Piano Del Consumatore: La Durata Massima

Hai presentato un Piano del Consumatore, ma ora ti stai chiedendo quanto a lungo può restare attivo prima di dover terminare tutto? Ti preoccupa che i tempi si stiano allungando e vuoi sapere fino a quando hai diritto alla sospensione delle azioni dei creditori?

Il Piano del Consumatore è uno strumento potente per ripianare i debiti in modo sostenibile, con equilibrio tra le tue possibilità e i diritti dei creditori. Ma non è eterno: esistono limiti temporali precisi che devi conoscere per non rischiare di perdere la protezione.

Qual è la durata massima del Piano del Consumatore?

Il Piano ha una durata massima di 60 mesi, cioè 5 anni. Questo periodo rappresenta il tempo entro cui devi aver versato tutte le rate previste e concluso la procedura, a meno che non ci siano motivi eccezionali.

Cosa succede se non riesci a rispettare la durata prevista?

Se al termine dei 60 mesi non hai completato i pagamenti, il Piano può essere revocato dal giudice, con conseguente riattivazione delle azioni dei creditori (pignoramenti, segnalazioni, ipoteche). Però: se puoi dimostrare un rallentamento derivante da cause oggettive (perdita del lavoro, malattia, eventi straordinari), puoi chiedere una proroga motivata.

Il giudice può accordare una proroga una sola volta, fino a un massimo di ulteriori 12 mesi, portando la durata totale a 72 mesi se la situazione lo giustifica.

Cosa devi fare per evitare la revoca del Piano?

  • Segui scrupolosamente il calendario delle rate e rispetta le scadenze
  • Conserva tutte le prove di eventuali ritardi non volontari (certificati medici, licenziamenti, ecc.)
  • Rivolgiti immediatamente a un avvocato se temi di non farcela: può aiutarti a predisporre una istanza di proroga ben motivata, da presentare con congruo anticipo

In sintesi:

Il Piano dura fino a 5 anni, prorogabili una sola volta per altri 12 mesi, ma solo se riesci a dimostrare ragioni serie che ti hanno impedito di rispettare i termini originari.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e protezione patrimoniale – ti spiega la durata massima del Piano del Consumatore, quando è possibile chiedere una proroga e come possiamo aiutarti a gestire i tempi in modo efficace e sicuro.

Hai bisogno di prorogare il Piano o temi di non riuscire a completarlo? Vuoi evitare la revoca e la riapertura delle azioni dei creditori?

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Introduzione

Il piano del consumatore è uno strumento di composizione della crisi da sovraindebitamento previsto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n.14, CCII), che ha recepito e aggiornato la precedente legge n.3/2012 (c.d. legge “salva-suicidi”). La procedura è riservata al consumatore, ossia al soggetto (persona fisica) che ha contratto debiti non riconducibili a un’attività imprenditoriale o professionale.

Secondo gli articoli 65-73 del CCII, il consumatore sovraindebitato – cioè in una situazione di crisi e insolvenza finanziaria – può proporre al Tribunale un piano di ristrutturazione dei debiti che prevede pagamenti dilazionati ai creditori. L’Organismo di composizione della crisi (OCC) valuta la fattibilità e, se ritenuta meritevole, il Tribunale può omologare il piano rendendolo esecutivo. Al termine del piano il consumatore ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). In sintesi, lo scopo del piano è consentire al debitore di pagare in modo sostenibile una parte dei propri debiti, salvaguardando al contempo i diritti dei creditori secondo criteri equi e proporzionali.

Tutte le tipologie di debito possono teoricamente rientrare nel piano del consumatore: debiti fiscali ed erariali (cartelle Equitalia/Agenzia delle Entrate, contributi INPS, etc.), debiti bancari e finanziari (prestiti personali, scoperti di conto, carte di credito, leasing), debiti personali e civili. Debiti dotati di garanzie reali (mutui ipotecari, pegni) sono considerati credenze privilegiate: il piano può prevedere il loro pagamento dilazionato, ma in genere si richiede che il creditore privilegiato venga soddisfatto almeno per il valore realizzabile dalle garanzie (il Tribunale valuta che non sia trattato peggio di quanto otterrebbe in liquidazione). Debiti senza garanzie (chirografari) vengono pagati in percentuale omogenea. In ogni caso, l’omologazione del piano blocca i pignoramenti in corso per i debiti inclusi (v. infra).

Durata del piano: il profilo normativo

Il Codice della crisi non fissa un termine massimo predeterminato per la durata del piano del consumatore. Né la legge n.3/2012 né il D.lgs.14/2019 contengono un articolo che imponga un caposaldo temporale al piano stesso. L’art.8, comma 4, l.3/2012 – richiamata dal CCII – stabiliva un termine breve (1 anno) per l’adempimento di crediti privilegiati in sede di accordo di composizione della crisi, ma non si applica al piano del consumatore (che peraltro non è soggetto al voto dei creditori). Non esiste quindi nella normativa vigente un limite legale di 5 o 7 anni: la durata del piano è affidata alla fattibilità economica e alla sostenibilità del piano stesso, valutata caso per caso.

Questa lacuna legislativa ha portato a interpretazioni divergenti in passato: alcuni Tribunali di merito avevano applicato analogie con la durata del concordato preventivo (in genere 5 anni) come parametro di riferimento implicito. Altri Tribunali, più favorevoli al debitore, hanno omologato piani pluriennali anche ben oltre cinque anni, ritenendo che non vi sia «alcun termine fisso».

In sintesi: la legge non pone alcun tetto predeterminato di anni per il piano del consumatore. Occorre tuttavia sempre verificare la fattibilità economica del piano e la convenienza per i creditori; in pratica, un piano di durata eccessivamente lunga va giustificato in giudizio (il debitore dimostra perché sia sostenibile) e può essere impugnato dai creditori se reputato ingiustamente svantaggioso per loro.

Giurisprudenza – Principi chiave sulla durata

La giurisprudenza più autorevole (Cassazione) ha recentemente chiarito che non vanno automaticamente rigettati piani pluriennali. Anzi, la Corte di Cassazione ha affermato che non esistono limiti intrinseci alla durata del piano del consumatore e che non si può escludere a priori che un dilazione di pagamenti oltre 5 anni non sia conveniente per i creditori. In particolare:

  • Cass. Civile, sez. I, ord. n. 27544/2019 (28 ott. 2019): prima pronuncia significativa sul punto. La Corte, appellandosi al principio della “second chance”, ha statuito che “non sono previsti limiti alla durata del Piano del consumatore che può superare i 5 anni”. Tale ordinanza ha cassato una decisione di merito che aveva ritenuto eccessiva una dilazione di quasi 12 anni. La Cassazione ha condiviso la sentenza Cass. n.17834/2019 – che già ammetteva pagamenti ultrannuali anche per piani del consumatore – osservando che un “termine di ragionevole durata” (5 anni) ricavato dal concordato preventivo non è automaticamente trasferibile al piano del consumatore. Si sottolinea in Cass. 27544/2019 che l’interpretazione restrittiva che considera illegittimo “tout court” ogni pagamento ultrannuale deve essere evitata. In altre parole, la Corte non impone limiti statici: spetta al giudice del merito (e soprattutto ai creditori tramite opposizione o voto) valutare se il piano è equo e praticabile.
  • Cass. Civile, sez. VI, ord. n. 17391/2020 (20 ago. 2020): questa decisione conferma il principio generale sopra esposto, applicandolo in un caso di debito ipotecario. La Corte precisa che anche i crediti privilegiati ipotecari possono essere oggetto di dilazione pluriennale (oltre il termine di 1 anno fissato per legge), a condizione che i titolari di tali crediti abbiano il diritto di voto nel piano. In concreto, se il debitore propone un piano con rateizzazione a 5 anni per un mutuo (cred. prelatizio), ciò è ammissibile purché la banca ipotecaria possa valutare e votare la convenienza della proposta. Questa sentenza scardina la tesi per cui il pagamento di un mutuo sarebbe limitato a 1 anno senza possibilità di voto: la dilazione pluriennale è legittima, ma comporta il voto del creditore privilegiato.
  • Cass. Civile, sez. I, ord. n. 34150/2024 (23 dic. 2024): confermando i principi precedenti, la Corte ha chiarito espressamente che nei piani del consumatore è sempre ammissibile prevedere una dilazione di pagamento dei crediti prelatizi oltre 1 anno, a patto di prevedere il diritto di voto o comunque la partecipazione dei creditori sulla proposta. Anzi, la Cassazione sottolinea che tale dilazione “anche se di lunga durata non pone problemi di fattibilità giuridica, ma influisce solo sulla valutazione di convenienza dei creditori”. Viceversa, se il piano prevede soltanto una moratoria infrannuale (dilazione breve entro l’anno), allora non serve alcun voto aggiuntivo e i creditori non possono opporsi sulla base della durata. In buona sostanza, Cass. 34150/2024 ribadisce che la durata del piano non è di per sé causa di diniego: ciò che conta è che i creditori privilegiati non siano penalizzati senza poter votare la proposta.
  • Altri pronunce di merito: i Tribunali di prima istanza hanno seguito indirizzi differenziati. Alcuni hanno omologato piani con dilazioni molto lunghe (10, 20 anni o più) perché il valore del patrimonio del debitore sarebbe stato comunque insufficiente a soddisfare i creditori via esecuzione. Ad es., il Trib. di Como (24.5.2018) ha omologato un piano di 20 anni e il Trib. di Catania (2016) piani fino a 30 anni. Altri Tribunali (Rovigo, Milano, Latina) avevano invece fissato il tetto in circa 5 anni, ritenendolo “ragionevole”. Dopo le Cassazioni recenti, però, l’orientamento maggioritario considera non più esistente alcun limite implicito di 5 anni (tale principio è ora vincolante per gli uffici giudiziari).

Tabella riepilogativa di alcuni casi giurisprudenziali

Giudice (anno)Durata Piano (anni)Risultato/Osservazioni
Trib. Como (2018)20Piano omologato, nessun impianto di illegittimità
Trib. Catania (2016)20–30Vari piani pluridecennali omologati
Trib. Napoli (2017)10Piano omologato fino a 10 anni
Trib. Rovigo (2016)5Piano respinto, giudicato superiore a 5 anni
Trib. Milano (2016)5Piano respinto, limite 5 anni (analogia concordato)
Trib. Latina (2019)9Piano rigettato come “eccessiva durata”
Cass. 27544/2019>5 (es. 12)Piano di ~12 anni ritenuto omologabile: “>5 anni possibile”
Cass. 17391/20205 (mutuo ipot.)Consentita dilazione 5 anni per mutuo, previa votazione
Cass. 34150/2024oltre 1 (prelatizi)Ribadita ammissibilità di ogni dilazione, purché votino i creditori

Effetti sui debiti inclusi e sulle garanzie

  • Debiti fiscali e contributivi: Possono essere inseriti nel piano in forma totale o parziale. Ad esempio, il piano può prevedere il pagamento di una percentuale dei debiti erariali pari a quanto otterrebbero in caso di vendita forzata del patrimonio (criterio del dividendo realizabile). In casi di grave insolvenza l’Agenzia delle Entrate-Riscossione in passato ha ammesso riduzioni anche marcate (fino quasi allo stralcio) quando il debitore è incapiente. I crediti tributari privilegiati (Imposte dirette, IVA) devono comunque ricevere almeno un dividendo pari al realizzo dei beni gravati dal privilegio, al fine di non essere svantaggiati rispetto alla liquidazione.
  • Debiti bancari e finanziari: Vengono inclusi tutti i crediti di banca (mutui, prestiti personali, scoperti di conto, cessioni del quinto, leasing, ecc.). In genere, le banche non votano sul piano ma possono esprimere osservazioni. La legge blocca immediatamente i pignoramenti in corso per quei crediti all’omologazione: il debitore, pagherà solo la quota prevista dal piano (ad es. un certo % di capitale), mentre gli interessi di mora si congelano. I crediti ipotecari (mutui) richiedono attenzione specifica: la Cassazione ha confermato che è lecito diluirne il pagamento per molti anni se il creditore ipotecario può votare. Spesso il piano prevede il pagamento di rate (capitali e interessi) senza modificare l’ipoteca; il giudice verifica che la somma sia sostenibile e che l’ipoteca non venga depauperata oltre misura.
  • Debiti personali e civili: Comprendono obbligazioni contratte per spese personali, familiari, contratti di mutuo per esigenze private senza attività d’impresa, etc. Come tali, possono essere trattati liberamente nel piano, con eventuale stralcio o riduzione.
  • Importante: Inserire i debiti nel piano comporta il blocco (sospensione) di qualsiasi esecuzione forzata su quei debiti (pignoramenti mobiliare/immobiliare, azioni cautelari). Allo stesso tempo, il piano presuppone che il debitore impieghi nel piano stesso tutti i redditi e beni eccedenti quelli necessari al sostentamento (c.d. patrimonio residuo e reddito disponibile). L’OCC deve stimare la capacità di pagamento del debitore e solitamente richiede consegna di cedolini paga o altri documenti.

Confronto con altri strumenti (a fini di durata)

È utile distinguere il piano del consumatore da strumenti analoghi a titolo:

  • Liquidazione del patrimonio/residuo (già “liquidazione controllata”): procedure alternative nel precedente ordinamento, sostanzialmente liquidavano i beni del consumatore senza possibilità di rateizzazione. Con il Codice attuale, la liquidazione controllata (artt.75-92 CCII) si applica più spesso a imprenditori in fallimento sotto soglie, mentre al consumatore rimane la possibilità (art. 67, co.4, lett. b) di sospendere il mutuo ipotecario per 18 mesi (moratoria mutui). Tale moratoria è differente dal piano: è un rinvio breve dell’ipoteca e non un piano rateale; non impatta la “durata massima” del piano in senso stretto.
  • Concordato minore (artt. 67-73 CCII per piccoli imprenditori): questo strumento, riservato a imprenditori in difficoltà di piccole dimensioni, anch’esso non prevede un termine fisso: la durata del concordato preventivo (o minore) non è legalmente predeterminata e spesso comporta pagamenti pluriennali. La novità del Codice è che l’accordo con i creditori (piano del concordato) può durare più di 5 anni se i creditori lo approvano (analogo principio citato dalla Cassazione per il consumatore). In pratica, dal punto di vista della durata, il piano del consumatore non è penalizzato rispetto ad altri strumenti: tutti puntano sulla flessibilità temporale.
  • Piano attestato di risanamento (imprenditori in crisi senza insolvenza): è un precedente di diritto commerciale, ma anche in esso non esiste un limite massimo esplicito; si procede comunque in tempi ragionevoli e di solito meno di 5 anni per chi rientra nel mercato. Tuttavia, esso non rientra direttamente nella disciplina del consumatore e ha criteri diversi (più rigidi).

In sintesi, nessuno strumento concorsuale (piano consumatore, concordato, accordi privati) fissa a priori una “durata massima” rigida. Ciò che conta è sempre la sostenibilità del piano e il consenso dei creditori.

Domande frequenti (Q&A)

  • D: Esiste un termine massimo per il pagamento dei debiti nel piano del consumatore?
    R: No, la legge non prevede un “termine ultimo” per la durata del piano. È il giudice, con l’aiuto dell’OCC e delle osservazioni dei creditori, a valutare la durata opportuna in concreto.
  • D: Posso fare un piano che duri più di 5 anni?
    R: Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito che una durata superiore a cinque anni non è di per sé motivo di diniego del piano. Anzi, piani ultradecennali sono stati omologati quando risultavano più tutelanti per i creditori (es. permettono di pagare integralmente un debito in più anni anziché vendere a saldo il patrimonio).
  • D: E se ho un mutuo con pignoramento sulla casa?
    R: Puoi inserire il mutuo nel piano e chiedere rate più lunghe. La Cassazione ha precisato che è legittimo dilazionare il pagamento di crediti ipotecari anche oltre un anno, purché alla banca sia garantito il diritto di voto sul piano. In pratica, se proponi di rimborsare il mutuo in 5–10 anni anziché 1, il giudice controllerà che la banca possa esprimere il proprio voto: se lo ritiene svantaggioso, i creditori (la banca) potrebbero bocciare il piano. Se invece il piano prevede solo una moratoria breve (posticipo di qualche mese), non serve alcun voto.
  • D: Cosa succede se il debitore non rispetta la durata del piano?
    R: In fase di omologazione il giudice normalmente impone condizioni, ad esempio stanziando acconti sull’OCC e verificando periodicamente il piano. L’inadempimento grave può comportare la revoca del piano (e il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione). Tuttavia, la Cassazione (Cass. 34150/2024) ha precisato che il controllo giudiziario su una dilazione ultrannuale ha senso solo sul profilo della convenienza (il debitore segue regolarmente il piano, la questione è solo se durerà tanti anni). Il giudice non chiude il piano per durata troppo lunga, ma valuta fattibilità e meritevolezza complessivamente.
  • D: In che modo il piano del consumatore si differenzia dalla “liquidazione del reddito futuro” introdotta dal CCII?
    R: La “liquidazione controllata” (cd. liquidazione del patrimonio/reddito) è uno strumento simile al piano, anch’esso previsto dal CCII per il consumatore. La differenza sostanziale è procedurale: nel piano il debitore rimane soggetto attivo che paga rate ai creditori, mentre nella liquidazione il patrimonio/debiti viene gestito da un liquidatore. Per quanto riguarda la durata, il CCII ora prevede che la liquidazione termini al massimo in 3 anni (sostituendo la vecchia “liquidazione del patrimonio”). Nel piano del consumatore, invece, non c’è un limite di 3 anni: la durata è decisa come detto dal giudice. In pratica, se il debitore ha redditi bassi, spesso si adopera il piano; se ha un patrimonio (o futuro reddito costante) superiore, potrebbe venir proposta la liquidazione (max 3 anni) che porta comunque all’esdebitazione del residuo.

Simulazioni pratiche

  1. Caso “Debiti bancari e fiscali”: Mario, lavoratore dipendente, ha accumulato €50.000 di debiti bancari (prestiti personali e carte) e €20.000 di cartelle esattoriali. Non possiede immobili, ma ha reddito netto mensile di €1.500, redditi modesti e un affitto da pagare. Propone un piano di 6 anni in cui paga alle banche circa €600/mese e all’Agenzia delle Entrate-Riscossione €200/mese, congelando gli interessi fino alla fine del piano. L’OCC redige la relazione e il Tribunale omologa il piano perché la proposta supera il valore realizzabile vendendo gli eventuali beni (nulla in questo caso). Dopo 6 anni Mario avrà pagato parte dei debiti e la restante parte sarà cancellata con l’esdebitazione. In questo esempio la durata (6 anni) è superiore a 5 ma è stata considerata congrua ai sensi di Cass. 27544/19.
  2. Caso “Mutuo e voto dei creditori”: Giulia, casalinga, deve €100.000 di mutuo ipotecario sulla casa, oltre €10.000 di debiti personali. Il piano proposto prevede di rimborsare il mutuo in 8 anni (ripagando capitale e interessi sospesi). La banca chiede votazione. Secondo Cass. 34150/2024 e Cass. 17391/2020, Giulia può dilazionare liberamente anche oltre 1 anno, a patto che la banca voti la proposta; in assenza di voto, il giudice potrebbe considerarla non fattibile dal punto di vista economico. Nel nostro caso, il Tribunale avvisa la banca di esprimere voto. Se la banca ritiene che otterrà di più dal piano (ad es. tutti gli €100k in 8 anni vs. magari solo i 2/3 vendendo casa), darà l’assenso. Se invece considera che 8 anni sono troppi, potrebbe opporsi.
  3. Caso “Durata pluridecennale”: Luca, pensionato, ha vari debiti: €30.000 al consumatore (acquisti rateali), €50.000 contratti come garante per un figlio imprenditore fallito, e €20.000 di cartelle esattoriali. Non ha proprietà di valore. Propone un piano di 20 anni con rate molto contenute. In passato alcuni Tribunali avrebbero rigettato tale piano (ritenendolo irragionevole). Oggi, sulla base di Cass. 27544/2019, il piano non è escluso in partenza: il Tribunale lo valuta con prudenza. L’OCC deve dimostrare che anche con 20 anni di dilazione i creditori privati (che in gran parte non avranno contropartite reali) riceveranno quanto o più di quanto avrebbero ottenuto vendendo l’unico bene di Luca (un’auto di scarso valore). Se sì, il piano può essere omologato. In pratica, con la prassi attuale, Luca potrebbe ottenere l’omologa a 20 anni, soprattutto perché i creditori (in questo caso es. aziende di credito al consumo e Agenzia Entrate) possono accettare il piano mediante votazione.
  4. Caso “Cambio di scenario”: Maria aveva un piano del consumatore di durata 7 anni omologato nel 2018. Dopo 3 anni perde il lavoro e non riesce più a pagare regolarmente. Presenta un reclamo chiedendo di rinegoziare il piano e portarlo a 10 anni. Il Tribunale valuta che il nuovo piano potrebbe essere ammissibile (non c’è divieto di modificare la durata più volte), ma richiede all’OCC di redigere una nuova attestazione di fattibilità sulla base dei nuovi redditi. La Corte, se dovesse decidere sul merito, considererebbe che non c’è norma che vieta di prolungare il piano; tuttavia la riformulazione richiede nuovo consenso dell’OCC e potenzialmente dei creditori.

Fonti normative, giurisprudenza e dottrina

  • Normativa: D.lgs. 12/1/2019, n.14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 65-73, 71-72) e Legge 3/2012; D.M. 24/9/2014, n.202 (OCC); eventuale D.lgs. 136/2024 (correttivo definizione consumatore).
  • Giurisprudenza: Corte di Cassazione (ord. civ., sez. I, 28 ott. 2019 n. 27544; ord. civ., sez. I, 26 sett. 2022 n. 28013; ord. civ., sez. VI, 20 ago. 2020 n. 17391; ord. civ., sez. I, 23 dic. 2024 n. 34150; Cass. 3 lug. 2019 n. 17834, e altre), Tribunale (ex multis: Rovigo 13.12.2016, Milano 27.11.2016, Latina 26.9.2019, Napoli 18.2.2017, Como 24.5.2018, Catania 2016, Bari 16.12.2024, etc.).

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