Il tuo ex coniuge ha contratto debiti e temi che possano ricadere anche su di te? Ti chiedi se, anche dopo la separazione o il divorzio, i creditori possano pignorare i tuoi beni o agire sul tuo stipendio?
Quando si parla di debiti del coniuge separato o divorziato, è fondamentale capire in quali casi sei ancora responsabile e quando, invece, sei del tutto protetto da ogni azione di recupero.
Qual è la differenza tra comunione e separazione dei beni?
Il primo elemento da considerare è il regime patrimoniale scelto durante il matrimonio. Se eravate in comunione dei beni, i debiti contratti durante il matrimonio per esigenze familiari possono coinvolgere entrambi i coniugi. Se invece eravate in separazione dei beni, ognuno risponde solo dei propri debiti, salvo firme come garante, coobbligato o fideiussore.
E dopo la separazione o il divorzio? Cosa cambia?
Dal momento della separazione o del divorzio, i patrimoni sono ufficialmente distinti. Questo significa che i debiti contratti dopo quella data ricadono solo sull’ex coniuge, a meno che tu non abbia sottoscritto obbligazioni insieme a lui o dato garanzie.
Possono pignorarti beni, conti o stipendio per debiti dell’ex?
No, a meno che tu non sia coinvolto direttamente nel debito, per esempio come cofirmatario o se il bene è ancora intestato a entrambi. Se la casa è in comunione o se ci sono beni mobili non ancora divisi, i creditori potrebbero tentare di aggredirli, ma dovranno dimostrare a chi appartengono.
E se vivete ancora nella stessa casa o ci sono beni comuni non divisi?
In questi casi i rischi aumentano, perché i creditori potrebbero agire anche su beni presenti nella casa comune, ritenendoli del debitore. È quindi fondamentale fare chiarezza sulla proprietà dei beni e tutelarsi per tempo con prove, accordi patrimoniali e, se necessario, opposizioni formali al pignoramento.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto di famiglia, responsabilità patrimoniale e difesa contro i creditori – ti spiega cosa sapere se l’ex coniuge ha contratto debiti, quando sei a rischio e come possiamo aiutarti a difenderti in modo efficace.
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Introduzione
La separazione o il divorzio non estinguono automaticamente i debiti contratti durante il matrimonio. È dunque fondamentale comprendere come i diversi tipi di debito – mutui, prestiti personali, debiti fiscali e contributivi, debiti commerciali e d’impresa – si ripartiscano tra gli ex coniugi, tenendo conto del regime patrimoniale adottato (comunione o separazione dei beni) e delle norme di diritto civile e tributario applicabili. In questa guida avanzata, aggiornata a giugno 2025, esamineremo in dettaglio le principali categorie di debito, le responsabilità patrimoniali reciproche, gli effetti giuridici della separazione e del divorzio, i rimedi esecutivi (pignoramenti, sequestri, azioni revocatorie), nonché i casi particolari come fideiussioni e conti correnti cointestati. Il nostro approccio, tecnico ma divulgativo, è rivolto a giuristi, privati e imprenditori che vogliano orientarsi tra obblighi e tutele in ambito famigliare.
1. Tipologie di debiti e loro trattamento legale
In sede di separazione o divorzio, i debiti possono essere di natura molto diversa. Di seguito distinguiamo le categorie principali, evidenziando come vengono trattati in base al regime patrimoniale dei coniugi:
- Mutui ipotecari e prestiti bancari: mutui per l’acquisto di immobili (ad esempio la casa coniugale), prestiti personali (auto, arredi, ecc.) o scoperti di conto.
- Debiti fiscali e contributivi: imposte non pagate (Irpef, Ires, Iva, IMU, ecc.) e contributi previdenziali omessi.
- Debiti commerciali e d’impresa: esposizioni verso fornitori, leasing, debiti tributari o contributivi dell’attività imprenditoriale.
- Obbligazioni civili e di consumo: finanziamenti al consumo, carte di credito, acquisti rateali per esigenze familiari o personali.
- Fideiussioni e garanzie: contratti di garanzia personale prestati da un coniuge per debiti dell’altro (o per terzi), coobbligazioni e conti correnti cointestati.
Ciascuna categoria richiede un’analisi specifica. Di seguito forniamo una sintesi dei punti salienti.
1.1 Debiti bancari e finanziari
- Mutuo co-intestato (ad entrambi i coniugi): dopo la separazione consensuale, ciascun ex coniuge resta solidalmente obbligato verso la banca per l’intera rata. In pratica, la banca può chiedere l’intero importo della rata a uno o all’altro, indipendentemente dagli accordi interni di separazione. Qualora un coniuge si impegni a pagare tutto il mutuo nell’accordo di separazione, tale accordo è vincolante solo tra le parti, ma non vincola la banca se questa non ha formalmente acconsentito alla modifica. Pertanto, se chi si è “accollato” il mutuo smette di pagare, la banca potrà rivalersi sull’altro coobbligato; quest’ultimo potrà poi agire internamente ex art. 1298 c.c. per farsi rimborsare dall’ex coniuge inadempiente. Per evitare rischi residui, è consigliabile formalizzare con il notaio la surrogazione (ovvero l’accollo) del mutuo a favore di un solo coniuge, oppure estinguerlo (ad esempio vendendo l’immobile e dividendo il ricavato).
- Mutuo intestato a un solo coniuge: in linea di principio solo il coniuge intestatario è debitore verso la banca. Tuttavia, se il mutuo è stato acceso per l’acquisto o la manutenzione di un bene comune (ad es. la casa familiare), i debiti dell’impresa familiare (anche quelli non «scoperti dai bisogni familiari») possono gravare sulla comunione dei beni. In regime di comunione legale, i beni comuni rispondono direttamente degli oneri contratti per il loro acquisto e manutenzione. Ciò significa che la banca, dopo aver aggredito il patrimonio personale del debitore, può espropriare l’immobile comune (anche se il mutuo era formale obbligazione di un solo coniuge). In tale evenienza, la Cassazione ha confermato che il bene indiviso può essere pignorato per intero, lasciando il non-debitore coniuge esclusivamente il diritto alla metà del ricavato netto. Di conseguenza, se la casa rimane nella disponibilità di uno solo dei coniugi, è buona prassi estinguere o trasferire formalmente il mutuo a favore di chi la abita, per evitare che l’altro rimanga esposto a lungo termine.
- Prestiti personali e carte di credito: se il finanziamento è intestato a uno solo dei coniugi, di norma l’altro non risponde personalmente verso il creditore. Tuttavia, occorre distinguere due casi:
- Debiti contratti per esigenze familiari: se il prestito è stato acceso nell’interesse della famiglia (ad es. spese mediche dei figli, corsi di studio, bollette familiari), la legge prevede che detti debiti gravino sui beni comuni (art. 186 c.c.). In regime di comunione, tali debiti vengono soddisfatti innanzitutto con il patrimonio comune e, se questo non copre interamente l’esposizione, ciascun coniuge risponde con il proprio patrimonio personale fino al 50% del credito insoddisfatto (art. 190 c.c.). In pratica, dopo la separazione, se rimangono arretrati debiti «familiari», il creditore potrà aggredire solo fino alla metà del debito sull’ex coniuge non-debitore (oltre a quanto già escusso dai beni comuni).
- Debiti personali estranei ai bisogni familiari: se invece il prestito è per fini personali (ad es. spese voluttuarie, investimenti individuali), vale il principio generale di cui agli artt. 187-189 c.c. I beni comuni non rispondono dei debiti contratti prima del matrimonio (art. 187 c.c.). E per i debiti dopo il matrimonio estranei alla famiglia (art. 189 c.c.), il creditore deve escutere innanzitutto i beni personali del coniuge debitore; solo in mancanza di fondi personali potrà rivolgersi ai beni comuni, e comunque limitatamente al valore della quota di competenza del coniuge debitore (in pratica il 50% del valore). La Cassazione ribadisce che, benché il pignoramento possa colpire l’intero bene indiviso, in sede di distribuzione il coniuge non-debitore ha diritto a metà del ricavato, e quindi il creditore «ottiene» al massimo la parte spettante al coniuge debitore. Questo meccanismo tutela il patrimonio dell’ex-coniuge «virtuoso»: almeno metà dei beni comuni resta a suo beneficio, impedendo che un debito del partner li azzeri tutti.
1.2 Debiti fiscali e contributivi
I debiti tributari e previdenziali meritano un’attenzione specifica. In linea generale l’amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate-Riscossione, Equitalia, ecc.) agisce sul debitore legale. Tuttavia, esistono regole importanti quando gli ex coniugi figurano co-obbligati o quando i beni sono comuni:
- Imposte arretrate (es. IMU, Irpef, IRES): se un contribuente marito o moglie non ha versato imposte dovute sulla casa familiare o su altro bene comune, l’Erario può chiedere a ciascun ex coniuge la propria quota di debito, in quanto erano congiuntamente titolari del bene nell’anno di riferimento. Ad esempio, l’IMU non pagata può essere addebitata pro quota a entrambi i comproprietari. Gli accordi di separazione possono prevedere clausole interne su chi provvede ai debiti fiscali pregressi (ad es. il coniuge assegnatario dell’immobile si farà carico dell’IMU arretrata), ma tali pattuizioni non vincolano l’erario: finché il bene era intestato in comproprietà, il Fisco considera entrambi i coniugi debitori pro quota.
- Contributi previdenziali: analogamente ai tributi, i contributi omessi (INPS artigiani, commercianti, gestioni professionisti, ecc.) sono debiti personali dell’imprenditore o lavoratore autonomo. L’INPS può pretendere i contributi non versati solo dal titolare dell’attività; un’ex-moglie/non-debtor in regime di comunione non risponde dei contributi del marito (salvo che figurasse formalmente come co-intestataria nell’impresa, cosa rara). Un’eccezione riguarda i contributi dovuti dal «coadiuvante familiare»: se il coniuge collaborava nell’impresa (ad es. moglie collaboratrice nell’azienda del marito), in teoria può avere un’obbligazione contributiva propria. Tuttavia, senza un incarico formale o coesposizione di carichi di lavoro, l’ente previdenziale difficilmente trasferisce all’ex coniuge il debito contributivo del partner.
- Sanzioni tributarie: le multe eccessive o sovrattasse fiscali di norma non sono trasmissibili nemmeno agli eredi. L’ex-coniuge non-debitore non può essere obbligato a pagare le sanzioni amministrative inflitte all’altro. Tuttavia, se il coniuge «virtuoso» ha pagato imposte o tributi dell’altro utilizzando risorse comuni (ad esempio per evitare fermi fiscali sui beni familiari), in sede di separazione si potrà tener conto di ciò nella divisione patrimoniale. In pratica, l’ex che ha saldato il debito fiscale del partner può pretendere un credito di regresso o una quota maggiore dell’attivo comune a titolo di compensazione.
- Protezione della prima casa: una novità importante in materia fiscale è il divieto di pignoramento della «prima casa» del debitore, introdotto dal d.l. 69/2013 (art. 52, conv. in L. 98/2013) e tuttora vigente. Questo divieto opera solo se l’immobile pignorato è l’unica casa di proprietà del debitore e lui vi risiede. Se, dopo la separazione, la casa coniugale risulta assegnata all’ex coniuge non-debitore (che spesso continua a viverci), formalmente quest’ultimo diventa un “terzo” rispetto al debito fiscale: l’agente della riscossione non può pignorare la casa di un terzo per riscuotere debiti altrui. Tuttavia, occorre attenzione a due aspetti:
- Revocatorie fiscali: se il trasferimento del bene al coniuge non-debitore (in sede di separazione o divorzio) fosse contestato come simulato o fraudolento verso l’Erario, l’Agenzia potrebbe promuovere una azione revocatoria per far tornare l’immobile nel patrimonio del debitore ed eseguirne il pignoramento.
- Termini e condizioni: se il trasferimento della casa avviene con atto pubblico o omologa giudiziaria, esso produce effetti legittimi; ma se risulta una speciosa operazione ante-fallimento, i creditori (ivi inclusa l’Agenzia) possono impugnare l’atto come lesivo dei loro diritti. In sintesi, il divieto di pignorare la prima casa protegge il coniuge non-debitore solo fintanto che l’immobile è effettivamente di sua proprietà esclusiva in modo legittimo e non aggirato da abusi.
1.3 Debiti commerciali e d’impresa
Quando uno o entrambi gli ex coniugi svolgono attività economiche (imprenditori individuali o soci d’impresa), la materia si fa complessa. Chi risponde dei debiti dell’azienda dipende dalla forma giuridica e dal regime patrimoniale:
- Ditta individuale di un coniuge: i debiti contratti nell’ambito dell’impresa individuale restano personali dell’imprenditore. In regime di comunione legale, alcuni elementi dell’impresa (come i reinvestimenti o determinati acquisti) confluiscono nel patrimonio comune (“comunione dei residui”), ma il debito dell’impresa in sé è a carico del coniuge titolare. Il creditore commerciale (fornitore, banca) deve prima escutere i beni personali dell’imprenditore; solo se questi non bastano potrà pignorare i beni comuni, e comunque massimo per un valore pari al 50% (quota del coniuge debitore). In altri termini, l’art. 189 c.c. sul debito personale si applica anche alla ditta individuale: i creditori dell’azienda, in mancanza di liquidità personale, possono rivalersi sulla comunione solo entro la quota del coniuge imprenditore. Se invece il matrimonio era in separazione dei beni, i creditori dell’impresa non possono toccare i beni dell’altro coniuge (salvo garanzie prestate).
- Società di persone (S.n.c., S.a.s.) con entrambi i coniugi soci: nelle società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente con il proprio patrimonio per i debiti sociali (art. 2291 c.c.). Se entrambi i coniugi erano soci illimitatamente responsabili, i creditori della società possono rivalersi su entrambi anche dopo la separazione. Se solo uno dei coniugi era socio illimitatamente responsabile, l’altro non risponde dei debiti sociali, a meno che non abbia prestato fideiussioni separate. Attenzione però: se l’altro coniuge ha firmato fideiussioni o garantito i debiti sociali (caso frequente con banche), rimane obbligato come garante anche da separato (cfr. infra).
- Società di capitali (S.r.l., S.p.A.): i debiti sociali gravano sulla società, non sui soci, i quali rispondono solo fino al capitale conferito. In linea generale i creditori dell’azienda non possono aggredire il patrimonio personale del socio, salvo che questi abbia prestato garanzie personali (es. fideiussione). Dopo la separazione, le quote societarie vengono normalmente attribuite individualmente nell’assegnazione patrimoniale; i creditori personali del socio possono pignorare la quota di sua spettanza. Se i coniugi avevano entrambi quote societarie in comunione, la separazione comporta la liquidazione di tali partecipazioni e l’uscita di uno dei due dal capitale. In ogni caso, la partecipazione stessa non rende l’altro coniuge responsabile dei debiti sociali, a meno che non abbia anche lui firmato garanzie. Segnaliamo che il socio può comunque subire azioni personali (es. per mala gestio o revocatorie) in caso di fallimento della società; questi temi rientrano nel diritto fallimentare e della crisi, analogo a quello che segue per l’imprenditore individuale.
- Fondo patrimoniale: molti coniugi (soprattutto imprenditori) costituiscono un fondo patrimoniale sugli immobili familiari destinato ai bisogni della famiglia (artt. 167-176 c.c.), per proteggerli dai rischi d’impresa. I creditori possono agire su questi beni solo se il debito è stato contratto per fini familiari (art. 170 c.c.); se il debito è d’impresa, il fondo oppone resistenza. La Cassazione ha precisato che non esiste un automatismo: non basta dire “era un debito d’impresa, quindi inevitabilmente di famiglia”. Nel caso di fideiussione concessa da un coniuge per un prestito societario del partner, il creditore non può affermare semplicemente che il debito era per la famiglia. Al contrario, l’ex coniuge garante dovrà dimostrare che i fondi del fondo patrimoniale non sono stati impiegati per esigenze coniugali. In linea pratica, un debitore d’impresa proprietario di un fondo potrà trovare difficoltà a far fallire il fondo stesso: la presunzione è che i debiti d’azienda siano estranei alle esigenze familiari, salvo prova contraria specifica. Il fondo, salvo scioglimento per mutuo consenso, persiste anche dopo la separazione (cfr. art. 171 c.c.) e può essere congelato fino al divorzio o alla maggiore età degli eredi (se non prorogato). Attenzione: una volta sciolto, i beni vincolati tornano nel patrimonio dei singoli coniugi e potrebbero essere aggrediti dai creditori se l’operazione fosse giudicata pregiudizievole ai loro diritti.
1.4 Fideiussioni, coobbligazioni e conti cointestati
- Fideiussioni prestate da un coniuge per debiti dell’altro: il coniuge garante (es. moglie che firma come fideiussore per i debiti della società del marito) rimane obbligato anche dopo la separazione. La separazione personale non estingue i contratti di garanzia stipulati durante il matrimonio. Se il debitore principale (ex coniuge o la sua società) non adempie, il creditore può escutere il garante sui suoi beni personali entro i limiti della garanzia assunta. La beneficiaria del credito può quindi rivolgersi all’ex coniuge garante anche se il debito è stato contratto prima del divorzio. Il coniuge garante ha poi diritto di rivalsa verso il partner come previsto dall’art. 1950 c.c., ma spesso questi è insolvente o in difficoltà, rendendo il recupero incerto. Una possibilità per chi è garante è tentare di liberarsi con il consenso del creditore: in pratica, concordare una surrogazione o sostituzione della garanzia (ad es. con un’altra ipoteca). Se ciò non è possibile, l’obbligo rimane, salvo casi particolari di garanzie a tempo determinato o clausole di revoca nel contratto di fideiussione (rare nei moduli bancari standard). Importante: la giurisprudenza recente introduce elementi di tutela per il fideiussore-coniuge. Le Sezioni Unite della Cassazione, con ordinanza n. 5868/2023, hanno stabilito che la persona fisica che presta garanzia per debiti di terzi estranei alla propria attività professionale può essere considerata consumatore. Ciò significa che, se ad esempio la moglie casalinga ha garantito un finanziamento della società del marito, essa agisce fuori dall’ambito imprenditoriale e, come consumatore, può invocare le tutele del Codice del Consumo (nullità di clausole vessatorie, limiti agli interessi usurari, ecc.). In pratica, la qualificazione di «garante-consumatore» rafforza le possibilità di difesa in giudizio (ad es. contestazione di condizioni contrattuali abusive), anche se non estingue l’obbligo di pagamento. Al contrario, la Cassazione ordinaria aveva già stabilito che l’art. 1956 c.c. sul fideiussore non informato non si applica tra coniugi: in Cass. n. 4112/2016 la Corte ha escluso che la moglie garante possa liberarsi invocando la mancata informazione della banca sulle condizioni del marito. Motivo: la convivenza matrimoniale fa presupporre che il garante fosse al corrente del peggioramento economico dell’altro, equiparando la sua firma a un consenso tacito al credito aggiuntivo.
- Coobbligazioni e spese familiari (conti cointestati): quando i coniugi aprono un conto corrente o contratto insieme, sorgono obbligazioni solidali. In un conto cointestato in regime di comunione, la legge presume la titolarità paritaria. Le somme depositate appartengono ad entrambi e, salvo prova contraria, entrambi sono debitori/creditori solidali delle operazioni effettuate (art. 1854 c.c. per i contratti). La giurisprudenza ha confermato che le spese sostenute con fondi comuni per i bisogni della famiglia (ad es. bollette, mutuo, medicine dei figli) non danno luogo a diritto di rimborso da parte del coniuge “erogante”. In particolare, la Cassazione 17 ottobre 2023 n. 28772 ha rigettato la pretesa dell’ex marito di riavere dalle somme del conto comune le spese fatte dalla moglie, ritenute tutte riconducibili alla solidarietà familiare. In altri termini, i prelievi «familiare» avvenuti congiuntamente dal conto comune si presumono adempimento dell’obbligo contributivo tra coniugi (art. 143 c.c.), e non sono rimborsabili. Diversa è la situazione se uno dei coniugi effettua prelievi per fini personali (non familiari): in tal caso l’altro potrà ex art. 1298 c.c. dimostrare l’uso estraneo al nucleo familiare e chiedere la restituzione della somma illegittimamente appropriata. Ma, come confermano i tribunali, si tratta di valutazioni molto concrete e casistiche (ad esempio: spese di vacanza del marito, investimenti personali, ecc.), in cui il coniuge «creditore» deve provare l’assenza di motivi familiari del prelievo.
- Spese per la famiglia (obblighi di contribuzione): più in generale, ogni spesa comune (scuola figli, affitto, bollette, spese sanitarie, collaboratori domestici, ecc.) rientra nei doveri di assistenza di cui agli artt. 143 e 147 c.c. La Cassazione (come si è visto) ritiene che tali spese gravino sul patrimonio comune e esonerino il coniuge che le sosteneva da obbligo di rimborso. Unico rimedio del non-debitore è ottenere la metà del ricavato di eventuali beni comuni pignorati (vedi oltre).
Tabella 1 – Ripartizione della responsabilità dei debiti secondo il regime patrimoniale
Tipo di debito | Comunione dei beni | Separazione dei beni |
---|---|---|
Debiti contratti prima del matrimonio | Solo debitore (i beni comuni non rispondono: art. 187 c.c.) | Solo debitore |
Debiti contratti per esigenze familiari (es. mutuo casa, spese figli) | Rispondono i beni comuni in primo luogo (art. 186 c.c.) e, se insufficienti, anche i beni personali dei coniugi pro quota (art. 190 c.c.; max 50% per ciascuno) | Il debito rimane personale: paga solo il coniuge che lo ha contratto; l’altro coniuge è indenne, a meno di garanzie prestate. |
Debiti personali estranei alla famiglia (es. prestiti per hobby, spese voluttuarie) | Responsabilità in via sussidiaria: creditori escutano prima il patrimonio personale del debitore, poi aggrediscono i beni comuni limitatamente alla sua quota (art. 189 c.c.; max 50%) | Solo il coniuge debitore (i beni dell’altro non rispondono). In ogni caso il creditore dovrà escutere prima i beni del debitore. |
Debiti contratti da entrambi (obbligazioni solidali) | Entrambi rispondono in solido; i beni comuni rispondono degli oneri contratti congiuntamente (art. 191 c.c.). Dopo separazione diventa comunione ordinaria: si pignorano le quote. | I coniugi, non essendo più uniti, non possono porre debiti in comunione; rimane comunque il vincolo solidale assunto. I beni personali del debitore rispondono. |
Debiti fiscali condivisi (es. IMU sulla casa comune) | Ciascun coobbligato risponde pro quota: l’Agenzia attiva entrambi al 50%. L’accordo tra coniugi non vincola l’Erario. | Solo colui che era formalmente debitore (in qualità di intestatario del bene) va convenzionalmente “salvaguardato”; comunque l’Agenzia può cercare responsabili formali (in comunione non più esistente). |
Fideiussioni garanzia per debiti dell’altro | Il garante resta obbligato anche da separato. Se il creditore aggredisce il garante, quest’ultimo può esercitare regresso verso il debitore principale. La separazione non estingue la garanzia (art. 1936 c.c.). | Medesimo principio: il garante resta imputabile. Può beneficiare delle tutele da consumatore se ricorre (Cass. SU 5868/2023); ma non può appellarsi al “fido all’oscuro” (Cass. 4112/2016). |
Conti correnti cointestati | In assenza di diversi accordi, si presume contitolarità paritetica. Gli estratti conto familiari per spese comuni non danno diritto a rimborso reciproco (il prelievo era solidarietà familiare). Prelievi non familiari seguono art. 1298 c.c. | Se sono estinti, fine storia; se riaperti con entrambi, vale come sopra. I prelievi familiari restano assistiti da obbligo di contribuzione, senza rimborso. Se separazione consensuale, di solito si chiudono i conti o si affidano all’accordo di divisione. |
2. Regimi patrimoniali: comunione dei beni vs separazione dei beni
Il regime patrimoniale scelto al momento del matrimonio ha un impatto determinante sulla responsabilità per i debiti. La legge italiana prevede due regimi principali:
- Comunione legale (comunione dei beni): di norma si costituisce al momento del matrimonio salvo diversa opzione e comprende i beni acquistati dopo il matrimonio (art. 177 c.c.). In questo regime i beni comuni servono a soddisfare gli oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto, le spese familiari e ogni obbligazione contratta dai coniugi nell’interesse della famiglia. Ne consegue che i debiti contratti per finalità familiari (ad es. mutuo casa, spese figli) gravano direttamente sulla comunione. Inoltre, i beni comuni rispondono anche sussidiariamente delle obbligazioni contratte separatamente per bisogni non familiari, ma solo fino alla quota ideale del coniuge debitore. In altre parole, art. 189 c.c. stabilisce che il creditore prima soddisfa se stesso sui beni personali del debitore, e può quindi espropriare beni comuni solo entro il valore della quota spettante al debitore stesso (cioè la metà). La comunione legale è quindi un regime di responsabilità patrimoniale condivisa: le obbligazioni familiari sono comuni, quelle personali dei coniugi possono gravare in parte sulla comunione.
- Separazione dei beni: ciascun coniuge rimane titolare esclusivo dei beni acquistati con le proprie risorse. I creditori di uno solo dei coniugi non possono in alcun modo aggredire i beni dell’altro. Ogni coniuge risponde unicamente dei debiti contratti personalmente (art. 191 c.c.). In questo regime, anche un debito contratto per finalità familiari grava solo sul patrimonio del contraente, seppure i coniugi possano liberamente pattuire redistribuzioni interne. Ad esempio, se solo il marito contrae un mutuo sulla casa intestata all’ex moglie dopo la separazione dei beni, formalmente solo lui è debitore e la casa dell’ex-moglie non è aggredibile, a meno che non vi siano garanzie o fideiussioni specifiche.
2.1 Effetti sul patrimonio comune
In comunione legale i coniugi condividono sia i beni che alcune obbligazioni (quelle familiari o contratte congiuntamente). Vediamo alcuni principi chiave:
- Durante la comunione, i coniugi possono acquistare beni insieme o singolarmente, ma le spese familiari incidono sul patrimonio comune. La giurisprudenza conferma che, in generale, anche i crediti che siano destinati alla famiglia possono entrare nella comunione.
- Solidarietà e sussidiarietà: come detto, i beni comuni rispondono in via principale dei debiti familiari e in via sussidiaria di quelli personali (artt. 186-189 c.c.). Importante: la comunione legale non ha quote fisse. Questo implica che il pignoramento di un immobile comune per debiti di un solo coniuge può colpire l’intero bene. Solo in fase di distribuzione la quota di spettanza del coniuge non-debitore viene restituita.
- Scioglimento della comunione: art. 191 c.c. dispone che la separazione personale dei coniugi (consensuale o giudiziale) provoca ex lege lo scioglimento della comunione legale. Dopo l’omologa della separazione, i beni comuni cadono in comunione ordinaria per quote. In sostanza, si stabiliscono le quote ideali di ciascun coniuge sul patrimonio comune, rendendo i beni pignorabili solo nella misura della quota di competenza. Ad esempio, se dopo la separazione l’immobile comune viene assegnato a un solo coniuge con accordi notarili e l’altro versa, quell’immobile diventa di sua proprietà esclusiva; in tali casi l’Agenzia delle Entrate non può più considerarlo prima casa del debitore ex e aggredirlo (salvo azioni revocatorie). Il Tribunale di merito ha più volte confermato che, dopo l’omologa, i creditori di un ex-coniuge possono espropriare solo la quota di sua spettanza.
- In regime di separazione dei beni, invece, non esiste un patrimonio comune, quindi ogni debito rimane attinente al solo patrimonio del coniuge contraente. Le obbligazioni contratte in comunione nei confronti di terzi solidali (mutuo con fideiussione del coniuge, acquisto congiunto, ecc.) seguono comunque le regole ordinarie contrattuali e possono vincolare il patrimonio di entrambi se essi hanno sottoscritto l’obbligazione (es. mutuo cointestato).
2.2 Rilevanza del regime al momento del contratto di debito
Da quanto sopra segue un principio generale: al creditore non importa del contratto di separazione dei coniugi, né del divorzio. Un accordo tra coniugi che disponga la sola ripartizione dei debiti è efficace “tra le parti” ma non è opponibile ai terzi (banche, fisco, ecc.) che devono attenersi alle intestazioni e agli accordi contrattuali originari. Ad esempio, se i coniugi concordano che solo uno pagherà una cartella esattoriale intestata a entrambi, l’Agenzia continuerà a chiedere a ciascuno la propria quota, perché il verbale di separazione non estingue i debiti pregressi né li “chiama” diversamente. Solo la formale trascrizione di un atto (rogito, novazione, accollo formale, ecc.) può liberare un coniuge dalla posizione di debitore di fronte a terzi.
Tabella 2 – Scioglimento della comunione
Evento | Effetto sui debiti comuni |
---|---|
Separazione personale (verbale di accordo o sentenza) | Cessa la comunione legale ex art. 191 c.c.; i beni comuni diventano in comunione ordinaria per quote. I debiti comuni (es. mutuo cointestato) restano in capo a entrambi con solidarietà pregressa, ma d’ora in poi il creditore può espropriare solo la quota del debitore. |
Divorzio (cessazione degli effetti civili) | Conferma lo scioglimento della comunione: i coniugi diventano proprietari delle quote assegnate. La ripartizione patrimoniale finale regola definitivamente chi risponde di quali debiti (l’accordo omologato di divorzio vale come titolo di trasferimento). |
3. Effetti di separazione e divorzio sui debiti pregressi e successivi
3.1 Debiti contratti prima della separazione
- Prima della separazione personale: fino all’omologa (o alla sentenza) la comunione legale continua a sussistere. I debiti contratti in costanza di matrimonio seguono le regole ordinarie di comunione. Una volta notificato il ricorso per separazione consensuale, la comunione cessa ex lege, ma di fatto il patrimonio si divide solo in sede di divisione. Fino a quel momento, i creditori di uno dei coniugi possono ancora procedere sui beni comuni come descritto nel paragrafo precedente. In molti accordi di separazione si prevedono clausole che obbligano uno dei coniugi a farsi carico di determinati debiti (mutuo, rateazioni, imposte, ecc.); questi impegni hanno efficacia solo tra i coniugi, ma non estinguono il debito nei confronti del terzo creditore.
- Omissis ex art. 187 c.c.: fondamentale ricordare che i debiti contratti da un coniuge prima del matrimonio non gravano sulla comunione. Anche se la comprensione è ovvia, i creditori del partner non possono rivolgersi sui beni comuni per estinguere debiti antecedenti al matrimonio; in questo caso agiscono solo contro il debitore e i suoi beni personali.
- Accordi di separazione e forma legale: un tema particolare riguarda la valenza degli accordi tra coniugi. La Corte di Cassazione, ordinanza 11923/2022, ha sancito che scritture private tra coniugi finalizzate alla separazione di somme o al regolamento patrimoniale devono rispettare i requisiti di legge (atto pubblico, omologazione giudiziale se separazione consensuale) oppure sono nulle. In sostanza, patti prematrimoniali o transazioni dubbi sulla restituzione di somme in caso di separazione sono inefficaci se privi della forma prevista (cfr. art. 158 c.c. per accordi di separazione). Questo non riguarda i debiti in sé, ma evidenzia che in caso di lite i tribunali esamineranno la validità formale degli impegni presi tra ex coniugi.
3.2 Debiti successivi alla separazione
- Durante la separazione di fatto (senza omologa): fino al decreto di omologa della separazione consensuale (o sentenza dichiarativa di separazione giudiziale), il regime patrimoniale rimane quello precedente. Pertanto i debiti contratti dopo la separazione di fatto continuano a rispondere secondo le regole del regime patrimoniale vigente. Ad esempio, se i coniugi erano in comunione dei beni, eventuali nuovi debiti familiari gravano sulla comunione; in separazione dei beni, restano personali al contraente.
- Dopo l’omologa della separazione: come visto, la comunione si scioglie. I debiti successivi a questo momento seguono il nuovo assetto: ogni coniuge risponde dei debiti che contragga individualmente, a meno che in accordo non abbia assunto obblighi di pagamento a favore dell’altro (alla pari di un’assegno di mantenimento, un conguaglio, ecc.). Tali impegni, se formalizzati nell’atto omologato, hanno efficacia di titolo esecutivo interno. Ad esempio, se l’accordo di separazione prevede che il marito pagherà la rata di un finanziamento a spese dell’altro, l’ex moglie potrà agire in via esecutiva (es. opposizione di terzo o esecuzione forzata) per ottenere quanto pattuito.
- Dopo il divorzio: giuridicamente, con il divorzio cessano gli effetti civili del matrimonio e la comunione già sciolta con la separazione resta tale. I debiti contratti dopo il divorzio seguono le regole ordinarie di condotta patrimoniale dei coniugi non più in comunione: ogni ex coniuge è responsabile dei suoi debiti personali. In sostanza, divorzio e separazione consensuale producono gli stessi effetti patrimoniali rispetto ai debiti (venendo meno la comunione). È opportuno però considerare che il divorzio spesso definisce anche il regime alimentare tra ex coniugi; i versamenti periodici di mantenimento non sono debiti contrattuali (ma obblighi imposti dalla legge), trattati separatamente dal TUIR (ad es. deducibili/deducibili ai fini fiscali).
4. Azioni esecutive e tutele del coniuge non-debitore
Quando un creditore procede esecutivamente contro un bene che coinvolge gli ex coniugi, il non-debitore può far valere alcuni rimedi specifici. È opportuno distinguere il contesto di “beni in comunione” da quello di “beni separati”.
4.1 Esecuzione su immobili in comunione
In regime di comunione legale (o comunione ordinaria dopo la separazione), la giurisprudenza è ormai consolidata: il creditore può pignorare l’intero immobile comune per soddisfare il debito di un solo coniuge. Lo ha ribadito la Cassazione a sezioni unite (Cass. 31563/2018) sottolineando che la comunione legale «senza quote» non consente di isolare la metà ideale per il debitore; dunque il pignoramento colpisce il bene intero. Il coniuge non-debitore non può opporsi al pignoramento in senso preventivo: il tribunale non ridurrà l’esecuzione alla sua metà del bene a priori. Tuttavia, il non-debitore ha un diritto di credito sulla metà del ricavato netto (diritto di percepire la sua quota in sede di distribuzione). In pratica, subisce l’espropriazione ma viene garantito postume al momento della divisione dei proventi.
4.2 Opposizioni del coniuge non-debitore
La Cassazione ha indicato i seguenti rimedi a favore del coniuge che si trova coinvolto in un’esecuzione altrui non dovuta (Cass. 6230/2016):
- Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.): se il coniuge non-debitore può dimostrare che il bene pignorato non era in comunione ma era di sua esclusiva proprietà (ad es. l’immobile era personale), può proporre opposizione di terzo per far cessare l’espropriazione. Ciò vale anche se il bene era comune, ma la divisione non era ancora perfezionata e dunque formalmente indiviso (fino a scioglimento).
- Opposizione ex art. 617 c.p.c.: può impugnare gli atti esecutivi formali nei confronti di beni comuni se sono irregolari (mancata notifica a entrambi i coniugi, errori di trascrizione, ecc.). Ad esempio, tribunali di merito hanno annullato pignoramenti su immobili comuni non notificati al coniuge che non era debitore.
- Intervento nell’esecuzione: il non-debitore può intervenire nel processo esecutivo, far valere i propri diritti (quali quello di percepire metà del ricavato) o fare opposizione per fare riconoscere il proprio credito verso il coniuge debitore (art. 1298 c.c.). Non può però bloccare il merito dell’esecuzione sostenendo “il debito non è mio” da solo. Può invece segnalare al giudice esecutivo irregolarità o chiedere che il giudice tenga conto del suo diritto di credito.
- Esecuzione degli obblighi interni: gli accordi omologati di separazione (o divorzio) costituiscono titolo per l’adempimento delle obbligazioni tra gli ex coniugi. Se ad esempio l’accordo prevede che un ex pagherà una rata o verserà una somma all’altro, il mancato adempimento può essere perseguito forzosamente mediante l’atto di omologa come titolo esecutivo. In pratica, l’accordo può includere clausole di regresso: l’ex debito/creditore sollevato può eseguire forzatamente sull’ex debitore per farsi rifondere quanto pagato a suo carico.
4.3 Pignoramenti sui conti correnti
Se un coniuge ex-debitore ha rapporti di conto corrente (personali o cointestati), la legge prevede che il pignoramento colpisca di regola il 50% dei fondi nei conti cointestati, salvo prova contraria (art. 1854 c.c. e circolari AdER). Ad esempio, in caso di conto comune, l’Agenzia delle Entrate si presume agire per il 50% della giacenza. Sul conto intestato a un solo coniuge, se è l’unico debitore, il pignoramento avviene normalmente sulla totalità dei fondi (ove possibile, fatte salve eventuali garanzie sulla prima casa). Nel contesto famigliare, come detto, se un coniuge ha già anticipato somme del conto comune per spese del debito partner, egli può poi agire in via di regresso verso di lui.
4.4 Altri strumenti cautelari e concorsuali
- Sequestro conservativo: se il coniuge sospetta che l’altro stia distruggendo o dissipando beni (ad es. trasferimento fittizio di quote societarie o immobili), può chiedere il sequestro giudiziario o conservativo sui beni comuni ai sensi degli artt. 2902 c.c. e 670 c.p.c. (ad es. ex art. 2905 c.c. in previsione di una futura revocatoria). Si tratta di rimedi cautelari da attivare in sede di separazione o separatamente, soprattutto quando vi è rischio di pregiudizio ai creditori comuni.
- Concorso del coniuge in procedura fallimentare: se un ex coniuge viene sottoposto a procedura concorsuale (fallimento, liquidazione giudiziale, ecc.), l’altro coniuge può insinuare in sede fallimentare i propri crediti (ad es. credito di regresso per somme anticipate, crediti alimentari pregressi) come qualsiasi altro creditore. Inoltre, il coniuge non-fallito può far valere i suoi diritti di proprietà esclusiva (se eventuali beni sono stati erroneamente inclusi nella massa).
- Solidarietà in sentenze civili: infine, se coniugi sono citati congiuntamente in un giudizio (ad es. risarcimento danni) e condannati in solido, si applica sempre la regola dell’art. 1298 c.c.: in assenza di criteri diversi, ciascuno risponde per metà.
Tabella 3 – Rimedi del coniuge non-debitore contro l’esecuzione
Rimedi / Azioni | Finalità |
---|---|
Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) | Impugna la prelazione sul bene se si dimostra che non è in comunione (es. era personale). |
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) | Fa valere vizi formali nella procedura (es. mancata notifica al coniuge non-debitore, errori nella descrizione del bene). |
Intervento nell’esecuzione | Segnala al giudice esecutivo il proprio diritto su metà del ricavato del bene comune e/o fa valere crediti interni (art. 1298 c.c.). |
Esecuzione degli obblighi interni | L’accordo di separazione omologato vale come titolo (es. assegno di mantenimento): il creditore-ex può agire sul debitore-ex inadempiente tramite titolo giudiziario. |
Sequestro giudiziario/conservativo | Si chiede per impedire alienazioni pregiudizievoli dei beni comuni in vista della separazione o in attesa di azione revocatoria (artt. 670 c.p.c., 2905 c.c.). |
Fallimento di un coniuge | Il coniuge non-fallito può insinuare in massa creditoria i propri crediti (di regresso, di mantenimento) e far valere eventuali beni propri erroneamente inclusi dal curatore. |
5. Giurisprudenza recente (Cassazione e tribunali)
Fino al 2025 la Corte di Cassazione e i tribunali di merito hanno fornito numerose pronunce su questi temi. Di seguito, alcuni orientamenti fondamentali:
- Cass. 31563/2018 (Sez. U.) – ha confermato che, in esecuzione immobiliare per debiti personali di un coniuge, è valido il pignoramento dell’intero bene comune, non essendo necessaria la preventiva divisione. Si sottolinea che la comunione legale non è ripartita in quote durante il matrimonio: non si pignora la «quota» del debitore, ma l’intero immobile. Al non-debitore spetta poi in sede di vendita la metà del ricavato netto.
- Cass. 2047/2019 (Sez. II) – ha precisato che non si applicano agli immobili in comunione gli articoli del codice di procedura civile per i beni indivisi (artt. 599-600 c.p.c.), perché la comunione dei coniugi non attribuisce quote divisibili. Pertanto, il coniuge non-debitore non può limitare l’espropriazione alla sua metà: deve intervenire nell’esecuzione per far valere i diritti di sua spettanza (notifica degli atti, opposizioni). In altre parole, se il tribunale procede come se il bene fosse quello di un terzo, il coniuge può opporsi formalmente per inquadrarlo correttamente (art. 602 c.p.c.).
- Cass. 6230/2016 (Sez. III) – ha elencato i rimedi del coniuge non-debitore: opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. se il bene pignorato non era in comunione, opposizione agli atti esecutivi per vizi formali (es. mancata notifica). Ha ribadito che non può invocare il proprio domicilio come scusa per bloccare l’esecuzione se non debitore.
- Cass. 2698/2021 (ad es.) – ha affermato che accordi di separazione/divorzio con trasferimenti patrimoniali non vincolano terzi se non omologati e redatti come atto pubblico (conforme a art. 158 c.c.).
- Cass. 4112/2016 – ha escluso l’applicabilità dell’art. 1956 c.c. (tutela del fideiussore non avvertito) tra coniugi. Ha ritenuto che la vicinanza familiare comporta una presunzione di conoscenza reciproca dei rischi economici, escludendo il «diritto di scioglimento» del fideiussore coniuge.
- Cass. 18749/2004, 10942/2015, 10927/2018 – in tema di conti cointestati tra coniugi (anche in separazione), hanno confermato che le spese familiari non determinano alcun diritto di rimborso.
- Tribunali vari – molte sentenze di merito (es. Trib. Milano 6.12.2017; Trib. Mantova 2018) hanno riconosciuto la figura del “sovraindebitamento della famiglia” ex l. 3/2012, con possibilità di piano congiunto dei coniugi. Sul punto abbiamo visto che la legge ora stabilisce l’ammissibilità di un piano unico per coppie e famiglie (art. 66 D.Lgs. 14/2019).
Questi orientamenti ribadiscono i principi legislativi ed aiutano a prevedere l’esito di contenziosi futuri: ad esempio, la Corte di Cassazione è univoca nell’autorizzare il pignoramento del bene indiviso, mentre tutela sempre in un secondo momento l’altro coniuge attraverso il diritto alla metà del ricavato. Allo stesso modo, si rinforza la posizione del coniuge garanziero-consumatore e si conferma il rigore verso i consocii negligenti (Cass. 4112/2016).
6. Domande e Risposte frequenti
D. Il mutuo era intestato a entrambi, ma l’abitazione è stata assegnata a me con separazione consensuale. Se l’ex marito smette di pagare, la banca può aggredire la mia casa?
R. Sì. Finché il mutuo rimane in capo ad entrambi, la banca può escutere l’intero immobile, anche se tu sei l’unica ad abitarlo. L’accordo di separazione che affida la casa a te non libera automaticamente l’ex dalle obbligazioni verso la banca. Solo una surrogazione notarile (accollare ufficialmente il mutuo) o l’estinzione del mutuo proteggono la casa. Ciò che invece sarà tuo a fine procedura esecutiva (o in caso di vendita all’asta) è la metà del ricavato.
D. L’ex ha trovato un finanziamento personale e mi accusa di dover rispondere anch’io perché vivevamo insieme. È vero?
R. Non in generale. Se avete comunione dei beni, il finanziamento (se per esigenze familiari) può gravare sulla comunione, ma solo fino alle percentuali di legge (vedi sopra). Se invece il debito era per motivi personali non familiari, i beni comuni rispondono in via sussidiaria al 50%. Se eravate in separazione dei beni, tu non sei debitore del suo prestito, a meno che tu non abbia firmato come coobbligato o garante. Verifica se sul prestito esiste cointestazione o se ci sono prove di spesa comune. Senza ciò, l’unico responsabile è chi ha sottoscritto il contratto con la banca.
D. Abbiamo un conto corrente cointestato e l’ex dopo la separazione ha prelevato quasi tutto per spese personali. Posso pretendere il rimborso?
R. Dipende: se le somme erano state messe per la famiglia, probabilmente no. La Cassazione ha chiarito che le spese familiari dal conto comune non danno diritto ad alcun rimborso. Se invece il prelievo era chiaramente per spese personali o voluttuarie (ad esempio, un viaggio di piacere che non coinvolgeva la famiglia), potresti dimostrare la natura personale del debito ex art. 1298 c.c. e chiedere indietro il tuo denaro. Tuttavia, in mancanza di prove chiare è rischioso affidarsi a questo rimedio. Un buon approccio è segnalare in separazione a verbale qualsiasi sottrazione inattesa e chiedere di regolarizzare i saldi comuni.
D. Se l’ex coniuge non paga le cartelle fiscali intestate a lui, l’Agenzia può pignorare il mio stipendio o la nostra casa comune?
R. Le cartelle personali restano suo onere: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione procederà sui suoi beni (compreso il 50% degli immobili cointestati). Può però chiedere anche a te la metà del debito IMU o Irpef (essendo formalmente coobbligati sulla casa familiare). Sullo stipendio tuo non ci può agire, poiché non risulta contribuente lui. Quanto alla casa, se in comunione e tua anche «prima casa», la legge frena il pignoramento solo se è la casa del debitore e suo solo bene. Dopo la separazione, se la casa diventa di tua esclusiva proprietà, formalmente non è più prima casa di lui e non è aggredibile per tasse del marito (salvo revocatoria). In ogni caso, il fisco si rivolgerà prima ai beni comuni e, solo in via residuale, ai beni personali di ciascun coniuge nell’anno di imposta.
D. Ho firmato come garante per un prestito del marito. Dopo la separazione, la banca mi chiede tutto. Cosa posso fare?
R. Purtroppo la separazione non estingue la tua obbligazione di fideiussore. Dovrai rispondere entro i limiti garantiti. Puoi però tentare di ottenere una liberatoria: ad esempio, proporre che tuo marito offra garanzie alternative (altra ipoteca, un altro garante) per farti uscire dalla fideiussione. Nel contempo, verifica se puoi essere qualificata come consumatore: se tu non hai interessi imprenditoriali nell’operazione, la Cassazione SU 5868/2023 ammette che puoi agire da consumatore e impugnare eventuali clausole vessatorie. Se il debito è già sorto, l’unico vantaggio di questo status è la protezione su clausole contrattuali o sul tasso di interesse. Attenzione: non puoi invece scinderti dal contratto invocando l’art. 1956 c.c. se convivevate al momento del nuovo affidamento.
D. Mio marito è socio illimitatamente responsabile in una S.n.c. e abbiamo due case in comunione. Se fallisce la società, cosa rischiamo?
R. Entrambe le case (beni comuni) possono essere aggredite dai creditori sociali in via sussidiaria, essendo il debito d’impresa estraneo alle esigenze familiari. Dopo la separazione, i beni comuni si ridurranno al 50% ciascuno: i creditori potranno espropriare la quota parte di tuo marito, lasciando a te la metà del ricavato. Anche tu rischi però se in passato hai firmato garanzie (fideiussione, ipoteca) per la società; allora potresti diventare diretto debitore verso i creditori sociali.
7. Simulazioni pratiche
Caso 1: Pignoramento di immobile in comunione. Marco e Laura erano sposati in comunione dei beni e avevano mutuo cointestato sulla casa. Dopo la separazione consensuale, la casa è stata assegnata a Laura e Marco è andato via. Marco smette di pagare le rate. Il creditore ipotecario può agire sull’immobile? – Sì. Non essendosi formalmente estinto il mutuo, la banca può espropriare l’intera casa. In pratica, il pignoramento colpirà l’intero immobile. All’asta, chi acquisterà la casa dovrà versare il prezzo alla banca; successivamente, in base al valore di vendita, Laura potrà reclamare metà del ricavato netto come ex comproprietaria. Se Laura non vuole perdere la sua quota, deve tentare in separazione di far liberare il mutuo (es. proponendo alla banca l’accollamento formale di Marco e il rilascio di una liberatoria). In alternativa, potrebbe proporre la vendita consensuale dell’immobile prima del pignoramento e dividere il ricavato.
Caso 2: Debito d’impresa e fondo patrimoniale. Giuseppe, in comunione dei beni, era amministratore di una SRL in crisi. Per proteggere la casa (fondo patrimoniale) aveva costituito un fondo patrimoniale su di essa. La banca fa causa per un prestito concesso alla società. Viene meno anche l’efficacia del fondo patrimoniale? – In linea di principio no: i beni in fondo patrimoniale non sono pignorabili per debiti d’impresa, a meno che non si dimostri che il debito fosse per esigenze familiari (il che qui è improbabile). La Cassazione 29983/2021 conferma che non si presume «spesa familiare» solo perché i proventi d’impresa sostentano la famiglia. Quindi il creditore sociale, per aggredire la casa, dovrebbe provare che effettivamente il prestito serviva al sostentamento familiare (ad es. sostegno diretto alle spese domestiche), il che appare arduo. Pertanto, il fondo patrimoniale potrebbe resistere al pignoramento.
Caso 3: Conto corrente e prelievi familiari. Anna e Luca hanno un conto corrente congiunto per le spese di famiglia. In separazione, Anna preleva €10.000 per pagare bollette e spese per i figli. Luca pretende che glieli restituisca. Deve farlo? – No, secondo la Cassazione e la prassi non esiste obbligo di rimborso di spese familiari. I €10.000 sono stati usati per necessità comuni (bollette, negozi di alimentari, scuole). Anna ha semplicemente adempiuto al proprio dovere di assistenza familiare. Luca, non essendo debitore di alcun finanziamento personale, può solo vantare un credito nei suoi confronti per le spese comuni già sostenute, da valutare nell’ambito della divisione dei beni.
Caso 4: Divisione del debito fiscale. Durante il matrimonio, Mario e Carla avevano due immobili in comunione. Un anno fa Mario non pagò l’IMU e fu iscritta ipoteca per €10.000. Nella separazione si stabilisce che Carla resterà col debito IMU e Mario andrà via. Il Comune può chiedere a Carla quegli €10.000? – Sì. In regime di comunione, l’IMU imposta sulla casa familiare è debito «condiviso»: l’Agenzia delle Entrate e il Comune considerano entrambi responsabili pro quota. L’accordo di separazione che assegna a Carla la “responsabilità” del pagamento non libera Mario verso il Fisco. L’Ente, pertanto, legittimamente può inviare la cartella anche a Carla per la sua metà del tributo arretrato. Carla potrà però chiedere a Mario in sede civile di rifonderla se l’ha pagata lei, basandosi sull’accordo interno (diritto di regresso).
8. Normativa di riferimento
Ai fini della materia in esame, si rammenta la normativa saliente:
- Codice Civile: artt. 143 (obblighi di assistenza morale e materiale tra coniugi), 177-194 (regime patrimoniale della famiglia), 186-189, 190 (oneri della comunione legale e responsabilità sussidiaria), 1936-1957 (fideiussioni), 1298-1299 (debiti in solido), 2740 (responsabilità patrimoniale generale), 187 (debiti pre-matrimoniali), 191 (scioglimento comunione).
- Codice di procedura civile: artt. 186-189, 190 (disposizioni di nuova procedura esecutiva introdotte con riforma 2015, che rafforzano il diritto di credito dei coniugi non-debitori nell’esecuzione immobiliare), 619-620 (opposizione di terzo), 617 (impugnazioni atti esecutivi).
- Legge 8 febbraio 1982 n. 52 (Legge sul Divorzio): artt. 3, 9 (disposizioni sulla divisione patrimoniale e sugli effetti del divorzio), 154 (obbligo di mantenimento).
- Legge fallimentare (R.D. 267/1942) e Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019): norme sui concorsi (fallimento, liquidazione coatta) e procedure di composizione della crisi, incluso il sovraindebitamento familiare (art. 66).
- Codice delle imposte sui redditi (TUIR, D.P.R. 917/1986): ad es. art. 10, comma 1, n. 5 (deducibilità fiscale degli alimenti all’ex coniuge e ai figli, che definisce l’assegno di mantenimento come onere deducibile ai fini IRPEF).
- D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza): istituisce nuove procedure (composizione negoziata, piano di risanamento) e disciplina il sovraindebitamento dei non fallibili (consumatori, professionisti, lavoratori autonomi, famiglie).
Per completezza, si riporta inoltre la fonte dei casi e sentenze citate: Cass. 31563/2018, 2047/2019, 6230/2016, 4112/2016, 5868/2023; Trib. Milano 2017, Trib. Velletri 2022 n. 193, ecc.
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