Ricorso Tributario Dopo Accertamento Con Adesione: Come Fare

Hai firmato un accertamento con adesione ma hai cambiato idea o hai scoperto nuovi elementi che vorresti far valere? Ti stai chiedendo se puoi ancora fare ricorso contro l’Agenzia delle Entrate anche dopo aver sottoscritto l’accordo?

L’accertamento con adesione è una forma di definizione agevolata del debito fiscale che comporta una rinuncia al contenzioso. Ma attenzione: non sempre è troppo tardi per difendersi, soprattutto se ci sono vizi gravi o condizioni particolari.

Vediamo cosa puoi fare.

È possibile fare ricorso dopo aver firmato l’accertamento con adesione?
In linea generale, no: una volta firmato l’accordo e versata almeno la prima rata, l’accertamento diventa definitivo e non è più impugnabile con ricorso tributario. Questo perché con la firma, il contribuente rinuncia espressamente alla possibilità di contestare l’atto.

Ci sono eccezioni?
Sì. Puoi ancora fare ricorso se:

  • l’Agenzia ha violato i tuoi diritti nella fase di adesione (es. mancata comunicazione di atti, pressioni indebite, errore materiale);
  • non hai firmato tu l’adesione, o c’è stato un problema di rappresentanza;
  • l’Agenzia ha notificato atti successivi viziati (es. iscrizione a ruolo diversa da quanto concordato);
  • non è stata rispettata la dilazione concordata o sono intervenute irregolarità nei pagamenti.

Come si impugna un atto dopo l’adesione?
Devi fare attenzione a cosa impugni. Non puoi impugnare l’accertamento in sé, ma puoi contestare l’atto esecutivo (cartella, avviso di pagamento, fermo) se presenta vizi propri o non rispetta l’accordo firmato.

Il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria, entro i termini previsti (di solito 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato), con l’assistenza di un avvocato o di un commercialista abilitato.

Cosa succede se il ricorso viene accolto?
Se il giudice riconosce che c’è stato un vizio, può annullare in tutto o in parte l’atto esecutivo o la cartella. In alcuni casi può persino dichiarare nullo l’intero accordo, se sono emersi gravi difetti di validità.

È sempre utile fare ricorso in questi casi?
Non sempre. Prima di avviare un contenzioso, è essenziale valutare la convenienza, i costi, i rischi e le alternative (come una nuova istanza di autotutela). Un’azione mal impostata può essere respinta, con ulteriori spese e conseguenze peggiorative.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e accertamenti fiscali – ti spiega se e come fare ricorso dopo un accertamento con adesione, quali sono le eccezioni possibili e come possiamo aiutarti a tutelare i tuoi diritti anche dopo la firma dell’accordo.

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Introduzione

L’accertamento con adesione è un accordo tra contribuente e Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate o altri enti impositori) che consente di definire amichevolmente l’importo delle imposte dovute (IRPEF, IRES, IVA, ecc.) con significative riduzioni sanzionatorie. Introdotto dal D.Lgs. 218/1997, questo istituto permette di chiudere la controversia senza ricorrere al giudice tributario: il contribuente presenta un’istanza all’ufficio che invita a confronto; se si raggiunge l’accordo, esso viene formalizzato in un atto di adesione. In tale atto sono fissati l’imponibile concordato, l’ammontare delle imposte rideterminate, gli interessi e le sanzioni ridotte (1/3 del minimo, anziché integrali). Il pagamento del tributo e delle sanzioni ridotte deve avvenire entro 20 giorni dalla sottoscrizione, con possibilità di rateazione fino a 8 rate trimestrali (garantita da apposita cauzione). Durante la procedura di adesione scattano 90 giorni di sospensione dei termini ordinari di impugnazione e versamento, con lo scopo di favorire il confronto.

In sintesi, l’accertamento con adesione evita il giudizio (deflazione del contenzioso) e «cristallizza» la pretesa fiscale concordata tra le parti. L’atto di adesione ha valore definitivo: una volta perfezionato con il pagamento, l’avviso originario “perde efficacia”. Le sanzioni amministrative sono ridotte (normalmente all’1/3 del minimo) e il contribuente può beneficiare di un piano di pagamento facilitato. Tuttavia, l’accordo è un compromesso: nel caso in cui il contribuente non paghi le somme pattuite, l’adesione non si perfeziona e l’avviso originario rimane pienamente efficace.

1. Presupposti e regole dell’adesione

L’istanza di accertamento con adesione può essere presentata dal contribuente (o richiesta dall’ufficio) in due situazioni principali:

  • Prima della notifica di un avviso di accertamento, ad esempio in seguito a verifiche (accessi, ispezioni, accertamenti) concluse con verbali; in questo caso l’ufficio valuta discrezionalmente se procedere o meno.
  • Dopo la notifica di un avviso di accertamento non preceduto da invito a comparire: il contribuente ha facoltà di chiedere all’ufficio di formulare una proposta conciliativa. La domanda va presentata per iscritto entro il termine di impugnazione previsto (di norma 60 giorni dalla notifica).

L’ufficio, ricevuta l’istanza, è tenuto a fissare un appuntamento entro 15 giorni per il contraddittorio. Se il contribuente non si presenta senza giustificazione, la sospensione dei termini rimane valida: la Cassazione ha infatti stabilito che la mancata comparizione non equivale a rinuncia all’istanza e non interrompe i 90 giorni di sospensione.

Durante l’iter, la legge (art. 6 D.Lgs. 218/1997) dispone che termini di ricorso e di pagamento vengono sospesi per 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Inoltre, l’atto di adesione definitivo fa decadere l’efficacia dell’avviso: l’art. 6 co.4 stabilisce infatti che “all’atto del perfezionamento della definizione, l’avviso di accertamento perde efficacia”. Il perfezionamento si intende realizzato col versamento integrale delle somme concordate oppure, se previsto un piano rateale, con il versamento della prima rata e la prestazione di idonea garanzia.

In pratica, questo significa che fino al perfezionamento dell’accordo (cioè non prima del pagamento), l’avviso di accertamento rimane in piedi a garanzia del Fisco. Tuttavia, va sottolineato che, secondo la giurisprudenza, non serve attendere il versamento per rinunciare all’impugnazione: una volta sottoscritto l’atto di adesione non è più consentito ricorrere contro l’avviso originario.

2. Ricorso tributario dopo adesione perfetta o mancate adesioni

2.1 Adesione perfezionata

Se l’accertamento con adesione si perfeziona, ossia si conclude con il pagamento pattuito (totale o prima rata più garanzia), l’atto impositivo originario non può più essere impugnato. In particolare, come confermato dall’ordinanza Cass. n. 26618/2024, la semplice firma dell’atto di adesione preclude l’impugnazione dell’avviso di accertamento. La Corte di Cassazione ha affermato che l’adesione non attribuisce al contribuente alcun ius poenitendi; sottoscrivere l’accordo e poi impugnare l’atto originario equivalerebbe a un recesso unilaterale dall’accordo, privo di fondamento normativo. Di conseguenza, un ricorso proposto dopo perfezionata l’adesione è inammissibile: «il rapporto d’imposta tra Amministrazione e contribuente è regolato definitivamente dall’atto di accertamento con adesione».

A livello normativo, questa regola era già implicita nell’art. 6 D.Lgs. 218/97: l’impugnazione dell’avviso fa venir meno l’istanza di adesione (rinuncia implicita), mentre il perfezionamento dell’atto produce l’automatica decadenza dell’avviso. La giurisprudenza di legittimità in materia si è allineata a questo principio: se l’accordo si conclude, il contribuente è tenuto ad eseguirlo e non può contestarlo né rivolgersi al giudice tributario per l’atto impugnato.

2.2 Adesione non perfezionata

Il caso opposto è quello dell’adesione non perfezionata. Ciò può avvenire se il contribuente sottoscrive l’accordo ma non paga, oppure se, pur presentando istanza, l’accordo non viene mai raggiunto entro i termini. In queste ipotesi non si è realizzato il perfezionamento; di conseguenza l’avviso di accertamento originario rimane in vigore nella sua interezza.

Il contribuente in tal caso deve impugnare l’avviso nei termini ordinari (60 giorni dalla notifica, salvo ulteriori sospensioni o dilazioni). In sede di giudizio potrà far valere i vizi relativi alla mancata definizione con adesione (ad es. violazioni formali o procedurali del contraddittorio). Solo così si evita che l’avviso diventi definitivo. Come chiarito dalla Cassazione, il mancato perfezionamento dell’adesione “restituisce piena efficacia all’originario accertamento”, indipendentemente da eventuali carenze formali del verbale di adesione. In pratica, il contribuente perde i benefici dell’adesione (riduzioni e rateazioni) e si ritrova a gestire la controversia come se fosse un normale ricorso ordinario.

È importante notare un ulteriore effetto pratico: chi ha tentato l’adesione e poi ricorre, perde le sanzioni ridotte. La Commissione Tributaria (Ctp Napoli, 2022) ha osservato che, se l’accordo non si perfeziona e il contribuente prosegue in giudizio, perde il diritto alle riduzioni sanzionatorie proprie dell’adesione. Se il ricorso viene accolto in tutto o in parte, il giudice ricalcolerà le sanzioni e gli interessi sulla base della nuova decisione (di solito senza applicare lo sconto). Se invece il ricorso viene respinto, il contribuente dovrà pagare l’intero ammontare inizialmente richiesto (imposta, sanzioni ordinarie, interessi). Pertanto, tentare adesione e poi appellarsi senza successo comporta, in genere, un aggravio di costi (ritorno alle sanzioni piene) rispetto al semplice ricorso iniziale.

2.3 Mancata richiesta di adesione

Se il contribuente decide di non aderire o non presenta alcuna istanza di adesione, l’accertamento prosegue il suo iter ordinario. L’avviso di accertamento deve allora essere impugnato davanti alla Commissione tributaria competente entro 60 giorni dalla notifica. Come regola generale, presentare un’istanza di adesione sospende il termine per il ricorso (90 giorni), mentre non presentarla significa attendere il termine ordinario (60 giorni) senza alcuna sospensione. In caso di semplice rifiuto all’invito dell’ufficio o di inattività dell’ufficio stesso, va considerato che (come visto) resta comunque valida la sospensione del termine a seguito dell’istanza presentata.

3. Novità normative e giurisprudenziali (2024–2025)

Negli ultimi anni sono intervenute diverse novità rilevanti per il contenzioso tributario che si riflettono anche sulla gestione dell’adesione e dei ricorsi:

  • Riforma del contenzioso tributario (D.Lgs. 220/2023) – Entrato in vigore il 4 gennaio 2024, questo decreto ha introdotto importanti modifiche generali al processo tributario, quali l’abolizione del reclamo-mediazione obbligatorio per le controversie di valore limitato. In base all’art. 2 c.1 del d.lgs. 220/2023, gli atti notificati dal 2024 non richiedono più il tentativo di mediazione amministrativa: il contribuente può ricorrere direttamente al giudice tributario entro 60 giorni. Ciò elimina un passaggio – i 90 giorni di attesa – consentendo tempi più rapidi ma comportando anche la perdita dello sconto sanzionatorio (35%) previsto per la mediazione. In pratica, dal 2024, per le controversie di importo contenuto non bisogna più attendere l’esito dei 90 giorni di mediazione obbligatoria; si ricorre subito al giudice. La riforma ha poi stabilizzato l’uso delle udienze da remoto, modificato le regole sulle spese di lite e introdotto nuovi modelli di istanze e ricorsi (v. ad es. D.Lgs. 220/2023, in Gazz. Uff. 3.1.2024).
  • Contraddittorio preventivo obbligatorio – Dal 18 gennaio 2024 è in vigore il D.Lgs. 219/2023, che ha reso obbligatorio il confronto endoprocedimentale (invito a comparire) per tutti gli avvisi di accertamento e atti impositivi, pena la nullità dell’atto. In pratica, l’art. 6-bis dello Statuto del contribuente (L. 212/2000) è stato rafforzato: prima di emettere un avviso sostanziale l’ufficio deve chiamare il contribuente a fornire chiarimenti; l’omissione del contraddittorio rende nullo l’atto, salvo motivi di urgenza documentati. Per il contribuente ciò significa un maggior diritto di difesa fin dalla fase amministrativa e potenziali nullità da eccepire se il contraddittorio mancasse.
  • Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) – Nel contesto della crisi aziendale, si fa ricorso a strumenti di composizione negoziata dei debiti. In particolare, l’art. 63 del Codice della crisi (ex art. 182-ter L. Fall.) prevede la transazione fiscale: il debitore in concordato o accordo di ristrutturazione può proporre pagamenti parziali e dilazionati anche dei debiti fiscali e contributivi, migliorativi rispetto a quanto otterrebbero i creditori in liquidazione. Se l’offerta è ritenuta congrua dal tribunale, l’accordo omologato vincola l’Agenzia delle Entrate. Un recente aggiornamento consente anche il trattamento “falcidiato” di IVA e ritenute (in passato bisognava pagare integralmente tali tributi) se la proposta è complessivamente più vantaggiosa della liquidazione fallimentare. Questo istituto è un’importante alternativa deflattiva in situazione di insolvenza, ma riguarda in buona sostanza il concordato, non l’ordinario ricorso tributario.
  • Giurisprudenza recente – Oltre alla Cass. 26618/2024 (su cui si è detto), vanno menzionate ordinanze quali la n. 15980/2020 (Cassazione) che ha ribadito la regola del perfezionamento come condizione per l’esclusione dell’impugnabilità. Rilevanti anche le pronunce della Corte Suprema sul perfezionamento della definizione (Cass. n. 14533/2015, n. 2161/2019), che confermano che l’avviso perde efficacia solo con il pagamento concordato. In sede secondaria, si segnala che le Commissioni tributarie di merito in genere seguono questi orientamenti. Ad esempio, la CTR Campania (Ctp Napoli 2022) ha stabilito che, in caso di adesione incompleta seguita da ricorso, le sanzioni devono comunque essere calcolate su base integrale.

Nel complesso, tra il 2023 e il 2025 il quadro normativo italiano del contenzioso tributario si è rivoluzionato: nuovi obblighi di contraddittorio, semplificazioni procedurali, abolizione di passaggi burocratici (mediation) e riforme processuali hanno cambiato gli scenari sia per il contribuente che per l’Amministrazione. Tuttavia, le regole fondamentali sull’adesione (codice 218/97) e sui termini di impugnazione (546/1992) restano alla base dell’orientamento giurisprudenziale.

4. Modelli di atti

Di seguito una guida ai principali modelli di atti da predisporre nel contesto di un accertamento con adesione e ricorso:

  • Istanza di accertamento con adesione: va indirizzata all’Agenzia delle Entrate (Direzione provinciale competente) ed è redatta in carta semplice. Deve contenere i dati identificativi del contribuente (nome, cognome, CF, domicilio), l’oggetto (richiesta di adesione ai sensi dell’art.6 D.Lgs.218/97, con riferimento all’avviso notificato), i fatti e le ragioni della posizione; quindi la richiesta vera e propria: per esempio, “Si chiede all’Ufficio di formulare un invito a comparire per procedere all’accertamento con adesione in relazione al soprariportato avviso”. Nell’istanza si può anche anticipare il proprio quadro difensivo e documentale da illustrare nel contraddittorio. Non esiste un modulo unico nazionale, ma molti studi legali forniscono fac-simili. L’istanza di adesione sospende i termini per il ricorso per 90 giorni, come già detto. (Esempio: v. fac-simile di istanza di adesione sul sito Agenzia Entrate o riviste giuridiche).
  • Ricorso tributario: un classico ricorso (contro l’avviso di accertamento) va redatto secondo le regole del D.Lgs. 546/1992. In intestazione si indica la Commissione tributaria provinciale di competenza, nominando come resistente l’Amministrazione finanziaria (Agenzia Entrate – Ufficio che ha emesso l’atto). Il corpo del ricorso deve contenere (come ricordato dalla modulistica del Comune di Firenze) i dati anagrafici del contribuente, i dati dell’atto impugnato (numero protocollo, data di notifica) e l’oggetto dell’impugnazione. Vanno poi indicate le ragioni di fatto e di diritto per cui si chiede l’annullamento: qui si argomenta puntualmente sui vizi riscontrati (omessa motivazione, vizi di legittimità, prova contraria, ecc.). Non esiste uno schema rigido di testo, ma il ricorso deve anche precisare il valore della controversia (solitamente pari al tributo contestato netto di sanzioni/interessi). Infine si richiede l’accoglimento del ricorso e la condanna dell’Amministrazione alle spese. È buona prassi allegare copia dell’avviso impugnato e dei documenti rilevanti. In caso di adesione abortita, il ricorso potrà altresì far emergere gli eventuali vizi procedurali nell’accordo (ad es. mancata comunicazione di elementi) nella parte dedicata alla esposizione dei fatti.
  • Memorie illustrative e integrate: nel processo tributario è comune depositare memorie a supporto del ricorso o di udienza. Una memoria deve richiamare l’avviso, riassumere i fatti e specificare le questioni giuridiche sollevate dal ricorso. Anche le memorie non hanno un format obbligatorio, ma vanno depositate secondo le scadenze di legge (di solito prima dell’udienza di merito). In esse si possono inserire ulteriori documenti a confutazione delle pretese dell’ufficio.
  • Istanza di sospensione cautelare: quando si propone ricorso, spesso si allega un’istanza (separata o con il ricorso stesso) di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (art. 47 D.Lgs. 546/1992). Questa richiesta motivata (fumus boni iuris e periculum in mora) chiede al giudice tributario di bloccare provvisoriamente la riscossione mentre il ricorso è in corso. L’istanza di sospensione segue lo schema di un’ordinanza: va depositata presso la stessa Commissione entro 30 giorni dalla notifica del ricorso (il giudice fissa udienza in 30 gg). Deve contenere il quantunque sommario inquadramento del ricorso e documentare i pericoli del pagamento immediato (ad es. grave pregiudizio economico). Se accolta, il titolo esecutivo del debito resta sospeso fino alla sentenza definitiva.

In definitiva, ogni atto deve essere formale e completo. Ad esempio, un fac-simile di ricorso riportato su vari siti specializzati elenca gli elementi che non possono mancare. Le fonti normative di riferimento sono l’art. 6 D.Lgs. 218/1997 per l’adesione e l’art. 47–52 D.Lgs. 546/1992 per il processo tributario (e le regole generali della notificazione e del patrocinio). Inoltre, in caso di adesione antecedente al ricorso, va indicato esplicitamente di aver rinunciato al termine di decadenza con l’istanza e di aver presentato la domanda entro termini.

5. Esempi pratici (simulazioni)

Esempio IRPEF. Un libero professionista riceve un avviso di accertamento IRPEF per 10.000 € di maggiori imposte, con sanzioni pari al 30% (3.000 €) e interessi maturati 200 €. L’ufficio propone l’adesione: accetta di definire la lite su 10.000 € di imposta e ottenere la riduzione delle sanzioni a 1/3 (1.000 € anziché 3.000). L’atto di adesione richiede il versamento di 10.000 € (imposte) + 1.000 € (sanzioni ridotte) + 200 € (interessi) = 11.200 € totali, da pagare entro 20 giorni. Il contribuente ottiene quindi di risparmiare 2.000 € di sanzioni rispetto all’ipotesi iniziale. Se avesse invece optato per il ricorso e vinto completamente, avrebbe pagato 0 € (ma rischiava l’insuccesso). Se il ricorso fosse respinto, sarebbe stato condannato a pagare l’intero importo iniziale 10.000 + 3.000 + 200 = 13.200 €, ben più alto. Dunque l’adesione gli consente di bloccare subito la controversia con un esborso certo minore, in cambio della rinuncia a contestare ulteriormente l’avviso.

Esempio IVA. Una società di commercio viene giudicata inadempiente su 20.000 € di IVA non versata, con sanzioni del 30% (6.000 €). In sede di contraddittorio propone una “rateizzazione consensuale” (accertamento con adesione). L’accordo fissato dalle parti prevede il pagamento in 8 rate: imposte 20.000 € + sanzioni ridotte a 1.000 € (1/3 del minimo, ipotizzando sanzioni minime) = 21.000 € complessivi, con prima rata da versare subito. Se l’azienda non riuscisse a pagare e il ricorso fosse in seguito accettato, l’IVA evasa verrebbe annullata; ma se respinto, pagherebbe l’intero pacchetto 26.000 € (IVA + sanzioni totali) oltre a possibili maggiorazioni. Dal punto di vista procedurale, dopo aver firmato l’adesione la società non potrà ricorrere contro l’avviso originario (Cass. 26618/2024).

Esempio IRES. Una S.r.l. contestata sulle imposte sui redditi per 50.000 € decide di adire all’adesione. Supponiamo che, concordando alcuni elementi, si arrivi a rideterminare l’imponibile a 40.000 € (riduzione di 10.000 €) e che l’Agenzia conceda la riduzione sanzioni a 1/3. Le somme da pagare diventano 40.000 € (imposte) + 1/3 delle sanzioni minime previste. L’impatto concreto dipende dai tributi: se la sanzione minima fosse ad esempio 20% (8.000 €), a 1/3 sarebbe circa 2.667 €. Complessivamente il carico sarebbe circa 42.667 €, rispetto ai 50.000 + 8.000 = 58.000 € originari. Accettando l’adesione la società limita i rischi e riduce la controversia.

Questi esempi evidenziano come l’adesione sospende il contenzioso (evitando il giudizio) a fronte di significative agevolazioni, ma vincola il contribuente al pagamento concordato. Di conseguenza, la decisione tra adesione e ricorso va ponderata caso per caso, considerando la solidità delle proprie ragioni, il costo della lite e i benefici immediati (riduzioni e rateazioni).

6. Tabelle riepilogative

AspettoAccertamento con adesioneRicorso tributario
Termine di presentazioneIstanze entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (o anche prima della notifica, se previste verifiche)Ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Senza istanza di adesione, nessuna sospensione straordinaria.
Sospensione terminiDalla domanda di adesione scattano 90 giorni di sospensione dei termini di ricorso e pagamento.No sospensione aggiuntiva: vige il termine ordinario di 60 giorni (più eventuale sospensione estiva).
Riduzione sanzioniSanzioni amministrative ridotte a 1/3 del minimo (di legge) se accordo perfezionato.Nessuna riduzione automatica (salvo indennizzo ex art. 15 D. Lgs. 218/97 in caso di acquiescenza).
Effetti sull’atto impugnatoL’avviso perde efficacia solo all’atto del perfezionamento (pagamento); dopo firma, Cassazione vieta impugnazioni.L’atto resta efficace fino alla sentenza; se ricorso accolto, il giudice può annullarlo totalmente o parzialmente (con eventuale condanna dell’Agenzia al rimborso).
VantaggiDefinizione consensuale con benefici (sconti, dilazioni); processo eliminato; prevedibilità del risultato.Possibilità di ottenere l’annullamento dell’atto e il recupero delle somme versate in eccesso; tutelare posizioni legalmente infondate.
SvantaggiNessun ius poenitendi: rinuncia all’impugnazione una volta sottoscritto; obbligo di pagare l’importo concordato; se non perfezionato, si ritornano ad oneri pienamente sanzionati.Rischio di soccombenza: in caso di rigetto si pagano imposte, sanzioni e interessi integrali; costi e tempi del processo; contributo unificato e parcelle (in caso di importo elevato).

Tabelle come questa aiutano a comparare procedure alternative. Ad esempio, mentre l’adesione garantisce uno sconto sulle sanzioni e tempi brevi, il ricorso offre la chance di veder annullati interamente gli importi accertati (se l’atto è nullo o infondato). Tuttavia, come sottolineato, il contribuente che sceglie l’adesione rifiuta tacitamente la via giudiziale, e viceversa.

7. Domande e risposte frequenti

  • Posso impugnare un avviso di accertamento dopo aver firmato l’adesione?
    No. La Cassazione è chiara: la sottoscrizione dell’atto di adesione preclude ogni impugnazione dell’avviso originario. L’adesione definisce definitivamente il rapporto tributario, che non può essere revocato unilateralmente dal contribuente.
  • E se ho firmato ma non ho pagato ancora (oppure ho pagato solo la prima rata)?
    Secondo la Corte, neppure in questa situazione il contribuente può “ripensarci”. L’art. 9 D.Lgs. 218/97 stabilisce che la definizione è perfezionata solo col pagamento integrale o della prima rata+garanzia, ma Cass. 26618/2024 tiene fermo il principio che già la firma rende il ricorso improcedibile. In altri termini, fin dal momento della sottoscrizione l’accordo vincola il contribuente; semmai, la mancata esecuzione da parte sua libera l’ufficio dall’adesione e riattiva le somme originali, ma non attribuisce al contribuente il diritto di impugnare.
  • Cosa succede se l’adesione non si perfeziona (non pago nulla)?
    L’avviso resta pienamente efficace. Pertanto, in tempi utili (entro 60 giorni dalla notifica) occorre presentare un ricorso tributario presso la Commissione provinciale. Nel ricorso sarà possibile sollevare anche i vizi (ad es. difetti del contraddittorio) che hanno inficiano la procedura di adesione. Se non si impugna l’avviso, questo diventa definitivo (e verrà affidato alla riscossione coattiva).
  • Posso denunciare in giudizio vizi commessi durante l’adesione?
    Sì, ma solo impugnando l’avviso. Infatti, anche se l’adesione non si perfeziona, la giurisprudenza impone di contestare l’atto originario nei termini. In quella sede si potranno esporre irregolarità della procedura di adesione (ad es. difetto di comunicazioni), ma ciò vale solo se si è tempestivamente proposto ricorso.
  • Come influisce la rateizzazione sul ricorso?
    La rateazione (fino a 8 rate) non sospende l’effetto vincolante dell’adesione. Una volta concordato il pagamento dilazionato, l’atto impositivo rimane definito dall’accordo. In altre parole, se si paga la prima rata e si deposita garanzia, l’avviso decade. Ma come detto, la Corte esclude comunque un “diritto di recesso”: firmare e iniziare a pagare esclude l’impugnazione anche se non si arriva all’ultima rata.
  • Cosa cambia impugnare l’atto dopo un’adesione fallita?
    Se l’accordo è fallito, il ricorso diventa la via normale. Bisogna però ricordare che, avendo presentato istanza di adesione, il contribuente avrà perso le riduzioni sanzionatorie legate alla stessa. Perciò, in caso di rifiuto dell’adesione, conviene valutare subito se proseguire in giudizio: il ricorso deve essere notificato al più presto (scaduto il termine dei 90 giorni di sospensione), altrimenti l’avviso diventa definitivo.
  • Quali leggi e decisioni devo citare nel ricorso?
    Nel corpo del ricorso o delle memorie illustrative è opportuno richiamare le disposizioni che regolano l’adesione (D.Lgs. 218/1997, art. 6 e segg.) e quelle processuali (D.Lgs. 546/1992, art. 21, 47 e segg.). Vanno citati anche eventuali interventi della giurisprudenza, come Cass. 26618/2024 sul divieto di recesso, o sentenze recenti che abbiano confermato i vizi lamentati.
  • Ci sono novità dopo il 2023 da tenere d’occhio?
    Come detto, dal 2024 il ricorso è possibile senza mediazione preventivamente. Di recente, inoltre, sono state emanate circolari e risoluzioni che precisano l’operatività di talune procedure (ad esempio l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato faq e chiarimenti sul contraddittorio e sulla definizione agevolata, v. circolari n. 6/E/2024 e n. 22/E/2024). È consigliabile verificarne i contenuti aggiornati per ogni specifica fattispecie.

Queste domande frequenti riassumono i dubbi principali: in generale, una volta avviata l’adesione il contribuente deve scegliere con consapevolezza se chiudere definitivamente l’iter pagando quanto concordato, o rinunciare all’accordo e tornare al ricorso in Tribunale. La giurisprudenza è ormai consolidata nel tratto che decisione è irrevocabile, pertanto ogni mossa va ponderata preliminarmente.

8. Fonti normative e giurisprudenziali

  • Normativa primaria
    • D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 (artt. 1-9) – “Disposizioni in materia di accertamento con adesione” (Regolamento).
    • D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (artt. 2, 6-10, 21, 47 e ss.) – “Norme sul processo tributario”.
    • L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) – art. 6-bis, sul contraddittorio preventivo (modificato dal D.Lgs. 219/2023).
    • D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 – “Attuazione della delega per la riforma del processo tributario” (abolizione reclamo-mediazione).
    • D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 95, art. 5 – modifica termini impugnazione (rif. tempi).
    • D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 – modifiche alla disciplina dell’accertamento (applicazione da 30/4/2024).
    • D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – artt. 63, 182-ter (transazione fiscale nel concordato).
  • Normativa secondaria e circolari
    • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (art. 60, commi 1-2) – termini di versamento IVA.
    • Provvedimenti MEF/AdE (ad es. circolari AdE n. 35/E/2018, n. 22/E/2024) su accertamenti, adesione, contraddittorio.
  • Giurisprudenza
    • Cass. civ., Sez. trib., ord. n. 26618 del 14/10/2024 – “La firma dell’atto di adesione preclude l’impugnazione”.
    • Cass. Sez. trib., ord. n. 15980/2020 – principio di irreversibilità dell’adesione.
    • Cass. Sez. trib., nn. 29183/2019, 3368/2012, 23776/2015, 13143/2018 – sulla definizione perfezionata e efficacia dell’avviso.
    • Cass. Sez. trib., n. 474/2018 e SS.UU. 3676/2010 – statuto del contribuente e contraddittorio.
    • Sentenze e ordinanze delle CT minor (es. CTP Napoli 5/7/2022) – penalizzazioni sanzionatorie dell’adesione abortita; sospensione del termine in caso di mancata comparizione (Cass. 17946/2022).

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L’accertamento con adesione è una forma di accordo con il Fisco che comporta la rinuncia al ricorso. Tuttavia, in alcuni casi è ancora possibile impugnare l’atto o difendersi in modo strategico, ad esempio per vizi di forma o violazioni gravi.
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📑 Controlla se l’adesione è stata firmata sotto costrizione, senza informazioni complete o con dati errati
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✍️ Ti assiste nella gestione di nuove cartelle o iscrizioni a ruolo successive all’adesione
🔁 Ti tutela nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate e nell’eventuale rateizzazione

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in accertamenti fiscali e contenzioso tributario
✔️ Difensore in controversie con l’Agenzia Entrate e l’Agenzia Entrate-Riscossione
✔️ Consulente legale per imprenditori, professionisti e contribuenti privati
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Anche dopo l’accertamento con adesione possono emergere profili di illegittimità che giustificano una difesa.
Con l’assistenza legale giusta puoi valutare ogni possibilità residua e tutelare i tuoi interessi fiscali.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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