Come Mettere in Liquidazione una SRL con Debiti

PHai una SRL con debiti e ti stai chiedendo come metterla in liquidazione senza rischiare conseguenze personali? Temi che la situazione ti stia sfuggendo di mano ma non sai se puoi ancora chiudere l’azienda in modo legale e protetto?

Mettere in liquidazione una società con debiti è possibile, ma servono attenzione, trasparenza e la scelta della strada giusta. La liquidazione non cancella automaticamente i debiti: è una procedura che consente di chiudere ordinatamente l’attività, vendere i beni sociali, pagare (per quanto possibile) i creditori e cessare definitivamente la società.

Ma come si mette in liquidazione una SRL con debiti?

Il primo passo è deliberare la messa in liquidazione, con un’assemblea dei soci che approva la decisione e nomina uno o più liquidatori. Il verbale dev’essere depositato presso il Registro delle Imprese, insieme all’aggiornamento dello statuto.

E se la società ha molti debiti e pochi beni?

Il liquidatore deve comunque tentare di realizzare il patrimonio sociale (beni, crediti, attrezzature, rimanenze) per pagare i creditori, in ordine di priorità. Se il patrimonio non basta, i creditori possono ottenere solo un pagamento parziale o nulla, ma non possono aggredire i soci – salvo il caso in cui si tratti di SRL unipersonale con capitale non versato o ci siano responsabilità personali.

Quali rischi corri come amministratore?

La messa in liquidazione non ti libera da responsabilità pregresse. Se hai gestito male l’azienda, non hai tenuto la contabilità, hai aggravato i debiti o hai ritardato la liquidazione nonostante la perdita del capitale, puoi essere chiamato a rispondere personalmente verso creditori, Fisco e INPS. È per questo che agire in tempo è fondamentale.

Ci sono alternative alla liquidazione volontaria?

Sì. Se la società è già insolvente (non riesce più a pagare), è possibile valutare:

– la liquidazione giudiziale (ex fallimento), che si apre su istanza del creditore o della società stessa;
– la composizione negoziata della crisi, se ci sono ancora margini per trattare con i creditori;
– la cessione d’azienda o delle quote, in modo legale e tutelato, se esistono soggetti interessati a subentrare.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in liquidazioni, responsabilità degli amministratori e crisi d’impresa – ti spiega come mettere in liquidazione una SRL con debiti, quali passaggi seguire e come possiamo aiutarti a farlo in modo corretto, senza rischi per il tuo patrimonio personale.

Hai una SRL con debiti che non riesce più a proseguire? Vuoi sapere se è meglio liquidarla, cederla o avviare una procedura concorsuale?

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Introduzione

La liquidazione di una S.r.l. è il processo finale con cui si conclude l’attività aziendale e si estingue la società, realizzando l’attivo e soddisfacendo i debiti. Quando una S.r.l. presenta debiti – tributari, previdenziali o commerciali – la liquidazione volontaria può rappresentare un’opzione per chiudere l’attività in modo ordinato e trasparente, evitando il fallimento (ora “liquidazione giudiziale”) e limitando al minimo i rischi di responsabilità personale. In questa guida aggiornata a giugno 2025 illustreremo, passo dopo passo, come procedere alla liquidazione volontaria di una SRL con debiti, evidenziando differenze fra liquidazione ordinaria e liquidazione giudiziale, aspetti fiscali specifici (IVA, IRES, Agenzia Entrate, INPS), possibili soluzioni alternative (concordato, piani di risanamento, transazioni stragiudiziali), esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione FAQ. Il taglio è giuridico e divulgativo, rivolto a imprenditori, avvocati e privati che affrontano situazioni di crisi aziendale. Vi forniremo riferimenti normativi essenziali (Codice Civile, Codice della crisi e dell’insolvenza, DPR 602/1973, ecc.) e alla fine elencheremo le fonti normative e giurisprudenziali aggiornate.

Cause di scioglimento della SRL e presupposti per la liquidazione

La procedura di liquidazione inizia dallo scioglimento della società. Le cause di scioglimento di una S.r.l. sono elencate nell’art. 2484 c.c.: ad esempio, il venir meno della pluralità dei soci, il conseguimento dell’oggetto sociale, il decorso del termine statutario, la delibera volontaria dei soci o gravi perdite che riducono il patrimonio al di sotto dei limiti legali. Gli amministratori devono quindi convocare un’assemblea che delibera lo scioglimento e nomina un liquidatore (o più liquidatori). In alternativa, è possibile che autorità o tribunali impongano lo scioglimento per cause oggettive (ad es. fallimento ante 2022) o irregolarità. L’esito dello scioglimento è l’apertura della fase di liquidazione.

  • Scioglimento volontario: deciso dai soci tramite assemblea (di regola straordinaria, con maggioranza o unanimità come stabilito dallo statuto o dall’art. 2479 c.c.). L’assemblea delibera anche i criteri di nomina e compenso del liquidatore.
  • Scioglimento giudiziale: quando un tribunale, su istanza di creditori o autorità, dichiara lo scioglimento per ragioni (ad es. impedimenti burocratici o gravi violazioni). Questa forma è oggi meno frequente, dopo la riforma fallimentare.

Spesso la domanda è: “Una società ha debiti: posso scioglierla lo stesso?” La risposta è sì, ma con cautele. Se la S.r.l. ha un attivo patrimoniale sufficiente a coprire i debiti, può adottare la liquidazione ordinaria. Se l’attivo è insufficiente e la società è di fatto insolvente (incapace di far fronte regolarmente alle obbligazioni), allora diventa necessario valutare se proseguire con la liquidazione volontaria (coinvolgendo soci o creditori nella copertura) oppure ricorrere a procedure di risanamento (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione) o alla liquidazione giudiziale (fallimento), secondo le regole del Codice della crisi e dell’insolvenza. Nel Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019, applicabile alle procedure avviate dal 15.7.2022) l’apertura della liquidazione giudiziale richiede infatti che l’impresa sia un «imprenditore commerciale non piccolo» in stato di insolvenza con debiti scaduti superiori a €30.000. Tuttavia, le procedure di risanamento (come il concordato preventivo) possono essere introdotte anche in anticipo rispetto al dissesto conclamato, se c’è la volontà di salvare l’azienda.

La liquidazione ordinaria (volontaria) dell’S.r.l.

Liquidazione ordinaria (o volontaria) è la procedura ordinaria per chiudere una S.r.l. in bonis. I soci, mediante assemblea, deliberano lo scioglimento e la liquidazione della società. Contestualmente nominano uno o più liquidatori (possono essere anche gli amministratori uscenti), indicandone funzioni e compenso. I compiti principali del liquidatore sono:

  • Realizzare l’attivo e pagare i debiti: raccogliere tutti i crediti della società (incassare crediti, vendere beni, riscuotere depositi bancari, ecc.) e, con quanto incassato, soddisfare i creditori secondo l’ordine di priorità legale (privilegi e garanzie).
  • Par condicio creditorum: assicurare la parità di trattamento dei creditori dello stesso grado e rispettare le cause di prelazione legittime. Se viola l’ordine di pagamento, il liquidatore può essere ritenuto responsabile verso i creditori.
  • Definire l’attivo residuo: dopo aver pagato i debiti, redige il bilancio finale di liquidazione (art. 2490 c.c.), approvato dai soci. Se dall’attivo residuano somme positive, queste sono distribuite ai soci (secondo le quote di partecipazione) come «avanzo di liquidazione».
  • Comunicazioni e cancellazioni: il liquidatore comunica ai creditori noti la procedura in corso, deposita il bilancio finale e poi richiede la cancellazione della società dal Registro delle imprese (art. 2486 c.c.). Solo a cancellazione avvenuta la S.r.l. si considera estinta.

La procedura è relativamente semplice se l’azienda è in buona salute patrimoniale. Per esempio, come nell’Esempio 1 seguente:

  • Alfa S.r.l. ha attivi per €100.000 e debiti verso fornitori per €80.000. I soci deliberano la liquidazione e nominano un liquidatore. Questo realizza i beni per €100.000, paga integralmente i debiti di €80.000 e rimangono €20.000 di avanzo, distribuiti ai soci. Dopo il bilancio finale e la cancellazione, tutti i creditori risultano soddisfatti. Se in futuro emergesse un debito aggiuntivo di €5.000 non noto prima, i creditori potranno rivalersi pro quota sugli ex soci solo entro il massimo di €10.000 ciascuno (come spiegato più avanti), cioè entro l’importo incassato da ciascun socio in liquidazione.

Se invece la società presenta debiti più elevati rispetto all’attivo disponibile, il liquidatore deve valutare se proseguire con la liquidazione volontaria (coinvolgendo i soci) oppure segnalarne l’insolvenza al tribunale. Ecco due scenari pratici:

  • Esempio 2 (soluzione coperta dai soci): Beta S.r.l. ha debiti totali €200.000 e attivi realizzabili solo €50.000. I soci decidono comunque di liquidare, impegnandosi a versare di tasca propria la differenza necessaria. Nella pratica, dopo la nomina del liquidatore e la vendita dei beni, emergono €150.000 di passivo residuo. I soci contribuiscono con €150.000 aggiuntivi per estinguere integralmente tutti i debiti. Nessun debito rimane, non esiste avanzo da distribuire e i soci hanno speso soldi propri, ma la società si chiude senza esitare nessun creditore. In tal modo si evita la procedura concorsuale e responsabilità future: i soci non correranno rischi aggiuntivi (a meno di nuovi debiti nascosti).
  • Esempio 3 (svolta concorsuale / fallimento): Gamma S.r.l. ha debiti complessivi €500.000 e attivi per €100.000. I soci non hanno disponibilità per coprire il disavanzo. Il liquidatore vende i beni e raccoglie €100.000 (paga il 20% dei debiti), ma si rende conto che non basta per proseguire onestamente. A quel punto segnala la situazione al Tribunale: il giudice, su domanda del liquidatore o di un creditore, dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale (ex-fallimento) della Gamma S.r.l., sostituendo il liquidatore con un curatore fallimentare. Da quel momento la procedura prosegue come concorsuale (si raccolgono domande di insinuazione al passivo, si effettua il riparto proporzionale secondo la graduatoria, ecc.). La società verrà poi cancellata con debiti solo parzialmente pagati, e i creditori insoddisfatti potranno agire contro i soci in solido nei limiti delle somme eventualmente percepite in liquidazione (qui i soci non hanno incassato nulla, pertanto non sarebbero aggredibili).

Da questi esempi emerge un principio chiave: i soci di una S.r.l. sono responsabili dei debiti sociali solo nei limiti di quanto ricevuto in liquidazione, salvo eccezioni normativamente previste. In particolare, come confermato da Cassazione, in caso di liquidazione volontaria ai soci subentra uno schema di successione «pro quota» dei debiti verso i creditori esterni. Questo significa che un creditore insoddisfatto può richiedere l’intero credito a ciascun ex socio, ma poi il socio potrà rivalersi sugli altri soci proporzionalmente all’avanzo ricevuto. Ad esempio, nell’Esempio 1 se un creditore emergente richiede €10.000, ogni socio (che aveva incassato €20.000) potrà essere aggredito fino a €10.000 (non più). Tuttavia, il creditore dovrà dimostrare che il riparto sia avvenuto e in quale entità per ciascun socio. Questo meccanismo protegge i soci dall’essere chiamati a rispondere più di quanto abbiano effettivamente percepito dalla liquidazione.

Il liquidatore, invece, risponde personalmente verso i creditori solo in caso di dolo o colpa grave nella gestione della liquidazione (art. 2495 c.c.). Se conduce le operazioni con diligenza, accertando accuratamente passività e privilegi, ed è purtroppo l’attivo a risultare insufficiente, non avrà responsabilità civili per i debiti sociali non saldati. In caso contrario (ad es. se distribuisse l’attivo ai soci prima di aver pagato i debiti privilegiati), il liquidatore risponderebbe personalmente per i danni arrecati. In sintesi: se il liquidatore ha fatto tutto il possibile ma i beni non bastano, i creditori insoddisfatti potranno rivalersi solo sui soci entro i limiti suddetti.

La liquidazione semplificata

Accanto alla liquidazione ordinaria esiste anche la liquidazione semplificata (introdotta dalla normativa di contrasto all’evasione). Si tratta di una procedura più veloce e snella, riservata alle SRL piccole e sane (senza dipendenti, con fatturato e attivi contenuti, e soprattutto senza debiti rilevanti). In pratica, le piccole SRL possono scegliere la liquidazione semplificata (spesso gestita in forma societaria semplificata) per chiudere l’attività con meno formalità (per esempio, non è necessario il notaio se tutti i soci approvano e non ci sono creditori che si oppongono). Tuttavia, se l’azienda ha debiti significativi, la liquidazione semplificata non è adatta: come osserva un noto commentatore, questa procedura «è particolarmente utile per le società che non hanno debiti importanti». Se invece ci sono esposizioni rilevanti, si ricorrerà alla liquidazione ordinaria o alle altre soluzioni (vedi oltre).

Liquidazione giudiziale (ex fallimento)

La liquidazione giudiziale (ex “fallimento”) è una procedura concorsuale prevista dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) per le imprese commerciali insolventi. Essa interviene quando l’impresa non è più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni (stato di insolvenza) e i debiti scaduti superano la soglia di €30.000. Dal 15 luglio 2022 il fallimento è dunque stato sostituito dalla liquidazione giudiziale, anche se per i procedimenti pendenti prima di tale data si applica ancora la vecchia legge fallimentare.

Presupposti di apertura: Possono essere dichiarate in liquidazione giudiziale le società di capitali (inclusa la S.r.l.) e gli imprenditori commerciali non «piccoli» (secondo i parametri di legge: attivo patrimoniale annuo >€300.000, ricavi >€200.000, debiti >€500.000 negli ultimi 3 esercizi). Sono esclusi i piccoli imprenditori sotto soglia, le società di persone (tranne se eccedono i limiti) e gli imprenditori agricoli. A differenza della liquidazione ordinaria, la liquidazione giudiziale non è una scelta: può essere chiesta da chiunque abbia legittimo interesse, in particolare dal debitore stesso, da un creditore, dal Pubblico Ministero o da autorità vigilanti, dinanzi al Tribunale competente secondo il centro principale degli interessi del debitore.

Iter procedurale: Il Codice della crisi prevede un iter unitario per tutti gli strumenti concorsuali (concordato, accordi di ristrutturazione, composizione negoziata, liquidazione). Dopo il deposito del ricorso, il Tribunale convoca il debitore e gli altri partecipanti a un’udienza, chiedendo anche informazioni sulla situazione debitoria (ad es. banche dati Agenzia delle Entrate). Se il giudice rileva gli elementi necessari (insolvenza e debiti ≥€30.000), con sentenza dichiara aperta la liquidazione giudiziale, nomina il curatore e il giudice delegato, e fissa l’udienza per l’esame dello stato passivo, assegnando un termine per la presentazione delle domande di ammissione al passivo. I creditori notificano le proprie domande (attenendosi al termine perentorio). Il curatore provvede inoltre a dare pubblicità alla procedura (es. affissione sui registri, Informativa alla Camera di Commercio) e a informare i creditori (artt. 365-367 CCII).

Effetti: Con la dichiarazione di apertura il debitore perde l’amministrazione e la disponibilità del patrimonio. Non può più compiere atti dispositivi eccetto quelli ordinari necessari alla conservazione del patrimonio o su autorizzazione del giudice. Sono vietate ai creditori azioni esecutive individuali sui beni sociali, perché la soddisfazione avviene in concorso tra tutti i creditori (principio della par condicio creditorum) secondo l’ordine di prelazione legittimo (privilegi, garanzie ipotecarie, crediti chirografari). Gli atti compiuti prima dell’apertura (in bonis) possono essere revocati se pregiudizievoli (azione revocatoria fallimentare). In caso di liquidazione giudiziale di società di persone (s.n.c., s.a.s.), l’apertura si estende anche ai soci illimitatamente responsabili.

Il curatore liquidazione ha il compito di accertare il passivo, vendere i beni sociali (o quote/fondi), recuperare crediti e poi distribuire il ricavato ai creditori ammessi al passivo. Il curatore redige lo stato passivo e poi il prospetto di riparto, secondo le norme sulla graduazione (c.c. 2740 ss., art. 155 e ss. D.Lgs. 14/2019). Terminata la procedura concorsuale, il Tribunale dichiara lo stato di liquidazione chiusa e dispone la cancellazione della società dal Registro delle imprese.

Il grande vantaggio per il debitore nel liquidazione giudiziale era storico: ottenere l’esdebitazione dopo 3 anni (art. 142 CCII) se soddisfa determinate condizioni (ad es. creditori pagati secondo il piano, assenza di condanne penali legate al fallimento). L’esdebitazione consente di cancellare le residuo passività, garantendo al soggetto insolvente la possibilità di ripartire senza il peso dei debiti residui (anche verso l’Erario) per i quali non sia stato corrisposto almeno un terzo o pagato il debito fiscale.

Confronto tra liquidazione ordinaria e liquidazione giudiziale

Le due tipologie di liquidazione – volontaria e giudiziale – hanno scopi simili (chiudere l’azienda, liquidare il patrimonio) ma procedimenti e effetti diversi. Di seguito alcuni confronti salienti:

  • Iniziativa:
    • Ordinaria: deliberata dagli organi sociali (assemblea dei soci) quando la società è ancora in bonis o si vuole liquidare volontariamente.
    • Giudiziale: imposta dal Tribunale (su istanza di debitore/creditore/PM) quando la società è in stato di insolvenza conclamato.
  • Requisiti:
    • Ordinaria: basta la delibera dei soci; non è richiesto un livello minimo di debiti o perdita. Adatta anche a società solventi.
    • Giudiziale: richiede (1) imprenditore commerciale “non piccolo”, (2) stato di insolvenza (debiti scaduti non pagati), (3) debiti ≥€30.000. Se mancano i presupposti, il Tribunale respinge l’istanza.
  • Procedura:
    • Ordinaria: extra-giudiziale, gestita dal liquidatore nominato dalla società. Nessuna udienza; si segue l’iter amministrativo della Camera di Commercio.
    • Giudiziale: procedimento in tribunale, con requisiti di legge; convocazione delle parti, audizione del debitore, eventuali opposizioni di creditori, sentenza di apertura, ecc. Si articolano fasi di esame passivo, vendite sotto supervisione, e adempimenti giudiziari.
  • Amministrazione e poteri:
    • Ordinaria: il liquidatore subentra all’amministrazione societaria nell’ambito della liquidazione, ma la società resta formalmante in carica fino alla cancellazione. I soci possono deliberare direttamente le scelte principali.
    • Giudiziale: l’amministrazione e la disponibilità del patrimonio passano totalmente al giudice delegato e al curatore. Gli organi sociali perdono ogni potere di gestione.
  • Soddisfazione dei creditori:
    • Ordinaria: il liquidatore paga i debiti con l’attivo realizzato; se l’attivo non basta può chiedere ai soci di integrare risorse personali o chiamare i creditori a concordare. Non esiste una rigorosa graduatoria di pagamenti obbligatoria come in fallimento, ma in pratica si segue comunque l’ordine dei privilegi (per trasparenza e correttezza).
    • Giudiziale: tutti i creditori si ammettono al passivo e concorrono in base alla graduazione prevista. Solo i creditori con privilegi garantiti (bancari ipotecari, privilegiari, dipendenti, erariali secondo priorità, chirografari ecc.) vengono pagati per legge con certezza degli importi/rank. I creditori privilegiati hanno diritto di essere soddisfatti per primi prima degli altri.
  • Responsabilità ulteriori:
    • Ordinaria: i soci rispondono pro quota dei debiti residui (successione ex art. 2495 c.c.) se l’attivo non li esaurisce, mentre il liquidatore risponde solo per colpa.
    • Giudiziale: con l’apertura, la società si considera cessata e i creditori agiscono solo sul patrimonio emerso dalla liquidazione. Restano comunque applicabili le regole dell’art.36 DPR 602/1973: il liquidatore e gli amministratori potrebbero essere chiamati a rispondere (anche personalmente) per tributi non pagati finché c’è stata attività di liquidazione. I soci delle s.r.l., dopo la cancellazione, subentrano nei debiti tributari residui solo nei limiti del fenomeno successorio (art.2495 c.c.).

Riassumendo, nella liquidazione ordinaria la società chiude in modo amichevole, con il controllo interno dei soci; nella liquidazione giudiziale si attiva una procedura coattiva statale per equa ripartizione del patrimonio dell’impresa insolvente. Entrambe portano alla cancellazione finale della società, ma con dinamiche e tutele diverse.

Aspetti fiscali e contributivi in fase di liquidazione

Durante la liquidazione, l’impresa deve adempiere a obblighi fiscali particolari. In generale, fino all’estinzione formale della società il liquidatore resta soggetto passivo IVA e IRES, e deve gestire le dichiarazioni e i pagamenti come segue:

  • IVA:
    • Il liquidatore deve trasmettere l’ultima liquidazione periodica IVA (LIPE) del trimestre in cui avviene la cessazione della partita IVA. Se tale LIPE risulta a debito, si versa normalmente l’IVA dovuta. Se risulta a credito, è possibile continuare a presentare le LIPE successive fino alla fine dell’anno per ottenere il rimborso. L’anno successivo va presentata la dichiarazione IVA relativa all’anno di cessazione, entro le scadenze ordinarie.
    • In pratica, ogni periodo d’imposta (annuale e IVA) viene suddiviso in due sotto-periodi: ante-liquidazione e in liquidazione. Si fanno due dichiarazioni (come descritto di seguito per IRES/IRAP) ma anche un’ultima dichiarazione IVA annuale.
  • Imposte sui redditi (IRES, IRAP, ecc.):
    • L’anno fiscale è diviso in periodo ante-liquidazione (dal 1° gennaio al giorno precedente l’iscrizione in C.C.I.A.A. della delibera/ordinanza di scioglimento) e periodo di liquidazione (dal giorno della liquidazione al termine della stessa o al 31/12). Vanno presentate due dichiarazioni separate:
      • Una dichiarazione dei redditi e una IRAP per il periodo ante-liquidazione, secondo i modelli dell’anno in cui è iniziata la liquidazione.
      • Una dichiarazione dei redditi e una IRAP per il periodo di liquidazione vero e proprio, che vanno presentate con i modelli e le scadenze previsti per la normale dichiarazione dell’anno successivo (se la liquidazione termina nell’anno fiscale successivo).
    • I versamenti IRES/IRAP risultanti da entrambe le dichiarazioni devono essere effettuati entro 6 mesi dal termine del rispettivo periodo d’imposta.
  • Obblighi del sostituto d’imposta:
    • Se nel corso della liquidazione la società continua a pagare salari, stipendi o ritenute, il liquidatore deve effettuare i versamenti dei contributi e ritenute come un normale sostituto d’imposta, fino alla formale chiusura dell’attività.
  • Tributi locali (IMU, TARI, addizionali): in genere non sono coinvolti nella concorrenza fallimentare e non possono essere transatti in concordato preventivo. Vanno pagati fino alla chiusura (il curatore o liquidatore può chiedere il rimborso di eventuali rate già versate dopo l’avvio della liquidazione).

In sintesi, anche se la società è in liquidazione, il liquidatore deve continuare a gestire la contabilità fiscale fino all’estinzione. Come sottolinea un’analisi specializzata, gli adempimenti fiscali non terminano con la cancellazione: sono previsti numerosi obblighi anche nel periodo successivo al termine della liquidazione.

Debiti verso Agenzia delle Entrate

I debiti fiscali residui emersi in liquidazione (imposte non versate, accertamenti, cartelle, ecc.) costituiscono crediti ammessi al passivo concorsuale, o vanno indicati nel bilancio finale. Se alla fine della liquidazione rimangono debiti tributari non saldati, questi sopravvivono alla società ed entrano nel fenomeno successorio verso gli ex soci. È il punto precisato da Cassazione: i soci di una SRL rispondono dei debiti tributari preesistenti anche se non hanno percepito utili in liquidazione. La Corte di Cassazione (ordinanza 20840/2023) ha affermato con forza che alla cancellazione dell’ente «i soci diventano responsabili dei debiti maturati nei confronti dell’Erario» a titolo di successione (art.2495 c.c.), indipendentemente dall’aver ricevuto o meno riparti. Ciò significa che i debiti tributari (IVA, IRPEF, IRES, ecc.) sopravvivono alla società estinta e possono essere richiesti ai soci nei limiti delle somme ricevute. Ad esempio, se un socio non ha percepito nulla (nessun avanzo), quel creditore (salvo casi particolari) non avrà a chi chiedere; ma se ha percepito X euro, può essere chiamato a rispondere fino a X.

Altra fonte di responsabilità fiscale è l’art. 36 del DPR 602/1973: secondo questa norma, il liquidatore (e gli amministratori) sono personalmente obbligati per i tributi non pagati dall’azienda, se sono ricorrenti determinati presupposti (ad es. condotta fraudolenta nel ritardare i versamenti). In altre parole, oltre al fenomeno successorio sui soci, rimane aperta la responsabilità del liquidatore (anche di fatto l’ex amministratore) per il mancato versamento di imposte dovute. In sintesi: in fase di liquidazione i tributi attesi devono essere versati o, se si vuole evitare il debito, si può valutare un accordo con l’Agenzia (es. transazione fiscale, definizione agevolata o rateizzazione).

Debiti verso INPS ed enti previdenziali

Anche i debiti contributivi e assistenziali (INPS, INAIL) vanno inseriti nel passivo della liquidazione come crediti previdenziali. Per questi crediti, l’art. 88 del Codice della crisi (ex art. 182-ter L.F.) permette la transazione contributiva analogamente a quella fiscale: i contributi INPS/INAIL possono essere compresi nei piani di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione e fissati su percentuali ridotte. In liquidazione ordinaria volontaria, però, i contributi maturati devono essere versati dal liquidatore secondo le ordinarie scadenze (mensili o trimestrali) fino alla chiusura dei rapporti di lavoro. In ogni caso, è buona norma verificare subito la regolarità contributiva o richiedere piani di rateizzo/cancellazione per non far lievitare sanzioni e interessi durante la liquidazione.

In definitiva, dal punto di vista fiscale continuativo, la liquidazione non crea un’eccezione: si chiude l’esercizio contabile separato, si fanno dichiarazioni separate per periodo ante e periodo di liquidazione, si chiude IVA e partita IVA, si estinguono gli obblighi di sostituto d’imposta e sostanzialmente si assolvono tutti gli adempimenti fino all’ultimo giorno. I debiti non pagati restano nel quadro concorsuale o passano ai soci, mentre possibili inadempienze (in particolare tributarie) possono essere gestite con strumenti come la transazione fiscale o le definizioni agevolate del contenzioso, descritte più avanti.

Strumenti alternativi alla liquidazione

Prima di decretare la fine dell’impresa, è essenziale considerare eventuali soluzioni alternative volte al risanamento dell’attività o alla gestione ordinata del debito, che possano evitare o differire la liquidazione definitiva. Le più rilevanti sono:

  • Concordato preventivo: è una procedura concorsuale in cui il debitore propone ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti (con continuità o in liquidazione). Nel concordato in continuità aziendale l’impresa prosegue l’attività e propone di rimborsare parzialmente i crediti attraverso un piano commerciale; nel concordato liquidatorio il piano consiste in una vendita del patrimonio. Entrambe le formule possono includere una transazione fiscale e contributiva, ovvero un accordo con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS per ridurre i debiti pubblici e rateizzarli, purché ciò sia «conveniente» rispetto alla liquidazione (cioè i creditori pubblici ricevano almeno quanto avrebbero in liquidazione). Il concordato richiede l’omologazione del Tribunale: i creditori (privati e pubblici) devono approvare il piano con determinate maggioranze, oppure – in caso di mancata adesione del Fisco – il giudice può omologare ugualmente se si dimostra il rispetto dei requisiti (cd. cram-down fiscale). Un vantaggio è che, se l’accordo viene onorato, i debiti falcidiati si estinguono definitivamente. Gli svantaggi sono la complessità procedurale e l’ampia pubblicità (potenziale perdita di commesse).
  • Accordi di ristrutturazione del debito: ex art. 63-64 CCII, sono procedure in cui il debitore negozia con i creditori (anche pubblici) un piano di risanamento fuori dalle aule dei tribunali, ma con validità legale solo se omologato dal Tribunale che verifica le condizioni di regolarità e «convenienza» per i creditori (applicabili solo alle società non piccoli). Dal 2023 esistono regole specifiche che consentono di inserire transazioni fiscali anche qui, con soglie minime di soddisfazione dei creditori pubblici (ad es. almeno 30-40% del debito) e facoltà del Tribunale di omologare forzatamente accordi ritenuti idonei.
  • Composizione negoziata della crisi (art. 23 CCII): è una procedura extragiudiziale rivolta alle PMI in crisi. Un organismo di composizione (come un professionista incaricato) assiste l’impresa nella redazione di un piano di risanamento, che può includere anche una proposta di transazione fiscale. L’impresa chiede al tribunale il decreto di omologa del piano (senza quorum ministeriale), ma con controllo dell’attestatore sulla sostenibilità. Il decreto correttivo-ter (DLgs 136/2024) ha confermato la possibilità della transazione fiscale anche in sede di CNC, escludendo però esplicitamente i contributi previdenziali.
  • Accordi stragiudiziali e definizioni agevolate: al di fuori delle procedure concorsuali esistono strumenti per risolvere controversie tributarie e contributive in modo “amichevole”:
    • Definizione agevolata delle liti tributarie (art.6 DL 119/2018, conv. L.197/2019) consente di estinguere in via straordinaria le cause pendenti pagando percentuali ridotte del valore del contenzioso (es. 40% se l’Agenzia è soccombente in primo grado, 15% in secondo grado). L’adesione a tali definizioni (c.d. “pace fiscale”) riduce il contenzioso pregresso senza ricorrere al concordato. Similmente, il DL 160/2019 ha previsto una pace contributiva per debiti INPS.
    • Transazione fiscale tout court: anche senza convenzione con i creditori, l’impresa può sempre chiedere all’Agenzia un accordo di saldo e stralcio (nei limiti di legge), o negoziare con l’INPS riduzioni e rateizzazioni previste (es. Legge di Bilancio 2023 e successive).
    • Accertamento con adesione: chiusura diretta delle cartelle attuali tramite pagamento dilazionato.
    • Cessione del ramo d’azienda a terzi: in casi di crisi, vendere l’azienda o ramo a un acquirente terzo estinguendo alcuni debiti con il ricavato, in modo da spostare rapporti contrattuali (ma attenzione alla continuità dei debiti).
  • Piani di risanamento attestati (art. 67 CCII): anche senza procedura concorsuale è possibile un accordo tra società e creditori (necessita almeno 60% dei voti dei creditori ammessi) per un piano di ristrutturazione non omologato dal tribunale, basato sulla continuità aziendale. Il piano è depositato in tribunale con relazione di un professionista che ne attesti l’attuabilità.
  • Liquidazione controllata e sovraindebitamento (per persone fisiche): per imprenditori individuali o piccoli imprenditori insolventi esistono specifiche procedure (liquidazione controllata o accordi del debitore), ma non applicabili alla S.r.l. a responsabilità limitata.

Le alternative richiedono spesso l’assistenza di professionisti (avvocati, commercialisti) per valutare convenienza e vincoli legali. Ad esempio, in un concordato con continuità l’impresa propone un piano e il bilancio di previsione; se l’accordo convince l’attestatore e i creditori, la società può sopravvivere pagando solo percentuali del debito, secondo le condizioni concordate. Nei casi in cui il salvataggio non sia possibile, l’unica via rimane la liquidazione definitiva. In ogni caso, esplorare tutti i rimedi (anche fiscali come quelli sopra) può talvolta consentire una liquidazione meno onerosa o perfino il recupero dell’attività.

Tabelle riepilogative

Per facilitare il confronto tra le opzioni di gestione della crisi, riportiamo di seguito alcune tabelle riassuntive.

Tabella 1. Differenze tra liquidazione ordinaria e liquidazione giudiziale.

AspettoLiquidazione ordinaria (volontaria)Liquidazione giudiziale (fallimento)
IniziativaDelibera dei soci, assemblea straordinaria.Istanza tribunale (creditore, debitore, PM, autorità).
PresuppostiNessuna soglia minima, basta delibera di scioglimento (art. 2484 c.c.).Insolvenza con debiti >€30.000 e debitore non “piccolo”.
AmministrazioneLiquidatore nominato dai soci subentra amministrazione societaria.Curatore nominato dal Tribunale prende l’amministrazione.
ProcedureExtra-giudiziale, amministrativa, senza udienze.Procedura giudiziaria con udienze, esame passivo e sentenze.
ScopoChiusura societaria ordinata, pagamento creditori con attivo disponibile.Soddisfazione dei crediti nell’ordine di prelazione, anche con realizzo forzato.
Gestione dell’attivoIl liquidatore realizza i beni in autonomia con accordo soci.Il curatore realizza i beni sotto controllo del giudice delegato.
Riparto creditoriOrdinaria (creditori pagati con quanto disponibile, eventuale sostegno soci).Concorso tra creditori: privilegiati, garanti, chirografari secondo legge.
Responsabilità sociSolo per i debiti residui pro quota (art.2495 c.c.).Solo i creditori privilegiati sono totalmente soddisfatti, soci eventualmente per successione residua (come ordinaria).
Responsabilità liquid.Liquidatore risponde solo per colpa (art.2495 c.c.).Curatore/adm. responsabile se illecito (art.36 DPR 602/73), ma non primario imputato.
Trasparenza fiscaleDebiti fiscali inseriti in bilancio finale, successione tributaria ai soci.Debiti fiscali ammessi al passivo; art.36 DPR 602/73 conserva efficacia.
DurataDipende operazioni; può essere breve se liquida tutto, o protrarsi se emergono passività.Mediamente più lunga (anni), con adempimenti procedurali ufficiali.

Tabella 2. Esempi numerici di liquidazione (semplificati).

EsempioAttivi (€)Debiti (€)Socio versa (€)Pagato creditoriRestante ai sociNote
Alfa Srl100.00080.000080.000 (100%)20.000Liquidazione ordinaria di SRL solvibile.
Beta Srl50.000200.000150.000200.000 (100%)0Soci versano €150k per coprire il disavanzo.
Gamma Srl100.000500.0000100.000 (20%)0Liquidazione giudiziale (fallimento), creditori pagati 20%.

(Fonte: esempi adattati da Avv. Cartella Sattoriali).

Tabella 3. Debiti fiscali e contributivi in liquidazione.

DebitoTrattamento in liquidazione ordinariaProcedura di riferimento
IVAVersamento saldo e acconti fino alla chiusura; ultima LIPE del trimestre di chiusura; restituzione eventuale credito residuo (LIPE successive + dich. IVA finale).Liquidazione volontaria; se concordato, in transazione fiscale può farsi “marcare” al 100%.
IRES/IRAPDue dichiarazioni (periodo ante e periodo liquidazione) e versamento scorporato entro 6 mesi dalla fine d’esercizio.
Tributi locali (IMU, TARI)Devono essere pagati (non transigibili in concordato); crediti locali non ammessi in transazione CCII.
Contributi INPS/INAILVersati normalmente fino alla chiusura; possono essere inclusi nella transazione fiscale (art.88 CCII).
Sanzioni e interessi fiscaliPossono essere azzerati o ridotti solo tramite transazione fiscale o definizione agevolata.
Responsabilità fiscaleI soci rispondono pro quota (ex art.2495 c.c.) per tributi residui; il liquidatore risponde (art.36 DPR 602/1973) se in frode.

Esempi pratici di liquidazione e accordi (simulazioni)

Affrontiamo ora simulazioni concrete per illustrare l’applicazione delle procedure nel contesto italiano. I seguenti esempi, pur semplificati, tengono conto delle regole indicate e dei possibili accordi con enti fiscali e previdenziali.

  • Simulazione A: Liquidazione volontaria in pareggio. Una SRL con attivo €150.000 e debiti complessivi €150.000 decide di chiudere. I soci nominano un liquidatore, che realizza esattamente €150.000 di crediti e merci. Con queste risorse il liquidatore paga tutti i debiti al 100% (fornitori, banca, tasse). Non rimane nulla da distribuire e la società si cancella: nessun creditore rimane insoddisfatto. Ogni adempimento fiscale (dichiarazioni IVA/IRES/IRAP) sarà regolarmente assolta per metà anno. Effetto: i soci evitano procedure concorsuali, ma non ricavano alcun proventi dalla liquidazione. Dopo cancellazione, eventuali richieste di tributi emersi dopo la chiusura (es. un accertamento) possono essere avanzate contro i soci solo nei limiti di eventuali utili già percepiti (che qui sono zero).
  • Simulazione B: Liquidazione con ricorso al ricapitalizzo. Una SRL operava in perdita: attivo €80.000, debiti €120.000. I soci vogliono evitare il fallimento e versano volontariamente €40.000 nel patrimonio aziendale. Dopo la nomina del liquidatore e la vendita dell’attivo, entrano €120.000 totali (80k + 40k di mezzi propri). Il liquidatore paga tutti i debiti integrali (100%), la società viene cancellata con tutti i creditori soddisfatti, e non rimane avanzo agli azionisti. Osservazione: questa strategia permette di liquidare la società «in bonis», ma richiede che i soci dispongano di fondi propri. Dal punto di vista fiscale, i €40.000 conferiti non generano imposte aggiuntive; tuttavia, i soci non recupereranno alcunché da questa spesa, perché la liquidazione è completa.
  • Simulazione C: Transazione fiscale in concordato continuativo. Supponiamo un’impresa in grave crisi, con debiti fiscali e previdenziali consistenti. La società ha debiti IRPEF per €100.000 (stipendi non versati) e contributi INPS per €50.000. Proporzionalmente, ha anche imposte IRES/IVA in carico. Il management decide di avviare un concordato preventivo in continuità e propone un piano di transazione fiscale: l’accordo prevede di pagare solo il 40% di ciascun debito pubblico, dilazionato in 5 anni con rate costanti. L’attestatore verifica che in alternativa, liquidando l’azienda, l’Agenzia e l’INPS riceverebbero forse solo €30.000 complessivi. Poiché 40%×(100+50)=€60.000 è superiore a €30.000, il piano rispetta il criterio di convenienza fiscale. L’assemblea dei creditori (compresi banche e fornitori) approva la proposta. Anche se Agenzia Entrate e INPS non votassero a favore, il Tribunale può omologare comunque il concordato con il cram-down fiscale, vincolando l’erario al piano. Alla fine, la società estingue i debiti fiscali con un versamento complessivo di €60.000 anziché €150.000, ottenendo così un abbattimento del 60% (di sanzioni e interessi). Questo esempio illustra l’efficacia della transazione fiscale: il debito residuo concordato si estingue all’omologa del concordato, dando respiro all’impresa in crisi.
  • Simulazione D: Definizione agevolata del contenzioso. Un ex commercialista chiude la sua SRL e constata due cause tributarie pendenti (una vinta e una persa dall’Agenzia). Il valore delle lite è complessivamente €50.000. Utilizzando la definizione agevolata delle liti pendenti (art.6 DL 119/2018), decide di aderire pagando percentuali agevolate: se l’Agenzia è soccombente in primo grado paga il 40% del valore della lite (qui €20.000), se in secondo grado il 15%. In caso di “reciproca soccombenza”, come prevede la norma, pagherà il 100% sulle somme che gli sono state accertate a suo carico e solo il 40% su quanto dovuto all’Agenzia. Supponendo che all’Agenzia competano €30.000 di lite e allo Studio solo €20.000, pagherà 40% di €30.000 (ossia €12.000) più il 100% di €20.000 (ossia €20.000), per un totale di €32.000 anziché €50.000 originari. Ciò riduce sensibilmente l’esposizione residua e chiude il contenzioso, a beneficio sia del debitore sia del fisco.

Questi esempi sottolineano come, nel contesto italiano, la strategia di liquidazione (o di risanamento) debba essere pianificata con attenzione, considerando le conseguenze economiche e legali. Ogni caso concreto può richiedere un mix di soluzioni: in alcuni casi si abbandona l’attività, in altri si cerca di salvarla con piani concordatari o transazioni. L’importante è muoversi con il supporto di un professionista esperto per rispettare le regole civilistiche e fiscali, proteggere i propri diritti e limitare al minimo le responsabilità future.

FAQ (Domande frequenti)

  1. Posso liquidare una SRL anche se ha debiti?
    Sì, la legge non vieta la liquidazione volontaria di una società debitore. Tuttavia, se l’attivo non copre tutti i debiti, si dovranno gestire i creditori insoddisfatti: i soci risponderanno dei debiti residui pro quota, o si potrà considerare un concordato o perfino una dichiarazione di insolvenza se necessario. È consigliabile redigere subito lo stato passivo e coinvolgere i creditori nell’assemblea di liquidazione.
  2. Quali sono gli adempimenti del liquidatore verso il fisco?
    Il liquidatore deve provvedere a tutte le dichiarazioni (IVA, IRES, IRAP, modelli sostituto) relative ai due periodi (ante-liquidazione e liquidazione) secondo le scadenze ordinarie. Deve inoltre versare l’IVA/IRPEF dovuta fino alla chiusura e chiudere la partita IVA. Eventuali debiti tributari vanno inseriti nel passivo. In definitiva, la liquidazione non esonera dagli obblighi fiscali.
  3. I soci rispondono dei debiti della società dopo la chiusura?
    In genere i soci di una SRL rispondono solo nei limiti delle somme ricevute in fase di liquidazione, per effetto della successione pro quota stabilita dall’art. 2495 c.c.. Tuttavia, in caso di liquidazione volontaria con attivo insufficiente, i creditori possono rivalersi sui soci fino a concorrenza del riparto percepito. La Cassazione ha però chiarito che nel calcolare la responsabilità dei soci non importa se abbiano percepito o meno utile: restano responsabili “in base al fenomeno successorio” anche se nulla preso. Se i soci non hanno incassato niente, il creditore può rivalersi solo per l’importo teoricamente spettante.
  4. Quando scatta la liquidazione giudiziale di una SRL?
    La legge prevede che si può chiedere la liquidazione giudiziale se la società è insolvente (non può pagare regolarmente i debiti) e i debiti scaduti ammontano ad almeno €30.000. Se tali condizioni sussistono, un creditore può istanza di fallimento, oppure può farlo direttamente l’amministratore (con riserva) o il PM. Il tribunale pronuncia l’apertura con sentenza e nomina curatore. Prima di arrivare a ciò, l’imprenditore può tentare soluzioni alternative come piani concordatari.
  5. Qual è la differenza tra concordato preventivo e liquidazione?
    Il concordato preventivo è una procedura di risanamento: il debitore propone un piano ai creditori (privati e pubblici) per pagare i debiti parzialmente nel tempo, mantenendo l’attività (concordato in continuità) o liquidando in modo concordato (concordato liquidatorio). Se i creditori lo approvano, viene omologato dal tribunale e impegna tutti. La liquidazione ordinaria, invece, è fine a sé stessa: consiste nello scioglimento e nello scioglimento della società, senza proseguire l’attività. Il concordato tende a salvare il business, la liquidazione lo chiude. In quest’ultimo caso si parla di liquidazione giudiziale quando è coatta dal tribunale per insolvenza.
  6. Cosa succede se dopo la cancellazione emerge un debito non pagato?
    Se un credito emerge dopo la cancellazione della società, il liquidatore o i creditori possono recuperarlo dai soci pro quota solo se quel credito risultava iscritto in bilancio finale. Se il liquidatore non lo ha inserito nel bilancio di liquidazione, si presume che la società vi abbia rinunciato. In pratica, debiti noti non pagati (es. cartelle tributarie emesse prima della cancellazione) possono ancora essere richiesti ai soci entro i limiti del riparto già effettuato. Se invece si tratta di accrediti (crediti da parte della società), questi in teoria vengono trasferiti ai soci in comunione, ma spesso non vengono perseguiti attivamente se ritenuti di difficile recupero.
  7. Cos’è la transazione fiscale e come si usa?
    La transazione fiscale è un accordo tra impresa e Stato per estinguere debiti tributari e contributivi nell’ambito di una procedura di crisi (concordato, accordo di ristrutturazione, composizione negoziata). Si presentano percentuali di pagamento ridotte (p.es. 30-50% del debito) e una tempistica di dilazione. Una relazione tecnica (attestazione) deve dimostrare la convenienza per il Fisco rispetto alla liquidazione. Se l’Agenzia non aderisce ma il concordato è conveniente (criteri del cram-down fiscale), il tribunale può comunque omologare il piano con questi termini ridotti. In sintesi, la transazione fiscale “azera” parte del debito tributario (sanzioni e interessi) concordando col fisco un pagamento inferiore ma certo.
  8. Come considerare i debiti contributivi INPS?
    Come con i tributi statali, l’INPS può partecipare alla transazione fiscale solo se prevista dalla procedura (art.88 CCII li include nei concordati). Fuori dalle procedure concorsuali esiste la definizione agevolata per i debiti INPS (Legge 197/2019). Nella liquidazione ordinaria, il liquidatore continua a versare regolarmente i contributi maturati, ma per debiti pregressi o contestati si possono comunque ricorrere a soluzioni analoghe a quelle fiscali (piani di rientro INPS, conciliazioni).
  9. Tabella del Liquidatore Fallimentare: che importo mi spetta?
    In liquidazione ordinaria i compensi del liquidatore vengono stabiliti dai soci (o dall’assemblea) in assemblea. In liquidazione giudiziale, la legge e il tribunale (Decreto ministeriale 25/1/2012, n.18 e successive tabelle) determinano il compenso del curatore fallimentare in base all’ammontare dell’attivo realizzato e del tempo impiegato. Esistono software gratuiti per calcolare il compenso in base alla procedura.
  10. Gli amministratori pagano i debiti fiscali della SRL?
    Gli amministratori di società di capitali non rispondono automaticamente dei debiti sociali, a meno che non vi sia dolo o colpa grave (che implica responsabilità ex art.2476 c.c.) o specifiche previsioni come l’art.36 DPR 602/1973 per i tributi. Tuttavia, le autorità possono indagare su comportamenti fraudolenti (ad es. occultamento di utili) durante la liquidazione. In linea generale la garanzia è limitata al patrimonio societario, tranne nei casi straordinari sopra indicati.

Riferimenti normativi e giurisprudenziali

Per approfondire i temi trattati, riportiamo di seguito i principali riferimenti normativi e giurisprudenziali citati nel testo:

  • Codice Civile:
    • Art. 2484 e ss. (cause di scioglimento, liquidazione S.r.l. vol.).
    • Art. 2485 (durata e delibera), 2486 (bilanci, cancellazione), 2490 (bilancio finale), 2495 (responsabilità del liquidatore verso i terzi).
    • Art. 2740-2741 (responsabilità patrimoniale), 2309 (privilegi).
  • Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche: D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024, ecc.):
    • Titolo I (strumenti di risoluzione della crisi): art. 2 (definizioni: impresa minore, insolvenza), 23 (Composizione negoziata), 39-53 (accesso a tutti gli strumenti, apertura liquidazione), 67 (accordo di ristrutturazione, piani di risanamento).
    • Titolo IV, Capo III (concordato preventivo): art. 88 (trattamento crediti tributari e contributivi, transazione fiscale nel concordato), art. 112-bis (criteri di convenienza del piano rispetto alla liquidazione), art. 245 (disciplinare il concordato in liquidazione con riferimento alle transazioni).
    • Disposizioni di transizione: dall’apertura di liquidazioni (fallimenti) fino al 15/7/2022 si applicano le regole della legge fallimentare (L. 267/1942) aggiornate.
  • Legge fallimentare (L. n.267/1942, ora in larga parte abrogata):
    • Art. 105 bis (successione crediti), art. 160 (riparto privilegi nel concordato), art. 182-bis e 182-ter (ormai richiamati tramite art. 112-bis CCII), art. 182-octies (accordi di ristrutturazione).
  • DPR 602/1973:
    • Art. 36 (responsabilità personale dei liquidatori e amministratori per tributi non versati durante la liquidazione).
    • Art. 90 (esecutività delle decisioni tributarie nel concordato).
  • Leggi sulla crisi da sovraindebitamento (persone fisiche):
    • L. n.3/2012 (cd. Legge salva-suicidi), in particolare art. 14-undecies (liquidazione controllata del sovraindebitato, ora art. 142 CCII).
  • Normativa fiscale:
    • D.L. 119/2018, art.6 (definizione agevolata delle controversie tributarie).
    • L. 197/2022 (legge di bilancio 2023) – misure transazionali.
    • D.Lgs. 147/2020 (attuazione Direttive UE su fallimenti).
    • Leggi di Bilancio e decreti collegati recenti (es. L. 191/2023, L. 197/2022) che hanno modificato gli istituti di risoluzione della crisi.
  • Giurisprudenza chiave:
    • Cass. civ., ord. 27 luglio 2023 n. 20840 (sez. trib.): i soci di SRL estinta rispondono dei debiti tributari ex art. 2495 c.c., anche se non hanno ricevuto utili in liquidazione.
    • Cass. civ., sez. trib., 19 aprile 2018 n. 9672: orientamento consolidato sulla responsabilità dei soci per debiti tributari preesistenti, indipendentemente dall’aver percepito nulla.
    • Cass. civ., sez. un., 8 giugno 2020 n. 10884: ha ribadito la regola della priorità assoluta dei crediti privilegiati (art. 160 L.F.) nei concordati preventivi, affermando che questi devono essere integralmente soddisfatti prima di falcidiare altri crediti.
    • Cass. civ., ord. 29/05/2024 n. 15054 (sez. I): stabilisce i criteri per determinare lo stato di insolvenza in S.r.l., ribadendo che il legislatore definisce fallibile chi supera le soglie dimensionali e l’insolvenza si manifesta tramite inadempimenti insoluti.
    • Corte Costituzionale, ord. 19 gennaio 2024 n. 6 (nota): ha dichiarato non fondate alcune questioni sollevate sul divieto di estendere oltre 3 anni il sequestro dei redditi del sovraindebitato in liquidazione controllata. (Nota: riguarda le procedure personali, inquadrando l’acquisizione dei beni futuri).
    • Cass. pen., sent. 30 luglio 2024 n. 30532: ha riconosciuto che la “crisi di liquidità” non transitoria (DLgs 87/2024) è causa di non punibilità per l’omesso versamento IVA (caso imprenditore soggetto a monocommittente insolvente).

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