Quando Si Apre Una Procedura Concorsuale?

Hai un’azienda in difficoltà e ti stai chiedendo quando si apre una procedura concorsuale? Temi che la situazione possa sfuggirti di mano e vuoi capire quali segnali indicano che è arrivato il momento di attivare una procedura legale per gestire i debiti?

Le procedure concorsuali non sono solo un passaggio “obbligato” per chi è sull’orlo del fallimento: sono strumenti legali che, se usati per tempo, possono aiutarti a salvare l’impresa o chiuderla in modo ordinato, evitando responsabilità personali.

Ma quando si apre una procedura concorsuale?

La risposta dipende dalla gravità della crisi e dal tipo di procedura. In generale, una procedura concorsuale si apre quando:

– l’impresa non riesce più a pagare regolarmente i debiti;
– c’è un evidente squilibrio economico o finanziario che mette a rischio la continuità aziendale;
– si è in stato di insolvenza o di crisi conclamata, con esposizioni verso Fisco, banche, fornitori o dipendenti.

Quali sono i segnali che non puoi ignorare?

– ritardi sistematici nei pagamenti;
– scoperti bancari che non riesci a coprire;
– pignoramenti, cartelle esattoriali o decreti ingiuntivi;
– capitale sociale azzerato o eroso;
– perdita di fiducia da parte di fornitori e clienti.

Cosa succede se non attivi per tempo una procedura?

Se non agisci, i creditori possono agire singolarmente, portando l’impresa a un’esecuzione forzata disordinata. In più, l’amministratore rischia responsabilità personali, anche penali, per aver proseguito l’attività in una situazione non sostenibile.

Quali procedure si possono aprire?

– La composizione negoziata della crisi, se l’azienda ha ancora margini di salvataggio;
– Il concordato preventivo o minore, per ristrutturare i debiti e continuare l’attività;
– La liquidazione giudiziale (ex fallimento), se non c’è altra via;
– La liquidazione controllata, per ditte individuali o imprenditori sotto soglia.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto fallimentare, ristrutturazioni aziendali e crisi d’impresa – ti spiega quando si apre una procedura concorsuale, quali segnali osservare e come possiamo aiutarti a scegliere la strada giusta per salvare o chiudere l’attività senza rischi personali.

Temi che la tua azienda sia già in stato di crisi? Vuoi sapere se è il momento di aprire una procedura concorsuale e come fare per proteggerti legalmente?

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Introduzione

La procedura concorsuale si apre quando un’impresa o un soggetto non imprenditoriale si trova in insolvenza o in uno stato di crisi irreversibile, non riuscendo più a far fronte regolarmente ai propri debiti. In tal caso, l’ordinamento offre diversi strumenti (concorsuali e stragiudiziali) per disciplinare la crisi e tutelare sia il debitore che i creditori. Le norme chiave sono contenute nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) (D.Lgs. 14/2019, con successive modifiche) e nella Legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012 e ss. mm.ii.). In sintesi, una procedura concorsuale si apre quando ricorrono presupposti oggettivi (es.: debiti scaduti di una certa entità, incapacità di pagare) e soggettivi (imprenditore commerciale o altro soggetto ammesso) previsti dalla legge. Il giudice pronuncia l’apertura con ordinanza o sentenza, a seguito di ricorso del debitore o di altri soggetti legittimati. L’apertura comporta effetti tipici come il spossessamento attenuato o totale del patrimonio, la sospensione delle azioni esecutive individuali e la raccolta dei crediti in concorso (principio della par condicio creditorum). Di seguito esaminiamo i principali istituti concorsuali (liquidazione giudiziale, concordato preventivo e sue varianti, composizione negoziata, sovraindebitamento) e altri strumenti di regolazione della crisi, dal punto di vista del debitore (quando, come, perché aprirli) e con rimandi alle novità normative e alla giurisprudenza aggiornata.

Definizioni chiave: insolvenza, crisi e soggetti

  • Insolvenza: ai sensi dell’art. 2 CCII “il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Si manifesta ad esempio con ritardi nei pagamenti, protesti o pignoramenti. L’insolvenza è presupposto tradizionale delle procedure concorsuali (ex-fallimento) e postula la perdita della continuità finanziaria. Per contrasto, si parla di “crisi” quando, pur non ancora insolvente, il debitore presenta gravi squilibri finanziari prospettici. Il CCII distingue la crisi in termini di probabilità di insolvenza futura (art. 2, lett. a, CCII) rispetto all’insolvenza già presente (lett. b). Ad esempio, il concordato preventivo è accessibile anche in stato di sola crisi (flussi di cassa insufficienti nei prossimi 12 mesi).
  • Sovraindebitamento: è la condizione in cui un soggetto (privato consumatore, libero professionista, impresa sotto soglia) ha un perdurante squilibrio tra obbligazioni e patrimonio liquidabile, restando «incapace di adempiere regolarmente» ai debiti. In pratica, è chi sommerso dai debiti ma non rientra nell’ambito soggettivo delle procedure concorsuali tradizionali. Le soluzioni per il sovraindebitamento (piano del consumatore, liquidazione controllata, concordato minore, ecc.) sono contemplate nel CCII e nella L. 3/2012 aggiornata.
  • Soggetti ammessi: per le procedure concorsuali classiche (liquidazione giudiziale, concordato preventivo) il debitore deve essere un imprenditore commerciale. Sono invece escluse (solitamente) le cosiddette “imprese minori” (piccole attività sotto soglia) e i consumatori, i quali però possono accedere agli strumenti di sovraindebitamento. L’imprenditore agricolo, se commerciale, può rientrare nel concordato o liquidazione giudiziale; altrimenti (es. agricoltore ordinario) potrà utilizzare gli istituti del sovraindebitamento con determinate condizioni. Anche i professionisti (liberi professionisti) sono di norma esclusi dalle procedure concorsuali e ricadono nel regime del sovraindebitamento o del concordato minore, se esercitano attività economica significativa.
  • Tempistica: in linea generale, non occorre attendere l’insorgere di una crisi irreversibile; anzi, è preferibile attivare gli strumenti antifulmine non appena emergono seri segnali di insolvenza o perdita di liquidità. In molte procedure (es. concordato preventivo, composizione negoziata, piano del consumatore) il debitore stesso può presentare istanza in via preventiva, ottenendo misure protettive (sospensione delle azioni esecutive, ecc.) in attesa dell’esito. Ad esempio, dal deposito della domanda di concordato (con richiesta di provvedimenti protettivi) decorre un termine di 12 mesi di sospensione delle azioni esecutive, e nel piano del consumatore il giudice può congelare pignoramenti pregiudizievoli al piano.

Quadro normativo e strumenti di regolazione della crisi

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15.7.2022, con “decreto correttivo-ter” D.Lgs. 136/2024 e successive modifiche) ha riformato la disciplina delle procedure concorsuali, sostituendo l’antico fallimento con la liquidazione giudiziale e ridefinendo il concordato preventivo. Il codice ha anche inglobato e aggiornato le norme sul sovraindebitamento (ex L. 3/2012). Oltre alle procedure giudiziali (liquidazione, concordato), il CCII prevede un percorso unitario di accesso a tutti gli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”: piani attestati, accordi di ristrutturazione, composizione negoziata, ecc. (Titoli IV e V del CCII). In sostanza, prima di arrivare alla liquidazione giudiziale il debitore può cercare soluzioni negoziali assistite dalla legge. Ad esempio:

  • Composizione negoziata della crisi (artt. 12-22 CCII): introduce la mediazione obbligatoria con esperto (no giudice) tra debitore e creditori, conservando al debitore la gestione ordinaria dell’impresa. È strumento flessibile e non concorsuale, finalizzato a trovare un accordo di ristrutturazione o addirittura predisporre un futuro concordato semplificato. L’apertura della composizione negoziata sospende automaticamente (art. 18, c.4 CCII) ogni giudizio di liquidazione giudiziale: il debitore, anche se già insolvente, può continuare le trattative sotto la guida di un esperto.
  • Accordi di ristrutturazione e piani attestati (artt. 56-61 CCII): sono strumenti stragiudiziali con omologa del tribunale a beneficio dei creditori. Ad esempio, un imprenditore può negoziare un accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (art. 57 CCII) ed ottenere l’omologa giudiziale, che rende l’accordo vincolante anche per i dissenzienti. Similmente, ai piani attestati l’attestatore incaricato conferisce validità civile alle trattative e promuove l’esecuzione del piano. Questi strumenti permettono di trattare solo con una parte qualificata dei creditori e velocizzare l’operazione, ma richiedono sempre l’intervento del tribunale per la validazione definitiva.
  • Proroga del termine di deposito (art. 44 CCII): il legislatore ha innovato consentendo al debitore di riservarsi di depositare successivamente (entro termini predeterminati) i documenti integrativi di piano, anche dopo il deposito della domanda. In particolare, l’istanza può essere presentata con riserva di documenti e completata entro 60 giorni (più eventuale proroga), purché non ci siano domande concorrenti di liquidazione. Questa flessibilità aiuta le imprese in difficoltà a guadagnare tempo per predisporre il piano definitivo.

In definitiva, il nostro ordinamento offre una gamma di strumenti di regolazione della crisi graduati: dai più preventivi e negoziali (composizione assistita, piani extra-concorsuali) fino a quelli giudiziali (concordato, liquidazione). Il debitore può scegliere la via più adeguata alla propria situazione, valutando vantaggi e oneri di ciascuno.

Liquidazione giudiziale

La liquidazione giudiziale (ex-fallimento) è la procedura canonica per il debitore commerciale insolvente. Si apre con sentenza del Tribunale quando sussistono i seguenti presupposti:

  • Presupposto soggettivo: imprenditore commerciale (società di capitali, spa/srl, s.n.c., etc.), escluse imprese minori (sotto soglia di dimensione) e start-up innovative. Non può essere applicata alle persone fisiche consumatrici; queste ultime ricadono nella procedura di sovraindebitamento.
  • Presupposto oggettivo: stato di insolvenza. Il debitore deve essere incapace di pagare regolarmente i debiti (vedi definizione art. 2, lett. b CCII). In pratica si richiede la presenza di crediti scaduti e non pagati (per almeno €30.000 di debiti ante-date). Inadempimenti che lasciano presumere l’insolvenza sono indice di avvio della procedura.
  • Istanza di apertura: può essere proposta dal debitore stesso, dal Pubblico Ministero, da un creditore o da enti pubblici di controllo presso il Tribunale del luogo dove il debitore ha il principale centro degli interessi. Il codice del 2019 (con il correttivo-ter 136/2024) ha stabilito che la pedenza di una domanda di liquidazione non preclude l’accesso a strumenti alternativi (composizione negoziata) né impedisce la proroga dei termini di deposito nel concordato.

Il procedimento si svolge in un’unica fase, secondo le regole uniformi del CCII (artt. 39-53). Dopo la convocazione del debitore e dei creditori in udienza istruttoria, il Tribunale, acquisiti i dati sulle posizioni debitorie (anche tramite banche dati fiscali), decide con sentenza. Se sono provati insolvenza e debiti, dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale, nomina il curatore e il giudice delegato, fissa l’udienza di stato passivo e autorizza la presentazione delle domande di ammissione al passivo. Se il debitore è una società con soci a responsabilità illimitata, l’apertura si estende anche verso i soci (art. 27 CCII).

Effetti principali dell’apertura (per tutta la durata della procedura):

  • Spossessamento del debitore: viene meno l’amministrazione e la disponibilità diretta del patrimonio, che passa sotto il controllo del curatore; gli atti compiuti dal debitore sono inefficaci verso i creditori successivi.
  • Effetti sui creditori: i creditori antecedenti (prefiniti alla data di apertura) concorrono alla ripartizione attiva secondo l’ordine delle cause di prelazione (principio di par condicio). Essi non possono avviare o continuare azioni esecutive o cautelari individuali, pena la nullità delle azioni stesse.
  • Revocatoria fallimentare: gli atti compiuti dal debitore «in bonis» ma fraudolenti o pregiudizievoli (per es., preferenze) potranno essere annullati dal curatore tramite azione revocatoria (art. 166 CCII).
  • Prededucibilità: i crediti sorti durante la procedura (o per atti legittimi compiuti dal depositante) sono prededucibili, ossia vanno pagati prioritariamente in caso di distribuzione finale (si tratta principalmente di spese di gestione e altri crediti nati nella procedura).
  • Sospensione delle cause di scioglimento: per le società in liquidazione, vengono sospesi gli obblighi di riduzione del capitale per perdite ed eventuali cause di scioglimento legale fino all’udienza di ammissione (art. 52 CCII).

Durata e costi: la liquidazione giudiziale può durare diversi anni (dipende dall’attivo da liquidare e dai contenziosi), e comporta oneri significativi (onorari del curatore, costi legali e di perizie). Per un imprenditore in crisi, il vantaggio è l’immediata cessazione delle azioni individuali dei creditori e un processo trasparente di distribuzione. Lo svantaggio è la totale perdita di controllo sull’attività (si arriva alla chiusura o vendita forzata dell’azienda) e possibili responsabilità personali se emerge frode.

Quando conviene: la liquidazione giudiziale è la «ultima ratio»: conviene solo quando l’impresa è irrimediabilmente insolvente e non esistono alternative redditizie di salvataggio. L’apertura avviene di norma su istanza esterna (creditori, PM), ma anche il debitore può chiederla (ad es. per evitare il protrarsi di procedure esecutive incontrollate), ottenendo comunque effetti simili di protezione.

Concordato preventivo

Il concordato preventivo è una procedura concorsuale giudiziale alternativa alla liquidazione, finalizzata a consentire all’imprenditore in crisi o insolvente di ristrutturare i debiti proponendo ai creditori un piano (di continuità o liquidatorio) che preveda pagamenti, garanzie o altre modalità di soddisfazione dei creditori almeno pari a quelli ottenibili nella liquidazione. L’obiettivo è duplice: salvaguardare il maggior valore possibile dell’impresa (se in continuità) e la miglior soddisfazione dei creditori.

Tipologie: il CCII disciplina due tipologie principali di concordato:

  • Concordato in continuità aziendale: il piano prevede la prosecuzione, diretta o indiretta, dell’attività d’impresa (anche con cessione o affitto dell’azienda o di un ramo). L’imprenditore (o il terzo acquirente) continua a gestire l’impresa, consentendo la conservazione di posti di lavoro. I creditori possono essere soddisfatti parzialmente dai flussi generati dalla continuità, e il piano può includere finanza nuova, ristrutturazione del debito, ecc.
  • Concordato liquidatorio: il piano prevede invece la cessione dei beni e dei crediti aziendali, la liquidazione del patrimonio e la ripartizione del ricavato. L’imprenditore cessa gradualmente l’attività. È una soluzione utilizzata quando la continuità non è praticabile o conveniente; in pratica sostituisce la liquidazione giudiziale con un piano concordato.

In entrambi i casi il concordato deve garantire una soddisfazione non inferiore a quella ottenibile con la liquidazione giudiziale (principio di convenienza relativa). Il CCII ha inoltre introdotto il concordato liquidatorio semplificato (art. 25-sexies CCII) per i casi residui di crisi dopo la composizione negoziata, che è privo di votazione dei creditori e più snello procedimentalmente (es. no fase di ammissione, no diritto di voto, commissario sostituito da ausiliario).

Presupposti: all’accesso al concordato valgono presupposti simili alla liquidazione (crisi o insolvenza dell’imprenditore commerciale), ma non sono ammessi gli imprenditori minori (sotto soglia patrimoniale e reddituale). In sostanza, possono accedere le imprese di maggiori dimensioni. Il debitore deve essere in stato di crisi o insolvenza (art. 2 CCII), ma non è richiesta una soglia minima di debiti come nella liquidazione (limiti 30.000€ non si applicano al concordato). Anche nel concordato semplificato valgono restrizioni simili: è riservato alle imprese che abbiano tentato invano la composizione negoziata.

Istanza e procedura: il concordato si apre con ricorso motivato del debitore al Tribunale (art. 40 CCII), secondo la procedura uniforme del CCII. È l’unico strumento concorsuale dove solo il debitore può iniziare il procedimento (escluso il creditore, almeno prima dell’ammissione; solo successivamente i creditori con ≥5% debiti chirografari possono presentare piani concorrenti). Il debitore deposita insieme al ricorso la documentazione necessaria (bilanci, dichiarazioni, estratti conto, ecc.) più la proposta di concordato, il piano, e la relazione di un esperto attestatore che ne verifichi fattibilità e convenienza. In alternativa, egli può iniziare la procedura con riserva di documenti, usufruendo di un termine (30-60 giorni, eventualmente prorogabile) per integrare la documentazione.

Con il deposito del ricorso scattano effetti protettivi: i creditori non possono agire individualmente né migliorare il loro grado di prelazione (ad es. iscrivere ipoteche su debiti scaduti). Al tempo stesso, i crediti sorti durante la procedura (per atti leciti del debitore) diventano prededucibili. Tuttavia, a differenza del passato, la mera domanda non sospende automaticamente le azioni esecutive: per sospenderle (massimo 12 mesi) il debitore deve richiedere espressamente la concessione delle misure protettive. Se il tribunale concede tali misure, i pignoramenti e le aste sono congelati fino al termine concordato, dando respiro al debitore.

Il Tribunale, acquisita la documentazione, fissa un’udienza in cui valuta la regolarità formale del ricorso e ammette il concordato con decreto (con nomina del giudice delegato e, per i concordati ordinari, di un commissario giudiziale) se ritiene soddisfatti i presupposti. L’ordinanza di ammissione stabilisce il termine per l’eventuale presentazione di proposte concorrenti da parte dei creditori e convoca l’assemblea dei creditori. I creditori ammessi al voto (classi omogenee di privilegiati, chirografari, ecc.) deliberano sul piano. Per l’omologazione è necessaria la maggioranza del 50% dei crediti ammessi, purché venga rispettata anche la maggioranza delle classi (art. 88 CCII). Se il piano viene approvato e il Tribunale conferma che esso assicura un soddisfacimento equo (anche tramite cram-down dei creditori privilegiati, come consentito dalla legge), emette sentenza di omologa, che rende il piano vincolante per tutti.

Effetti del concordato:

  • Spossessamento attenuato: il debitore conserva la gestione dell’impresa sotto la supervisione degli organi della procedura. Può compiere atti urgenti straordinari solo se autorizzato dal Tribunale (pena inefficacia).
  • I creditori non possono intraprendere azioni individuali (se il Tribunale ha concesso le misure protettive) e i nuovi finanziamenti al debitore diventano anch’essi prededucibili.
  • Il voto dei creditori segue regole precise: per esempio, nei concordati in continuità i contratti essenziali (forniture indispensabili) non possono essere risolti dai creditori per insolvenza finché perdura la procedura. In ogni caso, un creditore garantito può essere pagato solo “fino a concorrenza” del valore reale del bene ipotecato o pignorato (introducendo la “falcidia” anche sui privilegiati).
  • Se il debitore adempie al piano, ottiene l’esdebitazione parziale o totale dai debiti residui (fatti salvi certi debiti di natura pubblicistica come alimenti e tributi).

Vantaggi per il debitore: il concordato permette di evitare la chiusura immediata dell’impresa (come nella liquidazione) e di rinegoziare i debiti in modo ordinato. Consente di mantenere l’attività (soprattutto nel concordato in continuità), proteggere l’occupazione e definire i rapporti con i creditori in modo più flessibile rispetto alla liquidazione. In particolare, con il nuovo codice è possibile ottenere “cram-down” (rimodulazione) dei crediti garantiti, evitando l’alienazione coatta della prima casa o di beni essenziali, purché il piano non sia meno conveniente della vendita forzata.

Obblighi e limiti: il debitore deve offrire almeno quanto i creditori otterrebbero in liquidazione. Deve cooperare fornendo documenti e informazioni al Tribunale, ai creditori e agli ausiliari della procedura. Occorre prestare cauzioni o garanzie se richiesto. Se il piano fallisce per mancati pagamenti, il Tribunale può revocare l’omologa e aprire la liquidazione giudiziale. Inoltre, gli obblighi societari di riduzione di capitale per perdite sono sospesi fino all’omologa, e le delibere societarie ordinarie successive vanno eventualmente annullate se pregiudizievoli per i creditori (controllo giudiziario).

Concordato semplificato: è variante accelerata (DL 118/2021 conv. L.147/2021, art. 25-sexies CCII) riservata ai casi di insolvenza residua dopo la composizione negoziata. Non prevede fase di ammissione, voto dei creditori né ruolo del commissario (sostituito da ausiliario). È più rapido e meno costoso ma comporta la cessione dei beni e uno spossessamento molto stretto del debitore. Il debitore può accedervi solo dopo aver tentato senza esito la composizione negoziata.

Concordato minore: per gli imprenditori non fallibili (sotto soglia) il CCII ha previsto il “concordato minore” (art. 74 CCII). In pratica, equipara a concordato preventivo certe procedure di sovraindebitamento. La proposta di concordato minore può prevedere la soddisfazione dei crediti anche in forma parziale, ed è disciplinata in via residuale dal concordato “maggiore” (art. 74, c.3: si applicano le disposizioni del concordato ordinario non incompatibili). È rivolta ai piccoli imprenditori e professionisti che non possono accedere al concordato preventivo ordinario. In pratica sostituisce l’antico «accordo di composizione della crisi» previsto dalla L.3/2012.

Composizione negoziata della crisi

La composizione negoziata (artt. 12-22 CCII) non è propriamente una procedura concorsuale giudiziale, ma uno strumento di crisi assistita ante-litigation. Il debitore in difficoltà (anche già insolvente) può presentare al Tribunale una istanza di nomina di un esperto indipendente (civile o commerciale) iscritto in un apposito albo regionale. L’esperto media le trattative con i creditori, affiancando il debitore per trovare un accordo o, in alternativa, individuare la fattibilità di un concordato semplificato o di un piano attestato di risanamento. Durante la composizione negoziata, l’imprenditore mantiene pienamente la gestione dell’attività (ordinaria e straordinaria); i limiti all’amministrazione straordinaria si applicano solo in chiave di responsabilità (art. 21 CCII). Si applica in larga misura la disciplina della normale libertà contrattuale: il debitore può ad es. concedere garanzie preferenziali o pagare debiti selettivamente, purché queste scelte risultino concordate nel piano di composizione (atteso che l’art. 24 CCII distingue tra atti “coerenti con le trattative” e quelli preferenziali non concordati).

I presupposti per la composizione negoziata sono più ampi: l’imprenditore deve semplicemente trovarsi in crisi ragionevolmente risanabile (art. 12 CCII), non necessariamente già insolvente. L’istanza può essere proposta dall’imprenditore commerciale, anche in presenza di procedimenti di liquidazione giudiziale (purché non siano conclusi). Il tribunale convoca le parti e stabilisce una lunga fase di trattative riservate, durante la quale può vietare (con provvedimenti cautelari ex art. 18 CCII) nuove azioni esecutive sui beni strumentali. Dopo massimo 6 mesi (prorogabile a 18 totali), l’esperto deposita una relazione finale che può concludere con un accordo (convertito in proposta concordataria) o senza esito.

Gli effetti dell’apertura (art. 18-22 CCII) sono soprattutto di natura protettiva: dal giorno di ammissione non può essere emessa sentenza di liquidazione giudiziale o di accertamento dell’insolvenza. Ciò significa che l’impresa, anche se già insolvente, rimane sospesa dal fallimento giudiziale durante le trattative. Se durante il negoziato si constata l’insolvenza, l’imprenditore deve gestire l’azienda “nel prevalente interesse dei creditori” (art. 21, c.1), ma può proseguire le trattative. Al termine, se non si raggiunge un accordo, il debitore potrà presentare domanda di concordato (ordinario o semplificato). In ogni caso, durante la negoziazione l’imprenditore è tutelato: ad esempio, può ottenere autorizzazione del tribunale per trasferire azienda senza gli effetti civili dell’art. 2560 c.c. (art. 22, c.1, lett. d CCII) o per assumere nuovi finanziamenti prededucibili.

Vantaggi: la composizione negoziata è volutamente flessibile e veloce. Il debitore non cede immediatamente il controllo dell’impresa e può sfruttare tutte le possibilità contrattuali per trattare con i creditori. Ha l’obiettivo di arrivare a un accordo bonario, evitando stigma del fallimento. Se produce un accordo (ad es. un piano di ristrutturazione risanato), l’esperto redige una proposta concordataria che può essere poi omologata. Se non si trova soluzione, l’esperto deposita relaz. che autorizza il deposito di un concordato semplificato (ex art. 25-sexies CCII), garantendo così al debitore un tramite agevole verso la liquidazione volontaria con piano concordatario.

Limiti: la composizione negoziata è applicabile solo a debitori economici (non consumatori) e richiede trasparenza e buona fede. I creditori hanno la facoltà di opporsi (anche giudizialmente) in caso di abuso di questa procedura. Dal punto di vista pratico, non produce automaticamente effetti vincolanti: serve comunque la successiva conferma giudiziale (omologa) per rendere l’accordo effettivo. Inoltre, se non seguita da un buon piano, alla fine l’impresa rischia comunque di dover andare in concordato o liquidazione.

Sovraindebitamento

Il regime del sovraindebitamento si applica ai soggetti “non fallibili” in stato di insolvenza permanente: consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, imprenditori agricoli sotto soglia, ecc. Secondo la legge (e confermato dal CCII) si ha sovraindebitamento quando «un soggetto non fallibile è incapace di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività». In tali casi esistono procedure speciali con finalità analoghe al concordato/fallimento, ma calibrate sulla posizione debitoria del singolo.

Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (Titolo VI CCII) sono quattro:

  1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”, art. 67 CCII): riservato ai consumatori (persone fisiche con debiti scaturiti da spese personali, non da attività imprenditoriale/professionale). È una procedura in cui l’OCC (Organismo di composizione della crisi) aiuta il debitore a predisporre un piano che riequilibri i debiti in base ai redditi futuri. Non serve il voto dei creditori: il Tribunale omologa il piano se ritiene che assicura trattamento non inferiore alla liquidazione. Il piano consente anche ai debitori di «salvare la casa» pagando ai creditori ipotecari un importo almeno pari al loro realizzo nella vendita forzata. Dopo l’omologa il debitore viene liberato dai debiti residui (è prevista l’esdebitazione).
  2. Concordato minore (art. 74 CCII): applicabile ai piccoli imprenditori non consumatori e altri debitori non fallibili (imprese sotto soglia, professionisti, agricoltori ecc.). È concorsuale e simile al concordato ordinario, ma con regole semplificate. La proposta può prevedere pagamenti anche parziali e, in mancanza di disciplina diversa, si applicano le regole del concordato “maggiore”. L’omologa chiude la crisi, con esdebitazione parziale dei debiti residui.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (art. 268 CCII): è la procedura liquidatoria riservata ai debitori civili incapienti. Il debitore presenta un piano di liquidazione (compravendita beni) cui segue la vendita giudiziaria sotto il controllo del Tribunale. È analoga al fallimento ma con semplificazioni, e porta anch’essa all’esdebitazione (che deve essere espressamente richiesta nel ricorso).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): è un procedimento speciale per chi è totalmente incapace di pagare i debiti. Prevede solo il rilascio di un decreto che libera il soggetto, senza alcuna attività di liquidazione, laddove non vi sia nemmeno la possibilità di soddisfare minimamente i creditori.

Ciascuna procedura ha regole proprie (termine ridotto di impugnazione, non applicazione di alcune formalità concorsuali ecc.), ma tutte condividono il fine ultimo di ottenere l’esdebitazione e il favor debitoris: la legge sul sovraindebitamento e il CCII interpretano la crisi del privato in modo conciliativo, evitando formalismi che impediscano la soluzione.

Quando aprire una procedura di sovraindebitamento: in generale, non appena emerge una «incapacità strutturale» di pagare i debiti correnti con le risorse correnti (stipendio, fatturato, ecc.). Ad esempio, un lavoratore con debiti accumulati per spese personali (prestiti, mutui, tasse) superiori alla sua capacità di rimborso deve considerare il piano del consumatore. Un piccolo imprenditore “sotto soglia” con perdite croniche deve valutare il concordato minore o la liquidazione controllata. Chi rischia pignoramenti sulla prima casa deve attivarsi subito perché le procedure di sovraindebitamento consentono di congelare le azioni esecutive in corso.

Vantaggi e obblighi: il debitore gode di misure protettive (sospensione dei pignoramenti, congelamento delle rate in scadenza, etc.); protegge almeno una parte di beni essenziali (immobile di abitazione, redditi minimi impignorabili). In cambio, deve presentare il proprio patrimonio e redditi in modo trasparente e attenersi al piano omologato, che prevede pagamenti dilazionati. I creditori non votano (nel piano consumatore non c’è assemblea) ma possono contestare la validità del piano al giudice. Se il piano viene omologato, il debitore viene liberato dalla maggior parte dei debiti residui (esdebitazione). Se fallisce, può essere aperta la liquidazione controllata o il debitore può rivolgersi a banche o trattative esterne.

Tabelle riepilogative

Per facilitare la consultazione, si riassumono di seguito le principali procedure con i relativi presupposti, soggetti legittimati, organi, effetti, durata e costi indicativi. Le cifre sui costi sono molto variabili e dipendono dal caso concreto (onorari professionisti, dimensioni dell’impresa, fattibilità del piano), ma si indicano solo elementi di massima.

ProceduraPresupposti principaliChi può chiedereOrgani/professionisti coinvoltiEffetti chiaveDurata indicativaCosti (orientativi)
Liquidazione giudizialeImprenditore commerciale (no imprese minori) in insolvenza (debiti scaduti ≥30k€, incapacità di pagare)Tribunale su istanza del debitore, creditore, PM o organi pubbliciGiudice delegato, curatore fallimentare, etc.Debitore spossessato; concorso universale dei creditori; sospensione azioni esecutive; revisione degli atti prefallimentari (revocatorie)Da 1 a 5+ anni (dipende da complessità)Molti: curatore, consulenti, perizie, ecc.
Concordato preventivoImprenditore commerciale (no imprese minori) in crisi (flussi futuri insufficienti) o in insolvenzaIniziativa esclusiva del debitore; creditori (≥5% chirografari) possono partecipare con piani concorrentiGiudice delegato, commissario giudiziale (o ausiliario per semplificato), attestatoreDebitore spossessato attenuato (mantiene gestione, atti urgenti con autorizzazione); soddisfazione creditori secondo piano; sospensione individuali fino a 12 mesi; esdebitazione se piano rispettato.Mediamente 1-3 anniElevati: giudice delegato, commissario, attestatore, perizie; spese notarili e pubblicazione piano, ecc.
Concordato semplificatoEsaurito tentativo di composizione negoziata (art. 25-sexies CCII)Debit. (sempre dopo negoziazione)Tribunale, ausiliario nominato dal giudice (invece commissario)Come concordato liquidatorio, ma più rapido: no ammissione e no votazione creditori; viene spossessato quasi totalmente il debitore; creditori soddisfatti su attivo; piano semplificatoPiù breve del concordato ordinario (mesi)Inferiori al concordato ordinario (meno fasi)
Composizione negoziataImprenditore in crisi (anche già insolvente), interessato al risanamento; debitore non consumatoreRichiesta del debitore al Trib. con istanza di nomina espertoTribunale (che nomina l’esperto), il debitore e i creditoriNon concorsuale: deb. resta titolare azienda (in “gestione ordinaria e straordinaria”); dal deposito non si può aprire liquidazione; provvedimenti protettivi (fino alla sentenza finale) e possibili autorizzazioni (es. trasferimento azienda senza effetti art.2560 CC); al termine: accordo (convertibile in concordato semplificato) o azione di risanamento intrapresa in privato.Finestre di 6-18 mesiOnorario esperto; spese legali modeste (nessun commissario)
Piano consumatore (ristrutt. debiti)Debitore consumatore (fisico) con debiti scopi personali; persistente sovraindebitamentoRichiesta del consumatore tramite OCC al TribunaleTribunale, OCC (Organismo di Composizione Crisi)Sospensione parziale delle esecuzioni (il giudice può sospendere pignoramenti); nessuna votazione dei creditori; omologa giudice se piano equo; a volte Cram-down sui crediti ipotecari (creditore riceve almeno valore atteso da vendita); completa esdebitazione residuo debiti.~1 anno (fino all’omologa)Bassi: soprattutto OCC e avvocato; nessuna procedura complessa in tribunale; fondo statale SalvaCasa per mutui.
Concordato minoreDebitore non consumatore sotto soglia (imprenditore minore, professionista, agricolo, etc.) in crisi/insolvenzaRichiesta del debitore (art. 74 CCII)Tribunale, organi simili al concordato preventivoSimile a concordato preventivo: piano di rimedio debiti, possibile prosecuzione parziale attività; applicabili norme concordato ordinario in via residuale. Omologa con conseguente esdebitazione.1-2 anniInferiore al concordato ordinario (procedure semplificate)
Liquidazione controllataDebitore non fallibile in insolvenza persistente; ricavi insufficienti (es. piccolo imprenditore, art.268 CCII)Richiesta del debitore o creditore al TribunaleTribunale, curatore nominato dal Trib.Procedura liquidatoria simile al fallimento: vendita coatta dei beni dell’imprenditore, copertura crediti col ricavato. Permette esdebitazione se il ricavato non bastasse.1-3 anniModerati: costi curatore, vendite giudiziarie.
Esdebitazione incapienteDebitore completamente incapiente di pagare debiti (art. 283 CCII)Ricorso del debitoreTribunale (di norma semplice decreto)Assoluta liberazione da debiti (fatti salvi quelli non elidibili dalla legge), senza fase liquidatoria.Pochi mesiBassi: quasi zero (solo pratica).

Nota: i costi variano ampiamente (onorari professionali, perizie, pubblicazioni). Le durate sono indicative e possono protrarsi in caso di contenziosi sui crediti o impugnative. Le procedure preventivi (concordati, composizione negoziata) tendono a essere più rapide rispetto alla liquidazione giudiziale completa.

FAQ (Domande frequenti)

  • D: Cos’è l’insolvenza? – L’insolvenza si verifica quando il debitore non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti. In pratica, quando salta un pagamento importante o si accumulano inadempienze che fanno presumere la perdita di continuità finanziaria.
  • D: Quando conviene avviare una procedura concorsuale? – Prima di subire sgombero di beni o pignoramenti, è opportuno attivarsi: ad esempio, se un imprenditore vede salire i debiti e le banche non rinnovano gli affidamenti, o se un consumatore è sommerso dai debiti, bisogna cercare subito soluzioni (concordato, piano del consumatore) per bloccare le azioni esecutive e guadagnare tempo. In sintesi, ogni volta che un debitore «non fallibile» si trova in grave e perdurante insolvenza – cioè incapace di onorare i debiti – e vuole evitare pignoramenti, è ora di chiedere aiuto attraverso una procedura legale.
  • D: Quali debiti posso inserire in un piano del consumatore (o di ristrutturazione dei debiti)? – In linea di principio, tutti i debiti contratti come consumatore (prestiti al consumo, mutui, cartelle esattoriali, etc.) possono essere ricomresi nel piano. Con qualche eccezione di ordine pubblico (ad es. multe, alimenti, contributi previdenziali, crediti fiscali degli ultimi anni). Il debitore deve indicare tutti i creditori e debiti esistenti. I debiti non elencati volontariamente potrebbero non essere esdebitati.
  • D: Posso salvare la casa di abitazione con il piano del consumatore? – Sì, il piano del consumatore (ora chiamato “piano di ristrutturazione debiti del consumatore”) è proprio studiato per evitare la vendita forzata dei beni essenziali come la prima casa. I giudici hanno accettato spesso piani in cui il consumatore continua a pagare solo una parte del mutuo sulla casa, lasciandosi il bene in proprietà, a condizione che anche il creditore ipotecario riceva almeno quanto avrebbe ottenuto dall’asta. In pratica il credito garantito è “falcidiato” purché il creditore non perda sul valore minimo di realizzo. Il piano deve dimostrare che, mantenendo la casa, i creditori garantiti non perdono rispetto alla vendita coatta. Se il creditore non si oppone, la Cassazione considera tacito consenso al piano.
  • D: Chi può aprire un concordato preventivo? – Solo l’imprenditore commerciale in stato di crisi o insolvenza. I creditori non possono iniziarlo di loro iniziativa (a differenza della liquidazione giudiziale), ma dopo l’apertura concordataria possono avanzare piani alternativi se rappresentano almeno il 5% dei crediti chirografari.
  • D: Devo “fallire” per usare queste procedure? – No, molte procedure consentono di agire prima che si arrivi al fallimento. Ad es., l’esperimento della composizione negoziata o la richiesta del concordato o del piano del consumatore vengono fatte dal debitore prima di dichiararsi fallito. Ciò permette di bloccare pignoramenti e tutelare i redditi anche se non si è tecnicamente “falliti”.
  • D: Quanto costa aprire una procedura concorsuale? – Dipende dall’istituto. In generale i costi sono elevati per liquidazione e concordato (oneri giudiziari, curatori, periti, credenziali). Il concordato semplificato e le procedure di sovraindebitamento (piano consumatore, accordi) sono più economici. Ad es., un piano del consumatore comporta principalmente l’onorario dell’OCC e dell’avvocato (senza collegate spese notarili o troppe perizie). Il sovraindebitamento prevede anche un fondo pubblico SalvaCasa per garantire un mutuo sostitutivo sulla prima casa in difficoltà.
  • D: Cosa succede se non rispetto il piano concordatario? – In caso di inadempimento grave degli obblighi del piano, il Tribunale può dichiarare il concordato risolto e disporre l’apertura della liquidazione giudiziale (o controllata) del patrimonio. In genere, il debitore deve presentare relazioni periodiche sull’attuazione del piano (art. 85 CCII) e informare il commissario; senza pagamenti o adempimenti, si rischia la decadenza dalla procedura protettiva.

Simulazioni pratiche

  1. Società di capitali (es. s.r.l. con dipendenti)Scenario: Una Srl operante da anni accumula perdite. I flussi di cassa futuri non bastano a coprire i debiti scaduti (fornitori e istituti di credito). È tecnicamente insolvente. Scelta procedurale: conviene valutare subito un concordato preventivo in continuità. Con un piano industriale che preveda finanziamenti soci e cessione di rami non strategici, l’impresa può continuare a operare pagare i creditori nel medio-lungo termine. Se non fosse possibile salvare l’azienda, si potrebbe proporre un concordato liquidatorio con cessione degli asset. In alternativa, se ritiene di poter ristrutturare internamente, il socio potrebbe avviare la composizione negoziata e poi il concordato semplificato (a condizioni più stringenti). L’individuazione finale dipende da valutazioni sull’equilibrio economico del piano e dal grado di convenienza rispetto alla liquidazione coatta.
  2. Ditta individualeScenario: Un artigiano con partita IVA (sotto soglia 300k attivo, 200k fatturato) ha debiti per €200k (materie prime e imposte). Si trova in crisi di sovraindebitamento. Non può accedere al concordato preventivo ordinario (è sotto soglia) né al fallimento. Scelta: il percorso ideale è il concordato minore o l’accordo di sovraindebitamento integrato in cc. Esso consente di ristrutturare i debiti (anche pagando meno i creditori privilegiati) e di proseguire l’attività. In alternativa, l’artigiano potrebbe presentare un “accordo di composizione della crisi” riformato (che ora si chiama concordato minore). Se invece non può più proseguire l’attività, può optare per la liquidazione controllata (liquidazione del patrimonio artigiano) con nomina di un curatore che venda gli attivi, oppure per un piano del consumatore se risponde ai requisiti (es. debiti in gran parte personali e non aziendali).
  3. Imprenditore agricoloScenario: Un agricoltore che gestisce un’azienda con redditi modesti si trova incapace di saldare fornitori e IMU. In passato, l’imprenditore agricolo non commerciale non era soggetto al fallimento, ma con il CCII se supera le soglie patrimoniali può rientrare nell’insolvenza commerciale. Se invece è sotto soglia, può usufruire del concordato minore o della normativa sul sovraindebitamento. Inoltre, il decreto legislativo 2023/243 ha disciplinato specificamente casi di crisi delle imprese agricole in forma semplificata. In molti casi conviene tentare la composizione negoziata (se ha possibilità di risanamento) o comunque un accordo in sede di sovraindebitamento, magari con estinzione dei debiti in cambio di cessione dell’azienda. L’approccio dipende anche da incentivi pubblici all’agricoltura in crisi.
  4. Libero professionistaScenario: Un avvocato autonomo con studio professionale accumula debiti tributari e verso fornitori per €150k. Non è imprenditore commerciale, ma esercita attività economica. Il professionista, essendo sotto soglia, non può accedere al concordato preventivo ordinario, ma il CCII prevede che anche i professionisti possano usare il concordato minore se esercitano attività economica. In pratica, può proporre un piano concordatario per ristrutturare i debiti (pagamenti dilazionati, cessione di parte dell’attività professionale, ecc.). In alternativa, se si trattasse di debiti prevalentemente personali (es. prestiti), potrebbe avvalersi del piano del consumatore (purché non usi lo strumento per debiti d’impresa). Se infine non riesce a risanare, dovrebbe comunque rivolgersi al tribunale, presentando un concordato minore o procedendo a liquidazione controllata per liberarsi dall’azienda e dai debiti residui.
  5. ConsumatoreScenario: Mario Rossi, impiegato, ha accumulato €80.000 di debiti (mutuo sulla casa, prestiti personali, bollette, cartelle Equitalia) e temeva il pignoramento della prima casa. Con l’ultimo intervento normativo anche i pignoramenti possono essere sospesi con il piano del consumatore. Mario si rivolge a un OCC che predispone un piano: pagherà ad es. €600 al mese (sostenibili dal suo stipendio) per 10 anni sui €50k di debiti chirografari, mentre l’ipoteca sulla casa verrà ristrutturata su un piano più lungo ma garantendo alla banca almeno il ricavato atteso dalla vendita forzata. Il tribunale, verificata la ragionevolezza del piano e vista l’assenza di opposizioni (o valutate le opposizioni), omologa il piano. Mario salva la casa (continua a viverci pagando parte del mutuo) e negli anni riesce a liberarsi dei debiti senza fallire. Al termine del piano ottiene l’esdebitazione dagli arretrati residui non pagati.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Norme citate: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, Titoli II-VI: artt. 2, 12, 18, 21, 22, 24, 39-55, 74, 85, 88, 268, 282-283, ecc.); decreto correttivo D.Lgs. 136/2024; Legge 3/2012 (sovraindebitamento) con agg. D.Lgs. 14/2019; D.L. 118/2021 conv. L.147/2021; Legge 147/2022; altre modifiche normative collegate (p.es. D.Lgs. 118/2021; D.Lgs. 243/2023 in agricoltura).
  • Giurisprudenza: Cassazione civile (es. sent. n. 22153/2024 sul concordato omologato, Cass. n. 34372/2024 sui diritti di voto nel concordato, ecc.), corti d’appello e tribunali specializzati in crisi d’impresa. Recenti pronunce riguardano il cram down dei creditori garantiti nei piani del consumatore, l’efficacia delle misure protettive, l’ammissibilità della composizione negoziata per soggetti già insolventi e i rapporti tra concordato semplificato e concordato ordinario. Importanti pronunce di merito (Tribunale di Ivrea 2022 sul concordato semplificato, Trib. Torino 2024 sulla ritualità delle istanze semplificate) hanno delineato i confini applicativi delle nuove procedure.

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