Hai ricevuto un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e ti stai chiedendo se è ancora valido? Hai il dubbio che i termini per notificartelo siano scaduti, ma non sai come verificarlo?
Molti contribuenti non sanno che gli avvisi di accertamento hanno dei limiti temporali precisi, oltre i quali non possono più essere emessi o notificati. Se l’Agenzia agisce troppo tardi, il contribuente può impugnare l’atto per decadenza, evitando di pagare somme non più dovute.
Vediamo allora quali sono i termini di decadenza e come controllare se il tuo caso rientra tra quelli contestabili.
Cosa significa “decadenza” per un avviso di accertamento?
La decadenza è il termine massimo entro cui l’Agenzia delle Entrate deve notificare l’accertamento. Se questo termine viene superato, l’atto è inefficace e il debito non può più essere richiesto. È diverso dalla prescrizione, che riguarda il diritto a riscuotere: la decadenza colpisce proprio la validità dell’atto.
Quali sono i termini di decadenza per l’IRPEF, IRES e IVA?
Di norma, l’avviso di accertamento deve essere notificato:
- entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione;
- entro il 31 dicembre del settimo anno successivo, se la dichiarazione è omessa.
Ad esempio, per una dichiarazione dei redditi presentata nel 2020, l’Agenzia ha tempo fino al 31 dicembre 2025 per notificare l’atto. Se la dichiarazione non è stata presentata, il termine scade il 31 dicembre 2027.
Ci sono eccezioni o casi particolari?
Sì. Alcuni atti (come quelli relativi a violazioni penali tributarie o accertamenti parziali) possono seguire regole differenti. Anche l’interruzione dei termini, causata da eventi straordinari, può incidere. Per questo è importante valutare ogni caso nel dettaglio.
Cosa succede se l’avviso arriva fuori termine?
Puoi impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria, eccependo la decadenza. Se il giudice conferma che l’Agenzia ha agito troppo tardi, l’atto viene annullato e non sei più tenuto a pagare nulla.
Come si verifica se un avviso è decaduto?
Bisogna ricostruire con precisione:
- l’anno d’imposta oggetto di accertamento;
- la data di presentazione della dichiarazione (se fatta);
- la data esatta in cui l’atto ti è stato notificato.
Confrontando queste informazioni con i termini previsti, si può stabilire se c’è decadenza.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso fiscale – ti spiega quali sono i termini di decadenza per gli avvisi di accertamento, come calcolarli e come possiamo aiutarti a impugnare atti notificati fuori tempo massimo.
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Termini di decadenza per gli avvisi di accertamento: quali sono
Una nozione fondamentale nel sistema tributario italiano è il termine di decadenza: il limite ultimo entro cui l’Amministrazione finanziaria deve notificare l’atto impositivo (avviso di accertamento, cartella, ecc.), pena la sua nullità. Superato questo termine, l’Ufficio perde il potere di accertare, e il contribuente può sollevare l’eccezione di decadenza in giudizio. È dunque essenziale per il contribuente (avvocato, imprenditore o privato) conoscere con precisione tali termini, che variano in base al tipo di tributo e di atto. Di seguito si illustrano i termini decadenziali principali, aggiornati a giugno 2025, con riferimenti normativi, tabelle riepilogative e casi pratici.
1. Imposte dirette (IRPEF, IRES, IRAP) e IVA: termini di decadenza ordinari
Per le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap) e l’IVA, il termine ordinario di decadenza dell’accertamento è di 5 anni dall’anno di presentazione della dichiarazione (o dal termine di versamento); in caso di dichiarazione omessa (o nulla) tale termine si estende a 7 anni. In pratica, per le dichiarazioni presentate dal 2017 in poi (es. anno d’imposta 2016 dichiarato nel 2017), l’atto deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo, mentre per le dichiarazioni omesse o fraudolente entro il settimo anno. Ad esempio, l’avviso relativo all’anno 2016 (dichiarazione 2017) scadeva al 31/12/2021 (o 31/12/2023 per omessa dichiarazione). Prima del 2016, la regola ordinaria era di 4 anni (5 in caso di omessa), per effetto della Legge n.147/2013 che dal periodo d’imposta 2016 ha esteso il termine ordinario da 4 a 5 anni.
Analogamente, per l’IVA il termine ordinario è di 5 anni (7 per omessa presentazione della dichiarazione IVA), come previsto dall’art. 57 del DPR 633/1972. Va sottolineato che questi termini si calcolano per anno solare: ad esempio, una dichiarazione presentata nel 2017 (per il reddito 2016) ha termine ordinario 31/12/2022; se la dichiarazione è del 2016 (reddito 2015) il termine ordinario era 31/12/2020. Il mancato rispetto di tali termini comporta la decadenza del potere di accertamento (l’atto è nullo e può essere impugnato per decadenza). Perciò, ogni anno al 31 dicembre il contribuente dovrebbe verificare se sono trascorsi più di cinque anni dall’ultimo anno d’imposta verificato.
È importante poi distinguere il termine di decadenza dall’eventuale doppio binario della notifica: ai fini del calcolo del termine di decadenza fa fede il momento in cui l’ufficio notificante ha esaurito tutte le formalità di spedizione (per es., ha depositato l’atto in posta o inviato la PEC), non il giorno in cui il contribuente lo legge. In altre parole, se l’avviso è stato consegnato all’ufficio postale in tempo, la decadenza è evitata anche se il contribuente lo apre in ritardo. La giurisprudenza definisce questo principio del “doppio binario” della notifica.
Va inoltre segnalato che, a differenza della prescrizione del credito (10 anni ordinari dall’esigibilità, art. 2946 c.c.), i termini di decadenza non possono essere né sospesi né interrotti, salvo specifiche norme eccezionali. Pertanto, in genere una volta stabilito il termine (es. 5 anni) non subisce modifiche, salvo proroghe straordinarie di legge (vedi oltre).
1.1 Esempio pratico
- Un contribuente presenta la dichiarazione IRPEF per il 2020 (anno di imposta 2020) nel febbraio 2021. Il termine ordinario di decadenza per l’avviso di accertamento è il 31 dicembre 2025 (5° anno dopo il 2020). Se l’ufficio notificasse l’avviso il 2 gennaio 2026, l’atto sarebbe decaduto e nullo, e il contribuente potrebbe eccepirlo (entro 60 giorni) in giudizio. Se invece per gli stessi fatti fosse rilevata una frode o mancata dichiarazione, il termine salirebbe al 31 dicembre 2027 (7° anno).
2. Accertamento con adesione
L’accertamento con adesione (c.d. “conciliato” previsto dall’art. 6 del D.Lgs. 218/1997 e successive modifiche) non è un termine di decadenza in senso tecnico, ma ha termini rigidi per la sua proposta. Il contribuente può presentare istanza di adesione entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di avviso di accertamento (contraddittorio preventivo) oppure entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso stesso (se preceduto dallo schema). Questi termini sono perentorî: la mancata proposizione entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso (quando applicabile) rende inammissibile l’istanza. L’Agenzia delle Entrate deve quindi concludere l’adesione nei termini stabiliti (ad es. firmare l’accordo entro ulteriori 60 giorni dal deposito dell’istanza). In sintesi: il contribuente ha un termine per presentare l’istanza, ma non si parla propriamente di “decadenza” per l’adozione dell’atto di adesione da parte dell’Amministrazione. I riferimenti normativi sono l’art.6 D.lgs. 218/1997, comma 2-bis, e le circolari di prassi.
3. Avvisi bonari (comunicazioni di irregolarità)
Gli avvisi bonari o comunicazioni di irregolarità (art. 36-bis DPR 600/1973 per imposte dirette, art. 54-bis DPR 633/1972 per IVA) sono un’istanza “amichevole” di accertamento: l’Agenzia segnala errori/dimenticanze nella dichiarazione e invita il contribuente a regolarizzarsi con sanzione ridotta. Questi atti non sono accertamenti definitivi e non vincolano l’Amministrazione; tuttavia, la normativa stabilisce termini certi per la loro notifica e per la risposta del contribuente. In particolare, secondo quanto precisato dalla Cassazione (ordinanza n. 18078/2024), l’avviso bonario obbligatorio serve solo in caso di errori o incongruenze nella dichiarazione: se la pretesa deriva da un mero mancato versamento (ad esempio omissione di acconto), la cartella di pagamento è valida anche senza avviso bonario preventivo.
Dal 2025 il termine per regolarizzare un avviso bonario (cioè pagare o inviare osservazioni) è stato esteso a 60 giorni dalla notifica (e a 90 giorni se l’avviso è trasmesso telematicamente all’intermediario abilitato). Prima era di 30 giorni (60 con intermediario). La Cassazione ha inoltre affermato che un avviso bonario notificato oltre i termini previsti è nullo per decadenza. In pratica, l’Amministrazione dovrebbe inviare l’avviso bonario entro un termine analogo a quello dell’accertamento (di solito entro i 9 mesi successivi alla dichiarazione), altrimenti l’atto viene annullato per decadenza.
Termini di decadenza specifici (avvisi bonari)
- Termine di notifica obbligatoria: gli avvisi bonari devono essere emessi entro 9 mesi dalla fine dell’anno solare in cui è stata presentata la dichiarazione (secondo art. 36-bis e 54-bis). Su questo punto la giurisprudenza ha sancito che oltre tale periodo l’avviso bonario decade.
- Termine di risposta: il contribuente ha 60 giorni (dal 2025) per pagare o contestare l’avviso. In caso di mancato pagamento o osservazioni entro tale termine, l’ente può iscrivere a ruolo le somme dovute, trasformando l’avviso bonario in cartella coattiva (di cui al D.Lgs. 462/1997). Durante i 60/90 giorni di rateazione, il debito può essere dilazionato (art.3-bis D.Lgs. 462/1997) e in caso di decadenza dalla rateazione ripartono i termini normali di riscossione.
In sostanza, gli avvisi bonari implicano termini per la loro emissione e per l’adesione, ma non prevedono una “decadenza” come gli accertamenti, se non implicitamente: come detto, se notificati oltre 9 mesi l’atto è nullo. Il contribuente può contestare la validità di una cartella derivante da avviso bonario tardivo per difetto di notifica dello stesso (eccependo la decadenza).
4. Cartelle esattoriali
La cartella di pagamento è l’atto con cui l’Agente della riscossione (ex-Equitalia, oggi Agenzia delle Entrate-Riscossione) comunica il debito iscritto a ruolo al contribuente. Anche la cartella è soggetta a termini decadenziali. In generale, l’art. 25 del DPR 602/1973 stabilisce che la cartella deve essere notificata entro limiti stretti a seconda della fonte del ruolo:
- Tributi erariali (redditi, IVA, ecc.) – Se l’iscrizione a ruolo deriva da un avviso di accertamento già definitivo o da altre modalità (art.25 c.1 lett. a-bis): entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Questo termine si applica ad esempio all’IRPEF o all’IVA accertate con avviso, una volta divenuto definitivo.
- Controllo formale delle dichiarazioni (art.36-ter, DPR 600/73) – Se il ruolo deriva da un “controllo formale” (liquidazione ex art.36-ter), la cartella deve essere notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo all’anno di presentazione della dichiarazione. Ad es., le cartelle relative alle dichiarazioni 2017 dovevano essere notificate entro il 31/12/2021 (quarto anno dopo il 2017), ma per l’annualità 2017 le proroghe emergenziali ne hanno spostato il termine al 31/12/2024.
- Tributi locali – La normativa locale è stata armonizzata: l’art.1, c.163 della Legge finanziaria 2007 (L.296/2006) dispone che “per la riscossione coattiva dei tributi locali il titolo esecutivo (cartella o ingiunzione) deve essere notificato… entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo”. In parole semplici, anche per IMU, TARI e analoghi tributi comunali/regionali vale il termine di tre anni dall’accertamento definitivo. Da ricordare, comunque, che l’accertamento dei tributi locali (avvisi) segue i termini erariali (5 anni, per effetto dell’art.1 c.161 L.296/06), mentre la successiva riscossione coattiva segue il termine di 3 anni.
Se la cartella non viene notificata entro i termini appena indicati, l’ente decade dal potere di riscossione coattiva: in sostanza la cartella è inefficace (“nulla”). Rimane però il credito sostanziale, che il contribuente potrà eventualmente recuperare con vie ordinarie (ad es. ingiunzione giudiziale). In pratica, la decadenza della cartella preclude solo la riscossione forzata, ma non estingue il debito tributario. Il contribuente deve eccepire questo vizio mediante ricorso (entro 60 giorni dalla notifica della cartella).
4.1 Cartelle da avvisi bonari e dilazioni
Una particolarità: se il contribuente ha dilazionato (rateizzato) un avviso bonario ai sensi dell’art.3-bis D.Lgs.462/1997 e poi decade dalla dilazione (es. salta una rata), il termine decadenziale per la cartella viene modificato. In tal caso, l’art.25, comma 1, lett. c-bis, del DPR 602/73 dispone che la cartella va notificata entro 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata (anziché del quarto anno). In sostanza la decadenza si “sposta” di fatto in avanti: ad esempio, se l’ultima rata era dovuta nel 2022, la cartella scadrebbe il 31/12/2025.
4.2 Simulazione cartella
Esempio: dichiarazione IRPEF 2018 presentata in giugno 2019, con accertamento definitivo dell’anno 2018 ottenuto il 1/4/2020. La cartella dovrebbe essere notificata entro il 31/12/2022 (3° anno dopo il 2020). Se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica la cartella il 15/01/2023, l’atto decade e può essere impugnato. Se invece fosse derivata da controllo formale del 2019, avrebbe avuto tempo fino al 31/12/2023 (4° anno dalla dichiarazione 2019), salvo proroghe.
5. Riscossione coattiva
Oltre alla cartella, nella riscossione coattiva esistono altri termini da considerare. Il termine di prescrizione ordinario delle somme iscritte a ruolo è di 10 anni dall’iscrizione (art.2946 c.c.), come confermato da Cassazione. Ciò significa che l’interesse dello Stato a riscuotere si esaurisce in 10 anni, salvo cause di interruzione. Diversamente, i termini di decadenza riguardano in pratica solo la notifica degli atti coattivi: una volta notificata la cartella nei termini prescritti, essa è titolo esecutivo. Per altre fasi (pignoramenti, ipoteche, vendite coattive) valgono le regole ordinarie di efficacia del titolo (di solito 10 anni dalla cartella).
In breve: la decadenza nella riscossione coattiva si manifesta principalmente nella cartella notificata tardivamente (vedi supra). Altre eventuali “proroghe” o sospensioni (ad es. per sismi, COVID) trovano applicazione come da norme generali (vedi §7).
6. Profili penale-tributari
Accanto agli aspetti amministrativi, i termini decadenziali hanno rilievi anche in sede penale. Nei reati tributari (ad es. dichiarazione fraudolenta, occultamento di documenti, omesso versamento IVA), i termini di prescrizione penale seguono l’art.157 c.p.: 6 anni (minimo) per i delitti tributari, che possono salire (e con recidiva fino a 9 anni o 10 in casi speciali). Questi termini decorrono dall’iscrizione a ruolo o dal decreto di citazione a giudizio. Ad esempio, la dichiarazione fraudolenta (D.Lgs.74/2000 art.2) prescrive in 6 anni; analogamente l’omesso versamento IVA (art.10-ter) prescrive in 6 anni.
Più rilevante al nostro tema: se l’avviso di accertamento decade per legge, viene meno il presupposto del reato fiscale. La giurisprudenza ha affermato che se l’attività amministrativa si estingue per intervenuta decadenza, non può sussistere il reato di evasione (si perché l’imposta non è stata validamente accertata). In altri termini, “nessun reato fiscale senza un debito tributario accertato validamente”: se il tributo non è dovuto (decaduto), è venuto meno l’elemento oggettivo del delitto.
Infine, va ricordato lo statuto del contribuente (L.212/2000) che prevede il raddoppio dei termini decadenziali in presenza di reato fiscale. In passato, per gli anni fino al 2015, la legge disponeva che il termine ordinario di 4 (o 5) anni veniva raddoppiato se l’accertamento riguardava fattispecie penali (fino a 8 o 10 anni). Questa disciplina è stata in gran parte abrogata per gli anni dal 2016 in poi (art.1, commi 131-133 L.208/2015). Pertanto oggi non esiste più raddoppio automatico per anni recenti, ma resta vigente in via transitoria per accertamenti relativi agli anni 2010-2015. La Cassazione ha chiarito che, per questi anni “pre-2016”, è sufficiente la semplice notizia di reato (notitia criminis) rilevata entro il termine ordinario per legittimare il raddoppio. Il contribuente deve dunque valutare per quali annualità l’accertamento copra violazioni penali: se 2010-2015, il termine decadenziale può arrivare all’8° o 10° anno anziché al 4°/5°. Dal 2016 in poi il raddoppio non si applica (salvo in via transitoria). In ogni caso, in presenza di reato il contribuente ha diritto a sapere se l’Amministrazione ha trasmesso la denuncia alla Procura entro il termine ordinario, altrimenti può eccepire la nullità della cartella.
7. Proroghe e sospensioni straordinarie
Negli ultimi anni varie norme emergenziali hanno sospeso o prorogato i termini decadenziali di accertamento e riscossione. Ad esempio, i decreti “Covid” (D.L. n.18/2020 e successivi) hanno introdotto una sospensione generale di 85 giorni per i termini decadenziali (dal 23/02/2020). La Cassazione, con ordinanza n.1630 del 23 gennaio 2025, ha confermato che questi 85 giorni di sospensione operano “a cascata” su tutti i termini pendenti. Ciò significa che un termine che sarebbe scaduto durante il periodo sospeso si sposta in avanti per 85 giorni, estendendo di fatto la finestra di notifica per tutti gli atti (compresi avvisi e cartelle).
Altre situazioni di proroga riguardano lo Stato di emergenza, terremoti, altre calamità o misure specifiche (art.68 D.L. rilancio per i tributi locali, ecc.). Ad es., il D.L. 34/2020 (art.157) spostava di mesi le scadenze di accertamenti pendenti al 2020. Il contribuente deve dunque verificare per ogni annualità le norme in vigore. Ad esempio, il “Telefisco 2024” ha previsto che alcune annualità in sanatoria (ex DL 113/2024) vedono prorogati i termini decadenziali.
In generale, ogni volta che si utilizza un termine decadenziale va controllato anche se esistono norme di rinvio (85 gg Covid, sospensioni locali, slide di legge, ecc.). La giurisprudenza e la prassi più recente (fino al 2025) hanno specificato che tali proroghe sono in deroga all’ordinario e spostano i termini in avanti.
8. Tabelle riepilogative
Di seguito si riportano alcune tabelle sintesi con i termini decadenziali chiave. Le tabelle indicano i termini “tipici” applicabili (fatta salva ogni proroga o raddoppio menzionato).
Tabella 1 – Accertamenti tributari (IRPEF/IRES/IVA/IRAP)
Tipologia di atto | Termine di decadenza (ordinario) | Riferimento normativo |
---|---|---|
Avviso di accertamento – imposte dirette e IVA | 31/12 del 5° anno successivo a quello della dichiarazione (7° anno se omessa/fraudolenta) | Art. 43 DPR 600/1973 (redditi); art.57 DPR 633/1972 (IVA) |
Avviso di accertamento – violazioni IVA (ex contraddittorio 36-ter) | 31/12 del 5° anno successivo alla dichiarazione (7° in caso di omessa dichiarazione) | Art.57 DPR 633/1972 (dal 2016) / art.43 DPR 600/1973 (analogamente) |
Accertamento con adesione (istanza) | 30 giorni dalla comunicazione dello schema di atto; in alternativa 15 giorni dalla notifica dell’avviso (se preceduto dallo schema) (termine perentorio) | Art.6, D.Lgs. 218/1997 (comma 2-bis) |
Avviso bonario (comunicazione irregolarità) – termine emissione | In linea di massima entro 9 mesi dalla dichiarazione; oltre tale termine l’avviso è nullo per decadenza | Art.36-bis DPR 600/1973; art.54-bis DPR 633/1972; Cass. ord. 18078/2024; Cass. penali (nullo oltre i termini) |
Avviso bonario – termine pagamento/risposta | 60 giorni dalla notifica (dal 2025; 90 giorni se inviato a intermediario) | D.Lgs. 108/2024 (riforma fiscale 2024) |
Cartella di pagamento (redditi/IVA – accertamento definitivo) | 31/12 del terzo anno successivo a quello di accertamento definitivo | Art.25, c.1, lett. a-bis, DPR 602/1973 |
Cartella di pagamento (dall’accertamento per controllo formale ex 36-ter) | 31/12 del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione | Art.25, c.1, lett. b, DPR 602/1973; art.36-ter DPR 600/1973 |
Cartella di pagamento (avviso bonario con dilazione, dopo decadenza) | 31/12 del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata | Art.25, c.1, lett. c-bis, DPR 602/1973; D.Lgs. 462/1997, art.3-bis |
Tabella 2 – Tributi locali (IMU, TARI, addizionali, ecc.)
Tipologia di atto | Termine di decadenza | Riferimento normativo |
---|---|---|
Avviso di accertamento – tributi locali | 31/12 del 5° anno dall’anno tributario (corrisponde al termine erariale), in virtù dell’art.1, co.161 L.296/2006 | L.296/2006, art.1, c.161; (equipara i termini erariali ai tributi comunali) |
Cartella di pagamento – tributi locali | 31/12 del terzo anno successivo all’accertamento definitivo | L.296/2006, art.1, c.163 |
Iscrizione a ruolo – tributi locali | 31/12 dell’anno successivo a quello in cui il tributo è dovuto (termine per iscrivere a ruolo) | Art.5 D.Lgs. 46/1999; art.1, c.158 L.296/06 (sino al 2006 era 1 anno) |
Cartella stradale (sanzioni comunali CDS) | 2 anni dalla consegna del ruolo (solo sanzioni di spettanza comunale) | Legge finanziaria 2008, art.1 c.153 (modifica dell’art.3 DL 203/2005) |
Nota: per i tributi locali non si applica l’avviso bonario (fatta eccezione per eventuali regimi specifici di definizione agevolata) e i contributi previdenziali INPS (tfr) non rientrano nei limiti erariali di decadenza. Inoltre, come visto, il termine di prescrizione per la riscossione coattiva è in generale di 10 anni (c.c.) sia per tributi erariali che locali.
9. Simulazioni pratiche
- Calcolo del termine ordinario. Poniamo di presentare la dichiarazione IRPEF del 2021 nel corso del 2022. Senza omissioni, il termine decadenziale ordinario è il 31 dicembre 2026 (5° anno dopo il 2021). Se invece la dichiarazione fosse mai presentata, la decadenza sarebbe il 31 dicembre 2028 (7° anno).
- Effetto di una proroga emergenziale. Supponiamo che la decadenza ordinaria di un avviso fosse fissata al 31/12/2020. Grazie all’art.67 del DL “Cura Italia” l’ufficio disponeva di 85 giorni in più: la scadenza slitta al 15 marzo 2021. Un successivo intervento legge (es. DL n.3/2021) può avere esteso ulteriormente la notifica (ad es. fino al 31/1/2022). Bisogna controllare caso per caso.
- Accertamento con reato (raddoppio). Un contribuente accertato per l’anno 2015 (dichiarazione 2016) con reato tributario accertato nei termini (es. omessa Iva superiore a 50.000€) vedeva il termine di decadenza passare da 31/12/2020 al 31/12/2025 (da 5 a 10 anni). Se l’atto fosse notificato al di là di questa estensione, la decadenza opera. Dopo il 2016 non vale più il raddoppio automatico.
- Avviso bonario tardivo. Immaginiamo un avviso bonario ex art.36-bis notificato nell’ottobre 2022 per la dichiarazione 2020 (dove avrebbe dovuto essere inviato entro settembre 2021). Secondo Cassazione, quel bonario è nullo per decadenza e il contribuente non avrebbe dovuto pagare le somme. Tuttavia, se la cartella successiva fosse stata comunque recapitata, potrà essere contestata sollevando l’eccezione di nullità del bonario.
In ogni caso, nella pratica è fondamentale annotare le date chiave (presentazione dichiarazione, notifica avviso, ultimazione audizione, etc.) e aggiungere eventuali sospensioni/proroghe legislative: questo consente di calcolare con precisione il termine ultimo. In caso di dubbi, il contribuente deve essere tempestivo nel verificare se è decorso il termine e, se sì, proporre ricorso nei 60 giorni successivi alla notifica dell’atto (avviso o cartella).
10. Domande frequenti (FAQ)
- Quando e come si eccepisce la decadenza? Si solleva eccezione di decadenza mediante impugnazione davanti alla Commissione tributaria. È fondamentale agire entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (avviso o cartella) e dimostrare che l’atto è stato emesso/spedito oltre il termine di legge. In tal caso l’atto va annullato e il contribuente è liberato dall’adempimento.
- Cosa succede se l’atto è notificato oltre i termini? L’atto è nullo per decadenza. Il potere di riscossione coattiva viene meno, anche se il debito sussiste; il contribuente potrà affrontare l’obbligo solo con le vie ordinarie (es. ingiunzione civile). Di solito, la dichiarazione del vizio di decadenza porta all’annullamento dell’atto impugnato.
- I termini decadenziali sono soggetti a proroghe? Sì, esistono norme straordinarie che possono spostare i termini: ad esempio l’art.67 DL 18/2020 (sospensione Covid 85 gg), art.68 DL 18/2020 (proroga 24 mesi per alcuni tributi locali), prolungamenti per disastri naturali, ecc. Ogni qual volta si calcola un termine, bisogna verificare se la legge prevede rinvii in quel periodo. La giurisprudenza ha ribadito che tali proroghe operano “a cascata” estendendo i termini nella misura prevista.
- Esiste prescrizione dei tributi? Sì: l’IRPEF, l’IVA e in generale i tributi erariali prescrivono in 10 anni dall’iscrizione a ruolo (Cass. 23/2/2010 n.4283), ma la prescrizione entra in gioco solo dopo la decorrenza dei termini di decadenza (in quanto serve un atto definitivo). Fino ad allora si parla di decadenza del potere impositivo. Dopo 10 anni l’obbligo di pagamento si estingue (art.2946 c.c.).
- Raddoppio e reati tributari: vale ancora? Il raddoppio dei termini decadenziali è stato abolito per gli anni dal 2016 in poi (L.208/2015). Per le annualità fino al 2015, invece, continua ad applicarsi: in tal caso il termine di 4 anni diventava 8 e quello di 5 anni diventava 10. Secondo Cassazione, non serve una formale denuncia: basta la notizia di reato nel termine ordinario. Il contribuente interessato deve verificare che l’Ufficio abbia trasmesso la denuncia entro il termine base; altrimenti potrebbe opporsi alla cartella per carenza dei presupposti di legge.
- Quali sono i termini per le cartelle locali? Per IMU, TARI, addizionali comunali ecc., l’avviso deve essere notificato entro 5 anni dall’anno di riferimento (come per le imposte statali). La cartella, però, va notificata entro 3 anni dall’accertamento definitivo (L.296/2006 c.163). Ad es., un avviso IMU 2018 deve uscire entro 31/12/2023 (5 anni), e la cartella entro 31/12/2026 se l’accertamento diventa definitivo nel 2023.
Se permangono dubbi, consigliamo di esporre il proprio caso a un esperto: un errore nel calcolo dei termini può determinare perdita di difese importanti.
11. Fonti e riferimenti
- Normativa aggiornata: Testo Unico Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986); D.P.R. 600/1973; D.P.R. 633/1972; D.P.R. 602/1973; art. 6 D.Lgs.218/1997 (accertamento con adesione); L.212/2000 (Statuto del contribuente, art.25 decadenza, art.12 raddoppio); L.296/2006 (finanziaria 2007) artt.1 co.161 e 163; L.147/2013 (stabilità 2014 art.1 c.557); Legge di Bilancio 2025 (L.207/2024, efficacia normativa); D.Lgs. 462/1997, art.3-bis (rateazioni avviso bonario).
- Giurisprudenza tributaria: Cass. SS.UU. n.1630/2025 (sospensione COVID 85 gg); Cass. ord. 5131/2025 (raddoppio termini reati); Cass. ord. 18078/2024 (avvisi bonari e limiti notifiche); Cass. ord. 16893/2024 (riscossione tributi locali e prescrizione); Cass. civ. n.27026/2024 (raddoppio termini penali); Cass. sent. n.4283/2010 (decade sociali ecc. conf).
- Normativa UE/Corte UE: (per la fiscalità interna non si segnalano pronunce UE specifiche sui termini decadenziali di accertamento).
- Circolari e risoluzioni AdE: Circolare AdE 25/E/2020 (D.L. Rilancio, sospensione termini); varie Risoluzioni e Circolari AdE 2022-2024 su avvisi bonari e riforma fiscale (es. terminologia D.Lgs.108/2024), disponibili nel sito dell’Agenzia delle Entrate.
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Gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate devono rispettare termini di decadenza ben precisi, altrimenti sono annullabili. Molti contribuenti ricevono atti fuori tempo senza rendersene conto.
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Conclusione
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