Hai sentito parlare di procedura concorsuale ma non ti è chiaro chi ne è il responsabile, chi prende le decisioni operative o a chi rispondere durante tutto il percorso? Ti stai chiedendo chi gestisce concretamente la liquidazione o il risanamento dell’impresa e quali sono i ruoli coinvolti?
Capire chi è il responsabile della procedura concorsuale è fondamentale, sia se sei un imprenditore in crisi, sia se sei un creditore o un soggetto coinvolto. Ogni procedura – dalla composizione negoziata alla liquidazione giudiziale – prevede infatti figure diverse, con ruoli precisi e responsabilità ben definite.
Ma allora, chi è il responsabile vero e proprio di una procedura concorsuale?
Dipende dal tipo di procedura. In linea generale, possiamo distinguere così:
1. Nella composizione negoziata della crisi, il responsabile operativo è l’esperto indipendente, una figura terza nominata dalla Camera di Commercio. L’esperto ha il compito di assistere l’imprenditore nelle trattative con i creditori, facilitare il dialogo e segnalare quando non ci sono più margini per un risanamento. Non decide, ma ha un ruolo chiave nella gestione e nel monitoraggio del processo.
2. Nella liquidazione giudiziale (ex fallimento), il responsabile principale è il curatore fallimentare, nominato dal tribunale. È lui a gestire il patrimonio della società fallita, a vendere i beni, a redigere lo stato passivo e a ripartire quanto ricavato tra i creditori. Risponde al giudice delegato, che supervisiona la procedura, prende le decisioni più importanti e approva le fasi cruciali (come il programma di liquidazione).
3. Nella liquidazione controllata o nel concordato minore, invece, il ruolo principale è affidato al gestore della crisi, che svolge funzioni simili al curatore ma in un contesto semplificato e spesso per imprese sotto soglia o persone fisiche. In questi casi, il gestore può essere un avvocato, un commercialista o un altro professionista iscritto all’albo dei gestori OCC.
E l’imprenditore o l’amministratore? Ha ancora responsabilità?
Sì. Anche se si avvia una procedura, l’imprenditore deve collaborare, fornire tutta la documentazione, non ostacolare il lavoro dei professionisti e non compiere atti pregiudizievoli per i creditori. In caso contrario, può essere perseguito per responsabilità civili o, nei casi più gravi, anche penali.
Quindi, chi controlla tutto?
In ultima istanza, è il tribunale che ha il potere di avviare, sospendere o chiudere le procedure, approvare piani di riparto e – nei casi giudiziali – vigilare sull’operato del curatore o del gestore. In questo sistema, ogni figura ha un ruolo preciso e controlli reciproci.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto concorsuale, crisi d’impresa e tutela patrimoniale – ti spiega chi è il responsabile della procedura concorsuale, quali sono le figure coinvolte e come possiamo aiutarti ad affrontare ogni fase con consapevolezza e protezione legale.
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Introduzione: Il Codice della crisi d’impresa e le procedure concorsuali
Con il D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in vigore dal 15 luglio 2022) è stato riordinato l’intero sistema delle crisi aziendali, sostituendo la vecchia legge fallimentare del 1942. L’obiettivo dichiarato è favorire la prevenzione e il risanamento dell’impresa, piuttosto che limitarsi alla sua liquidazione. Il Codice incentiva strumenti pre-concorsuali e negoziali, introducendo obblighi di allerta interna/esterna e nuove procedure. In seguito sono stati approvati correttivi: D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024, che hanno apportato modifiche sostanziali. La nostra esposizione tiene conto di tutte le novità normative fino a giugno 2025.
Il Codice distingue due grandi famiglie di procedure: quelle ristrutturali/negoziali (composizione negoziata, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, piani di ristrutturazione, ecc.) e quelle liquidatorie (liquidazione giudiziale e liquidazione controllata). Le principali procedure concorsuali sono:
- Composizione negoziata della crisi – procedura volontaria e stragiudiziale, introdotta come primo rimedio. L’imprenditore può chiedere la nomina di un esperto indipendente (Organismo di Composizione) che assiste nella negoziazione di un piano di risanamento con i creditori, senza ricorrere subito al tribunale.
- Concordato preventivo – procedura giudiziale riservata alle imprese in crisi (di dimensioni più rilevanti), che consente al debitore di proporre un piano ai creditori per ristrutturare debiti e, se possibile, proseguire l’attività. Può essere con continuità (aziende che restano attive) o con liquidazione (liquidatorio). Esistono varianti semplificate per le “piccole imprese”: il concordato minore (o semplificato) riservato a artigiani, piccole SRL, professionisti sotto soglia, che semplifica alcuni adempimenti, e il cosiddetto “concordato in bianco” (domanda di concordato senza piano completo, per guadagnare tempo).
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 ss. CCII) – strumento negoziale in cui l’imprenditore firma con i creditori un accordo di ristrutturazione (ad esempio uno stralcio o una dilazione anche a maggioranza qualificata) che, se approvato dalla maggioranza richiesta, può essere omologato dal tribunale. È uno strumento meno invasivo del concordato, pensato per salvare l’azienda mediante trattative dirette.
- Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (artt. 67 ss. CCII) – piano presentato dal debitore senza accordo preventivo: se convince il tribunale (e i creditori non presentano opposizione di rilievo), viene omologato anche senza la percentuale di sì del 90%. Anziché un accordo negoziale, qui il tribunale valuta l’idoneità del piano a risolvere la crisi.
- Liquidazione controllata (artt. 248-septies ss. CCII) – forma speciale di liquidazione giudiziale riservata alle imprese non fallibili (piccole imprese individuali, SRL sotto soglia di fatturato, ecc.). È una liquidazione “guidata” con liquidatore nominato ma rimane l’obiettivo di ottenere l’“esdebitazione” finale, anche nel rispetto dei tempi e costi più ristretti (es. termine di liquidazione massimo di 1 anno, prorogabile solo su specifici motivi).
- Liquidazione giudiziale (artt. 39 ss. CCII) – sostituto del vecchio fallimento. È la procedura di liquidazione coatta dell’imprenditore commercialmente insolvente con debiti certi e liquidi (almeno 30.000 euro di debiti scaduti). Si applica anche a società, eccetto casi speciali (enti pubblici, start-up innovative ecc.). Dall’apertura della liquidazione, il debitore perde automaticamente l’amministrazione e la disponibilità dei beni (tutti gli atti successivi risultano inefficaci verso i creditori); le pretese creditorie si soddisfano esclusivamente in concorso secondo l’ordine delle cause di prelazione (par condicio creditorum).
Le scelte di procedura dipendono dai dati concreti: natura e dimensioni dell’impresa, entità del debito, valore dei beni, prospettive di rilancio e costo delle diverse strade. Come sottolinea la dottrina, «ogni caso va analizzato attentamente» e «l’errore più grande è aspettare troppo». Agire prontamente (anche attraverso gli strumenti estragiudiziali) è spesso determinante per salvaguardare l’azienda o comunque limitare le perdite.
Le responsabilità del debitore e degli organi: profili generali
In tutte le procedure concorsuali, il debitore (imprenditore, socio o amministratore) e gli organi societari di controllo (consiglio di amministrazione, collegio sindacale, comitato di sorveglianza o organismo di vigilanza 231) sono tenuti a rispettare obblighi precisi. Le violazioni di questi doveri possono dare luogo a responsabilità di varia natura:
- Responsabilità civile: Il debitore può essere chiamato a risarcire i danni subiti dai creditori o dalla massa se ha compiuto atti colposi o dolosi nell’amministrazione aziendale (ad esempio continuazione scorretta dell’attività in stato di insolvenza, distrazioni di beni, omesse comunicazioni). In particolare, gli amministratori e i sindaci possono essere citati dall’organo liquidatario (o dai soci/creditori) ai sensi degli artt. 2393-2394 c.c. (azione sociale di responsabilità) o 2476-2486 c.c. (liquidazione coatta) per i danni arrecati all’impresa. Ad esempio, se gli organi societari proseguono l’attività pur in situazione di dissesto, i creditori possono ottenere la condanna al risarcimento dei danni (art. 2486 c.c.); la cassazione ha osservato che «non è dubbio che l’amministratore risponda dei danni derivanti dalla prosecuzione illecita dell’attività» tra il deposito della domanda e l’apertura della procedura.
- Responsabilità penale: Restano vigenti i reati fallimentari (ora ricodificati nel Codice della Crisi) come bancarotta semplice e fraudolenta. In sintesi: l’imprenditore insolvente in liquidazione può commettere bancarotta semplice (per colpa grave) quando, ad esempio, dopo il dissesto spende in modo irrazionale, aggrava il dissesto volontariamente o omette di presentare la domanda di liquidazione. Commette bancarotta fraudolenta (art. 322 CCII) quando sottrae/dispone fraudolentemente dei beni o falsifica i libri per pregiudicare i creditori, o ancora effettua pagamenti preferenziali (art. 322 c.3 CCII, punito con 1-5 anni). La Cassazione ha confermato che in caso di concordato preventivo la responsabilità penale per bancarotta fraudolenta è equiparata a quella del fallimento: anche chi deposita un concordato e poi commette frodi è perseguibile come un normale bancarottiere. Casi specifici: il perdurato inadempimento fiscale di un amministratore (omessa dichiarazione o pagamento di imposte) può essere qualificato come «operazione dolosa» che determina il dissesto; la Cassazione (sent. 36585/2024) ha ribadito che «il protratto inadempimento delle obbligazioni fiscali e contributive… costituisce comportamento doloso» rilevante in bancarotta fraudolenta. Inoltre, gli organi di controllo (collegio sindacale o sindaci) rispondono penalmente se omettono di segnalare e contrastare il dissesto. Ad esempio, Cass. pen. 10/01/2024 n.1162 ha affermato che se il sindaco, pur avendo conoscenza di condotte illecite da parte degli amministratori, non convoca l’assemblea né fa le segnalazioni dovute, «la sua omissione determina la responsabilità a titolo di concorso nel reato eventualmente commesso dall’amministratore».
- Responsabilità amministrativa (D.Lgs. 231/2001): Se i reati societari o fallimentari di cui sopra vengono commessi «nell’interesse o a vantaggio della società», è configurabile la responsabilità amministrativa dell’ente (sanzioni pecuniarie e interdittive) ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Ciò accade se il modello di organizzazione/controllo è inesistente o inadeguato. In pratica, l’omesso controllo e la gestione negligente da parte dei vertici societari possono integrare i presupposti per sanzionare l’azienda stessa. La giurisprudenza (v. supra Cass. 1162/2024) evidenzia l’ampiezza dei doveri del collegio sindacale (convocare l’assemblea, promuovere azioni di responsabilità, attivare il controllo giudiziario, ecc.): la loro violazione, oltre all’aspetto penale, può far scattare anche le conseguenze del 231 se un reato è stato agevolato dall’inosservanza.
In ogni procedura concorsuale, quindi, il debitore e i suoi amministratori rispondono civilmente per i danni cagionati ai creditori (o al patrimonio sociale) da gestioni errate, penalmente se la condotta integra bancarotta (semplice o fraudolenta) o altri reati (es. omessa tenuta delle scritture contabili, reati fiscali), e amministrativamente se dagli atti omissivi o dolosi emerge un reato societario. Gli organi della procedura (curatore, commissario, tribunale, sindaci) hanno il compito di vigilare, ma anche essi possono incorrere in responsabilità in caso di omissioni gravi. In particolare, il curatore della liquidazione risponde civilmente e penalmente per la propria mala gestio (ad es. omissione nel liquidare l’attivo), e può essere revocato in caso di negligenza (mancato adempimento dei termini legali). Analogamente, i soggetti che assistono il concordato o l’accordo di ristrutturazione (ad es. commissario giudiziale) devono svolgere la loro funzione senza danno per la massa.
Tavole riepilogative delle responsabilità
Per chiarezza, di seguito due tabelle che sintetizzano, per ciascuna procedura concorsuale, le principali responsabilità civili, penali e amministrative del debitore e degli altri organi coinvolti (in alcuni casi in forma abbreviata):
Tabella 1 – Debitore e suoi organi: responsabilità per procedura
Procedura | Responsabilità civile (debito/danni) | Responsabilità penale | Responsabilità amministrativa (231/2001) |
---|---|---|---|
Liquidazione giudiziale | Al debitore/imprenditore sono imputati i danni da atti pregiudizievoli compiuti prima dell’apertura (ad es. operazioni che aggravi il dissesto); tali danni possono essere azionati dal curatore o dai creditori (art. 2476, 2486 c.c.). Dopo l’apertura, il debitore non amministra più nulla. | Il debitore può commettere bancarotta semplice (art. 323 CCII) – e.g. gravi colpe nella gestione che abbiano aggravato il dissesto – e bancarotta fraudolenta (art. 322 CCII) – e.g. distrazioni o falsificazioni finalizzate a danneggiare i creditori. Se omette di tenere regolarmente la contabilità, è punito anch’egli (art.323 c.2 CCII). La Cassazione ha confermato che gli amministratori e i sindaci che proseguono l’attività dopo il dissesto sono responsabili per bancarotta (concorso nel reato). | Se si configura un reato fallimentare nell’interesse dell’impresa, la società rischia sanzioni amministrative 231 (es. se non adotta Modello 231 adeguato). Ad es., l’omesso controllo dei sindaci che permette un reato bancarottistico può tradursi in responsabilità dell’ente. |
Concordato preventivo (compreso “minore”/semplificato) | Il debitore resta in carica e presenta un piano di risanamento; risponde civilmente se fornisce dati falsi o se successivamente provoca danni ai creditori (es. non consegna beni o incassi dovuti). Se poi il concordato fallisce, il curatore (se nom. per liquid.) potrà agire per danni. Gli amministratori devono gestire in coerenza con il piano. La dottrina osserva che dalla presentazione della domanda di concordato il regime di responsabilità ex art. 2486 c.c. viene sospeso: l’amministratore deve attenersi alle previsioni del piano concordatario. | Il debitore può commettere bancarotta fraudolenta “da concordato” (art.236 l.f.; art.322 CCII) se realizza condotte dolose finalizzate a frodare i creditori (Cass. 26886/2024). Ad esempio, l’omesso pagamento di debiti fiscali può essere qualificato come bancarotta fraudolenta (Cass. 36585/2024). Anche bancarotta semplice (art.323 CCII) è possibile se, per colpa grave, il debitore aggrava la crisi (es. evade sistematicamente obblighi finanziari). | Simile al caso generale: se il piano concordatario riscuote consensi, gli stessi principi ex D.Lgs.231/01 si applicano alla società proponente. I modelli organizzativi devono prevedere adeguati controlli; in caso contrario la società può essere sanzionata 231 per reati commessi dai manager (p.es. bancarotta fraudolenta). |
Composizione negoziata | Il debitore negozia un piano di risanamento con l’ausilio di un esperto. Deve agire con buona fede, fornire dati reali e impegnarsi a rispettare l’accordo. In caso di informazioni false o di abusi, può rispondere civilmente (es. revoca o risarcimento danni ai creditori che hanno fiducia nel piano). | Il debitore – trattandosi pur sempre di strumento concorsuale – può incorrere nelle stesse fattispecie penali del concordato (fraudolenta e semplice) se nell’ambito della composizione commette condotte dolose o colpose che pregiudicano i creditori. Ad es. occultare passività o sottrarre risorse alla società configura bancarotta fraudolenta. | Anche qui valgono le regole 231: la società dovrebbe dotarsi di procedure di gestione/controllo, perché in caso di reato (es. frode nell’accordo) la società può rispondere se il fatto è stato agevolato dall’assenza di controlli. |
Accordi di ristrutturazione | Il debitore stipula con i creditori un accordo per ristrutturare i debiti. Deve soddisfare le condizioni pattuite; se le violate senza giustificato motivo (ad es. paga alcuni creditori a scapito di altri), i creditori danneggiati possono agire in giudizio. In genere non vi è vincolo di continuazione aziendale, quindi le azioni di responsabilità sono tipiche del contesto liquidatorio (art.2486 c.c.), eventualmente fatte valere dal curatore. | Se il debitore effettua pagamenti preferenziali per favorire alcuni creditori (classica fattispecie di bancarotta fraudolenta da pagamenti, art.322 c.3 CCII), è punito fino a 5 anni. Inoltre, se falsifica dati o esegue atti dolosi idonei a provocare il dissesto (per effetto di un accordo iniquo), risponde di bancarotta fraudolenta ordinaria. La bancarotta semplice può emergere in caso di colpe nel formare o non rispettare l’accordo. | Identico ai precedenti: l’ente sottoposto all’accordo deve prevenire reati da parte dei propri responsabili. |
Piano di ristrutturazione (omologato) | Simile agli accordi: il debitore propone un piano sottoposto all’approvazione del tribunale. Se lo rispetta, continua l’attività e rischia responsabilità civile solo se l’attuazione provoca danni (ad es. mancato pagamento che danneggia il patrimonio comune). | Anche qui valgono gli stessi reati fallimentari/fraudolenti: il piano può includere pagamenti preferenziali o simulati titoli, integrando bancarotta fraudolenta (art.322), o il debitore può agire con grave colpa per evitare la crisi (bancarotta semplice). | L’imprenditore deve comunque gestire l’impresa in conformità al piano; la mancanza di adeguati controlli esporrebbe la società a sanzioni ex 231 in caso di reato. |
Liquidazione controllata | Procedura speciale per piccoli imprenditori. Il debitore/debitrice perde l’amministrazione e nomina un liquidatore controllato; tuttavia resta responsabile di eventuali danni pregressi o di irregolarità gestionali. Anche qui valgono gli artt. 2476, 2486 c.c.: ad es. un imprenditore che omette di fare l’aumento di capitale o continua l’attività scorrettamente risponde per danni verso i creditori. | Come nella liquidazione giudiziale, l’imprenditore può essere incriminato per bancarotta semplice (art.323 CCII) se, con colpa grave, aggrava il dissesto e ritarda la liquidazione. Se attua comportamenti fraudolenti (es. distrugge beni o contabilità), va incontro a bancarotta fraudolenta. | Analogamente, la società rischia 231 se reati fallimentari (o altri reati collegati alla crisi) sono commessi nell’interesse dell’ente senza adeguata organizzazione di controllo. |
Legenda: Le citazioni in tabella rimandano ai testi normativi e alle pronunce giurisprudenziali pertinenti. Ad esempio, in liquidazione giudiziale il Codice prevede che al debitore «perde l’amministrazione e la disponibilità dei beni», mentre gli artt. 323 e 322 CCII descrivono rispettivamente i reati di bancarotta semplice e fraudolenta. Cassazioni citate evidenziano che tali reati si applicano anche in procedura concordataria e che il collegio sindacale risponde penalmente se omette le misure di vigilanza.
Domande e risposte (casi pratici)
D. “Sono l’amministratore unico di una SRL in difficoltà: il Tribunale mi ha ammesso al concordato preventivo con continuità. Posso ancora essere responsabile della crisi?”
R. Sì. Finché l’azienda resta in concordato (anche se con riserva o in bianco), l’amministratore mantiene i poteri gestionali ma deve operare secondo il piano concordatario. In particolare, la Cassazione e la dottrina chiariscono che con la domanda di concordato vengono sospesi i limiti di perdita del capitale (art. 2486 c.c.) e l’amministratore non deve più preoccuparsi di questi limiti bensì attenersi al piano. Tuttavia, se durante il concordato commette atti dannosi (ad es. incassa risorse e le nasconde, oppure contrattualizza debiti in modo fraudolento) può essere chiamato a risarcire i creditori e rispondere penalmente. Ad esempio, la Corte di Cassazione (Cass. 26886/2024) ha stabilito che per un amministratore che deposita un concordato la condotta fraudolenta resta punibile con il reato di bancarotta fraudolenta, esattamente come nel fallimento. In parole semplici: l’amministratore in concordato deve collaborare pienamente, non può “spalleggiare” una frode ai creditori sotto copertura di un piano di risanamento.
D. “Sono socio di una SRL che non riesce più a pagare i fornitori. Qual è la differenza fra chiedere la liquidazione giudiziale e il concordato preventivo?”
R. L’alternativa dipende dalle caratteristiche della società e dalla gravità della crisi. In linea generale, la liquidazione giudiziale (ex-fallimento) comporta la chiusura dell’attività e la vendita dei beni dell’impresa: il debitore perde ogni controllo, i creditori vengono pagati secondo l’ordine di prelazione e il socio rischia di dover subire danni patrimoniali (ad es. per fideiussioni o violazioni di legge). Nel concordato preventivo, invece, la società rimane in vita e l’amministratore propone un piano di ristrutturazione (con esdebitazione parziale dei debiti o dilazioni) che, se omologato dal tribunale, impegna i creditori a quanto previsto dal piano. Un vantaggio del concordato è mantenere l’azienda in funzione (se economicamente possibile). D’altro canto, il concordato richiede che la domanda sia motivata e i creditori siano coinvolti nella decisione. Come nota la guida di uno studio legale, “ogni caso va analizzato attentamente: dipende dal tipo di impresa, dall’entità dei debiti, dai beni disponibili e dalla possibilità di rilancio. L’errore più grande è aspettare troppo”. In pratica, se l’azienda ha ancora prospettive di ripresa (clienti, fatturato potenziale, beni da valorizzare), conviene valutare un concordato. Se invece la crisi è conclamata (patrimonio netto negativo da tempo, debiti insormontabili), la liquidazione può essere più semplice e rapida. Attenzione: in entrambi i casi, l’adozione tardiva di una qualsiasi procedura può aggravare la posizione degli amministratori: ad esempio, chi non chiede la liquidazione pur vedendo la società insolvente rischia la bancarotta colposa.
D. “Che responsabilità ho se, sotto concordato, l’impresa viene poi dichiarata in liquidazione?”
R. La dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) dopo un concordato può esporre gli amministratori a responsabilità aggiuntive. Se il concordato è decaduto (per mancato rispetto del piano) o è revocato, la procedura passa alla liquidazione giudiziale. In tale fase, si applicano le regole della liquidazione: il debitore perde l’amministrazione e ogni atto posteriore al fallimento è inefficace. Gli atti scorretti compiuti durante il concordato (es. distrazioni di denaro) possono quindi essere impugnati come revocatorie fallimentari, e gli amministratori rispondono verso i creditori per i danni. Inoltre, eventuali comportamenti fraudolenti dei vertici (ad es. non consegnare contabilità completa o occultare passività) integrano il reato di bancarotta fraudolenta, come confermato dalla Cassazione. Quindi, anche se si era in concordato, ogni illecito prosegue sotto il profilo della liquidazione: il debitore/amministratore resta civilmente risarcibile e penalmente perseguibile.
D. “Immaginiamo l’impresa “Beta S.r.l.”, amministrata da Mario Rossi. Ha cinque dipendenti, debiti verso fornitori per 100.000€ e fatture insolute. Decide di richiedere la composizione negoziata della crisi con l’aiuto di un esperto. In questa fase chi decide cosa fare? E quali sono le mie responsabilità?”
R. Nella composizione negoziata, l’imprenditore (qui Mario Rossi) mantiene il controllo dell’attività e lavora insieme all’Esperto indipendente nominato dal Tribunale. In pratica, Rossi predispone una proposta di piano di risanamento (ad es. un programma di pagamenti dilazionati, con stralcio dei debiti) e l’Esperto assiste nella negoziazione con i creditori. Il Tribunale verifica i requisiti e nomina l’esperto, ma non interviene nel merito dell’accordo, a meno che non si chieda autorizzazione a pagamenti del patrimonio immobilizzato. In questa fase il debitore deve fornire dati reali e collaborare pienamente. Se Rossi falsificasse i dati (es. nascondendo parte dei debiti o gonfiando il fatturato), si esporrebbe a responsabilità civile (i creditori potrebbero chiedergli i danni) e penale (potrebbe configurarsi bancarotta fraudolenta). Tuttavia, se opera con buona fede, il rischio penale è più legato alla fase successiva: se il piano fallisce o non viene approvato, entra in gioco la liquidazione giudiziale e ogni frode precedente viene trattata come se fosse avvenuta in fallimento (Cass. 26886/2024). In breve: durante la composizione negoziata, il debitore è “responsabile” del piano e dei conti che presenta; l’esperto svolge attività mediana. In termini legali, Rossi deve rispettare gli obblighi di informazione e diligenza; in caso contrario, rischia azioni di responsabilità (civili/penali) analoghe a quelle previste in una procedura concorsuale formale.
D. “Qual è il ruolo del curatore nella liquidazione giudiziale e quali sono i suoi obblighi?”
R. Con l’apertura della liquidazione giudiziale il Tribunale nomina un curatore (e un giudice delegato). Il curatore gestisce dal primo all’ultimo giorno tutte le operazioni di liquidazione dell’attivo e la distribuzione ai creditori. In particolare, entro 150 giorni dall’apertura deve redigere un inventario dei beni aziendali e un programma di liquidazione; in difetto, il giudice delegato può revocarlo. Al curatore spetta anche predisporre lo stato passivo (valutare e ammettere i crediti), informare i creditori dell’apertura e offrire loro la possibilità di insinuarsi. I debiti censiti vengono pagati in concorso secondo le regole civilistiche. Il curatore è tenuto a gestire con diligenza e correttezza: eventuali negligenze o collusioni sarebbero sanzionate (è responsabile civilmente verso la massa). Viceversa, l’imprenditore-società subisce gli effetti negativi della liquidazione (perdita di amministrazione, divieto di azioni individuali dei creditori).
Simulazioni e scenari di prassi
Per aiutare a comprendere concretamente i concetti esposti, ecco alcuni scenari realistici (con nomi d’impresa fittizi) che evidenziano chi fa cosa e quali responsabilità emergono.
- Caso «TecnoAlfa S.r.l.»: Tecnico è una piccola impresa di meccanica, con patrimonio insufficiente. L’amministratore Gianni Bianchi riceve un avviso di pignoramento da un fornitore per 15.000 €. Decide di non procedere con un concordato (richiede protezione in tribunale), ma deposita l’istanza di liquidazione giudiziale presso il Tribunale delle Imprese. Chi fa cosa: Gianni Bianchi deposita il ricorso; il Tribunale convoca udienza e, accertati debiti e insolvenza, apre la liquidazione giudiziale. Viene nominato il curatore Maria Rossi che, sotto la vigilanza del giudice delegato, raccoglie l’attivo e ripartisce l’attivo secondo le regole. Responsabilità: Bianchi perde ogni potere di gestione già dal momento dell’apertura. Se prima dell’apertura aveva distratto beni dell’impresa (ad es. si è pagato stipendi non dovuti o acquistato cose non inerenti all’attività), potrebbe essere chiamato a rispondere civilmente e penalmente di bancarotta. I creditori soddisfatti a seguito dell’apporto del pignoramento (che era avvenuto prima della liquidazione) conservano il diritto (non rileva per loro la regola che vieta azioni individuali dopo l’apertura; per gli altri vige la concorsualità). Il curatore Rossi dovrà informare i creditori e redigere lo stato passivo entro i termini (30 giorni prima dell’udienza di ammissione). Se la TecnoAlfa era una S.r.l., l’apertura di liquidazione nei confronti della società provoca anche l’apertura per i soci a responsabilità illimitata (art. 140, comma finale CCII). La Corte Costituzionale ha confermato in altri casi che la priorità di liquidazione «pari passu» vale sempre tra creditori concorsuali, anche se qualche creditore deteneva una garanzia reale; si applica il principio di par condicio (Fiscooggi, Cass. 1 ott. 2024).
- Caso «BioGarden S.p.A.»: BioGarden è una start-up agricola con debiti bancari di 1 milione €. Gli amministratori tentano un concordato preventivo con continuità. Presentano in Tribunale un piano basato su vendite future. Durante il concordato, però, scopre-se che i conti erano falsati: erano state inserite fatture fittizie per giustificare il piano. Responsabilità: In questo scenario gli amministratori e il direttore finanziario sono chiaramente responsabili. Dal punto di vista civile, la società (e per essa i creditori e liquidatore) possono agire in giudizio per il danno subìto per le informazioni false. Penalmente, si configura bancarotta fraudolenta “da concordato”: la Cassazione ha confermato che la frode nel concordato è punibile come nel fallimento. L’impresa (sotto 231/2001) rischia inoltre sanzioni amministrative perché i vertici hanno commesso reati nell’interesse della società. Se il tribunale rigetta il concordato, la procedura passa alla liquidazione e ogni fatto illecito commesso sarà trattato come precedente fallimento.
- Caso «ModenaSys Soc. Coop.»: Un consorzio di imprese (soggetto a crisi) chiede l’Accordo di Ristrutturazione ai sensi dell’art. 57 CCII. L’imprenditore proponente, Rossi&Co, convoca i creditori (banche e fornitori) e ottiene il via libera dell’80% dei crediti. Omologa il tribunale. Responsabilità: L’accordo vincola anche i dissententi. Il debitore deve seguire i termini (pagamenti o cessione di beni concordati). Se, durante il piano, decide arbitrariamente di pagare prima un fornitore a scapito degli altri, potrebbe integrare bancarotta preferenziale (art. 322, c.3 CCII); i creditori danneggiati avrebbero titolo per denuncia o reclamo al tribunale. Inoltre, Rossi&Co deve evitare operazioni fraudolente (es. distrazione di patrimonio), altrimenti rischia bancarotta fraudolenta. Gli organi procedurali (tribunale, eventuale commissario) vigilano sul rispetto dell’accordo ma non partecipano direttamente agli effetti civili/penali, che gravano sui soggetti che hanno compiuto gli atti.
- Caso «Sole&Mare S.r.l.» (liquidazione controllata): Sole&Mare è una cooperativa di servizi turistici con fatturato sotto soglia, non rientrante tra i soggetti fallibili. Il Tribunale la mette in liquidazione controllata. Il liquidatore (nom. dal tribunale) deve svolgere le operazioni di liquidazione in maniera ordinata e ottenere l’esdebitazione dei soci. Ruoli: Il commissario delegato fissa le fasi, il liquidatore gestisce l’attivo. I soci perdono l’amministrazione dalla proclamazione della liquidazione. Responsabilità: Come nella liquidazione giudiziale, la cooperativa (e i soci amministratori) rispondono per eventuali atti prefallimentari dannosi (artt. 2476, 2486 c.c.) commessi fino alla data di apertura. Penalmente, valgono gli stessi reati della liquidazione ordinaria: es. bancarotta semplice se i soci non avevano tempestivamente convocato l’assemblea o ritardato artificiosamente l’ingresso in liquidazione; bancarotta fraudolenta se hanno distrutto contabilità o sottratto beni.
Modelli e formulari utili al debitore
Segue una raccolta di modelli esemplificativi (schemi) che il debitore può utilizzare nelle fasi iniziali delle procedure concorsuali. Si tratta di tracce da adattare al caso concreto; ogni modulo va redatto con dati anagrafici fittizi sostituibili con quelli reali:
- Istanza di apertura di liquidazione giudiziale (ex art. 40 CCII): include l’indicazione del Tribunale competente, generalità del debitore, esposizione dello stato di insolvenza e richiesta di dichiarazione di liquidazione. Vanno allegati bilanci, elenco creditori, atto costitutivo, stato patrimoniale, conti amministratori.
- Domanda di ammissione al concordato preventivo (ex art. 77 CCII): inserire dati dell’impresa proponente, tipo di concordato (con continuità/liquidatorio), descrizione sommaria del piano proposto, provvedimenti interinali richiesti (es. sospensione azioni esecutive), copie di bilanci e statuto. Viene presentata in Tribunale e pubblicata agli interessati.
- Domanda di accesso alla composizione negoziata (Legge 19/2019): modulo con dati del debitore (denominazione, sede), dichiarazione di volontà di accedere alla procedura, nominativo dell’esperto indipendente scelto, descrizione della crisi e proposta (piani di rientro, ecc.). Deve contenere anche le informazioni economiche e patrimoniali essenziali (indebitamento, organi sociali) utili all’esperto.
- Istanza per accordo di ristrutturazione: documento con cui l’imprenditore chiede al tribunale di omologare l’accordo già approvato dai creditori; include l’accordo stesso, verbali delle assemblee dei creditori, attestazione di supporto del professionista, elenco creditori aderenti e non.
- Altri formulari utili: comunicazioni formali al tribunale (e.g. per il deposito del piano entro i termini in caso di concordato con riserva), relazioni amministrative da parte del debitore, istanze di prosecuzione dell’attività, ecc. (si consiglia di utilizzare i moduli pubblicati dalle Camere di Commercio o dal Tribunale delle Imprese locale, personalizzandoli in base alla procedura).
> Si ricorda che i moduli devono essere compilati con cura e, di norma, assieme al consulente legale o al professionista incaricato; gli esempi sopra riportati sono indicativi e non esauriscono la modulistica necessaria.
Fonti normative e giurisprudenziali
Gli approfondimenti di questa guida si basano sulle seguenti fonti legislative e giurisprudenziali (norme al 2025; si veda anche l’attuazione dei correttivi 83/2022 e 136/2024):
- Normativa primaria: D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza); D.Lgs. 83/2022; D.Lgs. 136/2024; Legge Fallimentare (R.D. 267/1942) per riferimenti storici; D.Lgs. 231/2001 (responsabilità amministrativa enti); Codice Civile (artt. 2393 ss., 2476 ss., 2486 ss., 2406, 2357, 2359-bis/ter/2496, ecc.).
- Giurisprudenza citata: Cassazione Penale, sez. V – sent. n. 26886/2024 (bancarotta fraudolenta da concordato); Cass. pen., sez. V – sent. n. 36585/2024 (bancarotta fraudolenta per omissione contributiva); Cass. pen., sez. V – sent. n. 1162/2024 (omesso impedimento del dissesto da parte del sindaco); Corte Cost. sent. 183/1962 (par condicio creditorum);
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Conclusione
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