Hai ricevuto una sentenza di liquidazione giudiziale (ex fallimento) e ti stai chiedendo cosa succede adesso? Vuoi sapere quali sono i prossimi passi, se perdi subito la disponibilità dell’azienda o dei beni, e quali diritti ti restano?
Ricevere una sentenza di apertura della liquidazione giudiziale è un momento delicato per ogni imprenditore. Ma è importante sapere che non tutto è perduto: la legge prevede tutele e diritti anche per chi subisce questa procedura. Capire bene cosa accade dopo la sentenza ti aiuta a difenderti, collaborare correttamente e – in alcuni casi – ripartire.
Vediamo allora cosa succede concretamente una volta emessa la sentenza e cosa puoi (e devi) fare.
Cosa comporta la liquidazione giudiziale?
La liquidazione giudiziale è una procedura concorsuale che si apre quando un’impresa è insolvente, cioè non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti. Con la sentenza:
- cessi di avere la disponibilità dei beni aziendali e personali aggredibili,
- viene nominato un curatore, che prende il controllo del patrimonio,
- viene fissata l’udienza per l’esame dello stato passivo, dove i creditori fanno valere i loro diritti.
La tua impresa cessa di operare in autonomia, e qualsiasi atto, contratto o decisione rilevante deve passare attraverso il curatore.
Cosa succede ai beni personali dell’imprenditore?
Se sei titolare di ditta individuale o socio illimitatamente responsabile, anche i tuoi beni personali entrano nella procedura, tranne quelli strettamente necessari alla vita quotidiana. Se invece sei amministratore di SRL, SRLS o SAS, la tua responsabilità è limitata, ma potrebbe estendersi se ci sono state irregolarità o mala gestio.
Cosa devi fare dopo la sentenza?
Devi:
- collaborare con il curatore, fornendo documenti, conti e spiegazioni;
- consegnare libri contabili, scritture e beni aziendali;
- astenerci da qualsiasi atto che possa danneggiare i creditori o ostacolare la procedura.
Il comportamento scorretto può portare a responsabilità personali o penali, quindi è essenziale agire in modo trasparente e tutelato.
Puoi proporre un accordo con i creditori?
Sì. Anche nella liquidazione giudiziale, puoi proporre un concordato fallimentare, cioè un piano per chiudere i debiti in modo parziale, magari grazie all’aiuto di un terzo. In alcuni casi, è una strada efficace per salvare parte del patrimonio e chiudere la procedura in modo più rapido.
Quando finisce la procedura?
La durata dipende dalla complessità del patrimonio e dal numero dei creditori. Una volta che tutti i beni sono stati liquidati e i creditori soddisfatti nei limiti possibili, il giudice dichiara la chiusura della liquidazione. Da quel momento puoi – se hai i requisiti – chiedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui.
Serve un avvocato?
Sì. Anche se non puoi più disporre dei beni, hai ancora diritti da difendere: dalla possibilità di contestare il passivo alla richiesta di esdebitazione, passando per la tutela della tua persona e del tuo ruolo. Solo un legale esperto può aiutarti a evitare errori gravi e a cogliere ogni opportunità per ripartire.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e procedure concorsuali – ti spiega cosa succede dopo una sentenza di liquidazione giudiziale, quali sono i tuoi obblighi e cosa possiamo fare per aiutarti a difenderti e guardare avanti.
Hai ricevuto una sentenza di liquidazione giudiziale e non sai cosa fare? Vuoi sapere se puoi ancora salvare qualcosa o chiudere dignitosamente la procedura?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Ti aiuteremo a orientarti nella procedura, a proteggere i tuoi diritti e – se possibile – a costruire una via d’uscita concreta.
Introduzione
Premessa normativa: La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale che sostituisce il fallimento ex lege (D.Lgs. 14/2019, Titolo V). Con la riforma del 2019 e i successivi decreti correttivi (in particolare D.Lgs. 147/2020, 83/2022 e 136/2024) sono state ridefinite procedure e tempi. Dal 27 settembre 2024 il “Terzo correttivo” (D.Lgs. 136/2024) introduce diverse modifiche (ad es. alla disciplina telematica e ai poteri del curatore), confermando però i principi di fondo: la sentenza di apertura accerta lo stato di insolvenza e apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore. In particolare, il decreto 136/2024 evidenzia che tra le principali novità si trova proprio l’ambito della liquidazione giudiziale.
In breve, la procedura (riservata agli imprenditori in crisi) prevede che il tribunale, su istanza di creditori o d’ufficio, dichiari l’apertura con sentenza, nominando un curatore e (se del caso) un comitato dei creditori. La sentenza viene iscritta al Registro delle Imprese e da quel momento tutti i beni del debitore vengono acquisiti nella massa da liquidare. Le norme di legge determinano gli effetti immediati di tale sentenza su patrimonio, contratti, gestione aziendale, rapporti di lavoro e atti esecutivi. Nelle sezioni seguenti analizziamo nel dettaglio, con cenni giurisprudenziali e casi pratici, cosa succede dopo la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale.
1. Effetti patrimoniali e concorsualità
- Costituzione del concorso – Dal giorno della sentenza di apertura si apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore: tutti i crediti (anche privilegiati o prededucibili) e i diritti reali devono essere accertati nel procedimento concorsuale (art. 151 CCII). In pratica, il credito tributario dell’Erario, i debiti verso fornitori, le fideiussioni, le ipoteche e ogni altro debito confluiscono nella massa passiva e saranno soddisfatti secondo gli ordinamenti di graduazione (privilegi, prededuzione, chirografari). Ad esempio, i crediti prededucibili (ad es. crediti per compenso del curatore, imposte maturate dopo l’apertura, spese di procedura) saranno soddisfatti per primi con l’attivo della procedura. I creditori con pegno o privilegio su beni mobili possono chiedere di realizzare autonomamente la garanzia (con autorizzazione del giudice e previa ammissione in passivo).
- Blocco delle esecuzioni – Dalla data di apertura (e salvo diversa disposizione) sono sospese tutte le azioni esecutive o cautelari individuali promosse su beni compresi nella procedura (art. 150 CCII). In altre parole, nessun creditore può più agire separatamente (pignorare o sequestrare) sui beni dell’impresa dopo l’apertura. I creditori garantiti (es. con pegno o ipoteca) dovranno seguire la procedura interna o chiedere l’autorizzazione alla vendita fuori procedura (art. 152 CCII). Questa regola garantisce l’uguaglianza concorsuale: le eventuali impugnazioni o sequestri pendenti diventano inoperanti e il curatore ne informa il giudice delegato.
- Inventario e programma di liquidazione – Il curatore apre subito l’inventario dei beni e dei crediti del debitore. Entro 60 giorni dall’inventario (e comunque entro 150 giorni dalla sentenza di apertura) deve redigere il programma di liquidazione, che illustra come saranno liquidati gli attivi (vendita dei beni, recupero dei crediti, ecc.). Il comitato dei creditori, se nominato (soglia di capitale sociale elevato o maggioranza chiedente), può proporre modifiche. Il rispetto di questi termini è obbligatorio: il mancato deposito del programma entro 150 giorni, senza giustificato motivo, costituisce giusta causa di revoca del curatore. Il programma indica anche termini esecutivi precisi: ad es., entro otto mesi dall’apertura deve esservi il primo esperimento di vendita.
- Durata massima della procedura – La legge fissa un termine massimo per il completamento della liquidazione: non può superare 5 anni dal deposito della sentenza di apertura. In casi eccezionali (grande complessità degli affari o numero elevato di beni), il giudice delegato può prorogare questo termine fino a 7 anni. Decorsi tali termini (con adeguata motivazione) la procedura viene chiusa anche se il soddisfacimento integrale dei creditori non è completato; restano valide le quote già accantonate e gli atti compiuti.
- Realizzazione dell’attivo – Il patrimonio viene venduto o assegnato dal curatore secondo il programma, di norma tramite aste telematiche pubbliche (art. 216 CCII). Le somme ricavate costituiscono la massa attiva, che in genere è suddivisa in due conti speciali (immobili e mobili) per rispettare i privilegiari sui frutti attivi. Eventuali acquisti o affitti di azienda sono decisi con decreto del giudice delegato. Tutte le somme ricavate vanno depositate su un conto intestato alla procedura (art. 131 CCII). Il curatore preleva gli importi per le distribuzioni solamente dietro mandato del giudice delegato; fino alla chiusura egli redige rendiconti periodici e relazioni sulla gestione.
Tabella 1. Principali effetti patrimoniali dopo l’apertura:
Effetto patrimoniale | Descrizione sintetica | Riferimento normativo |
---|---|---|
Concorso dei creditori | Tutti i crediti del debitore concorrono sulla massa attiva. | Art. 151 CCII |
Sospensione esecuzioni | Vietata ogni azione esecutiva individuale sui beni in procedura. | Art. 150 CCII |
Vendita dei beni | Realizzata dal curatore per procedura competitiva (asta). | Art. 216 CCII; Programma di liquidazione (art. 213) |
Distribuzione attivo | Fondi suddivisi secondo graduazione privilegi/prededuzione. | Artt. 153-154 CCII (prelazione) |
Termini della procedura | Chiusura entro 5 anni (7 in casi straordinari). | Art. 213(5) CCII |
2. Effetti sui rapporti contrattuali
Con l’apertura della procedura mutano i rapporti giuridici pendenti del debitore. In generale, l’esecuzione dei contratti in corso viene sospesa fino a che il curatore decide se subentrare o recedere (art. 172 CCII). Nello specifico:
- Contratti ancora ineseguiti – Se al momento dell’apertura un contratto è in parte o totalmente non eseguito da entrambe le parti, il curatore (con autorizzazione del comitato dei creditori) può scegliere di subentrare al debitore, continuando l’esecuzione e assumendo tutti gli obblighi (a partire dalla data di subentro). In tal caso i crediti del secondo contraente maturati durante la procedura sono prededucibili (soddisfatti in via prioritaria). Se invece il curatore scioglie il contratto, il contraente ha diritto di far valere il proprio credito da inadempimento nel passivo della procedura (senza richiesta di risarcimento, art. 172, co.4). In ogni caso, la sospensione del contratto decorre dalla data di apertura e il contraente può intimare al curatore di decidere entro 60 giorni; trascorso tale termine il contratto si considera risolto automaticamente.
- Contratti preliminari immobiliari – Il curatore può sciogliersi anche dai contratti preliminari di vendita immobiliare (trascritti), imponendo la restituzione delle somme e godendo di un privilegio speciale se il preliminare era stato trascritto (art. 173 CCII). Se decide invece di subentrare nel preliminare, l’immobile viene trasferito all’acquirente con le regole ordinarie e le somme già versate a titolo di caparra gli sono opposte per metà. Alcuni preliminari particolari (es. immobile abitativo adibito a casa principale) possono rimanere validi fino all’esecuzione richiesta dal promissario acquirente (art. 173, co.3-4).
- Contratti personalissimi – I contratti la cui esecuzione dipende strettamente dalla persona del debitore (per es. contratti di lavoro autonomo, incarichi professionali, diritti d’autore) si sciolgono automaticamente con l’apertura (art. 175 CCII), salvo che il curatore (con consenso della controparte e autorizzazione del comitato) non manifesti di voler subentrare e quindi continuare il rapporto. Ciò significa che, salvo specifiche autorizzazioni, il curatore non può obbligare i soggetti terzi a mantenere rapporti strettamente personali con il debitore in crisi.
- Contratti pubblici (appalti) – I contratti con la PA (e più in generale contratti pubblici) seguono le regole speciali: l’esecuzione prosegue anche in procedura di liquidazione (art. 176 CCII e Codice Appalti), salvo revoca da parte del curatore e fatti salvi i criteri di economicità e trasparenza.
In sintesi, i contratti pendenti vengono sospesi all’apertura e il curatore decide caso per caso se continuare o recedere. Il contraente “sospeso” ha diritto di ottenere il credito al passivo o il ripristino del contratto, secondo l’opzione del curatore. Le clausole contrattuali che prevedono l’automatica risoluzione al sopraggiungere della liquidazione giudiziale sono inefficaci (art. 172, co.6).
Tabella 2. Effetti sui contratti pendenti:
Tipo di contratto | Effetto all’apertura | Riferimento normativo |
---|---|---|
Contratti in corso (generici) | Sospesi. Curatore può subentrare o sciogliere il contratto. | Art. 172 CCII |
Contratti preliminari immobiliari | Sospesi. Curatore subentra o scioglie con restituzione caparre. | Art. 173 CCII |
Contratti personalissimi | Si sciolgono automaticamente, salvo subentro del curatore con autorizzazione. | Art. 175 CCII |
Contratti pubblici (appalti) | Proseguono secondo regole speciali, il curatore può revocare. | Art. 176 CCII; D.Lgs. 50/2016 |
3. Effetti sui rapporti di lavoro
L’apertura della liquidazione giudiziale incide profondamente sui rapporti di lavoro in essere, ma non produce licenziamenti automatici immediati. In generale, tutti i contratti di lavoro subordinato pendenti proseguono di norma con l’azienda (almeno inizialmente). Entro 30 giorni dalla nomina, il curatore deve comunicare all’Ispettorato del Lavoro l’elenco dei dipendenti in forza e può chiedere una proroga di 30 giorni (o 60 giorni se impresa >50 dipendenti) per l’eventuale subentro nei rapporti di lavoro.
- Esito dopo 4 mesi – Se trascorsi quattro mesi dall’apertura il curatore non ha comunicato di voler subentrare (o terminato i licenziamenti previsti), i rapporti di lavoro residui si risolvono di diritto dal giorno dell’apertura. In altre parole, senza ulteriore comunicazione formale, ogni lavoratore “in esubero” è considerato licenziato con effetto retroattivo alla data di apertura, con diritto a ricevere la NASpI (indennità di disoccupazione) ex lege.
- Indennità di TFR prolungato – Se il tribunale proroga il termine oltre i 4 mesi (eccezionalmente fino a 8 mesi totali) per cercare un trasferimento o la cessione dell’azienda a terzi, i lavoratori licenziati dopo tale proroga hanno diritto a una indennità supplementare (non assoggettata a contributi previdenziali) pari a due mensilità di ultima retribuzione per anno di servizio (minimo 2, massimo 8 mensilità). Questa indennità, in deroga normale, è ammessa al passivo come credito del lavoratore (su cui però il fondo TFR dell’azienda potrebbe escutere senza vincoli).
- Vincoli sindacali e licenziamenti collettivi – I licenziamenti collettivi in liquidazione seguono comunque la disciplina dello statuto dei lavoratori: il curatore deve darne avviso alle R.S.U. o alle associazioni sindacali e al Ministero del Lavoro, e svolgere la procedura di licenziamento collettivo (L. 223/1991) se ricorrono i presupposti. In pratica, l’eventuale ammortizzatore sociale richiesto per il personale è rappresentato dalla NASpI e dalla mobilità ordinaria.
In sintesi, dopo l’apertura i dipendenti non vengono subito licenziati “per legge”, ma sono sospesi nell’incertezza: spetta al curatore decidere entro 4 mesi se tenerli in organico o licenziarli. Superato quel termine senza decisioni, i loro contratti si risolvono con effetto retroattivo e percepiscono le tutele (indennità NASpI) previste per licenziamenti collettivi.
4. Effetti personali e sull’organizzazione societaria
Dalla sentenza di apertura decadono gli amministratori e gli altri organi sociali (liquidatori, sindaci) nella loro funzione di gestione: l’azienda viene spossessata della gestione ordinaria e il curatore assume i poteri di amministrazione e liquidazione. In concreto, ad esempio il Consiglio di Amministrazione cessa di fatto, salvo eccezioni minime (alcune attribuzioni possono essere esercitate in via coadiuvante). I creditori e il tribunale non possono più rivolgersi agli amministratori per la gestione corrente: ogni atto aziendale rilevante deve avere l’ok del curatore o del giudice delegato. Gli amministratori conservano l’obbligo di collaborazione (es. consegna libri sociali, registri, documentazione contabile) e sono esposti a azioni di responsabilità (civile e penale) per mala gestio o per il mancato tempestivo ricorso alla procedura di crisi.
- Soci e capitale sociale – In una società di capitali (S.r.l., S.p.A.), l’apertura della liquidazione non scioglie automaticamente la compagine sociale (i soci restano tali), ma la gestione del capitale rimane affidata al curatore. Nel caso in cui il socio unico o amministratore fosse persona fisica imprenditore individuale con impresa concorrente, si apre anche la liquidazione della sua impresa personale. Se la società ha «soci illimitatamente responsabili» (es. alcune S.r.l. con clausola di responsabilità illimitata), si estende la liquidazione anche a quei soci, con annotazione della sentenza presso i registri delle persone fisiche e del loro patrimonio.
- Scioglimento per società di persone – In una società di persone (S.n.c., S.a.s.), l’apertura della liquidazione a carico della società comporta di norma la scioglimento della compagine (art. 2308 c.c.). Ad es., se un socio di una S.n.c. fallisce, l’intera società si scioglie salvo che gli altri soci nominino un altro amministratore o si accordino diversamente. La liquidazione proseguirà come liquidazione giudiziale della società sciolta.
- Startup innovative – Le start‑up innovative sono in genere S.r.l. semplificate o S.r.l. comuni: in caso di liquidazione giudiziale valgono le stesse regole viste per le S.r.l. in crisi. Un’eventuale esclusività dell’oggetto o agevolazioni statali (fiscalità, crowdfunding) non modificano le conseguenze concorsuali. L’apertura di liquidazione giudiziale interrompe comunque gli incentivi (ad es. il credito d’imposta sugli investimenti) e porta all’esaurimento del rapporto societario come per una S.r.l. qualunque. In pratica, anche la piccola start‑up con capitale sociale minimo segue la procedura ordinaria: i soci non possono più esercitare la governance, ma possono coadiuvare il curatore se richiesto (art. 129 CCII) e rimangono responsabili per i debiti fino alla concorrenza dei conferimenti (o illimitatamente, se la forma lo prevede).
5. Organi della procedura e gestione operativa
- Curatore – Con la sentenza il giudice nomina il curatore, soggetto terzo di alta competenza, che assume la responsabilità personale di liquidare l’attivo per conto dei creditori. I suoi compiti principali (art. 128‑130 CCII) comprendono: raccogliere e amministrare i beni, vendere gli asset secondo il programma, espletare le comunicazioni alle parti, aprire il fascicolo informatico, gestire le pendenze giudiziali (il curatore può subentrare nelle azioni o difese pendenti in luogo della società), riscuotere i crediti, versare somme sul conto della procedura, pagare le spese autorizzate e redigere periodici report e rendiconti per il tribunale e i creditori. L’accettazione dell’incarico richiede che il curatore dichiari di avere adeguata disponibilità di tempo e risorse professionali. Egli può farsi coadiuvare (con autorizzazione) da tecnici o persino dall’ex debitore/amministratori sotto la propria responsabilità (art. 129, co.2 CCII). Eventuali ritardi nell’adempimento dei compiti (es. deposito del programma entro 150 giorni, versamento somme) possono costituire motivo di revoca del curatore.
- Comitato dei creditori – Se il capitale sociale è molto elevato o la maggioranza dei creditori lo richiede, viene costituito un comitato formato da 3 creditori rappresentativi. Il comitato verifica l’operato del curatore e fornisce pareri (non vincolanti) sui principali atti: ad es. programma di liquidazione, piani di riparto, e altre attività di gestione significativa. Con il correttivo 2024 è stata introdotta la possibilità del silenzio‑assenso per i pareri non vincolanti (se il comitato non si esprime entro 15 giorni, il parere si intende favorevole). Resta tuttavia principio che il giudice delegato può sorvegliare e sostituirsi al comitato in caso di inerzia.
- Giudice delegato – L’iter della procedura è seguito dal giudice delegato (giudice del tribunale incaricato di vigilare sulla procedura). Il giudice delegato autorizza il programma e i singoli atti di liquidazione (vendite, affitti di ramo, nominativo delegati, ecc.) conformi alle disposizioni di legge e al programma approvato. Decide su richieste del curatore o dei creditori (es. autorizzazioni alla vendita fuori asta, proroghe di termini, revoca del curatore, ammissioni tardive di credito). Con il correttivo 2024 è ora compito del giudice delegato emettere anche il decreto che autorizza il curatore a non procedere all’accertamento del passivo in presenza di crediti non contestati (art. 209 CCII). In generale, il giudice delegato assicura il regolare svolgimento formale della procedura.
- Organi ausiliari – Su richiesta del curatore, il tribunale nomina un commissario alle vendite (soggetto specializzato che svolge le aste telematiche per beni immobiliari) o, in alcuni casi, ausiliari per l’esecuzione di provvedimenti (ad es. sgombero di beni). Il pubblico ministero può intervenire (ad es. su questioni di criminalità fallimentare) e riceve copia delle relazioni del curatore.
Tabella 3. Organi principali della procedura:
Organo | Compiti principali |
---|---|
Curatore | Gestione corrente: stima e vendita beni, riscossione crediti, relazioni periodiche, esecuzioni, amministrazione conto procedura. |
Comitato creditori | Vigilanza e pareri su programma, nomina curatore, vendite importanti, riparti; trasmissione osservazioni sui rapporti del curatore. |
Giudice delegato | Sovrintende procedura: approva programma e atti, autorizza aste, decide su opposizioni e proroghe, emette decreto di chiusura e di non luogo a riscossione del passivo. |
Tribunale (collegio) | Dichiarazione di apertura e sentenza di chiusura, nomina curatore e commissari, deliberazioni su opposizioni e appelli relativi alla procedura. |
Ufficiale giudiziario | Esegue provvedimenti (p.es. sgombero, consegna beni), notifica atti rilevanti dell’amministrazione. |
6. Chiusura della procedura e responsabilità finale
La chiusura della liquidazione giudiziale avviene con decreto del tribunale quando l’attivo è stato liquidato e ripartito, o quando non vi è attivo e tutti i creditori iscritti sono stati soddisfatti per quanto possibile (o hanno rinunciato). Il decreto di chiusura ordina le registrazioni finali: ad esempio, la restituzione del capitale sociale agli aventi diritto (se residua), la cancellazione dal Registro delle Imprese, e il deposito della relazione finale del curatore e dei conti. Se alla chiusura restano incerte questioni, il tribunale può disporre forme di archivio o – in casi eccezionali – un’ulteriore riapertura in presenza di nuovi crediti o atti fraudolenti (art. 236-239 CCII).
Responsabilità finale: Con l’eventuale chiusura (o archiviazione), il curatore ottiene l’assoluzione: non è più responsabile della conservazione dei beni e può abbandonare gli incarichi. Sui soci/amministratori del periodo anteriore grava invece la responsabilità nei confronti della procedura. Essi rispondono civilmente, ai sensi dell’art. 2394‑bis c.c. (introdotto dal Codice della Crisi), per i danni arrecati alla massa (ad es. distrazione di beni, violazioni contabili, simulazioni negoziali). In caso di violazioni penali (bancarotta semplice o fraudolenta) si procede giudizialmente in sede penale. Vanno inoltre considerati gli obblighi tributari: eventuali debiti d’imposta non versati confluiscono nel passivo e l’amministratore può rispondere personalmente (art. 36 DPR 602/1973) se sono versati solo parzialmente e vi è illecito contributivo. In ogni caso, il profilo delle responsabilità è complesso e dipende da molte circostanze: chiudiamo qui il discorso rimandando ad appositi approfondimenti sulle azioni di responsabilità.
7. Interazione con gli altri strumenti di crisi
Nella fase post-apertura di liquidazione giudiziale non è possibile utilizzare gli strumenti di composizione negoziata della crisi, perché questi vanno attivati prima della domanda di liquidazione. In particolare:
- Sovraindebitamento (L. 3/2012) – La procedura di sovraindebitamento (acc. di composizione dei debiti dei non-imprenditori) è alternativa alla liquidazione giudiziale e riguarda soggetti diversi (persone fisiche, imprese agricole, professionisti). Se un imprenditore viene ammesso alla liquidazione giudiziale, non può poi passare ad una procedura di sovraindebitamento; analogamente, la domanda di sovraindebitamento va proposta prima di una eventuale procedura concorsuale (art. 83-bis CCII).
- Concordato semplificato – Il concordato semplificato (introdotto nel 2021) è una forma abbreviata di concordato preventivo riservata a imprese con patrimoni di modeste dimensioni, consistente soprattutto nella vendita dell’azienda in procedura. Anche questo strumento esclude l’apertura successiva di liquidazione: infatti il concordato (omologato) chiude la crisi; un successivo fallimento infatti determinerebbe (come vedremo) l’effetto di risoluzione dell’accordo.
- Piani attestati di risanamento – I piani attestati (art. 67 e ss. CCII) sono piani di ristrutturazione privati ratificati da un revisore legale. Essi sono strumenti extra‑giudiziali per evitare la procedura concorsuale. Se però l’accordo del piano è omologato dal tribunale e poi sopravviene la sentenza di apertura, tale piano decade automaticamente (per sopravvenienza di impossibilità): il creditore che aveva ottenuto pagamenti dal piano potrà insinuarsi al passivo per la rimanenza.
- Accordi di ristrutturazione (art. 182‑bis CCII) – Similmente ai piani, gli accordi di ristrutturazione stragiudiziali approvati dal tribunale diventano inefficaci se a essi fa seguito la liquidazione giudiziale. In linea con la giurisprudenza recente, la Cassazione ha affermato che la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) scioglie automaticamente l’accordo per impossibilità sopravvenuta (art. 1463 c.c.): ciò comporta che l’obbligazione originaria si “ri-espande” e il credito può essere iscritto per l’intero nel passivo, al netto di quanto già corrisposto. Non è richiesto un nuovo atto di risoluzione, né si applicano analogie con la disciplina del concordato preventivo. (Resta controverso se le garanzie costitutive dell’accordo sopravvivano – in mancanza di specifiche pronunce, attualmente si assume di sì, ma vanno analizzati caso per caso.)
In sintesi, una volta decisa l’apertura di liquidazione giudiziale l’impresa non può più deviare verso altri strumenti di composizione: è bloccata nella procedura concorsuale. Tuttavia, può ancora essere negoziato un concordato di liquidazione in corso di procedura (art. 236 CCII) per ottenere un patto di soddisfazione dei creditori mediante cessione dell’azienda o altri asset (il cosiddetto concordato nella liquidazione), ma ciò richiede un accordo tra curatore e creditori. Nelle nostre sezioni “Domande e Risposte” finali vedremo esempi pratici di questi aspetti.
8. Casi pratici e simulazioni
Di seguito alcuni esempi pratici per chiarire gli effetti nelle forme societarie comuni:
- Esempio 1 – S.r.l. con socio unico illimitato: Una S.r.l. è dichiarata in liquidazione giudiziale. Gli amministratori decadono; l’amministratore (socio unico illimitato) cessa di governare e diventa semplice creditore nella procedura (oltre che debitore illimitato nel proprio patrimonio). Il curatore procede alla vendita dei beni della società. Il socio illimitato, se l’impresa ha un’attività indipendente, sarà soggetto a procedura concorsuale anche come persona fisica (con iscrizione della sentenza di liquidazione sul suo registro personale). Alla chiusura, se residuano fondi, il socio illimitato rischia di dover reintegrare i debiti sociali con il proprio patrimonio personale.
- Esempio 2 – Società di persone (S.n.c.): Una S.n.c. di due soci presenta insolvenza. La procedura di liquidazione giudiziale della società si apre con sentenza. La società si scioglie automaticamente per effetto del fallimento di un socio (art. 2308 c.c.), pertanto gli amministratori (soci) non restano in carica. Il curatore vende i beni sociali; i soci rispondono personalmente e illimitatamente dei debiti non coperti dal patrimonio sociale. Nel passivo si ammettono anche eventuali crediti dei soci verso la società (p.es. versamenti ancora dovuti).
- Esempio 3 – Cooperativa: Supponiamo una cooperativa con soci in perdita di capitali. L’apertura della liquidazione giudiziale travolge l’ente cooperativo come per una S.p.A.: gli amministratori decadono, il curatore ordina la liquidazione del patrimonio sociale. Dal punto di vista dei soci, essendo la cooperativa a mutualità prevalente, spetterà loro un rimborso parziale dei versamenti (al netto delle perdite); se la cooperativa è senza scopo di lucro, i soci potrebbero perdere interamente il capitale conferito. In ogni caso, il meccanismo interno di ripartizione segue le norme civilistiche ordinarie (privilegio cooperativo previgente non si applica più dopo la riforma). La chiusura coincide con la ripartizione finale del capitale residuo tra i soci, se esistente.
- Esempio 4 – Startup innovativa (S.r.l.): Una startup innovativa con debiti superiori agli asset (ad es. immatricolazioni software) è posta in liquidazione. Non c’è alcuna disciplina speciale post-apertura: vale l’ordinario. Il curatore può cedere le quote (art. 2471 c.c.) come bene in procedura; tuttavia, spesso nelle startup il maggiore valore è intangibile (IPR), per cui il curatore tende ad alienare i beni materiali e acquisire crediti insoluti. I fondi incassati sono usati per pagare creditori prededucibili (es. compensi dei liquidatori coatti) e privilegiari. I finanziatori (es. venture capital, banche) si iscrivono al passivo come crediti chirografari. Alla chiusura, gli investitori rischiano di non recuperare nulla se l’attivo è esiguo, e il socio (spesso persona fisica) può subire ripercussioni se era illimitatamente responsabile.
Questi esempi mostrano che, pur variando la forma societaria, gli effetti fondamentali della liquidazione giudiziale rimangono gli stessi: gestione sottratta alla governance ordinaria, patrimonio trasferito alla massa, creditori soddisfatti secondo graduazione. Le differenze riguardano soprattutto la responsabilità personale dei soci e la dinamica interna di scioglimento (soprattutto nelle società di persone).
9. Domande e Risposte frequenti
- D: Chi assume la gestione dell’azienda dopo la sentenza di apertura?
R: Dal momento dell’apertura l’azienda è “spossessata” degli organi sociali precedenti e il curatore subentra nella gestione ordinaria. In pratica gli amministratori decadono dai loro poteri gestori e non possono più compiere atti giuridici a nome della società (a parte obblighi residui come il deposito dei libri contabili). Ogni atto richiesto per la conservazione dei beni o la vendita deve essere approvato dal curatore o dal giudice delegato. (Fino a quel momento, l’imprenditore/debitore deve invece trasferire al curatore l’intera corrispondenza aziendale, compresa quella elettronica, come previsto dall’art. 148 CCII.) - D: Cosa succede ai contratti di fornitura e ai clienti?
R: I contratti ancora in corso vengono sospesi. Il curatore ha due opzioni: subentrare nei rapporti (confermando gli obblighi contrattuali) oppure recedere dal contratto. Se subentra, paga i crediti maturati nel corso della procedura come predededucibili; se scioglie, il fornitore può chiedere il riconoscimento del suo credito d’inadempimento nel passivo. Ad ogni modo, la sospensione inizia con l’apertura e l’altra parte può intimare un termine di 60 giorni al curatore per decidere: decorso inutilmente, il contratto si considera risolto. Infine, le clausole contrattuali che prevedono la risoluzione automatica in caso di apertura della liquidazione sono nulle (art. 172, co.6 CCII). - D: I lavoratori vengono tutti licenziati?
R: No, l’apertura non produce licenziamenti immediati “per legge”. I rapporti proseguono in essere almeno nei primi mesi. Il curatore entro 4 mesi deve decidere se subentrare nei contratti di lavoro (facendo continuare l’operatività) o licenziare i dipendenti in esubero. Se dopo 4 mesi non interviene alcuna decisione, i contratti residui si risolvono automaticamente dal giorno dell’apertura e i lavoratori sono considerati licenziati (con diritto alla NASpI). In pratica, i lavoratori vengono custoditi per qualche tempo in attesa della valutazione economica di continuare o meno l’attività: trascorso quel termine senza novità, i contratti cessano di diritto. - D: Quanto può durare la liquidazione giudiziale?
R: Il Codice stabilisce termini rigorosi. Il primo esperimento di vendita deve avvenire entro 8 mesi dall’apertura. La procedura di liquidazione non può superare 5 anni complessivi dal deposito della sentenza di apertura. Solo in casi eccezionali (complesse situazioni di gruppo, rilevante eterogeneità dei beni, ecc.) il tribunale può prorogare a 7 anni. Dunque, nella gran parte dei casi entro 5 anni tutto l’attivo va liquidato e ripartito; dopo tale scadenza la procedura viene chiusa anche se manca una completa soddisfazione. - D: Si può chiedere un concordato preventivo dopo l’apertura?
R: No. Il concordato preventivo (neppure quello semplificato) è incompatibile con la liquidazione giudiziale: si poteva richiedere prima della sentenza. Ciononostante, il Codice prevede un concordato nella liquidazione (art. 236 CCII): è una procedura in cui i creditori concordano un piano di soddisfazione direttamente nel corso della liquidazione già aperta. Questo accordo richiede l’adesione del 75% dei crediti ammessi e l’omologazione del tribunale. In pratica è molto raro, ma permette di far terminare la liquidazione con un accordo collettivo di scarico debiti. - D: Cosa succede se era stato già stipulato un accordo di ristrutturazione?
R: Come confermato dalla Cassazione (sent. nn. 32996‑32997/2024), la sentenza di apertura di fallimento/liquidazione genera di diritto la risoluzione automatica dell’accordo di ristrutturazione per impossibilità sopravvenuta. Ciò significa che l’obbligazione originaria si ri-espande (torna vigente integralmente) e i creditori possono fare valere i loro crediti per intero nel passivo, al netto di quanto già eventualmente versato. Non è necessario promuovere una nuova azione giudiziale di risoluzione. - D: Come si comporta l’Agenzia delle Entrate?
R: I crediti tributari del debitore (IVA, imposte sui redditi, contributi, ecc.) si portano nel passivo e vengono trattati come crediti prededucibili o chirografari a seconda del momento di maturazione. Il fallimento non azzera i debiti fiscali: al contrario, può scattare la responsabilità personale degli amministratori per tributi e contributi non versati (art. 36 DPR 602/1973). Anche l’Erario entra nella procedura come creditore privilegiato per le imposte sui redditi e i contributi iscritti a ruolo (art. 153‑154 CCII). In taluni casi l’Agenzia può chiedere misure cautelari patrimoniali prima della sentenza (p.es. se la liquidazione è imminente) ma in ogni caso l’imposta dovuta non viene stralciata.
Queste Q&A riepilogano i dubbi operativi più frequenti: rimandiamo ad approfondimenti specialistici per questioni gius‑tributarie, lavoro dettagliato, o responsabilità penale degli amministratori, che esulano dall’ambito di questa guida focalizzata sugli aspetti concorsuali e gestionali della liquidazione giudiziale.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Normativa primaria: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), con successive modifiche (in particolare D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024). Articoli chiave: art. 150-154 (effetti concorsuali), art. 168-175 (contratti pendenti), art. 198 (lavoro subordinato), art. 213-216 (programma e durata della liquidazione) e art. 236-239 (chiusura procedura).
- Giurisprudenza: Cass. civ. nn. 32996-32997/2024 (effetti dell’apertura sul successivo accordo di ristrutturazione); Cass. civ. 17/10/2024, n. 27525 (competenza del tribunale in procedure concorsuali); Cass. civ. nn. 2885/2024, 3552/2023 (azioni di responsabilità amministratori); Cass. civ. 2023/13221 (dimissioni degli amministratori in crisi); Cass. civ. 2024/15580 (responsabilità tributaria dell’amministratore). Varie pronunce di merito sui contratti pendenti e rapporti di lavoro in liquidazione.
È stata dichiarata la liquidazione giudiziale? Fatti aiutare da Studio Monardo
Con la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento”), l’impresa perde il controllo sulla gestione e si apre una fase complessa di accertamento, vendita dei beni e soddisfacimento dei creditori.
Fatti aiutare da Studio Monardo per affrontare correttamente ogni fase e tutelare i tuoi diritti.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza il contenuto della sentenza e ti spiega cosa comporta per l’imprenditore o i soci
📑 Ti assiste nella dichiarazione dello stato passivo e nel deposito delle domande di insinuazione
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con il curatore, il giudice delegato e il comitato dei creditori
✍️ Ti difende in caso di azioni di responsabilità, revocatorie o richieste di pagamento
🔁 Ti supporta anche per valutare la futura richiesta di esdebitazione e ripartenza
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in liquidazione giudiziale e diritto della crisi d’impresa
✔️ Consulente per imprese, professionisti e garanti coinvolti in procedure concorsuali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Dopo la sentenza di liquidazione giudiziale, ogni passo va gestito con attenzione: dagli obblighi verso il curatore alla tutela dei propri beni e diritti.
Con il giusto supporto legale puoi navigare la procedura senza subire danni inutili e pensare alla ripartenza.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: