Piano Del Consumatore Respinto: Cosa Fare

Hai presentato un piano del consumatore ma il giudice lo ha respinto? Ti stai chiedendo cosa succede adesso, se puoi riprovarci o se i creditori possono subito agire contro di te?

Quando un piano del consumatore viene rigettato, la sensazione può essere scoraggiante. Ma attenzione: non tutto è perduto. In molti casi, ci sono ancora margini per riformulare la proposta, correggere gli errori o accedere ad altre procedure di sovraindebitamento.

Perché un piano può essere respinto?

Le ragioni possono essere diverse. A volte manca la documentazione necessaria, oppure il piano non dimostra in modo chiaro la sostenibilità dei pagamenti. In altri casi, il giudice ritiene che non ci siano i requisiti previsti dalla legge, come la buona fede del debitore o la natura esclusivamente personale dei debiti.

Cosa puoi fare se il piano viene rigettato?

La prima cosa è analizzare le motivazioni precise del rigetto. Con l’aiuto di un avvocato esperto, si può valutare se presentare un nuovo piano corretto, più chiaro e coerente con le indicazioni del giudice. In molti casi, una semplice riformulazione è sufficiente per ottenere l’omologazione.

E se non è possibile ripresentare il piano?

Ci sono comunque altre strade. Puoi valutare:

– l’accesso al concordato minore, se ci sono beni da gestire o un’attività lavorativa;
– la liquidazione controllata, se non puoi proporre pagamenti ma vuoi comunque liberarti dai debiti;
– o, in alcuni casi, l’esdebitazione del debitore incapiente, se non hai alcuna possibilità economica attuale.

Nel frattempo i creditori possono agire?

Sì, se non presenti tempestivamente una nuova istanza o un’altra procedura, i creditori possono riprendere azioni esecutive: pignoramenti, fermi, ipoteche o segnalazioni. Ecco perché è fondamentale non aspettare, ma reagire subito con una nuova strategia.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e ristrutturazione dei debiti – ti spiega cosa fare se il piano del consumatore è stato respinto, quali alternative hai a disposizione e come possiamo aiutarti a non perdere la protezione legale, rientrare nella procedura e risolvere definitivamente la tua situazione debitoria.

Hai ricevuto un rigetto del piano del consumatore e temi che i creditori possano agire subito? Vuoi sapere se puoi riformulare il piano o scegliere un’altra via legale?

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Introduzione

Il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore è disciplinato dal Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e dalla L. 3/2012 come modificata. La procedura è riservata al consumatore (persona fisica con debiti estranei all’attività d’impresa) che si trova in sovraindebitamento. Il debitore, con l’assistenza di un Organismo di composizione della crisi (OCC), deposita in Tribunale una proposta di piano che indica tempi e modalità per soddisfare i creditori, anche solo parzialmente. A differenza del concordato preventivo, il piano del consumatore non richiede il voto né l’approvazione preventiva dei creditori; è sufficiente che il giudice ne verifichi la fattibilità, la «meritevolezza» del debitore (assenza di colpa grave nell’insolvenza) e l’esistenza di un effettivo squilibrio patrimoniale. In caso di esito favorevole, con decreto motivato il Tribunale omologa il piano rendendolo obbligatorio per tutti i creditori anteriori (anche quelli non concordi) e sospende le azioni esecutive individuali del debitore. Al termine del piano, il consumatore ottiene l’esdebitazione dai debiti residui non coperti dal piano, cioè la cancellazione dei debiti non pagati.

Iter giudiziario e fasi del piano

La procedura del piano del consumatore è di natura contenziosa: dopo il deposito della proposta, il Tribunale (giudice delegato) valuta documenti e dichiarazioni del debitore, e convoca udienza camerale o ordinaria. Può richiedere integrazioni documentali o chiarimenti e, in casi analoghi, la Cassazione ha ritenuto ammissibile che il giudice conceda termini brevi (es. 15 giorni) per completare il piano o fornire ulteriore documentazione (Cass. 12/7/2024 n. 24870). Se il piano soddisfa i requisiti di legge, il giudice omologa; in caso contrario lo rigetta con apposito decreto motivato. Il rigetto può intervenire “in prima battuta” (monocratico del giudice delegato) oppure “in reclamo” se già interposto.

In particolare, se il giudice monocratico rigetta la proposta per inammissibilità (mancata meritevolezza, carenza documentale, ecc.), il debitore può proporre reclamo entro 5 giorni al tribunale collegiale competente (art. 12-bis co. 5 L. 3/2012). Recentemente la Cassazione ha confermato che l’organo di reclamo è il tribunale in composizione collegiale (modello camerale): il tribunale di appello decide in camera di consiglio sul nuovo giudizio (ex art. 669-terdecies c.p.c.). Se il tribunale collegiale accoglie il reclamo, il piano può essere omologato nonostante il rigetto monocratico; se il reclamo è respinto, il debitore può valutare altre opzioni. È in corso di approvazione un decreto correttivo al Codice della crisi che estenderà ulteriormente il termine per reclamo (previsto in 30 giorni dalla comunicazione del decreto) e ne disciplinerà meglio le regole.

Motivi comuni di rigetto e loro conseguenze

La giurisprudenza ha evidenziato i motivi più frequenti di rigetto del piano consumatore. Tra questi si segnalano:

  • Insufficiente documentazione o fattibilità – il piano può essere rigettato se non prova adeguatamente la situazione debitoria o il reddito disponibile, ossia se manca la dimostrazione della fattibilità pratica del piano.
  • Assenza di meritevolezza – il rigetto avviene se il debitore ha agito con colpa grave nell’indebitarsi (es. acquisiti ingiustificati o spese eccessive) o non poteva ragionevolmente far fronte alle obbligazioni.
  • Mancanza di sovraindebitamento – se emerge che il debitore non era realmente insolvente (ad es. redditi non dichiarati), la procedura può essere esclusa.
  • Debiti promiscui (impresa + consumo) – non sono ammessi piani se parte dei debiti deriva da attività imprenditoriale; in presenza di debitoria promiscua il piano consumatore è dichiarato inammissibile (ristretta ai soli debiti personali). Cass. 26/7/2023 n. 22699 ha ribadito che il piano consumatore spetta solo a chi ha obbligazioni estranee all’attività imprenditoriale, mentre il debitore con debiti misti può eventualmente accedere alla liquidazione controllata per ottenere comunque l’esdebitazione.
  • Percentuale di soddisfazione inadeguata – secondo Cassazione e Tribunali, un’offerta di pagamento eccessivamente bassa verso i creditori (specie chirografari) può essere motivo di rigetto. Ad esempio, un Tribunale ha rigettato un reclamo perché la percentuale offerta ai creditori chirografari era «esigua» e in contrasto con le finalità della legge.

La conseguenza pratica del rigetto è anche procedurale: il giudice dichiara inefficace la sospensione delle esecuzioni precedentemente concessa (art. 12-bis co. 3 L. 3/2012). Ciò significa che eventuali pignoramenti o procedure esecutive in corso riprenderanno regolarmente. Il debitore, dunque, perde la protezione temporanea e dovrà fronteggiare nuovamente le azioni individuali dei creditori.

Rimedi in caso di rigetto: reclamo e riformulazione

Se il piano viene rigettato dal giudice delegato, il principale rimedio è il reclamo al tribunale collegiale (entro 5 giorni dalla notifica del decreto motivato). Come visto, il tribunale riesamina il caso: può confermare il rigetto o omologare il piano con propria ordinanza. In questo secondo caso l’effetto è lo stesso di una normale omologa. In alternativa, l’OCC può assistere il debitore nel cercare di negoziare un nuovo accordo con i creditori o nell’eventuale conversione della procedura in un diverso strumento (ad es. liquidazione controllata familiare, se previsto).

Tecnicamente è possibile anche riformulare il piano proposto: nel reclamo il debitore può chiedere che la propria proposta sia convertita, ad esempio, in un accordo diverso (art. 14-quater L. 3/2012). Tuttavia, la giurisprudenza distingue tra il provvedimento di merito e quello di semplice inammissibilità: alcune pronunce ritengono che il rigetto per mero vizio formale non produca «cosa giudicata» e permette di proporre un nuovo piano con la stessa istanza. Di fatto, dopo rigetto definitivo, un debitore può sempre presentare nuovamente domanda di composizione della crisi (piano o liquidazione) se nel frattempo sono mutate le condizioni; nondimeno l’esperienza consiglia di apportare sostanziali modifiche al piano originario, magari con percentuali maggiori o nuove garanzie, per evitare un secondo rigetto.

Impugnazioni: reclamo e Cassazione

Secondo l’interpretazione della Cassazione, il decreto con cui il Tribunale decide sull’omologazione (o sul rigetto) del piano consumatore è impugnabile con reclamo (ex art. 739 c.p.c.) da parte di chi abbia formalmente partecipato al giudizio di primo grado. In particolare, solo il debitore e i creditori che si sono costituiti nel procedimento per contestare la proposta (quali opponenti) hanno legittimazione attiva e passiva nel reclamo. La Suprema Corte (Cass. 27/2/2025 n. 5157) ha affermato che “il decreto che abbia pronunciato sull’omologazione del piano del consumatore può essere impugnato con il reclamo esclusivamente ad iniziativa di chi (debitore, creditore o interessato) abbia assunto la qualità di parte in senso formale nel giudizio di omologazione e sia rimasto soccombente…”. Ciò significa, ad esempio, che un creditore al quale era stata notificata la presentazione del piano ma che non si è costituito in giudizio non può proporre reclamo (ma potrà agire eventualmente con l’opposizione di terzo, art. 404 c.p.c.).

Se il tribunale collegiale respinge il reclamo, il debitore o gli altri interessati non possono più modificare il piano in quella fase; le disposizioni di reclamo in materia concorsuale (artt. 737-739 c.p.c.) vietano ulteriori cambiamenti del contenuto proposto. Contro la decisione definitiva (ordinanza di rigetto del reclamo), è invece possibile il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., come confermato implicitamente anche per la procedura di sovraindebitamento. Tuttavia, tale ricorso deve essere proposto entro 6 mesi dalla pubblicazione (art. 327 c.p.c.) e richiede i presupposti di ammissibilità ordinari (decisione definitiva e rilevanza della questione). Solo chi ha partecipato alle fasi precedenti può stare in giudizio anche in Cassazione.

Rapporti con i creditori dopo il rigetto

Il rigetto del piano del consumatore ha effetti rilevanti sui rapporti col ceto creditorio. Se il piano è omologato, esso vincola tutti i creditori anteriori (anche non opponenti) e conclude definitivamente le azioni di soddisfazione su debiti inclusi nel piano. Il debitore ottiene l’esdebitazione dei residui (cioè la cancellazione dei debiti non pagati) al completamento degli adempimenti previsti. Al contrario, in caso di rigetto ogni sospensione concessa decade: i creditori possono riprendere le azioni esecutive individuali sospese e procedere al recupero dei crediti. In pratica, il debitore torna nella situazione anteriore alla procedura e deve nuovamente accordarsi coi creditori o ricorrere ad altre strade. Se, durante la procedura, il Tribunale aveva sospeso pignoramenti (ex art. 12-bis, comma 2 L. 3/2012), il decreto di rigetto dichiara ineffectiva tale sospensione, riavviando le esecuzioni.

È buona prassi, anche in vista di un reclamo o di una possibile riformulazione, mantenere il dialogo con i creditori. L’OCC può agevolare il contatto fra debitore e creditori per trovare soluzioni transattive alternative (per esempio concordare singoli piani di dilazione fuori dal giudizio). Se si profila un secondo tentativo di piano, è opportuno riuscire a convincere i principali creditori (in particolare banche o Agenzia delle Entrate) a non opporsi nuovamente, evidenziando il cambiamento negli assunti della proposta o garantendo percentuali più alte.

Confronto con altre procedure concorsuali

Al fallimento del piano del consumatore si possono considerare alternative concorrenziali, in base al profilo del debitore e alla natura dei debiti:

  • Concordato preventivo “minore” – previsto dall’art. 167 CCII. È riservato ai soggetti non consumatori (imprenditori o professionisti) che vogliono continuare l’attività. Il concordato minore prevede una proposta di soddisfazione dei creditori (anche parziale) sottoposta al voto dei creditori: serve l’approvazione della maggioranza dei crediti ammessi al voto. Rispetto al piano consumatore richiede quindi un consenso attivo del ceto creditorio. Il concordato può prevedere anche un “booster” con risorse esterne se non c’è proseguimento dell’attività. Non è ammesso al consumatore e, anzi, per definizione riguarda debiti d’impresa.
  • Liquidazione controllata – disciplinata dall’art. 14-ter L. 3/2012 (ora art. 68 CCII). È accessibile a tutti i debitori privati, consumatori compresi, che non hanno alternative praticabili (né piano consumatore né concordato). In questa procedura il Tribunale nomina un liquidatore, sotto la vigilanza dell’OCC, e si procede alla vendita del patrimonio del debitore; i proventi sono ripartiti tra i creditori secondo l’ordine di prelazione. Il debitore ottiene ugualmente l’esdebitazione finale sui debiti insoddisfatti. Dal confronto emerge che il piano del consumatore mira a un accordo stragiudiziale sugli elementi patrimoniali del debitore, mentre il concordato minore è una ristrutturazione vincolata dal voto creditori (più simile, dal punto di vista formale, al concordato fallimentare), e la liquidazione controllata è un meccanismo liquidatorio ma “protetto” con possibile esdebitazione finale (estende agli individui lo spirito della liquidazione del fallimento).

Le condizioni di accesso e gli effetti di queste procedure differiscono: ad esempio, il piano consumatore non può superare le percentuali previste di pagamento dei creditori privilegiati (art. 67 CCII, cfr. L. 3/2012 art.8, co.4); recenti modifiche (art. 67 co.4 CCII) hanno reintrodotto la moratoria fino a due anni per il pagamento dei crediti con privilegio, pegno o ipoteca (rispetto a un anno dell’originaria L. 3/2012), a condizione di garantire comunque il pagamento in misura non inferiore al valore realizzabile in liquidazione. Il concordato minore consente analoghe dilazioni e riduzioni, ma in quel caso i creditori privilegiati hanno diritto di voto (secondo valore attualizzato delle loro perdite). La liquidazione controllata, infine, non prevede piani o moratorie: i debiti privilegiati devono essere soddisfatti secondo legge dai proventi (o fatti oggetto di separata utilità).

Esempi pratici e simulazioni

Per illustrare, di seguito due esempi di piano del consumatore ipotetico con relative simulazioni:

VoceEsempio 1 (Mario)Esempio 2 (Laura)
Reddito netto mensile€1.500 (stipendio)€1.000 (pensione)
Spese fisse mensili€1.000 (mutuo, bollette, famiglia)€800 (affitto, utenze, assegni familiari)
Totale debitiMutuo casa €60.000 (ipotecario), prestito auto €10.000 (ipotecario), carte/finanziamenti €8.000 (chirografari)Mutuo ex casa €40.000 (ipotecario), finanziamento auto €5.000 (ipotecario), debiti carte €3.000 (chirografari)
Offerta sui creditori chirografari90% dei €8.000 (i.e. €7.200 totali) da pagare in 60 rate mensili da €12090% dei €3.000 (i.e. €2.700 totali) da pagare in 36 rate da €75
Moratoria crediti privilegiatiSospensione interessi mutuo e prestito auto per 2 anni (art.67 co.4 CCII); dopo moratoria il pagamento riprende (con eventuale riallineamento mensile)Sospensione interessi mutuo per 1 anno (art.67 co.4 CCII, durata max 2 anni a seconda degli accordi); in alternativa pagamento dilazionato post-piano
Rata mensile complessiva€120 (solo per chirografari; mutuo e auto vengono rinegoziati secondo moratoria)€75 (solo per chirografari; mutuo sospeso 1 anno)

In Esempio 1, Mario, con reddito netto €1.500, propone di pagare il 90% dei crediti chirografari (€7.200 su €8.000) in 60 mesi, corrispondendo €120 al mese (per complessivi €7.200). I crediti ipotecari (mutuo, prestito auto) beneficiano di una moratoria biennale (l. 3/2012 art.8, c.4 reintrodotta dal Codice): gli interessi restano fermi per 2 anni, dopodiché Mario riprenderà i pagamenti secondo le nuove condizioni. Al termine, i residui non pagati (€800 dei crediti chirografari) verranno esdebitati.

In Esempio 2, Laura dispone di €1.000 netti. Ha meno debiti chirografari, €3.000, e ne offre il 90% (€2.700) in 36 rate (≈€75/mese). Il mutuo da €40.000 riceve una sospensione di 1 anno (moratoria infrannuale), dopo la quale proseguirà la restituzione residua. Anche in questo caso i residui (300€) saranno esdebitati. Gli esempi mostrano come il piano possa modulare pagamenti sostenibili rispettando il tetto minimo di soddisfazione per legge e garantendo al debitore la continuazione della vita familiare senza espropriazioni immediate.

Tabelle riepilogative

  • Motivi di rigetto e possibili azioni: Motivo di rigetto Effetto Rimedi o azioni successive Documentazione incompleta o carenza di prove sulla fattibilità del piano Rigetto della proposta da parte del giudice monocratico. Ricorso in reclamo con integrazioni; proponendo documenti mancanti o calcoli più chiari. Mancanza di meritevolezza del debitore Il piano è inammissibile (il debitore ha agito con colpa grave). Valutare conciliazione con creditori; nel breve termine non esistono rimedi ammissibili. Debiti promiscui (imprenditoriali e personali) Piano consumatore non ammesso; giudice dice inammissibile. Prendere in considerazione la liquidazione controllata per ottenere esdebitazione. Bassa offerta ai creditori chirografari Rigetto (in pratica, insufficiente “falcidia”). Riformulare il piano con percentuali più elevate; negoziare direttamente con creditori. Altro (es. non sovraindebitamento comprovato) Rigetto per inammissibilità o mancata omologazione. Riesaminare i propri dati finanziari; consultare l’OCC; eventualmente proporre nuovo piano.
  • Confronto tra procedure concorsuali: Caratteristica Piano consumatore Concordato minore Liquidazione controllata Chi può accedervi Consumatori (persone fisiche con debiti personali) Debitori non consumatori (imprenditori/professionisti) Sia consumatori sia non consumatori Debiti trattati Debiti personali del consumatore (no debiti d’impresa) Debiti d’impresa o personali del debitore imprenditore Tutti i debiti del debitore, con liquidazione dei beni Accordo con i creditori Nessun voto preventivo richiesto; il piano è sottoposto al giudice Richiede voto favorevole di >50% dei crediti ammessi al voto Non è una votazione (liquidazione giudiziale), ma l’OCC gestisce la procedura Organi della procedura Giudice delegato (Tribunale) e OCC (solo consultivo) Tribunale, curatore e OCC, con assemblea dei creditori Tribunale, liquidatore nominato dall’OCC Finalità principale Ristrutturazione debiti personali, salvezza del patrimonio familiare Ristrutturazione debiti aziendali o familiari per continuare attività Liquidazione del patrimonio con esdebitazione finale dei residui Esdebitazione Sì (a fine piano, salvo futuri utili) Sì (previa liquidazione dei beni aziendali se concordato liquidatorio) Sì (dopo conclusione vendita beni e pagamento creditori)
  • Simulazione di piano del consumatore (riassunto dei calcoli): Voce del piano / Calcolo Esempio 1 (Mario) Esempio 2 (Laura) Totale debiti chirografari €8.000 €3.000 Percentuale offerta 90% (€7.200 da pagare) 90% (€2.700 da pagare) Durata piano 60 mesi 36 mesi Rata mensile (solo chirografa) €120 (=€7.200/60) €75 (=€2.700/36) Crediti privilegiati Moratoria 2 anni (mutuo + auto) Moratoria 1 anno (mutuo) Debito residuo esdebitato €800 (residuo chirografari) €300 (residuo chirografari)

In ogni simulazione, si noti che la legge impone di soddisfare almeno il 90% dei crediti chirografari. I valori di rata mensile sono ottenuti suddividendo l’offerta complessiva per il numero di rate (€7.200/60 mesi e €2.700/36 mesi). In entrambi i casi i debiti privilegiati (mutuo, prestito auto) sono oggetto di una moratoria di durata variabile (fino a 2 anni, art. 67 co. 4 CCII), dopo la quale il debitore riprenderà i pagamenti. I residui non coperti dal piano saranno cancellati in sede di esdebitazione finale.

Riflessioni patrimoniali e fiscali

L’omologa di un piano del consumatore incide sul patrimonio del debitore: i beni e gli immobili non sono liquidati forzatamente e restano nella disponibilità del debitore (a meno di eventuali garanzie prestate), consentendogli di conservare il tetto abitativo. Tuttavia, l’ammontare delle rate è commisurato alle disponibilità reddituali e patrimoniali (art. 67 CCII), perciò un eccessivo indebitamento residuo è escluso dalla fattibilità.

Sul piano fiscale, la cancellazione dei debiti (esdebitazione) non costituisce reddito imponibile per il debitore. La legge fiscale (art. 88 TUIR) considera la riduzione del passivo come generatrice di una sopravvenienza attiva teorica, ma prevede una deroga «agevolativa»: “sono escluse dalla formazione del reddito imponibile le sopravvenienze attive conseguenti alle riduzioni dei debiti intervenute per effetto di uno degli istituti” di composizione della crisi. In sostanza, il bonus di concordato o di composizione parifica l’esdebitazione a un evento neutrale ai fini delle imposte sul reddito (nonostante l’erario possa valutarne implicitamente la convenienza dell’operazione). Pertanto, il debitore non pagherà tasse sui debiti cancellati: l’assenza di passività non è considerata un incremento di ricchezza tassabile.

Tra gli aspetti patrimoniali, bisogna ricordare che il beneficiario dell’esdebitazione resta obbligato a comunicare eventuali future utilità significative (es. eredità, vincite, cessione di immobili) nei 4 anni successivi, al fine di consentire comunque la soddisfazione almeno del 10% dei creditori come rimborso. Gli effetti sui beni immobili sono soprattutto nella sospensione degli espropri: se un piano ottiene effetto sospensivo, il debitore può trattare la propria casa o l’auto con un certo margine di sicurezza temporanea; ma in caso di rigetto occorre riprendere i pagamenti regolari e ogni misura pignorativa in corso.

Domande frequenti (FAQ)

  • Cosa accade immediatamente dopo il rigetto del piano?
    Il giudice delegato emette un decreto motivato che dichiara inammissibile la proposta. Qualunque sospensione preventiva di esecuzioni cessa e i creditori possono riprendere le azioni di recupero sui beni del debitore. Contestualmente, scatta il termine per proporre reclamo (in genere 5 giorni). Il debitore dovrebbe subito consultare l’OCC e il legale per verificare le ragioni del rigetto e preparare il reclamo, depositando subito eventuale integrazione documentale.
  • Posso presentare un nuovo piano o modifiche dopo il rigetto?
    Se il giudice ha emesso solo un decreto di inammissibilità (ad esempio per vizi formali), ciò non è considerato «cosa giudicata» e il debitore può proporre nuovamente il piano con la stessa domanda (possibilmente migliorandone i contenuti). Se invece si tratta di rigetto definitivo con udienza collegiale, non si può modificare il piano nel reclamo. Tuttavia il debitore potrà proporre un nuovo piano in una diversa sede (ricominciare da capo), presumendo che siano mutate le circostanze. È consigliabile, in tal caso, rivedere integralmente l’offerta (maggiore soddisfazione creditori, ulteriori garanzie, ecc.).
  • Chi può proporre reclamo e a quale giudice?
    Solo chi ha partecipato al primo grado con qualità di parte (debitore reclamante o creditori opponenti) può proporre reclamo. Il reclamo si deposita presso il Tribunale del luogo del giudice monocratico, in composizione collegiale (art. 12-bis co. 5 L. 3/2012). Il termine è di 5 giorni dalla notifica del decreto di rigetto. Ad esempio, se una banca o l’Agenzia delle Entrate erano state chiamate in giudizio e si erano costituite, possono partecipare al reclamo; un creditore non costituito in primo grado non è legittimato.
  • Se ho debiti misti (anche da attività d’impresa), posso usare comunque il piano consumatore?
    No. La giurisprudenza è univoca nel ritenere che il piano consumatore è riservato a chi ha debiti esclusivamente personali. Se risultano debiti derivanti da attività imprenditoriali, il Tribunale non può omologare il piano. In tal caso la via tipica è la liquidazione controllata (anche familiare), che consente comunque di ottenere l’esdebitazione finale: Cass. 2023/22699 ha confermato che il debitore con “debiti promiscui” non può accedere al piano consumatore.
  • Qual è l’effetto fiscale dell’esdebitazione?
    L’esdebitazione conseguita tramite piano o liquidazione controllata non genera imposte: la legislazione tributaria esclude espressamente che la cancellazione dei debiti costituisca reddito imponibile. In pratica il debitore non subisce alcun onere fiscale aggiuntivo per il bonus da esdebitazione. Eventuali perdite pregresse o interessi non dedotti rimangono neutri; lo Stato ha però interesse che la procedura realizzi una certa percentuale di recupero, quindi controlla i piani e le situazioni patrimoniali.
  • Quali spese comporta il piano del consumatore?
    Il procedimento prevede il pagamento di imposte di bollo e segreteria per il deposito in Tribunale. L’OCC ha diritto a un compenso fissato dal regolamento ministeriale (D.M. 24/9/2014 n.202), solitamente basato sugli importi posti a piano. Anche l’avvocato del debitore applica onorari (possibilmente rateizzati nel piano). Di norma queste spese gravano sul patrimonio del debitore e devono essere previste nel piano stesso. In ogni caso, il costo di una procedura di sovraindebitamento (piano o liquidazione) rimane inferiore ai costi e alle perdite di un fallimento personale.
  • Dopo un piano respinto posso tentare altri percorsi di crisi?
    Sì. Se il piano consumatore fallisce, il debitore può valutare altre soluzioni previste dal Codice della crisi: ad esempio la composizione negoziata assistita (accordo preventivo con creditori con intervento di professional); se era un imprenditore/professionista, il concordato minore; in alternativa (o subito) la liquidazione controllata dei beni con successiva esdebitazione. Anche l’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (salvo diversa definizione nel CCII) può essere un’opzione se coinvolge tutti i creditori primari. Ogni strada richiede il superamento di requisiti specifici, ma conserva l’obiettivo dell’esdebitazione finale. In particolare, se il piano fallisce per questioni procedurali o percentualistiche, molti Tribunali permettono di chiedere direttamente la liquidazione controllata, evitando inutili formalismi.

Fonti normative e giurisprudenza citata

  • Normativa: Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in particolare artt. 67-69) e Legge n. 3/2012 (capo sulla composizione della crisi da sovraindebitamento) con le successive modifiche legislative (D.Lgs. 83/2015, D.Lgs. 201/2019, ecc.).
  • Cassazione: sentenze recenti rilevanti – ad es. Cass. civ. n. 5157/2025 (legittimazione reclamo), n. 34150/2024 (moratoria ultrannuale e votazione creditori), n. 22699/2023 (debiti promiscui), n. 24870/2024 (reclamo/tribunale contro diniego), n. 9549/2025 (moratoria), oltre a precedenti Cass. 2019-2022 di coordinamento.
  • Giudici di merito: decisioni di tribunali ordinari (Milano, Roma, Torino, Napoli, Bologna, ecc.) e corti d’appello citate nella prassi: per esempio Trib. Milano 20/10/2023 (rifiuto piano per debiti misti), Trib. Cosenza 19/7/2019 (reclamo su diniego), Trib. Napoli (Feo, 12/12/2024, simile Moratoria), Trib. Torino 2021 (varie pronunce di rifiuto o sospensione), e le tabelle trimestrali di alcuni Tribunali.
  • Regolamenti e circolari: D.M. 24/9/2014 n.202 (compensi OCC), modulistica Ministero Giustizia, prassi ministeriali e orientamenti degli OCC territoriali (es. Milano, Roma) sui criteri di ammissione e sul calcolo delle percentuali di soddisfazione dei creditori.

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Conclusione

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