Hai un’impresa in difficoltà e temi che i creditori possano avviare pignoramenti, bloccare i conti o aggredire il patrimonio aziendale? Ti stai chiedendo quali sono le misure protettive previste dalla legge per l’imprenditore in crisi e come puoi attivarle per guadagnare tempo e tutelare l’attività?
Quando un’impresa entra in uno stato di crisi, non tutto è perduto: ci sono strumenti legali che permettono di sospendere le azioni esecutive e di gestire la situazione in modo ordinato, evitando reazioni a catena. Ma è fondamentale intervenire subito e con le procedure corrette.
Vediamo insieme quali sono queste misure protettive, come si attivano e cosa puoi fare per proteggerti.
Cosa si intende per misure protettive dell’imprenditore in crisi?
Sono strumenti previsti dalla legge per bloccare temporaneamente le azioni dei creditori, come pignoramenti, sequestri, fermi amministrativi o istanze di fallimento, durante la fase in cui l’imprenditore cerca di gestire la crisi e trovare una soluzione concordata.
In quali procedure si applicano?
Le misure protettive possono essere richieste in fase di:
- composizione negoziata della crisi;
- concordato preventivo (anche in bianco);
- accordo di ristrutturazione dei debiti.
In tutti questi casi, è possibile chiedere al tribunale di sospendere le azioni individuali dei creditori, così da lavorare in modo più sereno a una soluzione collettiva.
Come si attivano le misure protettive?
Serve una richiesta formale: l’imprenditore deve presentare un’istanza al tribunale o, in caso di composizione negoziata, tramite la piattaforma telematica nazionale. Se sussistono i presupposti, il tribunale emette un provvedimento che blocca i creditori per un periodo di tempo definito.
Quanto durano le misure protettive?
La durata varia in base alla procedura attivata, ma generalmente va da 30 a 120 giorni, prorogabili in casi particolari. Questo tempo serve all’imprenditore per negoziare, presentare un piano o valutare la miglior strategia di ristrutturazione.
Cosa succede se i creditori agiscono comunque?
Se le misure sono state concesse, ogni azione esecutiva successiva è illegittima. È possibile chiederne l’annullamento e ottenere la tutela legale. In alcuni casi, si può anche bloccare un’asta già fissata o un pignoramento imminente.
Le misure protettive bastano da sole?
No. Sono uno scudo temporaneo che deve essere usato per costruire una strategia concreta di risanamento. Se non si procede con un piano efficace, alla scadenza delle misure i creditori torneranno ad agire. Ecco perché è fondamentale farsi assistere da un legale esperto in crisi d’impresa.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in strumenti di protezione aziendale e ristrutturazione del debito – ti spiega quali sono le misure protettive disponibili, come richiederle e in che modo possiamo aiutarti a usarle per guadagnare tempo e salvare l’attività.
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Misure protettive dell’imprenditore in crisi: guida sistematica
L’imprenditore in crisi – definita come situazione di difficoltà aziendale tale da rendere probabile il sopraggiungere dell’insolvenza – può attivare una serie di strumenti legali volti a tutelare il patrimonio aziendale e favorire il risanamento. Con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, aggiornato con vari decreti correttivi fino al 2024), è stato creato un procedimento unitario che raccoglie in un unico quadro tutte le opzioni negoziali e concorsuali. Ciò consente al debitore di scegliere lo strumento più adatto (composizione negoziata, accordi di ristrutturazione, piano attestato, concordato, ecc.) in base alla propria situazione. In ogni caso, l’ordinamento offre misure protettive generali – definite come «misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare… il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza» – finalizzate a sospendere o limitare le iniziative esecutive sui beni aziendali. Queste misure sono richieste dall’imprenditore ed entrano in funzione al ricorso degli strumenti di regolazione (ad es. deposito concordato, accordo di ristrutturazione, composizione negoziata), e operano in via “generale” proteggendo il patrimonio (normale divieto di azioni esecutive/cautelari da parte di tutti i creditori).
In parallelo esistono le misure cautelari (art. 2, lett. q, CCI): provvedimenti emessi dal giudice “a tutela del patrimonio dell’impresa” per assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure (analoghi ai mezzi cautelari prefallimentari). A differenza delle protettive, le misure cautelari possono essere richieste anche da terzi (creditori) e sono tipiche, cioè individuali e specifiche (ad es. sequestro conservativo, inibitorie mirate). La principale differenza sostanziale è che le misure protettive sono richieste dal debitore e durano fino a 12 mesi (termine complessivo massimo stabilito dall’art. 8 CCI), mentre le misure cautelari possono avere durata e contenuto variabile (precedentemente al fallimento, il tribunale può assicurarle a tutela di posizioni attive esecutive o conservatorie, similmente alle misure protettive). Dal Tribunale di Imperia è emerso che il termine di 12 mesi delle misure protettive può essere considerato un «ombrello generalizzato» entro cui il giudice può ancor concedere misure cautelari selettive, rivolte a singoli creditori e commisurate alla proporzionalità del sacrificio.
In questa guida sistematica, dal punto di vista del debitore-imprenditore, descriviamo in dettaglio ciascuno strumento del Codice della crisi e i relativi effetti protettivi, corredando l’esposizione con tabelle, esempi pratici e Q&A interpretativi.
Quadro normativo generale
- Definizioni fondamentali (art.2 CCI): Il Codice definisce “stato di insolvenza” (incapacità a pagare regolarmente i debiti) e “situazione di crisi” (per uno scompenso patrimoniale o economico-finanziario probabile). L’insieme degli strumenti (art. 3 CCI) costituisce un procedimento unitario a scelta del debitore. L’imprenditore in condizione di crisi o insolvenza può quindi accedere liberamente a: composizione negoziata della crisi, accordi di ristrutturazione (CCR), piano attestato di risanamento, concordato preventivo (ordinario o semplificato), nonché chiedere misure protettive/cautelari generali. Ogni strumento è disciplinato da specifiche norme del Codice, applicabili nel contesto unitario, con prevalenza sul diritto civile e sulle leggi speciali (art.1 CCI).
- Durata delle misure protettive (art.8 CCI): Il Codice stabilisce un termine massimo di 12 mesi (compresi rinnovi e proroghe) per la durata complessiva delle misure protettive. Oltre questo termine – salva diversa disposizione – il debitore può valutare l’uso delle misure cautelari, la cui flessibilità consente di colmare eventuali vuoti protettivi.
- Partecipanti e ruolo del debitore: Tutti gli strumenti (esclusa la procedura di sovraindebitamento civile) sono destinati all’imprenditore (anche non commerciale) in crisi o insolvenza. Le procedure possono coinvolgere il solo debitore (composizione negoziata) oppure anche i creditori (accordi, concordati). In ogni caso l’iniziativa parte dal debitore. Fatta eccezione per le misure cautelari (richieste anche dai creditori), è il debitore a richiedere l’attivazione di ogni procedura e delle relative misure protettive.
Misure protettive e cautelari: definizioni e ambito di tutela
- Misure protettive (art.2, lett. p CCI): come detto, sono «misure temporanee richieste dal debitore per evitare che azioni dei creditori pregiudichino il buon esito della regolazione della crisi». In concreto consistono tipicamente nel divieto per tutti i creditori di iniziare o proseguire esecuzioni forzate o cautelari contro il patrimonio del debitore, o iscrivere ipoteche. Esse agiscono come un congelamento collettivo del patrimonio, “ombrello” generale a protezione delle trattative. Tali provvedimenti sono disposti in via automatica al deposito di una domanda di ammissione ad uno strumento (es. deposito concordato o istanza composizione negoziata), di regola previa pubblicazione nel Registro imprese. Fino all’omologazione dell’accordo/concordato o all’apertura di liquidazione giudiziale, il debitore mantiene i poteri di gestione ordinaria, ed ogni atto esecutivo dei creditori è sospeso (divieto di nuove esecuzioni e cancellazione di pignoramenti iscritti).
- Misure cautelari (art.2, lett. q CCI): sono «provvedimenti emessi dal giudice a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore… idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi». Sono analoghe alle misure conservatorie del codice di procedura civile (cfr. art.15 L.Fall.), ed anzi questo comma rinvia a quell’impostazione. A differenza delle protettive, le cautelari sono emesse su istanza di parte (debitore o creditori) e possono riguardare atti specifici (sequestri, sequestri conservativi, inibitorie verso determinati creditori, ecc.). L’obiettivo è sempre evitare pregiudizi nel corso delle trattative: il Tribunale, accertata la fumus boni iuris, può imporre obblighi o divieti concreti (anche su iniziative tipicamente non coperte dalle protettive). Importante: le misure cautelari non sono soggette al limite temporale dei 12 mesi – ciò che rende possibile per il Tribunale di Imperia ipotizzare cautelari ad hoc per prolungare la protezione oltre i termini normali. In altre parole, allo scadere delle 12 mensilità dei provvedimenti protettivi tipici, il debitore può chiedere misure cautelari limitate e mirate (es. inibitoria su specifici creditori) per completare l’omologa dello strumento, sempre valutando proporzionalità e strumentalità.
- Esempio: Un imprenditore in composizione negoziata può vedere scadere il termine di 240 giorni delle misure protettive. Se ancora serve tempo per finalizzare un accordo (purché le trattative siano avanzate), può rivolgersi al giudice per ordinare a determinati creditori (ad es. con ipoteca sulle merci) di sospendere le azioni esecutive. Il Tribunale, “completando la scala di tutela”, verifica caso per caso se l’inibitoria è proporzionata, permettendo così di superare il vincolo dei 12 mesi senza vanificare la protezione raggiunta.
Strumenti della crisi e misure protettive connesse
Il Codice della crisi prevede un ventaglio di strumenti suddivisi in forme stragiudiziali (negoziali) e concorsuali, che il debitore può utilizzare in base alle proprie esigenze. Di seguito esaminiamo i principali istituti, da cui si evincono le specifiche misure protettive e le modalità di fruizione.
1. Composizione negoziata della crisi
Cos’è: Introdotta dal D.L. 118/2021 (art.6 e ss., oggi inserita nel CCI), è una procedura stragiudiziale e volontaria in cui l’imprenditore, assistito da un esperto indipendente, negozia con i creditori possibili soluzioni di ristrutturazione. È rivolta a qualunque imprenditore (commerciale o agricolo) che si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da rendere probabile la crisi o l’insolvenza.
Accesso e fase istruttoria: L’imprenditore deposita alla Camera di commercio (oppure al tribunale delle imprese) un’istanza di apertura della procedura, chiedendo la nomina di un esperto per il risanamento. L’istanza deve contenere una descrizione sommaria della situazione e la nomina di un professionista (vengono elencati gli esperti abilitati presso la CCIAA). Con l’istanza o successivamente, il debitore può richiedere l’attivazione delle misure protettive sul patrimonio. Dalla data di pubblicazione dell’istanza (e dell’accettazione dell’esperto) nel Registro delle imprese, “scattano” automaticamente le misure protettive richieste: di fatto tutte le esecuzioni e iscrizioni cautelari vengono sospese. Tali misure restano valide per la durata della composizione negoziata (generalmente 6 mesi, prorogabili) o, comunque, fino a che l’operazione non venga confermata/modificata in sede giudiziale ai sensi dell’art.7.
L’esperto – che può nominare il solo debitore, senza pesanti formalità – ha la funzione di condurre le trattative e certificare l’effettiva bontà di quanto concordato. Alla fine del termine previsto (di norma massimo 6 mesi, eventualmente rinnovabile per altri 6), l’esperto redige una relazione finale sulla fattibilità delle soluzioni negoziate. Se le trattative falliscono o non soddisfano il debitore, questi può accedere agli strumenti concorsuali (accordo di ristrutturazione, concordato) entro 60 giorni dalla relazione finale. Se, invece, si raggiunge un accordo con i creditori, l’imprenditore deposita con quel titolo (piano ristrutturativo, convenzione, ecc.) la relativa domanda di omologa al Tribunale.
Misure protettive e cautelari: Durante la composizione negoziata sono quindi garantite le tipiche misure protettive (sospensione delle esecuzioni). In più, con l’art.7 del D.L. 118/2021 l’imprenditore può chiedere fin da subito, contestualmente alla conferma delle misure protettive, misure cautelari aggiuntive “necessarie per condurre a termine le trattative”. Ad esempio, può richiedere il tribunale di emettere obblighi o divieti precisi nei confronti di alcuni creditori (ad es. inibizione di pignoramenti già avviati o del godimento di specifici beni). Tali misure cautelari – sempre convalidabili dal tribunale – hanno natura del tutto analoga alle protettive in termini di effetti, ma sono mirate a soggetti/beni determinati. Dopo la relazione finale dell’esperto, il debitore ha facoltà di richiedere in tribunale la trasformazione della composizione negoziata in una procedura concorsuale vera e propria: ad esempio, l’omologa di un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (per vincolare anche i creditori non aderenti) o di un concordato preventivo (ordinario o semplificato). In ogni caso, prima di depositare tali istanze occorre confermare le misure protettive in via giudiziale (art.7 DL 118/21): il tribunale ha 30 giorni per confermarle o modificarle (sennò decadono) .
Sintesi (e tabella comparativa):
Strumento | Accesso (soggetto, situazione) | Requisiti/condizioni | Effetti chiave | Misure protettive/cautelari |
---|---|---|---|---|
Composizione negoziata | Imprenditore in crisi probabile; istanza esperto presso Camera di commercio | Situazione di squilibrio patrimoniale o economico; nomina esperto abilitato | – Invio di relazioni a creditori; possibilità di accordi negoziali- Possibile transazione fiscale estesa【14†】- Continuazione dell’impresa durante trattative | – Divieto di azioni esecutive e cautelari dal deposito- Possibilità di chiedere misure cautelari mirate (es. inibitorie verso creditori specifici)- Durata limitata a 6-12 mesi (art.8) |
Accordo di ristrutturazione (ADR)• Corrente• Agevolato (art.60 CCI) | Imprenditore in crisi; proposta di accordo a creditori; deposito in Tribunale ai fini omologazione | – Consensus di creditori qualificati:– Corrente: adesione ≥60% del passivo– Agevolato: adesione ≥30% (art.60 CCI) | – Debiti ristrutturati secondo piano (p.es. nuovi pagamenti, riduzioni)- Debitore realizza continuazione (diretta/indiretta) o cessioni assistite dall’accordo- Riservatezza e rapidità (procedimento amministrativo – omologa veloce) | – Al deposito dell’accordo in Tribunale, automaticamente fermo degli atti esecutivi (sospensione esecuzioni)- Il Tribunale può omologare (per estendere l’accordo ai dissenzienti) se soddisfatte condizioni legali (es. buona fede, pagamento integrale dissenzienti) |
Piano attestato di risanamento (art.56 CCI) | Imprenditore in crisi o insolvenza; piano redatto e attestato da professionista | – Stato di crisi/insolvenza (anche non commerciale)- Piano dettagliato con continuità o liquidazione- Attestazione di veridicità e fattibilità da un esperto (penalmente responsabile) | – Autonomia dell’accordo tra debitore e singoli creditori (è atto privato): chi aderisce vincolato- Atti compiuti nell’ambito del piano non sono revocabili per bancarotta (art.67 L.F., recepito nel CCI)- Benefici fiscali: volontaria pubblicazione per godere di agevolazioni tributarie (esonero revocatorie, sgravi IRAP, ecc.) | – Non è prevista alcuna misura protettiva automatica: il piano attestato è uno strumento negoziale privato e non coinvolge in sé un procedimento giudiziale. Eventuali misure a protezione del patrimonio dovrebbero essere richieste in sede cautelare ordinaria (ad es. ex art. 669-octies c.p.c.) se necessario. |
Concordato preventivo ordinario | Imprenditore in stato di crisi/insolvenza; deposito di domanda con proposta di ristrutturazione/liquidazione presso il Tribunale | – Piano dettagliato con trattamenti di creditori per classi (pagamenti, ecc.)- Approvazione dei creditori in assemblea di concordato (maggioranze qualificate) | – Trasforma il debito secondo il piano approvato (es. dilazioni, riduzioni, cessione azienda)- Omologa emessa dal Tribunale rende il piano vincolante- Continuazione o cessione (in liquidazione) garantisce la massimizzazione del valore | – Misure protettive automatiche al deposito domanda: divieto di iniziare o proseguire esecuzioni (art. 53 CCI) e attività tipiche di conservazione del patrimonio. Gestione aziendale affidata all’imprenditore salvo casi (art. 43). |
Concordato semplificato (art.25-sexies CCI) | Imprenditore in crisi/insolvenza; solo dopo composizione negoziata infruttuosa | – Relazione finale dell’esperto di CN che attesta: 1) tutte le trattative in buona fede e 2) l’impraticabilità delle soluzioni dell’art.23(1-2) CCII- Presentazione della domanda entro 60 gg dalla relazione | – Concordato solo liquidatorio: prevede obbligatoriamente la cessione di tutto il patrimonio (cessione bonorum) e un “piano di liquidazione” con criteri di distribuzione- Nessun voto dei creditori: l’omologazione è pronunciata dal Tribunale previa nomina di ausiliario (senza assemblea)- Omologa con decreto motivato immediatamente esecutivo; i creditori possono opporsi per decreto entro 10 giorni (art.25-sexies(4) CCI) | – Al deposito della proposta, si applicano misure protettive analoghe al concordato preventivo (divieto di esecuzioni). Il debitore può chiedere nel ricorso anche provvedimenti cautelari ad hoc (art.54-55 CCI). L’istanza produce effetto d’“spossessamento attenuato”: l’imprenditore resta formalmente in carica ma con poteri limitati (richiamo art.46/94 CCI). |
Composizione negoziata: punti chiave
- Misure protettive “scattanti”: Come visto, con l’art.6 D.L. 118/2021 il debitore può far sì che al momento della nomina dell’esperto si applichino subito le misure protettive. L’art.6 stabilisce che, con l’istanza iniziale (o successiva ma prima dell’accettazione dell’esperto), l’imprenditore “può chiedere” l’applicazione delle misure protettive, le quali «scattano automaticamente» appena il Tribunale di commercio ne ordina la pubblicazione. Tali misure, poi, devono essere confermate o modificate entro 30 giorni dal Tribunale (pena la loro estinzione).
- Esperto di risanamento: Deve essere iscritto nel registro degli organismi di composizione della crisi. L’esperto verifica la documentazione del debitore (bilanci, flussi, scritture, fatture), assiste il debitore nelle trattative, redige relazioni periodiche al tribunale e infine una relazione finale. La presenza dell’esperto, in pratica, dà credibilità al processo di trattative e agli atti conclusi: ciò è considerato analogo all’“attestazione” di un piano in sede concorsuale.
- Vantaggi: La composizione negoziata è uno strumento di prevenzione e risanamento extragiudiziale: è veloce, riservata (tranne la pubblicazione delle istanze all’inizio e alla fine), ed evita l’escalation concorsuale. Durante la procedura l’impresa continua normalmente e può negoziare accordi di abbattimento o ristrutturazione del debito senza subire la pressione delle esecuzioni. In presenza di debiti tributari si possono inserire nell’accordo i regimi di transazione fiscale (fino a D.L.69/2023) e contributiva (art.63 CCI), come puntualizzato dalla giurisprudenza di legittimità【13†】 (Cass. n.9549/2025 ha riconosciuto ampiamente la possibilità di transazione fiscale anche locale nell’ambito della composizione negoziata【13†】).
- Esito negativo: Se non si trova un accordo soddisfacente, dalla relazione finale l’imprenditore può sempre passare alla procedura concorsuale che preferisce. Di norma s’intraprende l’ADR (con efficacia estesa) o il concordato preventivo. In ogni caso, prima del deposito di tali domande occorre far confermare le misure protettive in tribunale, altrimenti decadranno.
Esempio pratico: Un’azienda manifatturiera soffre di debiti bancari e fiscali. L’amministratore chiede l’apertura della composizione negoziata, nomina un esperto, chiede subito le misure protettive e le ottiene per pubblicazione (sospese esecuzioni bancarie e ipoteche). Nei 6 mesi di trattative l’azienda negozia con la banca una dilazione e con l’Agenzia delle Entrate una riduzione di sanzioni. L’esperto conferma l’avanzamento trattative. Alla fine, l’imprenditore deposita in Tribunale un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (omologato) con adesione del 65% del passivo bancario, con pagamento integrale dell’Erario (come imposto dall’art.57 CCI). Grazie all’ADR estesa il piano è vincolante anche per i creditori dissenzienti, assicurando la continuità dell’attività.
2. Piano attestato di risanamento (accordo in esecuzione)
Normativa: L’art.56 CCI disciplina l’accordo in esecuzione di piano attestato di risanamento. Questo strumento è ampiamente slegato dal tribunale: consiste in un piano proposto dal debitore e corredato da un’attestazione di un professionista, senza alcuna omologazione giudiziale.
Presupposti: L’imprenditore (commerciale, agricolo o non commerciale) in “crisi” o “insolvenza” puà ricorrere al piano attestato. Non ci sono limiti particolari sulla dimensione o sulla natura dell’impresa. La condizione è che esista uno stato di squilibrio economico-finanziario (realizzabile anche un risanamento in continuità o in liquidazione).
Forma e contenuto: Il piano deve essere scritto in forma certa (data certa). Deve includere i seguenti elementi (minimi del comma 2 art.56 CCI):
- Situazione aziendale e causa crisi: analisi del funzionamento, cause del dissesto, prospetto dell’attività e del passivo.
- Progetto di risanamento: descrizione dettagliata delle misure di risanamento (aziendali, organizzative, economico-finanziarie) previste per ripristinare l’equilibrio economico-finanziario. Se il piano prevede continuazione, deve contenere un piano industriale dettagliato con previsioni di costi, ricavi, flussi di cassa, obiettivi di redditibilità, ecc.; l’integrazione del correttivo ha imposto che il piano assicuri ora non solo il riequilibrio finanziario, ma anche quello economico (ossia il ripristino dell’equilibrio economico senza perdite).
- Copertura debiti scaduti: indicazione di come saranno soddisfatti i debiti attualmente esigibili al termine del piano.
- Termini di esecuzione: cronoprogramma delle attività e delle fasi di attuazione.
- Modalità di adesione: se sono previsti accordi con i creditori (percentuali di pagamento, cambiamenti contrattuali, ecc.).
- Rimedi in caso di inadempimento: clausole che prevedono azioni in favore dei creditori se il piano fallisce (novazione o clausole compensative).
- Documentazione allegata: il CCI (art.39) richiede gli allegati contabili e fiscali obbligatori (stato patrimoniale consuntivo, conto economico, elenchi creditori e debitori, ecc.). Molti dei dati tipici del concordato preventivo (come la lista dei beni) si ricavano da qui.
Attestazione dell’esperto: Fondamentale è il ruolo dell’attestatore (professionista indipendente, p.es. revisore o consulente aziendale). L’attestatore deve asseverare sotto la propria responsabilità penale (art.56, comma 3) che le informazioni fornite dal debitore nel piano sono veritiere e che il progetto di risanamento è ragionevole e attuabile. In pratica, l’attestatore verifica che i flussi di cassa prospettati rendano il piano realistico e che i crediti dei dissenzienti vengano integralmente soddisfatti (ex art.57 co.3 CCI). L’assenza di attestazione invalida il piano: il pubblico registro delle imprese non richiede il deposito del piano stesso (rimanendo a discrezione del debitore), ma l’attestazione è in ogni caso obbligatoria per fruire delle esenzioni normative (es. esimente dalla revocatoria).
Efficacia e limiti: Il piano attestato costituisce un accordo privato tra debitore e creditori aderenti. Chi accetta il piano (generalmente richiede il voto favorevole dei creditori, con maggioranza definita ex art. 39 CCI) resta vincolato agli impegni del debitore. L’accordo non viene omologato dal tribunale; pertanto, chi rifiuta il piano resta creditore ordinario (con obbligo generale di pagamento). In ogni caso, ai sensi di legge, gli effetti degli atti compiuti dal debitore in ottemperanza al piano (se conformi alle previsioni) non sono soggetti a revocatoria fallimentare – ciò riprende la vecchia disciplina dell’art. 67, comma 3, lett. d) L.F. (eliminata con la riforma, ma mantenuta implicitamente come principio del Codice). Inoltre, se il piano è pubblicato nel Registro imprese (facoltativo), il debitore ottiene benefici fiscali: ad es. l’esenzione dalle sanzioni penali per false comunicazioni sociali (ex art. 25-ter D.Lgs. 231/2001) e agevolazioni IRAP.
Sintesi: Il piano attestato è un modo rapido e flessibile per realizzare accordi di ristrutturazione senza tribunale. Non prevede misure protettive automatiche: non essendo procedura concorsuale, non c’è alcun fermo dei creditori imposto per legge. Se il debitore vuole proteggersi, dovrà eventualmente chiedere interventi cautelari ordinari (es. ex art. 669-octies cod. proc. civ.), ma non esistono “misure protettive specifiche” come negli altri istituti CCI. Il piano deve tuttavia rispettare contenuti rigorosi (e la verifica dell’attestatore) per essere credibile e superare l’esame dei creditori.
3. Accordi di ristrutturazione dei debiti (CCR)
Fondamenti normativi: Nel Codice sono raccolti gli istituti previgenti di ristrutturazione negoziata: in particolare il vecchio accordo di ristrutturazione art.182-bis L.F. è ora regolato dagli artt. 57-60 CCI, con alcuni aggiornamenti. Si riconosce anche l’ADR ad efficacia estesa (art.61 CCI) – introdotto dalla Direttiva 2019/1023 – e l’accordo agevolato (art.60 CCI, introdotto dal 2021) per casi particolari, oltre a meccanismi di moratoria fiscale (art.63).
- Accordo di ristrutturazione “ordinario” (art.57 CCI): Consiste in un contratto tra debitore e creditori finanziari (e altri soggetti creditori), nel quale il debitore propone modifiche ai termini di pagamento (dilazioni, sconti, scambi, cessioni parziali di attività, ecc.). Per essere efficaci, gli accordi devono essere omologati dal Tribunale (oppure essere semplicemente noti, se ordinari); a tal fine la legge richiede una maggioreanza qualificata delle adesioni: almeno il 60% dei crediti totali (rispetto al piano di risanamento asseverato). Tali percentuali si riferiscono al valore del credito complessivo (non a teste o classi): per questo un creditore con ampio credito (p.es. ipotecario) ha maggior peso. Nel caso ordinario, i dissenzienti – cioè coloro che non aderiscono – non sono vincolati dall’accordo. Tuttavia, l’art.57 CCI impone che i creditori non aderenti ricevano il “pagamento integrale” delle somme scadute e impagate fino a esecuzione dell’accordo.
- Accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (art.61 CCI): Per risolvere l’annoso problema dei dissenzienti, il legislatore ha introdotto la possibilità di estendere gli effetti dell’accordo anche ai non aderenti della stessa categoria di creditori. Ciò richiede omologazione giudiziale: il debitore deposita l’accordo (unitamente a documenti e all’attestazione di un esperto, similmente al piano attestato) e chiede al tribunale l’estensione. Il giudice verifica vari presupposti (idoneità del piano, rispetto delle prelazioni, buona fede, continuità aziendale). Se omologa, l’accordo vincola i non aderenti contenuti nella classifica interessata. L’esecuzione estesa richiede comunque che l’accordo sia stato validamente adottato tra gli aderenti. In particolare, serve la suddetta maggioreanza del 60% complessivo, e – per l’estensione – occorre almeno il 75% di ciascuna categoria coinvolta (ridotta al 60% se l’ADR segue la composizione negoziata, art.23(2) CCI).
- Accordo di ristrutturazione agevolato (art.60 CCI): Introdotto nel 2021, permette l’accesso semplificato all’ADR in casi specifici (tipicamente imprese in procedure straordinarie o in «transizione industriale»). L’adesione richiesta è solo del 30% del totale dei crediti (metà del 60%) per poter omologare. L’obiettivo è favorire interventi di risanamento in situazioni di “amministrazione straordinaria light”. L’accordo agevolato prevede comunque il rispetto dei criteri generali (verifica giudiziale, attestazione, pagamento dissenzienti).
- Esecuzione e tutela patrimoniale: La legge prevede che, dal deposito in tribunale dell’accordo (artig. 180-bis e 182-bis LF), scatti un fermo delle esecuzioni analogo a quello del concordato: stop ai pignoramenti e alle ipoteche giudiziali sui beni oggetto dell’accordo. In sostanza, fino alla definizione giudiziale dell’accordo, il patrimonio è protetto come nelle altre procedure concorsuali. Quindi, anche l’ADR gode di misure protettive legali. Se l’accordo non viene concordato con giudice (accordo privato fra banche e imprese senza omologazione), non scattano automaticamente tali misure: in tal caso il debitore può comunque chiedere misure cautelari ai sensi dell’art.54 CCI per proteggersi.
Regole pratiche e numeri: L’adesione al 60% complessivo come criterio per la omologazione è confermata dalla prassi e dalla dottrina. Ad esempio, se un’azienda indebitata con €1.000.000 totali ottiene il voto favorevole di creditori per €620.000, può omologare l’accordo. Se vuole includere anche non aderenti, deve garantire che almeno il 75% (ad es. €465.000 su una classe di crediti) nell’accordo sia raggiunto. Contrariamente, nel concordato preventivo le percentuali sono calcolate per classe e con limiti meno rigidi; nell’ADR esse sono calcolate sull’intero debito.
4. Concordato preventivo ordinario
Riepilogo: Il concordato preventivo rimane lo strumento principale di risanamento/liquidazione giudiziale. Pur non essendo nuovo, è parte integrante del Codice (artt. 160-185 CCI). Si tratta di un procedimento giudiziale dove il debitore propone un piano (di continuità o liquidazione) ai creditori e alle autorità (Giudice delegato, commissario). Le protezioni a favore del debitore sono analoghe a quelle del passato: dal momento del deposito della domanda, tutti i creditori sono tenuti al silenzio – non possono iniziare nuove esecuzioni e quelle in corso sono congelate. L’impresa può continuare l’attività e predisporre un piano di salvataggio. I creditori ammessi votano il piano in assemblea, e se le maggioranze previste (per classe e totali) sono raggiunte, il Tribunale omologa il concordato. Il piano può prevedere dilazioni, riduzioni, spostamenti di garanzie, ecc. Esistono vari tipi di concordato (standard, in continuità aziendale, liquidatorio). Con il correttivo 2024 il legislatore ha reso più stringenti alcune regole (ad es. controllo sulla fattibilità del piano), ma le linee generali rimangono.
Misure protettive: Come detto, le misure protettive “tipiche” (divieto di azioni esecutive e cautelari) si applicano automaticamente al deposito della domanda di concordato preventivo. A differenza di CN e ADR, non è necessario richiederle con istanza particolare: il deposito stesso le sospende ai sensi dell’art. 53 CCI. L’amministrazione dell’impresa resta in carico al debitore (art.43), salvo casi di red flag (es. frode) in cui viene nominato un commissario ad acta.
5. Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio
Cos’è: Introdotto dal correttivo al Codice (art.25-sexies CCI), il concordato semplificato è una forma di concordato liquidatoria particolarmente semplificata. Ne può chiedere l’ammissione solo chi ha prima avviato una composizione negoziata infruttuosa. La ratio è fornire un “ultimo strumento” di chiusura dell’attività quando ogni altra possibilità di risanamento è fallita.
Requisiti di accesso: Occorre il rilascio finale dell’esperto di CN, in cui è attestato che tutte le trattative possibili (art.23(1-2) CCII) sono state tentate e non hanno portato a risanamento. Solo a fronte di questa relazione e nei successivi 60 giorni l’imprenditore può depositare in Tribunale la proposta di concordato semplificato con il piano di liquidazione. In sostanza, deve dimostrare: 1) di aver fatto in buona fede tutti i tentativi di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione (nei limiti dell’art.23 CCII) e 2) che nessuno ha avuto esito.
Contenuto della proposta: Il piano semplificato è vincolato alla sola forma liquidatoria. Il legislatore stabilisce in modo rigido che la proposta “debba avere ad oggetto la cessione dei beni dell’impresa” e un piano di liquidazione. Ciò significa che si realizza una vera e propria cessio bonorum: l’intero patrimonio (o almeno l’insieme dei beni destinati al pagamento dei creditori) viene ceduto per essere liquidato. Il piano di liquidazione descrive il meccanismo di vendita dei beni e la ripartizione del ricavato. È possibile prevedere la suddivisione dei creditori in classi e applicare specifiche regole (anche richiamando l’art.84(5) CCI, che consente di pagare parzialmente i creditori privilegiati). Tuttavia, nota tipica: il debitore NON ha più l’obbligo di presentare un piano con il voto dei creditori. I creditori non partecipano all’assemblea di concordato – non votano la proposta, che viene direttamente valutata dal giudice.
Iter procedurale: Dopo il deposito, il Tribunale svolge un duplice esame: prima nomina l’ausiliario (architetto o commercialista) che verifica ritualità e propone eventuali correzioni formali, acquisendo anche la relazione dell’esperto sulla praticabilità del piano. Poi, all’udienza di omologa, controlla l’effettivo contraddittorio (notifica a tutti i creditori), la legittimità delle classi e la fattibilità del piano. In particolare verifica che il piano non sia precludente rispetto all’alternativa (liquidazione giudiziale standard) e che assicur i creditori almeno tanto quanto otterrebbero in liquidazione. Se tutto è in regola, il concordato viene omologato con un decreto motivato ed esecutivo immediatamente. I creditori possono opporsi al decreto entro 10 giorni prima dell’udienza, ma solo per vizi formali o palesi incongruenze; non votano in assemblea.
Effetti e misure di protezione: Con la pubblicazione del ricorso per concordato semplificato scatta da subito la stessa protezione patrimoniale del concordato: divieto di nuovi pignoramenti e sospensione delle esecuzioni in corso sui beni dell’impresa. L’imprenditore continua a gestire l’azienda (pur sapendo che essa va verso cessione), mantenendo i poteri ordinari ma in forma ridimensionata (richiamo degli artt.46 e 94 CCI sul mantenimento di poteri gestori). Come negli altri strumenti, anche qui il debitore può chiedere al tribunale, con il medesimo ricorso, eventuali misure cautelari supplementari per assicurare il buon esito della liquidazione. Notare che, una volta avviato il concordato semplificato, non c’è più voto dei creditori; ma tale regime (che svincola l’iter giudiziale da assemblee) è giustificato dall’aver già esaurito la composizione negoziata preventiva. In pratica, il concordato semplificato rappresenta una via “monoclassista”: il debitore propone un piano, il giudice lo omologa se rientra nella massima tutela di creditori e acredenze (anche fiscali).
Esempio interpretativo: Un’impresa commerciale giunge all’ultimo stadio: dopo una composizione negoziata fallita, deposita la proposta di concordato semplificato con piano di liquidazione. Il piano prevede la vendita dell’azienda nel suo complesso e distribuzione del ricavato: 60% alle banche, 40% a fornitori (seguito ordine di prelazione). L’ausiliario e il tribunale verificano che i creditori starebbero meglio che in una liquidazione ordinaria (p.es. incassando un po’ più). In mancanza di obiezioni sostanziali, il giudice omologa il concordato (decreto esecutivo). A quel punto scattano le vendite previste; i creditori, pur non avendo votato, assistono all’esecuzione del piano con i controlli del giudice delegato.
Tabelle riepilogative
- Tabella 1: Caratteristiche principali degli strumenti del CCI (in verde gli strumenti essenzialmente liquidatori, in giallo quelli continuativi/intermedi, in rosso semplificati).
Strumento | Riferimento Normativo | Accesso (soggetti/situazione) | Finalità principale | Misure protettive/cautelari |
---|---|---|---|---|
Composizione negoziata | D.Lgs.14/2019 (art. 25, 26), D.L.118/2021 (art.6-9) | Imprenditore in crisi probabile; istanza Camera di commercio | Raggiungere accordi preventivi con creditori (ristrutturazione/debt settlement) | – Alla domanda: sospensione esecuzioni- Si può richiedere misura cautelare (es. inibitoria mirata) |
Accordi di ristrutturazione (normali) | CCI art.57-58 | Imprenditore insolvente/crisi; accordo negoziato e attestato, deposito in Trib. | Strumento di ristrutturazione contrattuale del debito (p.e. dilazioni, sconti) | – Al deposito accordo: sospensione esecuzioni su beni dell’impresa- Protezione patrimoniale fino alla definizione giudiziale (omologa o deposito finale). |
Accordi di ristrutturazione (estesi) | CCI art.61 | Come sopra, ma con omologazione richiesta | Estendere gli effetti dell’accordo anche ai dissenzienti (cross-class cram down) | – Protezione simile ADR ordinario; con omologazione vincolante anche per non aderenti. |
Accordi agevolati (art.60) | CCI art.60 | Imprenditore in procedure speciali (p.es. amministrazione straord.) | Facilita ADR con quorum ridotto al 30% | – Medesime misure protettive dell’ADR ordinario (se depositato in Tribunale) |
Piano attestato | CCI art.56 | Imprenditore in crisi/insolvenza qualsiasi categoria | Soluzione negoziale riservata, atto privato con attestazione; esenzione revocatorie | – Nessuna protezione legale automatica: è un accordo privato. L’imprenditore, se teme agguati dei creditori, dovrà ricorrere separatamente a provvedimenti cautelari ordinari. |
Concordato preventivo (tradizionale) | CCI art.160-185 | Imprenditore in insolvenza; istanza tribunale con piano dettagliato | Ristrutturazione o liquidazione giudiziale dell’impresa (salvataggio o cessione aziendale) | – Alla domanda: sospensione esecuzioni e conservazione del patrimonio (art.53)- Amministratore provvisorio/debito – Gestione impresa con poteri normali (art.43). |
Concordato semplificato | CCI art.25-sexies | Imprenditore in crisi; previo CN fallito e relazione finale positiva | Liquidazione rapida: cessione beni e piano di ripartizione senza voto assembleare | – All’istanza: sospensione esecuzioni- Possibilità di misure cautelari mirate nello stesso ricorso |
Concordato in bianco | CCI art.162(6) | Imprenditore in insolvenza; deposito domanda senza piano | Ottiene sospensione temporanea (120gg) per preparare piano concordatario | – Come concordato preventivo: misure protettive al deposito dell’istanza |
Le formule in tabella forniscono un quadro sintetico delle caratteristiche di accesso, delle finalità e delle misure protettive associate ad ogni strumento.
Simulazioni pratiche
Caso 1 – Composizione negoziata riuscita: Una spa edile ha debiti con banche (€2.000.000), fornitori (€500.000) e Erario (€300.000). L’amministratore nominato esperto avvia la composizione negoziata, ottiene misure protettive (blocco pignoramenti) e in pochi mesi convince il 70% delle banche a un piano di rimborso dilazionato. Simultaneamente, raggiunge un accordo con il fisco per rateizzare i tributi. La relazione finale attesta la fattibilità dell’accordo. Si deposita un accordo di ristrutturazione con adesione del 70% (soddisfatti integramente i dissenzienti), e il Tribunale omologa l’ADR con efficacia estesa: i termini omologati vincolano anche le banche non partecipanti. L’impresa può continuare l’attività ristrutturata.
Caso 2 – Piano attestato privato: Una società individuale agricola in crisi rischia il fallimento. L’imprenditore, senza ricorrere al tribunale, elabora un piano di risanamento con analisi dettagliata e progetto di riforestazione (con continuità aziendale). Un commercialista attestatore verifica i dati e certifica la fattibilità. Il piano viene inviato a creditori e fornitori, che vi aderiscono con piani individuali (ad es. scambio macchinari con debiti). Grazie all’attestazione, gli atti compiuti (fatture di forniture, pagamenti effettuati secondo piano) sfuggono a eventuale azione revocatoria. Non essendo procedura formale, non c’è alcuna «misura protettiva» legale; tuttavia, gli accordi presi, una volta completati, hanno protetto l’imprenditore dal coinvolgimento giudiziale.
Caso 3 – Concordato semplificato come extrema ratio: Un imprenditore che ha esaurito ogni altra via (CN e ADR senza esito) ottiene dall’esperto della composizione negoziata la relazione finale con indicazione che nessun piano ha risanato l’impresa. Egli presenta così in Tribunale una proposta di concordato semplificato. Include la cessione dell’attività e un piano di liquidazione: propone 50% di soddisfacimento ai creditori bancari e 100% a quelli privilegiati (fondiario, erariali). Siccome si tratta di cessione dei beni (art.25-sexies), il tribunale valuta che i creditori incasserebbero di meno in una liquidazione giudiziale (es. 40%). Il concordato viene omologato (decreto). Nel frattempo, all’istanza erano già scattate misure protettive analoghe al concordato (blocco esecuzioni), e l’imprenditore resta titolare dell’impresa fino alla vendita finale.
Domande e risposte interpretative
- D. Chi può richiedere le misure protettive e cautelari nel CCI?
R. Le misure protettive possono essere richieste solo dall’imprenditore/debitore, in connessione con l’ammissione a uno strumento del CCI. Le misure cautelari, invece, possono essere richieste da qualsiasi interessato (anche creditori) che dimostri un fumus boni iuris adeguato (art.54 CCI). - D. Che differenza c’è tra misure protettive e misure cautelari?
R. Le misure protettive sono strumenti “ombrello” generali che bloccano tutte le esecuzioni sui beni del debitore dall’apertura della procedura (richiesta dal debitore). Le misure cautelari sono interventi più specifici ed atipici (es. inibitorie, sequestri) emessi dal giudice su istanza di parte, per una tutela provvisoria. Le cautelari possono avere contenuto variabile e durare oltre i limiti delle misure protettive. - D. Quanto durano le misure protettive?
R. La durata complessiva non può superare 12 mesi (art.8 CCI). Entro tale periodo possono essere rinnovate o prorogate. Superati i 12 mesi, il debitore non perde completamente la protezione: può ottenere misure cautelari mirate (limitatamente a singoli creditori) per proseguire la trattativa. - D. Qual è la percentuale minima di adesione in un accordo di ristrutturazione?
R. Nel percorso ordinario di omologazione dell’accordo di ristrutturazione, è necessario il consenso di creditori che rappresentino almeno il 60% del credito complessivo. Nell’accordo agevolato (art.60 CCI) il quorum richiesto è il 30%. - D. Cosa succede ai creditori che non aderiscono a un ADR?
R. Se l’accordo è stipulato privatamente senza omologazione, i creditori dissenzienti devono comunque essere garantiti nel pagamento integrale dei loro crediti scaduti (art.57(3) CCI). Se invece l’ADR viene omologato dal tribunale (ADR a efficacia estesa), essi saranno vincolati nei termini previsti dall’omologa. - D. Chi può accedere al concordato semplificato e quando?
R. Il concordato semplificato è riservato a chi ha prima attivato senza esito la composizione negoziata. In pratica, solo dopo una CN con relazione finale dell’esperto che dichiari il fallimento di tutti gli strumenti ordinari (art.23 CCII). Senza quella fase preventiva, il semplificato non è ammesso (art.25-sexies CCI). - D. È possibile richiedere misure protettive anche senza depositare un piano o proposta di accordo?
R. Sì, il CCI (art.46, 2° c. e 94, c.4) prevede che le misure protettive tipiche siano accessibili già all’ammissione “di pre-accordo”, ossia prima del deposito formale di piano o proposta. In tutti gli altri casi (es. Concordato in bianco, Composizione negoziata, ecc.) il deposito dell’istanza costituisce il presupposto per la protezione. - D. Che ruolo ha il Decreto Legge 118/2021 nel CCI?
R. È il decreto che ha introdotto la composizione negoziata (art.6-7) e altre modifiche (ad es. legittimazione dell’imprenditore a misure cautelari) al Codice della crisi. Gran parte delle norme oggi in vigore proviene dal DL 118/2021 convertito (L.147/2021). - D. Le misure protettive sono alternativamente richiedibili anche nel concordato in bianco?
R. Sì. L’art. 162(6) CCI (riprendendo art.162 L.F.) consente di ottenere l’apertura di termini anche nel concordato in bianco, generando sospensione delle esecuzioni per 120 giorni come nel concordato ordinario. Durante questi 4 mesi il debitore prepara il piano; le protettive tipiche sono attive nel frattempo.
Conclusioni
In sintesi, il CCI mette a disposizione dell’imprenditore in crisi un’ampia gamma di misure e procedure, tutte finalizzate al recupero dell’attività aziendale o, in ultima analisi, alla liquidazione ordinata del patrimonio. Ogni strumento ha i suoi requisiti, i suoi effetti e le proprie misure protettive. Dalla composizione negoziata (stragiudiziale, con misure protettive “scattanti”) al piano attestato (negoziale, senza misure protettive automatiche), dagli accordi di ristrutturazione (contrattuali, con fermo esecuzioni al deposito) al concordato semplificato (extrema ratio con cessione beni), il debitore dispone di scelte differenziate. Fondamentale è agire tempestivamente e con l’adeguata documentazione, avvalendosi degli attestatori e degli organi competenti, per ottenere le tutele patrimoniali più ampie consentite dalla legge. Conoscere le novità normative (es. percentuali, termini, forme) e la giurisprudenza più recente è essenziale per interpretare correttamente ciascuno strumento e sfruttarlo al meglio.
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Conclusione
Le misure protettive sono uno scudo legale che puoi attivare in tempo per salvare l’impresa e guadagnare spazio per riorganizzarti.
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