Quanti Tipi Di Esdebitazione Ci Sono?

Hai sentito parlare della esdebitazione ma non ti è chiaro quanti tipi ne esistano e quale sia quella giusta per il tuo caso? Ti stai chiedendo se puoi davvero ottenere la cancellazione dei debiti e quali sono le differenze tra le varie procedure previste dalla legge?

L’esdebitazione è uno degli strumenti più efficaci per liberarsi legalmente dai debiti residui, dopo aver affrontato una procedura concorsuale o, in alcuni casi, anche senza pagare nulla. Ma non esiste una sola esdebitazione: ce ne sono più tipi, e ognuna risponde a una situazione diversa.

Quanti tipi di esdebitazione ci sono oggi in Italia?

Attualmente la legge prevede tre forme principali di esdebitazione, ciascuna con requisiti, benefici e limiti specifici:

1. Esdebitazione post liquidazione controllata
È destinata a chi ha affrontato la liquidazione controllata del patrimonio (ex procedura fallimentare semplificata per le persone fisiche o imprese sotto soglia). Al termine della procedura, se hai collaborato correttamente e agito in buona fede, puoi ottenere la cancellazione di tutti i debiti non ancora soddisfatti.

2. Esdebitazione del debitore incapiente
Questa è una novità pensata per chi non ha beni, né redditi, né possibilità concrete di rientrare dai debiti. Se agisci in buona fede e rispetti determinati requisiti, puoi chiedere l’esdebitazione totale anche senza passare dalla liquidazione. È una via d’uscita per chi è in grave e persistente stato di insolvenza, senza colpe.

3. Esdebitazione dell’ex fallito (oggi ex imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale)
Questa forma riguarda chi è stato sottoposto alla liquidazione giudiziale (ex fallimento) e vuole chiudere definitivamente il proprio passato imprenditoriale. Dopo aver collaborato e rispettato i tempi, si può chiedere la cancellazione dei debiti residui, anche se i creditori non sono stati pagati integralmente.

Come scegliere la forma giusta?

Dipende da vari fattori: che tipo di attività svolgi (o svolgevi), se sei una persona fisica o una microimpresa, se hai affrontato una procedura o sei semplicemente in difficoltà, se hai beni da liquidare o sei totalmente incapiente. Con l’aiuto di un avvocato esperto è possibile individuare la strada migliore, con reali possibilità di successo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esdebitazione, crisi da sovraindebitamento e diritto concorsuale – ti spiega quanti tipi di esdebitazione esistono, quando si applicano e come possiamo aiutarti a ottenere la cancellazione dei debiti in modo sicuro, legale e definitivo.

Sei schiacciato dai debiti e vuoi sapere se puoi accedere all’esdebitazione? Hai già affrontato una procedura ma i creditori ti inseguono ancora?

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Quanti tipi di esdebitazione ci sono?

L’esdebitazione è lo strumento giuridico che consente al debitore onesto ma insolvente di ottenere la cancellazione dei debiti residui non soddisfatti a seguito di una procedura concorsuale. Introdotta in Italia con la riforma del 2006 nella legge fallimentare (art. 142 L.F.), l’istituto è stato ampliato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore nel 2022) e dai correttivi successivi (D.Lgs. 83/2022 e 136/2024). Secondo l’art. 278 CCII, l’esdebitazione “comporta la liberazione dai debiti” e rende “inesigibili i crediti concorsuali rimasti insoddisfatti” nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata. Restano esclusi dall’esdebitazione i crediti per obbligazioni alimentari, di mantenimento, i risarcimenti da fatto illecito (salvo eccezioni) e le sanzioni penali o amministrative pecuniarie. In altre parole, il debitore, al termine della procedura, viene “liberato” dalle obbligazioni non assolte, salvo quelle inderogabilmente escluse. L’istituto nasce dal principio della «seconda chance», volto a reinserire il debitore in economia, alleggerendo il peso dei debiti passati.

Di seguito esamineremo le diverse modalità di esdebitazione previste dall’ordinamento italiano, tutte focalizzate dal punto di vista del debitore. La riforma del 2019 ha sostanzialmente distinto due grandi ambiti: l’esdebitazione nell’ambito di una procedura concorsuale “ordinaria” (liquidazione giudiziale, ex fallimento) e quella riservata al sovraindebitato (procedura di composizione della crisi). Nel primo caso, l’esdebitazione si ottiene al termine del fallimento dell’imprenditore; nel secondo caso, si applica al consumatore o piccolo imprenditore (tramite piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata) e anche al debitore totalmente incapiente (senza alcun reddito o bene). Una nuova forma “a zero” per il debitore incapiente è stata introdotta proprio dal CCII. Di seguito si riportano sinteticamente i profili principali di ciascuno strumento.

Quadro normativo di riferimento

La disciplina dell’esdebitazione è oggi contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022) e nelle sue modifiche successive. In particolare:

  • Art. 278 CCII – definisce l’oggetto dell’esdebitazione nell’ambito delle procedure di liquidazione (giudiziale o controllata).
  • Art. 279 CCII – fissa eventuali condizioni temporali di accesso (es. durata minima della procedura) (non riporta più la soglia di soddisfacimento parziale, superata dall’adeguamento alla direttiva UE 2019/1023).
  • Art. 280 CCII – elenca le condizioni soggettive per ottenere il beneficio (ad es., limiti sul tipo di debitore, divieti di reati, onestà e cooperazione) e stabilisce il divieto di esdebitazione se vi sono condanne per reati fallimentari o comportamenti fraudolenti (si richiede la «meritevolezza» del debitore).
  • Art. 281 CCII – disciplina il procedimento da seguire per presentare l’istanza di esdebitazione in sede di chiusura della procedura (o decorso un certo tempo dall’apertura).
  • Art. 282 CCII – riguarda l’esdebitazione nell’ambito della liquidazione controllata (procedura di sovraindebitamento semplificata per soggetti non fallibili). Prevede che l’esdebitazione operi al termine della liquidazione controllata o automaticamente dopo tre anni dall’apertura, purché sussistano i requisiti di legge.
  • Art. 283 CCII – disciplina l’esdebitazione del debitore incapiente, ossia della persona fisica priva di ogni utilità da offrire ai creditori. Introduce la procedura autonoma (senza liquidazione) con severe condizioni e obblighi successivi.

Questi articoli, in gran parte novellati dai correttivi 2022-2024, recepiscono i principi della direttiva UE 2019/1023 sulla seconda opportunità. Ad esempio, hanno eliminato l’originario requisito soggettivo del consenso dei creditori (tipico del concordato preventivo), sostituito dal giudizio di meritevolezza, e hanno attenuato il requisito oggettivo della “soddisfazione parziale” (come chiarito dalla Corte di Cassazione). La riforma ha inoltre confermato che, al termine di ogni piano o concordato omologato, opera di diritto l’esdebitazione finale, come previsto dalle norme precedenti sulla composizione della crisi (ad es. art. 14-terdecies L. 3/2012).

Esdebitazione nella liquidazione giudiziale (ex fallimento)

L’esdebitazione ordinaria interessa il debitore sottoposto a liquidazione giudiziale (nuovo nome del fallimento). Vi rientrano gli imprenditori individuali sopra soglia e i soci illimitatamente responsabili di società insolventi (art. 121 CCII). Al termine della procedura, il tribunale può liberare il debitore dalle obbligazioni non assolte. I passaggi essenziali sono:

  • Ambito: la liquidazione giudiziale è la procedura per gli imprenditori fallibili (oltre i limiti dimensionali previsti). Al termine dell’attivo, il giudice emette un decreto di chiusura della procedura. È in tale sede – o, in alternativa, dopo tre anni dall’apertura anche se la liquidazione non si è ancora conclusa – che scatta il diritto all’esdebitazione.
  • Istanza del debitore: il debitore (persona fisica) deve presentare istanza al tribunale fallimentare. Di norma ciò avviene contestualmente all’udienza di chiusura: il comma 1 dell’art. 281 CCII dispone che “su istanza del debitore, contestualmente al decreto di chiusura della procedura [il tribunale] dichiara l’inesigibilità dei debiti non soddisfatti”, previa verifica dei requisiti di legge. In pratica, quando il curatore deposita il conto finale e il piano di riparto, il debitore può depositare insieme la sua domanda di esdebitazione, autocertificando di possedere i requisiti (assenza di condanne gravi, buona condotta, nessuna esdebitazione pregressa, ecc.). Non esistono moduli standardizzati, ma molti tribunali forniscono fac-simile di domanda. L’istanza, una volta depositata, viene comunicata dal curatore a tutti i creditori ammessi al passivo; i creditori possono produrre osservazioni entro 15 giorni. Il curatore riporta nella relazione finale ogni fatto rilevante ai fini del beneficio (es. eventuali condotte scorrette del debitore, frodi o distrazioni). Il comitato dei creditori o il giudice delegato possono esprimere parere sulla richiesta.
  • Decisione del Tribunale: al termine del confronto, il collegio verifica i presupposti di legge (artt. 278–280 CCII). In pratica si accerta che ricorrano tutte le condizioni oggettive e soggettive: in particolare, che non vi siano state condanne per reati fallimentari o gravi frodi, che il debitore abbia cooperato, e che le eventuali quote erogate in liquidazione (anche modeste) siano avvenute nell’ambito della procedura. Se tutti i requisiti sono soddisfatti, il tribunale emette il decreto di esdebitazione, di norma contestualmente al decreto di chiusura, oppure in un successivo decreto se sono già trascorsi tre anni dall’apertura. Il decreto dichiara “inesigibili nei confronti del debitore tutti i debiti concorsuali residui” (ossia quelli non integralmente soddisfatti dalla procedura). Dal momento della comunicazione del decreto, decade ogni obbligo residuo del debitore (tranne le obbligazioni escluse ex lege). Ad esempio, come osserva la dottrina, spariscono i debiti residui anteriori alla domanda di composizione.
  • Effetti e operazioni residue: l’esdebitazione non interrompe le operazioni ancora pendenti nella procedura. Se al momento del decreto di esdebitazione permangono cause pendenti o ulteriori attivi da liquidare, questi continuano normalmente e le somme recuperate vengono distribuite ai creditori ammessi (secondo il piano di riparto). Tuttavia, tali eventuali somme non riaccendono la responsabilità personale del debitore, che rimane assolto per l’ammontare precedentemente dichiarato inesigibile. In pratica, come spiega la Corte di Cassazione, nel giudizio di esdebitazione si considerano tutte le risultanze della procedura (entità dell’attivo liquidato, numero di creditori, costi prededuttivi) e non va osservata una rigida soglia percentuale di soddisfazione dei creditori.
  • Opposizioni e reclami: il decreto di esdebitazione viene comunicato al debitore, al curatore e ai creditori e iscritto nel Registro delle imprese (pubblicità-notizia). Contro di esso è ammesso reclamo alla Corte d’Appello entro 30 giorni sia da parte dei creditori sia del debitore (ad esempio, il creditore potrebbe contestare la meritevolezza del debitore; il debitore potrebbe impugnare un decreto di diniego). Se decorrono 30 giorni senza opposizioni, il decreto diviene definitivo. In caso di diniego motivato, il debitore rimane obbligato per i debiti residui e potrà riprovare l’istanza solo se sottoposto a nuova procedura concorsuale (limite di due esdebitazioni totali in 5 anni). Come sintesi operativa: al debitore fallito si richiede di attendere la chiusura o il terzo anno, depositare l’istanza dichiarando i requisiti di legge, collaborare con gli organi (curatore) e partecipare all’udienza di chiusura; se il tribunale accerta la meritevolezza, emetterà il decreto di esdebitazione. Si noti che non sono dovuti contributi unificati aggiuntivi, e – a riprova della natura di diritto del debitore – il giudice non può negare il beneficio se tutti i presupposti legalmente richiesti sono stati effettivamente soddisfatti.

Giurisprudenza recente: la Corte di Cassazione ha ribadito che l’elemento decisivo è la meritevolezza del debitore, cui si associa un controllo “prudente” sul grado di soddisfazione dei creditori. In Cass. 25946/2024 si è precisato che, nel valutare l’esdebitazione, il giudice deve tener conto dell’attivo complessivamente liquidato e delle spese della procedura, e non basarsi unicamente sulla percentuale di soddisfazione dei creditori (anche minima). Un’altra pronuncia (Cass. 27562/2024) ha confermato che, anche sotto la legge fallimentare, il giudice non può rifiutare il beneficio per mere ragioni quantitative, ma solo per inadempienze gravi e profili di indegnità.

Esdebitazione nella liquidazione controllata (sovraindebitato)

La liquidazione controllata è la procedura concorsuale introdotta dal CCII (artt. 268 ss.) per i debitori non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, start-up). Al termine di questa procedura è prevista un’esdebitazione di diritto, ossia automatica a certe condizioni. In sostanza, il legislatore ha voluto semplificare il «fresh start» per il debitore meritevole che non ha superflui da offrire ai creditori.

  • Soggetti ammessi: ne possono beneficiare i debitori in stato di sovraindebitamento non soggetti alle ordinarie procedure fallimentari (ad es. un consumatore, un piccolo imprenditore sotto soglia, un lavoratore autonomo con debiti privati, ecc.).
  • Avvio della procedura: il debitore presenta istanza alla Camera di commercio (OCC) e vi è poi nomina di un liquidatore (gestore) da parte del tribunale. Il debitore, assistito dal gestore, presenta una proposta di ristrutturazione dei debiti (ad es. “piano del consumatore” o “concordato minore”) o anche può optare per la mera liquidazione dei beni. In ogni caso, quando la procedura si conclude, il debitore non soddisfa interamente tutti i creditori e residuano crediti non pagati.
  • Art. 282 CCII e decorso dei 3 anni: la norma fondamentale è l’art. 282, modificato dal D.Lgs. 136/2024, che dispone: “Per le procedure di liquidazione controllata, l’esdebitazione opera a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura”, con decreto del tribunale su istanza del debitore o su segnalazione del liquidatore. Ciò significa che, contrariamente al fallimento, dopo 3 anni di procedura il debitore acquisisce di diritto il diritto all’esdebitazione, senza bisogno di ulteriore domanda: il liquidatore è obbligato a trasmettere al tribunale una segnalazione dopo 3 anni, attestando se il debitore è meritevole o sussistano cause ostative. Se la liquidazione si chiude prima dei 3 anni, l’esdebitazione interviene automaticamente con il decreto di chiusura, sempre su impulso del liquidatore o su istanza del debitore. In pratica si realizza un meccanismo semi-automatico per favorire il debitore «onesto»: trascorsi 3 anni, il gestore invia al giudice tutte le informazioni rilevanti affinché venga valutata l’anticipata liberazione dai debiti.
  • Istanze e ruolo del liquidatore: pur essendo possibile chiedere l’esdebitazione anche volontariamente (depositando istanza al termine o al terzo anno), la norma prevede che in mancanza di istanza sia il liquidatore ad attivarsi d’ufficio. Scaduti i 3 anni, questi informa il tribunale dello stato del debitore, analogamente a quanto fa il curatore nel fallimento. Il cancelliere comunica l’istanza (o segnalazione) ai creditori ammessi, concedendo loro 15 giorni per eccepire eventuali motivi di inidoneità. Rispetto alla liquidazione giudiziale, l’intervento del Pubblico Ministero non è più previsto (l’edizione originaria del CCII lo prevedeva, ma è stato abolito nel correttivo 2024).
  • Verifica delle condizioni: il collegio giudicante verifica anzitutto la meritevolezza del debitore. L’art. 282, comma 2, elenca in particolare i requisiti richiesti: ricorrono “le condizioni di cui all’art. 280” (quindi assenza di condanne e frodi), che il debitore non sia stato condannato per i reati indicati all’art. 344 c.p., e che non abbia causato lo stato di sovraindebitamento con dolo o colpa grave. In sostanza vengono ripresi i criteri già visti per la liquidazione giudiziale (onestà, cooperazione, assenza di frodi e reati fallimentari).
  • Esito e effetti: se le condizioni sono soddisfatte, il tribunale emette decreto motivato di esdebitazione, dichiarando inefficaci i debiti residui non soddisfatti. Da quel momento il debitore è liberato da tutti i crediti non pagati nella procedura, come nel fallimento. Il decreto viene pubblicato (di regola su piattaforme ministeriali o del tribunale) e comunicato alle parti; anche qui vale il termine di 30 giorni per eventuali reclami al tribunale superiore. Scaduto tale termine senza opposizioni, il provvedimento diventa definitivo. In caso di situazioni di indegnità (ad es. frodi scoperte), l’esdebitazione verrà negata con decreto motivato.
  • Confronto con la liquidazione giudiziale: in sintesi, l’iter dell’esdebitazione nella liquidazione controllata ricalca quello del fallimento, ma con due differenze sostanziali: (1) dopo tre anni la liberazione è di diritto (attivata anche d’ufficio dal liquidatore), mentre nel fallimento occorre espressa domanda; (2) il ruolo del giudice è più “formale”: il decreto viene emesso se ricorrono gli stessi presupposti, ma senza la parte motivazionale discrezionale che caratterizza invece il fallimento. Questo automatismo è volto a tutelare i consumatori inesperti: l’ordinamento affida infatti al liquidatore il compito di sollevare la questione e «salvare» il debitore meritevole dal lungo percorso fallimentare.
  • Operazioni residue: come visto, anche nella liquidazione controllata eventuali operazioni ancora in corso (cause revocatorie, vendita di beni, ecc.) proseguono anche dopo il decreto di esdebitazione. Le somme recuperate tardivamente vanno distribuite ai creditori secondo le regole del riparto, ma senza riaccendere la responsabilità del debitore oltre l’importo già dichiarato irrevocabilmente cancellato. Al termine, comunque, il debitore risulta libero da ogni obbligo residuo (salvo quelli esclusi ex lege).

Giurisprudenza recente: il Tribunale di Ferrara (10 marzo 2025) ha chiarito che l’esdebitazione «di diritto» (liquidazione controllata) e quella del debitore incapiente sono istituti alternativi: chi non è in grado di offrire alcuna utilità ai creditori deve seguire la via dell’incapiente, non può accedere alla liquidazione controllata; viceversa, chi ha anche minime risorse residue (il “falso incapiente”) può chiedere la liquidazione controllata ma non l’esdebitazione dell’art. 283. In altri termini, il legislatore ha riservato la procedura di esdebitazione per incapiente al solo debitore assolutamente privo di beni e redditi, mentre tutti gli altri debitori sovraindebitati meritano il percorso ordinario (liquidazione controllata). Il Tribunale ha inoltre sottolineato che il parametro reddituale di art. 283(2) va valutato con flessibilità, tenendo conto delle concrete esigenze di vita del nucleo familiare.

Esdebitazione del debitore incapiente

Il debitore incapiente è la persona fisica totalmente priva di utilità da offrire ai creditori nella liquidazione. L’art. 283 CCII (introdotto dal correttivo 2024) prevede una procedura autonoma di esdebitazione destinata a questo caso limite. Si tratta di un istituto straordinario, definito dalla dottrina come “esdebitazione a costo zero”, perché permette l’azzeramento dei debiti anche quando non vi sono beni da liquidare, ma a fronte di rigide condizioni successive.

  • Chi è «incapiente»: possono accedere solo persone fisiche sovraindebitate che non possiedono alcun bene o reddito aggredibile. L’art. 283 c.1 definisce debitore incapiente chi «non è in grado di offrire ai creditori nessuna utilità, diretta o indiretta». In pratica significa avere zero immobili, veicoli di valore, conti bancari consistenti, stipendio o pensione al di sotto delle soglie di impignorabilità. Il requisito è molto stringente: basta un reddito modesto in più (sopra le spese di sussistenza) perché il debitore sia considerato in grado di offrire qualcosa e quindi non rientri nell’istituto. Ad esempio, la giurisprudenza locale ha preso come parametro l’assegno sociale minimo: chi percepisce oltre il minimo vitale non può richiedere l’esdebitazione dell’incapiente. Se un debitore presenta anche redditi futuri (lavoro, pensione) ma questi coprono appena i bisogni essenziali della famiglia, può considerarsi incapiente; in caso contrario, dovrà seguire la liquidazione controllata o un piano di composizione.
  • Meritevolezza: anche l’incapiente deve essere «meritevole» del beneficio. Non si tratta di un condono generalizzato: la legge richiede che ricorrano tutte le condizioni soggettive dell’art. 280 CCII. In particolare, il comma 2 dell’art. 283 stabilisce che il debitore non abbia commesso reati (fallimentari o di altro tipo) né frode, che abbia cooperato nella propria gestione e che non abbia già ottenuto esdebitazione nei 5 anni precedenti. L’accesso è dunque precluso a chi abbia un patrimonio liquidabile: la ratio è chiarire che la procedura è riservata al debitore letteralmente privo di risorse. In dottrina si sottolinea che solo il debitore “onestissimo ma sfortunatissimo” può aspirare a questo beneficio straordinario.
  • Procedura: l’esdebitazione dell’incapiente non avviene a fine procedura concorsuale, bensì costituisce essa stessa la procedura. Il debitore incapiente non apre una liquidazione controllata (non essendo ammissibile data la totale mancanza di attivo), ma presenta direttamente ricorso giudiziale in Tribunale ex art. 283 CCII. Il ricorso viene depositato con l’ausilio obbligatorio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) abilitato. Nella domanda il debitore deve elencare tutti i creditori, dichiarare la propria assoluta incapienza patrimoniale e attestare il possesso dei requisiti soggettivi (meritevolezza), impegnandosi a rispettare gli obblighi di legge. Vanno allegati documenti comprovanti la situazione: dichiarazioni dei redditi, stato di famiglia, estratti conto bancari, certificati del casellario giudiziale, ecc., più una relazione giurata dell’OCC che attesti la veridicità delle dichiarazioni e l’assenza di atti revocabili compiuti negli ultimi 5 anni. Il ricorso deve inoltre segnalare ogni eventuale atto in frode realizzato prima della domanda (ed è accompagnato dalla relazione dell’OCC su tali atti), pena la sanzione penale per falsa dichiarazione. In sostanza, si richiede la massima trasparenza: non è ammessa alcuna condotta elusiva.
  • Decisione ed effetti: dopo l’istruttoria (camera di consiglio senza contraddittorio formale), il tribunale valuta se le condizioni sono sussistenti. Se sì, emette decreto di esdebitazione del debitore incapiente. Con questo provvedimento il giudice cancella tutti i debiti chirografari (non garantiti) del debitore. Gli effetti sono analoghi a quelli dell’esdebitazione ordinaria: il debitore è liberato da ogni obbligazione pregressa cancellabile (ad eccezione di alimenti, danni da fatto illecito e sanzioni, che rimangono esigibili). Tuttavia, il beneficio è concesso sub condicione: per i 4 anni successivi all’esdebitazione, il debitore ha l’obbligo di comunicare al tribunale e destinare ai creditori qualsiasi utilità rilevante sopravvenuta. In pratica, se durante la fase di vigilanza il debitore dovesse improvvisamente ritrovare risorse (es. eredità, vincite, reddito rilevante), dovrà riversarle nei confronti dei creditori fino alla concorrenza dei debiti cancellati. La legge prevede un vero e proprio monitoraggio: ogni anno il debitore invi a modello Redditi aggiornato, indicante la sua situazione economica. Se emergono utilità, il tribunale potrà disporre il loro riparto tra i creditori (spesso imponendo al debitore di versare fino a un dato importo eccedente l’assegno sociale, come nei primi casi giurisprudenziali). Tale meccanismo evita che un debitore assolto dai debiti possa rimettere i creditori “alla porta” appena trova un colpo di fortuna. Decorso il quadriennio di controllo senza rilevazioni, l’effetto esdebitatorio diventa definitivo e irrevocabile (salvo scoprire una frode originaria, che porterebbe alla revoca del decreto).
  • Confronto con l’esdebitazione ordinaria: l’istituto dell’incapiente è complementare a quello ordinario. Chi dispone anche di minime utilità (anche molto ridotte) non può accedervi e deve utilizzare la liquidazione controllata o un piano di crisi. L’esdebitazione dell’incapiente è «una tantum» e a costo zero (nessun versamento di quote), a fronte di requisiti molto severi e di una rigida sorveglianza post-decreto. Le prime applicazioni giudiziarie (es. Trib. Foggia 15.2.2023; Oristano 29.7.2024; Ravenna 2023; Torino 2025; Ferrara 2025) hanno già confermato la sua funzionalità: in tali casi il tribunale ha concesso l’istanza imponendo al debitore, ad esempio, di versare una percentuale delle future eccedenze di reddito ai creditori per i 4 anni di vigilanza.

Esdebitazione nei piani di composizione della crisi (piano consumatore e concordato minore)

Oltre alla liquidazione controllata e all’esdebitazione dell’incapiente, la composizione della crisi da sovraindebitamento prevede altri strumenti (artt. 67-72 CCII), i cui piani omologati comportano di per sé l’esdebitazione finale del debitore. In particolare:

  • Piano del consumatore (art. 67 CCII): è destinato al debitore consumatore che contragga debiti non connessi all’attività d’impresa. Si tratta di un piano di ristrutturazione negoziato (analogo all’ex art. 67 L. 3/2012), che prevede il pagamento di quote concordate ai creditori in base alle possibilità del consumatore. Concluso il piano e approvata dal tribunale l’omologa (con decreto), sorge automaticamente l’esdebitazione finale, senza necessità di domanda separata: il decreto dichiara inefficaci i crediti residui e libera il consumatore dai debiti non soddisfatti. Come spiega una guida, nel decreto di omologa del piano si sancisce la definitiva cancellazione dei debiti residui («al consumatore spariscono tutti i debiti residui anteriori alla domanda di composizione»). Non sussiste l’obbligo di una richiesta di esdebitazione del consumatore: la legge prevede già che l’esdebitazione opera al termine del piano. In ogni caso, valgono le stesse condizioni di meritevolezza (no frodi, colpa grave, reati nel quinquennio).
  • Concordato minore (art. 71 CCII): è rivolto al piccolo imprenditore (sotto soglia) o professionista/società minore che desideri continuare l’attività o liquidare agevolmente. Il debitore propone un piano (con continuità aziendale o esterno) e, se il tribunale omologa il concordato, si realizza nuovamente l’effetto liberatorio: i debiti residuali non soddisfatti vengono cancellati con decreto. In altri termini, al termine del concordato minore omologato “l’esdebitazione finale (liberazione dai debiti residui) è prevista […] sia per i consumatori sia per gli altri, purché siano meritevoli”. Anche qui valgono le restrizioni generali (imprenditore incolpevole, meritevole, non più di due esdebitazioni negli ultimi 5 anni, ecc.).
  • Liquidazione controllata: come visto, può essere scelta in alternativa al concordato minore se si punta a vendere i beni dell’impresa. Anche in questo caso, al termine della liquidazione dei beni l’esdebitazione avviene secondo le regole di cui sopra.

In sintesi, tutti gli strumenti di composizione della crisi (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) prevedono al termine l’effetto liberatorio sui debiti residui, a patto che il debitore sia meritevole e rispetti i requisiti di legge. Le differenze principali riguardano i soggetti ammessi e le modalità operative (per esempio, il piano del consumatore si concentra su debiti personali senza attività imprenditoriale, mentre il concordato minore implica spesso continuità aziendale). In ogni caso, anche per questi strumenti valgono le esenzioni degli obblighi di mantenimento e i divieti di frode già accennati.

Tabelle riepilogative

Le caratteristiche principali dei vari istituti di esdebitazione possono essere così confrontate:

StrumentoDebitore ammessoRequisiti essenziali (meritevolezza)Durata/proceduraEffetti esdebitazione
Liquidazione giudiziale (fall.)Imprenditore fallibile (oltre soglie dim.) Socio illimitato di società fallitaMeritevolezza (no condanne fallimentari/ reati economici, onestà) Contributi ai creditori (anche minimi) in proceduraProcedura fallimentare (spesso 3–5+ anni) Istanza al termine o dopo 3 anniDebiti concorsuali residui dichiarati inesigibili.Debiti esclusi: alimenti, danni, multe.
Liquidazione controllataDebitore “sovraindebitato” non fallibile:consumatore, piccolo imprenditore, professionista, ente non profit, ecc.Meritevolezza (art. 280) Nessuna condanna art. 344 c.p. Né colpa grave/dolo nell’insolvenzaProcedura semplificata (artt. 268 ss. CCII) Durata almeno 3 anni (fresh start automatico)Debiti residui concorsuali cancellati all’omologa/chiusura.Prelievi tardivi vanno ai creditori senza riaccendere responsabilità del debitore.
Piano del consumatore (accordo)Consumatore con debiti personali (senza attività impr.)Stato di sovraindebitamento Meritevolezza (come sopra) No esdebitazione negli ultimi 5 anniProcedura OCC/Tribunale (art. 67 CCII) Durata di norma 3 anni (piano)Esdebitazione finale automatica dopo omologa del piano.Debiti residui concorsuali dichiarati inefficaci (il consumatore “cancella” i restanti debiti).
Concordato minoreImprenditore o professionista minore (sotto soglie CCII)Requisiti di meritevolezza (art. 280) Proposta credibile (continuità o liquidazione)Procedura OCC/Tribunale (art. 71 CCII) Durata variabile (piano concordato)Debiti residui chirografari liberati con decreto di omologa.
Debitore incapiente (art. 283)Persona fisica totalmente priva di beni e redditiMeritevolezza (art. 280) Nessuna utilità offerta ai creditori No esdebitazione negli ultimi 5 anniProcedura autonoma (ricorso ex art. 283 CCII) Istruttoria OCC + TribunaleTutti i debiti chirografari annullati (decreto cancella i residui).Obblighi di pagamento di futuri utili (per 4 anni) se sopravvengono somme (vigilanza quadriennale).

In tutti i casi, il debitore non paga nulla al di fuori della normale quota eventualmente stanziata in procedura. Non sono previsti oneri aggiuntivi o contributi speciali. L’accessibilità pratica di ciascuno strumento dipende dai requisiti soggettivi (ad es. essere consumatore o imprenditore) e dalla cooperazione dimostrata, ma una volta inquadrato il debitore nel percorso giusto, l’effetto esdebitatorio – come mostrano le tabelle – è di fatto la cancellazione finale dei debiti non assolti.

Casi pratici (simulazioni)

1. Artigiano sovraindebitato. Mario, artigiano 45enne, gestisce in proprio un laboratorio meccanico. Nel 2025 i suoi debiti personali (banche e fornitori) ammontano a 100.000 €, mentre possiede solo un’attrezzatura valutata 5.000 € e ha redditi molto bassi (sotto soglia). Decide di chiedere la composizione della crisi tramite liquidazione controllata (o eventualmente “concordato minore”). Presenta la documentazione all’OCC: dichiara lo stato di sovraindebitamento e nomina un gestore della crisi. Nei tre anni successivi, vende l’attrezzatura e versa ai creditori circa 10.000 € complessivi (circa il 10% dei debiti). Terminata la liquidazione, Mario presenta istanza di esdebitazione. Il tribunale valuta che Mario è stato meritevole (non ci sono frodi né reati) e, essendo trascorsi 3 anni, emette il decreto di esdebitazione. Di conseguenza, i restanti 90.000 € di debiti si considerano inesigibili nei suoi confronti. Se, ad esempio, nel quarto anno emergesse un credito di 5.000 € derivante da un contenzioso chiuso positivamente, esso andrebbe comunque liquidato ai creditori (lo prevede l’art. 281 CCII), ma ciò non riaccenderebbe la responsabilità personale di Mario oltre quanto già dichiarato esdebitato. In sintesi, Mario ottiene il “fresh start” tipico dell’esdebitazione: rimane libero da ogni debito personale pregresso eccetto quelli di alimenti o da illecito, e può ricominciare l’attività senza vincoli patrimoniali passati.

2. Consumatrice incapiente. Maria, 50 anni, è casalinga con debiti per 20.000 € (carte di credito, prestiti personali, spese mediche). Non possiede casa né conto bancario significativo, e i suoi unici redditi sono un misero assegno sociale e la pensione minima del marito (inferiori al doppio dell’assegno sociale). Pertanto è totalmente incapiente. Nel 2025, dopo aver valutato che ogni altro tentativo è fallito, Maria chiede l’esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 CCII. Con l’aiuto di un OCC, presenta il ricorso in tribunale allegando documenti reddituali, autocertificazione di tutti i debiti e relazione dell’OCC che attesta l’inesistenza di beni o redditi significativi. L’istruttoria accerta che Maria non ha commesso alcun reato e non ha frodato i creditori negli ultimi 5 anni. A marzo 2026 il tribunale emette il decreto di esdebitazione per incapiente. Questo decreto cancella i restanti 20.000 € di debiti chirografari nei confronti di Maria. Tuttavia, il giudice le impone di presentare ogni anno una dichiarazione reddituale per 4 anni e di destinare ai creditori eventuali utilità sopravvenute (ad es. se inaspettatamente Maria trovasse un lavoro o ricevesse una donazione significativa, dovrà versarne una percentuale ai creditori). Trascorso il 2030 senza variazioni patrimoniali, l’effetto diventa definitivo: Maria sarà irrevocabilmente liberata da quei debiti, potendo ricostruirsi una situazione finanziaria senza il peso del passato.

3. Imprenditore individuale fallito. Luca, titolare di una ditta artigiana, è stato dichiarato fallito dal tribunale nel 2020. Dopo tre anni di liquidazione dei beni (che ha soddisfatto solo parzialmente i creditori privilegiati), nel 2023 deposita istanza di esdebitazione. Nel frattempo, la procedura si avvia verso la chiusura: il curatore presenta il conto finale in marzo 2024 con riparto minimo (2% ai creditori). Luca dichiara di avere cooperato pienamente (nessun atto fraudolento). In udienza di chiusura, il tribunale valuta i requisiti: applicando i criteri Cass. 25946/2024, considera l’attivo complessivo liquidato e le spese della procedura. Constatata l’assenza di dolo o condanne pregresse, emette il decreto di esdebitazione contestuale alla chiusura fallimentare (aprile 2024). Grazie a questo decreto, tutti i debiti concorsuali residui (es. le ultime quote di debito IVA verso l’Erario non recuperabili) diventano inesigibili nei confronti di Luca. Tale decreto viene iscritto al Registro delle imprese; trascorsi 30 giorni senza reclami, Luca resta definitivamente liberato da quei debiti pregressi (salvo le eccezioni di legge). Da quel momento riprende a esercitare la professione senza vincoli passati.

FAQ (Domande frequenti)

D. Che debiti non vengono cancellati dall’esdebitazione?
Rimangono sempre dovute le obbligazioni di mantenimento/alimentari, i risarcimenti per danni da fatto illecito (ad es. sinistri stradali), le sanzioni penali o amministrative pecuniarie e i crediti derivanti da reati fallimentari (per i quali il legislatore considera ininfluente l’esdebitazione). In pratica, i debiti personali più essenziali (alimenti) o dovuti per legge (tasse, multe) non si annullano.

D. Posso ottenere l’esdebitazione se ho già beneficiato in passato di un accordo di composizione della crisi?
L’art. 280 CCII stabilisce limiti alla reiterazione del beneficio: in linea di massima non si può ottenere più di due esdebitazioni complessive in un quinquennio. Inoltre, non si può ottenere l’esdebitazione se nel biennio precedente si è già ottenuto un concordato con esdebitazione (situazione detta “riutilizzo improprio”). In pratica la legge vuole evitare abusi: se hai già avuto una seconda possibilità, dovrai cercare altre soluzioni (es. transazioni con creditori).

D. Cosa succede se dopo l’esdebitazione trovo nuovi beni o redditi?
Nella liquidazione giudiziale o controllata, eventuali beni o crediti che emergono dopo il decreto di esdebitazione rimangono alle procedure concorsuali: se il fallimento o la liquidazione controllata riprendono (ad es. per una causa revocatoria), queste somme vanno ai creditori e non riaccendono la responsabilità del debitore. Nel caso dell’incapiente, invece, il debitore è soggetto a vigilanza post-beneficio: per 4 anni deve segnalare ogni nuova utilità e darne soddisfazione ai creditori fino all’ammontare dei debiti cancellati. Oltre tale periodo l’esdebitazione diventa definitiva.

D. Devo pagare qualche contributo aggiuntivo per ottenere l’esdebitazione?
No. L’istanza di esdebitazione si può depositare senza pagamento di contributo unificato ulteriore. Si applicano gli eventuali contributi per la chiusura della procedura concorsuale (già versati alla conclusione del concorso). L’esdebitazione è considerata un “diritto del debitore onesto”: come tale, i tribunali non possono negarla se le condizioni di legge sono rispettate.

D. Qual è il termine per chiedere l’esdebitazione anticipata?
Nei casi di liquidazione giudiziale o controllata, il debitore può chiedere l’esdebitazione già trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura (per operare prima della chiusura definitiva). Trascorsi i 3 anni, il tribunale dovrebbe (in pratica) emettere un decreto di esdebitazione anche in assenza di domanda espressa. Se invece non si vuole attendere, si può anche chiedere solo al termine naturale della procedura (chiusura).

D. Che succede se scoprono che ho dichiarato il falso nell’istanza?
Se il tribunale accerta che il debitore ha fatto false dichiarazioni (ad esempio, nascondendo beni esistenti o rendite nel quinquennio precedente), è prevista la revoca dell’esdebitazione. In tal caso il beneficio decade e i debiti residui risorgono. Questo vale sia per il fallito sia per il piano controllato; nel caso dell’incapiente, il ricorso stesso deve segnalare eventuali atti fraudolenti nei 5 anni precedenti, pena conseguenze penali.

D. Posso comunque pagare una piccola parte dei debiti se l’esdebitazione mi viene negata?
Sì. Se il tribunale rigetta l’esdebitazione (per esempio perché il debitore non è stato meritevole), il debitore resta obbligato per i debiti residui. Tuttavia, l’istanza del debitore viene definita solo al termine della procedura (non si pagano rate aggiuntive durante l’esame dell’istanza). Può darsi che, pur avendo qualche risorsa, il debitore non abbia versato nulla perché la procedura si è protratta. In ogni caso, in caso di diniego definitivo, il debitore potrà cercare di aprire un nuovo procedimento di composizione della crisi in futuro, ma non potrà ottenere l’esdebitazione fino a quel nuovo tentativo (nell’arco di cinque anni può fare al massimo due istanze di esdebitazione).

D. Ho fatto concordato con i creditori: devo presentare istanza di esdebitazione?
No. Se hai concluso con successo un piano di ristrutturazione dei debiti (es. piano del consumatore o concordato minore) omologato dal tribunale, l’esdebitazione arriva automaticamente con quel decreto di omologa. Non serve una domanda separata: il piano omologato già dichiara la liberazione dai debiti residui (dopo aver soddisfatto la percentuale concordata). Per esempio, Cass. 15862/2024 ha precisato che l’effetto esdebitatorio di un concordato persiste anche se successivamente interviene un fallimento tardivo (il debito rimane inesigibile).

D. Esistono casi in cui il tribunale può rifiutare l’esdebitazione anche se i requisiti formali ci sono tutti?
In linea di massima il tribunale non può negare il beneficio se il debitore meritevole ha soddisfatto le condizioni di legge. La Cassazione afferma che la meritevolezza è il «presupposto soggettivo determinante» ed è vincolante: il giudice non può sostituirsi al legislatore. Ciò significa che, una volta esclusi i casi di indegnità (reati, frodi, comportamenti illeciti), l’esdebitazione deve essere concessa. L’unico limite è che, entro 30 giorni, i creditori possono promuovere reclamo se rilevano vizi nell’istruttoria. Superato tale termine, il decreto diventa inoppugnabile.

Fonti normative e giurisprudenziali

Fonti legislative principali: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, art. 278–283), come modificato da D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024; L. 3/2012 sulla composizione della crisi (art. 14-terdecies e ss., poi trasfusi nel CCII); L. Fallimentare (L. 267/1942), art. 142 ss.; Direttiva UE 2019/1023 (recepita dal D.Lgs. 169/2007); Codice Civile, art. 2740 (responsabilità patrimoniale).

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