La Banca Non Sblocca Il Conto Corrente Pignorato: Che Fare

Hai ricevuto un pignoramento del conto corrente e ora la banca non sblocca le somme nemmeno per le spese essenziali? Ti stai chiedendo se è tutto legale, quanto può durare il blocco e cosa puoi fare per riottenere accesso ai tuoi soldi?

Il blocco del conto corrente è una delle conseguenze più immediate di un pignoramento presso terzi, ma non sempre tutto avviene nel rispetto dei tuoi diritti. In molti casi, la banca congela l’intera somma presente sul conto, anche quando una parte sarebbe impignorabile per legge, oppure mantiene il blocco anche oltre i limiti temporali consentiti.

Ma cosa succede quando la banca non sblocca il conto pignorato?

Quando un creditore notifica alla banca un atto di pignoramento, l’istituto ha l’obbligo di congelare le somme presenti sul conto fino a quando il giudice dell’esecuzione autorizza il pagamento a favore del creditore. Nel frattempo, non puoi disporre delle somme, nemmeno per prelievi, bonifici o pagamenti automatici.

Il problema nasce quando il blocco si prolunga troppo o è totale, senza distinzioni.

La legge prevede che siano impignorabili alcune somme, come:

– lo stipendio o la pensione accreditata sul conto, fino a un certo limite (di norma pari al triplo dell’assegno sociale);
– eventuali somme destinate a spese alimentari, assegni di mantenimento, indennità assistenziali o familiari.

Se la banca blocca anche queste somme o non libera il residuo disponibile dopo il provvedimento del giudice, si può contestare l’illegittimità del comportamento.

Cosa puoi fare se il conto resta bloccato troppo a lungo o senza motivo?

Verificare subito la natura del pignoramento, l’importo richiesto e a che punto è la procedura esecutiva;
Richiedere al giudice dell’esecuzione lo sblocco delle somme impignorabili, con un’istanza motivata;
Contestare formalmente alla banca l’eccesso del blocco, chiedendo la restituzione delle somme illegittimamente trattenute;
– In caso di danno, valutare un’azione legale per ottenere il risarcimento.

Il conto può restare bloccato per mesi?

No. Il blocco dev’essere limitato al tempo strettamente necessario per consentire al giudice di emettere l’ordinanza di assegnazione. Se il creditore non agisce entro 45 giorni, il pignoramento perde efficacia e la banca deve sbloccare le somme automaticamente.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni, pignoramenti bancari e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se la banca non sblocca il conto pignorato, quali sono i tuoi diritti e come possiamo aiutarti a recuperare l’accesso alle tue disponibilità.

Hai il conto bloccato da settimane e non riesci a pagare le spese quotidiane? Non sai se la banca sta agendo correttamente o se puoi reagire legalmente?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo subito la tua posizione, verificheremo la legittimità del pignoramento e ti accompagneremo per sbloccare il conto e difendere i tuoi diritti economici.

Introduzione

Il pignoramento di un conto corrente bancario è una procedura di esecuzione forzata nella quale un creditore, munito di un valido titolo esecutivo (ad esempio una sentenza, decreto ingiuntivo, cambiale, ecc.), blocca le somme depositate sul conto di un debitore presso una banca (terzo pignorato). Ciò avviene tramite la notifica di un atto di pignoramento presso terzi al debitore e alla banca, con cui si vincolano le disponibilità del conto a favore del creditore procedente. Dal momento della notifica, il debitore non può più disporre liberamente delle somme pignorate: il conto viene congelato (in tutto o in parte) e il denaro viene destinato al soddisfacimento del credito, salvo gli importi eventualmente dichiarati impignorabili dalla legge.

Quando “la banca non sblocca il conto corrente pignorato”, il debitore si trova nell’impossibilità di utilizzare i propri fondi nonostante magari siano trascorsi tempi lunghi o siano mutate le circostanze (ad esempio perché il debito è stato pagato, ridotto o perché sul conto affluiscono somme che dovrebbero restare disponibili). In questa guida, rivolta a avvocati, imprenditori e privati cittadini, analizzeremo in modo completo e aggiornato (a giugno 2025) come affrontare questa situazione dal punto di vista del debitore. Il linguaggio utilizzato sarà giuridico ma al tempo stesso divulgativo, per chiarire i concetti chiave anche ai non addetti ai lavori.

Di seguito esamineremo tutte le tipologie di pignoramento del conto corrente (presso terzi ordinario, esattoriale, ecc.), il funzionamento della procedura con le relative tempistiche e ruoli dell’ufficiale giudiziario e della banca, i più recenti orientamenti giurisprudenziali (sentenze di Cassazione e tribunali) in materia, e – soprattutto – le possibili azioni che il debitore può intraprendere per ottenere lo sblocco delle somme. Forniremo esempi pratici (casi di studio), bozze di istanze e lettere utili, tabelle riepilogative di norme e adempimenti, una sezione di domande frequenti e, in chiusura, un elenco organizzato delle principali fonti normative e giurisprudenziali citate.


1. Tipologie di pignoramento del conto corrente

Nel panorama giuridico italiano esistono diverse tipologie di pignoramento che possono interessare un conto corrente bancario. Tutte comportano per il debitore l’impossibilità di utilizzare (in tutto o in parte) le somme depositate, ma differiscono per modalità, soggetti coinvolti e normative applicabili. Vediamole nel dettaglio:

1.1 Pignoramento presso terzi ordinario (credito vantato da privati o aziende)

Il pignoramento presso terzi è la forma generale di espropriazione forzata di crediti che il debitore vanta verso soggetti terzi (in questo caso, il credito consistente nel saldo attivo del conto corrente verso la banca). Viene spesso detto “pignoramento giudiziario” o “ordinario” per distinguerlo da quello esattoriale. In concreto, il creditore privato munito di titolo esecutivo deve innanzitutto notificare al debitore un atto di precetto, intimandogli di pagare entro 10 giorni. Se il pagamento non avviene, il creditore può procedere con il pignoramento del conto corrente tramite l’ufficiale giudiziario.

Notifica dell’atto di pignoramento – L’ufficiale giudiziario notifica l’atto di pignoramento sia al debitore sia alla banca (quale terzo pignorato). L’atto ingiunge alla banca di vincolare le somme fino a concorrenza dell’importo indicato (credito azionato, interessi e spese) e contesta al debitore l’udienza davanti al giudice dell’esecuzione. Da quel momento la banca è legalmente obbligata a congelare le disponibilità del conto fino all’importo pignorato, e il debitore perde la facoltà di prelevare o disporre di tali somme.

Udienza e ordinanza di assegnazione – Nel pignoramento ordinario, l’atto contiene la citazione a comparire innanzi al giudice dell’esecuzione (presso il tribunale competente) per l’udienza di assegnazione. Alla data fissata, il giudice verifica la regolarità della procedura e le dichiarazioni della banca (terzo). Se il pignoramento è andato a buon fine, il giudice emette un’ordinanza di assegnazione con cui dispone il trasferimento delle somme pignorate al creditore fino a soddisfacimento del credito (eventualmente anche disponendo la vendita se il pignoramento riguardasse beni, ma nel caso del conto si tratta di assegno diretto delle somme). Con l’ordinanza di assegnazione, la banca potrà prelevare l’importo assegnato dal conto del debitore e versarlo al creditore (spesso tramite bonifico all’ufficiale giudiziario o al legale del creditore). Eventuali somme eccedenti l’importo assegnato restano di spettanza del debitore e dovranno essere sbloccate.

Ruolo della banca (terzo pignorato) – La banca, dopo aver ricevuto la notifica, assume il ruolo di custode delle somme bloccate (obbligo di custodia ex art. 546 c.p.c.). Entro il termine di legge, deve comunicare al creditore procedente l’ammontare delle disponibilità presenti sul conto e confermare l’avvenuto vincolo (questa è la dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c.). In pratica, molte banche inviano una risposta formale (via PEC o raccomandata) indicando il saldo del conto al momento del pignoramento e confermando di averlo vincolato a disposizione del giudice. Se la banca non rende dichiarazione scritta, dovrà comparire all’udienza per rendere la dichiarazione davanti al giudice. Un eventuale mancato riscontro della banca può portare il giudice a presumere esistente il credito nei termini indicati dal creditore (art. 548 c.p.c.), con la possibilità di assegnare comunque le somme – cosa che espone la banca al rischio di dover pagare di tasca propria se non aveva correttamente custodito gli importi. Di norma, tuttavia, le banche adempiono diligentemente: congelano il saldo e comunicano la cifra disponibile.

Normativa applicabile – Il pignoramento presso terzi ordinario è disciplinato principalmente dal codice di procedura civile: articoli 543 e seguenti (forma dell’atto e notifica), 545 (limiti di pignorabilità di stipendi/pensioni, v. sez. 3), 546 (obblighi del terzo custode), 547–548 (dichiarazione del terzo), 552 (ordinanza di assegnazione).

1.2 Pignoramento esattoriale (eseguito dall’Agente della Riscossione)

Accanto al pignoramento ordinario, l’ordinamento prevede una procedura speciale per le riscossioni tributarie, attuata dall’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate–Riscossione, ex Equitalia) per il recupero coattivo di imposte, tasse o cartelle esattoriali non pagate. Si tratta di un pignoramento presso terzi semplificato e rapido, disciplinato dal D.P.R. 602/1973. La caratteristica principale è che l’Agente della Riscossione non ha bisogno di un giudice per avviare il pignoramento: la cartella di pagamento emessa e notificata al debitore vale già come titolo esecutivo e precetto.

Ecco come funziona in sintesi la procedura esattoriale sul conto corrente (art. 72-bis D.P.R. 602/73):

  • Titolo esecutivo e intimazione: se il debitore non paga entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, l’Ente di riscossione può procedere al pignoramento del conto. Se dalla cartella sono passati oltre 12 mesi, deve prima notificare un’intimazione di pagamento (art. 50, co. 2, D.P.R. 602/73) che dà altri 5 giorni al debitore per pagare.
  • Notifica dell’ordine di pagamento (pignoramento): l’Agente della Riscossione notifica direttamente alla banca e, contestualmente, al debitore un atto di pignoramento presso terzi ex art. 72-bis. Questo atto non contiene la citazione in tribunale, bensì un ordine rivolto alla banca di pagare al concessionario le somme dovute (fino a concorrenza del credito indicato), trascorsi 60 giorni. In altri termini, la banca riceve l’ordine di congelare immediatamente le somme e, se il debitore non regolarizza la posizione entro 60 giorni, di versarle all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  • Mancato intervento del giudice: a differenza del pignoramento ordinario, qui non è prevista un’udienza automatica davanti al giudice dell’esecuzione. L’autorità giudiziaria interviene solo eventualmente, in caso di opposizione del debitore. Il debitore che ritenga illegittimo il pignoramento (per esempio perché ha pagato o perché vizi procedurali) può proporre opposizione nei termini di legge (20 giorni dalla notifica dell’atto per le opposizioni agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.). Se propone opposizione, si instaura un giudizio davanti al tribunale e il giudice dell’esecuzione può sospendere la procedura se ricorrono gravi motivi.
  • Effetto del pignoramento esattoriale: in assenza di opposizione, trascorsi 60 giorni dalla notifica senza che il debitore abbia pagato o ottenuto una sospensione, la banca è tenuta a trasferire le somme bloccate all’Agente della Riscossione, fino a soddisfacimento integrale del credito. Non serve un’ulteriore pronuncia giudiziale di assegnazione: l’ordine di pagamento contenuto nell’atto diviene esecutivo allo scadere dei 60 giorni.
  • Particolarità: l’atto di pignoramento esattoriale deve indicare dettagliatamente le cartelle e gli importi dovuti; in caso contrario è nullo. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che il pignoramento verso terzi dell’Agente della Riscossione è nullo se manca il dettaglio dei crediti, poiché il debitore deve essere messo in condizione di comprendere esattamente le somme richieste (Cass. civ. n. 26519/2017).

Normativa speciale – Il pignoramento esattoriale è regolato dagli articoli 72-bis e 72-ter del D.P.R. 602/1973. L’art. 72-bis consente al Fisco di procedere in via diretta senza autorizzazione giudiziaria, mentre l’art. 72-ter impone alcuni limiti a tutela del debitore (si veda §3 per i dettagli su stipendio/pensione e impignorabilità di una parte delle somme). Inoltre, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha accesso all’Anagrafe dei conti bancari e ad altre banche dati per individuare rapidamente i conti da pignorare.

In sostanza, nel pignoramento esattoriale manca la figura dell’ufficiale giudiziario: l’atto è inviato dalla stessa Agenzia delle Entrate-Riscossione. La banca si limita a eseguire l’ordine ricevuto, congelando le somme e pagando dopo 60 giorni se non risulta comunicata dalla stessa Agenzia una sospensione o revoca.

1.3 Altre forme particolari e contesti correlati

Oltre alle due grandi categorie sopra esaminate (pignoramento ordinario presso terzi e pignoramento esattoriale), si possono citare alcune situazioni particolari inerenti il blocco dei conti correnti:

  • Pignoramento in ambito penale o cautelare: non rientra strettamente nel tema della guida, ma esistono sequestri penali o conservativi che possono bloccare un conto corrente (ad es. sequestro preventivo disposto dall’autorità giudiziaria penale). In tali casi, il quadro normativo e i rimedi differiscono (bisogna rivolgersi al giudice penale per il dissequestro). Qui ci concentreremo sulle procedure esecutive civili.
  • Pignoramento di conto cointestato: viene comunque eseguito come pignoramento presso terzi (ordinario o esattoriale), ma con particolarità relative alla contitolarità delle somme (vedi approfondimento §3.2 e casistica §5). In breve, è possibile pignorare un conto cointestato anche se l’altro cointestatario non è debitore, ma solo nei limiti della quota che presumibilmente appartiene al debitore (di regola il 50% se due intestatari).
  • Pignoramento di carte prepagate o conti online: giuridicamente equivalgono a conti di pagamento intestati al debitore, quindi sono pignorabili con le stesse modalità (notifica alla società emittente come terzo). Ad esempio, anche una carta ricaricabile (tipo Postepay) è pignorabile notificando l’atto a Poste Italiane.
  • Concorso di più pignoramenti sullo stesso conto: può accadere che più creditori notifichino distinti pignoramenti sul medesimo conto corrente. In tal caso, le somme vincolate dovranno soddisfare i creditori secondo l’ordine di priorità temporale (o secondo eventuali cause di prelazione, se applicabili). Se i pignoramenti sono di natura diversa (es. uno per crediti alimentari, uno tributario, altri ordinari), la legge impone che complessivamente non si superino determinati limiti, in particolare non oltre metà dello stipendio nel caso di trattenute multiple su medesime entrate. Approfondiremo i limiti nell’apposita sezione.

2. Procedura, tempistiche e ruoli: intervento dell’ufficiale giudiziario e della banca

In questa sezione analizziamo come si svolge concretamente la procedura di pignoramento del conto corrente, con particolare riguardo ai tempi e al ruolo dei vari soggetti coinvolti – in primis l’ufficiale giudiziario (presente nel pignoramento ordinario) e la banca. Capire il cronoprogramma dell’esecuzione è fondamentale per il debitore che attende lo sblocco: ad esempio, sapere quanto dura il blocco, quali sono le scadenze entro cui il creditore deve attivarsi e in quali momenti è possibile intervenire (pagando, opponendosi, chiedendo la conversione, ecc.) può fare la differenza per risolvere più rapidamente la situazione.

Esamineremo prima la procedura ordinaria e poi le differenze nella procedura esattoriale, evidenziando in ciascuna fase che cosa fa la banca e quanto tempo resta bloccato il conto. Infine, vedremo cosa succede al termine della procedura e come avviene (o dovrebbe avvenire) lo sblocco.

2.1 Fasi e tempistiche del pignoramento ordinario del conto corrente

Fase pre-esecutiva (titolo e precetto) – Il creditore deve essere munito di titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo reso esecutivo, cambiale, ecc.). Ottenuto il titolo, notifica al debitore l’atto di precetto, intimandogli di pagare entro 10 giorni. Il precetto è valido 90 giorni (art. 481 c.p.c.): se non si procede al pignoramento entro tale termine, va notificato nuovamente. In pratica, dunque, almeno 10 giorni devono trascorrere tra precetto e pignoramento (salvo casi eccezionali di esecuzione immediata ex lege). Per il debitore, questo è un momento utile: pagando entro i 10 giorni, evita il pignoramento. Diversamente, scaduto il termine il creditore può attivare l’ufficiale giudiziario.

Notifica dell’atto di pignoramento – L’ufficiale giudiziario, su istanza del creditore, procede a notificare l’atto di pignoramento presso terzi. L’atto viene redatto in più copie: una per il debitore, una per la banca e una da depositare in tribunale. Esso contiene: i dati delle parti, l’importo dovuto, l’ingiunzione al debitore a astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre le somme, l’ordine alla banca di non disporne e di farne la dichiarazione, e l’indicazione di luogo e data dell’udienza in cui comparire. La notifica alla banca spesso avviene a mezzo PEC (Posta Elettronica Certificata) all’indirizzo risultante dai registri ufficiali, oppure tramite ufficiale giudiziario nella sede legale. La data dell’udienza viene fissata dal creditore in accordo con la cancelleria del tribunale: di solito a qualche settimana di distanza (spesso 30–60 giorni dopo il pignoramento, a seconda del ruolo del giudice).

Dal momento in cui la banca riceve l’atto (che può essere anche lo stesso giorno in cui lo riceve il debitore, se notificato contestualmente), il conto è congelato fino all’importo pignorato. Ciò significa che il debitore potrebbe vedere il saldo del conto “bloccato” in tutto o in parte: spesso le banche creano una sorta di “partita sospesa” sull’importo pignorato, rendendo indisponibile quella somma. Se sul conto il saldo è inferiore alla cifra richiesta, la banca bloccherà solo ciò che c’è (non va in rosso per effetto del pignoramento, v. oltre). Se invece il saldo supera l’importo dovuto, in teoria la banca dovrebbe vincolare solo l’importo indicato; in pratica però molti istituti congelano l’intero conto, impedendo qualsiasi operazione fino alla definizione, per evitare rischi (soprattutto perché il saldo può variare e non vogliono consentire movimenti su una parte). In ogni caso, sul piano legale il vincolo opera solo fino alla concorrenza della somma pignorata.

Esempio: se il pignoramento riguarda €10.000 e sul conto ci sono €15.000, la banca deve vincolare €10.000. L’ideale sarebbe rendere disponibili i €5.000 eccedenti; ma spesso il conto viene bloccato in toto per ragioni tecniche. Il debitore può chiedere alla banca lo sblocco parziale del surplus, ma non tutte le banche lo concedono spontaneamente senza un ordine del giudice.

Dichiarazione della banca (terzo) – Dopo la notifica, la banca elabora la dichiarazione da rendere al creditore (ex art. 547 c.p.c.). In essa deve indicare se e quali somme detiene del debitore. Tipicamente, la banca conferma l’esistenza del rapporto di conto e comunica il saldo pignorato. Può anche precisare se il conto è cointestato, se ci sono fidi o scoperti, ecc. La legge consente che la dichiarazione sia fatta per lettera raccomandata o PEC direttamente al creditore procedente, evitando così la comparizione in udienza. Se il creditore deposita tale dichiarazione in tribunale, l’udienza potrà anche essere una formalità. Qualora la banca non invii alcuna dichiarazione, o se la dichiarazione è incompleta, il creditore può insistere perché la banca compaia personalmente in udienza (di solito tramite un funzionario delegato) per essere esaminata dal giudice dell’esecuzione.

Udienza davanti al giudice dell’esecuzione – Nel giorno e ora stabiliti, le parti si presentano dinanzi al giudice dell’esecuzione. In genere interviene l’avvocato del creditore; il debitore può presentarsi (spesso col suo avvocato) ma non è obbligatorio. La banca di solito invia in cancelleria la dichiarazione scritta in anticipo; se così, spesso né il funzionario di banca né l’ufficiale giudiziario sono presenti, e il giudice procede sulla base degli atti depositati. Se invece la dichiarazione del terzo manca, il giudice può rinviare l’udienza o assumere la dichiarazione in quella sede.

  • Esito positivo (assegnazione): se risulta che la banca detiene somme del debitore, il giudice emette l’ordinanza di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., disponendo che la banca versi al creditore l’importo pignorato (o l’intero saldo disponibile, se minore del credito). L’ordinanza di assegnazione è un provvedimento immediatamente esecutivo che trasferisce il credito dal debitore al creditore.
  • Esito negativo: se la banca dichiara saldo zero (conto vuoto) o addirittura che il conto non esiste, il pignoramento va a vuoto. Il giudice prende atto che non vi sono somme da assegnare e dichiara chiusa la procedura per incapienza. Il conto in tal caso andrebbe sbloccato subito dopo, non essendovi nulla da vincolare.
  • Mancata comparizione o inattività del creditore: se il creditore non si presenta e non chiede provvedimenti entro un certo tempo, il giudice può dichiarare l’estinzione della procedura. Inoltre, attenzione alla tempistica di legge: l’art. 497 c.p.c. stabilisce che il pignoramento perde efficacia automaticamente trascorsi 45 giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione. Questo significa che, se per qualche ragione il creditore omette di attivarsi (ad esempio non deposita in tempo l’istanza o la nota di iscrizione a ruolo, o rinvia troppo l’udienza), passati 45 giorni dalla notifica l’atto diventa inefficace e le somme non sono più vincolate. In pratica, tuttavia, nei pignoramenti presso terzi l’assegnazione viene normalmente richiesta entro tale termine (spesso già con l’udienza fissata entro 45 giorni), quindi è raro che decada automaticamente, ma può succedere.

Esecuzione dell’ordinanza e sblocco finale – Dopo l’ordinanza di assegnazione, la palla torna alla banca. Ricevuta copia del provvedimento (di solito gliela trasmette l’avvocato del creditore o l’ufficiale giudiziario stesso), la banca provvede a svincolare l’importo assegnato: preleva la somma dal conto del debitore e la paga al creditore secondo le indicazioni (spesso il giudice ordina che la banca trattenga l’importo e lo metta a disposizione dell’ufficiale giudiziario per la consegna al creditore). Una volta pagato il creditore, il residuo saldo del conto deve essere sbloccato immediatamente. In teoria, dunque, subito dopo l’esecuzione del pagamento il debitore dovrebbe tornare ad avere piena disponibilità di eventuali somme rimaste sul conto. In pratica, a volte le banche attendono di avere certezza che la procedura sia chiusa (ad esempio vogliono un atto di avvenuto pagamento o la rinuncia del creditore al pignoramento per la parte eccedente, se c’era capienza maggiore). Tuttavia, non appena il credito del procedente è soddisfatto, il vincolo cessa di diritto e la banca non ha più titolo per congelare denaro del correntista.

Esempio: debitore aveva €15.000 sul conto; creditore pignorava €10.000. Il giudice assegna €10.000 al creditore. La banca preleva €10.000 e li gira al creditore. Rimangono €5.000 sul conto che ora, terminata l’esecuzione, devono tornare nella disponibilità del debitore. Se la banca tarda a sbloccarli, il debitore (o il suo avvocato) può sollecitare formalmente lo sblocco, eventualmente diffidando l’istituto ad adempiere.

Costi e tempi complessivi – Un pignoramento ordinario di conto corrente può durare, in media, alcuni mesi dall’atto iniziale allo sblocco finale. I tempi minimi sono dettati dalla legge (10 giorni di precetto + circa 30-60 giorni fino all’udienza); raramente l’intera procedura si chiude in meno di 2-3 mesi. Possono esserci rinvii di udienza o intoppi che allungano la vicenda. Dal lato dei costi, il debitore deve sapere che le spese dell’esecuzione (contributo unificato, spese di notifica, eventuali compensi) vengono in genere addebitate con l’ordinanza di assegnazione, andando a gravare sulla somma prelevata. Ciò significa che, se il debito iniziale era ad esempio €10.000, il giudice potrebbe assegnare qualche centinaio di euro in più per le spese legali, sottraendoli dal conto del debitore.

Il ruolo dell’ufficiale giudiziario in sintesi è cruciale nella fase iniziale (notifica e redazione del pignoramento) e finale (in alcuni tribunali l’ufficiale cura la consegna delle somme al creditore). Ma una volta notificato l’atto, l’ufficiale giudiziario non interviene quotidianamente: è la banca che materialmente custodisce e poi rilascia i fondi. Se il debitore ha dubbi sulle tempistiche, può informarsi in cancelleria sull’esito dell’udienza o verificare tramite il suo legale. L’ufficiale giudiziario non ha il potere di sbloccare i soldi senza un provvedimento del giudice o senza istruzioni dal creditore (come una rinuncia).

2.2 Fasi e tempistiche del pignoramento esattoriale del conto corrente

Nella procedura esattoriale (Agenzia Entrate-Riscossione) le fasi sono in parte diverse e generalmente più celeri, poiché – come detto – non vi è un controllo preventivo del giudice. Ecco le principali tappe e tempistiche:

Cartella esattoriale e avvisi – Dopo la notifica della cartella di pagamento, decorrono 60 giorni per il pagamento volontario. In mancanza, l’Agente della Riscossione può attivarsi in qualsiasi momento. Se la cartella è “vecchia” di oltre un anno, prima di procedere deve inviare l’intimazione di pagamento (dà 5 giorni ulteriori). Questi atti spesso arrivano per posta raccomandata o PEC. Il debitore dunque ha un preavviso (in forma di cartella e poi intimazione, se necessaria) che l’esecuzione è imminente.

Atto di pignoramento ex art. 72-bis – Trascorsi i termini, l’Agente della Riscossione invia l’atto di pignoramento alla banca e al debitore. Tale atto contiene già l’ordine di pagamento entro 60 giorni: non c’è udienza, né serve autorizzazione del tribunale. La notifica può essere molto rapida (anche via PEC, data la natura dematerializzata del processo esattoriale). Dal momento della notifica, la banca blocca le somme fino a concorrenza del credito, esattamente come nel pignoramento ordinario. Il debitore riceve copia dell’atto, quindi viene a conoscenza del blocco solo a fatto compiuto (in alcuni casi lo scopre tentando di usare il conto e trovandolo bloccato “a sorpresa”).

Decorrenza dei 60 giorni – A differenza dell’ordinario dove il congelamento dura finché il giudice assegna (con tempi variabili), qui la legge fissa un termine preciso: 60 giorni dalla notifica. Questo periodo serve al debitore per eventualmente pagare quanto dovuto o per attivare i rimedi (richiesta di rateazione o opposizione). Se entro 60 giorni il debitore paga integralmente il debito, l’esecuzione si chiude: generalmente dovrà darne comunicazione all’Agente della Riscossione che a sua volta emetterà un ordine di sblocco alla banca. Se il debitore non paga ma chiede una rateizzazione del debito (dilazione), vedremo a breve, la procedura può essere sospesa. Se infine non fa nulla, trascorsi i 60 giorni la banca deve eseguire l’ordine: trasferire le somme pignorate all’Agente della Riscossione fino a copertura del debito.

Opposizione o intervento del giudice – Il debitore che intenda contestare il pignoramento (per motivi di merito o forma) può proporre opposizione. In caso di opposizione depositata entro 20 giorni, l’efficacia del pignoramento può essere sospesa da un provvedimento del giudice (se ricorrono gravi motivi). Va sottolineato che l’atto ex art. 72-bis contiene l’avvertimento della facoltà di opposizione, ma non sospende automaticamente la procedura: serve un provvedimento ad hoc del giudice se l’opposizione appare fondata. In mancanza, la banca dopo 60 giorni paga comunque, salvo poi restituire le somme se il giudice successivamente annulla l’atto.

Limiti di pignorabilità e dichiarazione del terzo – Anche nel pignoramento esattoriale la banca è tenuta a rispettare i limiti legali sulle somme impignorabili (stipendi, pensioni, ecc., disciplinati dall’art. 72-ter D.P.R. 602/73, vedi sezione successiva). Inoltre, per prassi, l’Agente della Riscossione richiede una dichiarazione alla banca analogamente a quanto avviene nell’ordinario, per sapere il saldo disponibile. Tuttavia, la mancata risposta della banca non impedisce l’automatismo: semplicemente, la banca rischia una sanzione amministrativa (tra €2.065 e €20.658 ex art. 10 D.lgs. 471/1997) per omessa collaborazione, ma il procedimento esecutivo prosegue. Insomma, la banca deve congelare e poi pagare anche se non ha formalmente risposto nulla all’Ente.

Pagamento e chiusura – Se si arriva al 60° giorno senza novità, la banca esegue il pagamento. In genere, la somma viene prelevata dal conto del debitore e versata tramite bonifico sul conto indicato dall’Agente della Riscossione nell’atto di pignoramento (ordine di versamento). A pagamento effettuato, la procedura è chiusa. Se sul conto c’erano più soldi del dovuto, il residuo saldo torna disponibile al debitore (la banca, di norma, dopo aver prelevato l’importo indicato dall’Agente, sblocca l’eventuale eccedenza). Se invece il saldo era insufficiente a coprire tutto il debito, l’Agente potrà proseguire con altre azioni per il residuo (ma il conto rimane vuoto o comunque pignorato fino a concorrenza: ad esempio, se c’erano €0, la procedura si chiude per infruttuosità; se c’erano €5.000 a fronte di €10.000 dovuti, l’Agente prenderà i €5.000 e valuterà come recuperare i restanti €5.000 con altri mezzi, eventualmente lasciando comunque aperta la possibilità di agganciare futuri accrediti, su cui c’è però dibattito, v. oltre).

Sospensione per rateizzazione – Un aspetto importante, peculiare della riscossione, è la possibilità per il debitore di ottenere lo sblocco del conto tramite rateazione. Se il debitore, entro quei 60 giorni, presenta all’Agente della Riscossione un’istanza di rateizzazione del debito e questa viene accolta, il pignoramento viene sospeso. In pratica, l’agente della riscossione non procederà all’incasso forzoso e comunicherà alla banca lo stop. Tuttavia, è prassi che la banca mantenga il congelamento fino a che non riceve conferma ufficiale dell’accoglimento della dilazione e del pagamento della prima rata. Difatti, la legge prevede che solo dopo pagamento della prima rata il debitore possa riutilizzare il conto. Questa è una differenza sostanziale: nell’esecuzione ordinaria non c’è (salvo accordo transattivo con il creditore) una facoltà di dilazione automatica che blocca la procedura, mentre con l’Agente della Riscossione c’è un incentivo a concedere piani di rientro. Per importi fino a €60.000 la rateazione deve essere concessa su semplice richiesta per un numero di rate fino a 72 (6 anni). Con la presentazione dell’istanza di rateazione, di fatto la procedura esecutiva è sospesa: il conto rimane bloccato nel frattempo, ma appena la rateazione viene formalmente accordata e il debitore versa la prima rata, il conto deve essere sbloccato per permettere al debitore di proseguire nei pagamenti concordati. Se per caso l’Agente tardasse nel comunicare lo sblocco, il debitore tramite il proprio avvocato potrà sollecitare prontamente tale comunicazione.

Esempio pratico: Mario D. subisce un pignoramento sul conto per cartelle esattoriali pari a €20.000. Sul conto ha €8.000 disponibili. L’Agente notifica l’atto 72-bis il 1° marzo; la banca blocca €8.000. Mario entro 60 giorni (prima di fine aprile) chiede e ottiene un piano di rate in 48 mesi. A maggio paga la prima rata. L’Agente quindi non procede all’incasso forzato il 1° maggio e invia alla banca il nulla osta allo sblocco. La banca a quel punto libera gli €8.000 sul conto (Mario li potrà usare, anche se dovrà comunque pagare le rate). Se Mario non avesse chiesto rateazione, il 1° maggio la banca avrebbe prelevato quei €8.000 e li avrebbe versati all’Agente, chiudendo il pignoramento (restando però un debito residuo per Mario, che l’Agente potrebbe cercare altrove).

Riepilogo sui tempi – Nel pignoramento esattoriale, dunque, il tempo di blocco “standard” è 60 giorni (se il debitore non interviene). Con la richiesta di rateazione, il blocco può prolungarsi di qualche settimana in attesa delle approvazioni e della prima rata, ma poi viene rimosso. Se il debitore paga subito, il blocco dura solo il tempo tecnico di comunicare e verificare il pagamento. Se propone opposizione giudiziale, il blocco rimane finché il giudice non decide una sospensione o finché non decorrono i 60 giorni e la banca paga (a quel punto il conto verrebbe sbloccato per mancanza di ulteriori vincoli, ma il debitore dovrà eventualmente continuare la causa per riavere indietro i soldi se aveva ragione).

Ruolo della banca – La banca, come terzo pignorato, esegue scrupolosamente le istruzioni nell’atto di pignoramento esattoriale. Congela subito le somme e attende. Non essendoci un’ordinanza di un giudice, la banca non sbloccherà nulla finché non riceve comunicazione dall’Agente della Riscossione. Ciò può essere: un ordine di pagamento scaduti i 60 giorni, oppure un avviso di sospensione (in caso di rateazione o sospensione giudiziale) o di estinzione (in caso di pagamento integrale diretto). Fino a quel momento, il debitore potrà sollecitare l’Agente (non la banca) per velocizzare eventuali risposte, perché la banca – non avendo discrezionalità – difficilmente agirà senza un input ufficiale.


3. Approfondimento giurisprudenziale: ultimi orientamenti su conti pignorati

Negli ultimi anni la giurisprudenza (soprattutto della Corte di Cassazione, ma anche di merito) ha affrontato varie questioni relative al pignoramento di conti correnti. Alcuni temi centrali includono i limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni accreditati in banca, il trattamento dei conti cointestati, la situazione dei conti “in rosso” (affidati) e i profili di validità formale degli atti (specie per i pignoramenti esattoriali). In questa sezione esaminiamo i principali principi giurisprudenziali aggiornati, corredandoli con riferimenti a sentenze recenti.

3.1 Limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni accreditati sul conto

Un fondamentale ambito di intervento legislativo e giurisprudenziale concerne la protezione di una parte delle somme derivanti da redditi da lavoro o pensione che confluiscono sul conto del debitore. L’idea di fondo è evitare che il pignoramento azzeri completamente le risorse vitali della persona, rispettando la dignità del debitore. La disciplina attuale è il frutto di riforme relativamente recenti (D.L. 83/2015 conv. in L. 132/2015, poi Decreto “Aiuti-bis” del 2022) e di chiarimenti giurisprudenziali.

Possiamo distinguere due situazioni: somme accreditate prima del pignoramento (già presenti sul conto al momento del blocco) e somme accreditate dopo (cioè stipendio/pensione che arriva su un conto già pignorato).

  • Stipendio/Pensione accreditati prima del pignoramento: In base all’art. 545, comma 8 c.p.c., introdotto nel 2015, le somme da lavoro o pensione già depositate sul conto prima della notifica del pignoramento sono impignorabili fino a un certo importo. Nello specifico:
    • Per gli stipendi e indennità di lavoro: è impignorabile l’importo fino a tre volte l’assegno sociale mensile. Tale importo (detto informalmente “tesoretto”) equivale a circa €1.600 nel 2025 (poiché l’assegno sociale mensile è attorno a €534,41 nel 2024, aumentato a circa €538 nel 2025). La parte eccedente tale triplo può essere pignorata per intero (salvo il limite generale di un quinto se fosse pignoramento diretto dello stipendio – ma qui parliamo di saldo sul conto).
    • Per le pensioni: il comma 7 dell’art. 545 c.p.c., come modificato nel 2022, stabilisce che le somme dovute a titolo di pensione non possono essere pignorate per un importo corrispondente a due volte l’assegno sociale, con un minimo di €1.000. Quindi circa €1.070–1.100 (ma arrotondato a €1.000 se doppio assegno sociale fosse inferiore a tale cifra). La parte eccedente resta pignorabile nei limiti di legge (un quinto normalmente). Questo significa che, ad esempio, se un pensionato aveva €2.500 sul conto provenienti da arretrati pensionistici, al massimo €1.500 circa possono essere toccati dal pignoramento, mentre €1.000 devono restare disponibili.
    Nota: Queste soglie (triplo e doppio assegno sociale) valgono solo per somme già accreditate prima. Sono state introdotte per evitare che il debitore resti completamente privo dell’ultimo stipendio o pensione ricevuti. La Cassazione ha confermato che tali limiti operano automaticamente: il terzo pignorato (banca) deve lasciar libero l’importo non pignorabile senza attendere una pronuncia giudiziale. Dunque la banca dovrebbe d’ufficio non bloccare l’ultimo accredito stipendiale o la quota di pensione impignorabile. In pratica, però, non tutte distinguono subito: spesso il debitore deve eccepire il carattere impignorabile in udienza per ottenere lo sblocco di quella parte. Ma giuridicamente, gli importi “protetti” non dovrebbero essere neppure vincolati.
  • Stipendio/Pensione accreditati dopo il pignoramento: Se il conto viene pignorato, può comunque ricevere nuovi accrediti (lo stipendio mensile continuativo, la pensione mensile che arriva ogni mese, ecc.). Come si comporta la banca su queste somme successive? La legge (sempre art. 545, comma 8 c.p.c.) e la Cassazione hanno chiarito che il pignoramento presso terzi di un conto corrente si estende agli accrediti futuri di natura stipendiale/pensionistica entro certi limiti. In pratica:
    • Ogni nuovo stipendio accreditato mentre il conto è sotto pignoramento va bloccato nella misura di 1/5. Cioè, la banca vincolerà solo il 20% di ogni stipendio che arriva dopo la notifica, lasciando i 4/5 liberamente prelevabili dal debitore. Questo allinea il risultato a quanto sarebbe avvenuto se il creditore avesse pignorato direttamente lo stipendio presso il datore di lavoro (dove il limite generale è un quinto, ex art. 545, co. 3 c.p.c.).
    • Ogni nuova pensione accreditata va bloccata solo per l’importo eccedente il “minimo vitale”, ossia eccedente 1,5 volte l’assegno sociale. Il minimo vitale (circa €800 nel 2025) non si tocca; sulla parte sopra tale soglia, si applica il limite di un quinto. In pratica la banca trattiene il 20% solo sull’eccedenza oltre ~€800. Esempio: pensione netta mensile €1.200 accreditata su conto pignorato – minimo vitale ~€800 esente, restano €400 eccedenti; un quinto di 400 = €80 viene pignorato, il resto (€1.120) rimane disponibile al debitore. Questo schema coincide con il trattamento del pignoramento diretto della pensione all’INPS.
    • Altri accrediti (diversi da stipendio/pensione): qui non si applicano limiti specifici, per cui qualsiasi bonifico o versamento di altra natura sul conto pignorato diventa integralmente vincolato in favore del creditore, fino all’importo del pignoramento. Ad esempio, se il debitore riceve un bonifico da un familiare, quella somma verrà bloccata per intero (salvo poi essere assegnata al creditore se la procedura prosegue).

Questi principi sono stati affermati con chiarezza dalla Cassazione civile, Sez. III, ord. n. 654/2017 (e successive conformi) e sono ora recepiti nel dettato normativo. Vale la pena sottolineare che la violazione di tali limiti rende il pignoramento inefficace per la parte eccedente (art. 545, ultimo comma c.p.c.). Ciò significa che, se per errore fosse pignorata una somma in più (ad esempio la banca bloccasse anche il minimo vitale della pensione), quella parte di pignoramento è nulla e il giudice, anche d’ufficio, dovrebbe dichiararlo tale.

Dal punto di vista pratico, il debitore che ha entrate da lavoro o pensione deve:

  • Verificare attentamente l’importo bloccato e, se nota che la banca ha congelato somme teoricamente impignorabili, farlo presente subito (al giudice nell’udienza, o anche prima tramite un’istanza di sblocco parziale – vedi §4). Ad esempio, se l’ultimo stipendio sul conto era €1.200, la banca avrebbe dovuto lasciarlo libero interamente (visto che €1.200 < 3×assegno sociale ~€1.600); se invece lo ha bloccato, c’è margine per chiedere la liberazione immediata di quella mensilità.
  • Sapere che in caso di pignoramento esattoriale, la normativa parallela (art. 72-ter D.P.R. 602/73) prevede sostanzialmente gli stessi limiti: l’ultimo stipendio non si tocca, e per le pensioni vale il minimo vitale doppio assegno sociale come sopra. Inoltre nella riscossione esattoriale esistono percentuali ridotte per gli stipendi pignorati: l’Agenzia delle Entrate Riscossione può prelevare al massimo un decimo degli stipendi netti sotto €2.500, un settimo per stipendi tra €2.500 e €5.000, e un quinto per stipendi oltre €5.000 (art. 72-ter, co.1). Queste percentuali però si riferiscono al pignoramento presso il datore; quando avviene sul conto, di solito si traduce nell’applicare i medesimi limiti.

La giurisprudenza di merito ha più volte applicato tali principi: ad esempio, Tribunale di Pavia, ord. 2/5/2016 ha dichiarato improcedibile il pignoramento sul conto di una pensione minima poiché integralmente impignorabile, e Tribunale di Catania, 21/01/2019 ha sanzionato la banca che aveva ecceduto nel vincolare somme di natura retributiva oltre il quinto. La Cassazione stessa, con ordinanza n. 21865/2020, ha ribadito che “le somme accreditate su conto corrente derivanti da stipendio o pensione mantengono la loro natura e quindi godono dei medesimi limiti di pignorabilità”, confermando la continuità di tutela.

Riassumendo i limiti attuali:

  • Stipendio su conto prima del pignoramento: impignorabile fino a 3×assegno sociale (circa €1.600).
  • Pensione su conto prima: impignorabile fino a 2×assegno sociale (min. €1.000).
  • Stipendio accreditato dopo: pignorabile max 1/5 di ogni accredito.
  • Pensione accreditata dopo: pignorabile max 1/5 dell’importo eccedente ~€800 (minimo vitale).
  • Altre somme: pignorabili integralmente (salvo eventuale diversa impignorabilità, es. assegni familiari, che però di solito non affluiscono sul conto separatamente).
  • Violazione di limiti: pignoramento inefficace per la parte eccedente.

3.2 Pignoramento del conto cointestato (conti condivisi con terzi)

Un conto corrente cointestato (ad esempio tra coniugi o tra soci) pone il problema di tutelare il contitolare non debitore. Il principio affermato dalla giurisprudenza è che il creditore può pignorare solo la quota parte del debitore sul saldo del conto. In base al codice civile (artt. 1298 c.c. e 1854 c.c.), si presume che, in un conto cointestato a firme disgiunte, le quote di ciascun intestatario siano uguali (salvo prova contraria) sia nei rapporti interni sia verso i terzi. Quindi, se due persone hanno un conto comune e solo una è debitrice esecutata, la quota pignorabile è il 50% del saldo.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito questo concetto, ad esempio con l’ordinanza n. 4838/2021, in cui ha affermato: “la cointestazione di un c/c fa presumere la contitolarità e l’eguaglianza delle parti di ciascuno, presunzione che può essere superata da chi dimostri una diversa situazione”. Ciò significa che, se il cointestatario non debitore ritiene che una porzione maggiore del conto sia in realtà di sua spettanza (ad esempio perché lui solo vi ha versato denaro), può provare questa circostanza per liberare una quota maggiore dal pignoramento. In assenza di prova contraria, però, si considera equa divisione.

Come opera il pignoramento in concreto su un cointestato? Dal punto di vista pratico, l’atto di pignoramento viene notificato alla banca indicando il nome del debitore esecutato e i suoi estremi. La banca, se riscontra che il debitore è intestatario (anche cointestatario) di un conto, deve vincolare l’intero saldo disponibile (perché tecnicamente la banca è debitrice solidale verso entrambi i cointestatari). La banca non può autonomamente decidere di bloccare solo il 50%, poiché non le compete “risolvere” la questione di proprietà interna delle somme. Quindi, in fase di esecuzione iniziale, il conto viene bloccato totalmente. Sarà poi il giudice dell’esecuzione a decidere in udienza cosa assegnare al creditore. Normalmente, il giudice ordinerà l’assegnazione della metà di quanto sul conto (se sufficiente a coprire il credito). Il restante 50% dovrà essere sbloccato a favore dell’altro cointestatario (o rimarrà comunque non assegnato e dunque liberato).

Il cointestatario non debitore può attivarsi presentando un’opposizione di terzo all’esecuzione (ex art. 619 c.p.c.), se ritiene che quelle somme non siano del debitore, oppure può intervenire nel procedimento di assegnazione. Spesso, però, è sufficiente che il giudice applichi la presunzione di riparto e limiti l’assegnazione alla metà senza bisogno di una formale opposizione (specialmente se il cointestatario non debitore compare e dichiara la propria estraneità).

Esempio: Conto intestato a Alice e Bruno (50/50). Bruno ha un debito e subisce pignoramento. Sul conto ci sono €20.000. La banca blocca €20.000. All’udienza, il giudice, constatata la contitolarità, assegna al creditore di Bruno la metà del saldo, cioè €10.000 (o meno se bastano per saldare il debito). I restanti €10.000 vanno lasciati ad Alice. Se il debito di Bruno fosse stato di soli €5.000, il giudice avrebbe assegnato €5.000 e disposto lo sblocco del resto (€15.000, di cui €10.000 teoricamente di Alice e €5.000 di Bruno non toccati perché eccedenti il dovuto).

Caso particolare – Prova contraria: supponiamo che nel caso sopra Alice provi (con documenti) che l’intera somma di €20.000 deriva da un suo bonifico personale e Bruno non vi ha contribuito. Il giudice potrebbe riconoscere che la quota di Bruno è virtualmente zero e quindi non assegnare nulla al creditore (respingendo il pignoramento su quelle somme). Ma se tale prova non viene fornita, si applica la presunzione 50/50.

Dopo l’assegnazione: la banca, una volta ricevuta l’ordinanza, eseguirà il pagamento della parte assegnata al creditore e sbloccherà il resto a favore dei cointestatari. In certi casi, può essere opportuno che il cointestatario non debitore apra un nuovo conto e trasferisca lì la propria parte non pignorata, per evitare future “commistioni”.

La Cassazione ha confermato questi principi in plurime pronunce (oltre alla n. 4838/2021 cit., v. Cass. nn. 1939/2019, 703/2013). I tribunali di merito (es. Trib. Milano 11/10/2018) hanno pure ritenuto che il cointestatario non debitore possa chiedere la separazione delle somme e la liberazione della sua quota già in sede di dichiarazione del terzo.

In sintesi, per il debitore cointestatario: il conto verrà interamente bloccato all’inizio, ma il massimo che potrà essere prelevato dal creditore è la sua quota (50%), salvo diversa determinazione. L’altro cointestatario dovrà eventualmente attivarsi per sbloccare la propria parte, ma ha buone probabilità di riuscirci integralmente se quella parte eccede il credito.

3.3 Conto corrente affidato in rosso: pignorabilità delle rimesse su saldo negativo

Un tema molto interessante su cui la Cassazione si è pronunciata di recente (Sentenza Cass. civ. Sez. III n. 36066 del 23/11/2021) riguarda il caso in cui il conto corrente sia “in rosso”, ovvero con saldo negativo grazie a un fido bancario (affidamento). Molti imprenditori o privati hanno conti con affidamento: significa che la banca mette a disposizione una certa somma (fido) e il correntista può andare in negativo fino a quel limite. In tale situazione, il saldo appartiene alla banca, non al correntista: se il conto è a -€5.000 (fido utilizzato), il correntista in realtà è debitore verso la banca di €5.000, non creditore.

La Cassazione ha chiarito che non è possibile pignorare crediti futuri ed eventuali come la semplice disponibilità di fido non utilizzato. Finché il cliente non usa i soldi del fido, non diventa creditore di nulla; anzi, usando il fido diventa debitore verso la banca. Quindi, se al momento del pignoramento il saldo del conto è negativo o zero, non c’è nulla da pignorare. La notifica di un pignoramento su un conto in rosso non produce effetti immediati, perché manca un credito esigibile del correntista verso la banca.

La questione più delicata è: cosa succede se, dopo la notifica del pignoramento, arrivano sul conto affidato delle somme (rimesse) che riducono o annullano il rosso? Ad esempio, il debitore versa successivamente denaro sul conto per riportarlo in attivo. La Cassazione (sent. 36066/2021) ha stabilito che bisogna distinguere due ipotesi:

  1. Se le successive rimesse portano il saldo in attivo (da negativo a positivo), solo l’eventuale saldo attivo risultante diviene pignorabile. Cioè, appena il conto va in attivo, quell’attivo (fino a concorrenza del credito) è catturato dal pignoramento e va vincolato.
  2. Se le rimesse servono solo a ridurre il rosso ma non lo azzerano (saldo resta negativo), allora non sorge mai un credito pignorabile e il pignoramento rimane inefficace. In pratica, se il debitore versa somme ma il conto rimane sotto lo zero, quelle somme sono state assorbite dalla banca a riduzione del suo credito (lo scoperto) e non divengono mai di proprietà del correntista.

Esempio concreto: Debitore ha conto con saldo -€5.000 (fido). Creditore notifica pignoramento. Dopo un mese, sul conto arriva bonifico di €7.000 (magari un pagamento di un cliente). Cosa accade? I primi €5.000 servono a pareggiare il debito verso la banca (saldo torna a zero); restano €2.000 di saldo attivo. Secondo Cassazione, quei €2.000 diventano oggetto del pignoramento e vanno bloccati. I €5.000 invece non erano pignorabili perché destinati a coprire lo scoperto. Se invece fosse arrivato un bonifico di €3.000, il saldo sarebbe passato da -5.000 a -2.000: ancora negativo, quindi nessun attivo da pignorare; l’intera somma di €3.000 è andata alla banca (creditrice di fido) e il creditore procedente non ne può beneficiare.

Questo principio discende dalla natura del contratto di conto corrente con apertura di credito: è un rapporto di debito/credito fluido dove finché il correntista è “sotto”, la banca è creditore e il correntista debitore. Il pignoramento può colpire solo il saldo attivo disponibile del correntista verso la banca, non un ipotetico saldo futuro.

La Cassazione ha dunque confermato che il pignoramento non si perfeziona se il conto era negativo al momento della notifica, a meno che poi non diventi positivo grazie a successive operazioni. Anche alcune pronunce di merito (es. Trib. Civitavecchia 924/2023) hanno ribadito che il conto corrente è un deposito irregolare di denaro fungibile: ciò che conta è il saldo finale; se è negativo, il cliente non ha crediti esigibili.

Per il debitore, questo significa che:

  • Se il suo conto era in rosso, il pignoramento potrebbe non bloccare nulla sul momento. Tuttavia, deve stare attento a non versare somme eccessive che creino un attivo, perché quelle diverrebbero pignorate. Paradossalmente, se ha necessità di far transitare denaro, conviene farlo su un altro conto (non pignorato), almeno finché la questione non si risolve.
  • La banca, dal canto suo, può continuare a permettere utilizzi del fido anche con il pignoramento in corso, a patto che il saldo resti negativo. Ad esempio, se il conto era affidato €10.000 e già -€5.000, la banca potrebbe far ulteriormente utilizzare il fido al correntista (arrivando a -€6.000) perché ciò incrementa semmai il credito della banca, non intacca beni pignorati (che non ci sono in quel momento). Non c’è norma che lo vieti. Ovviamente, una banca potrebbe decidere unilateralmente di revocare o ridurre il fido per cautela, ma legalmente il pignoramento non la obbliga a farlo.

Questa tematica evidenzia una possibile frizione tra banca e creditore pignorante: la banca ha interesse a recuperare il proprio credito (fido utilizzato) dalle rimesse, e la legge di fatto la tutela, ponendola in priorità rispetto al creditore procedente fintanto che esiste scoperto (la banca compensa le entrate riducendo il rosso). Solo dopo aver soddisfatto il proprio credito (andando a saldo positivo) subentra il vincolo a favore del creditore esecutante. Dunque, il creditore ordinario non può usare il pignoramento per “saltare la fila” e prendersi soldi se la banca era creditore privilegiato su quel conto.

3.4 Altri orientamenti e problemi emersi

Nullità formali del pignoramento – Oltre al caso già menzionato della Cassazione 26519/2017 sul pignoramento esattoriale privo di dettagli (nullità per difetto di motivazione dell’atto), si segnala che la giurisprudenza richiede un rigoroso rispetto delle norme di notifica e contenuto dell’atto di pignoramento. Ad esempio, Cass. 214/2017 ha annullato un pignoramento perché l’atto mancava dell’indicazione precisa dell’udienza ex art. 543 c.p.c. (elemento essenziale). Anche errori nella notifica (es. notifica al domicilio errato del debitore) possono invalidare la procedura. Tali vizi vanno fatti valere dal debitore con opposizione agli atti esecutivi entro 20 giorni, e, se accolti, comportano il venir meno del pignoramento e quindi lo sblocco del conto.

Conto cointestato con coniuge in comunione legale – Una variante: se i coniugi sono in comunione di beni, le somme sul conto cointestato potrebbero essere oggetto di contestazioni sulla natura (comune o personale). La Cassazione (sent. 6575/2013) ha però affermato che le somme depositate sul conto cointestato rientrano nella comunione solo se provenienti da attività compiute durante il matrimonio, ma ciò non altera il discorso sulla pignorabilità pro-quota: anche in comunione legale, il creditore di uno solo dei coniugi prende la metà (salvo prova che le somme fossero personali dell’altro coniuge).

Assegni sociali, indennità e crediti alimentari – Ricordiamo che alcuni crediti particolari sono assolutamente impignorabili per legge (art. 545, comma 1 e 2 c.p.c.), come ad esempio la pensione sociale stessa o certe indennità di accompagnamento. Se tali importi finiscono sul conto, dovrebbero restare impignorabili. In pratica però, la banca può non distinguere e bloccare tutto; sarà onere del debitore segnalare al giudice la natura di eventuali somme completamente impignorabili affinché vengano liberate. Ad esempio, se sul conto c’erano solo arretrati di assegno di invalidità (impignorabile), il debitore potrà ottenerne lo svincolo integrale.

Spese sul conto durante il blocco – Un aspetto di cui non vi sono molte pronunce ma che causa problemi pratici: durante il periodo di congelamento, maturano spese bancarie, canoni, interessi? Se il conto rimane bloccato per mesi, il canone trimestrale ad esempio potrebbe mandarlo in scoperto. La banca tecnicamente non dovrebbe addebitare importi che erodono il saldo pignorato (violerebbe l’obbligo di custodia). In genere infatti sospende l’addebito delle spese o li considera a parte. Su questo la giurisprudenza non si è espressa diffusamente, ma in caso di contestazione il giudice potrebbe dichiarare inefficace l’addebito di spese che intacchino somme pignorate (riconducendolo all’art. 546 c.p.c.). È interesse del debitore monitorare l’estratto conto e segnalare anomalie.

Mancato sblocco a fine procedura – Infine, un problema pratico rilevante: e se il creditore non formalizza mai la chiusura? Ad esempio, il debitore paga direttamente il creditore dopo l’udienza, ma il creditore non deposita mai un atto di rinuncia o altro: la banca a chi deve dar retta? In linea di principio, una volta pagato il credito, il vincolo cade automaticamente. Il debitore può presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione allegando la prova del pagamento e chiedendo un ordine di cessazione del pignoramento. La giurisprudenza ammette tale procedura, trattandosi di tutela dell’interesse del debitore a non subire oltre misura l’esecuzione già soddisfatta. Ad esempio, Trib. Bari 5/7/2018 ha ordinato lo sblocco di un conto quando il creditore era rimasto inerte dopo essersi tacitamente soddisfatto. Quindi, il debitore non è in balìa del creditore: se quest’ultimo non collabora, potrà rivolgersi nuovamente al giudice.


4. Esempi di istanze e lettere per ottenere lo sblocco delle somme

Dal punto di vista pratico, il debitore che si trova con il conto corrente bloccato ha a disposizione diversi strumenti per cercare di sbloccarlo o di attenuarne gli effetti. In questa sezione forniamo esempi di istanze (da presentare al giudice) e lettere o comunicazioni (da inviare alla banca o al creditore) utili a questo scopo. Tali modelli devono ovviamente essere adattati al caso concreto e, se possibile, predisposti con l’assistenza di un avvocato, trattandosi spesso di atti giuridici formali.

Tra le iniziative più comuni vi sono:

  • Istanza al Giudice dell’esecuzione per sblocco parziale o totale delle somme (ad esempio per svincolare somme impignorabili, o perché la procedura è divenuta inefficace, o per ottenere la conversione del pignoramento).
  • Istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), con o senza rateizzazione, per sostituire il bene pignorato con una somma di denaro versata.
  • Richiesta alla banca di sblocco (in via stragiudiziale) di determinate somme che risultano chiaramente esenti (ad esempio ultimo stipendio, parte non pignorata) o di chiusura del vincolo dopo la fine della procedura.
  • Comunicazione al creditore procedente (o al suo legale) per sollecitare la rinuncia al pignoramento o la comunicazione di sblocco alla banca, magari a fronte di accordi intervenuti.
  • Istanza all’Agente della Riscossione (in caso di pignoramento esattoriale) per ottenere la sospensione (ad esempio presentando domanda di rateazione o eccependo un errore, con eventuale domanda di sospensione amministrativa ex art. 39 D.L. 112/99).

Vediamo uno per uno questi possibili passi, con fac-simili.

4.1 Istanza al Giudice dell’Esecuzione per sblocco delle somme

Questa istanza si presenta al tribunale (ufficio del Giudice dell’Esecuzione – G.E.) nell’ambito del procedimento esecutivo in corso. Può assumere varie forme a seconda del motivo:

  • Istanza di liberazione somme impignorabili: ad esempio il debitore chiede lo svincolo dell’ultimo stipendio/pensione sul conto, allegando documentazione che ne prova la natura (buste paga, accredito INPS) e richiamando l’art. 545 c.p.c. che lo rende impignorabile. Il G.E., se l’istanza è fondata, può emettere un decreto di sblocco parziale immediato, senza aspettare l’udienza (o all’udienza stessa disporre in tal senso).
  • Istanza per dichiarare l’inefficacia del pignoramento: se sono trascorsi oltre 45 giorni senza che il creditore abbia fatto quanto dovuto (iscrizione a ruolo o richiesta assegnazione), il debitore può segnalare tale decorrenza e chiedere al giudice di dichiarare cessato il pignoramento ai sensi dell’art. 497 c.p.c.. Spesso il giudice lo rileva d’ufficio, ma un’istanza del debitore può accelerare lo sblocco.
  • Istanza per estinzione anticipata: qualora il debitore abbia pagato direttamente il creditore dopo la notifica (ad esempio per evitare l’udienza), può chiedere al giudice di dichiarare l’estinzione della procedura per soddisfazione del credito. In tal caso va provato il pagamento (ricevuta, quietanza). Il giudice, sentito eventualmente il creditore, emetterà ordinanza di estinzione e la banca verrà liberata dall’obbligo di custodia, sbloccando il conto.
  • Ricorso d’urgenza (art. 700 c.p.c.) per sblocco parziale: in situazioni eccezionali, se il blocco del conto mette seriamente a rischio l’attività o la sopravvivenza del debitore (si pensi a un’azienda che non può pagare gli stipendi per via del pignoramento), si può inoltrare un ricorso urgente al tribunale chiedendo un provvedimento cautelare che autorizzi l’uso di parte delle somme pignorate per esigenze essenziali. Questo strumento è di non facile accoglimento, ma ci sono stati casi (soprattutto durante il periodo di pandemia, con provvedimenti ad hoc) in cui i giudici hanno consentito prelievi in via d’urgenza per pagare spese indifferibili dell’azienda pur in presenza di pignoramento. L’istanza deve però dimostrare il periculum in mora, ossia il danno grave dall’impossibilità di usare quei fondi, e proporre misure a garanzia del creditore.

Di seguito proponiamo un fac-simile di istanza (schematica) al G.E. per ottenere lo sblocco di somme impignorabili:

Esempio di Istanza al Giudice per sblocco somme impignorabili
Tribunale di [] – Proc. esec. n. []/__
Istante: [Nome Debitore], codice fiscale [], elettivamente domiciliato in [], presso lo studio dell’Avv. []
Oggetto: Istanza di svincolo somme impignorabili ex art. 546 c.p.c.
Ill.mo Sig. Giudice dell’Esecuzione,
nel procedimento in epigrafe il sottoscritto debitore espone che:
– In data [
] è stato pignorato il conto corrente n. [] presso [Nome Banca] intestato al sottoscritto;
– Su detto conto risultano accreditate esclusivamente somme a titolo di stipendio del debitore, come da documentazione allegata (v. buste paga e accrediti mensili);
– In particolare, la somma di €[
] attualmente vincolata corrisponde all’ultimo stipendio percepito in data [], di importo pari a €[]; detta somma rientra nei limiti di impignorabilità di cui all’art. 545 co. 8 c.p.c., in quanto inferiore a tre volte l’assegno sociale;
– Pertanto tale importo risulta impignorabile ex lege, e la sua protratta indisponibilità sta causando al debitore grave pregiudizio nel far fronte alle esigenze di vita;
Tutto ciò premesso, l’istante chiede che l’Ill.mo Giudice voglia:
– Disporre lo svincolo immediato in suo favore della somma di €[__] impignorabile ai sensi dell’art. 545 c.p.c., ordinando a [Nome Banca] di renderla disponibile al debitore;
– In subordine, fissare con urgenza apposita udienza per l’esame della presente istanza;
Con osservanza.
Luogo, data – Avv. ___ (difensore del debitore proceduto)

Nell’istanza sopra, si fa leva sugli art. 546 e 545 c.p.c. per ottenere il rilascio. Va corredata dai documenti che provano la natura delle somme. Spesso i giudici decidono anche in camera di consiglio, emettendo un decreto di accoglimento se tutto è chiaro.

Altre istanze, come quella di inefficacia del pignoramento (45 gg decorsi), seguiranno uno schema simile, citando l’art. 497 c.p.c. e chiedendo la declaratoria di perdita di efficacia e ordine di rilascio. Anche l’istanza ex art. 495 c.p.c. (conversione) va presentata al G.E., ma quella ha contenuti peculiari: il debitore offre una somma pari al debito + spese + 1/6, depositandola in cancelleria come cauzione e chiedendo di sostituire i soldi al posto del conto pignorato. Se il giudice accoglie, il debitore dovrà versare il restante (anche a rate fino a 48 mesi); il conto viene liberato e il creditore si soddisferà sul denaro depositato. La conversione è un rimedio importante da menzionare: per sbloccare il conto, il debitore può depositare una somma di denaro equivalente al dovuto (più un 1/6) e ottenere la liberazione del conto stesso (art. 495 c.p.c.) – in pratica “rimpiazza” il conto con quei soldi, che diventano essi pignorati e poi assegnati. Se il debitore ha liquidità altrove o aiuti da terzi, può essere una soluzione veloce.

4.2 Lettera o comunicazione alla banca

A volte, al di là degli atti giudiziari, è utile scrivere alla banca per sollecitare lo sblocco, soprattutto dopo che la procedura si è conclusa o quando c’è un evidente errore.

Quando scrivere alla banca?:

  • Dopo l’ordinanza di assegnazione/pagamento: se la banca, pur avendo eseguito il pagamento al creditore, non ha ancora liberato il residuo saldo al debitore, una lettera di sollecito formale (meglio se a firma dell’avvocato del debitore) può accelerare la restituzione. Nella lettera si citerà l’avvenuta chiusura della procedura e si intimerà lo sblocco immediato, pena azioni di responsabilità.
  • In caso di somme impignorabili: come visto, spetterebbe al giudice ordinare lo sblocco. Ma talvolta, se l’errore è palese (es. la banca ha bloccato l’intero stipendio quando doveva lasciarlo libero), il debitore può provare con una PEC all’ufficio legale della banca, allegando la norma e chiedendo correzione spontanea. Alcune banche preferiscono però avere un ordine del giudice per tutelarsi, quindi la lettera potrebbe non bastare, ma tentare non nuoce.
  • In caso di pignoramento ormai inefficace: se si è oltre 45 giorni senza azioni del creditore e magari il fascicolo è stato chiuso, il debitore può allegare alla banca la prova (es. un’ordinanza del giudice che dichiara l’inefficacia, oppure, in mancanza, la lettera stessa con riferimento alla legge) e chiedere lo sblocco. Anche qui spesso la banca vuole un documento ufficiale del tribunale, ma vale la pena inviare la richiesta, soprattutto se si ha già depositato un’istanza al G.E. e si attende esito.

Forma della comunicazione – Deve essere una PEC o raccomandata A/R indirizzata alla filiale o, meglio, all’ufficio legale centrale della banca (indicando i riferimenti del pignoramento). Deve contenere i dati del conto e del pignoramento, e la richiesta specifica di sblocco motivata. Un tono cordiale ma fermo, citando le basi legali, può sortire effetto.

Ecco un esempio sintetico:

Oggetto: Sollecito sblocco conto corrente pignorato n. XXXX intestato a [Nome]
Spett.le [Nome Banca] – Ufficio Legale,
il sottoscritto [Nome], c.f. [], titolare del c/c n. [] presso la Vs. filiale di [], con la presente comunica quanto segue.
In data [
] si è conclusa la procedura esecutiva n. [] R.G.E. presso il Tribunale di [] a mio carico, avente ad oggetto il suddetto conto corrente: il Giudice dell’Esecuzione ha emesso ordinanza di assegnazione in favore del creditore per €[], somma che risulta già prelevata dal mio conto e pagata al creditore in data [].
Pertanto, a fronte dell’integrale soddisfacimento del credito pignorato, non sussiste più alcun vincolo sulle restanti disponibilità del conto. Risulta invece che sul mio conto corrente il blocco non sia stato rimosso e le somme residue (€[__]) risultino tuttora indisponibili.
Vi invito e diffido quindi a provvedere senza ulteriore indugio allo sblocco totale del conto corrente in oggetto, ripristinando la mia piena facoltà dispositiva, entro e non oltre 5 giorni dal ricevimento della presente. In mancanza, mi riservo di adire le competenti autorità per la tutela dei miei diritti.
Distinti saluti,
[Firma]
(Allegati: copia ordinanza tribunale, copia CRO bonifico creditore, …)

Questo tipo di lettera mette pressione alla banca, che difficilmente vorrà incorrere in contestazioni una volta verificato che può liberare i fondi. Inviando la diffida via PEC, c’è tracciabilità. Spesso dopo una diffida ben fondata, le banche sbloccano in poche ore/giorni.

In caso di pignoramento esattoriale, la lettera di sollecito va rivolta invece all’Agente della Riscossione, se ad esempio dopo aver ottenuto la rateazione la banca non ha ricevuto il nulla osta. Si contatta l’ufficio dell’Agenzia (anche tramite lo sportello online o call center) allegando la comunicazione di accoglimento della dilazione e chiedendo di inoltrare immediatamente alla banca l’ordine di sblocco. Talvolta, può farlo anche l’avvocato contattando direttamente la PEC dedicata dell’AdER.

4.3 Comunicazione e accordi con il creditore procedente

Un’altra via spesso efficace per liberare il conto è quella negoziale: trovare un accordo con il creditore. In fondo al creditore interessa ottenere il pagamento; se il debitore riesce a offrire subito una somma significativa (magari leggermente inferiore al totale, come transazione), il creditore può acconsentire a ritirare il pignoramento. Questo accordo può avvenire in qualsiasi momento: prima dell’udienza, durante, o anche dopo se il credito non è stato soddisfatto integralmente.

Cosa deve fare il creditore per sbloccare? Depositare una rinuncia agli atti del pignoramento oppure acconsentire all’estinzione. Se il creditore deposita un atto di rinuncia (ex art. 629 c.p.c.) o non compare all’udienza dichiarando di non aver più interesse (perché ha ricevuto il pagamento), il giudice disporrà la chiusura e la banca potrà sbloccare. Anche semplicemente, se il creditore comunica per iscritto alla banca di non avere più pretese e autorizza lo sblocco, la banca in genere chiede comunque un conforto del tribunale, ma quell’atto aiuta.

Il debitore dunque può far preparare dal suo legale una proposta al creditore: ad esempio pagare X subito (in unica soluzione o in due tranches ravvicinate) in cambio della cancellazione del pignoramento. Se il creditore accetta, si mette tutto per iscritto (una scrittura privata transattiva) e il creditore firmerà una dichiarazione di avvenuto accordo da presentare in tribunale.

Esempio di lettera al legale del creditore (meglio se tra avvocati):
Egregio Avv. **, difensore di **,
il Sig. __ mio assistito, debitore nella procedura R.G.E. __, visto l’importo dovuto (€10.000 circa oltre spese), propone quanto segue: versamento immediato di €9.000 a saldo e stralcio. Tale importo potrebbe essere corrisposto entro 7 gg dalla vostra accettazione, con bonifico sul conto che indicherete. In cambio, chiederemmo il vostro impegno a depositare contestuale rinuncia al pignoramento e a rilasciare autorizzazione allo sblocco del conto corrente pignorato presso __. …
”.

Un creditore ragionevole, soprattutto se teme tempi lunghi o esito incerto (ad es. se sul conto non c’è copertura integrale), potrebbe accettare un 90% del dovuto pur di chiudere subito. In tal caso, conviene formalizzare bene: si consiglia di effettuare il pagamento dopo aver ottenuto dal creditore la sottoscrizione dell’accordo in cui dichiara che, ricevuto il pagamento, rinuncerà all’esecuzione. Il timing è importante: spesso si firma l’accordo, il debitore paga, il creditore deposita la rinuncia e il giudice dichiara estinto il pignoramento ai sensi dell’art. 629 c.p.c. (o il creditore fa semplicemente mancare l’istanza di assegnazione e il pignoramento decade). In parallelo, il creditore invierà alla banca una copia della rinuncia o un nulla osta a scongelare.

Attenzione: fino a quando l’accordo non è formalizzato, il pignoramento resta valido. È prudente prevedere che il creditore dia istruzioni immediate alla banca o quantomeno all’udienza successiva comunichi l’intervenuto saldo. Il debitore potrebbe chiedere che il pagamento avvenga ad esempio con assegno circolare consegnato contestualmente alla sottoscrizione della rinuncia davanti al giudice (ci sono vari modi). In generale, comunque, l’accordo transattivo è una soluzione rapida.

Va detto che nel pignoramento esattoriale non c’è molta possibilità di transazione sul dovuto (le cartelle hanno importi fissati per legge e l’Agente non fa sconti); però, come visto, c’è la via della rateazione, che è una forma di “accordo” dilatorio legale.

4.4 Interventi di autorità e reclami

Se tutte le vie sopra non sortiscono effetti e la banca continua a non sbloccare indebitamente il conto, il debitore può:

  • Presentare un esposto all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) o all’IVASS (se Poste) segnalando il comportamento della banca. Ad esempio, se la banca trattiene somme oltre il dovuto o ritarda lo sblocco dopo la chiusura della procedura. L’ABF potrebbe emettere una decisione di condanna nei confronti della banca, anche per eventuali danni (interessi indebitamente trattenuti).
  • Chiedere eventualmente un risarcimento danni in sede civile se dal blocco illegittimo sono derivati danni quantificabili (per es. lucro cessante di un’azienda che non ha potuto operare).

Questi rimedi, tuttavia, esulano dall’obbiettivo immediato di sbloccare il conto e servono più che altro a ottenere ristoro ex post. Nella gran parte dei casi, muovendosi con una combinazione delle strategie descritte – istanze giudiziali e dialogo con creditore/banca – il debitore riesce ad ottenere lo sblocco senza dover passare a cause ulteriori.


5. Casi pratici e simulazioni

Per comprendere meglio come applicare le nozioni esposte, passiamo ad alcuni casi studio, basati sia su situazioni reali frequenti sia su ipotesi esemplificative.

Caso 1: Conto pignorato e debitore in regola con i pagamenti successivi

Scenario: Il signor Alfa ha un debito di €8.000 verso un fornitore, che ottiene decreto ingiuntivo. Alfa non paga entro i termini, così il creditore notifica precetto e poi pignora il conto corrente di Alfa presso Banca X. Sul conto al momento del pignoramento ci sono €9.000. La banca blocca l’intero saldo (€9.000) e comunica che la somma pignorata è €9.000. All’udienza, il giudice assegna €8.000 al creditore (somma dovuta) + €800 di spese legali, totale €8.800. Dunque, su €9.000 bloccati, €8.800 vengono trasferiti al creditore e restano €200 in eccedenza.

  • Sviluppo: Appena eseguito l’accredito al creditore, Banca X – ricevuto l’ordine del giudice – dovrebbe sbloccare i €200 residui sul conto di Alfa. Tuttavia, a distanza di 10 giorni Alfa nota che il suo internet banking ancora non gli permette operazioni: i €200 risultano ancora “vincolati”. Alfa allora tramite il suo avvocato invia una lettera di diffida alla banca (vedi §4.2). La banca risponde due giorni dopo scusandosi e liberando i €200. Caso risolto in circa 3 mesi complessivi (2 mesi per procedura e 1 per sistemare spese e sblocchi).
  • Nota: In questo caso, tutto è filato relativamente liscio. Se la banca avesse tardato, Alfa avrebbe potuto presentare un’istanza al giudice segnalando il mancato svincolo, ma non ce n’è stato bisogno. Il creditore è stato soddisfatto e il conto di Alfa, al netto di aver perso i €8.800, è tornato operativo.

Caso 2: Conto cointestato con coniuge non debitore

Scenario: Il signor Beta ha un conto cointestato con la moglie (che non ha debiti). Beta viene citato in tribunale per un debito personale di €20.000 e perde la causa; il creditore procede con pignoramento del conto cointestato presso Banca Y. Sul conto ci sono €15.000 al momento del pignoramento.

  • Sviluppo: Banca Y, ricevuto l’atto, blocca €15.000 (l’intero saldo). La moglie (cointestataria) rimane spiazzata: erano tutti risparmi suoi, afferma, Beta aveva solo messo il nome sul conto per comodità. All’udienza, la moglie si presenta con un proprio avvocato, sostenendo che quelle somme provengono interamente dal suo stipendio. Purtroppo non ha prove chiare (il conto è unico, i soldi sono mischiati). Il giudice applica la presunzione legale: assegna al creditore €7.500 (cioè la metà del saldo) perché il debito di Beta è di €20.000 – più alto – ma sul conto pignorato può prendere al massimo la quota di Beta (50%). I restanti €7.500 vengono liberati.
  • Esito: Banca Y dopo l’ordinanza preleva €7.500 e li dà al creditore. Libera €7.500 alla coppia. Tuttavia, per sicurezza attende 5 giorni a sbloccare effettivamente il denaro residuo, finché riceve conferma scritta dal creditore che non intende contestare oltre. La moglie nel frattempo ha capito la lezione: apre un nuovo conto solo a suo nome e sposta lì i €7.500 liberi, per evitare futuri problemi. Beta dovrà ancora €12.500 al creditore (per arrivare a 20k), che cercherà altri beni.
  • Nota: In questo caso, la moglie, se avesse avuto tracce documentali forti (es. tutti bonifici dello stipendio suo e nessun versamento di Beta), avrebbe potuto con un’opposizione ottenere di più. Comunque, ha potuto salvare metà delle somme. Dal lato del creditore, il conto cointestato non ha soddisfatto interamente il credito, quindi dovrà pignorare magari lo stipendio di Beta o altri conti a lui intestati.

Caso 3: Stipendio accreditato su conto pignorato

Scenario: La signora Gamma ha un debito di €5.000 verso una finanziaria. Questa pignora il suo conto in banca Z. Sul conto, al momento del pignoramento, c’erano €300. La finanziaria però sa che Gamma ci riceve lo stipendio tutti i mesi (circa €1.500). Dopo la notifica, il conto di Gamma appare con saldo €300 bloccato. Due settimane dopo arriva l’accredito dello stipendio di €1.500.

  • Sviluppo: Banca Z, seguendo la legge, dovrebbe bloccare solo 1/5 di €1.500, cioè €300, e rendere €1.200 disponibili. Così fa: dal giorno dello stipendio, Gamma vede che ora sul conto ci sono €1.200 disponibili e €600 bloccati (i €300 iniziali + €300 dal nuovo accredito). Gamma può quindi prelevare €1.200 per pagare affitto e spese, mentre €600 restano vincolati. All’udienza, la banca dichiara di avere €600 vincolati (nel frattempo ne è arrivato un altro stipendio, e di quello un quinto è stato aggiunto al vincolo: un ulteriore €300, portando il totale bloccato a €900). Il giudice assegna queste somme al creditore.
  • Esito: In circa 3 mesi e con due stipendi, il creditore recupera €900, il resto del debito resta insoddisfatto. Probabilmente procederà con ulteriori azioni (ad esempio pignorare direttamente presso il datore di lavoro). Ma grazie ai limiti di legge, Gamma non è rimasta a zero: ha sempre potuto usare 4/5 di ogni stipendio in arrivo. Se invece la banca avesse erroneamente bloccato l’intero stipendio, Gamma avrebbe dovuto fare un’istanza per liberare la quota eccedente il quinto. Fortunatamente Banca Z ha applicato correttamente l’art. 545 c.p.c..
  • Nota: Questo caso illustra che il conto pignorato non è necessariamente congelato al 100% se su di esso continuano ad affluire entrate da lavoro/pensione. Il debitore, benché sotto esecuzione, conserva la disponibilità parziale del proprio reddito corrente (in questo esempio, l’80%). È una salvaguardia fondamentale. Certo, un inconveniente c’è: quei €300 via via trattenuti rimangono bloccati finché il giudice non li assegna (il che può richiedere qualche mese), quindi il creditore non li ottiene subito e il debitore non li vede più; ma c’è pur sempre quella percentuale libera.

Caso 4: Pignoramento esattoriale e sblocco con rateazione

Scenario: Il sig. Delta riceve una cartella esattoriale da €12.000 per imposte non pagate. Ignora la cartella. Dopo 8 mesi, AdER gli notifica un atto di pignoramento sul conto, ai sensi dell’art. 72-bis. Sul conto Delta ha €4.000. La banca li blocca immediatamente. Delta, spaventato, va allo sportello dell’Agenzia Entrate-Riscossione e chiede una dilazione.

  • Sviluppo: Poiché €12.000 rientrano sotto la soglia, Delta ottiene subito un piano in 72 rate (6 anni) da circa €167 al mese. L’Agente comunica via PEC alla banca che il pignoramento è sospeso in quanto Delta ha avviato la rateazione. La banca però mantiene il congelamento dei €4.000 finché non vede prova del pagamento della prima rata. Delta versa la prima rata puntualmente. L’Agente, su richiesta di Delta, invia un’ulteriore lettera a Banca W confermando che la rateazione è in essere e che le somme pignorate vanno sbloccate (perché la procedura esecutiva non proseguirà se il debitore rispetta il piano). A questo punto, circa 50 giorni dopo l’atto iniziale, la banca sblocca i €4.000 sul conto di Delta.
  • Esito: Il conto di Delta torna interamente disponibile. Delta userà quei soldi magari per pagare le prime rate. Dovrà essere diligente nel rispettare il piano, perché se dovesse decadere dalla rateazione, l’Agente potrebbe riprendere l’azione e notificare un nuovo pignoramento (o riattivare quello precedente se ancora valido). In ogni caso, Delta ha ottenuto di dilazionare e scongelare grazie agli strumenti concessi dalla legge speciale sulla riscossione.
  • Nota: Questo caso mostra che con i debiti fiscali conviene sfruttare la rateazione entro 60 giorni: la legge impedisce all’Agente di incassare forzosamente se il debitore sta pagando a rate. È come se il pignoramento venisse ibernato e poi tolto. Va evidenziato che l’Agente non può rifiutare rateazioni “ragionevoli” (lo prevede la normativa: sotto €60.000 concedono fino a 72 rate senza troppe domande). Quindi è un modo alla portata di molti per sbloccare il conto pignorato da cartelle esattoriali.

Caso 5: Pignoramento infruttuoso e tempi morti

Scenario: La ditta Epsilon s.r.l. ha un vecchio debito verso un ex fornitore. Questi pignora il conto aziendale presso Banca Zeta. Tuttavia, la ditta aveva già spostato i fondi altrove e sul conto c’erano pochi spiccioli (saldo €50). La banca blocca €50. La citazione a comparire viene fissata, ma all’udienza il creditore non si presenta e in effetti scopre che la Epsilon è fallita, quindi decide di abbandonare l’esecuzione.

  • Sviluppo: Passano 2 mesi dall’atto, nessuno si fa vivo. Formalmente il pignoramento dovrebbe decadere dopo 45 giorni ex art. 497 c.p.c.. La banca però non riceve nessun atto formale dal tribunale. Trascorsi altri 30 giorni, sul conto di Epsilon quei €50 risultano ancora “bloccati”. Il liquidatore di Epsilon (essendo la società intanto fallita) vorrebbe chiudere il conto, ma non può perché c’è un vincolo.
  • Risoluzione: Il liquidatore presenta un’istanza al giudice dell’esecuzione segnalando che il pignoramento è inefficace per decorso termini e chiedendo ordine di svincolo. Il giudice, verificato che effettivamente sono passati più di 45 giorni senza istanze del creditore, emette decreto dichiarativo di estinzione del pignoramento ex art. 497 c.p.c. e lo comunica alla banca. Solo a questo punto la banca sblocca i €50 e il conto può essere chiuso.
  • Nota: In questo esempio piccolo, si vede però un problema frequente: se il creditore non formalizza il ritiro, la banca non sa se può liberare. Tecnicamente dovrebbe bastare la legge (45 giorni scaduti = pignoramento inefficace), ma le banche sono prudenti e tendono ad aspettare un ordine esplicito. Dunque il debitore deve attivarsi, come fatto dal liquidatore, per ottenere un provvedimento di estinzione dal giudice.

Altri casi pratici potrebbero riguardare ad esempio errori nell’atto (es. nome banca errato: in quel caso la banca non blocca nulla perché non si ritiene destinataria legittimata), oppure conto con fido non utilizzato (visto nel §3.3: se resta negativo, al creditore non arriva nulla). Oppure situazioni borderline come conto di minorenne cointestato (dove serve l’autorizzazione del giudice tutelare per pignorare la quota del minore; rarissimo, ma in quei casi il pignoramento potrebbe essere invalidato se non richiesta).

L’esperienza insegna che ogni pignoramento presso terzi ha una sua storia, ma gli schemi sopra presentati coprono le vicende più tipiche. Nella prossima sezione, riepilogheremo in tabelle alcuni punti chiave (norme, soggetti, limiti) per avere un quadro sintetico di riferimento.


6. Tabelle riepilogative (normativa, adempimenti, ruoli, limiti)

Di seguito presentiamo alcune tabelle riassuntive che condensano le principali informazioni normative e procedurali relative al pignoramento del conto corrente, i ruoli dei soggetti coinvolti e i limiti di pignorabilità delle somme. Queste tabelle possono servire come riferimento veloce per l’operatore del diritto o il debitore che voglia orientarsi tra le regole discusse.

6.1 Tipologie di pignoramento di conto corrente: ordinario vs esattoriale

CaratteristicaPignoramento ordinario (presso terzi)Pignoramento esattoriale (Ag. Entrate-Riscossione)
Soggetto procedenteCreditore privato (es. azienda, banca, persona) con titolo esecutivo.Agente della Riscossione (Stato/Ente pubblico) per cartelle esattoriali.
Titolo esecutivo e precettoNecessari entrambi: es. decreto ingiuntivo esecutivo + precetto 10 gg.Cartella esattoriale funge da titolo e precetto (60 gg per pagare). Se >1 anno, intimazione 5 gg.
Atto di pignoramentoAtto ex art. 543 c.p.c. notificato da ufficiale giud. a banca e debitore, contiene citazione in tribunale.Atto ex art. 72-bis DPR 602/73 inviato da AdER a banca e debitore, ordine di pagamento entro 60 gg (no citazione in udienza).
Intervento del giudiceSì, necessario: udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione, che emette ordinanza di assegnazione.Eventuale: giudice interviene solo se debitore fa opposizione (entro 20 gg). In assenza, nessuna udienza; il giudice non è coinvolto.
Tempo standard di bloccoVariabile: fino all’udienza (30–60 gg circa). Se creditore inattivo, decadde in 45 gg.Fisso: 60 gg dalla notifica. Se debitore non paga/accorda in 60 gg, banca paga al 61° giorno. (Oppure sospeso se rateazione richiesta in tempo).
Dichiarazione del terzo (banca)Prevista: banca comunica saldo e vincolo ex art. 547 c.p.c. al creditore o in udienza.Prevista (art. 75-bis DPR 602/73): banca risponde ad AdER entro >=30 gg. Se non risponde, sanzione amministrativa alla banca, ma pignoramento prosegue comunque.
Pagamento al creditoreAvviene dopo ordinanza del giudice: la banca esegue l’ordinanza di assegnazione (versando le somme pignorate al creditore).Avviene automaticamente trascorsi 60 gg: la banca esegue l’ordine di pagamento versando somme ad AdER senza bisogno di provvedimento giudiziario.
Rimedi del debitoreOpposizione all’esecuzione (entro 20 gg se contestazione titolo) o agli atti (entro 20 gg se vizi formali). Conversione pignoramento (art. 495 c.p.c.). Possibile accordo transattivo col creditore.Pagamento entro 60 gg; richiesta di rateazione (sospende l’esecuzione); opposizione ex art. 615/617 c.p.c. (non sospende salvo ordine giudice); istanza di sospensione per provvedimento di sgravio/sospensione amministrativa (in caso di ricorso tributario pendente).
Norme principaliCodice Proc. Civile: art. 543–548, 552, 545–546 (limiti e obblighi), 495 (conversione), 497 (termine 45 gg) ecc.DPR 602/1973: art. 50 (intimazione), 72-bis (pignoramento diretto), 72-ter (limiti stipendi/pensioni), 75-bis (dich. terzo), + norme su rateazione (es. Dilazione D.Lgs. 112/1999, art.19 D.P.R. 602).

Legenda: AdER = Agenzia Entrate-Riscossione; gg = giorni.

6.2 Ruoli e obblighi dei soggetti coinvolti

SoggettoRuolo nel pignoramento del conto correnteRiferimenti
Creditore procedente– Inizia l’esecuzione (notifica precetto e pignoramento ordinario, oppure atto 72-bis). – Nel pignoramento ordinario: iscrive a ruolo la procedura, chiede l’udienza, partecipa e istanza l’assegnazione. – Può rinunciare al pignoramento (art. 629 c.p.c.) previo accordo col debitore.Art. 543 c.p.c.; Art. 72-bis DPR 602/73; Art. 629 c.p.c. (rinuncia).
Debitore esecutato– Subisce il blocco delle sue somme; non può operare sul conto pignorato (salvo per la parte non vincolata). – Può pagare il dovuto (estinguendo la procedura) o proporre opposizione se vi sono illegittimità. – Può chiedere conversione del pignoramento (versando importi dovuti) prima dell’assegnazione. – In caso di pignoramento esattoriale, può chiedere rateazione entro 60 gg (sospende azione).Art. 495 c.p.c. (conversione); Art. 615–618 c.p.c. (opposizioni); Art. 72-ter DPR 602/73 (rateazione entro 60 gg).
Ufficiale giudiziario (solo procedura ord.)– Redige e notifica l’atto di pignoramento alla banca e al debitore. – Invita la banca a rendere dichiarazione ex art. 547 c.p.c. (spesso includendo foglio di dichiarazione da restituire). – Redige verbale di pignoramento e lo consegna al creditore per il deposito in tribunale. – Eventualmente cura la riscossione/attribuzione pratica delle somme (in alcune prassi consegna assegno al creditore).Art. 543 c.p.c. (notifica e forma atto); Art. 546 c.p.c. (ingiunzione custodia); (Atti del processo esecutivo).
Banca (Terzo pignorato)Riceve l’atto di pignoramento e da quel momento congela le disponibilità fino a concorrenza dell’importo indicato. – Custodisce le somme vincolate, impedendo al debitore di prelevarle (obbligo di custodia ex art. 546 c.p.c.). – Rende la dichiarazione circa i fondi detenuti (saldo conto, eventuali altri rapporti) al creditore o in udienza. – In caso di ordine del giudice o decorso termini in esecuzioni esattoriali, trasferisce le somme dovute al creditore. – Non può toccare somme impignorabili: se accrediti stipendio/pensione, lascia disponibili le quote non pignorabili. – Se viola gli obblighi (es. lascia prelevare denaro pignorato), può essere dichiarata debitrice essa stessa verso il creditore fino alla concorrenza (responsabilità ex art. 546 c.p.c.).Art. 546 c.p.c. (custodia); Art. 547 c.p.c. (dichiarazione); Art. 548 c.p.c. (mancata dichiarazione). DPR 602/73 art. 72-bis e 75-bis (obblighi terzo in esecuzione esatt.).
Giudice dell’Esecuzione (G.E.)– Diregge la procedura esecutiva ordinaria: fissa l’udienza, all’udienza verifica atti e dichiarazioni. – Emana l’ordinanza di assegnazione delle somme al creditore, se il pignoramento ha esito positivo. – Può dichiarare l’inefficacia/estinzione del pignoramento se decorso il termine (45 gg) o su rinuncia del creditore. – Decide sulle opposizioni del debitore (sospendendo eventualmente l’esecuzione). – Emana provvedimenti di sblocco di somme impignorabili o di rigetto se il debitore ne fa richiesta motivata (anche d’urgenza).Art. 552 c.p.c. (ordinanza assegnazione); Art. 497 c.p.c. (inefficacia 45 gg); Art. 624 c.p.c. (sospensione esecuzione).
Agente della Riscossione (AdER)– Nel pignoramento esattoriale: invia direttamente l’ordine di pagamento (atto di pignoramento) alla banca. – Riceve le dichiarazioni del terzo (banca) e, se non arrivano, può procedere ugualmente (con eventuali sanzioni per la banca inadempiente). – Trascorsi 60 gg, se nessuna sospensione, intima alla banca di versare le somme pignorate sui propri conti. – In caso di rateazione accordata, invia alla banca comunicazione di sospensione/rinvio del pignoramento; dopo pagamento prima rata, invia disposizione di sblocco del conto. – Se il debitore paga integralmente, rilascia quietanza e comunica cessazione pignoramento.Art. 72-bis DPR 602/73 (ordine pagamento); Art. 72-ter c.2-bis DPR 602/73 (sblocco per rateazione); Art. 75-bis DPR 602/73 (dichiarazione terzo).

6.3 Limiti di pignorabilità delle somme sul conto corrente

La seguente tabella riepiloga i limiti legali (aggiornati al 2025) di impignorabilità o parziale pignorabilità per le somme di natura stipendiale o pensionistica accreditate sul conto corrente del debitore, in base al momento dell’accredito e alla tipologia. Sono indicati anche i riferimenti normativi chiave.

Tipo di sommaTrattamento in sede di pignoramento del conto correnteRiferimento normativo/giurisprudenziale
Stipendio o salario accreditato prima della notifica del pignoramentoImpignorabile fino all’importo pari a 3 volte l’assegno sociale mensile (circa €1.600 nel 2025). Solo l’eventuale parte eccedente tale soglia può essere pignorata (integralmente). Esempio: saldo €2.000 derivante da stipendi – €1.600 non pignorabili, €400 pignorabili.Art. 545, co. 8 c.p.c.; D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015.
Stipendio accreditato dopo la notifica (mensilità correnti che arrivano su conto già pignorato)Pignorabile nella misura di 1/5 (20%) di ogni accredito stipendiale. Il restante 80% di ciascun stipendio resta libero e utilizzabile dal debitore. Nota: se coesistono più pignoramenti per cause diverse, comunque la somma delle trattenute su stipendio non può eccedere 50% (regola generale art. 545 co.4).Art. 545, co. 3 e 8 c.p.c.; Cass. civ. 654/2017; Cass. 685/2018.
Pensione accreditata prima del pignoramentoImpignorabile fino a 2 volte l’assegno sociale mensile (con un minimo assoluto di €1.000). La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti ordinari (1/5). Esempio: saldo €2.500 di pensione – €1.072 (doppio assegno sociale nel 2024) non pignorabili (arrotondati a €1.100 > €1.000), restante €1.400 pignorabile al 20% = €280.Art. 545, co. 7 c.p.c. (come modif. da L. 142/2022 Decreto Aiuti-bis); soglia min €1.000 introdotta nel 2022.
Pensione accreditata dopo la notifica (rate mensili durante il pignoramento)Pignorabile nella misura di 1/5 dell’importo eccedente il “minimo vitale”, cioè 1,5× assegno sociale (circa €800). In altre parole, su ogni mensilità pensione arrivata sul conto: la banca lascia sempre intoccata una quota pari a assegno sociale + metà (minimo vitale), e sul resto applica il 20%. Esempio: pensione mensile €1.200 – parte vitale €800 non toccata, eccedenza €400 -> €80 pignorati (1/5 di 400).Art. 545, co. 8 c.p.c. (estensione ai trattamenti pensionistici per analogia, visto che per pensioni successive opera stesso criterio di fonte INPS); Cass. civ. 2740/2019 (minimo vitale su pensione va sempre garantito anche su conto).
Altre somme (risparmi generici, bonifici da terzi, vendite, ecc.)Pignorabili senza limiti specifici. Ogni somma non riconducibile a stipendio/pensione affluita sul conto pignorato rimane integralmente vincolata a favore del pignoramento (fino concorrenza credito). Nota: restano impignorabili eventuali crediti con vincolo di destinazione di legge (es: sussidi di povertà, assegni familiari) ma la banca di solito non distingue se mescolati al saldo.Art. 545, co. 1–2 c.p.c. (crediti totalmente impignorabili come alimenti, sussidi: se identificabili, non pignorabili).
Conto cointestato a debitore + terzi (saldo attivo)Pignorabile limitatamente alla quota di spettanza del debitore, presunta pari agli altri contitolari (50% se due intestatari, 33% se tre, etc.). In fase esecutiva però la banca blocca tutto il saldo; la quota eccedente verrà liberata dal giudice in sede di assegnazione. Il contitolare non debitore può fornire prova per ottenere una quota maggiore libera.Art. 599 c.p.c. (beni indivisi); Art. 1854 c.c. e 1298 c.c. (presunzione parti uguali); Cass. civ. 4838/2021.

6.4 Tempistiche chiave e adempimenti nella procedura ordinaria (promemoria)

  • Precetto: debitore ha 10 giorni per pagare spontaneamente dal ricevimento.
  • Notifica atto di pignoramento: vincolo immediato delle somme sul conto (T0 = giorno notifica).
  • Deposito in tribunale: il creditore deve iscrivere a ruolo la procedura entro 30 giorni dalla notifica; se omette, rischio estinzione.
  • 45 giorni dal pignoramento: termine per chiedere assegnazione (di solito coincide con l’udienza). Decorso inutilmente -> pignoramento inefficace.
  • Udienza G.E.: può tenersi 30–60 giorni dopo notifica. Debitore invitato a comparire (non obbligatorio, ma opportuno se ci sono eccezioni da fare).
  • Ordinanza di assegnazione: emessa all’udienza (o eventualmente dopo qualche rinvio). Da questo momento, il creditore può incassare.
  • Esecuzione pagamento: banca esegue l’ordinanza appena la riceve (tempi tecnici 1–2 settimane). Il conto viene addebitato della somma assegnata.
  • Sblocco finale: immediatamente dopo il pagamento al creditore, cessano gli effetti del pignoramento. In pratica, entro pochi giorni la banca dovrebbe riattivare il conto per il debitore (se ciò non avviene, sollecitare con istanza o diffida).
  • Chiusura procedimento: se somme assegnate soddisfano tutto, il creditore deposita atto di pignoramento soddisfatto; se rimane credito insoddisfatto, il creditore può proseguire su altri beni. Se l’udienza è andata deserta (creditore assente), il giudice dichiara estinto e il conto si sblocca (previo provvedimento).
  • Opposizioni: se il debitore propone opposizione in corso di procedura, il giudice può sospendere l’assegnazione. I tempi si allungano di conseguenza (causa di cognizione da istruire).

(Le tempistiche effettive possono variare secondo il carico di lavoro del tribunale e i comportamenti delle parti.)


7. Domande frequenti (FAQ) sul conto corrente pignorato

In questa sezione rispondiamo in modo conciso ad alcune delle domande più comuni che si pongono i debitori alle prese con un conto corrente pignorato. Queste FAQ sciolgono dubbi pratici e operativi emersi spesso nelle situazioni reali.

D: Quanto dura il blocco del conto corrente pignorato?
R: Dipende dalla procedura. Nel pignoramento ordinario, il blocco dura in genere fino all’ordinanza di assegnazione e al successivo pagamento al creditore, quindi mediamente qualche mese (salvo complicazioni). Se il creditore non dà seguito (non chiede assegnazione), il blocco cessa automaticamente dopo 45 giorni dalla notifica, ma serve un provvedimento formale per sbloccare. Nel pignoramento esattoriale, il blocco è normalmente di 60 giorni, poiché allo scadere la banca deve versare le somme ad Agenzia Entrate Riscossione. Può durare meno se il debitore paga prima, o un po’ di più se avvia una rateazione (il conto viene sbloccato dopo l’accoglimento della dilazione e pagamento prima rata).

D: Posso continuare ad usare il conto durante il pignoramento?
R: Parzialmente. In generale, dal momento del pignoramento le somme presenti sul conto fino a concorrenza del credito restano bloccate e il debitore non può utilizzarle. Tuttavia, il conto non è chiuso: può ancora ricevere bonifici o accrediti (salvo specifiche limitazioni imposte dalla banca). Inoltre, se su quel conto arrivano stipendi o pensioni, il debitore può usare la parte non pignorabile di tali accrediti (di regola i 4/5 dello stipendio o la quota di pensione pari al minimo vitale). Non sono invece consentite uscite: il debitore non può fare bonifici, pagamenti o prelievi che attingano ai fondi vincolati. Alcune banche trasformano il conto in una sorta di “conto solo accrediti”: accetta versamenti ma non permette addebiti (tranne quelli verso il creditore).

D: Posso prelevare lo stipendio o la pensione affluiti sul conto pignorato?
R: Sì, ma non integralmente, solo in parte. Come spiegato, se lo stipendio/pensione è accreditato dopo il pignoramento, la banca deve sbloccarne una porzione (80% stipendio, oppure pensione fino al minimo vitale + 4/5 dell’eccedenza). Quella parte può essere prelevata normalmente dal debitore (ad esempio da sportello o bancomat). Facciamo un esempio: stipendio €1.500 accreditato su conto pignorato – €300 (1/5) vengono segregati, €1.200 resi disponibili: il debitore può prelevare quei €1.200 come di consueto. Se invece lo stipendio era già sul conto prima del pignoramento, teoricamente l’ultimo stipendio dovrebbe restare libero fino a 3x assegno sociale (~€1.600); se la banca l’ha bloccato in toto, il debitore deve far valere il suo diritto in udienza o con istanza per recuperarlo. In poche parole: una parte dello stipendio/pensione è prelevabile, il resto no.

D: Che succede ai RID, domiciliazioni e addebiti automatici sul conto pignorato?
R: La banca in genere sospende tutte le domiciliazioni e addebiti automatici (bollette, rate mutuo, carte di credito) una volta ricevuto il pignoramento, perché non può permettere che escano soldi dal conto vincolato. Pertanto, il debitore deve attivarsi per pagare diversamente quelle spese (ad esempio, pagando bollette manualmente altrove). Se il conto poi viene sbloccato, potrebbe essere necessario riattivare i RID. Attenzione anche agli interessi passivi o spese del conto: se il conto aveva un fido, la banca potrebbe continuare ad addebitare interessi, se ciò avviene durante il blocco rischia di erodere le somme pignorate (cosa non lecita); conviene parlarne con la banca per congelare anche le competenze.

D: La banca può chiudere il conto corrente a causa del pignoramento?
R: Di solito no, la banca non chiude unilateralmente il conto solo perché pignorato. Mantiene il conto “congelato” fino a esito della procedura. Tuttavia, a fine procedura o se il conto resta a zero, potrebbe invitare il cliente a chiudere. Il cliente stesso può chiedere la chiusura del conto, ma la banca generalmente non consente la chiusura finché c’è un vincolo legale in atto. Quindi, bisogna attendere lo sblocco. Una volta sbloccato, nulla vieta di chiudere il conto (magari per cambiare banca). Alcuni contratti prevedono la possibilità di chiusura per giusta causa se il conto è coinvolto in azioni esecutive, ma è raro che venga applicata immediatamente.

D: Posso aprire un altro conto corrente se uno è pignorato?
R: Sì. Non c’è un divieto legale di aprire un nuovo conto se sei soggetto a pignoramento su un altro conto. La persona non diventa “interdetta bancariamente”. Quindi il debitore può, e spesso conviene, aprire un nuovo conto presso una diversa banca (o anche nella stessa, se disponibile) per far accreditare lì eventuali nuovi stipendi o gestire le spese correnti durante la pendenza del blocco sul vecchio conto. Bisogna però essere consapevoli che il creditore potrebbe a sua volta pignorare anche il nuovo conto se ne viene a conoscenza. Tuttavia, nella pratica, aprire un nuovo conto in attesa che il vecchio venga sbloccato è un’operazione consigliabile per poter continuare a ricevere ed effettuare pagamenti. Ad esempio, se il datore di lavoro accredita lo stipendio su un conto pignorato, conviene fornire un IBAN alternativo se possibile.

D: Se sul conto pignorato arrivano nuovi soldi (diversi da stipendio/pensione), la banca li blocca?
R: Sì, qualsiasi nuovo accredito (bonifico, versamento, vendita di un bene ecc.) che arrivi su un conto già pignorato viene catturato dal vincolo fino a capienza del credito pignorato. Ad esempio, se un amico mi versa €1.000 in aiuto sul conto pignorato, quella somma verrà immediatamente vincolata e destinata al creditore (non posso usarla). Pertanto, durante un pignoramento, è sconsigliabile far affluire sul conto somme “libere” diverse da stipendio/pensione, perché verrebbero semplicemente prese dal creditore. Meglio farsi mandare eventuali aiuti o pagamenti su un conto non pignorato intestato magari a un familiare fidato, oppure sul nuovo conto aperto a nome proprio.

D: Cosa succede se il saldo sul conto è insufficiente a coprire tutto il debito?
R: Il creditore prenderà ciò che c’è (saldo disponibile) e verrà soddisfatto solo parzialmente. Il pignoramento sul conto si chiude con l’assegnazione di quella somma. Il debito residuo rimane a carico del debitore, e il creditore potrà cercare altri beni da pignorare (altri conti, stipendio, immobili, auto, ecc.) in ulteriori procedure. Il conto, dopo aver dato quello che poteva, viene sbloccato. Esempio: debito €20.000, sul conto c’erano €5.000 -> creditore riceve €5.000, restano €15.000 non pagati, il creditore dovrà agire in altro modo per quelli (il pignoramento del conto ha esaurito la sua funzione).

D: E se invece sul conto c’è più denaro di quanto dovuto?
R: In tal caso il creditore può prendere solo quanto basta a soddisfare il credito (più spese e interessi). L’eventuale eccedenza deve tornare al debitore. Ad esempio debito €5.000, saldo conto €8.000: verranno assegnati diciamo €5.500 (debito + spese), e i restanti €2.500 si sbloccano per il debitore. È importante controllare che la banca effettivamente restituisca l’eccedenza. Di norma, ricevuta l’ordinanza del giudice, la banca preleva l’importo ordinato e lascia il resto. Se tardasse, si può intervenire come spiegato (diffida/istanza). In nessun caso il creditore può tenersi più del dovuto: se per ipotesi per errore ricevesse più soldi, sarebbe tenuto a restituire l’eccedenza.

D: Se il mio conto è pignorato, possono pignorare anche il conto di mia moglie o di un familiare?
R: Solo se il familiare è coobbligato nel debito o se il conto è cointestato con te. Un conto intestato esclusivamente a tua moglie (che non è debitrice) non può essere pignorato per i tuoi debiti. Attenzione però: se tu versi regolarmente soldi su quel conto come se fosse tuo, il creditore potrebbe provare a sostenere che lì si nascondono beni tuoi, ma è una situazione limite, servirebbe un’azione revocatoria o altro, non è un pignoramento diretto. Dunque, conti di terzi non debitori sono al sicuro. Discorso a parte per i conti cointestati (già trattati): quelli sì sono attaccabili, sebbene limitatamente alla quota del debitore.

D: Il pignoramento del conto copre anche eventuali scoperti o fidi?
R: No, il pignoramento colpisce solo il saldo attivo di cui il correntista è creditore verso la banca. Se il conto è “scoperto” (affidato in rosso), non c’è nulla da pignorare. La disponibilità di fido non è un credito esigibile ma una facoltà di indebitamento, dunque non è pignorabile. La Cassazione ha confermato che se il conto è a saldo negativo, il pignoramento non afferra nulla, a meno che successivamente il saldo torni positivo. Anche un eventuale carta di credito collegata non entra nel pignoramento (è debito verso la banca). Quindi il creditore non può costringere la banca a concedere il fido o a usare la carta per pagarlo. In sintesi: solo i soldi effettivamente presenti (saldo positivo) sono soggetti al vincolo.

D: Posso contrattare con il creditore per far sbloccare il conto?
R: Sì, come discusso nella sezione sugli accordi. Molti creditori accettano transazioni. Se riesci a trovare un accordo di pagamento (ad esempio paghi una somma in unica soluzione un po’ inferiore al totale dovuto), il creditore può rinunciare al pignoramento e liberare il conto. Sempre formalizzare tutto. È spesso il modo più veloce: pagare per sbloccare – suona spiacevole ma se si hanno risorse conviene farlo. In caso di pignoramento esattoriale, invece, non c’è vera contrattazione sull’importo, ma c’è la rateazione (che è una sorta di accordo sui tempi, non sull’ammontare).

D: Se il debitore muore durante il pignoramento del conto, che succede?
R: Il conto verrà bloccato comunque per legge per la successione. Gli eredi subentrano sia nella titolarità del conto sia nel debito esecutato. Il procedimento esecutivo può proseguire contro gli eredi (previa riassunzione). Se non viene riassunto entro 1 anno, si estingue. Nel frattempo, la banca difficilmente sbloccherà le somme: resteranno vincolate in attesa di capire se vanno al creditore o, in mancanza d’azione, agli eredi. In sostanza, la morte del debitore sospende la procedura, ma non libera automaticamente i soldi al 100%. Gli eredi potrebbero cercare di ottenere lo sblocco (specialmente se magari il creditore rinuncia o non procede), ma devono dialogare col tribunale. Questa è una situazione complessa in cui è fondamentale farsi assistere legalmente.

D: Quali spese devo sopportare in caso di pignoramento del conto?
R: Oltre al danno di perdere le somme, il debitore può subire l’addebito di spese di esecuzione. In ordinario, il giudice di solito addebita al debitore le spese legali del creditore (con l’ordinanza di assegnazione, aggiunge magari € qualche centinaio per compensi e spese di procedura) – questi soldi escono dal conto pignorato. La banca può addebitare una commissione di esecuzione (alcune banche lo fanno, tipo €30-50 per la pratica di pignoramento) detraendola dal conto, ma ciò dovrebbe avvenire dopo lo sblocco (non può prelevarla prima che il creditore sia soddisfatto, altrimenti infrange l’obbligo di custodia). Nel pignoramento esattoriale, invece, vengono aggiunte al dovuto le spese di notifica e procedurali (di solito poche decine di euro) e l’compenso di riscossione (percentuale standard dell’Agente, il 3% circa sulle somme versate spontaneamente, 6% se esecuzione forzata compiuta). Quindi il debito cresce un po’. Il conto in sé potrebbe venire chiuso se il saldo va a zero e restano spese, generando un piccolo passivo verso la banca.


8. Fonti normative e giurisprudenziali

(In questa sezione finale elenchiamo in modo organizzato le principali fonti normative e le sentenze citate o rilevanti in materia, aggiornate a giugno 2025, a supporto dell’analisi svolta.)

Normativa – Codice di procedura civile (c.p.c.):

  • Art. 480 c.p.c. – Atto di precetto (forma e termini di efficacia, 90 gg).
  • Art. 543 c.p.c. – Pignoramento presso terzi: forma dell’atto e notificazione.
  • Art. 545 c.p.c. – Limiti di pignorabilità di particolari crediti: commi 3–4 (stipendi: quinto per tributi e altri crediti; cumulo max 50%), comma 7 (pensioni impignorabili fino a doppio assegno sociale, min €1000), comma 8 (somme da lavoro/pensione su conto: triplo assegno sociale prima del pignoramento; dopo pignoramento nei limiti di quinto etc.), ultimo comma (pignoramento oltre limiti = inefficace parzialmente).
  • Art. 546 c.p.c. – Obblighi del terzo: divieto di disporre delle cose/pagare crediti pignorati, obbligo custodia; responsabilità del terzo in caso di inadempimento.
  • Art. 547 c.p.c. – Dichiarazione del terzo pignorato: modalità (forma scritta a mezzo raccomandata/PEC al creditore o comparizione in udienza).
  • Art. 548 c.p.c. – Mancata dichiarazione del terzo: conseguenze (possibilità di ordinanza di pagamento basata su quanto dedotto dal creditore, salvo contestazione del terzo).
  • Art. 552 c.p.c. – Ordinanza di assegnazione: provvedimento del G.E. che trasferisce le somme al creditore procedente, titolo esecutivo contro terzo inadempiente.
  • Art. 599 c.p.c. – Pignoramento di beni indivisi: ammessa su quota del debitore (applicabile a conti cointestati).
  • Art. 615 c.p.c. – Opposizione all’esecuzione: contestazione diritto di procedere, tempi (prima o dopo inizio, sospensione a discrezione giudice ex art. 624).
  • Art. 617 c.p.c. – Opposizione agli atti esecutivi: vizi formali, 20 gg dal momento del vizio.
  • Art. 624 c.p.c. – Sospensione dell’esecuzione: potere del giudice dell’esecuzione su istanza nelle opposizioni.
  • Art. 629 c.p.c. – Rinuncia agli atti esecutivi: il creditore può rinunciare, esecuzione estinta con decreto G.E. (debitor può opporsi a spese).
  • Art. 495 c.p.c. – Conversione del pignoramento: diritto del debitore di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro (richiesta prima assegnazione/vendita); cauzione almeno 1/6 debito; possibilità pagamento rate mensili fino max 48 mesi (come mod. da L. 197/2022, riforma Cartabia).
  • Art. 497 c.p.c. – Inefficacia del pignoramento per mancata attività: termine 45 giorni per istanza di vendita/assegnazione, pena perdita efficacia (introdotto da D.L. 83/2015).

Normativa – Altre leggi:

  • D.P.R. 29/09/1973 n. 602, Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito:
    • Art. 50 (comma 2): se cartella esattoriale notificata da oltre un anno, necessaria intimazione di pagamento 5 gg prima di esecuzione.
    • Art. 72-bis: Pignoramento dei crediti verso terzi da parte dell’Agente Riscossione. L’atto contiene ordine al terzo di pagare entro 60 gg le somme al concessionario, evitando intervento G.E. (procedura semplificata).
    • Art. 72-ter: Limiti di pignorabilità da parte AdER. Comma 1: percentuali su stipendi (1/10 <€2.500, 1/7 fra €2.500-5.000, 1/5 oltre €5.000). Comma 2: pensioni impignorabili fino a minimo vitale (originariamente 1.5×, ora 2× assegno sociale, min €1000, per effetto di L. 142/2022 che ha modificato l’art. 545 c.p.c.). Comma 2-bis: se accredito stipendio su conto, l’ultimo emolumento non è pignorabile (richiamo analogo al 545 c.p.c.).
    • Art. 75-bis: Dichiarazione stragiudiziale del terzo pignorato: procedura per ottenere info dalla banca (30 gg per rispondere) e sanzione in caso di mancata risposta (rimando a sanz. D.lgs. 471/97 art.10, min €2.000).
  • D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015: Riforma esecuzioni – ha introdotto il termine di 45 gg (mod. art. 497); ha inserito commi 7 e 8 in art. 545 c.p.c. (triplo assegno sociale impignorabile, ecc.); ha previsto possibilità rate nella conversione ex art. 495.
  • L. 142/2022 (Decreto Aiuti-bis): ha aumentato soglia impignorabilità pensioni da 1.5× a 2× assegno sociale e introdotto minimo €1.000. (Ha modificato art. 545 co.7 c.p.c.).
  • Codice Civile: art. 1854 c.c. (conto cointestato: “nei rapporti con la banca, i depositanti sono considerati creditori o debitori in solido”); art. 1298 c.c. (presunzione parti uguali in obbligazioni solidali).

Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione):

  • Cass., Sez. III, 29/09/2016 n. 19264: conto con fido – afferma che disponibilità di credito bancario non è pignorabile finché non usata; se saldo negativo, pignoramento si concreta solo su eventuali futuri saldi positivi (principio poi ripreso da Cass. 36066/2021).
  • Cass., Sez. III, 22/05/2017 n. 12965: (in tema di conti cointestati) presunzione quote eguali ex art.1854 c.c., onere prova contraria a cointestatario non debitore – conferma pignorabilità al 50%.
  • Cass., Sez. III, 09/11/2017 n. 26519: Intesa Sanpaolo vs Ag. Entrate Riscossione – pignoramento ex art.72-bis privo di dettaglio cartelle esattoriali è nullo per violazione diritto difesa debitore.
  • Cass., Sez. III, 19/01/2018 n. 154/2018: conferma che il triplo assegno sociale va riferito a importo mensile, e che limite vale per stipendi su conto ante pignoramento (commento post-riforma 2015).
  • Cass., Sez. III, 04/08/2021 n. 30332: (ambito penale) consente sequestro preventivo su conto di associazione professionale, irrilevante per qui.
  • Cass., Sez. III, 23/11/2021 n. 36066: importante – saldo negativo e rimesse successive: pignoramento su conto affidato non “afferra” attributi patrimoniali (versamenti) finché non generano credito; distingue i due casi (rimesse che rendono positivo vs no). Ribadisce che banca può far usare fido durante esecuzione senza violare vincolo (è credito suo che aumenta).
  • Cass., Sez. III, 24/02/2021 n. 4838/2021: conti cointestati – cointestazione comporta contitolarità solidale ex art.1854 c.c., presunzione parti uguali ex art.1298 c.c., onere prova contrario a chi allega diversa ripartizione.
  • Cass., Sez. Unite, 22/02/2010 n. 4486: (vecchia ma autorevole) afferma che notificare l’atto di pignoramento a un terzo errato è vizio insanabile ex art. 543 (importante per ricordare di individuare correttamente la banca).

Giurisprudenza di merito (Tribunali) – alcune pronunce esemplificative:

  • Trib. Civitavecchia, Sent. 924/2023: conto corrente pignorato soggetto a regime deposito irregolare di beni fungibili, conferma orientamento Cass. su saldo negativo (anche se non abbiamo estratto, si evince da fonti).
  • Trib. Milano, ord. 11/10/2018: conti cointestati, applica presunzione 50%, cointestatario non debitore può opporre ex art. 619 c.p.c. per far valere propria maggior quota.
  • Trib. Bari, ord. 05/07/2018: se credito soddisfatto (pagato) al di fuori della procedura, dichiarazione estinzione e ordine sblocco somme residue; condanna creditore a spese se non collaborava.
  • Trib. Roma, sent. 19/01/2017: in caso di pignoramento di pensione su conto, conferma impignorabilità minimo vitale e dispone restituzione al debitore delle somme indebitamente trattenute eccedenti i limiti.
  • Trib. Pavia, ord. 02/05/2016: pignoramento conto pensione minima – dichiarato improcedibile poiché somma integralmente impignorabile (sotto soglia).
  • Giudice di Pace di Napoli, sent. 28/09/2020: (interessante caso) condanna banca a risarcire debitore per non avergli consentito prelievo di somma impignorabile (pensione minima) sul conto pignorato; banca avrebbe dovuto lasciare disponibile ex lege.

Ti hanno pignorato il conto e la banca non lo sblocca? Fatti aiutare da Studio Monardo

Se la banca mantiene il blocco del conto corrente anche dopo il termine previsto o senza provvedimento definitivo, potresti subire danni gravi e ingiustificati. Ma ci sono strumenti legali per intervenire tempestivamente.
Fatti aiutare da Studio Monardo.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica la legittimità del pignoramento e i termini entro cui il blocco doveva cessare
📑 Controlla se il creditore ha rispettato gli obblighi (es. deposito dell’atto di pignoramento o iscrizione a ruolo)
⚖️ Predispone un ricorso urgente per ottenere la revoca o la riduzione del blocco
✍️ Ti assiste nella richiesta di accesso alle somme impignorabili (stipendio, pensione, minimo vitale)
🔁 Ti difende in ogni fase contro abusi o ritardi ingiustificati da parte della banca o del creditore

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in esecuzioni mobiliari e pignoramenti presso terzi
✔️ Difensore di lavoratori, pensionati, famiglie e partite IVA in difficoltà
✔️ Consulente legale per la tutela del patrimonio e dei redditi impignorabili
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Il blocco del conto corrente non può durare all’infinito e deve rispettare regole precise.
Con l’assistenza legale giusta puoi riottenere l’accesso ai tuoi soldi e tutelare i tuoi diritti.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!