto il 40% del loro credito (fruite di una dilazione fino a 10 anni con interessi legali). Tutti questi requisiti assicurano che l’Erario sia adeguatamente tutelato; inoltre la stessa legge prevede una clausola risolutiva espressa (art. 63, co.3 CCII): se il debitore non paga interamente nei tempi previsti, l’accordo si scioglie di diritto.
Quadro normativo aggiornato
- Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019): art. 57‐63 CCII disciplinano l’accordo di ristrutturazione dei debiti. In particolare l’art. 63 consente esplicitamente di includere nei piani di ristrutturazione anche i debiti fiscali e previdenziali, aprendo alla possibilità di pagarli in modo dilazionato o ridotto. Il comma 3 di tale articolo contiene la clausola risolutiva (scioglimento automatico per mancato pagamento nei 60 giorni successivi alle scadenze).
- Decreti correttivi: il D.Lgs. 136/2024 (corr. ter) ha introdotto norme transitorie specifiche per i piani trasmessi prima della sua entrata in vigore (28 set. 2024). In particolare, gli accordi depositati prima di tale data seguono la previgente disciplina (art. 57, 60, 63, 67 CCII e D.L. 69/2023). Questo spiega perché, per piani formati prima del correttivo, restano in vigore le soglie fissate dal D.L. 69/2023.
- L. 27 novembre 2020, n.159 (cd. “milleproroghe 2021”): apportò nel 2021 modifiche alla L.Fall. (art. 180, co.4) in vista dell’applicazione del Codice, equiparabili per principio al cram-down fiscale introdotto in CCII.
- D.L. 13 giugno 2023, n.69 (conv. L. 103/2023): ha precisato le condizioni (ad es. percentuali minime di pagamento e limiti temporali fino a 10 anni) per l’adozione del cram-down su debiti tributari e contributivi.
- Normativa fiscale ordinaria: permane la disciplina generale della riscossione tributaria (ad es. segnalazione al pubblico ministero per omesso pagamento, possibilità di sequestri ecc.), ma l’accordo CCII costituisce uno strumento straordinario che sospende azioni esecutive sui creditori coinvolti (con effetto dal deposito in registro imprese) e fissa condizioni alternative all’adempimento integrale.
Procedura operativa step-by-step
- Presupposti soggettivi: può accedere l’imprenditore (persona fisica o giuridica) «in stato di crisi», ossia con squilibrio patrimoniale-finanziario tale da mettere a rischio l’attività. Non è richiesta una soglia minima di debiti, ma la presenza di creditori sufficienti (pubblici e privati) con i quali concordare. Durante la crisi precoce (prima di un’iniziativa giudiziaria) l’imprenditore può già valutare un accordo stragiudiziale, eventualmente assistito da un professionista esperto.
- Predisposizione del piano: l’imprenditore (con l’ausilio di advisor o esperto) elabora il piano di ristrutturazione aziendale, contenente: stato passivo (con tutti i creditori, distinte categorie), asset (continuità o cessione pezzi aziendali), attività di ristrutturazione tecnica/finanziaria, e piano di soddisfacimento proposto per ciascun credito (percentuali di rimborso e tempi di pagamento). Si valuta anche il rispetto dei vincoli di legge: ad es. per i creditori esterni al piano va garantito il pagamento integrale alle scadenze contrattuali originarie (senza pregiudizio).
- Transazione fiscale e contributiva: nello stesso piano l’imprenditore formula la “transazione” verso Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL. Tipicamente si propone di pagare in percentuale e/o in rate più diluite il debito complessivo pubblico. Devono essere illustrate le condizioni (p.es. interesse legale, rateizzazione fino a 10 anni) e come il piano garantisca una soddisfazione almeno equiparabile a quella in liquidazione.
- Negoziazione con i creditori: il debitore ottiene l’adesione formale dei creditori privati (banche, fornitori, altri finanziatori) attraverso un accordo scritto. Si mira a raggiungere almeno il 60% di crediti aderenti (o 30% per accordo agevolato art.60 CCII). Se gli enti pubblici accettano la proposta, essi firmano l’accordo; in caso contrario si preparano a gestire il cram-down.
- Deposito dell’accordo: redatti gli accordi (con le firme), l’imprenditore deposita in tribunale domanda di omologazione (art. 57 CCII), allegando: piano attestato, relazione di un professionista indipendente (attestazione del piano), elenco creditori, concordati intervenuti, situazione asset, autorizzazioni ecc. L’accordo viene pubblicato nel Registro delle Imprese (eventualmente dopo l’iscrizione della domanda).
- Attesa termini per l’Agenzia e INPS/INAIL: dalla pubblicazione decorre il termine (solitamente 90 giorni) entro cui l’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali possono opporsi all’omologazione (art. 48 CCII). Secondo la Cassazione (sent. 34377/2024), il debitore deve attendere la scadenza di questo termine prima di fare domanda di omologazione, avvisando le amministrazioni tramite PEC (per non ledere il contraddittorio).
- Esame del Tribunale: il giudice verifica formalità e maggioranze. Se i pubblici creditori non aderiscono, ma il piano rispetta le condizioni legali (p.es. il criterio della convenienza e le percentuali di cui sopra), può procedere all’omologazione forzosa (cram-down) delle parti aderenti. Viene valutato che l’accordo non sia puramente liquidatorio (p.es. continuità aziendale, anche indiretta, è ammessa) e che garantisca all’Erario un trattamento migliore o uguale alla liquidazione.
- Effetti e adempimenti: dall’omologazione scatta la moratoria (stop alle azioni esecutive sui creditori coinvolti) e i pagamenti si effettuano secondo quanto previsto nel piano. Se il debitore non rispetta i pagamenti alle scadenze (entro 60 giorni di tolleranza), l’accordo si risolve di diritto (clausola risolutiva art.63, co.3) e riprendono le azioni dei creditori. Diversamente, se il piano è rispettato, i creditori (compresi i pubblici) rinunciano definitivamente a ogni maggior recupero al di là di quanto convenuto.
Condizioni, vantaggi e limiti (tabella comparativa)
Caratteristica | Accordo di Ristrutturazione | Concordato preventivo | Piano attestato di risanamento |
---|---|---|---|
Normativa di riferimento | Art. 57‐63 CCII (d.lgs. 14/2019) | Art. 84‐88 CCII (d.lgs. 14/2019) | Art. 56 CCII (d.lgs. 14/2019) |
Chi lo propone | Imprenditore in crisi | Imprenditore insolvente | Imprenditore in crisi (anche ante-crisi) |
Partecipanti (creditori) | Adesione volontaria, serve ≥60% delle passività (30% con rinuncia moratoria) | Voto di classi di creditori (80% del passivo in ogni classe di creditori) | Nessun voto richiesto (solo adesioni volontarie) |
Coinvolgimento creditori pubblici | Sì, possono aderire; se non aderenti, possibile cram-down (soggetto a condizioni) | Sì, sono parte delle classi: è ammesso cram-down (trattamento paritario e vincoli di convenienza) | Non coinvolti nel piano; il piano non li vincola (non si pignora moratoria) |
Percentuali / maggioranze richieste | ≥60% dell’attivo (o 30% in versione agevolata); per cram-down fiscale servono aggiuntivi requisiti (vedi nota sotto) | Sì: secondo CCII art.109‑110 (80% percentuale di massa attiva, o maggioranze equivalenti) | Nessuna maggioranza: il piano è redatto e attestato, poi depositato senza voto |
Possibilità di cram-down | Sì, per i crediti fiscali e previdenziali, se condizioni di legge rispettate (principio di convenienza, limiti 69/2023, anti-abuso) | Sì, anche qui (art. 88 CCII: purché soddisfatte maggioranze e convenienza) | No (non vi è omologazione giudiziale; non esiste cram-down) |
Omologazione giurisdizionale | Sì, domandata al Tribunale su richiesta dell’imprenditore; eventuali opposizioni (art.48) si discutono in tribunale | Sì, richiesta al Tribunale con votazione dei creditori; opposizione possibile | No: deposito del piano in tribunale (art.56 CCII) senza votazione; l’attestazione produce effetti di protezione (revocatoria, responsabilità) |
Durata e complessità procedurale | Moderata: tempi brevi (mesi); coinvolgimento solo atto di deposito/omologazione; nessuna fase di voto assembleare obbligatoria | Spesso più lunga: convocazione ed esame assemblee, voto per classi, verifiche (può durare oltre un anno); presenza di curatore e collegio | Rapida: affidata a professionista attesta e depositata. Nessuna assemblea, ma richiede robustezza dell’attestazione e monitoraggio del piano |
Costi | In genere inferiori (no commissioni di curatore; spese legali e onorari di professionisti) | Più elevati (curatore/commissario, pubblicità, consulenze, spese giudiziarie) | Più contenuti (solo onorario attestatore e spese di deposito) |
Effetti sui creditori estranei | Debitori estranei mantengono i loro diritti esecutivi (fatta eccezione per mora di 120 gg o rinuncia) | Creditori dissenzienti vincolati: il piano omologato si estende a loro (anche forzatamente) | Creditori non aderenti non subiscono effetti: dovranno essere pagati normalmente (no moratoria su di loro) |
Tutele e limiti per il pubblico | Cl. risolutiva automatica (art.63, co.3) e rispetto dei parametri di convenienza; il debitore deve inviare comunicazione PEC di pubblicazione per far decorrere i termini di opposizione | Simili (clausole di garanzia in art.88 CCII; obbligo di rapporto convenienza) | Nessuna particolare: l’Erario non è parte del piano e può riprendere azioni (salvo altri strumenti normativi) |
Nota sui requisiti di cram-down fiscale/previdenziale: D.L. 69/2023 e D.Lgs. 14/2019 prevedono che, per omologare un accordo con pagamento parziale ad Agenzia/INPS nonostante il loro dissenso, occorrano anche ulteriori condizioni: l’accordo non deve avere carattere meramente liquidatorio; i crediti degli altri (privati) devono rappresentare almeno un quarto del totale o, in caso contrario, l’offerta all’Amministrazione (somma e percentuale) deve essere almeno del 40% del loro credito; la dilazione non può superare 10 anni (con interessi legali). Queste soglie garantiscono l’equità del trattamento rispetto all’alternativa liquidatoria.
Esempi pratici di simulazione
Esempio 1: impresa edile con debiti misti. L’impresa “X SRL” ha: tributi e contributi totali € 400.000 (Agenzia = €280k, INPS = €120k) e altri debiti bancari e fornitori € 600.000. Prevede vendite tali da garantire flussi di cassa sufficiente a pagare almeno € 240.000 dei debiti pubblici in 5 anni, con interessi legali, e saldare anche € 360.000 dei debiti privati. In una ipotetica trattativa, propone: piano triennale: pagare 30% subito e 70% in 60 mesi a tasso legale. Valuta che, in liquidazione, i creditori pubblici incasserebbero solo 50% per carenza attivo. Il consulente indipendente attesta che 30% oggi + rate ≈60% in 5 anni conviene rispetto al 50% giudiziario. Gli altri creditori (banche e fornitori) firmano l’accordo rappresentando il 60% del totale. L’Agenzia e l’INPS rifiutano l’accordo. Si fa domanda di omologazione: i criteri di legge (massa passiva privata ≥25%, proposta ≥40% a pubblici, dilazione 5 anni) sono rispettati, quindi il Tribunale omologa l’accordo anche senza consenso del Fisco. L’impresa riprende l’attività senza azioni cautelari sui crediti in piano; salda secondo quanto pattuito. (Cfr. Trib. Vasto 11.12.2024, che ha omologato un accordo similare con cram-down*.)*
Esempio 2: azienda in crisi ma con scarsa liquidità. “Y SRL” deve €200k di imposte e €100k di INPS, e €1000k di debiti finanziari. Non potrà saldare pienamente i crediti altrui, ma offre un piano di continuità: propone di pagare i crediti privati al 100% in 4 anni, mentre all’Erario €150k + saldo rateale su 10 anni (circa 50% del dovuto) con interesse. Il professionista certifica che in caso di liquidazione i pubblici avrebbero ricevuto forse solo €100k (40%). Firma al 60% dei creditori. Ai sensi di legge e D.L. 69/2023, poiché i pubblici crediti (300k) erano solo il 20% del totale €1300k, l’accordo richiede comunque almeno il 40% di soddisfazione per Agenzia/INPS (qui €120k) e dilazione ≤10 anni. La proposta passa il test di convenienza (tenendo conto della clausola risolutiva ex lege). Anche se il Fisco non aderisce, il tribunale omologa il piano (continuità indiretta, ovvero vendita di un ramo d’azienda, considerata ammissibile).
FAQ – Dubbi comuni
- Chi può proporre un accordo di ristrutturazione fiscale? Qualunque imprenditore (società o ditta individuale) in stato di crisi o insolvenza può ricorrere all’accordo di ristrutturazione (ex art. 57 CCII). Non è necessaria una preventiva richiesta di fallimento; anzi, questo strumento è alternativo alle procedure concorsuali ordinarie e può essere attivato anche prima di uno stato di insolvenza formale, purché sia in corso una crisi finanziaria.
- Quali debiti si possono ristrutturare? Sia debiti privati (banche, fornitori, ecc.) sia debiti pubblici (tributari, previdenziali). L’accordo può includere un’offerta di pagamento parziale dei tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate e dei contributi gestiti da INPS/INAIL. Rimangono esclusi tributi «propri UE» (alcuni trasferimenti intra-UE) e oneri accessori per i tributi locali. Tutti gli altri debiti pubblici obbligatori vi rientrano.
- Serve l’adesione dell’Agenzia e INPS? No. Se questi enti pubblici aderiscono all’accordo, firmano e si impegnano agli stessi termini (adeguando la percentuale di estinzione); in assenza di adesione, la legge consente comunque di ottenere il rimborso forzoso (cram-down) sui crediti loro vantati, purché siano rispettate le condizioni normative (criteri di convenienza e maggioranze). In pratica, la loro eventuale opposizione all’omologazione non blocca automaticamente il piano, come confermato dalla Cassazione (voto negativo non ostativo se soddisfatti i requisiti).
- Cosa succede se l’Agenzia presenta una nota di reiezione? Una semplice lettera con la quale l’Agenzia rigetta la proposta non equivale a un’opposizione di omologazione formale (art.48). Il Tribunale di Vasto ha chiarito che la “reiezione” inviata solo al debitore non è opponibile come vero atto di opposizione se non depositata entro i termini di legge. Se l’opposizione arriva tardivamente, può essere dichiarata inammissibile. In sostanza, il termine di 90 giorni per l’Agenzia decorre da quando riceve la PEC di pubblicazione dell’accordo.
- Quali garanzie ha il Fisco? L’accordo contiene già una garanzia: la clausola risolutiva espressa dell’art. 63, comma 3 CCII. Essa prevede che, se il debitore non esegue integralmente nei termini pattuiti i pagamenti ai pubblici (entro 60 giorni di tolleranza), l’accordo si risolve di diritto e i crediti tornano nella loro interezza. Inoltre, il piano sottoposto deve dimostrare perizia e convenienza: il professionista attestatore valuta il confronto con la liquidazione giudiziale. Infine, i criteri di legge (percentuali minime, limiti temporali) sono concepiti per proteggere l’Erario.
- Il pagamento è vincolato solo alla continuità aziendale? No. Anche in caso di cessione di ramo d’azienda o di continuazione «indiretta», il tribunale può ritenere sussistente il requisito di non‐liquidatorio del piano. Ciò significa che non serve mantenere l’azienda “esattamente” com’era: se la ristrutturazione prevede la vendita di asset per favorire la continuità produttiva, il cram-down resta ammissibile.
- Cosa accade se l’accordo non viene omologato? Se il tribunale rigetta l’accordo o non si raggiungono le maggioranze necessarie, non scatta alcuna moratoria e i creditori possono riprendere le azioni di recupero. Se nel frattempo l’imprenditore si trova in stato d’insolvenza, il tribunale segnala la cosa al Pubblico Ministero per chiedere l’apertura di una liquidazione giudiziale (fallimento).
- Differenza con la composizione negoziata (art. 23 CCII)? La composizione negoziata (piano attestato semplificato) è un altro strumento: non prevede omologazione giudiziale, ma il piano è accompagnato da un’attestazione di fattibilità che ne salva da revocatoria gli atti. Vi si possono includere trattative con l’Agenzia/INPS (transazione fiscale art.23 co.2‐bis), ma è un ambito diverso. L’accordo di ristrutturazione invece è una procedura concorrente vera e propria, con omologazione dal Tribunale e possibilità di attivare la moratoria anche sugli enti pubblici.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Normativa primaria: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), artt. 57–63. D.L. 69/2023 (art.1‐bis). D.Lgs. 136/2024 (correttivo-ter). Legge 159/2020.
- Giurisprudenza: Cass. civ., sez. I, 24 dic. 2024, n. 34377 (Trib. Appr. termini per opposizione delle amministrazioni pubbliche); Cass. civ., sez. I, 28 ott. 2024, n. 27782 (concordato: cram-down possibile anche con opposizione esplicita del Fisco); Trib. Vasto 11 dic. 2024 (accordo ristrutturazione omologato con cram-down); Trib. Ancona 15 mag. 2024 (decisione sull’opposizione dell’Agenzia: serve prova rigorosa).
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L’accordo di ristrutturazione dei debiti fiscali è uno strumento legale che consente all’impresa in crisi di negoziare con il Fisco un piano di pagamento sostenibile, evitando pignoramenti, blocchi o il fallimento.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa
✔️ Difensore di imprese con debiti fiscali e contributivi
✔️ Consulente per piani di risanamento e protezione del patrimonio
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
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