Quando Va In Prescrizione L’IVA Non Pagata? 5, 10 Anni?

Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate per IVA non pagata di alcuni anni fa? Ti stai chiedendo se il debito è ancora valido o se è ormai prescritto, e soprattutto se devi ancora pagare o puoi difenderti?

L’IVA è un tributo complesso e con regole precise in materia di prescrizione e decadenza, ma è fondamentale sapere quando decorrono i termini e in quali casi si interrompono, perché potresti evitare di pagare somme ormai non più dovute.

Vediamo quando l’IVA non pagata va in prescrizione, se i termini sono di 5 o 10 anni, e cosa puoi fare per difenderti se il Fisco ti chiede somme fuori tempo massimo.

Qual è il termine di prescrizione dell’IVA?
Dipende dal tipo di atto e dal comportamento del contribuente. In linea generale:

  • Se hai presentato la dichiarazione IVA: l’Agenzia ha 5 anni di tempo per notificarti un avviso di accertamento. Il termine decorre dal 31 dicembre dell’anno in cui è stata presentata la dichiarazione.
  • Se non hai presentato la dichiarazione IVA: il termine raddoppia. L’Agenzia può accertare entro 7 anni (che diventano 8 anni, tenendo conto delle norme di sospensione nei periodi emergenziali o di proroghe particolari).

Attenzione: una volta notificato l’avviso di accertamento, i termini cambiano. Se non impugni l’atto, questo diventa definitivo e si trasforma in un debito esecutivo, che si prescrive in 10 anni.

Quando si interrompe la prescrizione?
Ogni notifica valida (accertamento, cartella esattoriale, sollecito di pagamento, intimazione) interrompe il termine di prescrizione e fa ripartire da capo il conteggio. Anche una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate Riscossione può avere questo effetto.

Come verificare se il debito IVA è prescritto?
Bisogna ricostruire con precisione:

  • l’anno di riferimento del debito;
  • la data dell’ultima dichiarazione presentata (o non presentata);
  • la data di eventuali notifiche di atti successivi (accertamento, cartella, ecc.).

Solo con questa analisi si può dire se l’Agenzia ha agito nei tempi giusti o se ha notificato fuori termine, rendendo il debito contestabile.

Cosa puoi fare se è prescritto?
Puoi:

  • impugnare la cartella o l’intimazione, se arrivata fuori tempo;
  • chiedere l’annullamento in autotutela, se hai le prove;
  • opporti legalmente alla riscossione coattiva, anche in fase esecutiva.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa da debiti IVA – ti spiega quando scatta la prescrizione dell’IVA, come si calcolano i termini reali, e come possiamo aiutarti a difenderti da richieste illegittime.

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Introduzione

Il tema della prescrizione dell’IVA non versata è centrale in diritto tributario, perché stabilisce entro quando lo Stato può esigere l’imposta dovuta dal contribuente. In generale, la prescrizione è il termine oltre il quale un diritto (in questo caso quello di riscuotere l’IVA) si estingue se non è stato esercitato. Nel contesto tributario italiano, bisogna distinguere tra: (a) la decadenza dall’emanazione di un atto (ad esempio l’avviso di accertamento) e (b) la prescrizione del diritto a riscuotere il tributo. Mentre la decadenza si applica all’emissione degli atti di accertamento (con termini specifici stabiliti dalla legge), la prescrizione riguarda il tempo massimo per riscuotere l’imposta una volta formatosi il credito. Questo studio analizzerà entrambi gli aspetti con particolare riferimento all’IVA non versata, aggiornando la disciplina normativa, le più recenti sentenze (Cassazione, Corte Costituzionale, Corte di Giustizia UE) e fornendo esempi pratici dal punto di vista del contribuente/debitore.

1. Concetti chiave: decadenza vs prescrizione

  • Decadenza: termine previsto a pena di nullità entro cui l’Amministrazione finanziaria deve notificare un avviso di accertamento (per esempio, 5 anni dopo la dichiarazione presentata, 7 anni in caso di omessa dichiarazione secondo la regola tradizionale). Superato questo termine, l’Amministrazione perde il potere di accertare (cioè di richiedere il pagamento del tributo) per quell’anno d’imposta.
  • Prescrizione: termine oltre il quale l’IVA diventata credito erariale non può più essere riscossa, anche mediante cartella di pagamento. È disciplinata dagli articoli 2946 e 2948 del Codice civile, salvo diverse disposizioni tributarie. In linea di principio, ai tributi dello Stato si applica la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.), a meno che una norma speciale non preveda un termine più breve.
  • Termine di prescrizione per l’IVA: la giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che, nonostante l’IVA sia un’imposta periodica annuale, ciascun anno di IVA costituisca un’obbligazione autonoma. Pertanto, non si applica il termine quinquennale “speciale” dell’art. 2948, n.4 c.c. (riservato a prestazioni periodiche come rendite vitalizie), ma il termine ordinario decennale. In altre parole, il credito IVA consolidato in un avviso di accertamento definitivo si prescrive dopo 10 anni (art. 2946 c.c.).
  • Pressione della giurisprudenza: la Cassazione ha ribadito più volte che i crediti erariali relativi a IRPEF e IVA sono soggetti alla prescrizione ordinaria di 10 anni. Il Fisco stesso ha chiarito che “ai crediti IRPEF e IVA è applicabile la prescrizione ordinaria decennale”.

2. Termini di decadenza dell’accertamento (atti tributari)

2.1. Termini ordinari (DPR 600/1973)

La legge fissa termini specifici per l’emissione degli avvisi di accertamento (atti con cui l’Agenzia delle Entrate notifica l’imposta dovuta). Il principale riferimento normativo è il D.P.R. 600/1973, art. 43 (imposte sui redditi) e l’art. 28 del D.P.R. 602/1973 (riscossione). In particolare:

  • Art. 43 DPR 600/1973: l’avviso di accertamento ordinario deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
  • Art. 43, comma 2, DPR 600/73: in caso di omessa dichiarazione IVA (o dichiarazione nulla), il termine si estende al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. (In passato questo garantiva 7 anni di tempo per scoprire casi di evasione completa).
  • Art. 28 DPR 602/1973 (disciplinante la riscossione): richiama i termini di decadenza di cui all’art. 43 del DPR 600/73, estendendoli anche al contenzioso fiscale (CTP, CTR) e alla riscossione coattiva.

Esempio (decadenza): se la dichiarazione IVA relativa al 2020 è stata presentata entro il 30 giugno 2021, l’Agenzia avrebbe avuto tempo, in via ordinaria, fino al 31 dicembre 2026 per notificare l’avviso di accertamento (5 anni). Se invece la dichiarazione non è stata presentata affatto, il termine sarebbe stato il 31 dicembre 2028 (7 anni). Trascorsi tali termini senza alcuna notifica, l’atto di accertamento decadrebbe e il credito IVA risulterebbe acquisito dal contribuente.

2.2. Termini speciali e riforme

Negli anni la normativa è stata modificata, ma la ratio è rimasta simile. Alcuni interventi da ricordare:

  • DL 138/2011 (cd. Decreto Salva Italia): ha ridotto in molti casi i termini ordinari di accertamento da 8/10 anni a 5/6 anni per alcuni tributi (ad esempio, per le persone fisiche IRPEF il termine è passato a 4 anni, con 6 anni per omessa o fraudolenta). Tuttavia, tali limiti minimi non prevalgono sul limite costituzionale di 5 anni stabilito dall’UE (direttiva 2011/16/UE, recepita dal D.Lgs. 158/2015). Nel caso dell’IVA, si prevede comunque di norma un termine di 5 anni (a meno di casi penali).
  • Normativa penale: in caso di contestazioni penali (evasione fraudolenta), l’art. 40 del DPR 600/73 e l’art. 324 c.p. prevedono termini più lunghi (fino a 10 anni) per la verifica, integrando il decennio del Codice Civile. In tal senso, la Corte di Giustizia UE ha confermato che “il diritto di accertamento di obblighi tributari si prescrive entro 10 anni se derivano da reato”. Ciò si rifà al caso Greentech (C-640/23) del 13 marzo 2025, in cui la Corte UE ha sottolineato che i crediti tributari derivanti da frodi possono essere perseguiti entro 10 anni.
  • Statuto del contribuente (L. 212/2000) e Decreti attuativi: in generale ribadiscono il principio della certezza dei termini, prevedendo che eventuali norme derogatorie dei termini di accertamento debbano essere chiare. Ad esempio, l’art. 17 del D.Lgs. 74/2000 (reati tributari) riconosce espressamente agli atti del procedimento penale (verbale di constatazione, avviso di accertamento) valore interruttivo della prescrizione del reato (cfr. infra).

2.3. Avviso di accertamento o cartella tardiva

Occorre poi distinguere due fattispecie pratiche:

  • Mancata notifica dell’avviso entro i termini: se il contribuente non riceve alcun atto di accertamento entro i termini di decadenza (ad es. 5 o 7 anni), non potrà essere costretto a pagare l’IVA per quell’anno (la pretesa tributaria decade). In tal caso, il “credito IVA” del 2019, ad esempio, si prescrive nel senso che il Fisco perde il potere di accertarlo.
  • Cartella di pagamento fuori termine: se invece l’avviso è stato notificato e divenuto definitivo (ottenuta sentenza nulla-osta o mancato ricorso), si presenta il problema della notifica della cartella esattoriale. Il D.P.R. 602/1973, art. 25 richiede che la cartella sia notificata entro il 2° anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Superato anche questo termine, l’esecuzione forzata decade (non si può ulteriormente aggredire il contribuente con cartelle).
    • Ad esempio, se l’accertamento definitivo è stato emesso il 15/6/2020, la cartella deve essere notificata entro il 31/12/2022. Se arriva nel 2023, il contribuente potrà eccepire la decadenza (annullamento dell’atto di riscossione). In ogni caso, il diritto alla riscossione del capitale IVA (al netto delle sanzioni e degli interessi) resta soggetto alla prescrizione civile ordinaria decennale.

3. Prescrizione del credito IVA (riscossione)

3.1. Termine generale di prescrizione decennale

Come anticipato, la prescrizione del credito IVA (parte capitale) è ordinariamente decennale. A confermare questo principio, la Corte di Cassazione ha affermato che “il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto […] all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.”. In particolare, spiega la Suprema Corte, l’IVA relativa a ciascun anno d’imposta è un’obbligazione autonoma, non riconducibile a una rendita periodica continuativa: perciò non si applica il termine breve quinquennale ex art. 2948 n.4 c.c.

La stessa Cassazione sottolinea che “i crediti di imposta sono, in via generale, soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c.” e che «in particolare i crediti IRPEF e IVA sono soggetti alla prescrizione decennale». Questo orientamento è costante: ad esempio Cass. 9906/2018 e Cass. 32308/2019 hanno espresso analoghe conclusioni e sono state confermate da sentenze successive.

Quindi, dal punto di vista del contribuente/debitore IVA: di regola lo Stato ha a disposizione 10 anni (dal giorno successivo alla scadenza del periodo d’imposta) per far valere coattivamente il credito IVA. Trascorso tale termine senza adeguata interruzione, il diritto all’esazione si estingue per prescrizione. Ad es., l’IVA dovuta per l’anno 2015 ha come dies a quo il 1° gennaio 2016; senza atti interruttivi, il credito si prescrive il 31/12/2025 (dieci anni compiuti).

3.2. Cause interruttive e sospensive

Il decorso della prescrizione decennale può essere interrotto o sospeso da specifici eventi o atti:

  • Art. 2943 c.c.: interruzione da parte del titolare del credito. La notifica di un atto con il quale si inizia un giudizio (es. ricorso in Commissione tributaria) interrompe la prescrizione. Anche il riconoscimento del debito da parte del contribuente (ad es. domande di rateazione, intimazioni di pagamento accettate) è atto di interruzione. Ad esempio, la stessa richiesta di rateazione della cartella di pagamento interrompe la prescrizione del debito, sospendendola fino all’adempimento.
  • Art. 2944 c.c.: interruzione da parte del debitore. Eventi come la comparizione in giudizio del debitore, il ricorso in cassazione o la cassazione del giudicato (se proposta dal debitore) interrompono la prescrizione. Anche la cosiddetta “istanza di sospensione/revoca” dell’atto di riscossione può avere effetti (con particolare normativa).
  • Sospensioni legali: esistono ipotesi in cui la prescrizione è sospesa (es. Legge Pinto su ritardo giudiziario, avvio procedure concorsuali, opposizioni), ma tali situazioni sono più rare nel contesto tributario.

È importante notare che la semplice iscrizione a ruolo (che segue la notifica della cartella) non costituisce, di per sé, atto interruttivo della prescrizione civile: il termine continua a decorrere inesorabilmente a meno di altri eventi. Solo con il primo sollecito di pagamento o con l’impugnazione dell’atto (o con il riconoscimento) si determina un’interruzione che riavvia il conteggio dei 10 anni.

3.3. Fattispecie particolari

  • Dichiarazione omessa: fino a pochi anni fa, si usava distinguere tra omessa dichiarazione (accertamento entro 7 anni) e infedele dichiarazione (entro 5 anni). Ora, per la prescrizione del credito (non per la decadenza), vale comunque il decennio ordinario. In sostanza, anche se l’accertamento può essere notificato entro 7 anni, una volta definito il credito, quest’ultimo si prescrive dopo 10 anni dal periodo d’imposta.
  • Errori in buona fede: se il contribuente ha commesso errori materiali o interpretativi in buona fede, ciò può influire sulle sanzioni (statali, penali) ma non modifica i termini di prescritto del debito tributario. Il termine di prescrizione rimane invariato a meno di interventi legislativi particolari.
  • Interessi e sanzioni: la prescrizione di cui sopra riguarda il capitale (IVA dovuta). Le sanzioni (amministrative/penali) e gli interessi di mora hanno regimi propri: le sanzioni generalmente si prescrivono in 5 anni (art. 2964 c.c. per i crediti parimenti triennali/semestrali, e art. 157 c.p. per quelle penali), mentre gli interessi si prescrivono congiuntamente al capitale. Ad esempio, sanzioni tributarie ordinarie decadono in 5 anni dall’atto, ma interessi e capitali in 10.
  • Termini penali: se la violazione IVA integra un reato (es. omessa dichiarazione o omesso versamento IVA ex D.Lgs.74/2000), la prescrizione penale è regolata dal codice penale (art. 157 e ss.) e dal D.Lgs. 74/2000 (art. 17). In sintesi, per i reati tributari il termine di prescrizione ordinario è 6 anni (raddoppiato gli anni di pena, ad es. fino a 2 anni di pena, prescrizione a 6), elevabile a 7,5 anni in caso di sospensione e recidiva. Se il reato si consuma con più atti (es. fatture false), decorre dall’ultimo atto. Qui non entriamo nei dettagli della riforma Cartabia, ma va ricordato che la prescrizione penale corre da un momento diverso (ad es. consumazione del reato, spesso a fine anno IVA) e segue regole diverse da quella civile tributaria.

4. Applicazioni pratiche e tabelle riassuntive

Di seguito si presentano sinteticamente le principali casistiche di prescrizione IVA, con riferimento al termine di decadenza (per la notifica dell’avviso o della cartella) e di prescrizione (per la riscossione del credito):

FattispecieTermine di decadenza (avviso)Termine di decadenza (cartella)Prescrizione riscossione (capitale IVA)
Dichiarazione presentata5 anni dall’anno di presentazione (DPR 600/73, art.43)2 anni dall’accertamento definitivo (DPR 602/73, art.25)10 anni dal periodo d’imposta (Cass. cit.)
Dichiarazione omessa7 anni dall’anno in cui avrebbe dovuto essere presentata2 anni dall’accertamento definitivo10 anni dal periodo d’imposta (Cass. cit.)
Errori/infedeltà in dichiarazione5 anni (art. 43, c.1 DPR 600/73) (gli errori non ampliano i termini)2 anni dall’accertamento definitivo10 anni dal periodo d’imposta (Cass. cit.)
Accertamento d’ufficio (art. 36-bis)5 anni dall’anno di dichiarazione2 anni dall’accertamento definitivo10 anni dal periodo d’imposta
Cartella di pagamentoDevono essere emesse entro il 31.12 del 2° anno dall’accertamento definitivo– (ma il credito si prescrive sempre in 10 anni complessivi)

In tutti i casi il credito IVA si prescrive ordinariamente in 10 anni. Le tabelle sopra illustrano come, ad es., un avviso notificato oltre il termine decennale potrebbe ancora costituire titolo di credito valido (con prescrizione già maturata), mentre uno notificato dopo 5/7 anni ma entro 10 è valido e la riscossione è possibile fino al termine del decennio.

5. Domande frequenti (FAQ)

D: Se non ho presentato la dichiarazione IVA, dopo quanti anni l’Agenzia non può più accertarmi?
R: Per l’omessa dichiarazione IVA si applicava tradizionalmente un termine di 7 anni di decadenza (dal termine di presentazione). Ad oggi, considerando l’armonizzazione europea, si sostiene in prevalenza che anche in questo caso il termine ordinario è 5 anni (salvo casi penali). In ogni caso, passato il termine di decadenza, non potrà notificarti alcun avviso relativo a quell’anno. Tuttavia, il debito residuo consolidato (per esempio in una cartella già notificata) rimane riscattabile entro 10 anni dal periodo d’imposta.

D: Per il ricalcolo d’ufficio IVA (controllo formale 36-ter) vale lo stesso termine di 5 anni?
R: Sì. Gli avvisi derivanti da controlli formali (art. 36-ter DPR 600/73) devono essere notificati entro 5 anni dalla presentazione della dichiarazione (non esistono termini prolungati per l’omesso in questo caso). Una volta divenuti definitivi, le somme risultanti possono essere riscosse entro 10 anni dal periodo d’imposta.

D: Se ricevo un avviso di accertamento dopo 8 anni, posso oppormi per prescrizione?
R: Dipende. Se l’accertamento fa riferimento a una dichiarazione omessa del passato, teoricamente andrebbe notificato entro 7 anni (o 5, secondo alcune letture). Se è scaduto il termine di decadenza, l’accertamento è annullabile. Se invece è stato notificato entro i termini, il debito è valido e va pagato: potrai opporre la prescrizione civile solo quando saranno passati 10 anni dall’anno d’imposta (dopo aver resistito all’accertamento). Ad es., IVA 2012 avviso notificato nel 2022 (entro 10 anni) è valido: prescrizione del credito scade fine 2023 se non interrotto.

D: Se pago spontaneamente parte dell’IVA o chiedo rateazione, che effetto ha sulla prescrizione?
R: Il pagamento spontaneo o l’accordo di rateazione interrompono la prescrizione (art. 2943 c.c.). Ad esempio, una rateazione accordata al 2020 per un avviso 2016 prolunga il termine di altri 10 anni dal pagamento delle rate. In base alla normativa (DPR 602/73, art. 25 bis) la prescrizione viene sospesa durante il piano di rateazione. Allo stesso modo, un accertamento notificato e rimesso in rettifica dal contribuente può riavviare il conteggio dei 10 anni.

D: Nel contenzioso tributario si parla di “irretroattività delle leggi” e Statuto. C’entra qualcosa con la prescrizione?
R: Lo Statuto del contribuente (L. 212/2000) stabilisce principi di certezza, ma non dispone specifici termini di decadenza per l’IVA (li affida alle norme generali). C’entra invece che, se una legge posteriore riduce i termini, questa riduzione si applica solo ai tributi non ancora prescritti (e di norma non è retroattiva). L’art. 1, comma 2, Statuto prevede che le norme tributarie operano solo da una data certa in avanti: ciò implica che un termine di decadenza ridotto non può valere per dichiarazioni già decadute in base alla normativa precedente.

D: E se ho commesso un reato fiscale collegato all’IVA (es. omesso versamento IVA), entro quando potrei essere indagato?
R: I termini per i reati tributari sono diversi da quelli civili. Con le riforme recenti (legge Cartabia, DLgs 87/2024) per molti reati tributari il termine base di prescrizione è 6 anni (con sospensioni e aumento in caso di recidiva fino a 7,5 anni). Ad esempio, l’omesso versamento IVA (art. 10-ter DLgs 74/2000) è un reato punito fino a 2 anni di reclusione, il che porta a 6 anni di prescrizione ordinaria (7,5 in caso di rinvii in udienza). In ogni caso, la prescrizione penale decorre dalla data di consumazione (per l’omesso versamento solitamente dal 31 dicembre dell’anno successivo a quello per cui il versamento era dovuto). Ma attenzione: anche se il reato si prescrive, la corrispondente pretensione tributaria rimane decennale, perché si tratta di ambiti normativi distinti.

D: Una recente sentenza della Corte di Giustizia UE (Greentech, 2025) può cambiare qualcosa?
R: Quella sentenza riguarda principalmente il diritto alla detrazione IVA e principi di neutralità fiscale, non direttamente la prescrizione dell’IVA dovuta. Tuttavia, il CJEU ha ribadito che in caso di frode il termine di accertamento (e quindi indiretto della riscossione) è di 10 anni. In ogni caso, l’impatto principale per il contribuente italiano è già dato dalle Cassazioni che, applicando l’art. 2946 c.c., sanciscono il decennio ordinario per la riscossione (anche senza necessità di richiamare espressamente il dettato UE).

6. Simulazioni pratiche (esempi di calcolo)

Per chiarire il calcolo dei termini, vediamo alcuni esempi:

  • Esempio 1 – Omissione IVA e avviso tardivo: Un contribuente non presenta la dichiarazione IVA 2014. L’Agenzia scopre l’omissione e notifica un avviso di accertamento il 1° marzo 2021. Poiché la dichiarazione doveva essere presentata entro luglio 2015, il termine di decadenza originario era il 31/12/2022. L’avviso del 2021 è quindi tempestivo. Dopo la procedura, l’accertamento diviene definitivo il 30/9/2021. La cartella dovrà essere notificata entro il 30/9/2023 (2 anni da def.). Il tributo IVA 2014 sarà prescritto civilmente il 31/12/2024 (dieci anni dall’inizio 2015). Se la cartella arriva nel 2024, il contribuente potrà eccepire la prescrizione.
  • Esempio 2 – Errore materiale in buona fede: Un’impresa presenta regolarmente dichiarazioni IVA annuali ma omette una partita di 10.000 € nell’anno 2017. L’errore viene scoperto con un controllo formale (art. 36-ter) e l’avviso di rettifica viene notificato il 10/2/2023. Il termine di decadenza per il controllo formale di 2017 era il 31/12/2022, quindi l’avviso 2023 sembra tardivo e potrebbe decadere. Se invece l’errore fosse stato scoperto entro fine 2022, l’avviso sarebbe valido. In ogni caso, l’IVA aggiuntiva 2017 potrebbe essere riscossa fino al 31/12/2026 (dieci anni dall’inizio 2017).
  • Esempio 3 – Accertamento e rateazione: Un contribuente riceve un avviso definitivo di IVA relativo al 2015 nell’aprile 2018. L’accertamento viene definito (diviene definitivo) il 15/4/2018. Il Fisco notifica la cartella il 1/5/2020 (entro il termine di 2 anni dal def. del 15/4/2018). Il contribuente chiede e ottiene una rateazione dell’importo complessivo. Da quel momento la prescrizione del debito (per il piano di rateazione) è sospesa. Se egli paga l’ultima rata il 1/1/2022, il termine di prescrizione di 10 anni si calcola dal 2022 e scadrà il 31/12/2031.
  • Esempio 4 – Reato tributario e prescizione: Un imprenditore emette fatture false per riscuotere IVA illecita nel 2014. L’omesso versamento relativo viene contestato in via penale. Il reato (art. 10-ter) si considera consumato il 31/12/2015. Con le regole vigenti, la prescrizione penale base è di 6 anni da tale data (salvo interruzioni, si estingue nel 2021). In parallelo, civilmente l’IVA omessa 2014 si prescriveva al 31/12/2024 (dieci anni). Se l’imprenditore salda la fattura indebita dopo il 2020 (ravvedimento operoso), giunge a causa di non punibilità penale ex art. 13 D.Lgs.74/2000; dal punto di vista civile resta valido pagare l’IVA sino al termine del decennio.

Questi esempi evidenziano come i conteggi dei termini di decadenza (per avvisi e cartelle) e di prescrizione decennale si concatenino. In pratica, per ogni anno d’imposta IVA, bisogna verificare:

  1. Scadenza decadenza avviso: 5 anni (o 7 per omissione storica) dal termine di presentazione. Se il termine passa inutilmente, non può esserci accertamento valido.
  2. Scadenza decadenza cartella: 2 anni dall’accertamento definitivo. Se si supera, il credito può essere “impugnato” ed eventualmente annullato in contenzioso.
  3. Prescrizione civile: 10 anni dall’anno d’imposta (indipendentemente da quando è stato notificato l’avviso), salvo interruzioni.

7. Conclusioni

Riassumendo, dal punto di vista del contribuente/debitore, l’IVA non versata si prescrive in via ordinaria dopo 10 anni dal periodo d’imposta, indipendentemente dall’aver o meno presentato una dichiarazione. In passato si faceva differenza tra dichiarazioni omesse e presentate, ma la giurisprudenza più recente considera 10 anni come termine generale di prescrizione per tutti i crediti IVA. È cruciale però vigilare sui termini di decadenza: gli avvisi di accertamento devono arrivare entro i 5 anni (7 in passato per omessa dichiarazione), e le cartelle entro 2 anni dall’accertamento definitivo. Se queste condizioni non sono rispettate, il contribuente può difendersi con la relativa eccezione (decadenza dell’atto). In ogni caso, se il titolo esecutivo si consolida, l’IVA può essere riscossa entro 10 anni, ma è fondamentale tenere conto di ogni atto che possa interrompere o sospendere tale termine (pagamenti, ricorsi, rateazioni). Per quanto riguarda i reati tributari collegati all’IVA, essi hanno un proprio termine di prescrizione penale (generalmente 6 anni con la riforma attuale) che corre in parallelo, ma i due aspetti (civile e penale) sono distinti: anche se il reato va estinto per prescrizione, il debito tributario può invece sopravvivere fino al termine civile.

La disciplina è complessa e in costante evoluzione, anche per l’adeguamento alle direttive UE e alle interpretazioni della giurisprudenza nazionale e sovranazionale. Si raccomanda pertanto al contribuente di verificare sempre i termini applicabili al proprio caso concreto e, in caso di atti notificati in ritardo, di far valere le relative eccezioni di decadenza e prescrizione.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Normativa vigente: DPR 600/1973 (art. 43 su termini di accertamento); DPR 602/1973 (art. 25 su termini di riscossione); Codice Civile (art. 2946-2948 su termini di prescrizione generale); D.Lgs. 74/2000 (Legge sui reati tributari, artt. 10-ter e segg.); L. 212/2000 (Statuto del contribuente); Codice Penale (art. 157 c.p. per prescrizione reati); Codice Penale Tributario (obsoleto, ma sostituito dal D.Lgs. 74/2000).
  • Giurisprudenza della Corte di Cassazione: Cass. Civ. sez. V, sent. n. 4385/2025 (ribadisce la prescrizione decennale per crediti erariali); Cass. Civ. 9906/2018, 32308/2019, 25716/2020, 16232/2020 (crediti IRPEF e IVA, prescrizione decennale); Corte di Cassazione penale e civile varie pronunce su decorrenza e interruzione della prescrizione (es. Cass. pen. 330/2023, Cass. Civ. 12740/2022 ecc.).
  • Corte di Giustizia UE: Sentenza C-640/23 del 13.3.2025 (Greentech S.A.), che ha affermato il termine decennale di accertamento in caso di reati tributari; sentenze C‑564/15 (Farkas, 2017) e C‑691/17 (PORR, 2019) sul principio di neutralità IVA.

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📑 Controlla se sono rispettati i termini di legge (5 o 10 anni a seconda dei casi)
⚖️ Redige opposizioni e ricorsi contro richieste di pagamento prescritte
✍️ Ti assiste nella ricostruzione della documentazione per difenderti efficacemente
🔁 Ti difende anche da pignoramenti o iscrizioni a ruolo tardive e illegittime

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale
✔️ Difensore di imprenditori, professionisti e partite IVA contro cartelle e accertamenti
✔️ Consulente per la gestione di debiti fiscali complessi anche in contesto di crisi
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

La prescrizione dell’IVA non pagata può essere di 5 o 10 anni a seconda delle circostanze.
Con il giusto supporto legale puoi verificare i termini e opporti a richieste non più valide.

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Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

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