Piano Del Consumatore E Debiti Tributari E Promiscui: La Guida

Hai troppi debiti, anche con il Fisco, e ti stai chiedendo se puoi risolverli con un Piano del Consumatore? Ti preoccupano cartelle esattoriali, bollette, finanziamenti, magari tutti insieme, e temi che non esista una via d’uscita legale e sostenibile?

Il Piano del Consumatore è una procedura pensata proprio per chi si trova in grave difficoltà economica ma ha debiti di varia natura, anche con l’Agenzia delle Entrate o con Equitalia/Agenzia Entrate-Riscossione. Non serve l’accordo dei creditori, ma è il Tribunale a decidere se approvare il piano proposto. Ed è proprio questo il suo punto di forza.

Ma si possono includere anche i debiti tributari nel Piano del Consumatore?

Sì, ed è una delle sue funzioni principali. Con un piano ben strutturato, è possibile gestire e rateizzare cartelle esattoriali, IVA, IRPEF, IMU, multe e altri tributi, anche se già scaduti, magari oggetto di notifiche e atti esecutivi. Il tutto con una proposta che tiene conto della tua effettiva capacità economica, senza che tu debba garantire beni o firmare nuovi finanziamenti.

E se i debiti sono misti, cioè con banche, privati, utenze e Fisco insieme?

Anche in quel caso il Piano del Consumatore è lo strumento giusto. Si parla di debiti promiscui, e la procedura permette di trattarli in un unico piano approvato dal giudice. In questo modo puoi uscire dal sovraindebitamento senza dover affrontare mille trattative separate, bloccando nel frattempo ogni azione esecutiva, pignoramento o sollecito.

Quali sono i requisiti per accedere al Piano del Consumatore?

Devi essere un consumatore, cioè una persona fisica che ha contratto i debiti non per attività imprenditoriali o professionali. Puoi avere anche un piccolo reddito o un patrimonio limitato: conta la tua disponibilità a rientrare nei limiti del possibile, con una proposta seria, credibile e sostenibile.

E se non riesco a pagare tutti i debiti per intero?

Non è necessario rimborsarli al 100%. Il piano può prevedere una riduzione parziale dei debiti (quello che puoi pagare lo paghi, il resto viene stralciato), purché tu dimostri di non avere agito con colpa grave o dolo. Il giudice valuterà la buona fede e la sostenibilità del piano.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, crisi da debiti e diritto tributario – ti spiega come funziona il Piano del Consumatore in caso di debiti con il Fisco e debiti promiscui, quali sono i vantaggi concreti e come possiamo aiutarti a uscire dalla crisi con una strategia legale e su misura.

Hai debiti con l’Agenzia delle Entrate e non riesci più a pagare finanziarie, utenze o mutuo? Vuoi sapere se puoi azzerare tutto con un unico piano?

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Introduzione

Il piano del consumatore è uno strumento giuridico previsto dall’ordinamento italiano per consentire alle persone fisiche sovraindebitate (cioè incapaci di far fronte ai propri debiti) di ristrutturare le obbligazioni e ottenere, a determinate condizioni, la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione). Si tratta di una procedura concepita originariamente dalla Legge 3/2012 (la cosiddetta “legge salva-suicidi”) e oggi regolata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), entrato pienamente in vigore nel 2022 e successivamente modificato (da ultimo col Decreto Correttivo Ter D.Lgs. 136/2024). In questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamineremo in dettaglio il funzionamento del piano del consumatore dal punto di vista del debitore. Il taglio sarà divulgativo ma rigoroso, con riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati.

Particolare attenzione sarà dedicata a due categorie di debiti delicati nel contesto del piano: i debiti tributari (imposte, tasse, contributi previdenziali) e i debiti promiscui (situazioni miste in cui il debitore ha esposizioni sia personali che derivanti da attività d’impresa o professionale). È fondamentale infatti capire come il piano del consumatore tratti questi debiti, quali limiti e opportunità offra, e come la normativa attuale (Codice della crisi) e la precedente (Legge 3/2012) li considerino.

La guida è strutturata in capitoli chiari e organizzati: inizieremo dalle definizioni essenziali di consumatore e sovraindebitamento, delineando l’ambito di applicazione della procedura. Poi illustreremo i requisiti di accesso (soggettivi e oggettivi), il funzionamento pratico del piano (dalla presentazione alla omologazione), e il trattamento di tutte le categorie di debiti rilevanti (debiti garantiti, chirografari, fiscali, previdenziali, ecc.). Approfondiremo in particolare le norme speciali sui debiti fiscali (come la possibilità di proporre pagamenti parziali, c.d. falcidia, e i limiti su IVA e altri tributi) e la questione dei debiti promiscui, chiarendo cosa può (e non può) rientrare in un piano del consumatore secondo la giurisprudenza.

Saranno incluse tabelle riepilogative e simulazioni numeriche per rendere concreti i concetti (ad esempio, come distribuire le risorse tra i creditori e quale percentuale di soddisfacimento aspettarsi per ciascuna categoria di debito). Infine, una sezione di Domande frequenti (FAQ) risponderà ai quesiti più comuni (ad es. “Posso includere i debiti col Fisco? Posso salvare la casa? Cosa succede se non rispetto il piano?”).

Al termine troverete un elenco di fonti normative e giurisprudenziali utilizzate, così da poter approfondire ulteriormente ogni aspetto. Prepariamoci dunque ad esplorare nel dettaglio il piano del consumatore, uno strumento che, se ben compreso e utilizzato, può offrire una via d’uscita sostenibile dai debiti per molte famiglie, piccoli imprenditori e privati in difficoltà, equilibrando la tutela del debitore onesto con i diritti dei creditori.

Definizioni: consumatore e sovraindebitamento

Prima di addentrarci nella procedura, è essenziale chiarire chi possa definirsi consumatore ai fini di questa normativa e cosa si intenda per sovraindebitamento. Tali definizioni sono fornite dall’art. 2 del Codice della crisi (riprendendo in parte quelle già contenute nella Legge 3/2012) e delimitano il perimetro applicativo del piano del consumatore.

  • Consumatore: è la persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In altre parole, rientrano in questa categoria gli individui i cui debiti derivano da esigenze personali o familiari – ad esempio mutui per l’abitazione, prestiti al consumo, spese di sostentamento, acquisto di beni di consumo – e non da investimenti o spese legate a un’attività d’impresa, commerciale, artigianale o professionale. Questa definizione, oggi formalizzata all’art. 2, comma 1, lett. e) CCII, è stata ampliata rispetto alla formulazione originaria della L.3/2012. In passato infatti la legge definiva consumatore chi aveva assunto obbligazioni “esclusivamente” per scopi estranei all’attività professionale. Il Codice della crisi ha eliminato l’avverbio “esclusivamente”, riconoscendo che una persona può aver svolto un’attività d’impresa o essere stata socio di società, ed essere comunque consumatore limitatamente ai debiti estranei a tale attività. Ad esempio, lo conferma la norma stessa: sono ammessi come consumatori anche i soci illimitatamente responsabili di società di persone (snc, sas), purché intendano ristrutturare solo i debiti personali e non quelli societari. In sostanza, il consumatore ai fini del piano è il soggetto che intende regolare solo debiti di natura personale; eventuali obbligazioni derivanti da una passata attività imprenditoriale rimangono fuori da questa procedura (vedremo a breve le conseguenze di ciò, trattando i debiti promiscui).
  • Sovraindebitamento: il Codice della crisi ha introdotto definizioni più precise di stato di crisi e insolvenza anche per il sovraindebitamento. In termini generali, possiamo definire sovraindebitato il debitore (non fallibile) che si trova in una situazione di squilibrio finanziario grave, in cui le obbligazioni assunte superano largamente le risorse disponibili e non riesce più a pagarle regolarmente. Il CCII distingue lo stato di crisi (inadeguatezza prospettica dei flussi di cassa nei 12 mesi a pagare le obbligazioni in scadenza) dallo stato di insolvenza vero e proprio (incapacità attuale di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni). Ai fini pratici del piano del consumatore, non è strettamente necessario qualificare se il debitore sia “in crisi” o già “insolvente”: è sufficiente che versi in una condizione di difficoltà tale da non poter onorare i debiti pregressi. La legge parla di “sovraindebitamento” come della situazione di perdurante squilibrio tra i debiti e il patrimonio liquidabile/reddituale del debitore, tale da rendere impossibile pagare i debiti integralmente e con regolarità. In altre parole, il piano del consumatore è pensato per chi non ha accesso alle procedure concorsuali ordinarie (fallimento o concordato preventivo) e si trova “strozzato” dai debiti, in cerca di una soluzione per evitare il collasso economico personale.

È importante evidenziare che non tutti i debiti e non tutti i debitori rientrano in queste procedure. Ad esempio, restano esclusi dal sovraindebitamento gli imprenditori soggetti a fallimento (imprese medio-grandi oltre le soglie di legge) e in generale i soggetti che possono accedere alle procedure concorsuali maggiori. Viceversa, il sovraindebitamento abbraccia famiglie, consumatori, piccoli imprenditori “sotto-soglia”, professionisti, start-up innovative, agricoltori, enti non commerciali, ecc. – ossia l’universo dei debitori non fallibili. In questa guida ci concentreremo sul consumatore persona fisica, ma va ricordato che per gli altri soggetti non fallibili esistono procedure analoghe (come il concordato minore per piccoli imprenditori e società minori, o la liquidazione controllata). Di seguito forniamo un breve quadro d’insieme degli strumenti disponibili, per poi tornare specificamente al piano del consumatore.

Le procedure di sovraindebitamento nel Codice della crisi

Dal 15 luglio 2022 le procedure previste dalla Legge 3/2012 sono state assorbite e riviste nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). Oggi il sistema offre quattro strumenti principali per la regolazione del sovraindebitamento dei debitori civili (non soggetti a liquidazione giudiziale/fallimento):

  1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore – riservato esclusivamente ai consumatori (persone fisiche con debiti personali). Consiste in un piano di pagamento dei debiti, che può prevedere rimborsi parziali (falcidia) e/o rateizzazioni basate sulle effettive capacità economiche del debitore. Non richiede il consenso dei creditori (non c’è votazione), ma richiede l’omologazione da parte del tribunale sulla base di criteri di legge (verifica di fattibilità, meritevolezza e convenienza rispetto alla liquidazione). È la procedura al centro di questa guida.
  2. Concordato minore – destinato ai debitori non consumatori che comunque non possono fallire: ad esempio piccoli imprenditori commerciali sotto le soglie di fallibilità, imprenditori agricoli, start-up innovative, professionisti, società di persone o capitali “minori”. È una sorta di “mini-concordato preventivo”: il debitore propone un piano ai creditori che viene votato e approvato se ottiene la maggioranza (in percentuale di crediti) e poi omologato dal giudice. Può prevedere la continuazione dell’attività (concordato minore in continuità) oppure la liquidazione del patrimonio, ma in quest’ultimo caso è richiesta l’offerta di risorse aggiuntive esterne a beneficio dei creditori. Il concordato minore include i debiti d’impresa o professionali e si applica quando il debitore sovraindebitato non è un “consumatore puro”. Ad esempio, un piccolo imprenditore con debiti derivanti dall’attività utilizzerà il concordato minore (mentre un consumatore non può accedere al concordato minore, se non per aggirare il divieto di includere debiti consumeristici in quella sede).
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato – è la procedura liquidatoria (analoga al fallimento, ma per soggetti non fallibili). Viene nominato un liquidatore che vende i beni del debitore e ripartisce il ricavato tra i creditori secondo i privilegi. Può accedervi qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o meno), anche privo di capacità di proporre un piano, oppure come esito del fallimento di un piano o concordato minore andato male. La liquidazione controllata non richiede la meritevolezza iniziale del debitore per essere avviata, ma se il debitore ha tenuto comportamenti gravemente scorretti (frodi, colpe gravi, uso abusivo delle procedure) potrebbe non ottenere l’esdebitazione finale. È quindi una procedura più “punitiva” ma consente comunque di regolare la crisi nell’interesse dei creditori (forzando la liquidazione dei beni).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente – è un istituto introdotto di recente (L.176/2020) che consente, in via eccezionale, al debitore persona fisica meritevole che non ha nulla da offrire ai creditori (nessun patrimonio liquidabile né reddito disponibile) di ottenere la cancellazione dei debiti senza alcuna distribuzione, “a costo zero”. È riservato a situazioni limite di indigenza, e con limiti stringenti (ad es. il beneficio può essere concesso una sola volta in vita). Questa procedura non coinvolge un piano di pagamento, ma va menzionata per completezza: rappresenta il vero fresh start per chi non ha alcuna risorsa, mentre il piano del consumatore presuppone che il debitore offra comunque un pagamento, ancorché parziale, ai propri creditori.

Nel prosieguo ci focalizzeremo sul piano del consumatore (procedura n. 1). Tuttavia, capire l’esistenza delle altre opzioni è utile, in particolare per gestire i casi di “debiti promiscui”. Infatti, se un debitore è in parte consumatore e in parte imprenditore, potrebbe dover ricorrere al concordato minore o alla liquidazione, come vedremo tra poco.

Requisiti di accesso al piano del consumatore

Per poter accedere al piano del consumatore e vederlo omologato, il debitore deve soddisfare requisiti soggettivi (chi può accedere) e requisiti oggettivi (condizioni di ammissibilità legate al comportamento e alla situazione del debitore). Vediamoli nel dettaglio, evidenziando le differenze tra la disciplina attuale (CCII) e quella previgente (L.3/2012) – differenze che riguardano soprattutto la definizione di consumatore, la presenza di debiti “misti” e la valutazione della meritevolezza del debitore.

Chi può accedere: i soggetti ammessi e la nozione di “consumatore”

Come già definito, può presentare un piano del consumatore solo la persona fisica consumatore, ossia colui che ha debiti di natura personale e non professionale/imprenditoriale. In pratica rientrano qui la stragrande maggioranza dei privati cittadini: lavoratori dipendenti o pensionati con debiti da finanziamenti al consumo, mutui, bollette non pagate, cartelle esattoriali per tasse personali, e così via.

Sono esclusi invece:

  • Gli imprenditori commerciali soggetti a fallimento (che dovrebbero attivare semmai il concordato preventivo o fallimento).
  • I piccoli imprenditori o professionisti con debiti legati alla loro attività: costoro, pur non fallibili, non possono utilizzare il piano del consumatore per i debiti d’impresa (devono rivolgersi al concordato minore o alla liquidazione controllata).
  • In generale, chi non è “consumatore” ai sensi della legge (es. enti, fondazioni, etc., che semmai rientrano in liquidazione controllata se non fallibili).

Un stesso individuo può cumulare ruoli – ad esempio essere contemporaneamente lavoratore dipendente e piccolo imprenditore – ma non può inserire nel piano del consumatore debiti di natura imprenditoriale. Questo tema dei debiti promiscui è stato molto dibattuto sotto la Legge 3/2012 e merita un approfondimento specifico.

Debiti promiscui (misti personali e d’impresa): Cosa succede se un debitore presenta una situazione debitoria “mista”? Ad esempio, una famiglia che ha debiti per spese di consumo e, al contempo, debiti fiscali o bancari derivanti da una precedente attività commerciale poi cessata? In passato la legge appariva chiara nell’escludere il piano del consumatore in questi casi – la definizione con “obbligazioni esclusivamente per scopi estranei” sembrava tagliare fuori chiunque avesse anche solo in parte debiti d’impresa.

Tuttavia, la giurisprudenza sotto la L.3/2012 non è stata subito uniforme. La Corte di Cassazione nel 2016 (sent. n. 1869/2016) adottò un’interpretazione estensiva: ritenne ammissibile il piano del consumatore di un sovraindebitato con debiti di natura mista, valutando la composizione prevalente dei debiti e purché al momento del piano non risultassero più debiti dell’attività d’impresa. In altre parole, la Cassazione affermò che la qualifica di consumatore non veniva meno se una parte minoritaria dei debiti aveva origine imprenditoriale, a condizione che tali obbligazioni d’impresa fossero venute meno o comunque non più “vive” al momento della domanda. Questo aprì la strada a pronunce di merito che ammettevano il piano anche con debiti promiscui, valutando caso per caso la prevalenza quantitativa: ad esempio alcuni tribunali hanno ritenuto ammissibile il piano quando i debiti personali fossero prevalenti in importo rispetto a quelli d’impresa (Trib. Grosseto 22.06.2021; Trib. Reggio Emilia 20.10.2022; Trib. Trani 02.05.2023).

Di contro, un orientamento più restrittivo è sempre rimasto in agguato, sostenendo la necessità di applicare in modo rigoroso la distinzione di legge. Nel vigente Codice della crisi, sebbene la definizione di consumatore sia stata ampliata (eliminando “esclusivamente” e includendo i soci illimitatamente responsabili per i debiti personali), è stato chiarito che non è comunque consentito inserire nel piano debiti derivanti da attività d’impresa. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza 20 giugno 2023, ha fissato principi netti al riguardo: se il passivo è promiscuo (in parte personale, in parte d’impresa), i debitori non possono qualificarsi consumatori e devono utilizzare una procedura che preveda il voto dei creditori (concordato minore), così che anche l’Erario e gli altri creditori possano esprimere dissenso su una proposta eventualmente penalizzante. In sintesi – afferma la Corte – il piano del consumatore non può includere debiti d’impresa; ammettere il contrario significherebbe privare quei creditori del diritto di voto, che invece è garantito nelle procedure appropriate. La decisione di Bologna 2023 ha di fatto chiarito la linea e oggi è ampiamente condivisa: chi ha debiti “promiscui” non può usare il piano del consumatore per regolarli tutti insieme.

Come gestire i debiti promiscui? Le soluzioni possibili, a questo punto, sono:

  • Se la parte di debito derivante dall’attività d’impresa è relativamente piccola e scorporabile, il debitore potrebbe tentare di escludere quei debiti dal piano, proponendo un piano del consumatore solo per i debiti personali. Tuttavia, attenzione: i crediti esclusi restano comunque esigibili al di fuori del piano. Ciò significa che i creditori “professionali” (es. Fisco per IVA d’impresa, debiti verso fornitori dell’ex attività, ecc.) potrebbero proseguire o iniziare azioni esecutive a parte. Questa strada, quindi, è praticabile solo se si trova un accordo separato o una moratoria con quei creditori, oppure se essi sono stati già soddisfatti/definiti altrove.
  • In molti casi pratici, la scelta più logica è optare per il concordato minore, che consente di trattare insieme tutti i debiti eterogenei (personali e d’impresa) in un unico piano soggetto però all’approvazione a maggioranza dei creditori. È una procedura più complessa (richiede il voto) ma è disegnata proprio per chi non è un “consumatore puro”. Ad esempio, un imprenditore cessato con debiti personali e aziendali potrà proporre un concordato minore, suddividendo magari i creditori in classi e prevedendo anche il pagamento parziale dei debiti fiscali, bancari, etc., ma dovrà ottenere il voto favorevole della maggioranza degli stessi.
  • In alternativa, se il debitore con passivo promiscuo non è in grado di offrire un piano fattibile o teme di non ottenere il voto favorevole, può valutare la liquidazione controllata: in questo caso tutti i beni (personali e eventualmente residui dell’attività) confluiscono nella liquidazione e saranno distribuiti ai creditori senza preferenze di procedura; il debitore potrà poi chiedere l’esdebitazione dei debiti non soddisfatti. La liquidazione è spesso l’extrema ratio, ma ha il vantaggio di non richiedere la “meritevolezza” iniziale per accedere (sebbene, come detto, un debitore colpevole o frodatore potrà vedersi negare la liberazione finale dai debiti).

In sintesi: il piano del consumatore oggi è riservato a chi ha (e vuole regolare) esclusivamente debiti personali. Se nel passato la giurisprudenza aveva aperto spiragli per le situazioni miste (piani “ibridi” in base al criterio della prevalenza), l’orientamento attuale – confortato dalla lettera del Codice della crisi e dalla sentenza App. Bologna 2023 – è di escludere categoricamente la commistione: «ove il passivo da ristrutturare sia promiscuo (debiti personali e d’impresa) i creditori (incluso l’Erario) devono poter votare in un’altra procedura, perché nel piano del consumatore non ne avrebbero la facoltà». Dunque, un consumatore-imprenditore dovrà separare le due sfere: o presenta un piano del consumatore soltanto per i debiti personali (facendo fronte separatamente a quelli d’impresa), oppure – se vuole affrontare tutto insieme – non sarà considerato consumatore e dovrà procedere con un concordato minore.

La “meritevolezza” del debitore: assenza di colpa grave, malafede o frode

Uno dei pilastri per l’omologazione del piano del consumatore è la valutazione della condotta del debitore rispetto all’origine e gestione del proprio indebitamento. In altre parole, il giudice deve verificare se il debitore sia “meritevole” di accedere al beneficio del piano, ossia se non abbia colpe gravi o comportamenti fraudolenti all’origine della sua situazione debitoria. Questo requisito, chiamato tradizionalmente meritevolezza, ha subito un’evoluzione normativa significativa tra la Legge 3/2012 e il Codice della crisi.

  • Sotto la disciplina originaria (L.3/2012), il concetto di meritevolezza era delineato in maniera piuttosto ampia: l’art. 12-bis L.3/2012 (prima delle modifiche del 2020) prevedeva che il giudice potesse omologare il piano del consumatore solo se poteva escludersi che il consumatore avesse colposamente determinato il sovraindebitamento o assunto obbligazioni senza ragionevole prospettiva di adempimento. In pratica si chiedeva al giudice di valutare se il debitore avesse fatto ricorso al credito in modo imprudente (ad esempio indebitandosi oltre le sue possibilità in maniera avventata) o con leggerezza. La norma menzionava espressamente l’ipotesi di aver contratto debiti “non proporzionati alle capacità patrimoniali”. Dunque, la soglia di meritevolezza era piuttosto articolata: non solo frodi o dolo, ma anche la colpa grave o comportamento estremamente imprudente potevano portare al diniego dell’omologa.
  • La riforma del 2020 (D.L. 137/2020 conv. in L.176/2020) ha radicalmente cambiato impostazione. È stato eliminato dal testo l’obbligo generale di verificare la “ragionevole prospettiva” ex ante e la colpa nell’indebitarsi. Contestualmente, è stata introdotta una causa di inammissibilità più specifica: «la proposta di piano del consumatore è inammissibile se il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode». Questo oggi è formalizzato nell’art. 7, comma 2, lett. d-ter) L.3/2012 (come novellato) e ripreso quasi letteralmente nell’art. 69, comma 1 CCII. Dunque, il criterio attuale è più netto e oggettivo: bisogna verificare se vi sia stata colpa grave, malafede o frode del debitore nell’origine o aggravamento del debito. Solo in tal caso la procedura viene preclusa. Viene meno la valutazione di “mera imprudenza” o sproporzione del debito rispetto alle capacità, che prima poteva bastare a negare la meritevolezza. Si passa a un criterio di esclusione più stringente ma circoscritto ai casi di colpa grave o dolo.

In altre parole, oggi il debitore è considerato meritevole di accedere al piano salvo che emergano comportamenti gravemente colpevoli o dolosi da parte sua. La Cassazione (ord. 27 luglio 2023, n. 22890) ha chiarito che le nuove norme hanno mutato i presupposti: il giudice non deve più sindacare genericamente la prudenza del debitore nell’assumere obbligazioni, ma solo verificare se ricorra la condizione ostativa di cui al nuovo art. 69 CCII (colpa grave, malafede o frode).

Vediamo qualche esempio di ciò che comporta l’esclusione:

  • Colpa grave: il debitore ha tenuto un comportamento gravemente imprudente o negligente nell’indebitarsi. Ad esempio, ha accumulato massicci debiti di gioco o spese voluttuarie senza alcuna possibilità di pagarle, oppure ha fatto ricorso sistematico al credito al consumo ben oltre il suo reddito disponibile, ignorando volutamente ogni criterio di sostenibilità. È richiesto però un grado di colpa elevato (non la semplice leggerezza): la legge parla di “colpa grave”.
  • Malafede: il debitore ha assunto obbligazioni con intento ingannevole, pur sapendo di non volerle/poterle adempiere, oppure ha aggravato volontariamente la propria esposizione confidando sin dall’inizio di farla franca con un’insolvenza. Anche l’aver occultato parte del patrimonio o fornito informazioni false ai creditori può rientrare nella malafede/frode.
  • Frode: rientra in parte nella malafede, ma indica condotte ancor più subdole e volontariamente ingannatorie. Ad esempio, simulare uno stato di bisogno per ottenere credito, alienare beni prima della procedura per sottrarli ai creditori, presentare documentazione falsificata al fine di ottenere l’omologazione, ecc.

È importante sottolineare che la valutazione su colpa grave, malafede o frode viene effettuata dal tribunale in sede di omologazione (cioè nella fase finale, una volta verificato il piano). Se il giudice riscontra tali elementi, non omologa il piano e la domanda viene respinta come inammissibile.

Viceversa, se non emergono comportamenti così censurabili, il debitore viene considerato meritevole e il piano può essere approvato (purché ovviamente soddisfi anche gli altri requisiti, come la convenienza per i creditori di cui parleremo più avanti).

Un aspetto innovativo del CCII, nell’ottica di favor debitoris, è la previsione contenuta nell’art. 69, comma 2 CCII: essa stabilisce che “la condizione di colpa grave non sussiste quando il consumatore si affida ragionevolmente alle verifiche sul merito creditizio compiute da soggetti qualificati”. In pratica, se il debitore ha ottenuto prestiti da banche/finanziarie che avrebbero dovuto – per legge – valutare la sua solvibilità (art. 124-bis TUB impone ai finanziatori di verificare il merito creditizio del cliente), egli può aver confidato nella concessione del credito come indice di sostenibilità. Dunque, non gli si imputa colpa grave se ha fatto affidamento (in buona fede) sul giudizio positivo di enti finanziatori qualificati. Questa previsione è molto importante e deriva dalla volontà di responsabilizzare gli enti erogatori di credito: se la banca ti concede un prestito oltre le tue possibilità, la colpa del sovraindebitamento non può ricadere interamente sul consumatore. In sostanza, la legge riconosce che il debitore medio potrebbe non avere piena contezza del proprio sovraindebitarsi se dall’altro lato chi doveva valutare il rischio credito ha dato luce verde. Tribunale di Avellino 11 aprile 2024, ad esempio, ha applicato tale principio, ribadendo che un consumatore che abbia fatto affidamento sulle valutazioni (erronee) di banche e finanziarie non va considerato in colpa grave e non può essere escluso dal piano.

Riassumendo:

  • Oggi conta principalmente l’assenza di dolo o colpa grave. La mera imprudenza finanziaria non basta più a far dichiarare “non meritevole” il debitore, diversamente da quanto poteva avvenire prima del 2020.
  • Il giudice in sede di omologa guarda a eventuali condotte gravemente anomale del debitore; altrimenti non nega l’accesso. Ad esempio, contrarre debiti per necessità (anche se poi divenuti insostenibili per eventi sopravvenuti: perdita del lavoro, malattia, ecc.) non impedisce il piano; mentre contrarre debiti in modo fraudolento o scriteriatamente e in malafede sì.
  • Casi particolari: se il debitore ha già beneficiato di procedure in passato o ha commesso frodi, lo vedremo a breve, sono previste preclusioni specifiche.

Altri requisiti e cause di inammissibilità

Oltre alla qualifica soggettiva di consumatore e alla meritevolezza, vi sono altre condizioni oggettive da rispettare per accedere al piano, molte delle quali derivano già dalla vecchia legge e sono state confermate dal CCII. Elenchiamo le principali:

  • Assenza di utilizzi abusivi reiterati: Il consumatore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione di recente. In particolare, non può accedere chi è già stato esdebitato nei 5 anni precedenti la domanda, né chi ha già beneficiato di due esdebitazioni in qualsiasi tempo. Questa regola impedisce di usare ripetutamente le procedure per cancellare debiti “a ripetizione”. In pratica, il piano del consumatore (o altra procedura di sovraindebitamento) si può fare al massimo due volte nella vita, e comunque non due volte di fila a distanza ravvicinata (deve passare almeno un lustro dal precedente benefico). Ad esempio, se Tizio ha completato un piano ed ottenuto l’esdebitazione nel 2021, non potrà presentarne un altro prima del 2026; se ha già fatto due procedure con esdebitazione, una terza non sarà ammessa.
  • Nessun piano “premeditato” in malafede: La legge ribadisce che non può accedere chi ha commesso atti diretti a frodare i creditori (come occultamento di beni) o, come già visto, chi ha causato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave. Questa in realtà è la stessa condizione di meritevolezza di cui sopra, espressa in termini di comportamento scorretto. In pratica, all’atto pratico, se risulta che prima di presentare il piano il debitore ha venduto beni simulatamente a terzi, o ha accumulato debiti volutamente per poi fare il piano, il tribunale dichiarerà inammissibile la procedura per frodi ai creditori.
  • Completezza e veridicità della documentazione: Pur non essendo sempre tipizzata nelle norme come causa automatica di inammissibilità, è pacifico (ed era espressamente previsto dalla L.3/2012) che il debitore debba fornire tutta la documentazione necessaria e corretta per ricostruire la situazione economica e patrimoniale. Documenti fondamentali includono: l’elenco di tutti i creditori e dei relativi debiti, l’elenco dei beni di proprietà, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, eventuali bilanci se il debitore aveva un’impresa, l’attestazione dell’OCC, ecc. Se la documentazione è incompleta o infedele, il giudice può dichiarare inammissibile la proposta o rigettarla in sede di omologazione. Ad esempio, non indicare volutamente un creditore o un bene, oppure presentare dati falsificati, comporterà certamente il fallimento della procedura (e possibili responsabilità penali).
  • Procedure precedenti revocate/annullate per colpa del debitore: Se il debitore in passato ha già usufruito di una procedura di sovraindebitamento ma questa è stata revocata o risolta a causa di inadempimenti o irregolarità a lui imputabili, ciò costituisce un serio ostacolo per una nuova procedura. Ad esempio, Caio ha avuto un piano omologato ma poi è stato revocato perché emerse che aveva dolosamente nascosto un bene: in tal caso, ripresentarsi poco dopo con un nuovo piano sarebbe inutile, perché la sua inaffidabilità è già conclamata. Il CCII non lo dice espressamente, ma la prassi e l’interpretazione lo desumono in continuità con la vecchia legge. Dovrà trascorrere del tempo e dovranno cambiare le circostanze prima che Caio possa eventualmente riprovarci, dimostrando di aver mutato atteggiamento.

Riassumendo, il Codice della crisi (art. 69 CCII) elenca come cause ostative esplicite: (1) precedente esdebitazione <5 anni (o più di due esdebitazioni totali), (2) aver causato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Abbiamo poi cause implicite quali la documentazione irregolare e gli abusi di procedure pregresse. In presenza di queste situazioni, il tribunale nega l’apertura o l’omologazione del piano del consumatore.

Va notato che, se tali circostanze ostative ricorrono, resta comunque aperta per il debitore la via della liquidazione controllata – con l’unica differenza che in liquidazione potrà essere negata alla fine l’esdebitazione come sanzione. Ad esempio, un debitore non meritevole (colpa grave/frode) non può fare un piano, ma può essere assoggettato a liquidazione (nell’interesse dei creditori) e poi subirà il diniego di esdebitazione finale come “punizione”. Questo per sottolineare che il sistema tende sempre a permettere almeno la liquidazione dei beni per soddisfare i creditori, pur riservando il beneficio della liberazione dai debiti solo ai debitori meritevoli.

Conclusioni sui requisiti di accesso

In sintesi, per accedere al piano del consumatore il debitore deve:

  • Essere un consumatore (solo debiti personali nel piano).
  • Non avere debiti d’impresa nel piano – in caso contrario, la procedura giusta è il concordato minore.
  • Non aver abusato di procedure in passato (rispettare i limiti temporali e numerici: max 2 esdebitazioni e non negli ultimi 5 anni).
  • Aver tenuto un comportamento corretto: niente dolo o colpa grave nella formazione dei debiti; niente atti in frode ai creditori.
  • Presentare documentazione completa e veritiera sulla propria situazione.
  • Coinvolgere un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) che lo assista: la legge richiede sempre l’ausilio di un organismo o professionista incaricato che aiuti a predisporre la proposta e attesti la veridicità dei dati.

Se questi requisiti sono soddisfatti, il tribunale potrà ammettere ed eventualmente omologare il piano. Se invece il debitore è “non meritevole” o ha cercato di barare, il beneficio del piano gli sarà precluso.

Nei paragrafi successivi, assunti i requisiti di ammissibilità, vedremo come funziona concretamente la procedura del piano del consumatore: dalla presentazione del ricorso fino all’omologazione e agli effetti per i creditori.

Procedura: dalla presentazione all’omologazione del piano

Vediamo ora il percorso pratico che un consumatore sovraindebitato deve seguire per accedere al piano e arrivare all’omologazione, distinguendo i vari passaggi e gli attori coinvolti. Evidenzieremo anche le differenze di prassi tra la vecchia legge e il nuovo Codice, laddove rilevanti.

Preparazione della proposta e ruolo dell’OCC

Il primo step per il debitore è rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un professionista nominato dal tribunale, che lo assista nella predisposizione del piano. L’OCC è un ente (spesso istituito presso gli Ordini professionali o le Camere di Commercio) con il compito di aiutare i debitori nelle procedure di sovraindebitamento. Il suo ruolo è:

  • Raccogliere la documentazione: L’OCC richiede al debitore tutti i documenti necessari (elenco dettagliato dei debiti, elenco beni e atti di disposizione negli ultimi anni, ultime dichiarazioni dei redditi, attestati dello stato di famiglia – se utile per debiti familiari, ecc.). Anche i creditori vengono invitati a comunicare l’ammontare dei crediti.
  • Redigere la proposta di piano e la relazione: insieme al debitore, l’OCC elabora un piano di rientro sostenibile, tenendo conto delle risorse disponibili e delle pretese dei creditori. L’OCC stende anche una relazione dettagliata che accompagnerà la proposta, nella quale descrive la situazione economica del debitore, le cause dell’indebitamento, il trattamento proposto per ciascun creditore e – molto importante – attesta la fattibilità del piano e la convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. In pratica l’OCC funge da esperto indipendente che certifica che i numeri tornano e che il piano è serio. Nella relazione, l’organismo deve anche dichiarare se il debitore ha posto in essere atti in frode (es. se ha riscontrato anomalie) e valutare sommariamente la condotta del debitore (ciò aiuta il giudice nella valutazione di meritevolezza).
  • Deposito del ricorso: l’OCC o il debitore, con l’assistenza di un avvocato se necessario, depositano in tribunale la proposta di piano completa di tutti gli allegati. Si tratta di un vero ricorso al tribunale competente (tribunale del luogo di residenza del debitore).

Contenuto della proposta di piano: deve indicare analiticamente come si intende trattare ciascun debito. Ad esempio: “il creditore X (banca, mutuo) sarà soddisfatto integralmente, mantenendo il pagamento delle rate come da piano originario; il creditore Y (Agenzia Entrate Riscossione per cartelle) sarà pagato al 30% in tot rate semestrali; il creditore Z (finanziaria chirografaria) sarà pagato al 5% in un’unica soluzione a fine piano; ecc.”. Deve inoltre specificare se il debitore offre garanzie ulteriori o pagamenti da terzi, se intende liquidare qualche bene, se ha già depositato somme cauzionali, e così via. Insomma, è un piano dettagliato di chi dà cosa, quando e come.

Notifica ai creditori: Una volta depositato il ricorso, il tribunale fissa un’udienza e ordina che la proposta e la relazione dell’OCC siano comunicate a tutti i creditori. L’OCC provvede quindi a notificare o comunicare la proposta ai vari creditori indicati (spesso ciò può avvenire via PEC per i creditori pubblici o strutturati, e tramite raccomandata per altri). In questo modo, i creditori vengono informati ufficialmente che il debitore ha avviato una procedura di sovraindebitamento e possono prendere visione del piano proposto nei loro confronti.

Ammissibilità e misure protettive

Alla presentazione del ricorso, il tribunale compie un primo esame “filtro” per verificare la sussistenza delle condizioni minime (competenza, documentazione completa, apparente ammissibilità). Se tutto è in regola, viene emesso un decreto di apertura della procedura (art. 70 CCII). Con esso:

  • Viene nominato formalmente il gestore della crisi (il referente dell’OCC, se non già nominato).
  • Si fissa l’udienza di omologazione in cui il giudice sentirà eventualmente il debitore e i creditori dissenzienti.
  • Si stabiliscono eventuali misure protettive a tutela del patrimonio del debitore: ad esempio la sospensione delle azioni esecutive e delle procedure cautelari da parte dei creditori.

Le misure protettive (moratoria delle azioni) sono essenziali affinché nel frattempo un creditore non pignori i beni facendo fallire sul nascere il piano. Già con la L.3/2012 il giudice poteva disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione pendenti. Oggi, l’art. 54 CCII prevede un meccanismo di inibitoria: su richiesta del debitore, il tribunale “può vietare l’inizio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali” durante la procedura. Normalmente, nel decreto di apertura il giudice blocca i pignoramenti in corso (ad esempio, se era fissata un’asta della casa, viene sospesa) e vieta nuovi pignoramenti per la durata della procedura. Questo stay protegge sia il debitore sia la par condicio dei creditori (evita che uno corra ad avvantaggiarsi sugli altri mentre è in corso la trattativa/omologazione).

Da notare che, a differenza del concordato preventivo, qui la sospensione non è automatica ex lege dalla data di deposito ma deve essere concessa dal giudice. In pratica però i tribunali la concedono quasi sempre contestualmente all’ammissione, se il piano appare ammissibile, per dare respiro al debitore.

Durante questa fase (tra il deposito e l’udienza), il debitore continua a gestire il suo patrimonio sotto la supervisione dell’OCC, ma non può compiere atti dispositivi straordinari senza autorizzazione (ad esempio, non potrebbe vendere un immobile salvo autorizzazione, perché vige una sorta di “congelamento” per evitare pregiudizi ai creditori).

Udienza di omologazione e ruolo dei creditori

Una caratteristica peculiare del piano del consumatore è che non c’è un voto dei creditori sulla proposta. Questo lo distingue dal concordato minore e da altre procedure concorsuali. Tuttavia, i creditori possono partecipare all’udienza fissata dal giudice e far valere le proprie ragioni, in particolare possono:

  • Sollevare obiezioni sulla veridicità dei dati forniti (es. un creditore contesta che il suo credito è maggiore di quanto indicato, o che il debitore ha occultato un bene).
  • Eccepire la non convenienza del piano, ossia sostenere che con la liquidazione otterrebbero di più di quanto il piano offre loro.
  • Evidenziare eventuali circostanze di malafede o frode non note, chiedendo al giudice di non omologare per indegnità del debitore.

In pratica, all’udienza il giudice verifica se ci sono opposizioni dei creditori. Se nessuno si oppone in modo rilevante e il piano rispetta i criteri di legge, spesso si procede direttamente all’omologa. Se invece vi sono contestazioni, il giudice le valuta. Ad esempio, un creditore chirografario potrebbe lamentare che il piano lo paga solo al 5% mentre secondo lui, vendendo certi beni del debitore, otterrebbe il 20%: sta dunque contestando la convenienza. In tal caso il giudice deve verificare la fondatezza: se reputa che effettivamente il piano offra ai creditori meno di quanto otterrebbero dalla liquidazione del patrimonio (la cosiddetta best interest test, o convenienza), non può omologare il piano. La legge infatti tutela i creditori da proposte peggiorative rispetto all’alternativa liquidatoria. Questa è una verifica cruciale: il piano deve essere più vantaggioso per i creditori rispetto alla liquidazione controllata, altrimenti va rigettato.

Va aggiunto che il CCII ha introdotto principi di priority rule e cram-down anche nel sovraindebitamento. In particolare, ogni creditore (non essendoci voto) può in teoria lamentare una lesione dei propri diritti. Se però il giudice ritiene che la proposta rispetti i requisiti di legge (ad esempio, un creditore privilegiato ottiene almeno il valore di realizzo del bene su cui vanta garanzia, un creditore chirografo ottiene tutto quel che resterebbe in liquidazione, ecc.), può omologare il piano anche in presenza di contestazioni del singolo creditore, imponendolo (cram down) perché comunque equo. Per i debiti fiscali, in particolare, non è più prevista una necessaria classificazione separata o transazione fiscale obbligatoria: l’Erario, se ritiene la proposta iniqua, può opporsi per contestarne la convenienza, ma il giudice potrà omologare lo stesso se accerta che il Fisco riceve almeno quanto avrebbe ricavato in una liquidazione.

In definitiva, l’udienza serve a garantire il contraddittorio: i creditori possono far sentire la propria voce, ma non votano. L’ultima parola spetta al giudice, il quale:

  • Controlla nuovamente d’ufficio i requisiti (ammissibilità, meritevolezza del debitore – cioè assenza di colpa grave o dolo).
  • Verifica la fattibilità del piano, anche grazie alla relazione OCC (cioè che le entrate previste siano realistiche, che eventuali terzi che dovrebbero contribuire abbiano confermato l’impegno, ecc.).
  • Verifica la convenienza per i creditori: ogni creditore deve ricevere col piano non meno di quello che otterrebbe dalle alternative (liquidazione). Se un creditore opponente dimostra che otterrebbe di più liquidando un bene, il giudice può richiedere modifiche al piano o rigettarlo.
  • Controlla la regolarità formale e l’assenza di cause ostative (ad es. che il debitore non abbia già fatto procedure recenti).
  • Decide sull’omologazione: se tutto è a posto, emette un decreto di omologazione che rende il piano efficace e vincolante per tutti i creditori anteriori.

Se invece riscontra problemi insormontabili (ad es. scopre che il debitore ha nascosto un creditore importante, oppure che un creditore ipotecario riceverebbe troppo poco in confronto al valore del bene, oppure ancora che il debitore ha agito con frode), allora pronuncia un decreto di rigetto dell’omologa, che chiude la procedura senza approvare il piano.

È interessante notare che, a differenza di un concordato, nel piano del consumatore non esiste una “maggioranza” da raggiungere, quindi il dissenso anche di molti creditori non impedisce l’omologa se il giudice ritiene il piano equo e fattibile. Ciò riflette il carattere di “procedura di particolare favore” verso il debitore, bilanciato però dall’esame rigoroso del giudice sulla correttezza e convenienza. Come affermato da una pronuncia: “la ristrutturazione dei debiti del consumatore consente al debitore di sottrarsi al giudizio e all’approvazione dei creditori, sottoponendosi unicamente alla valutazione del giudice”. Proprio per questo i requisiti di accesso (es. niente debiti d’impresa) sono stretti: perché il legislatore concede al consumatore onesto un “corsia preferenziale” dove conta solo il vaglio giudiziale e non il voto dei creditori.

Omologazione e fase esecutiva del piano

Con il decreto di omologazione, il piano del consumatore diventa efficace e vincolante per tutte le parti. Ciò comporta:

  • I creditori antecedenti (ossia per debiti sorti prima del deposito del piano) sono obbligati a rispettare le condizioni del piano. Ad esempio, un creditore chirografario che vantava 50.000 € e col piano è previsto riceva 5.000 € a saldo, non potrà pretendere di più né agire al di fuori del piano. Le sue pretese restano “cristallizzate” e saranno soddisfatte secondo le modalità omologate.
  • Eventuali pignoramenti o ipoteche in corso decadono se incompatibili col piano. Il decreto di omologa è titolo per ottenere la cancellazione di pignoramenti, sequestri, fermi amministrativi eventualmente sospesi e che ora vengono meno in forza del piano (salvo diversi accordi). Anche le procedure esecutive pendenti vengono chiuse: tipicamente, il giudice dell’esecuzione, ricevuta notizia dell’omologa, dichiara l’estinzione del pignoramento.
  • Inizia la fase di esecuzione del piano: il debitore deve adempiere puntualmente gli impegni presi (pagare le rate ai creditori, eventualmente liquidare beni se previsto, consegnare somme, ecc.). Durante questa fase, le azioni esecutive individuali restano inibite (i creditori non possono attaccare il debitore, a patto che egli rispetti il piano).

Il tribunale normalmente nomina il medesimo OCC o un gestore/controllore che vigila sull’esecuzione. Ad esempio, il debitore potrebbe dover versare le rate su un conto dedicato amministrato dall’OCC, il quale poi provvede a distribuirle ai creditori secondo il piano. Oppure l’OCC riferisce periodicamente al giudice sullo stato di attuazione.

La durata dell’esecuzione del piano varia caso per caso: non c’è un limite fisso di legge alla durata, ma piani troppo lunghi diventano poco credibili. In prassi spesso i piani si sviluppano su 4–5 anni, a volte meno se c’è liquidazione immediata di beni, a volte un po’ di più se rateizzati (anche 7–8 anni in casi eccezionali). Il Decreto correttivo 2024 non ha introdotto limiti temporali rigidi, quindi la durata è lasciata alla sostenibilità del piano stesso.

Adempimento del piano ed esdebitazione

Se il debitore esegue regolarmente tutti i pagamenti e gli impegni previsti nel piano, al termine ottiene il risultato più atteso: la liberazione definitiva dai debiti residui. In virtù dell’omologazione, infatti, il debitore ha diritto all’esdebitazione per tutti i debiti inclusi nella procedura e non soddisfatti integralmente. Ciò significa che i crediti eventualmente falcidiati o rimasti insoddisfatti (il famoso 95% magari tagliato ai chirografari nell’esempio sopra) non potranno più essere reclamati dai creditori: vengono cancellati.

L’esdebitazione nel piano del consumatore è automatica al buon esito: a differenza della liquidazione controllata, dove occorre un’istanza specifica a fine procedura e può essere negata in certi casi, nel piano del consumatore il tribunale omologa già con l’aspettativa che il debitore meritevole, se adempie al piano, sarà esdebitato. Non serve dunque un provvedimento ulteriore di “chiusura”: l’omologa + l’attestazione finale dell’avvenuto adempimento costituiscono l’effetto liberatorio.

Debiti esclusi dall’esdebitazione: Attenzione, però: come vedremo più avanti in dettaglio, non tutti i tipi di debito sono comunque cancellabili. Ci sono debiti di natura peculiare (alimentare, da risarcimento danni, da sanzione penale, ecc.) che per legge restano dovuti anche dopo la procedura. Questi debiti non vengono toccati o remissibili nemmeno dal piano, e se il piano non li paga integralmente, il residuo rimane dovuto. Su questo torneremo nella sezione dedicata alle categorie di debiti.

  • Esempio: se nel piano vi sono debiti per alimenti non pagati all’ex coniuge, essi non possono essere falcidiati: il piano dovrebbe prevederli al 100%, oppure se anche li prevedesse parziali, il residuo rimarrà esigibile dopo. Allo stesso modo, una multa penale non pagata rimane, in teoria, anche a fine piano.

In genere l’OCC struttura il piano in modo da escludere tali crediti particolari dalla falcidia, oppure li lascia fuori dal piano (indicandoli come non toccati).

Esdebitazione del debitore incapiente: vale la pena menzionare qui, a margine, che se un debitore ha completato un piano pagando almeno qualcosa, non si applica l’istituto dell’esdebitazione “incapiente” (che è riservato a chi non paga nulla). Il suo esdebitamento deriva dall’art. 14-terdecies L.3/2012 (richiamato ora dal CCII) applicato ai piani.

Rottura del piano: risoluzione o revoca

Cosa accade se il debitore non rispetta il piano? L’inosservanza degli obblighi può portare a:

  • Risoluzione del piano: Su istanza dei creditori, il tribunale può dichiarare risolto il piano se il debitore non adempie alle obbligazioni previste nei termini. Ad esempio, se erano previste 10 rate semestrali e il debitore ne salta diverse senza rimedio, oppure se era prevista la vendita di un bene entro una data e non avviene nulla, i creditori possono chiedere la risoluzione. La risoluzione fa venir meno gli effetti dell’omologazione per i creditori insoddisfatti, che riacquistano il diritto di agire per l’intero loro credito originale (dedotti gli importi eventualmente già incassati dal piano).
  • Revoca del beneficio e annullamento: Se si scopre che il piano era stato ottenuto con dolo del debitore (es. documenti falsi, frodi ai creditori), il tribunale può revocare l’omologa o annullare il piano anche dopo. È una sorta di sanzione per il debitore disonesto: perde la protezione del piano e può andare incontro anche a denunce.

In caso di risoluzione/annullamento, i creditori tornano liberi di agire esecutivamente. Il debitore, d’altro canto, potrebbe a quel punto valutare di richiedere l’apertura di una liquidazione controllata per evitare un’aggressione disordinata (la legge glielo consente, benché se lui è inadempiente per colpa, potrà non avere l’esdebitazione poi).

Va segnalato che il CCII, in maniera analoga alla vecchia legge, prevede che se un piano viene revocato o risolto per inadempimento colpevole, ciò costituirà una causa ostativa per un nuovo piano in tempi brevi. Il debitore dovrà quindi affrontare la situazione con altri mezzi (concordato minore o liquidazione).

Schema riassuntivo della procedura di piano del consumatore

Per chiarezza, riportiamo una tabella riassuntiva dei passaggi principali:

FaseDescrizione
1. PreparazioneIl consumatore incarica un OCC. Si raccolgono documenti, si redige la proposta di piano e la relazione attestativa.
2. Deposito ricorsoSi deposita in tribunale il piano con la documentazione.
3. Apertura proceduraIl tribunale verifica la completezza e ammissibilità sommaria. Emana decreto di apertura, nomina gestore (OCC), fissa udienza, concede misure protettive (blocco pignoramenti).
4. Notifica ai creditoriL’OCC comunica la proposta ai creditori, i quali vengono a conoscenza del piano.
5. UdienzaDavanti al giudice: il debitore eventualmente riferisce; i creditori possono fare opposizioni (no voto).
6. OmologazioneIl tribunale verifica requisiti (meritevolezza, fattibilità, convenienza). Se tutto ok, omologa il piano rendendolo vincolante per tutti. Se problemi gravi, rigetta l’omologa (fine procedura).
7. Esecuzione del pianoIl debitore esegue i pagamenti/atti previsti sotto controllo OCC. I creditori ricevono quanto stabilito e non possono agire esecutivamente (salvo autorizzazioni in caso di ritardi significativi).
8. CompletamentoIl debitore adempie integralmente il piano. L’OCC relaziona al giudice sul corretto adempimento. Il debitore ottiene l’esdebitazione di ogni debito residuo (eccetto eventuali debiti non esdebitabili per legge).
(Eventuale risoluzione)Se il debitore non adempie, su istanza dei creditori il tribunale dichiara la risoluzione: il piano cessa, i debiti tornano esigibili per intero al netto di quanto pagato. Il debitore può chiedere la liquidazione controllata come alternativa.
(Eventuale annullamento)Se si scoprono frodi, il tribunale può revocare/annullare l’omologa. Debitore perde beneficio, possibili sanzioni.

Con questa panoramica procedurale in mente, possiamo passare ad analizzare come vengono trattate le diverse categorie di debiti all’interno di un piano del consumatore. È infatti cruciale capire cosa succede, ad esempio, a un mutuo ipotecario sulla casa, oppure a una cartella esattoriale, o ancora a un debito derivante da uno scoperto di conto corrente, quando questi crediti vengono inclusi in un piano.

Trattamento delle varie categorie di debiti nel piano del consumatore

Il piano del consumatore permette di affrontare praticamente tutte le tipologie di debito che affliggono un individuo sovraindebitato, ma il trattamento non è uniforme: dipende dalla natura giuridica dei crediti, dalle eventuali garanzie che li assistono (pegno, ipoteca, privilegio) e da eventuali vincoli di legge su determinati debiti (in particolare alcuni debiti pubblici). In questa sezione esamineremo le principali categorie:

  • Debiti con garanzie reali (mutui ipotecari, creditori pignoratizi).
  • Debiti privilegiati senza garanzia reale (tipicamente debiti fiscali e contributivi).
  • Debiti chirografari (prestiti personali, carte di credito, fornitori, finanziarie).
  • Debiti derivanti da atti illeciti, mantenimento, sanzioni (che hanno particolarità sul piano dell’esdebitazione).
  • Debiti cosiddetti “promiscui” (già trattati in parte: se presenti, non li includiamo nel piano, come discusso).
  • Debiti futuri o non ancora scaduti (possono o non possono essere inclusi?).

Analizzeremo come ciascuna categoria viene considerata nel piano, sia sotto la normativa (cosa dice la legge) sia nella prassi applicativa e nelle pronunce giurisprudenziali.

Debiti garantiti da ipoteca o pegno (creditori privilegiati su beni specifici)

Se il consumatore ha debiti garantiti da ipoteca (ad esempio un mutuo casa, o un’ipoteca di Equitalia su un immobile per cartelle) o da pegno (es. prestito su pegno di gioielli, o pegno su titoli), questi creditori sono in una posizione privilegiata perché possono rivalersi sul bene oggetto di garanzia. Nel piano del consumatore:

  • Regola generale: il creditore garantito dovrebbe ricevere almeno il valore di realizzo del bene dato in garanzia. Ciò deriva dal principio di convenienza: se la casa ipotecata vale 100, il piano non può offrire al creditore ipotecario meno di 100 (al netto delle spese) se in liquidazione quello venderebbe la casa e ricaverebbe 100, perché altrimenti quel creditore risulterebbe ingiustamente sacrificato. Quindi, ad esempio, se il mutuo residuo è 120 e la casa vale 100, il piano può prevedere di pagare 100 al creditore ipotecario (falcidiando 20 mila euro di credito), perché tanto in un’asta giudiziaria verosimilmente il creditore non ricaverebbe più di 100. Non potrebbe invece proporgli solo 50, che sarebbero nettamente peggiorativi rispetto al ricavato ipotetico.
  • Possibilità di esclusione dal piano (prima casa): una delle novità più significative introdotte nel Codice (e anticipata dalla L.176/2020) è la facoltà per il consumatore di mantenere il pagamento del mutuo ipotecario sulla prima casa “fuori dal piano”, continuando a pagare le rate regolarmente al di fuori della procedura (art. 67, co. 5 CCII). In pratica, se il debitore è in regola con le rate del mutuo prima casa, può scegliere di non inserire affatto quel debito nel piano, continuando a pagarne le rate come da contratto, e concentrare la ristrutturazione sugli altri debiti. Questa norma, di favor per la casa di abitazione, consente di preservare l’immobile: la casa non viene toccata dalla procedura, l’ipoteca della banca resta e il debitore continua a pagare come sempre. Gli altri creditori non possono aggredire la casa perché gravata da ipoteca e comunque esclusa dal piano (purché il mutuo sia regolare). Se il debitore era in lieve ritardo con qualche rata, può chiedere al giudice l’autorizzazione a pagare gli arretrati per “regolarizzare” il mutuo prima dell’omologa e poterlo così escludere. Questa facoltà è stata molto utilizzata nella prassi recente: molti piani dichiarano espressamente “Il mutuo ipotecario prima casa con banca X proseguirà regolarmente ex art. 67 co.5 CCII, senza modifiche, ed è escluso dal presente piano”. Ciò garantisce che il debitore non perda l’abitazione principale a causa del sovraindebitamento, a patto che riesca a sostenere quel mutuo.
  • Rinegoziazione/interessi: Nel caso di creditori ipotecari inclusi nel piano (ad esempio seconde case ipotecate, o mutuo prima casa se il debitore preferisse comunque inserirlo per rinegoziarlo), il piano può prevedere una dilazione del pagamento o una riduzione del tasso di interesse, compatibilmente con la fattibilità. Ad esempio, il piano potrebbe proporre alla banca di allungare la durata residua del mutuo o abbassare il tasso. Non c’è garanzia che il creditore sia d’accordo, ma nel piano del consumatore il suo consenso non è richiesto; tuttavia, il giudice valuterà con prudenza modifiche unilaterali troppo spinte (specie se la banca obietta). Diciamo che è più frequente che il mutuo prima casa resti fuori intonso, mentre per ipoteche su altri immobili (es. un terreno dato in garanzia per un prestito) spesso si prevede la vendita dell’immobile e il soddisfacimento parziale del creditore con il ricavato.
  • Creditori pignoratizi (pegno): analogamente, se ho un prestito su pegno (ad esempio presso un banco dei pegni su gioielli), potrei decidere di riscattare il bene e restituire il prestito (se mi conviene tenere il bene affettivo), oppure lasciare che il creditore escuta il pegno. In un piano, di solito, debiti di modesta entità garantiti da pegno vengono pagati integralmente o esclusi (nel senso che si lascia che il creditore realizzi dal bene dato in pegno). Es.: ho un pegno su oro per un prestito di €5.000; il piano potrebbe prevedere che quel prestito è pagato integralmente (magari vendendo l’oro stesso) perché tanto è garantito e il suo soddisfacimento non libera risorse per altri.

In generale, i creditori garantiti nel piano:

  • Hanno diritto a un trattamento di favore rispetto ai chirografari, dettato dai loro diritti reali.
  • Possono essere parzialmente falcidiati ma entro i limiti del valore della garanzia. La giurisprudenza ha affermato che la falcidia del credito ipotecario è legittima purché non pregiudichi il creditore rispetto alla realizzazione in sede esecutiva.
  • In caso di vendita volontaria dell’immobile prevista dal piano, di solito il creditore ipotecario prende il ricavato fino a copertura del suo credito (o fino al valore di stima se concordato uno stralcio). Se resta un’insufficienza, quella parte può essere esdebitata.

Un esempio pratico: debitore ha casa del valore stimato €100.000 con mutuo residuo €130.000. Scenario A – esclude il mutuo dal piano, continua a pagare le rate, tiene la casa; in parallelo ristruttura altri debiti. Scenario B – include la casa nel piano: prevede di venderla, ricavare €100.000, darli tutti alla banca mutuante che dunque prende ~77% del suo credito (100 su 130) e la parte restante €30.000 viene falcidiata/esdebitata. Lo scenario A è oggi spesso preferito se il debitore può permettersi le rate, perché tutela l’abitazione.

Debiti tributari e previdenziali (Erario, INPS, cartelle esattoriali)

I debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali meritano una trattazione approfondita: sono spesso tra i più gravosi e sono assistiti da privilegi che li rendono “sensibili”. Comprendono imposte come IRPEF, IVA, IRAP, bollo auto, tasse locali, nonché contributi INPS/INAIL e premi assicurativi obbligatori. Spesso tali debiti confluiscono in cartelle esattoriali emesse dall’Agente della Riscossione (ex Equitalia, ora Agenzia Entrate-Riscossione – AER) insieme magari a sanzioni amministrative e interessi.

Nel piano del consumatore, i debiti fiscali e contributivi:

  • Possono essere inclusi e ristrutturati. Non vi è dubbio che rientrino tra i debiti risanabili tramite sovraindebitamento. Già un’importante circolare dell’Agenzia delle Entrate del 2015 chiarì che i debiti tributari possono far parte di tali procedure. Pertanto, il debitore può proporre di pagarli parzialmente (stralcio) o dilazionarli, come per gli altri debiti.
  • Devono rispettare il criterio di convenienza. Il Fisco è normalmente un creditore privilegiato (per le imposte non pagate c’è privilegio generale mobiliare fino a un certo importo e ipoteca su immobili se iscritta). Ciò significa che nel piano i crediti tributari privilegiati devono essere soddisfatti almeno nella misura in cui troverebbero copertura in una ipotetica liquidazione. Ad esempio, se il debitore possiede un immobile libero da ipoteche dove l’Erario ha privilegio iscritta, il piano non può ignorare che vendendo quell’immobile il Fisco potrebbe soddisfarsi; dunque bisognerà riservare al Fisco un pagamento non inferiore a quel valore di realizzo. Se invece il debitore è nullatenente, lo Stato in una liquidazione non riscuoterebbe nulla: in tal caso è giustificata anche una soddisfazione molto ridotta (o simbolica) nel piano, poiché comunque migliore dello zero assoluto.
  • Falcidia di tributi: è possibile ridurre parzialmente i debiti fiscali (capitale, sanzioni, interessi) nel piano, purché giustificato dall’incapacità del debitore di pagarli integralmente e dalla necessità di equilibrio con gli altri crediti. Storicamente, c’è stata una forte discussione sulla falcidiabilità di IVA e ritenute non versate. Inizialmente, la L.3/2012 all’art. 7 co.1 vietava espressamente di falcidiare IVA e ritenute nel piano/accordo, analogamente a quanto previsto per i concordati fallimentari, ritenendo tali entrate “indisponibili” perché risorse UE (l’IVA) o somme dovute per legge da terzi (le ritenute). La Corte Costituzionale, con sentenza n. 245/2019, ha però dichiarato incostituzionale quel divieto limitatamente all’IVA, aprendo la strada alla falcidia anche dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento. Di conseguenza, oggi anche l’IVA può essere trattata come gli altri tributi nel piano del consumatore, cioè può esserne proposto un pagamento parziale (stante sempre la valutazione di convenienza). La ratio è che discriminare i piccoli debitori (sovraindebitati) rispetto alle grandi imprese (che in concordato non possono falcidiare IVA) era incostituzionale. Pertanto, superato quel divieto, non vi sono più tabù assoluti: il debitore può proporre ad esempio di pagare il 20% di un debito IVA, se questo è quanto realisticamente può offrire e se tanto otterrebbe il Fisco in caso di alternativa liquidatoria.
    • Eccezione ritenute non versate: per le ritenute fiscali operate e non versate (es: un datore di lavoro che ha trattenuto IRPEF ai dipendenti ma non l’ha versata), il discorso è rimasto più delicato. La Consulta 245/2019 riguardava testualmente l’IVA. Alcune pronunce di merito hanno esteso la possibilità di falcidia anche alle ritenute, richiamando principi di eguaglianza. Nel 2020-2021, con la modifica alla L.3/2012, è stato di fatto eliminato il riferimento al divieto anche per ritenute. Quindi, ad oggi si tende a ritenere possibile includere anche quei debiti, sebbene con prudenza. L’ultimo Decreto Correttivo Ter 136/2024 ha ulteriormente chiarito la possibilità per i piani “soggetti ad omologa” di prevedere pagamenti parziali o dilazionati anche di tributi amministrati da Agenzia Entrate-Riscossione, consolidando così l’ammissibilità di falcidie/dilazioni per tutti i tributi, IVA compresa.
    In sintesi, nel piano del consumatore si può ottenere una forte riduzione dei debiti tributari e previdenziali, se ciò è giustificato dalla situazione economica del debitore e dalla comparazione con la liquidazione. Ad esempio, se Tizio deve €50.000 tra IRPEF e contributi, e non ha beni, il piano potrebbe proporre il pagamento di soli €5.000 (10%) rateizzati, dimostrando che in una liquidazione creditori privilegiati comunque non otterrebbero nulla dai beni inesistenti, e dunque anche il 10% rappresenta per essi un miglior beneficio.
  • Transazione fiscale: Nelle procedure concorsuali delle imprese esiste l’istituto della transazione fiscale (accordo col Fisco su importi e dilazioni). Nel piano del consumatore non è obbligatorio stipulare una transazione separata, data la natura stessa del piano (imposto dal giudice). Il debitore può tuttavia, in fase di predisposizione, consultarsi con l’Agente della Riscossione per trovare un punto di equilibrio e ottenere magari il supporto o la non opposizione del Fisco in udienza. Dal 2021, con il DL 137/2020, era stata introdotta la possibilità per il giudice di omologare gli accordi di sovraindebitamento anche in caso di voto contrario del Fisco se l’offerta era comunque conveniente (il cosiddetto cram-down fiscale). Oggi, nel piano del consumatore, non essendoci voto, questa tradizione prosegue: il giudice può omologare anche se l’Agenzia Entrate si “oppone”, purché il piano sia conveniente per essa rispetto alla liquidazione. Quindi, in concreto, il Fisco non ha potere di veto ma certamente le sue osservazioni vengono attentamente considerate dal tribunale.
  • Debiti con garanzie dello Stato: Alcuni debiti verso lo Stato possono essere assistiti da privilegio speciale (es. su un determinato bene, come il privilegio dello Stato sulle cose servite per commettere reati tributari, etc.) oppure avere natura punitiva (multe da reati tributari). Quelli punitivi, come vedremo, non si esdebitano. Quelli semplicemente privilegiati rientrano nel discorso generale: vanno trattati come privilegiati qualsiasi.
  • Contributi previdenziali: I debiti verso INPS, Casse professionali, ecc., generalmente godono di privilegio generale sui mobili del debitore al pari dei tributi. Non esistono divieti specifici di falcidia (non essendo “risorse UE”). Dunque un debito INPS per contributi non versati potrà essere tagliato se il debitore non ha beni liquidabili a copertura. Ovviamente, se i contributi riguardano dipendenti (omessi versamenti previdenziali per i lavoratori), subentra anche la considerazione che quell’omissione è grave; se però l’attività è cessata, il debitore persona fisica può includerli proponendo il pagamento di una percentuale. È opportuno in tali casi illustrare nella proposta la ragione per cui non si possono pagare integralmente (es. il patrimonio insufficiente, la necessità di equa distribuzione anche verso altri creditori etc.). L’INPS potrà opporsi se trova incongruo lo stralcio, ma il giudice deciderà con lo stesso criterio di convenienza.

In definitiva sui debiti fiscali/previdenziali: negli ultimi anni c’è stata una evoluzione normativa e giurisprudenziale che li ha resi ristrutturabili quasi come gli altri. Oggi:

  • L’IVA può essere falcidiata grazie alla Corte Cost. 245/2019.
  • Il Codice ha integrato queste novità (non reintroducendo più divieti e anzi con il correttivo 2024 facilitando transazioni e piani con l’Erario).
  • Resta fermo che se alcuni tributi hanno un trattamento di privilegio superiore, vanno soddisfatti almeno secondo quel rango. Ma ad esempio, le sanzioni amministrative e interessi di mora su debiti fiscali non privilegiati possono essere anche totalmente stralciati, perché in liquidazione con precedenza ai capitoli privilegiati, quelle parti chirografarie non vedrebbero nulla.

Va ricordato inoltre che spesso il Fisco stesso, fuori dal piano, concede definizioni agevolate (rottamazioni, saldo e stralcio): se un debitore accede ad una rottamazione per alcune cartelle, può inglobare quell’accordo nel piano (pagando le rate rottamazione come impegno nel piano). Se però il debito fiscale è già rateizzato e in bonis con Agenzia Entrate, tendenzialmente non si includerebbe nel piano per non alterare l’accordo esistente (analogo al discorso del mutuo casa in regola). Ma se la rata è insostenibile insieme agli altri debiti, il piano può rimodularla.

Chiudiamo i tributi con un aspetto: debiti fiscali derivanti da reati tributari (es: evasione con condanna). La legge prevede che in caso di condanna definitiva per certi reati fiscali, i relativi debiti non possano essere esdebitati. Significa che, se Tizio è stato condannato per frode fiscale e deve €100.000 di imposte evase, anche se fa un piano e ne paga una parte, il residuo non verrà cancellato. Questo funge da sanzione: non ci si libera dei debiti da reato. Quindi, nel piano del consumatore, tali debiti dovrebbero preferibilmente essere pagati integralmente (magari dilazionati) se possibile; se non lo sono, il residuo sopravviverà. In genere, con un debito di questo tipo molto alto è difficile uscire: a meno di pagarlo, il debitore resterà esposto. È una delle poche eccezioni alla fresh start.

Debiti chirografari (prestiti personali, finanziarie, fornitori, carte di credito, ecc.)

I debiti chirografari, cioè non assistiti da alcuna garanzia o privilegio, comprendono una vasta gamma: prestiti personali, scoperti di conto corrente, cessioni del quinto (la parte non già trattenuta dallo stipendio), debiti verso parenti o amici, canoni non pagati, bollette e utenze arretrate, ecc. In un piano del consumatore:

  • Questi debiti sono quelli che più beneficiano della falcidia. Non essendoci alcun diritto di prelazione, sono in fondo alla gerarchia. Pertanto il debitore può proporre di pagarli solo parzialmente, in misura proporzionale alle risorse disponibili dopo aver soddisfatto i creditori eventualmente privilegiati.
  • Nessuna percentuale minima obbligatoria: Diversamente dal concordato preventivo delle imprese (dove un tempo vigeva una regola del 20% minimo per chirografari, poi abolita anch’essa), nella composizione da sovraindebitamento non esiste una soglia minima di pagamento per i chirografari. Il piano potrebbe prevedere di pagarli anche in misura molto esigua (es. il 5% o il 2% del dovuto) se questo è il massimo sforzo possibile del debitore e comunque i chirografari col piano ottengono qualcosa in più di quanto otterrebbero altrimenti (che spesso è zero, in mancanza di beni). Naturalmente, più basso è il dividendo offerto, più attento sarà il giudice nel valutare che davvero non si potesse fare di meglio e che il debitore stia mettendo a disposizione tutto il ragionevole. Ma in linea di principio, anche un pagamento simbolico ai chirografari può essere omologato se rispetta le condizioni (ad esempio: il debitore non ha beni, può destinare ai creditori solo €100 al mese per 4 anni – totale ~€5.000 – a fronte di €100.000 di debiti chirografari; ciò significa offrire il 5%, ma se in liquidazione non avrebbero avuto niente perché il suo stipendio basta appena a sopravvivere, quell’offerta è comunque vantaggiosa per loro).
  • Dilazioni: Il piano può prevedere di pagare i chirografari in rate durante la durata del piano, oppure in un’unica soluzione finale usando magari il ricavato della vendita di un bene. Spesso si fa una combinazione: ad esempio, i creditori chirografari vengono soddisfatti con quello che rimane di un fondo mensile dopo aver pagato eventuali privilegiati. Il piano può definire che riceveranno una certa somma annua proporzionalmente.
  • Trattamento equo fra chirografari: Una questione rilevante è se si possano discriminare tra diversi creditori chirografari (pagandone alcuni di più, altri di meno). In generale, siccome non c’è voto, la suddivisione tra chirografari la decide il debitore sotto controllo OCC/giudice. Si possono creare delle classi di chirografari anche se la legge non lo richiede espressamente per il piano (lo richiede per concordato minore in certi casi). Ad esempio, il piano potrebbe raggruppare i debiti finanziari e proporre loro il 10%, e i debiti verso amici/parenti e proporre il 0% (per ragioni etiche magari vuole favorire di più chi gli ha prestato professionalmente rispetto ai parenti, o viceversa). Qualsiasi disparità però va motivata e non deve risultare arbitraria o fraudolenta. Il giudice verificherà che non sia leso il principio di parità di trattamento se non giustificato. Nella prassi spesso tutti i chirografari vengono soddisfatti proporzionalmente in egual misura. Oppure si dividono per tipologia: finanziarie in una classe, fornitori in un’altra, ecc., se vi fossero ragioni economiche (ad es. per convincere un creditore essenziale a continuare a fornire un servizio).
  • Cessione del quinto e delegazioni di pagamento: se il debitore ha in corso una cessione del quinto dello stipendio per un prestito (quindi la finanziaria riceve direttamente dall’azienda una quota stipendiale), come trattare quel debito nel piano? La cessione del quinto crea un rapporto trilatero; però il debito sottostante è chirografo. Solitamente, in pendenza di procedura, quelle trattenute potrebbero essere sospese su ordine del giudice (perché rientrano nel divieto di atti esecutivi se il debitore lo richiede: alcune interpretazioni considerano la prosecuzione della cessione come incompatibile con la sospensione generale delle azioni, anche se contrattuale e non giudiziaria). In piano, si può proporre di ridurre l’importo da restituire (es: restituire solo la metà del debito residuo sul quinto) per liberare reddito per altri creditori. Non c’è un orientamento unico, ma è possibile inserire il creditore cessionario del quinto tra i chirografari e falcidiarne il credito residuo. Bisognerà poi vedere come tecnicamente sospendere la cessione: di solito serve un provvedimento del giudice che intimi al datore di lavoro di non trattenere oltre la percentuale eccedente quanto previsto in piano.
  • Debiti bancari non garantiti: ad es. scoperto di C/C, prestito personale – trattati come chirografari. Le banche in genere verificheranno che la proposta sia seria e che il debitore stia mettendo a disposizione i suoi beni (ad esempio vendendo l’auto di grossa cilindrata se non serve, ecc.). Altrimenti potrebbero opporsi per malafede. Ma se tutto è trasparente, subiranno la falcidia come gli altri.
  • Carte di credito, revolving: anch’essi chirografari. Spesso nei piani le finanziarie di carte prendono percentuali minime, considerata la natura del credito (spesso molto gonfiato da interessi e penali).
  • Debiti verso fornitori o affitto: se un consumatore ha debiti verso fornitori (caso di un professionista, ma allora non sarebbe consumatore per definizione; se li ha come privato – es bollette non pagate) – anch’essi chirografari. Debito d’affitto arretrato: pure chirografo (anche se il locatore potrebbe avere in teoria privilegio sul deposito cauzionale o altri beni, ma di solito no).
  • Debiti personali verso amici/parenti: se inclusi (il debitore può includere anche debiti verso la famiglia che magari lo ha aiutato), formalmente sono chirografari. A volte però si sceglie di escluderli volontariamente dal piano (il parente acconsente a non partecipare per lasciare risorse ad altri), oppure li si paga integralmente fuori dal piano (ma ciò potrebbe essere visto male se penalizza i creditori “esterni”: l’OCC di solito raccomanda di trattare i parenti come gli altri chirografari, per evitare censure di favoritismo).

In sintesi, i debiti chirografari sono quelli su cui il piano del consumatore offre il maggiore sollievo: possono essere radicalmente ridotti, compatibilmente con le possibilità economiche del debitore. L’obiettivo è dare al debitore una prospettiva di liberarsi dalla quota di debito che eccede la sua capacità contributiva. Del resto, se il debitore dovesse pagare al 100% i chirografi, difficilmente avrebbe bisogno di un piano; l’essenza del sovraindebitamento sta proprio nel taglio di questa parte di debito “eccedente”.

Come note finali:

  • I creditori chirografari che subiscono uno stralcio consistente potranno cercare di opporsi all’omologa per scarsa convenienza. Ma se il debitore non ha patrimonio, la convenienza di solito c’è comunque perché l’alternativa è nulla.
  • Molti piani prevedono per i chirografari un pagamento in un’unica soluzione finale ottenuto, ad esempio, con un nuovo finanziamento (spesso familiare) al termine: es. “i chirografari riceveranno complessivamente €10.000 al termine del piano, grazie a un prestito che il figlio del debitore concederà per chiudere la procedura”. Questo può facilitare l’omologa perché dà certezza ai creditori di ottenere quell’importo (garantito dall’impegno del terzo).
  • In alcuni casi, i creditori chirografari possono decidere volontariamente di rinunciare a opporsi o persino di aderire informalmente: capita che alcune finanziarie, ricevuta la proposta, non si presentino in udienza o comunichino all’OCC di essere d’accordo. Pur non essendo un voto formale, ciò rende il giudice più tranquillo nell’omologa.

Debiti per sanzioni, alimenti, danni da illecito: crediti non falcidiabili e non esdebitabili

Ci sono categorie di debito particolari che, per motivi di ordine pubblico, non possono essere eliminati nemmeno da una procedura concorsuale. La L.3/2012 (art. 12-ter, comma 3, e art. 14-terdecies) e il CCII prevedono infatti espresse esclusioni dall’esdebitazione per taluni crediti. È importante conoscerli perché il piano del consumatore:

  • potrebbe doverli escludere dal novero delle passività trattate (pagandoli integralmente o lasciandoli fuori),
  • oppure, se li include, sappiamo che eventuali importi non pagati residui resteranno comunque a carico del debitore anche dopo la procedura.

Le principali categorie sono:

  1. Obblighi alimentari e di mantenimento: Debiti verso coniuge, figli o altri aventi diritto agli alimenti, derivanti da sentenze o accordi di separazione/divorzio, ecc. Questi non possono essere oggetto di esdebitazione. La ragione è che il diritto agli alimenti è considerato indisponibile e primario (serve al sostentamento dei familiari). Quindi, se Tizio deve €10.000 di arretrati per il mantenimento dei figli, il piano dovrebbe prevedere il pagamento integrale di questa somma (magari dilazionata, ma integralmente) – non è ammessa una falcidia, salvo diverso accordo con il creditore (ma trattandosi di minori, è comunque tutela). Anche completando il piano, Tizio resterà comunque obbligato per eventuali somme alimentari non soddisfatte. Dunque conviene inserirle al 100%.
  2. Debiti da risarcimento di danni extracontrattuali per fatti illeciti: ad esempio, danni da responsabilità civile derivanti da reato (lesioni personali, omicidio stradale, ecc.) oppure da colpa grave (danno ambientale, ecc.). La legge esclude che tali debiti siano cancellati: tutelano le vittime e il principio di responsabilità personale. Quindi, se Caio è condannato a risarcire €50.000 a una vittima di un incidente causato da lui, quel debito non si estinguerà con il piano. Può includerlo e magari pagarlo in parte, ma il residuo resterà. Oppure potrebbe escluderlo dal piano (ma la vittima potrebbe agire esecutivamente a parte, a meno che Caio non cerchi un accordo anche lì). In pratica, questi crediti vanno trattati come prioritari: conviene prevedere pagamenti significativi se possibile, perché tanto il debitore non se ne libererà comunque.
  3. Sanzioni penali e amministrative di natura penale: Multe, ammende e sanzioni pecuniarie inflitte per reati non sono esdebitabili. Ad esempio, una multa penale per evasione fiscale, oppure un’ammenda in sede penale, restano dovute. Anche sanzioni amministrative punitive come quelle Antitrust (AGCM) sono escluse. Dunque, se un consumatore ha una multa del tribunale da €5.000, quel debito non può essere perdonato. Il piano di solito la paga integralmente oppure la esclude (ma allora continueranno sanzioni e interessi). Meglio includerla per togliersela di torno, se possibile.
  4. Debiti tributari derivanti da condotte fraudolente accertate con sentenza penale definitiva: Questo caso l’abbiamo già citato: se c’è stata condanna per reati tributari gravi (dichiarazione fraudolenta, fatture false, ecc.), le relative imposte evase non si esdebitano. La logica: non usi la procedura per cancellare i debiti creati tramite reati. Quindi, di fatto, quel debito fiscale andrebbe considerato come escluso dalla remissione finale – il piano può solo diluirlo.
  5. Debiti contratti in malafede o con dolo verso i creditori: Se è dimostrabile che il debitore ha contratto un certo debito in malafede, senza intenzione di pagarlo, quel debito può essere escluso dall’esdebitazione. È una clausola di salvaguardia: es. se emergesse che il debitore ha preso un grosso prestito già pensando al fallimento, il giudice potrebbe decidere che quel creditore non dev’essere penalizzato dalla procedura. Tuttavia, nella pratica, questo aspetto confluisce nella valutazione di meritevolezza globale: se davvero c’è dolo nel contrarre un debito, forse la procedura verrebbe proprio rigettata ex art. 69 CCII per frode. In ogni caso la norma indica che quel debito specifico potrebbe non essere esdebitato.
  6. Debiti di origine da rapporto di lavoro subordinato: Se il debitore è un datore di lavoro che deve retribuzioni, TFR o contributi ai dipendenti, questi debiti spesso beneficiano di privilegi (per i 12 mesi di retribuzioni antecedenti e TFR c’è privilegio di grado elevato). Ma al di là del privilegio, la legge menziona che specie se legati a comportamenti in malafede (tipo l’imprenditore che non paga apposta gli stipendi) possono essere esclusi dal beneficio dell’esdebitazione. Questo riguarda più il concordato minore/liquidazione, in realtà, perché un consumatore puro non dovrebbe avere debiti da lavoro subordinato (salvo colf/badanti non pagate, che però avrebbero privilegio come lavoratrici domestiche). Comunque, è un monito: i debiti verso i lavoratori vanno trattati con priorità e non fatti sparire a cuor leggero.
  7. Debiti da condanne per responsabilità professionale grave: Anche questo è un caso di risarcimento danni, in fondo. Se un professionista (avvocato, medico) – che però se è professionista il suo sovraindebitamento sarebbe da concordato minore, ma ipotizziamo fosse persona non fallibile – ha una condanna a risarcire per colpa grave o dolo, quel debito potrebbe essere considerato non esdebitabile. Se invece l’errore professionale è lieve (colpa lieve), allora rientrerebbe (perché non c’è volontarietà o gravità estrema).
  8. Debito verso il Fondo vittime della strada: Questo è un esempio particolare ma interessante: il Fondo di garanzia per le vittime della strada paga i danni causati da pirati della strada non assicurati, poi si surroga per recuperarli dal responsabile. La legge esclude dall’esdebitazione anche queste somme (equiparandole a danni da illecito). Quindi chi ha un debito verso CONSAP/Fondo vittime per un incidente non pagato, non se ne libera col piano.

Dal punto di vista pratico, nell’elaborare un piano:

  • L’OCC identifica questi crediti particolari e in genere li segnala separatamente, spiegando che essi non beneficiano dell’esdebitazione ai sensi di legge.
  • Si cerca di pagarli integralmente nel piano se possibile (magari con l’aiuto di risorse esterne), proprio per risolverli. Oppure, se non è possibile, il debitore viene reso consapevole che per quelli la battaglia non finirà con la chiusura del piano.
  • Alcuni giudici richiedono che nel piano sia chiaramente indicato: “Tale debito per multa penale non rientra nell’esdebitazione ex art. 282 CCII” (per citare l’articolo del Codice che esclude le fattispecie).

Ricordiamo infatti che l’esdebitazione a fine piano opera su tutti i crediti concorsuali, tranne quelli esclusi dalla legge. Quindi se un credito è escluso, vuol dire che anche dopo la procedura resta “concorsuale non soddisfatto” e, teoricamente, il creditore potrà riprendersela col debitore. In certi casi, come alimenti, si può pignorare stipendio ecc. in seguito.

In conclusione su questo tema, il piano del consumatore non è una panacea universale: alcuni debiti “sensibili” restano comunque dovuti. Fortunatamente, per la maggior parte dei debiti ordinari (banche, finanziarie, fisco ordinario, fornitori) l’esdebitazione è invece totale. L’idea è che punizioni (multe) e obblighi morali (alimenti) non possano essere cancellati da un giudice fallimentare.

Il debitore, con l’aiuto del consulente, dovrà pianificare di conseguenza:

  • Prioritizzare il pagamento di debiti non esdebitabili (per non uscire dalla procedura ancora con quelle zavorre).
  • Essere consapevole che se lascia indietro alimenti o risarcimenti da reato, li dovrà comunque affrontare post-omologa.

Simulazione pratica: esempio di un piano del consumatore

Per rendere più concreto quanto esposto, proponiamo una simulazione numerica di un possibile piano del consumatore, con relativa ripartizione tra i creditori. Immaginiamo la situazione di Mario, consumatore residente in Italia, con queste caratteristiche (dati inventati a scopo illustrativo):

  • Situazione familiare ed economica: Mario ha quarantaquattro anni, lavoro da dipendente con stipendio netto di €1.500 mensili, moglie e un figlio a carico. Non ha attività d’impresa.
  • Patrimonio: possiede un appartamento dove risiede con la famiglia (prima casa), valore di mercato stimato €140.000, gravato da mutuo ipotecario residuo di €150.000; possiede un’utilitaria del valore €5.000. Non ha altri beni rilevanti (niente immobili secondari, niente investimenti finanziari significativi).
  • Debiti totali: ha debiti per circa €100.000 così composti:
    • Mutuo casa: capitale residuo €150.000 (debito ipotecario con banca Alfa).
    • Debiti tributari: €30.000 con Agenzia Entrate Riscossione, derivanti da varie cartelle (incluse IRPEF non versata per alcuni anni, una cartella per bollo auto e una multa stradale non pagata). Di questi €30.000, supponiamo che €10.000 siano per IRPEF e addizionali con privilegio e €5.000 per IVA arretrata, €5.000 per una multa del codice della strada (sanzione amministrativa) e €10.000 per interessi/multe varie.
    • Debiti verso finanziarie/banche non garantiti: €50.000 (prestiti personali e carte di credito con Banca Beta, Finanziaria Gamma, ecc.).
    • Debito per mantenimento figli: €5.000 di arretrati verso l’ex moglie (obblighi alimentari).

(Nota: totale debiti qui sarebbe €235.000 – di cui €150k mutuo + 85k altri. Ma notiamo che il mutuo casa è maggiore del valore casa; inoltre molti di questi debiti non possono essere pagati per intero con il reddito attuale di Mario.)

Obiettivo: Mario, in accordo con l’OCC, vuole salvare la casa e ristrutturare il resto dei debiti, avendo a disposizione il suo stipendio e nessun altro capitale immediato. Decidono quindi di mantenere il mutuo casa fuori dal piano (per non perdere l’abitazione) e di proporre un piano di durata 5 anni utilizzando il surplus di stipendio disponibile ogni mese, nonché destinando alla procedura un piccolo bonus iniziale (ottenuto vendendo l’auto e facendosi aiutare da un parente).

Supponiamo che dal bilancio familiare di Mario emerga che, tolte le spese essenziali di vita e continuando a pagare la rata mutuo di €600/mese, restino circa €300 al mese che può impegnare per i creditori nel piano (equivalenti a €3.600 l’anno). Inoltre, Mario può vendere la sua auto per €5.000 e avere in prestito dal padre altri €5.000, mettendo così sul piatto inizialmente €10.000 “una tantum”.

Struttura della proposta di piano:

  • Mutuo ipotecario (Banca Alfa): escluso dal piano ai sensi dell’art. 67 co.5 CCII. Mario è in regola con le rate e continuerà a pagarle normalmente fuori dalla procedura. Ciò significa che la banca Alfa continuerà a ricevere €600/mese e otterrà alla fine (dopo i 5 anni del piano) l’intero suo credito salvo eventuali residui oltre il valore dell’immobile. Non viene richiesto alla banca alcuno stralcio formale, ma di fatto la banca accetta che il piano non la riguardi (non può opporsi perché i suoi pagamenti proseguono regolarmente). La casa di Mario non verrà toccata.
  • Debiti alimentari verso ex moglie (€5.000): inseriti nel piano con pagamento integrale al 100% entro la fine del secondo anno. L’OCC propone di destinare una quota prioritaria dei fondi iniziali proprio a saldare questo debito, data la sua natura non esdebitabile. Ad esempio, €5.000 dei €10.000 iniziali raccolti da Mario verranno usati subito per pagare gli arretrati di mantenimento. Così questo debito si estingue completamente entro il primo anno.
  • Debiti tributari (€30.000 con Agenzia Riscossione): L’OCC, analizzato il dettaglio, formula una proposta di saldo parziale ~30% di tali debiti, così suddiviso:
    • IVA (€5.000): pagata integralmente al 100% (falcidia zero). Questa scelta viene fatta per evitare possibili contestazioni (anche se la legge ora consente la falcidia IVA, si preferisce qui non tagliarla, anche perché l’importo non è alto).
    • IRPEF e altri tributi privilegiati (€10.000): pagati al 50% (€5.000). Poiché Mario non ha liquidità per pagarli interamente e non possiede altri beni oltre la casa (che però è già gravata dal mutuo superiore al valore), l’Erario in una liquidazione non otterrebbe niente (la casa sarebbe presa dalla banca ipotecaria, nulla rimarrebbe per il privilegio erariale). Offrire €5.000 su €10.000 significa comunque dare qualcosa e appare equo.
    • Multa stradale (€5.000): proposta di stralcio al 20% (€1.000). Essendo sanzione amministrativa, formalmente non privilegiata (diventa chirografa una volta messa a ruolo, salvo aggi se presenti), e trattandosi di debito verso ente pubblico locale, l’OCC ritiene di poterla falcidiare in misura significativa. La multa stradale tecnicamente sarebbe non esdebitabile se rientra tra le sanzioni di natura penale? No, il codice della strada è amministrativo, quindi questa dovrebbe essere esdebitabile, credo. Quindi la falcidiamo pure.
    • Interessi di mora e sanzioni su tributi (€10.000): questi sono chirografari puri, si propone di stralciarli completamente (0%). In pratica si chiede di non pagarli affatto, puntando sul fatto che in liquidazione non sarebbero soddisfatti e il sacrificio è ragionevole.
    Il totale che Mario pagherebbe al Fisco sarebbe quindi: €5.000 (IRPEF ridotta) + €5.000 (IVA intera) + €1.000 (multa stradale ridotta) + €0 (interessi/sanzioni) = €11.000 circa, dilazionati in 5 anni. Questo equivale a circa il 36% del debito complessivo verso AER. Pianificazione pagamenti: supponiamo che Mario destini €2.000 all’anno al Fisco per 5 anni + €1.000 il primo anno (per la multa). Così in 5 anni paga €11.000 circa. L’Erario (Agenzia Entrate-Riscossione) nel piano risulta soddisfatto parzialmente ma in misura congrua rispetto a quanto otterrebbe pignorando lo stipendio di Mario (che, avendo già la cessione mutuo e famiglia a carico, sarebbe ben poco). L’OCC evidenzia che nessun bene potrebbe essere liquidato per loro se non questa via.
  • Debiti chirografari finanziarie/banca (€50.000): Proposta di pagamento al 10% (€5.000 in totale) in un’unica soluzione al termine del piano, utilizzando i risparmi accumulati dalle rate mensili. Nello schema, Mario ha €300/mese disponibili. Destinandone €200/mese ai creditori chirografari, in 5 anni accumulerà €12.000. Tuttavia, parte di queste risorse inizialmente sono state usate per alimenti e fisco. Quindi ipotizziamo che per i primi due anni Mario destini quasi tutto ai creditori privilegiati (alimenti e fisco), e poi nei successivi 3 anni possa accantonare l’importo per i chirografari. Con l’aiuto magari di un contributo finale extra (un bonus dal datore di lavoro o la restituzione di un credito IRPEF), riesce a mettere insieme €5.000 da distribuire tra i vari creditori chirografari. Distribuzione prevista: in mancanza di classi differenziate, l’OCC propone di pagare tutti i chirografari in percentuale uguale (10%). Quindi:
    • Banca Beta (prestito €20.000) riceverà €2.000.
    • Finanziaria Gamma (carta credito €15.000) riceverà €1.500.
    • Altra finanziaria Delta (prestito €15.000) riceverà €1.500.
    Totale: €5.000 (10% di 50k). Queste somme verranno versate in un’unica soluzione nel 60º mese (fine quinto anno). L’OCC giustifica tale basso dividendo spiegando che se il piano non fosse attuato, i creditori chirografari non vedrebbero nulla (poiché l’ipoteca della banca copre tutto il bene e lo stipendio di Mario è assorbito dalle spese essenziali e dal mutuo). Pertanto, il 10% rappresenta anzi un vantaggio per loro. Nessun creditore chirografario risulterebbe trattato in modo deteriore rispetto agli altri, essendo tutti falcidiati ugualmente.
  • Costi della procedura e OCC: supponiamo €3.000 tra compenso OCC e spese legali, che il piano prevede di pagare ratealmente attingendo ai contributi mensili (questi costi sono in prededuzione, quindi vanno coperti prima di distribuire ai creditori). L’OCC potrebbe concordare di ricevere €50 al mese per 60 mesi a copertura del suo compenso – circa €3.000 – oppure di essere pagato con priorità dai primi versamenti.

Ora traduciamo questo scenario in una tabella riassuntiva per vedere il quadro pre e post piano:

Categoria di debitoImporto dovuto inizialeTrattamento nel pianoImporto pagato dal pianoPercentuale di soddisfo
Mutuo ipotecario prima casa (Banca Alfa)€150.000Escluso dal piano; Mario prosegue pagamento rate mensili fuori procedura (nessuna falcidia)fuori piano (€600/mese)100% (pagamento integrale, mutuo prosegue)
Debiti alimentari (ex moglie, mantenimento)€5.000Inserito – pagato integralmente entro 1º anno (prioritario con fondi iniziali)€5.000100% (saldato interamente)
Debiti tributari totali (Agenzia Riscoss.)€30.000Inseriti – falcidia parziale: • IVA €5.000 pagata 100%; • IRPEF €10.000 pagata 50%; • Multa stradale €5.000 pagata 20%; • Sanzioni/interessi €10.000 pagati 0%.€11.000 circa in 5 anni~36% in media (varia per sottovoci: IVA 100%, ecc.)
Debiti chirografari (prestiti, carte)€50.000Inseriti – falcidia forte: pagato circa 10% a saldo finale (dopo privilegi)€5.000 (al 5º anno)10% (uguale per tutti i chirografari)
Totale (escluso mutuo fuori piano)€85.000 (dentro piano)€21.000 (pagato tramite piano)~24,7% (media ponderata sul totale dentro piano)

Nel complesso, Mario tramite il piano del consumatore:

  • Mantiene la sua casa e continua a pagarne il mutuo regolarmente.
  • Si libera dei debiti alimentari pagando il dovuto.
  • Si libera dei debiti con il Fisco pagando circa un terzo di essi (focalizzando i pagamenti sulle componenti privilegiate e IVA).
  • Paga una piccola percentuale ai creditori finanziari, che altrimenti avrebbero incassato zero.
  • Dopo 5 anni, ottiene l’esdebitazione: i debiti residui non pagati (€19.000 di tributi tagliati, €45.000 di finanziarie non pagati) vengono cancellati. Egli rimane con il solo mutuo casa (che prosegue) e senza altre esposizioni.

Dal punto di vista dei creditori:

  • Banca Alfa (mutuo): non subisce perdite dal piano, continua regolarmente, con l’immobile a garanzia intatto.
  • Ex moglie: ha recuperato tutto l’arretrato (è soddisfatta).
  • Erario: ha incassato €11.000 su €30.000 (ha falcidia, ma probabilmente la ritiene accettabile visto che su gran parte di quella somma non aveva garanzie).
  • Finanziarie: hanno incassato 10 centesimi per ogni euro di credito; non è molto, ma è meglio che attivare inutili pignoramenti sullo stipendio (che avrebbero fallito a causa del mutuo già in essere e dei limiti di pignorabilità per legge).

Il tribunale, valutati i parametri, potrebbe omologare un piano del genere se riscontra:

  • Meritevolezza di Mario (che appare, non risultando atti in frode e avendo egli stesso messo a disposizione l’auto e l’aiuto del padre).
  • Convenienza per i creditori (nessun creditore dimostra che avrebbe avuto di più senza piano: la casa è ipotecata oltre valore, lo stipendio pignorabile per un quinto – 300€/mese – è di fatto ciò che sta offrendo volontariamente).
  • Fattibilità (300€/mese per 5 anni è fattibile secondo l’OCC, i €10.000 iniziali sono già pronti, e Mario conserva la casa quindi la famiglia ha stabilità abitativa).

Una volta omologato, Mario dovrà seguire scrupolosamente il piano:

  • Versa subito i €10.000 iniziali: l’OCC paga €5.000 all’ex moglie e €5.000 all’Erario (coprendo IVA e parte IRPEF ad esempio).
  • Ogni mese versa €300 all’OCC: l’OCC li smista, per i primi due anni principalmente all’Erario (per completare gli €11.000 dovuti in 5 anni, concentrandone di più all’inizio magari).
  • Dopo aver soddisfatto il Fisco entro il 5° anno, accumula il resto per i chirografari e li paga a fine piano.

Al termine del 5° anno, l’OCC relaziona che Mario ha adempiuto correttamente. Il giudice dichiara esdebitato Mario per i residui. Mario esce dalla procedura con i seguenti debiti residui estinti:

  • Ex moglie: nulla (era pagata).
  • AER: residuo €19k annullato dall’esdebitazione, tranne la multa stradale se considerata sanzione non esdebitabile. In questo caso, attenzione: la multa stradale essendo amministrativa non punitiva (codice della strada) dovrebbe essere esdebitabile – a differenza ad es. di una multa penale. Quindi direi residuo multa stradale €4k anche cancellato. Se ci fosse stata una multa penale, residuo non cancellato.
  • Finanziarie: residuo €45k cancellato.
  • Banca Alfa: il debito mutuo prosegue (€150k meno 5 anni di rate pagate). Non esdebitato perché fuori piano.

Questa simulazione illustra come un piano del consumatore ben congegnato possa permettere a un debitore sommerso dai debiti di ristrutturare e ridurre drasticamente il proprio carico, pur salvaguardando i beni essenziali (la casa) e pagando per quanto possibile i creditori in posizione più sensibile (famiglia, Fisco). Naturalmente ogni caso è diverso: se Mario non avesse avuto reddito disponibile, forse avrebbe dovuto optare per la liquidazione controllata o per un esdebitamento incapiente. Se avesse avuto più beni, avrebbe dovuto destinarne il ricavato ai creditori (ad esempio vendendo la seconda casa, ecc.).

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito rispondiamo ad alcune domande frequenti in materia di piano del consumatore, in modo da chiarire dubbi pratici e punti chiave emersi nella guida.

D: Posso includere tutti i tipi di debito nel piano del consumatore?
R: In linea di massima sì, il piano può comprendere la maggior parte dei debiti (bancari, finanziari, rate, bollette, fisco, contributi, privati, ecc.). Fanno eccezione i debiti futuri non ancora esigibili e quei debiti che la legge esclude dalla cancellazione. Ad esempio, non puoi “liberarti” degli obblighi di mantenimento verso i figli, né delle sanzioni penali pecuniarie: se li inserisci nel piano, devi comunque pagarli per intero, altrimenti il residuo resterà dovuto. Inoltre, se hai debiti derivanti da attività professionale o d’impresa, questi non dovrebbero entrare nel piano del consumatore: dovresti usare il concordato minore o comunque tenerli separati. Quindi, in generale, nel piano entrano i debiti personali “normali”. Tutto ciò che è per legge escluso dall’esdebitazione dovrà essere pagato, ora o dopo.

D: I debiti con il Fisco (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione) si possono ridurre?
R: Sì, il piano può prevedere una riduzione (falcidia) o dilazione dei debiti tributari, purché sia ragionevole. Un tempo c’erano vincoli stringenti (ad esempio l’IVA doveva essere pagata integralmente per legge), ma la Corte Costituzionale e la riforma hanno rimosso questi blocchi. Oggi puoi proporre di pagare parzialmente anche IVA e imposte, se proprio non hai modo di pagarle intere. Devi però rispettare una regola: lo Stato non deve ricevere meno di quello che otterrebbe pignorando i tuoi beni. Quindi, se hai beni su cui il Fisco ha garanzie, dovrai destinare a esso almeno quel valore. Se non hai nulla, puoi offrire anche una percentuale bassa giustificata (es. “meglio il 20% subito che 0 in una liquidazione”). Tieni presente che le somme trattenute e non versate come sostituto d’imposta (ritenute) e le sanzioni per reati tributari sono casi particolari: formalmente sarebbero da pagare integralmente, ma se non puoi, il piano può dilazionarli e comunque il residuo non pagato rimarrà. In pratica, sì: si possono stralciare cartelle esattoriali, rateizzarle, anche senza dover fare una transazione fiscale classica, perché decide tutto il giudice. L’importante è che la proposta sia credibile e conveniente rispetto all’alternativa.

D: Cosa succede alla mia casa di abitazione? Rischio di perderla col piano?
R: Uno degli scopi del piano del consumatore è proprio, se possibile, di evitare la perdita della casa familiare. Con la normativa attuale c’è una chance in più: se sei in pari col mutuo prima casa, puoi tenerlo fuori dal piano e continuare a pagarlo regolarmente, mantenendo la casa e l’ipoteca invariati. In tal caso, la casa non viene toccata dalla procedura né può essere venduta dai creditori (perché protetta e perché c’è già l’ipoteca della banca). Devi però poter sostenere la rata del mutuo. Se eri in ritardo, puoi chiedere al giudice di pagare gli arretrati e rientrare in bonis, così da usufruire di questa opportunità. Se invece la rata del mutuo è proprio insostenibile, potresti dover considerare di vendere la casa dentro il piano (magari con la supervisione dell’OCC) e pagare con il ricavato sia la banca sia parte degli altri debiti. Ma, ripeto, l’ordinamento oggi tende a favorire la conservazione della prima casa: la si esclude dal piano e il debitore la conserva, continuando a pagare chi ha ipoteca. Quindi, se il tuo cruccio è “perderò la casa presentando il piano?”, sappi che hai più protezioni qui che lasciando andare avanti i pignoramenti. Infatti, fuori dalla procedura, un creditore con un decreto ingiuntivo potrebbe far mettere all’asta la casa (salvo sia l’unica casa non di lusso, in alcuni casi il fisco non può pignorarla, ma le banche sì). Dentro il piano, quell’asta viene sospesa e se rispetti il piano, la casa è salva.

D: I creditori possono opporsi o rifiutarsi? Serve il loro accordo?
R: Nel piano del consumatore non serve l’accordo dei creditori. Non c’è votazione. È un giudice che decide se omologare, valutando i parametri di legge. I creditori hanno diritto di ricevere la proposta e possono presentare opposizioni in udienza (ad esempio sostenere che il piano è ingiusto verso di loro), ma non hanno potere di veto come in altre procedure concorsuali. In pratica, se il giudice ritiene il piano corretto e conveniente, lo omologa anche con il parere contrario di uno o più creditori. Certo, se tutti i creditori si lamentano e portano argomenti validi (es. “il debitore mi offre troppo poco rispetto a quello che potrei avere”), il giudice ci penserà bene. Ma non basta che un creditore dica “non voglio”. Deve provare che la proposta viola la legge o i suoi diritti (p.es. lo tratta peggio di altri senza motivo, oppure gli dà meno del 5% quando se vendesse un bene otterrebbe il 50%). Quindi, i creditori non “aderiscono” formalmente: subiscono la procedura se omologata. Questa è la grande differenza rispetto a un concordato o all’accordo (dove servivano percentuali di voto). Nel piano del consumatore, l’assenza di voto è sia un vantaggio (niente maggioranze da raccogliere) sia una responsabilità (il giudice fa un controllo stringente al posto dei creditori).

D: Quanto dura la procedura? E la fase di pagamento?
R: La durata dall’inizio all’omologazione può variare da circa 3-4 mesi fino a 6-9 mesi, a seconda della complessità e del carico di lavoro del tribunale. Solitamente: 1-2 mesi per preparare il piano con l’OCC, si deposita; il giudice fissa udienza magari a 60-90 giorni; se tutto ok omologa poco dopo. Durante quell’attesa, sei già protetto dalle azioni esecutive (il giudice di norma nel decreto di apertura sospende i pignoramenti). La durata dell’esecuzione del piano (ossia in quanti anni paghi) dipende da come lo configuri tu in base alle possibilità. Non c’è un limite fisso, ma la prassi vede piani tra 4 e 6 anni di solito. Può essere più breve se vendi subito dei beni e paghi (piano “liquidatorio” in un colpo) o più lungo se hai redditi da distribuire nel tempo. L’importante è che non sia troppo lungo da diventare imprevedibile (oltre 7-8 anni di solito i giudici storcono il naso). In molti casi, si cerca di stare entro i 5 anni che è un orizzonte abbastanza standard (anche psicologicamente, il debitore può impegnarsi per 5 anni – più di così diventa un decennio di sacrifici, difficile). Quindi, se chiedi in generale: da quando presento la domanda a quando sarò senza debiti (esdebitato) – ipotizza una forbice tipica di 5-6 anni (6 mesi per la pronuncia e 5 anni di piano).

D: Durante il piano, i creditori possono aggredirmi lo stesso?
R: Una volta depositata la domanda e ottenuto il decreto di apertura, scatta il blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali. Ciò significa che i creditori non possono iniziare né proseguire pignoramenti o ipoteche o fermi su beni, per tutta la durata del piano (salvo casi eccezionali su istanza del debitore stesso per vendere un bene). Quindi sì, sei protetto. Se un creditore tentasse comunque un pignoramento durante il piano, sarebbe nullo o comunque revocabile. Naturalmente, devi rispettare il piano: se cominci a saltare pagamenti senza autorizzazione, un creditore potrà chiedere la risoluzione anticipata e tornare a perseguitarti. Ma finché sei in regola, il piano omologato sospende e impedisce le esecuzioni. Questo è un enorme sollievo per molti debitori, che vedono finire l’incubo di precetti, aste, pignoramenti dello stipendio, ecc. Tieni conto che già nella fase di ammissione (prima dell’omologa) il giudice può sospendere le esecuzioni pendenti, ad esempio bloccare un’asta immobiliare imminente in attesa della decisione. Insomma, la protezione scatta presto e continua sino a fine piano. Fanno eccezione pochissime cose: ad esempio, i crediti per alimenti futuri – se tu durante il piano non paghi il mantenimento corrente, l’ex coniuge potrebbe agire per quello (perché sono crediti che maturano dopo e non rientrano nel piano). Ma per i debiti inseriti nel piano, i creditori devono stare fermi e attendere quanto stabilito.

D: Cosa succede se non riesco a pagare una rata del piano o viene meno la mia capacità (es. perdo il lavoro)?
R: La tenuta del piano dipende dall’adempimento. Se hai difficoltà temporanee, conviene subito allertare l’OCC e il giudice, prima che i creditori chiedano la risoluzione. Il Codice consente alcune flessibilità: puoi chiedere al giudice di posticipare scadenze o di modificare il piano in casi eccezionali, purché non pregiudichi i creditori. Se perdi il lavoro, magari puoi proporre una modifica del piano (es. allungare un po’ i termini, o vendere un bene in sostituzione delle rate future). Serve l’assistenza dell’OCC e l’approvazione del giudice. Se invece l’inadempimento è grave e senza rimedio, i creditori possono chiedere la risoluzione: il piano viene dichiarato sciolto e si torna alla situazione precedente (tolto quanto eventualmente già pagato, che rimane acquisito ai creditori in acconto). A quel punto, per evitare un assalto disordinato dei creditori, il debitore può comunque ricorrere alla liquidazione controllata. Il CCII prevede che se anche eri decaduto dal piano per colpa, puoi sempre accedere a liquidazione, solo che poi potresti non ottenere l’esdebitazione come punizione. In pratica, se proprio fallisce il piano, non è la fine del mondo: c’è la liquidazione come rete di sicurezza (però perdi i benefici e ricominci il conteggio di 5 anni per eventuale nuova esdebitazione). Quindi il consiglio è: se prevedi di non farcela con una scadenza, muoviti per tempo con l’OCC per trovare soluzioni (rate di riserva, leggero prolungamento, coinvolgimento di un garante, etc.). Il tribunale è di solito disponibile a piccole correzioni, meno se ti presenti a fine piano dicendo “non ho pagato le ultime 3 rate, pazienza”.

D: Posso fare un altro piano del consumatore in futuro se ne ho già fatto uno?
R: Non nell’immediato. La legge pone dei limiti: non puoi ottenere l’esdebitazione (cioè completare un piano o una liquidazione con cancellazione debiti) e poi chiederne un’altra prima che siano trascorsi 5 anni. Inoltre non puoi in ogni caso avere più di due esdebitazioni nella vita. Quindi al massimo due colpi: se hai già fatto due procedure andate a buon fine, una terza volta non è ammessa. Questo per evitare l’uso seriale come stratagemma. Dunque, se oggi fai un piano e fra 3 anni ricadi nei debiti, sappi che prima di 5 anni dalla chiusura del primo non potrai accedere a un secondo. E in ogni caso oltre il secondo non vai. Tra l’altro, se il primo piano ti è stato revocato per tua colpa (frodi), difficilmente te ne faranno fare subito un altro. In generale, il record di procedure rimane: il nuovo giudice saprà se ne hai già fatte.

D: Il piano del consumatore incide sulla mia affidabilità creditizia o sui garanti?
R: Sì, va considerato. Se presenti un piano del consumatore, il tuo nominativo sarà inserito nel Registro pubblico delle procedure (accessibile a banche e operatori, e credo pure consultabile in Tribunale o registri ufficiali), e inoltre verrai segnalato nelle banche dati creditizie come soggetto che ha ristrutturato debiti. Questo significa che, per il futuro prossimo, ottenere nuovi finanziamenti sarà molto difficile. In pratica vivrai in regime cash per un po’, perché nessuna banca presterà a chi ha fatto default sui debiti (anche se legalmente). La cosa però è simile a una “riabilitazione”: una volta ottenuta l’esdebitazione e trascorsi alcuni anni, potrai ricostruirti una reputazione finanziaria. Quanto ai garanti e coobbligati: attenzione, il piano e l’esdebitazione valgono solo per il debitore sovraindebitato. Se tua moglie o un amico hanno fatto da garanti per un tuo debito, loro non sono protetti dalla procedura (a meno che siano anch’essi co-debitori e partecipino con te). Dunque, la banca potrà rivalersi sul fideiussore per la parte di debito che tu non paghi in forza del piano. Ad esempio, se nel nostro esempio Mario aveva il padre garante sul prestito, e lui lo stralcia al 10%, la finanziaria potrebbe chiedere al padre il restante 90% (legalmente può, perché la liberazione riguarda Mario, non il padre). Quindi è importante coordinare la posizione di eventuali coobbligati: spesso conviene che anche loro accedano (se possono) a una procedura o trovino un accordo a parte. Il piano del consumatore non cancella le garanzie di terzi. Anzi, per legge, la liberazione del debitore non si estende ai codebitori/avallanti (art. 12-ter L.3/2012 lo diceva espressamente). Quindi occhio: se il debito col fisco è stato garantito da un terzo con ipoteca, quell’ipoteca rimane. Soluzione? Il terzo garante può pagare e surrogarsi, oppure anche lui deve magari valutare un concordato minore se è sovraindebitato.

D: La procedura ha dei costi?
R: Sì, ci sono i costi dell’OCC o del professionista che ti assiste, e l’eventuale legale (spesso l’OCC è un commercialista/avvocato che fa entrambe le cose). Questi costi sono in parte regolamentati ma spesso si concordano. Diciamo che non sono irrilevanti: dipendono dal lavoro e dall’entità del debito. Potrebbero essere qualche migliaio di euro. Il vantaggio è che vengono in genere pagati all’interno del piano con un grado di prelazione. Significa che non devi tirarli fuori tutti subito (spesso l’OCC chiede magari un anticipo e poi il resto glielo riconosce il tribunale come spesa prededucibile da soddisfare con priorità). Alcuni OCC però chiedono un fondo spese iniziale (ad esempio €1000) per avviare la pratica. Ci possono poi essere bolli, contributo unificato in tribunale (ma essendo materia concorsuale spesso è esente o ridotto). Insomma, qualche costo c’è, ma in confronto ai benefici… E c’è da dire che se sei proprio nullatenente, esiste anche la possibilità del gratuito patrocinio o di OCC che prestano assistenza a costi calmierati. In ogni caso, tutti questi dettagli vanno discussi con l’organismo prima di partire, per avere un’idea.

D: Quali sono i documenti necessari per presentare un piano del consumatore?
R: La lista può variare leggermente secondo l’OCC, ma preparati a fornire:

  • Documento d’identità, codice fiscale, stato di famiglia, eventualmente estratto dell’atto di matrimonio (per capire il regime patrimoniale).
  • Lettere di licenziamento/eventi che hanno causato la crisi (se disponibili, es. spese mediche, atti di pignoramento – per contestualizzare la causa del sovraindebitamento).
  • Elenco completo dei creditori con importi e causali. Ciò significa recuperare: estratti conto bancari recenti, ultime bollette insolute, finanziamenti (piano di ammortamento residuo), estratto debitorio da Agenzia Entrate Riscossione (il famoso estratto di ruolo che elenca tutte le cartelle a tuo nome), eventuali decreti ingiuntivi o pignoramenti notificati.
  • Titoli di proprietà dei beni: atto di acquisto casa, visure catastali/CRIF ipotecarie per vedere ipoteche, libretto auto/moto, ecc.
  • Ultime 3 dichiarazioni dei redditi (730 o Unico) o CUD per i dipendenti. Servono a attestare il tuo reddito e a verificare eventuali donazioni o cessioni fatte.
  • Se avevi un’attività chiusa: ultime dichiarazioni IVA, bilancio finale, visura di cessazione.
  • Documentazione patrimoniale 5 anni indietro: in teoria si dovrebbe dichiarare se hai compiuto atti di trasferimento beni negli ultimi 5 anni (vendite, donazioni, pagamenti preferenziali). Quindi se hai venduto un’auto l’anno scorso, porti atto vendita e spieghi dove sono andati i soldi.
  • Documenti relativi a eventuali procedure in corso: notifiche di pignoramento, decreti, ecc. Così l’OCC sa dove intervenire per sospenderle.
  • Situazione spese mensili: molti OCC chiedono anche di dettagliare le spese di mantenimento mensile (affitto se ce l’hai, bollette medie, spese alimentari, etc.) per calcolare quanto effettivamente puoi destinare ai creditori.

È un bel dossier, ma fondamentale per redigere la relazione e garantire trasparenza. Qualsiasi omissione o errore può minare la fiducia del giudice, quindi meglio dare tutto.

D: Se ho in corso pignoramenti sullo stipendio o conto, si bloccano?
R: Sì, presentata l’istanza e ottenuto il provvedimento di sospensione, il tuo avvocato/OCC notificherà al datore di lavoro e al creditore procedente la sospensione. Le somme future non verranno più trattenute. Quelle già trattenute (presso terzi) al momento potrebbero restare accantonate fino alla decisione: spesso il giudice dell’esecuzione, saputo del piano, sospende la distribuzione e attende l’esito. Se il piano viene omologato, quelle somme accantonate confluiranno nella procedura. Ad esempio, se avevi un pignoramento del quinto attivo e sono accantonate €2.000 di trattenute presso il tribunale, l’OCC può chiederle per distribuirle secondo il piano. Comunque tu, una volta sotto ombrello del sovraindebitamento, non subisci più nuovi pignoramenti sullo stipendio, e quelli in essere si congelano. Nota: se c’era un pignoramento dello stipendio combinato (es. un quinto per finanziaria e un quinto per alimenti), la parte alimenti potrebbe proseguire perché credito alimentare non concorsuale (dipende se quell’ex coniuge è incluso come creditore concorsuale per arretrati – la dottrina è un po’ fine qui). In genere, pignoramenti alimentari possono non essere sospesi dal giudice concorsuale, perché appunto alimenti corrente non è un debito pregresso ma un obbligo in divenire.

D: Il piano del consumatore è meglio o peggio di una liquidazione del patrimonio?
R: Dipende. Il piano ha il grosso vantaggio di evitare la liquidazione forzata dei beni non necessari: ad esempio, se puoi soddisfare i creditori parzialmente col tuo reddito, non ti vendono la casa. In liquidazione, quasi sicuramente la casa (se non protetta da norme speciali) verrebbe venduta. Inoltre la liquidazione è più lunga e stigma maggiore (sei di fatto in una procedura concorsuale assimilabile al fallimento per 4 anni circa). Il piano è un accordo giudiziale più morbido, tu resti in possesso dei beni (salvo quelli che decidi di liquidare), e hai più controllo. Però il piano richiede di offrire qualcosa di significativo ai creditori – se non hai proprio nulla, magari non te lo omologano (ed ecco perché hanno inventato l’esdebitazione incapiente a parte). Diciamo che se hai un reddito e vuoi evitare di smobilizzare tutto subito, il piano è preferibile. Se invece sei disoccupato ma hai una casa libera, potrebbe aver più senso vendere la casa via liquidazione e chiudere i debiti. Un altro vantaggio del piano: niente curatore che amministra tutto, meno formalità dopo l’omologa. Vantaggio della liquidazione: se il debitore non è meritevole (ha colpe), la liquidazione comunque può partire (ma poi niente esdebitazione). Insomma, il piano è da scegliere quando c’è possibilità di accordo sostenibile; la liquidazione quando non c’è altra via o quando serve liberarsi subito di tutti i beni e ricominciare. Molti preferiscono il piano perché consente di salvare la casa e la vita quotidiana, sia pure stringendo la cinghia per alcuni anni.

D: Cosa significa che dopo il piano sono “esdebitato”?
R: Significa che i crediti rimasti insoddisfatti non sono più legalmente esigibili. In pratica, vieni liberato dai debiti residui verso i creditori concorsuali anteriori. È una sorta di “condono giudiziale” sul residuo. Ad esempio, se dovevi €100k e ne paghi €30k col piano, i €70k restanti vengono cancellati: i creditori non potranno più richiederli in giudizio e se lo facessero tu opporresti il decreto di omologa e fine piano come “esdebitazione”. Fa eccezione – lo ripetiamo – quei debiti che la legge esclude: se facevi il furbo con il fisco in modo fraudolento e hai €X di cartelle per frodi tributarie, quello €X non pagato potrebbe restare attivo. Ma parliamo di casi particolari. Normalmente, chi completa un piano torna pulito (resta magari un record storico, ma i creditori non possono più vantare nulla). Dal punto di vista civilistico, l’esdebitazione è una sentenza/decreto che vale come atto liberatorio generale. Ti toglie anche eventuali iscrizioni in centrali rischi (dopo un po’ di tempo vengono cancellate perché il debito risulta estinto). Attenzione: l’esdebitazione non cancella però ipoteche su beni di terzi né eventuali privilegi sui tuoi beni non liquidati. Mi spiego: se un creditore ipotecario non è soddisfatto interamente e tu non vendi il bene ipotecato, quell’ipoteca rimane a garanzia del residuo. Nel piano del consumatore, di solito, non succede perché se lasci il bene al debitore e l’ipoteca, hai deciso di escluderlo (quindi creditore fuori piano), oppure l’hai incluso vendendo il bene. Tuttavia, se a fine piano residua un debito ipotecario e il creditore ipotecario non ha ottenuto il 100%, quell’ipoteca potrebbe ancora gravare l’immobile per il residuo (questo caso è controverso: con esdebitazione, il creditore chirografo perde i diritti, ma l’ipoteca è diritto reale e potrebbe sopravvivere contro il bene; serve analisi legale fine, ma direi che con la formula attuale l’esdebitazione libera il debitore persona, ma non cancella i diritti reali dei creditori sui beni non toccati. Dunque il creditore ipotecario potrebbe non poter più agire contro Mario (esdebitato), ma potrebbe forse espropriare il bene ipotecato perché l’ipoteca è sul bene, non sulla persona. Dilemma teorico: In pratica nel nostro esempio, Banca Alfa non subisce decurtazione e rimane mutuo, ok. Se fosse rimasta un’altra ipoteca residua, ci sarebbero questioni. Questi casi vanno seguiti con consulenza legale di fino).

D: Dopo l’omologa del piano, i creditori possono ancora chiamarmi per solleciti?
R: No, l’omologa ha l’effetto di imporre ai creditori di rispettare il piano. Quindi niente più telefonate di recupero crediti minatorie: tutte le pretese devono passare per l’esecuzione del piano, orchestrata dall’OCC. Se un creditore ti chiama cercando di ottenere di più, sta violando il provvedimento del tribunale. In genere però, una volta notificata l’omologa, i creditori passano la pratica all’ufficio “procedure concorsuali” e smettono con il recupero ordinario. Potrebbero mantenere contatti con l’OCC per dettagli sui pagamenti, ma tu personalmente non dovresti subire molestie. Se succedesse, informi l’OCC o il tuo avvocato, e si può intervenire anche con provvedimenti di diffida. Il piano insomma mette ordine e centralizza i pagamenti.

D: Se muoio durante il piano del consumatore, cosa accade?
R: In caso di morte del debitore durante l’esecuzione, la procedura può subire una battuta d’arresto. Gli eredi potrebbero decidere di proseguirla (prendendo il posto e pagando secondo il piano, se conviene) oppure no. La legge consente l’esdebitazione “postuma” del debitore deceduto in alcune condizioni (se era meritevole e l’attivo liquidabile è stato distribuito). Tuttavia, per un piano del consumatore, mancando la persona fisica, difficilmente si prosegue salvo intervento volontario degli eredi. Gli eredi non sono obbligati a eseguire il piano (possono rinunciare all’eredità per non pagare i debiti residui, oppure accettare e subire le pretese). Il caso è raro, ma direi che se succede a piano in corso, l’OCC informerà il giudice e si valuterà se c’è patrimonio. Probabilmente, la procedura verrebbe convertita in liquidazione del patrimonio ereditario se i creditori la vogliono, oppure gli eredi preferiranno rinunciare e chiuderla lì (in quel caso i crediti rimangono verso un soggetto deceduto e se non c’è eredità nessuno li paga – di fatto i creditori restano insoddisfatti, ma la procedura si estingue per morte del debitore). Non esiste un istituto codificato per questo, si applicherebbero analogie con la liquidazione.

D: Se ho una sola tipologia di debito (es. solo cartelle esattoriali) conviene fare il piano o c’è di meglio?
R: Dipende. A volte le norme speciali offrono soluzioni: ad esempio, se hai solo debiti fiscali, puoi tentare una rateizzazione o rottamazione delle cartelle fuori dal contesto giudiziario, evitando di finire in procedura concorsuale. La rottamazione può condonare sanzioni e interessi e darti 5 anni di rate per esempio, che è simile a ciò che potresti ottenere con un piano, senza però gli stessi requisiti e costi. Quindi prima di imboccare la strada del sovraindebitamento, bisogna valutare soluzioni stragiudiziali: un accordo bonario con le banche (saldo e stralcio), un piano del consumatore “di fatto” concordato. La procedura formale è l’ultima risorsa quando non c’è accordo possibile o i debiti sono troppi e di natura varia. Se i tuoi creditori principali sono due banche, a volte si riesce a negoziare stralci privatamente senza tribunale. Il piano però dà certezza e obbliga anche eventuali dissenzienti, quindi è potente quando hai un mosaico di creditori vari e nessuno vuole concedere abbastanza spontaneamente.

D: Il piano incide sui miei rapporti contrattuali (affitto, utenze)?
R: Di per sé, l’apertura della procedura di sovraindebitamento non comporta cessazione dei contratti in corso (diversamente dal fallimento). Quindi, rimani titolare del contratto di affitto, delle utenze, del contratto di lavoro ovviamente. Anzi, continui a pagare regolarmente le spese correnti con il reddito che ti rimane, altrimenti accumuleresti nuovi debiti post-omologa che non sono coperti (attenzione: i debiti sorti dopo l’apertura della procedura non sono coperti dal piano e se non li paghi possono portare a risoluzione o azioni separate!). Quindi devi mantenere la regolarità corrente. Alcuni contratti di finanziamento con banche potrebbero prevedere clausole di risoluzione in caso di procedura concorsuale; ma col piano di solito quei contratti li stai già stralciando. Contratti come l’affitto non dovrebbero avere clausole risolutive solo perché fai un piano (che è volontario). Forse in teoria il locatore potrebbe preoccuparsi, ma se lo continui a pagare, non ha motivo di agire. L’energia elettrica ecc. devi pagarla corrente, se avevi bollette arretrate quelle vanno nel piano. L’ente potrebbe chiedere un deposito cauzionale per continuare il servizio, ma in genere no se vedono che prosegui regolare.


Conclusione: Il piano del consumatore è uno strumento di sollievo per il debitore onesto e in difficoltà, che consente di rientrare da una situazione disperata in modo controllato e con equità verso i creditori. La normativa del 2012-2019 e le sue evoluzioni fino al 2025 hanno costruito un sistema abbastanza bilanciato: da un lato il debitore deve essere trasparente, diligente e offrire il massimo sforzo possibile (non può pensare di farla franca senza sacrifici); dall’altro lato ottiene, se meritevole, la chance di ripartire senza il fardello insostenibile di debiti pregressi. La giurisprudenza ha chiarito molti aspetti (come l’esclusione dei debiti d’impresa e la definizione di colpa grave), mentre il legislatore ha eliminato alcuni ostacoli (falcidia IVA) e introdotto tutele (prima casa fuori piano, esdebitazione dell’incapiente).

Per un consumatore sovraindebitato, valutare il piano insieme a professionisti competenti è fondamentale: ogni situazione ha la sua “ricetta” specifica. Con questa guida speriamo di aver fornito un quadro completo – e aggiornato al giugno 2025 – per comprendere meglio come funzionano un piano del consumatore e il trattamento dei diversi debiti (tributari, previdenziali, promiscui…) al suo interno.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), artt. 2 comma 1 lett. e) (definizione di consumatore), 67 (disciplina del piano di ristrutturazione del consumatore), 69 (condizioni soggettive ostative: colpa grave, malafede, frode), 70-73 (procedura di omologazione), 54 (misure protettive), 268 (beni esclusi dalla liquidazione).
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (come modificata da L. 176/2020), art. 6 comma 2 lett. b) (definizione previgente di consumatore), art. 7 (requisiti e cause di inammissibilità) nella versione novellata del 2020, art. 12-bis (meritevolezza ante riforma), art. 12-ter (omologazione del piano del consumatore, inclusi effetti per coobbligati), art. 14-terdecies (esdebitazione del sovraindebitato, esclusioni oggettive).
  • Decreto Legge 137/2020 (conv. L.176/2020) – riforma del sovraindebitamento: ampliamento nozione di consumatore (eliminazione “esclusivamente”, inclusione soci illimitati); introduzione art. 7 comma 2, lett. d-ter) L.3/2012 (esclusione piano se sovraindebitamento causato da colpa grave, malafede o frode); istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente.
  • Decreto Legislativo 13 ottobre 2022, n. 149 (c.d. “Correttivo-bis”) e D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (“Correttivo-ter”) – modifiche al CCII: introduzione Capo I-bis sugli accordi di ristrutturazione soggetti ad omologazione; precisazioni su classi nel concordato minore (art. 74 CCII); possibilità di falcidia e dilazione dei tributi anche senza transazione fiscale.
  • Corte Costituzionale, sentenza 29 novembre 2019, n. 245 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, terzo periodo L.3/2012 nella parte in cui impediva la falcidia dell’IVA, consentendo così nei piani del consumatore il pagamento parziale dell’IVA come per gli altri debiti.
  • Corte di Cassazione – numerose pronunce:
    • Cass. Civ. sez. I, 01 febbraio 2016, n. 1869: ha interpretato estensivamente la nozione di consumatore, ammettendo il piano anche con debiti misti purché al momento della proposta non vi fossero obbligazioni residue dell’attività d’impresa.
    • Cass. Civ. sez. I, 11 ottobre 2022, n. 27843: in tema di meritevolezza, ha evidenziato il nuovo parametro introdotto dal 2020 (colpa grave/malafede) rispetto alla precedente valutazione discrezionale; afferma che il giudice non deve sovrapporre il proprio giudizio morale ma verificare la presenza di colpa grave (con riferimento anche all’affidamento del debitore nelle verifiche di merito creditizio da parte dei finanziatori).
    • Cass. Civ. sez. I, 27 luglio 2023, n. 22890: ha sancito che la meritevolezza del consumatore va accertata secondo il nuovo criterio di cui all’art. 7, co.2, lett. d-ter L.3/2012 (ora art. 69 CCII), ossia focalizzandosi su colpa grave, malafede o frode, in luogo del previgente criterio più ampio. Ha cassato un provvedimento che non aveva applicato tale nuovo parametro, rimarcando il mutamento normativo.
  • Corte di Appello di Bologna, sentenza n. 1351 del 20 giugno 2023 – importantissima in tema di debiti promiscui: ha stabilito che la presenza di debiti in parte professionali e in parte personali preclude l’accesso al piano del consumatore, dovendosi in tal caso usare il concordato minore per tutelare il diritto di voto dei creditori (incluso l’Erario). Questa pronuncia viene citata come riferimento per escludere interpretazioni estensive pro “piani misti”.
  • Tribunale di Grosseto, 22 giugno 2021; Tribunale di Reggio Emilia, 20 ottobre 2022; Tribunale di Trani, 2 maggio 2023 – decisioni di merito che, prima dell’intervento della Corte d’Appello di Bologna, avevano ammesso piani del consumatore con debiti promiscui applicando il principio di prevalenza (ovvero consentendo l’accesso se i debiti personali erano prevalenti in percentuale). Tali orientamenti sono oggi superati dall’indirizzo restrittivo dominante.
  • Tribunale di Napoli Nord, sentenza 12 novembre 2022 – ha omologato un piano presentato da soggetto “misto” e, analizzando vecchia e nuova normativa, si è espresso nel senso che è consumatore colui che risolve con il piano i debiti estranei all’attività d’impresa (anche se contestualmente imprenditore per altri debiti). Anche questa pronuncia rientra nel dibattito poi risolto diversamente in appello.
  • Tribunale di Vicenza, decreto 20 aprile 2022 (post CCII) – ha affrontato l’ammissibilità di piano del consumatore di soggetto con debiti promiscui, ritenendolo inammissibile ex art. 69 CCII (in linea con Bologna).
  • Tribunale di Avellino, Sez. I, 11 aprile 2024 – ha affermato, in applicazione dell’art. 69 co.2 CCII, che non ricorre colpa grave se il consumatore si è affidato alle verifiche di merito creditizio dei finanziatori, confermando il principio di tutela del debitore che ha confidato (in buona fede) nel comportamento diligente altrui.
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 6 maggio 2015 – “Transazione fiscale e composizione della crisi da sovraindebitamento – Evoluzione normativa e giurisprudenziale”. Ha riconosciuto che i debiti tributari rientrano tra quelli risanabili tramite il sovraindebitamento, pur richiamando la (all’epoca vigente) inderogabilità del pagamento integrale di IVA in mancanza di transazione. Dopo Corte Cost. 245/2019, tali indicazioni sulla non falcidiabilità IVA sono superate.

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Conclusione

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