Qual È La Differenza Tra Un’Ingiunzione Fiscale E Una Cartella Di Pagamento?

Hai ricevuto un atto di riscossione e non sai se si tratta di un’ingiunzione fiscale o di una cartella di pagamento? Ti stai chiedendo qual è la differenza tra le due e cosa comporta per te sul piano dei tempi, delle conseguenze e della possibilità di fare ricorso?

Molti contribuenti si trovano a dover affrontare atti di recupero crediti da parte della Pubblica Amministrazione ma non distinguono chiaramente tra ingiunzione fiscale e cartella esattoriale. Eppure, capire la differenza è fondamentale per sapere chi ti sta chiedendo i soldi, quanto tempo hai per difenderti e se ci sono margini per sospendere o contestare l’atto.

Vediamo insieme che cos’è un’ingiunzione fiscale, cos’è una cartella di pagamento e in cosa si differenziano.

Cos’è una cartella di pagamento?
È un atto emesso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per riscuotere crediti vantati da enti statali (come Agenzia delle Entrate, INPS, Regioni, ecc.). La cartella segue normalmente un avviso di accertamento o un controllo fiscale e contiene già i calcoli delle imposte, sanzioni e interessi.

È lo strumento più utilizzato per debiti tributari e contributivi, e può portare a pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche e altre azioni esecutive se non si paga entro 60 giorni.

Cos’è invece un’ingiunzione fiscale?
È un atto con cui i Comuni, le Province o altri enti locali (non l’Agenzia delle Entrate) riscuotono tributi minori o crediti locali, come:

  • TARI
  • multe stradali
  • COSAP o canoni patrimoniali
  • rette scolastiche o mense
  • altre entrate comunali

Viene emessa da un concessionario della riscossione (come una società privata incaricata) o direttamente dall’ente creditore, e ha valore di titolo esecutivo, esattamente come la cartella.

Qual è la differenza sostanziale?
La cartella di pagamento è gestita dallo Stato tramite Agenzia Entrate-Riscossione, mentre l’ingiunzione fiscale è emessa da enti locali o dai loro concessionari.

Un’altra differenza importante è nei termini di impugnazione: anche l’ingiunzione può essere contestata, ma i termini possono variare a seconda del tipo di tributo o del contenuto dell’atto.

Entrambi portano al pignoramento se non si paga?
Sì. Se non si paga entro i termini, sia l’ingiunzione che la cartella possono sfociare in azioni esecutive: pignoramento dello stipendio, della pensione, dei conti correnti, ipoteche o fermi auto.

Come difendersi o sospendere l’esecuzione?
Dipende dal tipo di atto e dai vizi eventualmente presenti. È possibile:

  • impugnare l’atto davanti alla Corte di Giustizia Tributaria o al Giudice di Pace, a seconda dei casi;
  • chiedere la sospensione per gravi motivi;
  • verificare se il debito è prescritto o già pagato;
  • chiedere una rateizzazione per evitare il blocco dei beni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in riscossione, tributi locali e difesa del contribuente – ti spiega la differenza tra ingiunzione fiscale e cartella di pagamento, cosa comportano e cosa possiamo fare per aiutarti a difenderti da richieste ingiuste o sproporzionate.

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Introduzione

Le procedure di riscossione coattiva in ambito tributario prevedono due strumenti principali: l’ingiunzione fiscale e la cartella di pagamento. Pur condividendo l’obiettivo di recuperare crediti verso l’ente impositore (tributi, sanzioni, interessi, ecc.), le due procedure differiscono sotto vari profili (emissione, contenuto, termini, rimedi). In questa guida aggiornata a giugno 2025 esamineremo in dettaglio tali differenze dal punto di vista del debitore, offrendo approfondimenti tecnici, strategie difensive, rimedi impugnatori, cenni di prassi giurisprudenziale recente, confronti in tabelle, domande frequenti, casi pratici e modelli di atti difensivi. Ogni affermazione è supportata da fonti normative e sentenze recenti.

Definizioni e natura giuridica

  • Ingiunzione fiscale. È un atto amministrativo individuale – disciplinato ancora dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639 – con cui l’ente impositore (comune, provincia, altri enti locali o i loro concessionari) ordina al contribuente di pagare una somma dovuta (tributi, sanzioni, interessi, ecc.) entro 30 giorni, con avvertimento che in difetto si procederà all’esecuzione forzata. In pratica, l’ingiunzione cumula le funzioni del ruolo (iscrizione a ruolo) e del precetto: costituisce sia un titolo esecutivo che un’intimazione di pagamento. Storicamente, l’ingiunzione doveva essere vidimata dal pretore, ma dal 1998 è sufficiente l’apposizione del responsabile (il R.D. 639/1910 è stato infatti modificato dalla legge 28.12.1998, n. 448). Oggi l’ingiunzione è emanata direttamente dall’ente impositore o dai concessionari abilitati (art. 52 D.lgs. 446/1997).
  • Cartella di pagamento. È l’atto formale emesso dall’agente della riscossione (ex Equitalia, ora Agenzia Entrate-Riscossione o altri concessionari) in seguito all’iscrizione a ruolo del debito. Contiene: i dati del contribuente; la descrizione dei tributi iscritti a ruolo, interessi, sanzioni e aggio di riscossione; la somma complessiva dovuta; le modalità di pagamento; e in particolare “l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”. La notifica della cartella equivale pertanto alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto: se il contribuente non paga entro 60 giorni, l’agente può procedere immediatamente alla riscossione coatta. Decorso un anno dalla notifica senza dare esecuzione, l’intimazione decade e l’agente deve iniziare nuovamente la procedura.

Quadro normativo di riferimento: l’ingiunzione fiscale si fonda sul testo unico R.D. 639/1910 (artt. 2-3); la cartella è regolata dal D.P.R. 602/1973 (art. 25 e ss.), con successive modifiche (art. 12-bis introdotto dal D.L. 146/2021). Il ricorso tributario è disciplinato dal D.Lgs. 546/1992 (art. 19 e 21 definiscono gli atti impugnabili quali il ruolo e la cartella di pagamento), mentre l’opposizione all’ingiunzione segue le norme (in parte richiamate) del Codice di procedura civile (art. 3 R.D. 639/1910 prevede l’opposizione in 30 giorni al pretore o conciliatore). La riforma della riscossione locale (leggi 244/2007, 2.2.2020 n. 3 ecc.) ha riconfermato la facoltà per enti locali di utilizzare le ingiunzioni anziché i ruoli tradizionali. Sul piano civile, l’ingiunzione fiscale è assimilata a un titolo esecutivo unico, mentre in ambito amministrativo è tipicamente considerata atto della P.A. (anche se, come vedremo, i rimedi contro di essa seguono i percorsi del contenzioso tributario o ordinario più che quelli del giudice amministrativo).

Confronto operativo

CaratteristicaIngiunzione fiscaleCartella di pagamento
Origine normativaR.D. 14/4/1910, n. 639 (testo unico riscossione patrimoniale); D.lgs. 446/1997, art.52 (enti locali)D.P.R. 29/9/1973, n. 602 (disposizioni riscossione tributi erariali e locali); art. 25 dispone termini
EmittenteEnte impositore (Comune, Provincia, ecc.) o suo concessionario autorizzato (società privata iscritta ad albo)Agente della riscossione (ex-Equitalia, ora Agenzia Entrate-Riscossione o altri concessionari)
PresuppostoAtto impositivo definitivo (es. avviso d’accertamento o sentenza, divenuto irrevocabile), ma non iscrizione a ruolo formaleAtto impositivo definitivo con iscrizione a ruolo dal concessionario (Ruolo contenente voci di tributi)
Forma e contenutoAtto singolo in carta intestata dell’ente, con dati contribuente, dettaglio somme (tributi, sanzioni, interessi), termine pagamento (30 gg) e avvertimento di esecuzioneDocumento A4 multi-pagina con riepilogo iscrizione a ruolo, invito a pagare entro 60 gg, spese esattoriali, avviso che decorso il termine si procede all’espropriazione
Termine per pagare30 giorni dal ricevimento60 giorni dal ricevimento
Efficacia esecutivaImmediata (atto esecutivo di diritto): anche senza apposizione di pretore o autorizzazione, ha valore di titolo esecutivoAllo scadere dei 60 giorni l’atto vale come titolo esecutivo: l’agente può iniziare fermi amministrativi, pignoramenti, ecc.
Rateizzazioni e sospensioniApplicabili le comuni regole (si può chiedere dilazione oppure chiedere misure cautelari in giudizio)Possibile ricorso a rateizzazione ex codice tributo o istanza motivata al concessionario; sospensione giudiziaria entro l’opposizione trib.
Competenza giurisdizionaleTribunale tributario per tributi (entro 60 gg dall’ingiunzione)\n- Giudice ordinario per debiti di natura non tributaria (20/30 gg dall’ingiunzione)Giudice tributario (CTP) per l’impugnazione del ruolo/cartella (entro 60 gg dalla notifica)
Termine per impugnare30 giorni (art.3 R.D. 639/1910) (equivalente a termini civili); se equiparabile a cartella, 60 gg60 giorni dall’intimazione (art.19, D.lgs. 546/92)
Ambito di applicazionePrincipalmente tributi locali (IMU/ICI, TASI, Tari, tributi speciali) e contributi comunali; può includere anche sanzioni amministrativeTributi erariali (IRPEF, IVA, IRES, accise) e locali, contributi previdenziali, canoni, ecc., iscritti al ruolo

Le differenze chiave emergono chiaramente: l’ingiunzione fiscale è un atto del debitore singolo, emesso direttamente dall’ente (o dai suoi concessionari) senza passare per un elenco di ruolo, e attribuisce immediata esecutorietà alla pretesa. La cartella di pagamento è invece successiva all’iscrizione a ruolo ed è notificata dal concessionario della riscossione: da un punto di vista pratico, la cartella informa il contribuente del debito già formalizzato nel ruolo e lo invita a pagarlo, fungendo a tutti gli effetti da titolo esecutivo e precetto.

Profili giuridici

Profili tributari

La disciplina tributaria distingue nettamente i due strumenti. La cartella di pagamento (insieme al ruolo) è esplicitamente inserita tra gli atti impugnabili in sede tributaria dall’art. 19, comma 1, lett. d), D.Lgs. 546/1992. Ciò significa che il contribuente può proporre ricorso tributario (Tribunale Tributario Regionale) contro la cartella e/o il ruolo sottostante entro 60 giorni dalla notifica. Per l’ingiunzione fiscale, la situazione è più complessa: l’R.D. 639/1910 non è richiamato espressamente dal D.Lgs. 546/1992 come atto impugnabile, ma la prassi prevalente (e la giurisprudenza) ha confermato che essa è impugnabile anch’essa davanti al giudice tributario, ovvero al Giudice di Pace/Tribunale Ordinario se il credito è di natura privatistica. In ogni caso, in ottica tributaria l’accertamento dell’imposta o del tributo (avviso di accertamento, accertamento con adesione, ecc.) va impugnato nella fase ordinaria entro 60 giorni; se ciò non avviene, l’atto diventa definitivo e gli eventuali vizi impositivi non possono essere fatti valere in seguito nella cartella o ingiunzione.

Giurisprudenza tributaria recente. È stato ribadito che cartelle e ingiunzioni non possono essere usate per riproporre i vizi dell’accertamento ormai definitivo. Cass. ord. 883/2022 ha infatti chiarito che, se l’avviso di accertamento non è stato tempestivamente contestato, il contribuente può opporsi alla cartella (o ingiunzione) solo per vizi propri dell’atto di riscossione, non per rilievi di merito sull’accertamento sottostante. In linea con questo principio, Cass. n. 26660/2023 ha specificato che l’omessa notificazione dell’atto impositivo presupposto (ad es. l’avviso di accertamento) fa sì che la cartella ne risulti irremediabilmente nulla: il contribuente potrà impugnare la cartella unicamente per far valere la mancata notifica dell’avviso, senza dover contestare il contenuto di quest’ultimo.

Profili civili

Dal punto di vista del diritto civile processuale, l’ingiunzione fiscale può essere assimilata in parte a un decreto ingiuntivo, ma con rilevanti differenze. Ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910) resta atto amministrativo-tributario, ma è equiparata ex lege a un titolo esecutivo. L’art. 3 del R.D. 639/1910 prevede la possibilità di “produrre ricorso od opposizione” entro 30 giorni dalla notifica. In concreto, se si contesta l’ingiunzione il ricorso si propone di norma (oggi) davanti al giudice tributario se riguarda tributi, ovvero in alternativa al Giudice di Pace o al Tribunale ordinario se si tratta di importi di natura privatistica (es. canoni, multe non tributarie). Come indicato, la Corte di Cassazione ha affermato che, in sede di opposizione all’ingiunzione, il giudice non è limitato ai soli vizi formali, ma deve verificare l’esistenza e l’entità del credito (se non verrà provato il debito, l’opposizione è priva di interesse). In altre parole, a differenza della cartella (che subisce il limite di non rimettere in discussione il merito dell’accertamento), l’ingiunzione è di fatto sottoposta a un giudizio più ampio.

In giurisprudenza civile, inoltre, si segnala che ingiunzioni emesse per crediti di natura privatistica (non solo fiscali) sono comunque legittime titoli di esecuzione. Ad esempio, la Corte d’Appello di Firenze ha recentemente riconosciuto che l’ingiunzione ex R.D. 639/1910 può essere emessa anche per imporre obblighi di restituzione o rimborso e vale come titolo esecutivo anche senza un precedente provvedimento accertativo o titolo giudiziale. In pratica, l’ingiunzione è un atto “di natura complessa”, autonomo, che può da sé fondare l’azione esecutiva coatta.

Profili amministrativi

Sotto il profilo del diritto amministrativo, si può osservare che l’ingiunzione fiscale è un atto dell’ente locale, venuto alla luce nell’ambito del procedimento di riscossione coattiva. Talvolta si ritiene che il contribuente possa proporre ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (o al TAR) avverso l’ingiunzione, considerandola un provvedimento amministrativo. In effetti, trattandosi di un atto formale del Comune (ad esempio), in teoria il contribuente potrebbe tentare tale strada in via esplorativa. Tuttavia, poiché la legge fiscale demanda espressamente la tutela alla giurisdizione tributaria (D.Lgs. 546/92), e a ciò si aggiungono orientamenti di Cassazione che assimilano il contenzioso a quello tributario, il ricorso amministrativo è in genere sconsigliato per l’ingiunzione. Per la cartella di pagamento, invece, non sussiste tipicamente nemmeno la categoria giuridica di “atto amministrativo”: si tratta piuttosto di un atto della riscossione subordinato all’avviso d’accertamento. Quindi, in concreto, i rimedi contro la cartella seguono sempre la via tributaria (Tribunale Tributario) o – in caso di vizi di notifica – quella ordinaria (ricorso ex art. 360 c.p.c. o art. 702 c.p.c. per estratto di ruolo). Non esistono mezzi amministrativi specifici (salvo istanze di autotutela interna all’ente impositore, che però raramente portano a risultati concreti senza parallelamente impugnare per via giurisdizionale).

Rimedi impugnatori e strategie difensive

Difendersi dall’ingiunzione fiscale

Il debitore notificatario di un’ingiunzione ha essenzialmente due vie di difesa:

  • Verifica degli atti presupposti: Innanzitutto occorre ricostruire l’iter fiscale sottostante. Spesso dietro un’ingiunzione vi è stato un avviso di accertamento (o un altro atto impositivo) notificato tempo prima. Se tale atto presupposto non è mai stato notificato al contribuente o presenta vizi insanabili, l’ingiunzione può essere annullata perché priva di fondamento. Ad esempio, se il contribuente dimostra che non gli è mai giunto alcun avviso di accertamento, ne consegue (in analogia a quanto affermato per la cartella) che anche l’ingiunzione risulta invalida per mancanza del presupposto. La giurisprudenza conferma che la mancata notifica dell’atto prodromico comporta nullità dell’atto successivo. In pratica, il ricorso opposto all’ingiunzione dovrebbe evidenziare l’eventuale omissione nella notifica dell’avviso impositivo.
  • Opposizione formale e sostanziale: L’art. 3 R.D. 639/1910 prevede l’opposizione all’ingiunzione (analogamente al rito del decreto ingiuntivo civile). In opposizione si possono addurre motivi sia formali (ad es. mancata indicazione del responsabile, errori materiali nella relata di notifica) sia sostanziali (inesistenza o inesigibilità del credito, motivi di merito). Cass. 3843/2023 è chiara nel richiamare che il giudice deve verificare l’effettivo debito sottostante: un’opposizione che si limiti a chiedere l’annullamento dell’ingiunzione senza documentare l’assenza del credito è priva di interesse. Di converso, se il debitore dimostra che il credito non sussiste (es. tributo non dovuto, esenzione, compensazione regolare, caducità di un precedente titolo), il giudice dovrà accoglierlo.

Le strategie difensive prevedono quindi: raccogliere e produrre in giudizio tutti gli atti amministrativi correlati (avviso di accertamento, calcolo IMU/TARI, delibere, ecc.), contestare eventuali vizi di notifica (ad es. difetto di relata, notificatore sprovvisto di delega) e affrontare il merito del debito (esaminare prescrizione, estinzione per fusioni o privatizzazione, illegittimità costituzionali del tributo, ecc.). Si possono chiedere misure cautelari (ad es. sospensione dell’efficacia coattiva dell’ingiunzione) al momento dell’opposizione. Se l’ingiunzione proviene da un ente locale (Comune ecc.), è consigliabile indicare anche eventuali profili di legittimità amministrativa (ad es. competenza dell’ente, legittimità degli atti impositivi). Infine, in parallelo al ricorso, si può presentare istanza di revoca o annullamento d’ufficio all’ente, specie se emergono errori evidenti (anche se questo non sostituisce la tutela giurisdizionale).

Difendersi dalla cartella di pagamento

Contro la cartella di pagamento, i rimedi sono in larga parte regolati dal D.Lgs. 546/1992 e dal Codice di procedura civile. Il contribuente può:

  • Impugnare il ruolo/cartella in sede tributaria (Tribunale Tributario): Si redige ricorso tributario (art. 19 D.Lgs. 546/92) da notificare all’ufficio e depositare in giudizio entro 60 giorni dalla notifica della cartella (che equivale anche a notificazione del ruolo). Nel ricorso si possono segnalare vizi del ruolo (ad es. prescrizione, estinzione del tributo, compensazioni non applicate) e vizi della cartella (calcolo interessi errati, sanzioni errate, indebita applicazione dell’aggio, ecc.). In generale, se l’avviso di accertamento era legittimo e definitivo, il giudice tributario potrà verificare unicamente i vizi formali della cartella stessa (tipicamente errori materiali o di procedura) oppure richiedere la demolizione dell’intero atto se accerta la nullità della notifica dell’accertamento sottostante, stante quanto disposto da Cass. 26660/2023. In ogni caso, nel ricorso si eviterà di ripresentare vizi già definiti nell’avviso (per evitare la compensatio iuris). La giurisprudenza sottolinea che la cartella è atto propedeutico all’esecuzione e non può comportare un nuovo giudizio sostanziale sulla pretesa (salvo per i motivi di nullità o annullamento dell’accertamento già emersi).
  • Azioni in via civile ordinaria: Nel caso in cui il contribuente voglia contestare la validità della cartella per ragioni che esulano dal merito tributario (ad es. errori nella notifica), può fare ricorso ex art. 702 c.p.c. o ex art. 360 n. 4 c.p.c. (contestazione di nullità di un atto esecutivo) innanzi al giudice ordinario competente. Con la recente riforma (D.L. 146/2021, conv. L. 215/2021), esistono limitazioni: ad esempio, l’art. 12, comma 4-bis, del D.P.R. 602/1973 (come modificato) prevede che l’estratto di ruolo e la cartella possono essere impugnati direttamente solo in casi particolari (partecipazione a procedure d’appalto). Tuttavia, Cass. 26660/2023 ha riconosciuto la possibilità di agire in via ordinaria per dimostrare l’invalidità della notifica dell’avviso impositivo, anche se questo significa di fatto riportare in discussione l’esistenza stessa del debito. Importante è che il giudizio ordinario consenta il rito pieno: ciò è cruciale ad es. quando si impugna l’estratto di ruolo per far valere eventuali vizi di notifica (cassazione 26283/2022 ha precisato in quali casi l’estratto sia impugnabile).

Strategie difensive. Le strategie contro la cartella includono la verifica di eventuali irregolarità procedurali: ricerca di nullità (mancanza del visto di esecutività, errore di notifica, carenza di motivazione contestuale) e di vizi formali (ad es. errato calcolo, errori nei dati identificativi). Si può inoltre far valere l’eventuale estinzione del debito (ad es. avvenuta compensazione, prescrizione, prescrizione presuntiva per l’Erario, legittima comprensione nel 2020 dell’anticipo IRPEF, ecc.), presentando tutta la documentazione idonea. Se l’accertamento è stato impugnato in precedenza, il contribuente dovrà dimostrare in giudizio l’esito favorevole o la nullità del primo atto (altrimenti l’azione tributaria si concentra solo sulla cartella come atto esecutivo). In casi particolari, è opportuno ricordare che la mancata risposta formale alla cartella (ad es. non pagamento) non impedisce l’impugnazione: si può comunque presentare ricorso entro i termini previsti, anche se nel frattempo è iniziata l’esecuzione forzata (il contenzioso potrà sospendere la procedura coattiva una volta dimostrata la fondatezza dell’opposizione).

Giurisprudenza recente e aggiornamenti

Negli ultimi anni la giurisprudenza della Cassazione ha fornito diversi orientamenti chiave:

  • Opposizione all’ingiunzione: Cass. 8.2.2023 n. 3843: l’opposizione all’ingiunzione fiscale (ex art.3 R.D. 639/1910) non è limitata ai soli vizi formali, ma investe anche il merito del credito. In sostanza, il giudice tributarista esamina se il credito esista ed è certo: se l’opposizione è finalizzata solo a mettere in discussione formalmente l’ingiunzione o i suoi presupposti senza provare l’insussistenza del debito, il ricorso è inammissibile per mancanza di interesse.
  • Limite di sindacabilità della cartella: Cass. ord. 15.2.2022 n. 883: la Corte ha confermato che la cartella (e analogamente l’ingiunzione fiscale successiva a un accertamento divenuto definitivo) è impugnabile solo con riguardo ai vizi propri della cartella, non per contestare ex novo l’accertamento sottostante. Richiamando principi di tutela del contribuente e le sentenze S.U. 16412/2007 e 16293/2007, la Corte ha spiegato che, una volta decorso inutilmente il termine per impugnare l’avviso di accertamento, l’atto di riscossione coattiva non può essere usato per rimettere in discussione l’imposta e le relative contestazioni formali o di merito dell’accertamento originario. Questa pronuncia stabilisce che il contribuente, in presenza di accertamento definitivo, può sollevare in sede di ricorso tributario contro la cartella solo questioni tecniche inerenti l’atto di riscossione (es. irregolarità di notifica, calcolo errato dell’aggio), mentre i vizi sostanziali dell’accertamento saranno preclusi.
  • Nullità per mancata notificazione: Cass. 15.9.2023 n. 26660: la Corte di Cassazione, affrontando il caso di una cartella di pagamento derivante da ICI non pagata, ha statuito un principio generale: “l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato”. Ne consegue che il contribuente può impugnare la cartella “al fine esclusivo di far valere la mancata o irrituale notificazione dell’atto impositivo prodromico” senza dover contestare altri profili di invalidità o merito. In pratica, la nullità dell’avviso di accertamento si propaga alla cartella, che è così “irrimediabilmente inficiata”. Questa sentenza ha rafforzato l’orientamento secondo cui il debitore può agire in via tributaria o ordinaria per far dichiarare la nullità della cartella sulla base della mancata notifica dell’accertamento (cfr. anche Cass. 10/2022 n. 26660 come riferito da fonti dottrinarie).
  • Valore del titolo esecutivo dell’ingiunzione: La C.A. di Firenze del 18.5.2023 (richiamata in dottrina) ha confermato che l’ingiunzione fiscale è “atto di natura complessa” con valore di titolo esecutivo, idoneo ad avviare l’esecuzione coattiva senza bisogno di un precedente titolo giudiziale. Ciò significa che l’ingiunzione da sola, se correttamente emessa, costituisce già credito liquido e certo nei confronti del contribuente.
  • Implicazioni del decreto “anti-estratti” (L. 215/2021): Cass. sez. U., 6.9.2022 n. 26283 e Corte Cost. 17.10.2023 n. 190: hanno precisato che il contribuente ha diritto a impugnare direttamente l’estratto di ruolo solo se dimostra un concreto pregiudizio per la partecipazione a procedure d’appalto; altrimenti l’estratto (e quindi la cartella) è sindacabile solo secondo i tradizionali termini. Questi interventi costituiscono un importante aggiornamento normativo-giurisprudenziale sulla tutela del contribuente in fase esecutiva coattiva (citiamo per completezza nel catalogo finale delle fonti).

Oltre alle pronunce citate, vanno menzionate le sezione tributarie di merito e le Commissioni tributarie provinciali/regionali che nel 2023-2025 hanno continuato a delineare i percorsi operativi per i contribuenti. In generale, la giurisprudenza attuale conferma:

  • La prevalenza del sindacato tributario sugli atti di riscossione coattiva (ctpo anche sui profili formali delle cartelle).
  • La ruolo dell’ingiunzione come titolo autonomo, accessibile all’opposizione (anche su basi civilistiche).
  • Il rapido consolidamento di Cassazioni 2023-2024 in materia, che hanno approfondito condizioni di procedibilità e limiti delle impugnazioni (come Cass. 3382/2024 sulla compensazione, e Cass. 9166/2025 su interesse ad agire, non richiamate testualmente qui ma già recepite negli orientamenti consolidati).

Tabelle riepilogative

  • Confronto procedurale e contenutistico: di seguito una tabella riassuntiva delle principali differenze (v. la tabella sopra) tra ingiunzione fiscale e cartella di pagamento in merito a emanazione, presupposti, contenuto formale, termini, efficacia ed impugnabilità.
  • Vantaggi/svantaggi per il contribuente: elenco delle conseguenze pratiche di ciascuno strumento dal punto di vista del debitore:
    • Ingiunzione fiscale: rapidità di notifica (senza tempi di iscrizione a ruolo), possibilità di contestare subito il merito, ma rischio di inaspettato preavviso breve (30 gg).
    • Cartella: certezza maggiore (titolo preparato dall’Agenzia riscossione), termini più lunghi (60 gg), possibilità di tentare il silenzio-assenso (reclamo), ma vincolo forte sul giudizio (non si rimettono in discorso accertamenti definitivi).
    • Esempio numerico comparativo: se un Comune vuole riscuotere il tributo TARI 2020 (195 €), con ingiunzione invia un singolo avviso da 195 € + interessi + spese; con cartella iscrive 195 € in ruolo con aggio 6% e notificazione agenti, portando il debito totale maggiore.

FAQ (Domande e risposte complesse)

D. Che differenza sostanziale c’è tra ingiunzione fiscale e decreto ingiuntivo civile?
R. L’ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910) è un atto amministrativo-tributario emesso da un ente pubblico, con efficacia diretta di titolo esecutivo. Il decreto ingiuntivo (art. 633 c.p.c.) è atto giudiziale emesso da un giudice civile e può essere opposto entro 40 gg. A differenza del decreto ingiuntivo, l’ingiunzione non necessita di un procedimento contenzioso precedente: è un ordine di pagamento emanato ex lege. L’opposizione all’ingiunzione segue norme analoghe (art. 3 R.D. 639/1910) ma il giudizio non è solo formale.

D. Se pago spontaneamente parte della cartella, posso poi impugnare?
R. Il pagamento parziale di una cartella non esclude il diritto a impugnarla, purché il ricorso sia proposto entro il termine di 60 giorni dalla notifica. Tuttavia, è sempre prudente non effettuare pagamenti contestati se si intende ricorrere, in modo da evitare discussioni sulla riduzione del debito. Nel ricorso tributario si potrà chiedere il ricalcolo o lo storno delle somme versate indebitamente.

D. Cos’è l’“estratto di ruolo” e come si collega alla cartella?
R. L’estratto di ruolo è un documento informativo compilato dal concessionario dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che riassume l’iscrizione di un credito a ruolo a carico del contribuente e attesta l’avvenuta notificazione della cartella. Fino al 2021, si riteneva che l’estratto potesse essere impugnato per vie ordinarie come atto ricognitivo. Dopo la legge 215/2021 (art. 12-bis D.P.R. 602/73) e le recenti Cassazioni (cfr. Cass. U. 26283/2022 e Corte Cost. 190/2023), oggi l’estratto è impugnabile con limiti molto stretti: solo in specifici casi (contratti pubblici) si può agire immediatamente su di esso.

D. È possibile chiedere la rateizzazione dell’ingiunzione fiscale?
R. Sì. Ingiunzioni e cartelle seguono le regole generali di dilazione dei tributi: il contribuente può presentare istanza di dilazione all’ente impositore o al concessionario, che può concedere piani di rientro (tramite delibere comunali ex art. 52 D.lgs. 446/97). Anche durante l’opposizione si può richiedere la sospensione ex art. 3 R.D. 639/1910.

D. Cosa succede se l’ente locale ha già affidato la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
R. In tal caso, non emetterà ingiunzioni fiscali ma procederà sempre con ruoli e cartelle. Come riportato da fonti legali, se un Comune affida la riscossione all’Agenzia, in pratica si rinuncia all’ingiunzione (che resta riservata agli enti che curano la riscossione direttamente o con concessionari diversi).

D. Quali sono i termini di prescrizione del credito tributario e quando è intimato?
R. L’iscrizione a ruolo interrompe la prescrizione tributaria (art. 25 D.P.R. 602/1973) e la cartella mette in moto i termini dell’esecuzione. Un’ingiunzione fiscale, essendo equivalente a un’iscrizione a ruolo semplificata, interrompe anch’essa la prescrizione (la Cass. ha affermato che l’ingiunzione interrompe la prescrizione del tributo ai sensi del codice civile).

D. Il Giudice di Pace può decidere su un’ingiunzione fiscale di natura tributaria?
R. In passato ci si interrogava se l’ingiunzione tributaria fosse devoluta al giudice tributario. La Cassazione (cfr. Cass. SS.UU. 16412/2007) ha chiarito che è materia tributaria e che il ricorso va in Commissione Tributaria. Tuttavia, se l’atto portato all’esecuzione riguarda un credito non tributario (ad es. multa o canone), si potrà rivolgersi al Giudice ordinario. In pratica, la competenza segue la natura del credito sottostante: tributi ⇒ Tribunale Tributario; altri crediti patrimoniali dell’ente ⇒ giudice ordinario (Pretore/Giudice di Pace/Tribunale).

D. Cosa fare se l’atto dell’agente di riscossione non indica il “responsabile del procedimento”?
R. La legge richiede che la cartella (come qualsiasi atto tributario) indichi il responsabile del procedimento e l’ufficio competente. L’assenza di tali indicazioni costituisce un vizio formale grave che può comportare nullità dell’atto. Pertanto, tale mancanza può essere un valido motivo di ricorso tributario (questo è uno dei “vizi propri” della cartella citati da Cass. 883/2022).

D. Un’ingiunzione si può notificare anche a chi è all’estero o ignoto?
R. L’art. 2 R.D. 639/1910 prevede che per i debitori “ignoti o residenti all’estero” si applichino le norme della citazione civile. In pratica, in tali casi si può procedere mediante pubblicità legale (es. Gazzetta Ufficiale) e notifica da parte di ufficiale giudiziario. Tuttavia, errori in queste procedure di notifica possono essere un caposaldo difensivo: l’ingiunzione sarà nulla se il destinatario effettivo non l’ha ricevuta.

Simulazioni pratiche (casistiche italiane)

  1. Caso IMU cancellata: Il signor Rossi, ex proprietario di un immobile ad uso abitativo, riceve nel 2025 un’ingiunzione fiscale del Comune di X per il mancato versamento dell’ICI 2012. Dato che nel 2012 l’ICI era stata sostituita dall’IMU e in seguito dalle leggi di stabilità, Rossi contesta che il tributo non era dovuto in quanto l’immobile era gravato da vincoli esenti. In opposizione, Rossi chiede l’annullamento dell’ingiunzione sostenendo che “manca presupposto impositivo”. Produce delibere comunali e sentenze di merito che confermano l’esenzione. Il giudice esamina il credito reale e accoglie: l’ente comunale non aveva diritto all’ingiunzione, annullandola. Le fonti (Corte App. Firenze) confermano che non serve altro titolo (il credito doveva già essere certo per esistere).
  2. Caso avviso non notificato: La sig.ra Bianchi non riceve alcuna comunicazione e scopre dal vicino che è stata emessa un’avviso di accertamento IMU 2014 a suo nome. Successivamente riceve la cartella di pagamento dell’Agenzia, con cifre ingenti. In ricorso tributario, Bianchi prova di non aver mai ricevuto l’avviso e dimostra che il notificatore non ha effettuato la notifica (ad es. AR firmato da altro nominativo). Richiama Cass. 26660/2023: chiede che la cartella sia annullata in quanto l’atto presupposto è nullo per difetto di notifica. Il Tribunale Tributario accoglie la domanda e dichiara nulla la cartella (sia perché ha controllato la mancanza dell’avviso, sia perché quella normativa di Cassazione gli conferisce potere di sindacare tali vizi).
  3. Caso termini decorsi: Il sig. Verdi riceve un’ingiunzione fiscale nel 2025 relativa all’IMU 2018, ma il tributo è prescritto (sono trascorsi più di 10 anni). Verdi presenta opposizione sostenendo estinzione del credito per prescrizione (C.C. art. 2948). Il giudice accerta i termini e dichiara prescritto il tributo; l’ingiunzione decade. Successivamente l’Agenzia emette un’altra ingiunzione per le stesse annualità: Verdi deposita subito l’opposizione ex R.D. 639/1910 ricordando che l’atto precedente doveva fondersi con questa nuova notificazione, e ottiene l’annullamento anche della seconda ingiunzione. Ciò evidenzia che il contribuente deve sempre verificare la prescrizione del credito prima di pagare.
  4. Caso compensazione (ex legge) non riconosciuta: La società Alfa compensava in proprio (modello F24) un credito tributario maturato con un debito di una cartella. L’agente ignora la compensazione. Alfa impugna la cartella chiedendo il riconoscimento della compensazione operata. Sottolinea le disposizioni di legge (D.P.R. 602/1973 art. 17) e Cass. 21024/2012 che riconosceva la compensazione automatica. Il giudice tributario ordina la rettifica, dichiarando nullo il ruolo per violazione dell’art. 17, come previsto dalla giurisprudenza.

Queste simulazioni mostrano come, a seconda dei casi, il contribuente potrà utilizzare elementi normativi (prescrizione, compensazione, esenzioni) e giurisprudenziali (Cass. 26660/2023, Cass. 3843/2023, C.A. Firenze) per articolare la propria difesa.

Modelli e fac-simili di atti difensivi

Di seguito sono illustrate in forma schematica le linee guida per redigere i principali atti difensivi in queste materie. Si tratta di esempi indicativi; il contenuto deve essere adattato a ciascun caso specifico. (Non è qui fornito un modello completo, ma uno schema del contenuto necessario.)

  • Opposizione ad ingiunzione fiscale (tributarista o ordinaria):
    • Intestazione: Indicare Giudice competente (es. CTP o Giudice di Pace) e parti.
    • Premesse di fatto: Descrivere l’ingiunzione impugnata (data, ente emittente, oggetto del debito). Allegare copia dell’ingiunzione e degli atti impositivi sottostanti (avvisi di accertamento, sentenze, ecc.).
    • Motivi di diritto: Ad esempio:
      1. Vizio di notifica dell’avviso di accertamento (mancanza/prova insoddisfacente della notifica): Cass. n. 26660/2023.
      2. Errata determinazione del tributo (errore di calcolo, omessa compensazione): citare norme tributarie, art. 17 D.P.R. 602/1973; giurisprudenza (Cass. 19490/2017).
      3. Prescrizione dell’imposta (art. 2946 c.c., art. 25 DPR 602/73).
      4. Vizi formali dell’ingiunzione (mancanza del responsabile del procedimento o dell’avvertimento di pagamento) – cause di nullità formale.
      5. Se il ricorso è tributario: eccezione di incompetenza territoriale (se del caso).
    • Richieste: Domandare l’annullamento totale o parziale dell’ingiunzione, o la declaratoria di nullità e la condanna al rimborso delle spese legali. Eventualmente chiedere sospensione dell’esecuzione forzata nell’interesse della giustizia (art. 3 R.D. 639/1910).
    • Pubblicità del difensore: C.F. avvocato, procura alle liti, elezione domicilio.
    • Termini: Ricordarsi di notificare l’atto all’autorità fiscale e depositarlo in Cancelleria entro 30 giorni.
  • Ricorso tributario contro cartella di pagamento:
    • Intestazione: CTP territorialmente competente (dove ha sede l’ufficio emittente o dove soggiace il reddito). Parti (contribuente/ente impositore).
    • Fatti: Breve esposizione dell’avviso di accertamento originario e dell’iscrizione a ruolo/cartella (data, importi). Contenere copia degli atti impugnati (ruolo, cartella).
    • Motivi: Ad es.:
      a. Nullità dell’avviso di accertamento (inefficace notifica, vizi di motivazione) – la nullità si estende alla cartella.
      b. Errata determinazione del tributo o delle sanzioni (mancata applicazione di aliquote o riduzioni previste, addebiti indebiti).
      c. Irregolarità dell’iscrizione a ruolo (art. 17 D.P.R. 602/73 – compensazioni non applicate o errori aritmetici).
      d. Violazione del diritto di difesa (art. 7 Carta UE, se non sono indicati ufficio/responsabile informativo nella cartella).
      e. Casi di prescrizione/interessi applicati illegalmente.
    • Domande: L’annullamento della cartella e del ruolo impugnati, con condanna alle spese.
    • Ricorsi connessi: Se la cartella è stata preceduta da avviso opposto, chiarire se l’opposizione precedente aveva già definito alcune questioni.
    • Riferimenti normativi: Art. 19-21 D.Lgs. 546/92, artt. 12, 25, 60 D.P.R. 602/73, normativa del codice civile (artt. 2946, 2948 c.c.) e criteri derivati da Cassazioni citate nell’atto.

Questi schemi indicano i contenuti essenziali: per un atto completo si integrerà con ulteriori argomentazioni giuridiche (dottrina, prassi, giurisprudenza) e con la documentazione probatoria occorrente.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • R.D. 14 aprile 1910, n. 639Testo unico delle disposizioni sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (artt. 2-3, confermato per enti locali): disposizioni fondamentali sull’ingiunzione fiscale. (Normattiva).
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, Titolo II (art. 25 e ss.) – Disposizioni sulla riscossione delle imposte (ruolo, cartella, estratto di ruolo). (Normattiva).
  • D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, 21 – Disposizioni sul processo tributario (atti impugnabili: “ruolo e cartella di pagamento”). (Normattiva).
  • D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52 – Norme sui tributi degli enti locali (prevede l’uso facoltativo dell’ingiunzione fiscale da parte di Province/Comuni). (Normattiva).
  • Legge 24 dicembre 2007, n. 244, e D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (convers. L. 28/2008) – riforma Riscossione; L. 27 dicembre 2013, n. 147 – disponeva deroga per TASI/TARI; L. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, co. 781 – proroga affidamenti ex art. 52 (iliquidità).
  • C. Cost. 17 ottobre 2023, n. 190 – ammissibilità e legittimità costituzionale degli artt. 3, 24, 113 Cost. e artt. 12, 12-bis, 3-bis DPR 602/1973 (interesse ad agire sul ruolo/cartella).
  • Cass. Civile, Sez. Un. 12 ottobre 2007, n. 16412 – attenzioni sulla sequenza procedimentale della pretesa tributaria e limiti di sindacato di ruoli/cartelle.
  • Cass. Civile, ordinanza 8.2.2023, n. 3843 – opposizione all’ingiunzione fiscale; cognizione del giudice, accertamento del credito.
  • Cass. Civile, ordinanza 15.2.2022, n. 883 – limiti di impugnabilità di cartella e ingiunzione: solo vizi propri se accertamento non impugnato.
  • Cass. Civile, ordinanza 15.9.2023, n. 26660 – nullità della cartella in caso di mancata notifica dell’atto presupposto.
  • Cass. Civile, ordinanza 6.9.2022, n. 26283 (S.U.) – su impugnazione estratti di ruolo (art. 3-bis D.L.146/2021).
  • Cass. Civile, ordinanza 30.11.2022, n. 9166 – riduzione delle ipotesi di impugnabilità del ruolo/esito Cost. 190/2023.
  • Cass. Civile, sentenza 10.10.2013, n. 20747 – su ingiunzione e compensazioni (importante in materia di compensazione fiscale); Cass. Civ. 20.7.2017, n. 18609 (su impugnazione coattiva).
  • Normativa civile: Codice Civile artt. 2946, 2948 (prescrizione), 2697 (onere probatorio), art. 633 e ss. c.p.c. (decreto ingiuntivo, richiamato come analogia).

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Conclusione

L’ingiunzione fiscale è emessa direttamente da Comuni e enti locali, mentre la cartella di pagamento proviene dall’Agenzia Entrate-Riscossione.
Entrambe si possono impugnare, ma con modalità e tempi diversi.
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