Qual È La Differenza Tra Concordato Preventivo E Concordato Minore?

Hai sentito parlare di concordato preventivo e concordato minore, ma non ti è chiaro quale sia la differenza tra i due? Ti stai chiedendo quale procedura si adatta meglio alla tua situazione e quale ti offre più possibilità di salvare l’impresa o uscire dai debiti?

Entrambe le procedure servono a evitare la liquidazione giudiziale (l’ex fallimento), permettendo di trattare con i creditori e proporre un piano sostenibile di pagamento, ma sono pensate per soggetti diversi e seguono regole distinte.

Ma qual è la vera differenza tra concordato preventivo e concordato minore?

Il concordato preventivo è rivolto alle imprese medio-grandi che superano almeno uno dei seguenti limiti:
– ricavi annui superiori a 200.000 euro;
– debiti superiori a 500.000 euro;
– attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro.

È una procedura più complessa, che si svolge interamente in tribunale, con il controllo di un commissario giudiziale nominato dal giudice. L’imprenditore presenta un piano per pagare, anche solo parzialmente, i creditori, mantenendo – in alcuni casi – la continuità aziendale. Il piano deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori e omologato dal tribunale.

Il concordato minore, invece, è pensato per imprese sotto soglia, lavoratori autonomi e professionisti che non rientrano nei parametri sopra indicati. È una procedura più snella e meno costosa, che può essere avviata anche tramite un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e prevede tempi più rapidi e minori formalità.

Nel concordato minore, il debitore può proporre un piano sostenibile, adeguato alle sue reali capacità economiche, senza necessità di una votazione da parte dei creditori. Serve però il parere favorevole del gestore della crisi e l’omologazione del giudice.

In sintesi:

– Il concordato preventivo è per imprese strutturate, si fa in tribunale e richiede il voto dei creditori.
– Il concordato minore è per soggetti più piccoli, è più agile e si può gestire anche fuori dal tribunale, con l’aiuto di un OCC.

Perché è importante scegliere la procedura giusta?

Perché un errore nella scelta può portare al rigetto del piano, al blocco della procedura o, nei casi peggiori, alla liquidazione giudiziale. Ecco perché è fondamentale farsi assistere fin da subito da un avvocato esperto, che possa valutare se ci sono i presupposti per il concordato, quale versione utilizzare e come costruire un piano efficace.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in concordati, crisi d’impresa e ristrutturazione dei debiti – ti spiega la differenza tra concordato preventivo e concordato minore, quando si applicano e come possiamo aiutarti a scegliere e gestire la procedura più adatta alla tua realtà.

Sei un imprenditore in difficoltà e vuoi capire se puoi ancora salvare l’azienda? Ti serve una procedura rapida e sostenibile per bloccare i creditori e ridurre i debiti?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo insieme i tuoi requisiti, i debiti da trattare e costruiremo il piano più efficace per proteggere la tua attività, il tuo patrimonio e la tua reputazione.

Introduzione

La crisi da sovraindebitamento è disciplinata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. n. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), che ha introdotto strumenti diversi per tutelare i debitori non fallibili. In particolare il CCII distingue il concordato preventivo (per imprenditori soggetti a liquidazione giudiziale) dal concordato minore (per piccoli imprenditori, professionisti e altri debitori civili non fallibili). Entrambi mirano a evitare la liquidazione coatta dei beni, consentendo al debitore di proporre un piano di soddisfacimento dei creditori (anche parziale) e ottenendo la cancellazione dei debiti residui al termine del piano. Tuttavia, i due istituti differiscono radicalmente per soggetti ammessi, requisiti, procedure e modalità di approvazione. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamina in modo dettagliato le rispettive discipline (con rinvio alla normativa e alla giurisprudenza recente), evidenziando i profili di interesse per debitori privati, professionisti, imprenditori e società.

Quadro normativo vigente

Il concordato preventivo è disciplinato nel Codice della crisi dal Titolo IV, Capo II (Sezione I), articoli 160 e seguenti. Può essere promosso da «l’imprenditore che si trova in stato di crisi», inteso anche come stato di insolvenza, secondo l’interpretazione della Cassazione. L’obiettivo è principalmente quello di far rientrare l’impresa in equilibrio, anziché procedere al fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”). Il concordato preventivo prevede una procedura complessa, con verifica giudiziale, voto dei creditori suddivisi in classi (art. 112 CCII) e obblighi di finanziamento esterno in alcune ipotesi (art. 84 CCII).

Il concordato minore è stato introdotto dal CCII nel Titolo IV, Capo III, Sezione I (artt. 74-81 CCII) come strumento straordinario di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si rivolge a “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale” (art. 2, co. 1, lett. c), CCII). In sostanza, ne possono usufruire soggetti civili (persone fisiche o società) non fallibili: ad esempio piccoli imprenditori sotto determinate soglie dimensionali, professionisti con partita IVA, imprenditori cessati da poco, associazioni o enti non profit non soggetti a liquidazione fallimentare. Restano esclusi i consumatori (persone fisiche non imprenditori che hanno contratto debiti per esigenze personali) e, come chiarito dalla giurisprudenza, anche gli ex imprenditori che hanno volontariamente cessato l’attività ed eliminato l’iscrizione nel Registro delle imprese.

Il concordato minore “si muove su tre direttrici”: mantiene per quanto possibile le regole del concordato preventivo, ma con disciplina ad hoc per tutelare i piccoli debitori, privilegiando una spiccata continuità dell’attività. La procedura è analoga a quella del concordato preventivo (coincidenza di finalità: soddisfare i creditori evitando la liquidazione), ma vi sono semplificazioni procedurali significative (no udienza pubblica, documenti ridotti, un solo voto creditizio) e obblighi meno stringenti in alcuni casi. Recentemente, il D.Lgs. 13/9/2024, n. 136 (“decreto correttivo-ter”) ha introdotto nel concordato minore il comma II-bis dell’art. 75 CCII, consentendo al debitore di proseguire il piano di ammortamento del mutuo ipotecario sulla prima casa purché abbia adempiuto ai debiti scaduti o ne sia autorizzato dal giudice.

Il concordato preventivo

Soggetti ammessi. Possono accedere al concordato preventivo gli imprenditori commerciali (inclusi artigiani, aziende agricole, start-up) e le società di persone o di capitali che si trovino in «stato di crisi» (anche insolvenza). La giurisprudenza conferma la finalità primaria di conservazione del valore aziendale: il concordato serve a risolvere la crisi d’impresa, consentendo all’imprenditore in difficoltà di evitare il fallimento attraverso una soluzione concordata con i creditori. Il debitore deve documentare uno soddisfacimento minimo concreto dei creditori (percentuali non irrisorie) per rendere meritevole l’accordo.

Procedure e fase di ammissione. La procedura si apre con la presentazione di un ricorso al Tribunale competente, corredato di documenti contabili, relazione del commissario giudiziale (art. 161 CCII) e piano di ristrutturazione/soddisfacimento. L’apertura del concordato preventivo attiva automaticamente la misura protettiva del divieto di nuove azioni esecutive (art. 67-69 CCII) e determina l’esdebitazione del debitore dal momento dell’omologa, sospendendo le altre obbligazioni (effetto acclarativo con decorrenza dal decreto di ammissione). A differenza del concordato minore, il concordato preventivo richiede un’udienza pubblica di omologazione: il giudice verifica la completezza documentale, la fattibilità economica del piano e la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria.

Voto dei creditori e classi. Nel concordato preventivo i creditori sono divisi in classi omogenee (art. 111-112 CCII) – ad esempio creditori privilegiati, chirografari, finanziatori esterni – e ciascuna classe vota separatamente il piano. Per l’omologazione è richiesto il voto favorevole della maggioranza assoluta delle classi (in valore) e della maggioranza dei crediti ammessi in ciascuna classe (art. 112 CCII). La Cassazione ha ribadito che il piano deve garantire un soddisfacimento non inferiore a quello della liquidazione giudiziale (art. 84, c.1 CCII). Nel caso di concordato in continuità aziendale, è prevista la possibilità di dilazionare i crediti privilegiati, ma comunque per non più di 6 mesi (modifiche apportate dal D.Lgs. n. 83/2022) e garantendo in ogni caso un recupero ragionevole.

Finalità e conseguenze. Se omologato, il concordato preventivo vincola tutti i creditori anteriori (anche dissenzienti) secondo i termini del piano. Il debitore, se soci e amministratori, può mantenere la gestione (con o senza commissariamento) oppure trasferire l’azienda ad un terzo (concordato “con assunzione”). In ogni caso, al termine del piano il debitore ottiene l’esdebitazione residua: cioè la cancellazione definitiva dei debiti ritenuti insoluti nell’ambito del concordato. In caso di inadempimento dopo l’omologa, si apre la fase liquidatoria (prosecuzione verso il fallimento se rientrabile o liquidazione coatta amministrativa).

Il concordato minore

Soggetti ammessi. Il concordato minore è riservato ai debitori civili sovraindebitati che non possono accedere alle procedure maggiori. In base all’art. 2, c. 1, lett. c) CCII, accedono gli “altri debitori non assoggettabili alla liquidazione giudiziale”. In pratica può utilizzarlo:

  • il piccolo imprenditore commerciale (persona fisica o società di persone) sotto certe soglie dimensionali (per es. fatturato annuo ≤ €200.000);
  • il professionista con partita IVA in crisi (avvocato, medico, ingegnere, ecc., purché non si configuri consumatore);
  • l’imprenditore cessato che conserva passività (es. ha chiuso l’attività ma non ha estinto i debiti);
  • gli enti non profit, associazioni, onlus o imprese agricole che hanno debiti da attività commerciale.

Ne sono invece esclusi i consumatori (persone fisiche che hanno contratto debiti per fini personali), per i quali il CCII prevede specificamente il piano del consumatore (artt. 67-68 CCII). Inoltre la Cassazione (Sez. I, 26 luglio 2023, n. 22699) ha confermato che chi ha cessato l’attività con cancellazione dal Registro imprese non può accedere al concordato minore. Le società di capitali e le SRL fallibili devono invece utilizzare il concordato preventivo. In sintesi: il concordato minore è destinato ai debitori titolari di attività economiche non eccessivamente grandi, esclusi i fallibili e i consumatori.

Finalità e distinzioni. L’istituto del concordato minore, introdotto dal CCII, mira a evitare la liquidazione del patrimonio (o la chiusura dell’attività) favorendo soluzioni negoziate. Di norma prevede la prosecuzione dell’attività del debitore o comunque il rispetto di un piano dilazionato, invece di una totale cessione dei beni. In alcuni casi eccezionali, però, può operare anche come procedura “liquidatoria” (ad esempio la vendita di beni per pagare i creditori). Rispetto al concordato preventivo, il concordato minore applica per quanto possibile le sue regole ma con semplificazioni significative: per esempio non richiede l’udienza di omologazione (tutta l’attività istruttoria è documentale) e prevede un unico voto complessivo dei creditori in base al valore dei crediti ammessi. In ogni caso la finalità rimane sempre il soddisfacimento dei creditori, come ricordano vari richiami normativi (artt. 74, c.1-2 e 76, c.2, lett. d) CCII).

Procedura e fasi. La procedura si apre con la domanda di concordato minore (art. 76 CCII) presentata in forma di ricorso da un Organismo di composizione della crisi (OCC) scelto dal debitore, con delega di un difensore. Il ricorso deve contenere la documentazione prevista (attivo e passivo dello stato patrimoniale, flussi di cassa previsti, elenco creditori con classi, proposta di soddisfacimento) e la relazione particolareggiata redatta dall’OCC (art. 76 CCII). Il tribunale esamina il ricorso senza udienza pubblica, verifica la completezza formale e la fattibilità economica del piano (art. 77 CCII). Se ritiene la domanda ammissibile, fissa un’udienza di voto (ma non elimina il regime di documentazione).

A partire dal deposito del ricorso scatta una misura di sospensione delle azioni esecutive e cautelari sui beni del debitore: in analogia al concordato preventivo, le procedure esecutive pendenti sono congelate (salvo i crediti ipotecari su immobili, per i quali il privato può chiedere la prosecuzione del pagamento delle rate, v. infra). A differenza del concordato preventivo, l’ammissibilità non prevede vincoli particolari come obbligo di versamenti cauzionali o durate minime: dopo l’esame documentale, il tribunale fissa senza ulteriori formalità l’udienza di convocazione dei creditori.

Classi di creditori e voto. Pur essendo prevista una suddivisione in classi per i soli scopi dell’informativa e della votazione, la classificazione è generalmente facoltativa (art. 74, co. 3 CCII la definisce “eventuale”). Non opera l’obbligo di suddividere i creditori come nel concordato preventivo, né è richiesta l’unanimità delle classi (art. 112 CCII) per l’approvazione in continuità. In pratica il piano di concordato minore è approvato con la semplice maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto. In alcuni casi il legislatore prevede classi obbligatorie: per esempio l’art. 74, co. 3 CCII prevede che almeno debbano formarsi le classi dei creditori muniti di garanzia personale di terzi e (per derivazione art. 88 CCII) dei creditori erariali non integralmente soddisfatti. Comunque, se il piano non rispecchiasse i requisiti formali o economici (per esempio mancanza di coerenza con quanto dichiarato nella relazione dell’OCC), il tribunale può dichiararlo inammissibile.

Omologazione ed effetti. Se il piano ottiene l’approvazione dei creditori (maggioranza creditizia) e il tribunale conferma la fattibilità e la correttezza formale, emette decreto di omologa (art. 80 CCII). Da quel momento il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteposta, analogamente al concordato preventivo. Il debitore in continuità continua quindi a gestire i propri beni versando le quote ai creditori secondo il piano concordato. Le obbligazioni rimaste insolute alla fine del piano vengono definitivamente estinte: il debitore ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) nei termini stabiliti dal codice. Durante l’esecuzione del piano il debitore deve mantenere una condotta diligente (art. 80 CCII); la giurisprudenza ha infatti precisato che il giudizio di fattibilità richiede alta affidabilità e diligenza del debitore (Cass. n. 2963/2024). In caso di mancato esito del piano, si apre la fase liquidatoria secondo le regole del sovraindebitamento (si converte in liquidazione controllata dei beni).

Confronto dettagliato tra i due istituti

Ecco i principali punti di distinzione tra concordato preventivo e concordato minore, con riferimenti alle norme rilevanti:

  • Soggetti ammessi: Il concordato preventivo è destinato a imprenditori “fallibili” (inclusi società di capitali) in stato di crisi o insolvenza. Il concordato minore è riservato ai debitori civili non soggetti a liquidazione fallimentare: piccole imprese, professionisti, titolari di partita IVA con debiti, ex-imprenditori non cancellati dal Registro. I consumatori devono seguire il piano del consumatore e non possono accedere al concordato minore. Cass. civ. n. 22699/2023 ha chiarito che neppure l’ex imprenditore cancellato (pers. fisica) può proporre concordato minore.
  • Quorum di voto e classi di creditori: Nel concordato preventivo ogni classe di creditori (privilegiati, chirografari, finanza esterna, ecc.) vota separatamente secondo i criteri di cui all’art. 112 CCII, richiedendo la maggioranza di valore e delle classi. Nel concordato minore invece, la suddivisione in classi è meramente eventuale (art. 74, c. 3 CCII), e l’omologazione si ottiene con la maggioranza del valore dei crediti ammessi al voto, senza necessità di maggioranze plurime per classe. Viene quindi applicato un unico criterio maggioritario “creditizio” (art. 79 CCII), rendendo di fatto superflua l’unanimità tra le classi ex art. 112 CCII.
  • Procedure e termini: Il concordato preventivo prevede l’udienza di ammissione e di omologazione, con formali notifiche a tutte le parti; nel concordato minore tutto si svolge per via documentale. Il CCII non impone termini minimi rigidi per il concordato minore (a differenza di vecchi limiti temporali), mentre nel concordato preventivo la legge richiede che il piano sia eseguito entro certi limiti di tempo (a volte con proroghe negoziate). Non sono previsti obblighi di cauzioni o versamenti anticipati nei concordati minori: la presentazione della domanda è immediata tramite l’OCC scelto dal debitore.
  • Finanziamenti esterni: Nel concordato preventivo in forma “liquidatoria” è previsto l’obbligo di finanziamento esterno pari almeno al 10% dell’attivo (art. 84, c.4 CCII). Nel concordato minore, al contrario, l’apporto esterno al piano (art. 74, c.2 CCII) deve essere “apprezzabile” ma senza una percentuale fissa: può consistere anche in utilità diverse (non necessariamente denaro) e serve a garantire un aumento significativo del soddisfacimento minimo. In sostanza, nel concordato minore il legislatore non quantifica la soglia di finanza esterna, lasciando ampia discrezionalità purché il contributo non sia meramente simbolico.
  • Trattamento dei crediti garantiti: Il concordato preventivo può prevedere dilazioni anche per crediti privilegiati (salari, tributi, previdenza) fino a 6 mesi (come modificato dal D.Lgs. n. 83/2022). Nel concordato minore si applica la regola del “non peggioramento” dei crediti privilegiati: ad esempio, gli enti pretesori non possono ricevere trattamenti inferiori rispetto a quanto previsto in una liquidazione (Trib. Rimini 7/1/2025). Inoltre, con la riforma del 2024 (art. 75 c.II-bis CCII) è ammessa la prosecuzione del piano di mutuo sulla prima casa: se il debitore ha saldato regolarmente il mutuo fino al momento del concordato (o viene autorizzato dal giudice), può continuare a pagare le rate future anziché vendere l’immobile.
  • Ruolo del Giudice e dell’OCC: Nel concordato preventivo interviene un commissario giudiziale (art. 161 CCII) con compiti simili al curatore fallimentare, mentre nel concordato minore vi è un gestore della crisi nominato da un Organismo di composizione della crisi (OCC). Quest’ultimo predispone la relazione iniziale e assiste il debitore nella stesura del piano, vigilando sull’esecuzione. A differenza del commissario del concordato preventivo, l’OCC nel concordato minore è un ausiliario già nominato dal debitore e validato dal Tribunale, il cui compenso è liquidato a conclusione della procedura.
  • Sospensione esecuzioni: In entrambi gli istituti, il deposito del ricorso comporta la sospensione automatica delle azioni esecutive sui crediti privati (art. 86 e art. 97 CCII), fatta eccezione per i diritti dei lavoratori e dei creditori pubblici che conservano le azioni privilegiate. Tuttavia nel concordato minore, proprio per la sua natura negoziale, il Tribunale generalmente non applica penalità al debitore moroso nel piano, purché vi sia buona fede e un minimo di coerenza (Cass. n. 2963/2024).

Tabelle comparativa tra concordato preventivo e minore

CaratteristicaConcordato PreventivoConcordato Minore
Normativa di riferimentoTitolo IV, Capo II CCII (artt. 160‑172)Titolo IV, Capo III CCII (artt. 74‑81)
Debitore ammessoImprenditore commerciale (pers. fisica o società fallibile)Debitore civile «non assoggettabile a liquidazione» (piccolo imprenditore, professionista, ex-imprenditore, ecc.)
ConsumatoreNon può accedere (esiste percorso separato)Escluso (ha percorso apposito)
Classificazione creditoriObbligatoria (in classi omogenee) – v. art. 111-112 CCIIFacoltativa (art. 74(3) CCII prevede classi solo in via eventuale)
Voto dei creditoriPer classe: maggioranza di classe (valore) e di numero di classiUnico voto (“majority creditizia”): maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto
Finanziamento esternoRichiesto (almeno +10% valore attivo in concordato liquidatorio)Richiesto “apprezzabile” (senza percentuali fisse)
Continuità d’aziendaPossibile (con piano continuativo) o liquidazione puraCentrale (continuità aziendale o professionale); liquidazione pura possibile ma eccezionale
DocumentazioneArticolata (bilanci, relazioni, business plan, ecc.)Semplificata (documenti di base, flussi di cassa, piano breve)
Udienza pubblicaSì (omologazione in tribunale con presenza di parti)No (valutazione decisa dal giudice sui documenti)
Protezione del debitoreDiritto a misure protettive (es. sospensione esecuzioni dal ricorso)Sospende le esecuzioni come concordato preventivo (ma senza udienza)
Durata tipica proceduraPiù lunga (mediamente 12‑36 mesi con appello)Più breve (6‑18 mesi, documentale, senza appelli di merito)
Presupposto economicoStato di crisi/insolvenza dell’impresaSovraindebitamento complessivo dei debiti (anche senza impresa attiva)

Simulazioni numeriche di piani

Esempio 1 – Concordato preventivo di una s.r.l. in crisi

La “Ghiotto S.p.A.” ha un attivo esistente (beni in azienda) di € 100.000 e debiti complessivi di € 500.000, così ripartiti: debiti verso banche (ipotecari) € 150.000, debiti verso l’erario (privilegiati) € 200.000, debiti verso fornitori (chirografari) € 150.000.

Il piano concordatario in continuità proposto dall’imprenditore prevede:

  • Banche: soddisfazione dell’80% (€ 120.000) in 5 anni (24 rate semestrali da € 5.000), con vendita di alcuni macchinari come garanzia aggiuntiva.
  • Erario e previdenza: soddisfazione del 100% (€ 200.000) in 5 anni (60 rate mensili da € 3.333).
  • Fornitori: soddisfazione del 30% (€ 45.000) in 3 anni (36 rate mensili da € 1.250).
  • Finanziamento esterno: apporto di € 10.000 (pari al 10% del residuo attivo, come richiesto dalla norma per il concordato liquidatorio).

I flussi di cassa mensili sono riepilogati nella tabella seguente:

VoceDebito inizialeQuota concordatoModalità di pagamento
Banca (ipoteca)€ 150.000€ 120.000 (80%)24 rate semestrali da € 5.000
Erario/INPS€ 200.000€ 200.000 (100%)60 rate mensili da € 3.333
Fornitori€ 150.000€ 45.000 (30%)36 rate mensili da € 1.250
Totale€ 500.000€ 365.000

Il piano supera il confronto con l’alternativa liquidatoria (in caso di fallimento l’attivo di € 100.000 distribuirebbe meno rispetto al piano) ed è approvato con le maggioranze richieste. Al termine del piano, i residui (il 20% dei debiti bancari e il 70% dei debiti verso fornitori) vengono definitivamente esdebitati. Questa simulazione illustra un tipico concordato preventivo: finanziamenti esterni e rateizzazione pluriennale, con vincolo a maggioranze di classi.

Esempio 2 – Concordato minore di un imprenditore individuale

“Maria Rossi” è una parrucchiera con partita IVA, con situazione debitoria: mutuo residuo sulla prima casa pari a € 120.000 (rate residue € 600 al mese), debiti verso fornitori di prodotti per € 20.000 e debiti fiscali/INPS per € 30.000. L’OCC suggerisce un concordato minore in continuità con il seguente piano di soddisfazione:

  • Mutuo casa: proseguimento dell’originario piano di ammortamento: pagherà € 600/mese come prima (grazie al nuovo comma II-bis art.75 CCII può mantenere il piano).
  • Fornitori: rimborso del 50% (€ 10.000) in 4 anni (48 rate mensili da € 208).
  • Fisco/INPS: rimborso del 100% (€ 30.000) in 5 anni (60 rate mensili da € 500).

Si ottiene così la seguente previsione di flussi:

VoceDebito inizialeQuota concordatoModalità di pagamento
Fornitori€ 20.000€ 10.000 (50%)48 rate mensili da € 208
Fisco/INPS€ 30.000€ 30.000 (100%)60 rate mensili da € 500
Mutuo casa€ 120.000Continuazione rata € 600/meseRate mensili € 600 fino al rimborso
Totale€ 170.000€ 40.000 + piano mutuo

In questo scenario il piano viene approvato con la semplice maggioranza in valore dei crediti (qui soprattutto il rimborso integrale del Fisco e metà dei fornitori). Grazie alla disposizione di cui all’art. 75, comma II-bis, CCII introdotta con il D.Lgs. 136/2024, Maria può continuare a pagare il mutuo secondo il vecchio piano, anziché vendere la casa. Al termine del piano (5 anni), Maria ottiene l’esdebitazione residua: i rimanenti debiti per i fornitori (50%) sono cancellati. Questa simulazione numerica mostra come il concordato minore consenta di realizzare un piano sostenibile anche per un piccolo debitore, mantenendo in vita il patrimonio fondamentale (la casa) e dilazionando gli altri debiti.

Domande frequenti (FAQ)

  • Chi può proporre il concordato minore? Possono accedervi i debitori civili «non soggetti alle procedure maggiori». In concreto, i piccoli imprenditori e i professionisti con partita IVA in stato di sovraindebitamento (sotto le soglie di fallibilità). Ne sono esclusi i consumatori (per i quali vige il piano del consumatore) e, come confermato dalla Cassazione (Cass. n. 22699/2023), chi ha cessato volontariamente l’attività con cancellazione dal registro delle imprese. In altri termini, il concordato minore è riservato a titolari di attività economica “non troppo grandi” e non fallibili.
  • Qual è la differenza principale rispetto al concordato preventivo? Il concordato minore è pensato per i debitori di minori dimensioni e più “vicini al diritto alla seconda possibilità”. Rispetto al concordato preventivo, esso prevede procedure più snelle: non richiede udienze di omologazione (tutto avviene per documenti), non impone la formazione obbligatoria di classi di creditori (art. 74 CCII stabilisce che la classazione è “eventuale”) e l’approvazione avviene con maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto. Al contrario, il concordato preventivo, applicabile a imprese più grandi, prevede un procedimento più strutturato con voto per classi (maggioranza per classe, art. 112 CCII) e spesso durate più lunghe.
  • È necessario soddisfare tutti i creditori? No. In entrambi gli istituti la legge ammette l’offerta di soddisfacimento parziale dei creditori, purché economico e “apprezzabile” (non irrisorio). Il concordato preventivo in continuità non richiede di soddisfare integralmente nessun creditore, ma deve rispettare i minimi (art. 84 CCII): il piano dev’essere almeno non peggiore della liquidazione. Analogamente, nel concordato minore il piano può prevedere percentuali ridotte, a condizione che l’OCC dimostri la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria. In entrambi i casi, la relazione dell’OCC valuta se il piano sia ragionevole e conveniente.
  • Cosa succede ai debiti residui dopo l’omologazione? Se il piano viene eseguito come previsto, il debitore ottiene l’esdebitazione (cancellazione) dei debiti residui: ovvero i debiti non coperti dalle prestazioni del piano vengono estinti (ceduti) definitivamente. Questa disciplina è comune sia al concordato preventivo che al concordato minore (art. 84 c. 3 CCII e art. 80 CCII) e realizza la “seconda possibilità” del debitore. In caso di inadempimento dell’accordo, invece, il tribunale può dichiarare il fallimento o la liquidazione coatta del patrimonio, dando luogo a una procedura di liquidazione giudiziale.
  • Quali tutelano il debitore durante il concordato? Dal deposito della domanda, vengono sospese le azioni esecutive e cautelari sui beni del debitore (salvi i diritti dei creditori garantiti e i diritti dei lavoratori). Ciò significa che i pignoramenti in corso restano congelati fino al decreto di omologa o di rigetto. Nel concordato minore, non esiste una “nuova via esecutiva” riservata ai consumatori, ma le misure protettive del CCII si applicano analogamente. Tuttavia, in entrambi i casi, se il debitore abbandona il piano il Tribunale potrà comunque revocare l’ammissione e ordinare la liquidazione dei beni.
  • Come si calcola il compenso dell’OCC/commissario? Non esiste un tariffario fisso: il compenso del gestore (OCC) o del commissario è determinato in base ai parametri di legge (DM 202/2014, artt. 16-17) che legano il compenso all’attivo realizzato e al passivo accertato. Il compenso è normalmente a carico del debitore e prededucibile (matura prima degli altri creditori). Recentemente la Cassazione ha precisato che l’omologa non può liquidare immediatamente tutto il compenso dell’OCC: la liquidazione definitiva del compenso deve avvenire al termine dell’esecuzione del piano. In pratica, il Tribunale può autorizzare pagamenti in acconto durante l’esecuzione, ma il conguaglio finale è sempre dopo la chiusura della procedura.
  • È possibile mantenere il mutuo sulla prima casa nel concordato minore? Sì, grazie a una recente modifica normativa. L’art. 75, comma II-bis, CCII (introdotto dal D.Lgs. 136/2024) permette al debitore persona fisica di proseguire il piano di ammortamento del mutuo garantito da ipoteca sulla casa principale, anziché venderla. L’agevolazione vale se il debitore ha saldato regolarmente le rate già scadute o viene autorizzato dal giudice a colmare i ritardi. Secondo la relazione tecnica del decreto correttivo-ter, «è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo… se il debitore… ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza». In pratica, come nel piano del consumatore, il debitore può tenersi la casa continuando a pagare il mutuo, mentre il piano del concordato copre gli altri creditori.
  • Che cosa dice la giurisprudenza recente? La giurisprudenza italiana conferma diversi principi salienti. Tra le più autorevoli pronunce: Cass. civ. Sez. I, 26 luglio 2023, n. 22699 (Prima Pres.) ha ribadito che il divieto di accesso al concordato minore per chi ha cessato l’attività con cancellazione dal registro (già previsto dall’art. 33, c. 4 CCII) vale anche per i professionisti. Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 2024, n. 2963 ha sottolineato che diligenza e affidabilità del debitore sono requisiti imprescindibili: un piano fondato su passati inadempimenti o con prospettive irrealistiche va rigettato. Numerosi tribunali di merito hanno posto in rilievo la rigidità del giudizio di sostenibilità del piano (es. Trib. Ferrara 27/12/2024) e hanno precisato modalità operative (Trib. Modena 1/5/2025, favorevole al debitore ex-imprenditore nonostante cancellazione; Trib. Rimini 7/1/2025, “non deteriore” sui crediti tributari). Queste pronunce dimostrano come i giudici vigilino sulla fattibilità concreta del piano e interpretino il CCII in senso garantista verso il debitore.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Normativa primaria: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza); D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. “correttivo-ter”); leggi precedenti (L. 3/2012 sul sovraindebitamento; L. fallimentare riformata).
  • Artt. rilevanti del CCII: artt. 2 (definizioni), 74-81 (concordato minore), 160-172 (concordato preventivo), 76-77 (domanda e ammissibilità concordato minore), 80 (omologa concordato minore), 84-85 (concordato liquidatorio, classi), 112 (voto classi).
  • Decreti ministeriali: DM 24/9/2014, n. 202 (parametri di compenso per OCC/commissari); DM 17/2/2016 (disciplina ristrutturazione tributi).
  • Giurisprudenza autorevole: Cass. civ. 20 feb. 2020, n. 4329 (definisce lo stato di crisi, concordato come alternativa al fallimento); Cass. civ. 26 lug. 2023, n. 22699 (accesso al concordato minore dopo cessazione attività); Cass. civ. 27 nov. 2024, n. 2963 (diligenza e fattibilità del piano); Cass. civ. 21 feb. 2025, n. 5157 (liquidazione compenso OCC solo a fine procedura); Cass. civ. 29 mag. 2025, ord. n. 14401 (spese OCC prededucibili ma subordinate alle garanzie).
  • Pronunce di merito: Trib. Milano, 3 marzo 2025 (omologa concordato minore Ghiro sulla Luna s.n.c., con piano proposto e chiusura procedura); Trib. Ferrara, 27/12/2024 (rigido giudizio di sostenibilità); Trib. Modena, 1/5/2025 (interpreta in modo favorevole l’esclusione ex art. 33 CCII); Trib. Rimini, 7/1/2025 (esamina trattamento crediti privilegiati nel concordato minore).

Vuoi salvare la tua attività dai debiti? Fatti aiutare da Studio Monardo

Il concordato preventivo e il concordato minore sono due strumenti per gestire la crisi, ma non sono uguali. Cambiano i destinatari, i requisiti, le procedure e gli effetti.
Fatti aiutare da Studio Monardo per scegliere quello più adatto alla tua situazione.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza il tuo profilo (impresa, professionista o consumatore) per individuare la procedura applicabile
📑 Ti spiega le differenze tra concordato preventivo (per imprenditori in continuità o liquidazione) e concordato minore (per soggetti non fallibili)
⚖️ Predispone il piano da presentare al tribunale, tutelando te e il tuo patrimonio
✍️ Ti assiste nella redazione della documentazione necessaria e nel dialogo con l’OCC o il commissario giudiziale
🔁 Ti segue fino all’omologazione del concordato e all’eventuale esdebitazione residua

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi e strumenti di regolazione dell’insolvenza
✔️ Difensore di imprese, professionisti, soci e piccoli imprenditori
✔️ Consulente per SRL, ditte individuali, lavoratori autonomi e consumatori
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Concordato preventivo e concordato minore rispondono a esigenze diverse, ma hanno lo stesso obiettivo: salvarti dai debiti e darti un nuovo inizio.
Con un avvocato esperto puoi scegliere lo strumento giusto e affrontare la crisi con una strategia chiara.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!