Quali Sono Gli Indicatori Della Crisi D’impresa?

Hai un’impresa e ti stai chiedendo come capire se stai entrando in una fase di crisi? Ti preoccupa il calo degli incassi, la tensione con i fornitori o la difficoltà a pagare le scadenze, ma non sai se si tratta di un problema momentaneo o di segnali più gravi?

La legge prevede una serie di indicatori della crisi d’impresa: segnali concreti, misurabili, che servono a capire quando un’azienda non riesce più a reggere i propri impegni in modo sostenibile. Riconoscerli in tempo è fondamentale per evitare il peggioramento della situazione e attivare strumenti di risanamento prima che sia troppo tardi.

Vediamo insieme quali sono gli indicatori più importanti, cosa misurano e come usarli per proteggere l’attività.

Cosa sono gli indicatori della crisi d’impresa?
Sono parametri economico-finanziari che, se superano certe soglie di allarme, indicano che l’impresa potrebbe essere in crisi. Sono previsti dal Codice della Crisi e servono come strumento di autodiagnosi per imprenditori, consulenti e sindaci.

Quali sono gli indicatori più rilevanti?
I principali segnali da tenere sotto controllo sono:

  • Indice di sostenibilità del debito: se i debiti a breve superano in modo eccessivo le entrate, è un segnale di squilibrio;
  • Indice di liquidità: se l’impresa non riesce a pagare le scadenze immediate con le disponibilità correnti, c’è rischio di insolvenza;
  • Indice di continuità aziendale: misura la capacità di generare ricavi sufficienti per coprire costi e obbligazioni;
  • Inadempimenti verso erario, Inps e fornitori: se frequenti, indicano un deterioramento della gestione;
  • Deterioramento dei rapporti bancari: revoche di fidi, classificazioni come “inadempienze probabili” o “sofferenze”.

Basta un solo indicatore negativo per dire che l’impresa è in crisi?
No, ma la presenza di più segnali contemporaneamente è un campanello d’allarme che non va ignorato. Anche uno solo, se grave e persistente, può indicare che l’azienda sta perdendo l’equilibrio finanziario.

Cosa succede se ignoro questi segnali?
Ignorare gli indicatori di crisi può portare a:

  • perdita progressiva di liquidità;
  • blocco dei fornitori o delle banche;
  • azioni legali dei creditori;
  • responsabilità personale degli amministratori per omessa rilevazione della crisi.

Cosa fare se rilevi uno o più segnali di crisi?
È il momento di attivare subito un’analisi approfondita e valutare gli strumenti a disposizione: composizione negoziata, piano di risanamento, accordi con i creditori, fino a un eventuale accesso a procedure protette. Prima agisci, più soluzioni hai.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e ristrutturazione aziendale – ti spiega quali sono gli indicatori da monitorare, come interpretarli e in che modo possiamo aiutarti a prevenire il crollo e costruire un piano di rilancio.

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1. Indicatori di crisi e strumenti di allerta del Codice della Crisi

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, aggiornato dai successivi decreti correttivi) introduce un sistema di allerta volto a intercettare tempestivamente i segnali di difficoltà aziendali. La definizione normativa di crisi è quella di uno “squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza”, che deve essere letta in chiave prospettica. L’obiettivo è ridurre il lasso di tempo entro il quale gli amministratori devono adottare misure correttive, evitando il “too little, too late” tipico delle normative precedenti.

Gli indicatori di crisi codificati dall’art. 13 CCII sono tutti gli squilibri economici, patrimoniali o finanziari che, rapportati alle caratteristiche dell’impresa (compresa l’età aziendale), evidenziano:

  • la non sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi (o per i sei mesi successivi oltre l’esercizio corrente) e la contemporanea assenza di prospettive di continuità aziendale,
  • in particolare attraverso indici quali l’onere del debito rispetto ai flussi di cassa generati e l’adeguatezza del patrimonio netto rispetto ai debiti (rapporto mezzi propri/debiti),
  • nonché i ritardi di pagamento reiterati e significativi verso i fornitori o altre categorie di creditori (secondo le soglie previste dagli articoli sul sovraindebitamento).

In altre parole, assumono rilievo come segnali di crisi la combinazione di flussi di cassa prospettici insufficienti a far fronte alle obbligazioni pianificate e un patrimonio netto indebolito rispetto ai debiti. Ad esempio: un patrimonio netto negativo o inferiore al minimo legale per società di capitali (art. 2484 c.c.) è di per sé indice di crisi, così come un Debt Service Coverage Ratio (DSCR) inferiore a 1 calcolato su un orizzonte di 6 mesi.

L’imprenditore è quindi tenuto a monitorare continuamente tali indici interni, non solo a consuntivo ma anche previsionali, adottando adeguati sistemi di controllo di gestione. In particolare, l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’impresa deve essere dimensionato in funzione del tempestivo rilevamento dello stato di crisi (art. 2086 c.c. comma 2, come modificato dal Codice). In caso di ritardi nel rilevare gli squilibri o nell’assumere iniziative correttive, gli amministratori si espongono a responsabilità civili e penali (vedi sezioni 5 e 6).

In parallelo agli indicatori codificati, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) elabora periodicamente indici di allerta standardizzati per settore economico (classificazione ISTAT). Tali indici (ancora in via di definizione e approvazione ministeriale) servono a far “ragionevolmente presumere” la crisi se superano soglie tipiche del settore. Ad esempio, nelle linee guida CNDCEC si propone che l’indice di liquidità (attività correnti/passività correnti) scenda al di sotto di 0,698-1,08 a seconda del settore prima che scatti il segnale di allerta. Un indice di indebitamento previdenziale/tributario oltre il 3–15% dell’attivo totale, secondo settore, viene indicato come segnale di allarme. Questi indici settoriali, assieme al DSCR e al rapporto Patrimonio Netto/Debiti Totali, completano il quadro degli indici di allerta che il CNDCEC ha proposto nel 2019.

In sintesi, il sistema di allerta previsto dal Codice accanto agli indicatori generici impone:

  • un monitoraggio sistematico di flussi di cassa e indici patrimoniali, con calcolo periodico di indicatori chiave (liquidità, patrimoniali, DSCR, indebitamento tributario, ecc.);
  • la redazione di un piano di risanamento in caso di squilibri persistenti, secondo la checklist ministeriale sulla piattaforma telematica istituita presso le Camere di commercio;
  • la partecipazione alla Composizione negoziata della crisi, strumento di deflazione del contenzioso, ove ne ricorrano i presupposti (ad es. crisi probabile ma risanamento perseguibile).

Tutti questi strumenti mirano a favorire un’azione precoce rispetto alla mera fase liquidatoria, come illustrato anche da dottrina recente.

2. Differenze per dimensione aziendale e settore

Micro, PMI e grandi imprese: quadro normativo

La legge distingue le imprese secondo dimensione e ambito di applicazione del Codice. Le grandi imprese (secondo definizione EU, es. oltre 250 dipendenti o 20 mln di attivo o 40 mln fatturato) non ricadono nel campo di applicazione del CCII. Di conseguenza, alle grandi si applicano ancora le norme tradizionali (Art. 2486 c.c. sulla perdita del capitale sociale, procedure speciali come l’Amministrazione Straordinaria per imprese di grandi dimensioni insolventi, ecc.), e non si attivano meccanismi di allerta ex art.13-15 CCII. Le imprese escluse sono quindi soggette ai rimedi ordinari e all’incidenza della responsabilità penale per bancarotta (per esempio art. 216-bis L.F.) e societaria a fronte di situazioni di crisi non gestite.

Le PMI (piccole e medie imprese, secondo definizione UE) e microimprese rientrano invece nell’applicazione del Codice. Ciò significa che per queste categorie scattano: l’obbligo di assetti adeguati (art.3 CCII/art.2086 c.c.), gli obblighi di segnalazione interna (organo di controllo, art.14) ed esterna (creditori pubblici, art.15), l’accesso volontario alla Composizione negoziata (art.12 D.L. 118/2021), nonché la preparazione dei rendiconti interni necessari al calcolo degli indicatori di crisi.

Le microimprese meritano una considerazione specifica: fino al 2019 godevano di semplificazioni contabili (bilancio in forma micro, senza nota integrativa) volte a ridurre l’onere amministrativo. Il Codice della Crisi ha di fatto attenuato tali semplificazioni, rendendo necessario alle micro imprese ricavare dati aggiuntivi per l’analisi degli indicatori. In mancanza di un’obbligatoria nota integrativa (le micro possono redigerla in forma ridotta), l’imprenditore deve comunque predisporre autonomamente le informazioni sui debiti (ritenuti critici per IVA, INPS, fornitori) e sugli indici di bilancio personalizzati. In pratica, la micro deve elaborare un rendiconto di cassa o documenti extracontabili per stimare il flusso di cassa prospettico e la composizione delle passività, affinché gli organi di controllo possano valutare gli indici di crisi. Ciò ha suscitato critiche, in quanto viene meno la semplificazione originaria e la micro deve divenire di fatto più “strutturata” dal punto di vista contabile.

Settori economici: incidenza degli indicatori

Gli strumenti normativi sono formulati in modo generale, ma la pratica suggerisce che alcuni indicatori assumano rilievo diverso a seconda del settore:

  • Manifatturiero e industria: solitamente assetti con elevati investimenti, dove il monitoraggio di liquidità (DSCR) e indebitamento bancario è cruciale. L’indice di copertura del servizio del debito tramite cash flow (DSCR) è particolarmente significativo in presenza di ampio indebitamento finanziario.
  • Edilizia e costruzioni: settore ciclico con forti crediti verso committenti e ritardi di pagamento; i ritardi reiterati verso fornitori e l’incidenza di debiti tributari possono segnalare crisi in anticipo.
  • Commercio al dettaglio: margini sottili e forte dipendenza dal capitale circolante; un rapido deterioramento delle scorte e una riduzione del capitale proprio (es. perdite accumulate) sono indici di allarme.
  • Servizi: generalmente basso impiego di capitale fisso, ma attenzione alla redditività e alla liquidità in quanto i ricavi possono essere meno prevedibili. L’indice di liquidità corrente e la sostenibilità dei debiti a breve con i flussi di cassa sono critici.

In pratica, il CNDCEC ha predisposto indici di allerta diversificati per settore (in base ai codici ATECO), considerati nella definizione delle soglie di segnalazione. Ad esempio, l’indice di liquidità (attivo corrente/passivo corrente) ha diversi valori soglia a seconda del settore (tra il 69,8% e l’108,0% nel range stimato), e l’indebitamento tributario (“tax cash flow” in percentuale dei ricavi) ha soglie specifiche settoriali. Queste differenze settoriali non modificano i meccanismi di base (tutti gli imprenditori devono comunque vigilare su medesimi indicatori), ma guidano la taratura della soglia che fa scattare l’allerta nei diversi contesti economici.

3. Tabelle riepilogative degli indicatori

Di seguito si riportano alcune tabelle sintetiche con i principali indicatori di crisi, i parametri di riferimento e le differenze di applicazione secondo la dimensione aziendale.

Tabella 1 – Indicatori chiave di crisi (Art. 13 CCII)

IndicatoreDescrizione e soglia (quando definita)Ambito dimensionale / NormeRiferimento normativo / commenti
Debiti insostenibiliDebiti (a breve e lungo) tali che i flussi di cassa prospettici (6 mesi) non coprono gli oneri finanziari e operativi. Segnale di crisi se il DSCR < 1.Tutte le impreseArt.13, c.1 CCII: “non sostenibilità dei debiti per almeno 6 mesi”; indicatore introdotto dal Codice.
Adeguatezza mezzi propriRapporto mezzi propri (patrimonio netto) / debiti totali. Segnale di crisi se il patrimonio netto è negativo o prossimo a esaurimento (<0 o <min. legale).Società di capitaliSe patrimonio netto < 0 (o <capitale minimo) costituisce indice di crisi e, per società di capitali, causa di scioglimento ex art.2484 c.c..
Ritardi di pagamentoRitardi reiterati e significativi nei pagamenti a fornitori o altri creditori (pubblici/privati) rispetto alle scadenze contrattuali.Tutte le impreseConsiderati indicatori di crisi rilevanti “anche sulla base dell’art.24 CCII” (che disciplina la composizione del debito verso la PA).
Decremento di fatturato/costiPerdite continue negli ultimi esercizi o riduzione marcata del fatturato a causa di inefficienze organizzative o dinamiche di mercato avverse.Tutte (ma più rilevante per PMI)Indice reddituale implicito nell’art.13: criticità economica-societaria; non quantificato in norme ma segnalato anche in dottrina.
Indici di allerta settoriali (CNDCEC)Indici come rapporto attività/passività a breve, incidenza dell’indebitamento fiscale, ecc., con valori soglia differenziati per settore.PMI (in base a ISTAT)Elaborati dal CNDCEC (comma 2 art.13 CCII) e sottoposti ad approvazione MISE; soglie esempio: indice liquidità 69,8–108% a seconda settore.

Tabella 2 – Soglie di segnalazione obbligatoria da parte di creditori pubblici (Art. 15 CCII)

Creditore qualificatoCondizione che determina segnalazione «riservata» al debitoreSoglie di rilevanzaRiferimento normativo / note
Agenzia EntrateDebiti fiscali IVA periodica scaduti e non versati in misura >30% del fatturato dello stesso periodo.Volume d’affari < €10M: oltre €25.000Tra €10-30M: oltre €50.000Oltre €30M: oltre €100.000.Art.15 CCII; soglie variabili secondo volume di affari.
INPSContributi previdenziali in ritardo >6 mesi di importo >50% di quelli dovuti l’anno precedente e > €50.000.€ >50.000 (oltre 6 mesi di ritardo e superamento 50% contributi).Art.15 CCII. Segnalazione dopo 6 mesi di insolvenza contributiva sostenuta.
Agenzia RiscossioneCrediti affidati dopo il 1/9/21 scaduti da oltre 90 giorni.> €500.000 (imprese individuali)> €1.000.000 (società e imprese collettive).Art.15 CCII. Applicabile a debiti derivanti da atti di accertamento, ruolo o riscossione.

Tabella 3 – Differenze per dimensione aziendale

AspettoMicroimpresePMI (piccole/medie)Grandi imprese
Applicazione CCIISì (in teoria), ma semplificazioni contabili limitate; molti adempimenti risultano “fai-da-te”.Sì, tutte le procedure di allerta e composizione negoziata si applicano pienamente.No: sono escluse dal Codice (Art.1 CCII); seguono norme ordinarie o speciali (es. Legge Marzano, concordato, A.Straordinaria).
Bilanci e adempimentiPossono redigere bilancio “micro” semplificato (Stato patrimoniale e CE ridotti), ma devono integrare informazioni (debiti IVA/INPS, flussi) per calcolare gli indicatori.Bilancio abbreviato o ordinario obbligatorio, con nota integrativa contenente gli indici personalizzati e attestazioni richieste (art.13, c.3 CCII).Bilanci ordinari completi (in genere già in forma ordinaria o consolidati). Non sono coinvolte le note integrative sugli indici del Codice.
Organi di controlloLe micro (soc. di persone, imprese individuali) spesso non hanno organo di controllo. In tali casi, tutti gli obblighi di monitoraggio restano sull’amministratore unico o socio lavoratore.Società di capitali obbligate ad avere collegio sindacale o revisore (art.2477 c.c.), che svolge il ruolo di vigilanza di cui all’art. 14 CCII.Grandi imprese hanno comunque organi di controllo (Revisori, CDA), ma senza applicazione formale degli obblighi ex art.14 CCII; trovano applicazione le responsabilità civili/penali ordinarie.
Onere di monitoraggioL’assenza di bilancio completo complica il calcolo diretto di indici; l’imprenditore micro deve comunque dotarsi di evidenze extra-bilancio per valutare flussi e debiti.Deve sistematicamente calcolare e annotare gli indicatori di crisi nel bilancio (nota integrativa) e attestarne l’adeguatezza o adottare quelli CNDCEC.Il legislatore ha previsto misure speciali fuori dal Codice (es. vigilanza indiretta tramite Banca d’Italia, procedure straordinarie), ma non esistono obblighi di “allerta” codificati; la responsabilità di adeguati assetti rimane sotto art.2086 c.c. e normativa fallimentare generale.

4. Domande e risposte (FAQ su casi pratici)

D: Quali sono i segnali più evidenti di crisi da monitorare periodicamente?
R: Oltre agli indicatori economico-finanziari (es. perdite continuative, indebitamento elevato, patrimonio netto insufficiente), vanno considerati i seguenti “segnali rossi”: ritardi significativi e ricorrenti nei pagamenti commerciali; insoluto verso l’Erario/INPS che supera le soglie critiche (vedi Tabella 2); revoca o richiesta di rientro di linee di credito bancarie; dissoluzione o contenzioso societario rilevanti. L’art.13 CCII impone la verifica costante di squilibri di natura reddituale, patrimoniale e finanziaria.

D: Che differenza c’è tra “indicatore” e “indice” di crisi?
R: Nel gergo del Codice, indicatori di crisi (art.13) sono gli squilibri qualitativi generali (non sostenibilità dei debiti, mancanza di continuità) individuati dai legislatori; mentre indici di crisi sono i rapporti numerici (es. DSCR, patrimonio/debiti, Liquidità corrente, indebitamento fiscale) che misurano oggettivamente tali squilibri. In sintesi, l’indicatore è il concetto di “crisi probabile”, l’indice è il dato numerico usato per quantificarlo.

D: Se l’impresa ritiene gli indici settoriali CNDCEC inadeguati, cosa fare?
R: L’impresa può sostituire gli indici standard con indici personalizzati in nota integrativa. Deve motivare la scelta e far attestare da professionista indipendente che i nuovi indici riflettono correttamente la propria realtà aziendale. L’attestazione va allegata al bilancio e produce effetti dall’esercizio successivo. Per le micro/sole proprietorship, che non redigono nota integrativa obbligatoria, è consigliabile predisporre documenti interni analoghi (per esempio un allegato contabile all’organo di controllo) per evidenziare i nuovi indici.

D: Cosa accade se l’organo di controllo segnala l’allarme e l’amministratore non fa nulla?
R: L’art.14 CCII impone al collegio sindacale o revisore di informare gli amministratori non appena rileva “fondati indizi di crisi”. Se gli amministratori ignorano la segnalazione o non adottano misure adeguate, l’organo di controllo deve trasmettere la segnalazione all’Organismo di composizione della crisi d’impresa (O.C.C.I.) presso la Camera di commercio. A quel punto scatterà l’avvio della procedura di composizione assistita (di cui al prossimo punto), salvo che l’imprenditore intervenga autonomamente. La mancanza di risposta agli organi di controllo può anche configurare una violazione di legge (art.2086 c.c.) con responsabilità patrimoniale degli amministratori.

D: Il credito verso la PA ha davvero rilevanza come indicatore?
R: Sì, la normativa CCII prevede specifiche segnalazioni riservate da parte di creditori pubblici qualificati (Agenzia Entrate, INPS, Riscossione) se il debitore non paga debiti particolari entro termini prefissati. Ad esempio, un ritardo >6 mesi nei contributi INPS oltre certe soglie obbliga l’INPS a segnalare la difficoltà al debitore. Ciò non costituisce automaticamente “crisi”, ma rende probabile l’insolvenza ai fini degli altri indicatori. In pratica, debiti elevati verso PA oltre le soglie indicate (vedi Tabella 2) accendono una spia rossa che spinge a chiarire la situazione di liquidità.

D: Cosa distingue l’intervento dell’organo di controllo da quello dei creditori pubblici?
R: L’organo di controllo (sindaci/revisori) svolge un ruolo preventivo interno: valuta la situazione economico-finanziaria e può autosegnalare l’allerta con continuità. I creditori pubblici (Agenzia Entrate/INPS) hanno invece un obbligo di segnalazione esterno e specifico: se l’impresa vanta debiti qualificati non saldati oltre certe soglie, essi devono formalmente comunicare all’imprenditore che la situazione è critica. Il primo controlla l’equilibrio complessivo, il secondo sancisce la mancata estinzione di obblighi pubblici; entrambi puntano a stimolare l’emersione tempestiva della crisi.

5. Simulazioni pratiche di segnalazione e composizione della crisi

5.1 Caso Microimpresa (servizi/prodotti)
Scenario: Mario gestisce una piccola ditta individuale di commercio di ferramenta (fatturato annuo ~€500k). Il bilancio 2024 mostra un utile esiguo e una componente “Debiti” totale senza dettaglio (perché è un bilancio in forma micro semplificato). A fine estate 2025, emergono le seguenti situazioni: ritardi di 4 mesi nei pagamenti dell’IVA trimestrale (pari al 40% del ricavo trimestrale) e crediti verso Inps di €30.000 non ancora saldati da oltre 7 mesi. Inoltre, il conto economico trimestrale preventivo indica flussi di cassa negativi (DSCR <1).

Applicazione indicatori: Anche se Mario non era tenuto per legge a depositare la Nota integrativa (essendo micro), le informazioni contabili disponibili segnalano indicatori di crisi: l’IVA insoluta supera il 30% del fatturato e €25.000, attivando una segnalazione riservata da parte dell’Agenzia delle Entrate; la situazione contributiva INPS incide per più del 50% dei contributi annui, superando €50.000 (in questo caso €30.000, ma sommati ad eventuali minori crediti residui potrebbero raggiungerlo). Inoltre, i flussi di cassa futuri sono insufficienti a coprire i debiti; pur non essendovi dati trasparenti nel bilancio semplificato, Mario può calcolare un DSCR inferiore a 1 prospetticamente, e rilevare che il suo patrimonio netto è quasi azzerato. Ciò configura squilibri reddituali e finanziari indicativi di crisi (art.13).

Intervento consigliato: Mario è invitato da un commercialista a utilizzare la composizione negoziata della crisi. Attraverso la piattaforma telematica (gestita da Unioncamere) deposita istanza indicando i dati sopra. Nella procedura un esperto indipendente analizza il piano di risanamento da lui preparato (riduzione costi, rinegoziazione debiti) e facilita negoziazioni con i creditori, confidando nel fatto che l’impresa ha ancora potenziale di continuità sul mercato. Se la procedura va a buon fine, Mario può concordare l’allungamento dei termini di pagamento e un’ulteriore dilazione contributiva, evitando l’eventuale fallimento.

Responsabilità patrimoniale/penale: Qualora Mario non avesse rilevato lo stato di crisi e continuasse a operare compiendo ad esempio pagamenti parziali preferenziali (es. continuando a versare l’affitto anziché l’IVA o INPS pur avendone la capacità), rischierebbe: (i) di subire richiesta di risarcimento danni da parte dei creditori (per gestione negligente), ex art. 2634 c.c. o bancaria, se fosse poi dichiarato fallito; (ii) di incorrere in fattispecie penali fallimentari, quali l’omessa denuncia di fallimento o la bancarotta (ad es. art. 216-bis L.F.), se la condotta viene interpretata come elusiva. Ad ogni modo, è fondamentale che l’imprenditore non faccia passi falsi e segua le indicazioni degli esperti, per limitare la propria esposizione.

5.2 Caso PMI (manifatturiero)
Scenario: Un’officina meccanica (SRL, 35 dipendenti) realizza €8M di ricavi annui. Nel 2024 registra perdite accumulate per €400.000 e il capitale sociale è ridotto al minimo legale. Nel primo semestre 2025 sono emersi ritardi nei pagamenti ad alcuni fornitori chiave e un peggioramento del cash flow progettato (DSCR calcolato ~0.8). Nel bilancio abbreviato al 31/12/2024 il C/S appare a valore nominale, ma il patrimonio netto contabile è quasi nullo. I sindaci, dopo un’analisi dei conti infrannuali, ritengono che non sia più perseguibile il risanamento senza interventi straordinari.

Applicazione indicatori: La situazione corrisponde a vari indicatori di crisi: patrimonio netto (patrimonio netto negativo o al minimo) è indice di crisi per società di capitali; il DSCR <1 segnala inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici; i ritardi significativi confermano il deterioramento (ritardi reiterati sono espressamente considerati indicatori). Il bilancio in forma abbreviata obbligava comunque i soci a predisporre la nota integrativa con gli indici di crisi (comma 3, art.13).

Intervento consigliato: I sindaci trasmettono una segnalazione motivata agli amministratori (art.14 CCII). Se gli amministratori non reagissero, segnalerebbero l’impresa all’O.C.C.I. Nel frattempo, l’impresa può attivare la composizione negoziata: redige un piano di risanamento sulla piattaforma CCIAA (riorganizzazione produttiva, riduzione debiti, ripianamento parziale da soci). Il percorso stragiudiziale mira a ottenere accordi con i fornitori e banche senza ricorrere subito al concordato formale.

Responsabilità patrimoniale/penale: In questa fase, gli amministratori devono agire con diligenza extra per evitare danni ai creditori. Se invece avessero continuato a contrarre debiti sapendo di non poterli onorare, potrebbero essere chiamati a rispondere patrimonialmente ai sensi dell’art. 2476 c.c. (bancarotta per fattispecie dolosa o colposa) e penale (es. bancarotta preferenziale se risultassero trasferimenti fraudolenti). Se il futuro concordato avesse comunque esito negativo e seguisse una dichiarazione di insolvenza, il loro comportamento (tempestività delle segnalazioni, adozione di assetti adeguati) sarà valutato in sede fallimentare. La giurisprudenza conferma che la mancata adozione di adeguati assetti è particolarmente grave se avviene proprio nella fase di crisi: la Corte ha sottolineato che, una volta manifestatasi la crisi, “sfuma la gravità dell’adozione di adeguati assetti”, mentre diventa evidente la responsabilità nel non adottare strumenti di allerta.

5.3 Caso di Grande impresa
Scenario: Una società per azioni industriale con 300 dipendenti e ricavi €60M presenta un indebitamento bancario elevato. Di norma, essendo oltre i limiti di PMI, non sarebbe soggetta agli obblighi del Codice. Si verifica però un forte squilibrio patrimoniale (perdite cumulate) e alcuni stakeholder segnalano difficoltà finanziarie.

Applicazione indicatori: Formalmente il Codice della Crisi non si applica a questa impresa, dunque i meccanismi di allerta interni previsti (organi di controllo con obbligo di segnalazione, O.C.C.I., segnalazioni PA) non operano in automatico. Tuttavia, l’impresa resta sottoposta alle regole ordinarie: ai sensi dell’art. 2486 c.c. eventuali perdite superiori a un terzo del capitale sociale imporrebbero convocazione dell’assemblea per coperture o scioglimento, e un mancato tempestivo adempimento può dare luogo a responsabilità degli amministratori (art. 2447 c.c. e segg.). In caso di insolvenza conclamata, si ricadrebbe nelle procedure concorsuali tradizionali (concordato preventivo, amministrazione straordinaria L.39/2004, ecc.).

Intervento consigliato: Questa grande impresa potrebbe comunque avvalersi facoltativamente della procedura di composizione negoziata (art.12 DL 118/2021), a patto di rispettarne le regole (ricorribilità a situazione di probabile crisi, con risanamento perseguibile). Se vi rientra, potrà usare la stessa piattaforma delle PMI e nominare un esperto, benché la legge ne punteggi l’accesso in modo generico (“imprenditore commerciale”). In alternativa, i manager dovranno curare tempestivamente le altre misure previste in casi straordinari (rifinanziamenti, piani di ristrutturazione sotto L.155/2017, ecc.).

Responsabilità patrimoniale/penale: Anche qui valgono i principi della normativa fallimentare e societaria generale. Gli amministratori devono comunque garantire assetti adeguati (art.2086 c.c.) e segnalazioni interne, anche se non esplicitamente richiesti dal CCII. Se si perdevano crediti aziendali o si compivano atti in frode dei creditori, risponderebbero secondo il codice civile e penale (bancarotta, bancarotta fraudolenta, omessa denuncia di fallimento). Di certo, la mancata trasparenza in una grande crisi può sfociare in severe conseguenze, essendo già in corso indagini su alcune situazioni analoge.

6. Ruolo dell’organo di controllo e adeguati assetti organizzativi

Il collegio sindacale o revisore riveste un ruolo centrale nel nuovo assetto normativo di allerta. Il Codice specifica che l’organo di controllo deve verificare costantemente che l’amministratore curi la tenuta di assetti organizzativi adeguati (ai sensi del riformato art.2086 c.c.) e l’equilibrio economico-finanziario. In pratica, sindaci e revisori analizzano periodicamente i dati gestionali (flussi di cassa, ragioneria analitica, scadenze debitorie) per individuare eventuali “fondati indizi di crisi” (art.14). Se li riscontrano, sono tenuti a segnalarli immediatamente per iscritto agli amministratori.

Se gli amministratori non reagiscono tempestivamente (non rispondendo alla segnalazione o non adottando le misure necessarie), l’organo di controllo ha l’obbligo di trasmettere una segnalazione formale all’Organismo di composizione della crisi d’impresa (O.C.C.I.) presso la Camera di Commercio. Questa segnalazione è privata (solo OCRI la riceve) e innesca la procedura di composizione negoziata, affidata a un Collegio di esperti indipendenti nominati dal referente regionale. In altre parole, il sindaco funge da “campanello di allarme” interno: se l’allarme resta inascoltato, lo segnala all’organo esterno preposto. Le conseguenze di inadempienze in questo ambito sono rilevanti: la dottrina sottolinea che il legislatore ha colto il collegio sindacale quale garante di una vigilanza “attiva” che va oltre i controlli formali, inglobando la valutazione prospettica della continuità aziendale.

Quanto agli assetti organizzativi, il Codice ha rafforzato l’obbligo generale dell’imprenditore di dotarsi di strutture tali da prevenire la crisi. L’art.3 CCII (entrato in vigore dal 28/9/2024) ribadisce che l’imprenditore collettivo «deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa» proprio per rilevare tempestivamente lo stato di crisi. I sindaci di norma verificano che siano presenti, ad esempio, organigrammi aggiornati, procedure di controllo interno, budget periodici, flussi di tesoreria ed elaborazioni di indicatori chiave (DSCR, liquidità, anzianità crediti). L’imprenditore individuale, pur non avendo obblighi di assetto formale, deve adottare misure analoghe in proporzione (monitoraggio continuo, registrazioni aggiornate).

Giurisprudenza recente ha ribadito la gravità della violazione di tali obblighi. In particolare, quando la crisi è già manifestata, la mancata predisposizione di adeguati assetti organizzativi assume rilevanza penalizzante nel giudizio sulla condotta degli amministratori. Un tribunale ha evidenziato che, proprio perché nelle fasi iniziali la società ha risorse per organizzarsi, ignorare l’adeguatezza degli assetti è una grave negligenza. Ciò può influire negativamente sia sulla valutazione di eventuali reati societari (bancarotta, malversazione) sia sulla responsabilità del management nel contesto fallimentare o concordatario.

In sostanza, l’adeguatezza degli assetti è la prima linea di difesa dell’imprenditore: se onorata, consente di rilevare per tempo gli indicatori della crisi; se trascurata, espone a pesanti rilievi dei giudici (civili e penali). La Cassazione ha più volte richiamato l’art.2086 c.c. ricordando che gli amministratori devono modulare l’organizzazione in funzione della rilevazione della crisi. Ad esempio, recenti pronunce (cfr. in particolare Cass. n. 17979/2022) confermano che la costituzione di appositi uffici di controllo di gestione e l’uso di bilanci intermedi sono elementi costitutivi di un assetto adeguato.

7. Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali (aggiornate a giugno 2025)

  • Normativa primaria: D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) con successive modifiche (Correttivo D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024, ecc.), oltre al D.L. 118/2021 conv. L.147/2021 che ha introdotto la composizione negoziata. Norme correlati: art. 2086 c.c. (obbligo assetti aziendali), art. 2484 c.c. (scioglimento per perdite), art. 216-bis L.F. (bancarotta per colpa) e art. 217-bis L.F. (mancata denuncia di fallimento).
  • Regolamenti e prassi: Decreti ministeriali di attuazione (p.e. delibera su piattaforma telematica, linee guida CNDCEC 2019 per indici settoriali). Delibere CNDCEC del 2019–2024 su indicatori e allerta (documenti tecnici approvati e inviati a MISE). Documenti Unioncamere/CNDCEC (lista di controllo, protocollo composizione negoziata) e osservatori di enti come CNDC, CNDCEC, ODCEC.
  • Giurisprudenza: Sentenze di merito e di legittimità (Tribunali e Cassazione) focalizzate sull’adeguatezza degli assetti (Cass. SS.UU. n. 17979/2022), sulla responsabilità degli amministratori in crisi, e sulla corretta interpretazione delle norme del Codice. Su tutti: Cass. n. 23776/2021 (obbligo di denunciare lo stato di insolvenza) e Cass. n. 8448/2023 (applicazione principi di allerta). Decisori civili hanno anche esaminato casi di abuso delle procedure concorsuali in fase di crisi precoce.
  • Interpretazioni ministeriali/interpelli: Circolari dell’Agenzia Entrate e dell’INPS sulle nuove segnalazioni di insolvibilità, nonché pareri ufficiali (Interpelli) sullo status di soci, titolari di crediti ecc. in contesti di crisi.

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