Hai sentito parlare del gestore della crisi d’impresa e ti stai chiedendo che ruolo abbia davvero? Vuoi sapere chi è, cosa fa e in che modo può aiutare un’azienda in difficoltà a evitare il fallimento?
Il gestore della crisi d’impresa è una figura centrale nella composizione negoziata, introdotta per assistere le imprese che stanno attraversando un momento critico ma vogliono provare a risanarsi, senza finire subito in liquidazione o sotto esecuzioni forzate.
Vediamo allora chi è, cosa fa concretamente e come può aiutarti se la tua impresa è in crisi.
Chi è il gestore della crisi?
È un esperto indipendente, nominato dal sistema della composizione negoziata, con competenze giuridiche, economiche e aziendali. Non è un curatore né un commissario, ma un professionista che lavora al fianco dell’imprenditore per aiutarlo a uscire dalla crisi.
Cosa fa il gestore durante la composizione negoziata?
Il suo compito principale è quello di:
- affiancare l’imprenditore nella redazione del piano di risanamento;
- favorire le trattative con i creditori, cercando un accordo sostenibile;
- monitorare l’andamento dell’attività, senza sostituirsi all’impresa;
- verificare la sostenibilità del debito e la possibilità di continuità aziendale.
Inoltre, se necessario, può proporre soluzioni alternative come il concordato minore o la liquidazione controllata.
Ha poteri decisionali sull’azienda?
No. Il gestore non ha poteri gestionali: l’impresa rimane sotto il controllo dell’imprenditore. Il suo ruolo è consultivo, ma la sua relazione ha un peso importante anche per i creditori e per il tribunale, in caso di sviluppi giudiziali.
Quando viene nominato?
Il gestore viene assegnato dopo l’accesso alla piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata della crisi. L’imprenditore presenta l’istanza, allega la documentazione richiesta, e se l’istanza è ammissibile, viene selezionato un gestore tra quelli iscritti nell’elenco nazionale.
Cosa succede se le trattative falliscono?
Se non si raggiunge un accordo con i creditori o il gestore ritiene che non ci siano più margini per il risanamento, può interrompere la procedura e suggerire all’imprenditore di valutare altre soluzioni, come la liquidazione giudiziale o controllata. Ma può anche sollecitare l’imprenditore ad accelerare alcune scelte, evitando il rischio di aggravare la situazione patrimoniale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in composizione negoziata, crisi d’impresa e ristrutturazioni aziendali – ti spiega chi è il gestore della crisi, quali sono le sue funzioni reali e come possiamo aiutarti a interagire con lui nel modo più efficace per salvare la tua impresa.
Hai già avviato la composizione negoziata e vuoi sapere cosa aspettarti dal gestore? Oppure stai valutando se accedere alla procedura per prevenire il fallimento?
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Introduzione
La disciplina della crisi d’impresa in Italia è stata radicalmente riformata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), entrato a pieno regime il 15 luglio 2022. Tale Codice (CCII) ha riordinato l’intera materia abrogando la vecchia legge fallimentare (R.D. 267/1942) e introducendo nuovi strumenti di composizione stragiudiziale e giudiziale della crisi. In questo contesto, il gestore della crisi d’impresa assume un’importanza crescente: si tratta di un professionista indipendente (avvocato, commercialista, notaio, ecc.) iscritto in apposito elenco ministeriale. Il gestore non rappresenta il debitore, ma agisce da soggetto terzo a garanzia della correttezza delle procedure e a tutela di tutti gli interessi coinvolti (creditori, azienda, territorio).
Questa guida, aggiornata a giugno 2025, analizza in dettaglio il ruolo del gestore della crisi d’impresa in Italia. Dopo un inquadramento normativo, esamineremo la definizione e i requisiti del gestore, poi il suo ruolo concreto nei diversi procedimenti (stragiudiziali e giudiziali) previsti dal CCII: composizione negoziata, piani attestati di risanamento, accordi di ristrutturazione del debito, concordato preventivo (ordinario e minore) e liquidazione giudiziale/controllata. Prenderemo in considerazione le applicazioni pratiche in vari settori (edilizia, artigianato, commercio, servizi) e forniremo esempi pratici, tabelle riepilogative e FAQ operative. Tutte le affermazioni sono supportate da fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali aggiornate al 2025.
Quadro normativo di riferimento
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) è stato emanato in attuazione della legge delega n. 155/2017 e ha preso il posto della vecchia legge fallimentare. Dopo vari rinvii, l’entrata in vigore a regime è avvenuta il 15 luglio 2022. Il Codice è stato successivamente modificato da decreti “correttivi” (in particolare il D.Lgs. 136/2024, c.d. “correttivo-ter”), e integra le indicazioni della Direttiva UE 2019/1023 sui meccanismi di allerta e ristrutturazione preventiva. Con il nuovo Codice sono stati definiti per la prima volta in un unico testo tutti gli strumenti – stragiudiziali e giudiziali – per affrontare le situazioni di crisi e insolvenza dell’impresa.
Le principali novità normative introdotte dal CCII riguardano la specificazione di nuove procedure (ad es. composizione negoziata della crisi; concordato semplificato; piani attestati di risanamento), la disciplina delle procedure esistenti (accordi di ristrutturazione, concordato, liquidazione), misure di tutela del patrimonio, nonché il rafforzamento delle regole organizzative (adeguati assetti) e della vigilanza preventiva da parte degli organi di controllo aziendale. In particolare, dal 2022 il Codice definisce con chiarezza il gestore della crisi come figura professionale chiave in vari procedimenti (sovraindebitamento, concordato minore, ecc.), disciplinando requisiti di accesso e compiti specifici.
Tra le fonti normative rilevanti vanno segnalate: il D.M. 3 ottobre 2014, n. 202, che ha istituito il Registro dei Gestori della crisi da sovraindebitamento (soggetti responsabili dei procedimenti stragiudiziali per persone fisiche e imprese minori); il D.P.R. 18 novembre 2020, n. 64, che regola aspetti tecnici del Codice (iscrizione al Registro, procedimenti ecc.); e le modifiche legislative che hanno differito l’entrata in vigore del CCII (es. DL 118/2021, conv. L. 147/2019; DL 36/2022). Le procedure di composizione negoziata della crisi sono disciplinate dall’art. 1 del D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2019), come anticipazione delle direttive europee. Infine, si collocano nel quadro normativo anche istituti finanziari (es. Fondo di solidarietà per il credito alle PMI) e disposizioni speciali per settori specifici (es. fallimento cooperativo, liquidazione coatta amministrativa).
Definizione e requisiti del gestore della crisi
Il Codice della crisi (in particolare nel Titolo III, Parte III, Capo I dedicato al sovraindebitamento) rinvia alla disciplina già stabilita dal D.M. 202/2014 per definire il gestore della crisi. Secondo tale decreto ministeriale, il gestore della crisi è “la persona fisica che, individualmente o collegialmente, svolge la prestazione inerente alla gestione dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio del debitore”. In altre parole, si tratta di un professionista (avvocato, commercialista, notaio o altro esperto abilitato) incaricato dall’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o dal tribunale, a seconda del procedimento, di affiancare il debitore nell’ambito di quel procedimento specifico. Il suo ruolo è dunque tecnico-amministrativo: predisporre relazioni, verificare dati e svolgere compiti organizzativi, rimanendo terzo rispetto al debitore e ai suoi creditori.
Per diventare gestore della crisi è necessario essere iscritti in un apposito Registro dei Gestori presso il Ministero della Giustizia. Chi può presentare domanda d’iscrizione? Il D.M. 202/2014 prevede requisiti rigorosi: il gestore deve essere un professionista iscritto all’albo (avvocati, commercialisti, notai ecc.), in possesso di onorabilità e indipendenza, aver completato la formazione specifica (150 ore di corso base più aggiornamenti biennali) e stipulare una polizza assicurativa RC professionale. Ad esempio, l’Ordine dei Commercialisti di Cagliari evidenzia che i candidati devono rispettare i requisiti di onorabilità previsti dall’art. 4 del D.M. 202/2014, essere in regola con la formazione continua (FPC) e con l’assicurazione, e non aver subito sanzioni disciplinari negli ultimi 5 anni. In sostanza, il gestore deve garantire competenza specialistica e indipendenza. L’elenco dei gestori è gestito dal Ministero della Giustizia, che vi iscrive o cancella i professionisti dietro proposta degli organismi competenti.
Dal punto di vista pratico, i requisiti sopra richiamati servono a garantire che il gestore della crisi sia qualificato per gestire casi complessi e che operi in autonomia dal debitore. In genere il Ministero pubblica periodicamente bandi per l’iscrizione e prevede che al mantenimento dell’iscrizione corrisponda l’obbligo di aggiornamento professionale. In sintesi, il gestore della crisi è un professionista terzo e qualificato, distinto dal legale difensore del debitore, che mette le sue competenze al servizio della procedura.
Compiti e ruolo del gestore nel procedimento
Il gestore della crisi, una volta nominato, svolge un ruolo chiave di supervisione, assistenza e controllo procedurale. È un ausiliario imparziale: non difende specificamente gli interessi del debitore, bensì garantisce la correttezza formale e sostanziale della procedura e la veridicità delle informazioni. In particolare, come sottolineato dalla dottrina, non ricopre alcun incarico difensivo (non è un consulente o avvocato del debitore). Il suo compito principale è quello di “filtrare” la procedura: accertare i requisiti di ammissibilità, raccogliere e verificare la documentazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, valutare la fattibilità dei piani o delle proposte avanzate e redigere relazioni tecniche di supporto al tribunale o all’organismo competente.
In pratica, il gestore accompagna il debitore in tutte le fasi operative del procedimento di crisi. Le sue funzioni principali, secondo diversi esperti, sono le seguenti:
- Verifica preliminare dei requisiti: analisi della situazione debitoria, verifica che il soggetto rientri nei limiti di accesso alla procedura (ad es. soglie di ricavi/attivo per imprese minori) e che non ci siano motivi ostativi (ad es. frodi del passato).
- Supporto nella redazione dell’istanza: aiuto nella compilazione e presentazione della documentazione richiesta (bilanci, cedolini, elenchi dei creditori, ecc.), in coordinamento con l’avvocato e il commercialista del debitore.
- Controllo sulla veridicità dei dati: esame analitico delle informazioni fornite dal debitore (libri contabili, conti bancari, posizioni debitorie) per garantire che rispecchino la realtà economica. Questo “controllo incrociato” mira a prevenire frodi o omissioni.
- Relazione tecnica: predisposizione di un report o relazione che illustra la situazione finanziaria del debitore, valuta il piano di risanamento o la proposta concordataria, e ne attesta (o segnala criticità) la credibilità. La relazione viene depositata insieme all’istanza ed è centrale per il vaglio dell’autorità giudiziaria.
- Gestione dei rapporti con l’Autorità Giudiziaria: funge da interlocutore del tribunale (o dell’OCC) per ogni richiesta istruttoria; può convocare le parti, rispondere a integrazioni documentali, assistere alle udienze (nei casi in cui è previsto).
- Nella liquidazione controllata (procedura riservata a imprese minori e professionisti sovraindebitati) – se nominato gestore – provvede anche alla nomina del liquidatore giudiziale o, se necessario, svolge egli stesso tale ruolo (vedi oltre).
È quindi evidente che il gestore svolge un compito di verifica e assistenza: aiuta il debitore a presentare correttamente i documenti, ma non suggerisce strategie difensive. Deve essere in grado di riconoscere situazioni non sanabili ed eventualmente segnalare all’autorità. Per fare ciò, collabora strettamente con l’avvocato del debitore (che si occupa di questioni legali/patenti). In sintesi: il debitore non può “scegliere” il gestore; questi viene nominato dall’OCC (o dal giudice) e agisce come organo tecnico di garanzia, come confermano fonti autorevoli.
Il gestore nei diversi procedimenti di crisi
A seconda del tipo di procedimento avviato, il gestore della crisi assume funzioni diverse. Di seguito esaminiamo ciascuno degli strumenti normativi di composizione della crisi, evidenziando il ruolo del gestore (se previsto) e le modalità operative per il debitore.
1. Composizione negoziata della crisi d’impresa
Introdotta dal DL 118/2021 (c.d. “Decreto Crescita-bis”, convertito dalla L. 147/2019), la composizione negoziata è un percorso stragiudiziale riservato alle imprese di ogni dimensione che si trovano in crisi. Il debitore può chiedere alla Camera di Commercio territorialmente competente di avviare questo iter confidenziale. In questa procedura l’organismo di composizione nomina un esperto indipendente (abilitato con D.L. 118/2021) che assiste le parti nelle trattative con i creditori bancari e commerciali. È importante notare che non interviene in questa fase il “gestore della crisi” come definito dal CCII, bensì l’esperto (figura diversa): il gestore agisce soltanto se successivamente il debitore formula un piano attestato o un accordo da sottoporre a omologa.
Dal punto di vista del debitore, la composizione negoziata serve a sondare le possibilità di risanamento senza andare subito in tribunale. Il professionista nominato ha il compito di valutare la sostenibilità del piano proposto e di favorire un’intesa con i principali creditori. Durante questo procedimento il debitore resta libero di abbandonare l’iter e scegliere un’altra procedura (accordo di ristrutturazione, concordato, ecc.). Alcune misure protettive possono essere richieste al tribunale già dal fase di composizione negoziata (ad es. il 300-bis c.p.c. per congelare pegni/garanzie sui beni aziendali). Tuttavia, a differenza delle procedure concorsuali formali, non è prevista una nomina di un gestore; la trattativa resta riservata e su base volontaria.
2. Piano attestato di risanamento
Il piano attestato di risanamento è uno strumento stragiudiziale molto diffuso tra le PMI. Si tratta di un piano di risanamento predisposto unicamente dal debitore e rivolto ai creditori, corredato da una relazione di un professionista indipendente (attestatore) che ne verifica la fattibilità e la veridicità dei dati. A differenza degli accordi di ristrutturazione, il piano attestato non richiede soglie legali di adesione né omologazione da parte del tribunale. In pratica, il debitore negozia privatamente con i creditori chiave (banche, fornitori) i termini della ristrutturazione secondo quanto previsto dal piano. L’efficacia del piano è sostanzialmente basata sull’accordo volontario delle controparti: i creditori aderenti continueranno a essere soddisfatti secondo i nuovi patti e quelli non aderenti restano liberi di agire.
Non esiste in questa procedura una figura di gestore: il ruolo centrale è dell’attestatore, appunto, che deve essere un professionista indipendente iscritto negli elenchi ministeriali (spesso avvocati o commercialisti con adeguata formazione). Dal punto di vista del debitore, il vantaggio principale del piano attestato è la maggiore flessibilità e riservatezza rispetto a una procedura formale. Può ad esempio evitare di interrompere contratti in essere (come forniture o appalti), dato che il piano attestato non comporta la risoluzione automatica dei contratti attivi. In più, la legge prevede favorevoli effetti di protezione: gli atti e i pagamenti eseguiti secondo il piano validamente attestato sono esenti da revocatoria fallimentare e gli amministratori sono tutelati da responsabilità penali (reati fallimentari) per azioni poste in essere in buona fede nell’attuazione del piano. Questi benefici legali (artt. 166 e 324 CCII) offrono un incentivo alla conclusione dell’accordo privatistico. Tuttavia, poiché il piano attestato non “vincola” i creditori non aderenti, non dispone di alcuno “stay” delle esecuzioni: un creditore esterno può continuare le azioni esecutive sui propri beni se non ha aderito al piano. Dal punto di vista del debitore, ciò significa che il successo del piano dipende essenzialmente dalla volontà dei creditori chiave.
In sintesi, il piano attestato è spesso impiegato quando la crisi è ancora gestibile privatamente (ad es. pochi istituti bancari coinvolti). Il debitore predispone il piano (spiegando strategie di rilancio, liquidità, nuovi finanziamenti, cessione di asset non strategici, ecc.) e incarica un attestatore. Quest’ultimo certifica che i dati aziendali sono veri e il piano è credibile. Poi il debitore cerca l’accordo con i creditori principali. Se un numero sufficiente di creditori accetta (anche senza quorum legali minimi), il piano si attua privatamente: il debitore paga le scadenze secondo il nuovo piano, e i creditori aderiscono per volontà. Non avendo ruoli giuridici speciali, in questo percorso il gestore della crisi non compare; tutti gli adempimenti sono negoziali, con eventuale pubblicazione volontaria del piano nel registro imprese per godere di incentivi fiscali (art. 88 comma 4-ter TUIR).
3. Accordi di ristrutturazione del debito
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis L.F., ora artt. 57-64 CCII) rappresentano uno strumento formale di composizione stragiudiziale con omologazione giudiziaria. Tali accordi consentono all’impresa in crisi di concludere un piano di rientro del debito con i creditori (in genere bancari e/o finanziari) e di omologarlo davanti al tribunale, con effetto esteso ai dissenzienti. Con l’entrata in vigore del CCII il legislatore ha ridefinito e ampliato la disciplina degli accordi di ristrutturazione: sono state introdotte tre tipologie principali – accordo ordinario (soglia adesione 60%), accordo agevolato (soglia 30% con adempimenti più stringenti), e accordo ad efficacia estesa (valido anche sui dissenzienti una volta ottenuto il consenso indicato). Il Codice ha inoltre previsto misure protettive simili allo “stay” del concordato: il tribunale può sospendere le azioni esecutive e cautelari sui beni aziendali durante le trattative e fino a omologazione.
Dal punto di vista del debitore, l’accordo di ristrutturazione si attua così: l’impresa prepara un piano di rientro (con azzeramenti, stralci, nuovi finanziamenti, ecc.) e lo sottopone ai creditori. Se i creditori finanziari rappresentanti almeno il 60% del debito complessivo aderisco, il debitore deposita il testo dell’accordo in tribunale chiedendo l’omologazione. A quel punto il tribunale può concedere misure protettive per evitare che i creditori escano (es. riscatti di ipoteche, revoche di fidi). Dopo l’eventuale opposizione (termine tipicamente 30 giorni) e verifiche documentali, il giudice emette un decreto di omologa. Da quel momento l’accordo diventa vincolante anche per i creditori non aderenti entro i limiti stabiliti dal CCII. Durante tutto questo iter il gestore della crisi non ha un ruolo attivo: non è prevista la sua nomina e il procedimento coinvolge direttamente debitore, creditori, tribunale e, se nominato, il commissario giudiziale (nel concordato) o il liquidatore giudiziale (nella successiva liquidazione).
4. Concordato preventivo (ordinario e semplificato)
Il concordato preventivo è la procedura giudiziale principale per la ristrutturazione in continuità o liquidazione dell’impresa insolvente (artt. 160 ss. CCII). Sebbene il Codice della crisi lo mantenga nel Titolo V come “accordo in pendenza di liquidazione”, molti aspetti restano analoghi al passato. In generale, nel concordato preventivo il debitore propone al tribunale un piano di pagamento o di trasferimento di azienda, soggetto al voto delle classi creditorie e all’omologazione giudiziale. Dal punto di vista del debitore, il concordato richiede la redazione di un piano dettagliato e di una relazione illustrativa, la convocazione degli organi di controllo (organo di controllo, collegio sindacale), e può beneficiare di misure protettive (sospensione di azioni esecutive).
Nel concordato “ordinario” (dimensioni medio-grandi), l’autorità nomina un commissario giudiziale che affianca il curatore dell’azienda e vigila sulle operazioni. Non è prevista la nomina di un “gestore della crisi” nel concordato ordinarie: le funzioni di controllo e gestione sono svolte dal commissario (e, in caso di fallimento successivo, dal curatore/liquidatore). L’imprenditore deve comunque coinvolgere un professionista attestatore se nel piano sono inclusi crediti pubblici (ad es. accordo con il fisco) o per ottenere benefìci fiscali sull’eventuale stralcio del debito.
Esiste inoltre il concordato semplificato (art. 24 del D.L. n. 118/2021 conv. L. 147/2019), attivo dal 2022, riservato alle PMI non quotate in crisi. Si tratta di una versione abbreviata, dove il tribunale prescrive tempi più ristretti e una documentazione semplificata. Anche qui il gestore della crisi non interviene: il tribunale può nominare un commissario giudiziale nella fase di omologazione, ma le fasi sono ridotte. Al debitore spetta presentare comunque piani e relazioni adeguate. Il concordato semplificato è utile per PMI che, pur in crisi, vogliano sfruttare il tribunale per vincolare tutti i creditori dopo approvazione e ritrovare la continuità, evitando iter completi del concordato ordinario.
5. Concordato preventivo per imprese minori (concordato minore)
Il concordato preventivo per le imprese minori – introdotto dall’art. 104-bis L.F. e ora disciplina dal Codice – è specificamente dedicato ai soggetti sovraindebitati che rientrano nelle soglie di non fallibilità. Rispetto al concordato classico, il concordato minore è più snello e veloce. Proceduralmente, il debitore paga ogni mese il solo interesse legale sul debito in attesa del concordato e deposita un piano semplificato. Una delle novità più rilevanti è proprio il ruolo del gestore della crisi. Il tribunale – valutati i requisiti – nomina un gestore della crisi a guida collegiale (in pratica una figura simile al commissario giudiziale, tipicamente un commercialista). Il gestore guida l’intero iter: convoca l’assemblea dei creditori, guida la votazione, e controlla l’esecuzione del piano. Ad esempio, l’OCC di Brescia descrive così la procedura: «Il tribunale, verificati i requisiti, nomina un gestore della crisi (figura simile al commissario giudiziale) che segue la procedura e indice la votazione dei creditori». Successivamente, «la procedura viene eseguita sotto il controllo del gestore della crisi (che supervisiona i pagamenti o la liquidazione di beni secondo il piano)».
In concreto, dal punto di vista del debitore artigiano o piccolo imprenditore, il concordato minore permette di accordarsi con i creditori (bancari e fornitori) proponendo una ristrutturazione semplice: ad es. rimborso di una percentuale di debito in più anni o cessione di uno o pochi beni. I creditori votano la proposta del debitore in assemblea, e un giudice la omologa se conforme alla legge. L’esecuzione del piano avviene sotto la supervisione del gestore, che verifica il pagamento puntuale delle rate e la consegna dei beni oggetto di cessione. Se tutto procede come previsto, i creditori vengono pagati secondo il piano concordato. Un esempio calzante è quello riportato dall’OCC di Cagliari: un artigiano indebitato per €200.000 presenta un concordato minore dove paga complessivamente €100.000 in 4 anni, ottenendo lo stralcio del 50% del debito. Il tribunale nomina il gestore della crisi, che assicura trasparenza nei pagamenti e nella relazione finale al giudice.
6. Liquidazione controllata
La liquidazione controllata è una procedura di liquidazione patrimoniale dedicata alle imprese non fallibili (piccole imprese, professionisti, start-up) in stato di insolvenza. È disciplinata dal Capo I, Parte III del CCII (artt. 265-278) e sostituisce il vecchio fallimento per i soggetti di piccola dimensione. Dal punto di vista del debitore (imprenditore minore o professionista sovraindebitato), l’accesso è possibile quando ricorrono determinate soglie (debiti, ricavi, attivo) e l’insolvenza appare conclamata.
Il ruolo del gestore della crisi nella liquidazione controllata è centrale: in questa procedura, infatti, chi svolge le funzioni di liquidatore giudiziale è lo stesso gestore della crisi nominato dall’OCC o dal tribunale. In altre parole, il gestore assistito accompagna il debitore fin dall’inizio e si trasforma poi in liquidatore dell’impresa. L’art. 270 c.2 lett. b) CCII (prima dell’ultimo correttivo) aveva previsto che il liquidatore fosse un soggetto iscritto sia tra i gestori del sovraindebitamento sia tra i liquidatori fallimentari (art. 356 CCII), ma il d.lgs. 136/2024 ha chiarito che non è più necessario il doppio requisito di iscrizione. Quindi, il gestore già nominato per la liquidazione controllata può essere liquidatore anche senza ulteriori formalismi.
Per il debitore, la liquidazione controllata funziona così: dopo l’ammissione (con decreto che dispone interventi protettivi, quali l’esclusione di revoche sui pagamenti eseguiti), l’imprenditore mette a disposizione i beni aziendali. Il gestore/liquidatore procede alla vendita secondo le indicazioni del piano allegato all’istanza e raccoglie il ricavato. I creditori vengono soddisfatti in base all’ordine delle prededuzioni fissate dalla legge. Essendo una liquidazione, al termine il debitore può ottenere l’esdebitazione residua (cancellazione dei debiti residui) se ha cooperato in buona fede e il patrimonio non è sufficiente a coprire tutti i debiti. Anche in questa procedura il gestore garantisce trasparenza e regolarità: redige un resoconto delle vendite, verifica le rivendicazioni dei creditori, ed esercita (o delega) ogni azione giudiziale necessaria per recuperare i crediti.
7. Liquidazione giudiziale
La liquidazione giudiziale (il nuovo fallimento), introdotta dal CCII (artt. 271-305), si applica alle imprese di maggiori dimensioni che non riescono a ristrutturare la crisi. Al differenza delle procedure sopra, in questa fase l’organo a gestire la procedura è il liquidatore giudiziale nominato dal tribunale. Formalmente, il gestore della crisi non interviene mai nella liquidazione giudiziale ordinaria. Il tribunale, con decreto di apertura, nomina un liquidatore (spesso un curatore o un commercialista)iscritto all’albo previsto dal codice e può nominare anche un commissario giudiziale (soprattutto in concordato preventivo collegato). Da quel momento inizia la fase di liquidazione del patrimonio dell’azienda, il reperimento e la distribuzione delle risorse ai creditori secondo le regole di legge.
Dal punto di vista del debitore, la liquidazione giudiziale comporta la perdita del controllo diretto sull’impresa: il liquidatore gestisce tutto e l’azienda può proseguire l’attività solo se espressamente autorizzata dal giudice (con un concordato in liquidazione). Durante la liquidazione, il gestore della crisi non svolge alcuna funzione – i suoi compiti sono stati svolti nelle fasi precedenti (p.e. didell’OCC o in fase di concordato) – e il debitore diventa semplicemente “parte” nella procedura fallimentare. L’unica sua “azione” può essere eventualmente quella di collaborare nella consegna della documentazione contabile e nella individuazione dei beni da liquidare.
8. Riepilogo dei procedimenti e ruolo del gestore
Procedura | Intervento del gestore | Nominata da | Presenza del gestore |
---|---|---|---|
Composizione negoziata | No. Nominato un esperto indipendente (ai sensi del D.L. 118/2021) per condurre trattative private; non è prevista la figura di gestore. | Camera di Commercio / Commissione CCIAA | – |
Piano attestato di risanamento | No. Il piano è predisposto dal debitore con attestazione di un professionista indipendente. Nessun gestore previsto. | – (imprenditore) | – |
Accordi di ristrutturazione (art. 57 ss.) | No. Debitore negozia con i creditori e deposita in tribunale. Eventuali misure protettive durante le trattative. | – (imprenditore con creditori) | – |
Concordato ordinario | No. Viene nominato un commissario giudiziale; il gestore non opera. | Tribunale (su proposta o d’ufficio) | – |
Concordato minore (imprese sovraindeb.) | Sì. Il tribunale nomina un gestore della crisi, che svolge funzioni analoghe al commissario (indizione votazioni, controllo pagamenti). | Tribunale | Sì |
Liquidazione controllata | Sì. L’OCC nomina un gestore, che assiste il debitore e, dopo l’ammissione, è stesso liquidatore giudiziale (o nomina il liquidatore). | OCC / Tribunale | Sì |
Liquidazione giudiziale (fallimento) | No. Viene nominato un liquidatore giudiziale (curatore); il gestore non ha ruolo attivo. | Tribunale (apertura) | – |
(Tabella 1: Ruolo del gestore nei vari procedimenti concorsuali e stragiudiziali)
Applicazioni in diversi settori economici
La normativa sul gestore della crisi è neutra rispetto al settore economico: non esistono procedure ad hoc o deroghe specifiche per l’edilizia, il commercio, l’artigianato o i servizi. Tuttavia, le caratteristiche delle imprese di ciascun settore possono rendere più o meno opportuno l’uso di certi strumenti.
- Edilizia: le imprese edili spesso hanno debiti consistenti verso banche (mutui ipotecari) e verso l’Erario (IVA e contributi non versati sui cantieri). Nella pratica, è frequente l’uso combinato di un accordo di ristrutturazione del debito con le banche e di una transazione fiscale con Agenzia delle Entrate/INPS (art. 57-ter CCII). Ad esempio, è noto il caso di un’impresa di costruzioni (sovraindebitata di €3 mln verso banca e Fisco) che ha negoziato con i creditori creditizi un piano che prevede di dilazionare e parzialmente stralciare il debito bancario, mentre in parallel è stata conclusa una transazione fiscale che riduce del 30% il debito verso l’Erario. Tale strategia ha permesso di salvare i cantieri attivi. In queste fattispecie il gestore della crisi interviene solitamente nel coordinare le procedure nel caso di sovraindebitamento (ad es. liquidazione controllata) o concordato minore; in un accordo bancario puro non è coinvolto, ma il debitore si avvale di un attestatore anche per il profilo fiscale.
- Artigianato: le imprese artigiane sono spesso micro-aziende o ditte individuali (idonee al concordato minore o alla liquidazione controllata). Un esempio pratico fornito dagli organismi di composizione della crisi è quello di un artigiano con debiti totali di €200.000. Attuando un concordato minore, paga €100.000 in quattro anni e ottiene lo stralcio del 50% del debito. In tali casi, il gestore della crisi svolge un ruolo cruciale nel seguire la procedura: assiste l’artigiano nella predisposizione del piano, convoca i creditori (ad es. banche locali e fornitori di materiali), e poi garantisce la trasparenza dell’esecuzione (il versamento delle rate e la cancellazione dei debiti stralciati).
- Commercio e servizi: le imprese commerciali e di servizi (negozi, ristoranti, società di consulenza, ecc.) tendono ad avere una base di creditori variabile (banche, fornitori, erario) e generalmente un ciclo di attività breve. Anche in questi settori si applicano gli strumenti del CCII in modo neutrale. Ad esempio, un’attività commerciale in crisi può affidarsi a un piano attestato per rinegoziare i debiti con i fornitori o per ottenere nuovi finanziamenti. Oppure può usare un accordo di ristrutturazione con la banca principale per ottenere una moratoria del debito bancario, spiegando i termini di un piano quinquennale. In sintesi, il settore incide soprattutto sul profilo economico (ad es. flessibilità dei ricavi, durata dei contratti), ma non introduce regole distinte sulla figura del gestore.
In tutti i settori resta valida la regola generale: in assenza di uno specifico procedimento per sovraindebitamento, l’imprenditore può scegliere lo strumento più adeguato alla sua realtà (accordo bancario, piano attestato, concordato, ecc.) e il gestore interverrà solo nelle procedure in cui la legge lo prevede (principalmente quelle del sovraindebitamento).
Domande frequenti (FAQ)
- Chi nomina il gestore della crisi? Può sceglierlo il debitore? No. In tutte le procedure da sovraindebitamento e nel concordato minore il gestore viene nominato d’ufficio dall’OCC o dal tribunale. Il debitore non può indicare un nominativo di propria scelta. L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) nomina un suo professionista di turno, oppure il tribunale indica un nome fra gli iscritti al registro. Anche l’OCC di Brescia chiarisce che “il gestore può essere scelto dal debitore? No, è l’OCC a nominarlo in autonomia”.
- Il debitore deve avere un avvocato anche se c’è il gestore? Sì. Il gestore della crisi non sostituisce l’avvocato: quest’ultimo resta necessario per tutelare gli interessi del debitore (es. contestare posizioni creditorie, assistere nelle udienze, consigliare sul percorso da seguire). Come evidenziato da esperti, “il gestore è imparziale; l’assistenza dell’avvocato esperto in sovraindebitamento resta utile (e spesso necessaria) per orientare il debitore nella scelta della procedura e nella tutela dei suoi interessi”.
- Quali responsabilità ha il gestore verso il debitore? Il gestore deve operare con diligenza e onestà nel suo compito di verifica. Recenti pronunce confermano che può essere chiamato a rispondere per negligenza o omissioni gravi: ad es. tribunali hanno escluso l’omologazione di piani di ristrutturazione dove la relazione del gestore era incompleta, o hanno richiamato la responsabilità del gestore per istruttorie carenti. In pratica, se il gestore non controlla adeguatamente la documentazione e ciò pregiudica la procedura, può rispondere civilmente (e potenzialmente penalmente) dei danni subiti dai creditori e dal debitore stesso. Allo stesso modo, il debitore ha il dovere di collaborare fornendo tutti i documenti richiesti: la legge fa obbligo di trasparenza contabile (art. 208 CCII) e punisce la malafede.
- Quanto costa il gestore della crisi? Il compenso del gestore, se nominato, è regolato dal decreto del Ministero (tariffa forfettaria legata al debito residuo) e deve essere approvato dal giudice. In linea di massima il costo è commisurato alla mole di lavoro (ad es. impresa minore vs professionista). Il compenso è liquidato alla chiusura della procedura e rappresenta una voce preponderante di spesa. Il debitore deve tenerne conto: esistono tabelle ministeriali (o parametri simili a quelli del curatore fallimentare) per calcolare l’importo approssimativo.
- Quanto dura una procedura con gestore? Dipende dal tipo di procedimento e dalla collaborazione delle parti. In media, per le procedure da sovraindebitamento si indica un termine di circa 12-18 mesi per raggiungere la conclusione (omologazione del piano concordatario o di liquidazione). Il Codice non fissa scadenze rigide, ma richiede che le procedure vengano svolte con “ragionevole celerità” (art. 3 CCII). Nella pratica, un concordato minore o un piano del consumatore possono concludersi anche in meno di un anno, mentre un accordo di ristrutturazione bancario sottoposto a omologazione può richiedere diverse mensilità di trattativa seguite da circa 2-3 mesi di fase giudiziaria.
Simulazioni pratiche
Per chiarire il funzionamento reale degli strumenti di crisi con l’intervento del gestore, riportiamo di seguito due esempi semplificati:
- Accordo di ristrutturazione ordinario (PMI manifatturiera): Alfa S.r.l., PMI nel settore metalmeccanico, deve 2.5 mln € (2 mln a banche, 0.5 mln a fornitori). I soci propongono alle banche di convertire i debiti in un mutuo unico di 1,5 mln a 5 anni, versando subito 0,5 mln. In cambio, le banche concedono uno stralcio del 20% sui residui (rinunciano a 0.3 mln di crediti). Un commercialista redige un piano industriale che prevede cessioni di asset e nuovi capitali sociali; egli attesta la fattibilità del piano. Le banche (che coprono il 100% dei finanziamenti) firmano l’accordo ristrutturativo. Alfa deposita in tribunale l’accordo per l’omologazione, chiedendo (e ottenendo) la sospensione di azioni esecutive per 60 giorni. Nessun creditore si oppone: a 45 giorni il giudice omologa l’accordo. I fornitori vengono saldati integralmente (0.5 mln) come anticipato, e le banche ripianano i loro 1.2 mln residui a medio termine. L’effetto pratico è la salvezza dell’impresa e il ritorno in bonis dopo 5 anni: le banche hanno ridotto le perdite, i fornitori hanno ottenuto i pagamenti, e i dipendenti conservano il posto di lavoro.
- Concordato minore (artigiano edile): Beta è un piccolo imprenditore edile con debiti complessivi di €200.000 (banche per 120k, fornitori per 60k, INPS per 20k). Senza liquidità sufficiente per adempiere, Beta decide di proporre un concordato minore al tribunale competente. Spiega agli affidati e ai fornitori che pagherà €100.000 complessivi (il 50% del debito) in rate annuali in 4 anni. Il tribunale, accertati i requisiti (debiti < 500k, fatturato entro limiti), nomina un gestore della crisi. Il gestore verifica i conti di Beta, convoca i creditori in assemblea e conduce la votazione: il piano viene approvato con il voto favorevole delle banche e della maggioranza dei fornitori. Il giudice omologa il concordato. L’impresa procede a vendere alcune attrezzature e versare regolarmente le rate secondo il piano. Il gestore controlla i pagamenti ogni semestre e redige una relazione finale al giudice. Dopo 4 anni Beta ha saldato i 100k concordati, tutti i creditori aderenti sono stati integralmente soddisfatti (i fornitori vengono pagati con il 100% di cassa), e i debiti residui vengono cancellati. Così facendo Beta ha evitato il fallimento e può continuare l’attività.
Tabelle riepilogative
Tabella 2: Strumenti di composizione della crisi e ruolo del gestore
Strumento | Procedura | Gestore nominato da | Presenza del gestore | Riferimenti normativi |
---|---|---|---|---|
Composizione negoziata | Iter stragiudiziale | Camera di Commercio | No (opera un esperto) | D.L. 118/2021; art. 1 L. 147/19 |
Piano attestato | Atto unilaterale debitore | – (no nomina) | No | Art. 56 CCII |
Accordo di ristrutturazione | Stragiudiziale + Tribunale | – (no nomina) | No | Art. 57 ss. CCII |
Concordato preventivo ordinario | Giudiziario | Tribunale | No (commissario giudiz.) | Art. 167 ss. CCII |
Concordato minore | Giudiziario (sovraindeb.) | Tribunale | Sì (gestore come commissario) | Art. 104-bis L.F.; 274-279 CCII |
Liquidazione controllata | Giudiziario (sovraindeb.) | OCC / Tribunale | Sì (il gestore diventa liquidatore) | Art. 270 e seguenti CCII |
Liquidazione giudiziale | Giudiziario (fallimento) | Tribunale (apertura fall.) | No (liquidatore nominato, non gestore) | Art. 115-122 CCII |
(Tabella 2: Principali strumenti e presenza del gestore – CCII)
Conclusioni
Il gestore della crisi d’impresa è una figura fondamentale introdotta nel nuovo Codice italiano della crisi. Dal punto di vista del debitore, il gestore è un consulente terzo e professionale che assicura la correttezza formale della procedura di composizione della crisi, verificando dati e predisponendo relazioni senza però fungere da difensore legale. La sua presenza è obbligatoria solo in specifiche procedure di sovraindebitamento (liquidazione controllata, concordato minore, piano del consumatore, ecc.), dove aiuta a garantire chiarezza e trasparenza verso i creditori e l’autorità giudiziaria. La guida ha illustrato che, benché la disciplina generale sia unica per ogni settore economico, i gestori possono intervenire in modo particolarmente rilevante in situazioni tipiche di alcuni ambiti produttivi (ad es. negoziazione con banche nel settore edilizio o concordati semplificati per imprese artigiane).
In ciascuna procedura, il debitore deve agire in modo collaborativo: fornire al gestore tutta la documentazione contabile, indicare i debiti e discutere apertamente del piano di risanamento. Solo così il gestore potrà redigere una relazione completa e supportare efficacemente la soluzione concordata. Inoltre, il debitore deve essere affiancato da un avvocato esperto in diritto della crisi, poiché il gestore è neutrale. Se agisce correttamente, il debitore con il supporto del gestore e del legale può ottenere importanti benefici (como lo stralcio di debiti o il riequilibrio aziendale) salvaguardando la continuità dell’impresa o, se necessario, limitando i danni in caso di liquidazione.
Infine, va ricordato che la normativa italiana del 2022 in materia di crisi è complessa e in evoluzione: il debitore deve sempre fare riferimento ai testi di legge aggiornati (C.C.I.I. con correttivi) e alla giurisprudenza recente. La guida e le fonti citate qui offrono un quadro completo delle regole attuali (aggiornate ad oggi). Per approfondimenti pratici o casi specifici si consiglia di consultare gli elenchi normativi e le sentenze richiamate nei riferimenti.
Riferimenti normativi e fonti autorevoli
- Leggi e Decreti: D.Lgs. 12/1/2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza); DM 3/10/2014, n. 202 (Registro Gestori della crisi); DPR 18/11/2020, n. 64 (Regolamento attuativo CCII); DL 118/2021 (conv. L. 147/2019, “Crescita-bis”); DLgs. 136/2024 (correttivo-ter). Regio Decreto 267/1942 (Legge Fallimentare, abrogato) e successive modifiche (art. 182-bis, 67 ecc.).
- Giurisprudenza: Cass. civ. Sez. I, Ord. 26/2/2024 n. 4622 (piani del consumatore); Trib. Napoli 18/1/2024 e Trib. Bologna 13/3/2024 (responsabilità del gestore). Tribunale Bari 22/11/2022 (OCC e obblighi del debitore).
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Conclusione
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