Debiti Da Shopping Compulsivo: Come Uscirne

Hai accumulato debiti a causa di acquisti continui e impulsivi? Ti ritrovi con carte di credito al massimo, prestiti attivi e rate che non riesci più a gestire? Ti stai chiedendo se esiste un modo per uscire da questa spirale senza perdere tutto?

I debiti da shopping compulsivo sono una realtà sempre più diffusa. Nascono spesso da un bisogno emotivo, da una sensazione di vuoto o da momenti difficili, ma nel tempo si trasformano in un peso finanziario enorme, difficile da affrontare da soli.

Cosa succede quando i debiti superano le tue possibilità?

Quando le rate si accumulano, le carte non vengono più saldate e le entrate non bastano a coprire le uscite, si entra in una condizione di sovraindebitamento. Questo può portare a solleciti continui, iscrizioni nelle centrali rischi, blocchi del conto, fino a pignoramenti e segnalazioni.

Come puoi uscirne?

La buona notizia è che esistono strumenti legali pensati proprio per chi si trova in questa situazione. Puoi accedere a una procedura di sovraindebitamento: una soluzione prevista dalla legge che ti consente di:

  • sospendere le azioni dei creditori;
  • ristrutturare i debiti in base alle tue reali possibilità;
  • ridurre o addirittura cancellare parte delle somme dovute, se non più sostenibili.

E se non hai nulla da offrire? Nemmeno un reddito sufficiente?

Anche chi non ha beni o un lavoro stabile può, in alcuni casi, accedere alla cosiddetta esdebitazione del debitore incapiente, cioè la liberazione dai debiti senza doverli pagare, se ricorrono le condizioni previste dalla legge.

E le segnalazioni nelle banche dati?

Con la chiusura della procedura puoi ottenere anche la cancellazione dalle centrali rischi e ripartire da zero, senza più segnalazioni negative.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del sovraindebitamento e tutela dei debitori – ti spiega cosa puoi fare se hai accumulato debiti per shopping compulsivo, quali strumenti legali puoi usare e come possiamo aiutarti a tornare libero, senza più il peso delle rate e delle minacce dei creditori.

Sei sommerso da debiti per acquisti compulsivi e non sai come uscirne? Hai bisogno di un piano concreto per chiudere tutto e ricominciare senza ansia?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo insieme la tua situazione, valuteremo se puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento e ti accompagneremo passo dopo passo per risolvere i tuoi debiti e tornare finalmente sereno.

Introduzione

Lo shopping compulsivo è una forma di dipendenza da acquisto in cui il soggetto effettua spese ripetute e smisurate, spesso per beni non necessari, superando le proprie capacità economiche. In Italia, questa condizione può condurre a un grave sovraindebitamento: lo stato di indebitamento eccessivo in cui i debiti complessivi superano ampiamente il patrimonio disponibile del debitore. Il debitore in queste situazioni patisce non solo conseguenze economiche ma anche psicologiche, trovandosi spesso incapace di interrompere il circolo vizioso degli acquisti.

Sul piano giuridico, l’ordinamento italiano ha introdotto strumenti di composizione della crisi rivolti ai soggetti non fallibili (privati, professionisti, piccole imprese, ecc.) in gravi difficoltà ma senza comportamenti dolosi. L’obiettivo comune delle procedure è la ristrutturazione del debito e l’esdebitazione finale (cioè la cancellazione dei debiti residui), garantendo al contempo condizioni di vita dignitose per il debitore. Tali strumenti, introdotti dalla “Legge Salva-suicidi” (L. n. 3/2012) e riformati dal Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019 e D.Lgs. n. 83/2022), possono interessare anche chi abbia contratti di acquisto rateali o finanziamenti legati allo shopping compulsivo. In linea di massima, può accedere alle procedure di composizione del sovraindebitamento chi rispetti questi requisiti:

  • Non essere soggetto a fallimento o a procedure concorsuali proprie (ossia essere «non fallibile»).
  • Trovarsi in stato di sovraindebitamento, con debiti totali superiori al proprio patrimonio e reddito disponibile.
  • Non aver determinato la crisi con comportamenti fraudolenti o gravemente colposi (ovvero avere una condotta “meritevole”), secondo i criteri della legge.

Da un punto di vista pratico, la persona con debiti da shopping compulsivo deve quindi valutare quale procedura sia più adatta alle sue condizioni patrimoniali e reddituali. Le principali soluzioni giuridiche offerte dall’ordinamento italiano includono:

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore L.3/2012): un piano di pagamento personalizzato presentato al tribunale tramite un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Non richiede il consenso formale dei creditori (omologazione a cura del giudice) e può prevedere dilazioni, rateizzazioni o stralci parziali dei debiti. Al termine del piano e se approvato, il debitore ottiene l’esdebitazione finale.
  • Concordato minore (ex accordo di composizione della crisi): soluzione riservata a piccoli imprenditori individuali, professionisti e soci illimitatamente responsabili, che prevede la presentazione di un piano di ristrutturazione dei debiti negoziato con i creditori. Richiede il consenso di almeno il 50% dei creditori (quota di debito) e mantiene l’attività dell’impresa.
  • Liquidazione controllata del patrimonio: procedura liquidiatoria semplificata (riservata a tutti i soggetti non fallibili) in cui il debitore trasferisce i propri beni non essenziali a un liquidatore, i quali vengono venduti per soddisfare i creditori secondo l’ordine di prelazione. Alla fine della liquidazione (o dopo tre anni), il debitore ottiene l’esdebitazione automatica di ogni residuo debito.
  • Esdebitazione del debitore incapiente: nuovo istituto introdotto dal Codice della Crisi (art. 67), applicabile quando il debitore non possiede alcun bene o reddito utile a soddisfare i creditori. In questo caso, è prevista la cancellazione totale dei debiti residui (senza pagamento) a condizione che il debitore provi la propria buona fede e abbia partecipato alla procedura di composizione.

Oltre a queste procedure concorsuali, sono previste forme di negoziazione privata con i creditori (anche in forma di accordi stragiudiziali come saldo e stralcio), nonché il ricorso a mediatori e associazioni di consumatori per assistenza e consulenza legale. In alcuni casi estremi di shopping compulsivo conclamato, la giurisprudenza ha persino ammesso l’istituzione di un amministratore di sostegno, riconoscendo uno stato di infermità di mente che compromette la capacità di gestire il patrimonio. Tuttavia, il quadro normativo primario rimane rappresentato dalla L.3/2012 e dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi). Nei paragrafi che seguono esamineremo in dettaglio ciascuna soluzione giuridica, confrontandone i requisiti, i vantaggi e gli svantaggi, con riferimenti normativi, giurisprudenziali e casi pratici.

1. Quadro legislativo di riferimento

La legge n. 3/2012 – nota come “legge salva-suicidi” – ha introdotto per la prima volta in Italia strumenti specifici, giudiziali e stragiudiziali, per la composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili (cittadini, piccoli imprenditori, professionisti, ecc.). Essa stabiliva che, purché il debitore non avesse determinato dolosamente il proprio dissesto e agisse con diligenza, poteva presentare al tribunale un piano o un accordo di ristrutturazione dei debiti. Con la riforma operata dal Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) – attuativo della l.155/2017 – e le sue successive modifiche (D.Lgs. n. 83/2022, n. 136/2024 ecc.), la disciplina è stata raccolta e aggiornata. In sintesi:

  • Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) – in vigore dal 15/8/2020 (con alcune previsioni anticipate al 2019 e molte ulteriormente posticipate) – ha sostituito la L.3/2012 eliminando la terminologia “accordo di composizione” in favore di “concordato minore”, rinominando il piano del consumatore in “piano di ristrutturazione dei debiti” (esclusivamente per i consumatori) e prevedendo, fra l’altro, il principio del merito creditizio del debitore. Il codice ha inoltre introdotto il concetto di meritevolezza meno restrittivo per il debitore, accompagnato da nuove tutele contro prestiti concessi in precedenza in spregio alla capacità reddituale del consumatore.
  • D.Lgs. 83/2022 (codice correttivo): ha integrato il Codice della crisi, in particolare estendendo e armonizzando alcune procedure di sovraindebitamento (ad esempio la “composizione negoziata” per le imprese sotto soglia), ma ha confermato le principali novità in materia di sovraindebitamento dei consumatori già introdotte dal Codice di Crisi.
  • Norme ordinarie e di emergenza: nel corso del 2020-2023 sono intervenuti vari decreti-legge (cd. “Cura Italia”, “Ristori”, “Sostegni” ecc.) che hanno modificato temporaneamente termini e modalità di accesso alle procedure (ad es. spostando in avanti l’entrata in vigore del Codice, sospendendo le esecuzioni più lungamente, ecc.). Tali misure hanno spesso facilitato l’accesso a strumenti come la composizione della crisi in favore dei consumatori in difficoltà, pur se le regole fondamentali restano quelle del Codice della crisi vigente.

L’impianto base resta comunque quello delineato dalla l.3/2012: il sovraindebitamento va inteso come stato di eccessivo indebitamento non imputabile a comportamenti gravemente colposi o dolosi del debitore. Tale stato legittima l’accesso a procedure che, superata la fase istruttoria, portano il debitore a ristrutturare il debito secondo le proprie capacità economiche e a ottenere l’esdebitazione finale (cancellazione residua dei debiti). Dal punto di vista soggettivo, possono presentare domanda tutti i soggetti non fallibili che si trovino in tale stato: tra questi rientrano i consumatori privati, i lavoratori autonomi senza partita IVA, i piccoli imprenditori sotto soglia, gli imprenditori agricoli, le start-up innovative, le ONLUS e altri enti non profit. Dal punto di vista oggettivo, la procedura può coinvolgere debiti di varia natura: dalle rate del mutuo o dell’auto ai prestiti personali, dalle carte di credito ai finanziamenti al consumo, fino ai debiti tributari o contributivi (salvo limitazioni specifiche, come vedremo). Le previsioni più importanti nel testo di legge includono, ad esempio, l’art. 8 l.3/2012 (moratoria massima di un anno sui debiti), l’art. 12-bis (deposito del piano del consumatore) con i suoi criteri di fattibilità, l’art. 14-ter (liquidazione del patrimonio) fino all’art. 67 del Codice della Crisi, che regola l’esdebitazione del debitore incapiente.

Si noti che l’elemento soggettivo del credito è giudicato in base al merito creditizio, come ribadito dalla giurisprudenza: il debitore non deve dimostrare a priori la propria diligenza nel contrarre i finanziamenti, ma al giudice spetta verificare che egli non abbia fornito dati mendaci o omesso informazioni rilevanti sul proprio indebitamento, ostacolando così la valutazione della sostenibilità del piano. Per esempio, la Cassazione ha rigettato un piano consumatore perché il debitore nel questionario indicava solo due finanziamenti invece dei numerosi realmente in essere, impedendo alla banca di valutare correttamente il suo merito creditizio. In sostanza, la disciplina postula sempre una condotta collaborativa del debitore: dichiarazioni reticenti o false possono compromettere l’intero procedimento.

2. Principali procedure di sovraindebitamento

2.1 Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore)

Il piano del consumatore è una procedura paraconcorsuale riservata al debitore consumatore – ossia persona fisica che assume debiti per scopi estranei all’attività lavorativa o imprenditoriale – e permette di proporre al tribunale un piano di ristrutturazione dei debiti basato sulle capacità reddituali del debitore stesso. Con il Codice della crisi si è ribattezzato “piano di ristrutturazione dei debiti”, ma la sostanza resta la stessa.

Requisiti e presentazione: Il debitore raccolta ampia documentazione (elenco dei creditori, dati reddituali, documenti di spesa, ecc.) e con l’assistenza di un OCC (Organismo di composizione delle crisi) presenta la domanda al tribunale, corredandola di un piano di rientro. Tale piano può prevedere dilazioni, rateizzazioni o addirittura parziali riduzioni (stralci) dei debiti, sempre compatibili con il minimo vitale di sostentamento del nucleo familiare. È fondamentale dimostrare la situazione reddituale e patrimoniale (ad esempio con modelli ISEE, buste paga, prospetti di spesa).

Iter procedurale: Se il giudice ritiene ammissibile la domanda, fissa un’udienza entro 60 giorni dal deposito. Nel frattempo, tutti i creditori devono essere notificati dal medesimo OCC con almeno 30 giorni di anticipo. Durante l’udienza (e nei momenti successivi) i creditori possono presentare osservazioni. Il giudice può sospendere esecuzioni forzate in corso (pignoramenti, ipoteche, fermo amministrativo) qualora siano pregiudizievoli per la fattibilità del piano. Al termine, il giudice valuta il piano secondo due criteri fondamentali: la fattibilità economica (cioè la concretezza del piano rispetto alle entrate del debitore) e la convenienza per i creditori (minimo soddisfacimento dei creditori impignorabili, iva, ritenute dei dipendenti, ecc.). Inoltre, deve escludere che il debitore abbia determinato colposamente il sovraindebitamento (ad esempio ricorrendo in modo sproporzionato al credito). In assenza di vizi, il tribunale emette decreto di omologazione del piano (entro 6 mesi dalla domanda), che acquisisce efficacia pubblicitaria similmente a un atto esecutivo.

Effetti: Dalla data di omologazione del piano i creditori non possono più proseguire o iniziare azioni esecutive individuali sui beni del debitore. I creditori sono vincolati al piano approvato e, una volta esaurito il piano (ossia dopo aver pagato quanto convenuto), il debitore ottiene automaticamente l’esdebitazione: tutti i debiti residui compresi nel piano vengono cancellati. L’omologazione, quindi, assicura al debitore una “ripartenza” economica, liberandolo dal gravame del debito residuo. Un recente orientamento giurisprudenziale ha stabilito che nel piano si possono includere anche i debiti garantiti da ipoteca (mutui per l’abitazione principale): pur essendo prevista una moratoria massima di 1 anno ex lege, il piano omologato può disporre una dilazione oltre tale termine purché i creditori ipotecari siano messi in condizione di esprimersi sulla proposta.

Pro e contro: Il piano del consumatore è più semplice e flessibile rispetto alle altre procedure, perché non richiede il consenso formale dei creditori. È adatto a chi ha redditi stabili (dipendente, pensionato, autonomo senza P.IVA) e desidera pagare mensilmente una rata commisurata alle proprie possibilità. Consente di bloccare le azioni esecutive quasi subito e di coinvolgere tutti i creditori (banche, finanziarie, fornitori, Agenzia Entrate). Tuttavia, non tutti i piani vengono approvati: secondo dati recenti, circa il 40% delle proposte viene rigettato, perlopiù per mancanza di requisiti di meritevolezza o fattibilità. Il giudice, infatti, può rigettare il piano se ritiene che il debitore abbia assunto obbligazioni senza ragionevole prospettiva di adempimento o se il piano stesso lascia troppo scoperti alcuni crediti previsti come pagabili prioritari. In pratica, il debitore deve dimostrare trasparenza e buona fede (come evidenziato dalla Cassazione: omissioni nel questionario del merito creditizio hanno causato il rigetto del piano).

2.2 Concordato minore (ex accordo di composizione della crisi)

Il concordato minore è l’evoluzione dell’ex “accordo di composizione della crisi” della L.3/2012 e si rivolge principalmente a soggetti con partita IVA: piccoli imprenditori individuali, professionisti (liberi professionisti iscritti a ordini, artigiani, ecc.), soci illimitatamente responsabili di società di persone, oltre a start-up innovative e simili. A differenza del piano del consumatore, qui il debitore negozia direttamente con i creditori un piano di ristrutturazione del debito (con dilazioni e/o riduzioni), dovendo ottenere un consenso dei creditori.

Requisiti: Possono accedere all’accordo/concordato minore i debitori che non rientrano nella giurisdizione fallimentare (cioè i soggetti non fallibili), con debiti complessivi non coperti dalle disponibilità economiche. In particolare è richiesto che l’impresa sia al di sotto dei limiti dimensionali per il fallimento (ad esempio, fatturato annuo inferiore alla soglia), e che il debitore non sia in liquidazione o fallimento.

Iter procedurale: Il debitore presenta al tribunale la proposta di concordato (sempre tramite OCC), che include l’elenco dei creditori, il piano di pagamento e ogni garanzia offerta. Il giudice fissa un’udienza e provvede alla pubblicazione della proposta. Successivamente, i creditori vengono riuniti (assemblea) per votare sull’accordo. Con il Codice della crisi, il quorum per l’approvazione è stato abbassato al 50% del passivo (invece del 60% precedente). Se la maggioranza qualificata dei creditori (e tutte le categorie necessarie) approvano il piano, il tribunale omologa il concordato, vincolando anche i dissenzienti al piano approvato.

Effetti: Il concordato consente al debitore di evitare l’esecuzione forzata dei creditori (durante il procedimento le azioni esecutive vengono sospese) e di continuare l’esercizio dell’attività aziendale sotto le nuove condizioni concordate. Alla fine del piano, analogamente al piano del consumatore, si ottiene l’esdebitazione; il debitore è sollevato dal residuo debito nei confronti dei creditori aderenti. In caso di inadempimento, comunque, i creditori possono riprendere le azioni esecutive scattate dal giorno dell’omologa non rispettata.

Pro e contro: Il concordato minore consente agli imprenditori di ripianare i debiti senza liquidare l’impresa (evitando il fallimento), preservando l’attività produttiva. Tuttavia richiede impegno negoziale diretto con i creditori e il consenso di almeno metà dei creditori, il che può risultare ostico in caso di moltissimi creditori e posizioni fortemente irrecuperabili. Per un consumatore puro (senza P.IVA) in genere non è uno strumento applicabile, a meno che non sia coinvolto in affari come professionista.

2.3 Liquidazione controllata del patrimonio (ex liquidazione del patrimonio del consumatore)

La liquidazione controllata (introdotta dalla l.3/2012 per i consumatori e conservata nel Codice) è una procedura liquidatoria semplificata riservata a qualsiasi debitore non fallibile – di conseguenza può essere richiesta anche da consumatori o da piccoli imprenditori – e consiste nella vendita giudiziale dei beni del debitore al fine di soddisfare i creditori. Con il Codice della crisi è stata ribattezzata liquidazione controllata del patrimonio del debitore e snellita nelle sue fasi operative.

Requisiti: Non vi sono particolari vincoli soggettivi oltre al requisito generale di non fallibilità; pertanto può essere avviata da consumatori con debiti esorbitanti e anche da debitori con redditi insufficienti a sostenere un piano. In pratica, il debitore cede al liquidatore la titolarità di tutti i beni mobili e immobili (eccetto quelli essenziali come strumenti di lavoro, beni familiari indispensabili ecc.), e il liquidatore provvede alla loro vendita.

Iter procedurale: Il debitore presenta domanda al tribunale (tramite OCC), corredando un elenco dei beni ceduti. Il tribunale omologa la liquidazione, sospende le esecuzioni in corso e nomina un liquidatore (che può essere lo stesso OCC o un professionista diverso). Il liquidatore procede dunque alla vendita dei beni (aste, vendite private), e ripartisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine di prelazione (ad es. privilegi legali, ipoteche, creditori chirografari, ecc.).

Effetti: Alla conclusione delle vendite, se i beni sono esauriti, il debitore rimane libero da qualunque debito residuo: con il Codice della crisi infatti l’esdebitazione è automatica al termine della procedura (oppure è richiedibile trascorsi tre anni dall’avvio della liquidazione). In sostanza, il liquidatore trasferisce in favore dei creditori tutto il valore dei beni ceduti e la procedura si chiude, liberando il debitore da ulteriori debiti. In passato la legge richiedeva addirittura il consenso del debitore per rinunciare al residuo, ma oggi non è più necessario: l’ordinanza di chiusura suffraga l’esdebitazione.

Pro e contro: La liquidazione controllata è spesso utilizzata quando il debitore non può realisticamente pagare nulla tramite piano (ad esempio perché non ha reddito o reddito molto basso). Offre il vantaggio che l’omologa del piano non è soggetta alla verifica di meritevolezza del debitore (poiché i suoi beni vengono tutti liquidati) e che, di fatto, chiude ogni contenzioso esecutivo. Il principale svantaggio è che comporta la perdita di tutti i beni ceduti (venduti), con conseguente riduzione del patrimonio personale. Inoltre può risultare complessa e lunga nel reperimento e vendita dei beni. Dal punto di vista psicologico, alcuni preferiscono optare subito per la liquidazione (ottenendo esdebitazione entro 3 anni), piuttosto che inseguire soluzioni di ripianamento che rischiano di fallire.

2.4 Esdebitazione del debitore incapiente (procedura ad hoc)

Il Codice della crisi prevede un’ulteriore via speciale per il debitori incapienti (senza alcun bene o reddito utilizzabile), disciplinata dall’art. 67: la procedura di esdebitazione del debitore incapiente. Questa procedura non richiede un piano di pagamento né la vendita di beni, ma si fonda sulla mera instaurazione del processo e sulla dimostrazione della totale incapacità a soddisfare i creditori.

Requisiti: Possono richiederla i consumatori (o imprenditori non fallibili) in stato di insolvenza che non abbiano alcun potenziale attivo da liquidare. Il debitore deve altresì provare di aver agito in buona fede (non aver nascosto beni o redditi e non aver precedentemente richiesto procedure di composizione).

Iter procedurale: Analogo agli altri procedimenti, il debitore presenta istanza al tribunale tramite OCC, dichiarando lo stato di completo scarto delle procedure tradizionali e l’assenza di qualsiasi risorsa mobilizzabile. Il tribunale, esaminata la situazione, può disporre l’esdebitazione del debitore incapiente, fissando un termine (tre anni dall’apertura) oltre il quale gli eventuali creditori residui non saranno più perseguibili.

Effetti: La conclusione positiva di questa procedura determina la cancellazione totale dei debiti residui del debitore incapiente. A differenza degli altri strumenti, non vi è alcuna contropartita da versare, poiché proprio l’assenza di beni rende impossibile una soddisfazione anche minima dei creditori. Una volta ottenuto il provvedimento, il debitore è sollevato da ogni obbligo di pagamento e i suoi dati vengono cancellati dalle banche dati dei crediti (CRIF, SIC, ecc.). Questa soluzione è, naturalmente, l’extrema ratio: è destinata a soggetti che non dispongono di nulla di valore e che si trovano in stato di insolvibilità conclamata.

3. Strumenti extragiuridici e supporti

Oltre alle procedure legali, esistono diversi strumenti extra-giuridici e di supporto che il consumatore in difficoltà può attivare per tentare di ridurre i debiti derivanti da shopping compulsivo:

  • Rinegoziazione con banche e finanziarie: spesso il primo passo è cercare un accordo amichevole con i creditori. Ad esempio, un prestatore può concedere di propria iniziativa la rinegoziazione del piano di rimborso (allungando le rate o riducendole provvisoriamente), oppure taluni enti creditizi accettano proposte di saldo e stralcio (cioè di chiusura del debito a fronte del pagamento di una parte ridotta concordata). Tali accordi avvengono in via negoziale: il consumatore e il creditore trattano direttamente sulle cifre, senza intervento del tribunale. Ad esempio, un debitore in grande difficoltà può offrire al creditore 60-70% del debito complessivo in un’unica soluzione a saldo e stralcio, oppure chiedere di sospendere i pagamenti per alcuni mesi. Molti istituti bancari e finanziari hanno anche sportelli di assistenza dedicati ai clienti in morosità, conformi ai codici di condotta siglati dalle associazioni di categoria. Se i tentativi negoziali falliscono, è possibile rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per eventuali controversie sui finanziamenti (ad es. rateizzazione non autorizzata, abuso d’ufficio, ecc.), ma l’ABF non ristruttura i debiti: al massimo può ottenere riconoscimenti risarcitori.
  • Saldo e stralcio stragiudiziale: come visto, si tratta di una soluzione bonaria per cui il debitore, tramite un mediatore o direttamente, offre ai creditori una percentuale del debito totale (ad es. il 50-70%) e, se l’offerta viene accettata, estingue il debito pagando quell’importo una tantum o a breve termine. Questa modalità è apprezzata perché evita lungaggini processuali e costi legali, ed è spesso usata per i debiti con i creditori privati (banche, finanziarie, fornitori). Tuttavia non può includere debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione (per i quali esistono altre procedure statali di agevolazione). Il saldo e stralcio esige comunque liquidità disponibile o accesso a nuovo credito per il pagamento della somma pattuita.
  • Associazioni dei consumatori: organizzazioni come Federconsumatori, Altroconsumo, Adiconsum e altre forniscono orientamento, consulenza legale e talvolta assistenza diretta nella predisposizione delle domande di sovraindebitamento. Ad esempio, la Federconsumatori di Milano svolge da anni un’attività di sportello dedicato, collaborando con gli OCC degli ordini degli avvocati. Il fine è aiutare il cittadino a preparare la documentazione, a discutere con i creditori e a seguire il procedimento in tribunale. Le associazioni possono inoltre promuovere campagne di sensibilizzazione sulla prevenzione dell’indebitamento e far pressione istituzionale per risposte adeguate. Il supporto di tali enti può essere prezioso per capire quale procedura convenga di più al proprio caso e per evitare truffe (es. da parte di sedicenti “consulenti legali” non autorizzati).
  • Autodisciplina contrattuale e codici di condotta: settore bancario e finanziario in Italia segue vari codici di condotta volti a evitare prestiti irresponsabili. La delibera n. 115/2015 dell’Autorità Antitrust e successivi orientamenti incoraggiano banche e intermediari a rinegoziare in presenza di difficoltà del debitore. Ad esempio, la consulenza creditizia gratuita offerta da molti enti è nata in attuazione di questi principi (d.l. Cresci Italia 2013). Sebbene non esista un “codice unico” compilato in materia di rinegoziazione per sovraindebitamento, il sistema bancario prevede meccanismi interni di gestione dei crediti “in sofferenza” e può concordare piani di rientro o moratorie bilaterali. L’importante è rivolgersi sempre a interlocutori affidabili e, in caso di diniego, ricorrere all’arbitro o proporre (se possibile) una domanda formale di concordato o piano consumatore.
  • Supporto psicologico e sanitario: poiché lo shopping compulsivo è un disturbo del comportamento, è utile ricordare che esistono percorsi di cura e gruppi di aiuto (ad es. associazioni di auto-mutuo aiuto, psicoterapeuti specializzati) per affrontare la componente psicologica della dipendenza. In casi estremi – come ha riconosciuto il Tribunale di Varese nel 2012 – il debitore affetto da shopping compulsivo può venire dichiarato incapace di una gestione equilibrata del proprio denaro e un giudice tutelare può nominare un amministratore di sostegno, prescrivendo anche un percorso terapeutico. Questo strumento, pur non attenuando direttamente i debiti, può aiutare a ripristinare un equilibrio economico-personale (ad esempio bloccando gli acquisti futuri) e a tutelare il soggetto in fase di procedimenti di sovraindebitamento.

4. Confronto tra procedure (tabelle)

Per riassumere i punti chiave, si forniscono di seguito tabelle riepilogative sulle principali procedure concorsuali di sovraindebitamento, evidenziando destinatari, condizioni di accesso e gli effetti principali:

  • Procedura: indica il nome e il riferimento legislativo.
  • Soggetti ammessi e requisiti: in base alla classificazione consumatori/imprenditori, disponibilità patrimoniale, ecc.
  • Consenso richiesto/Quorum: indica se il piano necessita del voto di una maggioranza di creditori o se l’approvazione è autonoma.
  • Effetti ed esdebitazione: descrive cosa accade al patrimonio e al debito residuo.
  • Vantaggi e svantaggi: breve nota comparativa (solo punti salienti).
ProceduraSoggetti ammessi / RequisitiQuorum / ApprovazioneEffetti principali (es. esdebitazione)Vantaggi principaliSvantaggi principali
Concordato minore (acc. di composizione)Piccoli imprenditori individuali, professionisti, soci illimitatamente responsabili, start-up innovative. Deve trattarsi di soggetto non fallibile con situazione debitoria grave.Consenso almeno 50% del passivo (art. 44 CCII). Assemblea dei creditori.Omologa di un piano negoziato con i creditori (dilazioni/riduzioni). Impresa conservata. Esdebitazione finale al completamento del piano. Impedisce prosecuzione esecuzioni.Permette di continuare l’attività imprenditoriale. Predispone piano concordato.Richiede negoziazione diretta e maggioranza dei creditori. Rischio di rigetto se non raggiunto quorum.
Piano di ristrutturazione dei debiti (ex piano del consumatore)Consumatori, pensionati, lavoratori dipendenti, autonomi senza P.IVA, ONLUS e altri enti non profit. Il debitore deve dimostrare meritevolezza e fattibilità (artt.12-bis, 12-ter L.3/2012).Nessun quorum formale dei creditori: il piano è approvato dal Tribunale dopo udienza.Rateizzazione e/o dilazione del debito; possibile stralcio parziale. Prevede anche (facoltativa) moratoria fino a 1 anno. Impedisce nuove esecuzioni durante il piano. Esdebitazione al termine del piano.Non richiede l’approvazione dei creditori; offre flessibilità di dilazioni e riduzioni. Blocca immediatamente le azioni esecutive.Rigida verifica di fattibilità e meritevolezza. Circa il 40% dei piani viene rigettato se giudicato inammissibile. Richiede supporto professionale e può essere lungo.
Liquidazione controllata del patrimonioQualsiasi debitore non fallibile (consumatori, professionisti, piccole imprese, creditori stessi nei casi previsti). Ideale se il debitore ha beni significativi da vendere.Aut. del Tribunale (omologazione della domanda)Tutti i beni non essenziali del debitore ceduti al liquidatore e venduti. Proventi ripartiti ai creditori in base all’ordine legale. Esdebitazione automatica dopo 3 anni dall’apertura o al termine della liquidazione.Procedura liquidatoria semplificata. Non richiede piani di pagamento o consensi. Garantisce esdebitazione automatica dei residui.Perdita di tutti i beni ceduti. Procedura più complessa dal punto di vista operativo (vendite giudiziarie, ecc.). Il debitore perde gran parte del proprio patrimonio.
Esdebitazione del debitore incapiente (art. 67 CCII)Debitori (anche consumatori) in stato di assoluta insolvenza senza beni o redditi utili. Bisogna provare di aver agito in buona fede e di non poter agire altrimenti.Aut. del Tribunale (in base alla domanda)Cancellazione totale di TUTTI i debiti residui senza alcun pagamento, a condizione di buona fede. Viene meno qualsiasi azione di recupero.Soluzione “estrema” ma efficace: rende il debitore libero da ogni vincolo senza costi aggiuntivi.Applicabile solo in presenza di assoluta mancanza di attivi. L’approvazione è discrezionale.

Nella tabella si vede come i requisiti di accesso cambino significativamente: il piano del consumatore è rivolto al singolo privato con redditi regolari, mentre il concordato minore e la liquidazione possono coinvolgere anche le imprese (piccole o artigiane). Gli effetti principali consistono tutti nell’ottenere l’esdebitazione finale (con cancellazione dei debiti residui), ma i percorsi verso tale risultato differiscono: attraverso il soddisfacimento tramite piano (con crediti ristrutturati), oppure tramite la cessione del patrimonio.

Per orientarsi ulteriormente, si può preparare anche una tabella di confronto vantaggi/svantaggi:

ProceduraVantaggi principaliSvantaggi principali
Piano consumatore– Accesso senza consensi creditori– Blocca subito le esecuzioni– Possibilità di stralciare parte del debito– Necessita preparazione accurata del piano– Giudizio di fattibilità e meritevolezza stringente– Può essere lungo (6-12 mesi)
Concordato minore– Permette di mantenere l’attività d’impresa viva– Piani concordati più solidi (coinvolgendo i creditori)– Richiede appoggio di almeno il 50% dei creditori– Più adatto a imprese che a consumatori puri– Procedimento complesso se molti creditori
Liquidazione controllata– Procedura semplificata, l’esdebitazione è garantita in 3 anni– Adatta se il debitore ha beni da vendere– Nessuna verifica di meritevolezza del debitore– Il debitore perde gran parte dei suoi beni non essenziali– Richiede attive vendita giudiziaria (possibili costi aggiuntivi)– Impatto patrimoniale forte
Esdebitazione incapiente– Cancellazione totale del debito senza costi e senza vendere beni– Rapido per chi non possiede nulla da offrire– Applicabile solo se il debitore è veramente privo di risorse– Necessita dichiarare buona fede; i dubbi del tribunale possono portare a rigetto

Queste tabelle aiutano a orientarsi sulla scelta della procedura più adeguata alle proprie condizioni. Ad esempio, un debitore con qualche fonte di reddito e un minimo di beni può preferire il piano del consumatore o il concordato, mentre chi non ha nulla potrebbe essere candidato alla liquidazione o addirittura all’esdebitazione per incapienti.

5. Casi pratici (simulazioni)

Per comprendere meglio l’applicazione concreta delle soluzioni giuridiche, vediamo alcuni casi ipotetici di debitori con shopping compulsivo:

  1. Marco, 42 anni, dipendente pubblico. Ha accumulato circa €25.000 di debiti da carte di credito e prestiti finalizzati (finanziamenti per acquisti di beni superflui) non legati alla sua attività lavorativa. È sposato con due figli minorenni. Il suo reddito mensile netto (stipendio meno spese fisse) è di circa €800. Non possiede altre proprietà, solo l’auto usata indispensabile e pochi risparmi.
    • Soluzione proposta: Marco è un consumatore e soddisfa i requisiti del piano del consumatore. Con l’aiuto di un OCC, deposita al tribunale una proposta di piano di rientro prevedendo una rata mensile di €150 da pagare in 60 mesi (totale €9.000). Il Giudice fissa udienza, sospende eventuali pignoramenti ed esamina il piano. Gli istituti di credito (banche e finanziarie) dispongono così di tempo per valutare. Grazie al buon reddito e alla completa trasparenza (tutti i debiti dichiarati), il tribunale omologa il piano. Marco inizia a pagare €150 ogni mese; ai creditori viene versata questa somma, fino a saldare i €9.000 concordati. Al termine, dal piano consumatore residua un debito cancellato di circa €16.000 (che non ha pagato). Non gli rimangono azioni esecutive pendenti, ed egli ottiene l’esdebitazione finale (rimozione debiti residui). In pratica, grazie alla procedura, ha pagato solo il 36% del suo debito totale, compatibilmente con il reddito. I suoi figli sono tutelati, essendo il mantenimento familiare garantito dalle prime quote di reddito.
    • Risultati: evitamento del fallimento personale e consolidamento del debito in una rata sostenibile. Se invece Marco non avesse fatto il piano o avesse mentito sui suoi debiti (ad es. nascondendo alcune carte), avrebbe rischiato il rigetto del piano o l’espropriazione forzata da parte dei creditori.
  2. Laura, 35 anni, imprenditrice artigiana. Opera con partita IVA ed è proprietaria di un piccolo laboratorio di sartoria. Nel tempo ha ceduto al vizio dello shopping compulsivo: oltre ai debiti legati all’attività, ha contratto almeno €40.000 di debiti personali (finanziamenti per acquisti di moda, elettronica, ecc.) senza alcuna garanzia reale. Con il crollo delle vendite, non riesce più a pagare tutte le rate. Ha una casa in parte ipotecata per il mutuo residuo e qualche bene d’arredo di modico valore.
    • Soluzione proposta: Laura si trova in una situazione mista tra parte d’impresa e parte personale. I suoi debiti personali da shopping compulsivo – trattandosi di acquisti estranei all’attività – possono essere trattati come consumatore. Pertanto, può presentare un piano di ristrutturazione dei debiti per il suo indebitamento privato. Contemporaneamente, per i debiti aziendali può valutare di attivare una composizione negoziata con i fornitori (se ancora esistente) o un concordato minore come imprenditrice. Tuttavia, concentriamoci sul versante consumatore: Laura coinvolge l’OCC, dichiara alla procura tutti i debiti contratti (banche, finanziarie, leasing) e redige un piano che prevede un pagamento di €500 mensili per 120 mesi (un totale di €60.000, comprensivo di interessi e spese). Il tribunale convoca i creditori; alcuni contestano l’eccessiva durata, ma il tribunale invita a considerare la sostenibilità data la sua attività incerta e la casa parzialmente ipotecata. Alla fine, il giudice omologa il piano. Durante il piano, Laura utilizza parte del suo compenso libero per onorare la rata senza toccare i beni essenziali (es. la casa con mutuo). Al completamento di 10 anni, pagati €60.000, i restanti debiti (tra cui porzioni di mutuo e prestiti non saldati) vengono cancellati dall’esdebitazione finale. Inoltre, poiché ha provato buona fede, rimane padrona della sua abitazione principale.
    • Risultati: Il piano del consumatore le ha permesso di salvare la casa (ristrutturando il mutuo esistente) e di evitare l’esecuzione di beni essenziali. Se avesse perso il piano, i creditori avrebbero potuto rivalersi sui mobili, sugli elettrodomestici e persino sul saldo ipotecario.
  3. Giuseppe, 55 anni, disoccupato. Negli anni passati, Giuseppe ha assunto diversi finanziamenti personali per gratificarsi negli acquisti (abiti, accessori, piccoli elettrodomestici) superando di gran lunga le sue entrate. Alla fine si ritrova con €15.000 di debiti e ormai vive con una sola minima mensilità. Non possiede beni immobili (vive in affitto) né conto con sostanziali risparmi.
    • Soluzione proposta: Per Giuseppe, il piano del consumatore potrebbe risultare inutile data la totale assenza di reddito e patrimonio; pertanto egli opta per la liquidazione controllata. Presenta domanda di liquidazione al tribunale, dichiarando tutti i suoi beni (che sono solo un vecchio computer e alcuni gioielli di modesto valore). Il tribunale nomina il liquidatore che mette all’asta il computer e i gioielli; dal ricavato di alcune centinaia di euro paga i creditori (in proporzione). Dopo tre anni, non essendoci altri beni da liquidare e avendo Giuseppe dimostrato buona fede, il tribunale decreta l’esdebitazione automatica: i restanti €14.500 di debiti vengono cancellati. Giuseppe comincia così a lavorare occasionalmente senza più pensare ai debiti passati.
    • Risultati: Anche se Giuseppe ha perso gli unici beni di valore, l’esdebitazione gli offre una nuova possibilità di partenza. Senza questo strumento, i finanziatori avrebbero potuto continuare a segnalare il suo nominativo e a pignorargli qualsiasi futuro reddito.
  4. Anna e Marco, coniugi, 38 e 40 anni, due figli. Anna è casalinga, Marco è impiegato. A causa di una crisi personale, Anna ha iniziato a fare shopping compulsivo, creando un debito di €20.000 tramite carte di credito con tassi elevati. Marco ha invece contratto un mutuo ipotecario per la casa familiare di €100.000 e alcuni piccoli finanziamenti per l’automobile. L’insieme di debiti supera la capacità di spesa della famiglia.
    • Soluzione proposta: La coppia valuta un piano del consumatore familiare (il codice 2022 consente di includere più debitori appartenenti allo stesso nucleo familiare in un unico piano di ristrutturazione), in cui Anna e Marco si assumono congiuntamente la proposta. Grazie all’aiuto di un OCC, elaborano un piano che prevede il pagamento complessivo di €700 al mese per 15 anni, per circa €126.000 totali. Dato che parte del debito (il mutuo) è garantito su casa, i creditori ipotecari potrebbero opporsi, ma in sede di omologazione viene riconosciuto che il pagamento concordato è superiore a qualsiasi altra soluzione alternativa praticabile. L’assemblea dei creditori si astiene dal opporsi fermamente. Il tribunale omologa il piano, congelando nel frattempo ogni esecuzione su casa e auto. Anna e Marco iniziano a pagare €700 al mese per 15 anni; trascorso tale periodo, i debiti residui (circa €4.000 rimanenti di mutuo ed €10.000 di altri debiti) vengono cancellati. Grazie alla cooperazione, Anna e Marco riescono anche a resistere ai gusti consumistici di Anna (con eventuale terapia di gruppo).
    • Risultati: In questo caso l’inclusione di entrambi i coniugi nel piano permette di calcolare un piano più robusto e condiviso. Fondamentale è stata la trasparenza e la buona fede di entrambi. Se uno dei due avesse occultato spese, l’intera procedura avrebbe potuto fallire.

Questi esempi evidenziano che ogni caso di sovraindebitamento è peculiare e va valutato caso per caso, tenendo conto di reddito, patrimonio, numero di debiti e natura degli stessi. In ogni scenario, risulta cruciale affidarsi a professionisti esperti (avvocati, commercialisti, OCC) per predisporre correttamente la domanda e assistere durante il procedimento.

6. FAQ – Domande frequenti

D: Chi può presentare il piano del consumatore?
R: Può presentarlo il consumatore nel senso legale: persona fisica che contratta debiti per finalità estranee all’attività professionale o imprenditoriale. Possono accedervi lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati, autonomi senza partita IVA e similari. Non possono usare questo strumento gli imprenditori individuali (che invece possono fare il concordato minore) o le società, le quali seguono altre procedure.

D: Devo ottenere il consenso di tutti i creditori per il piano?
R: No. Il piano del consumatore è omologato dal giudice senza che sia richiesto alcun quorum di creditori. I creditori ricevono comunicazione del piano e possono contestarlo in udienza, ma la decisione finale spetta al tribunale. Ciò differenzia il piano da un accordo transattivo classico (concordato), dove invece è necessario il consenso delle maggioranze.

D: Cosa succede se perdo l’udienza del piano consumatore?
R: Se il debitore non si presenta all’udienza fissata dal tribunale, il piano può essere archiviato e la domanda respinta. È pertanto fondamentale essere assistiti da un legale o OCC, che curino la notificazione e la comparizione. Anche le osservazioni dei creditori vengono decise nel contraddittorio, per cui l’assenza del debitore può portare al rigetto del piano.

D: Posso includere nel piano del consumatore i debiti del mutuo di casa?
R: Sì, l’orientamento giurisprudenziale attuale (e le nuove regole del Codice) ammette la presenza di mutui ipotecari nel piano del consumatore, purché il debitore ne regolarizzi i termini nel piano stesso. In pratica, si possono inserire anche rate di mutuo sulla prima casa; la pianificazione potrà includere ad esempio una moratoria di un anno o una ristrutturazione dell’ammortamento, oltre all’estinzione parziale del debito. È importante coinvolgere la banca ipotecante nella procedura. Come ha chiarito la Cassazione, è possibile andare oltre la moratoria di 1 anno prevista dall’art. 8 L.3/2012, purché i creditori garantiti esprimano il loro accordo. Recenti sentenze (Trib. Bari 2021, Cass. 2024) confermano questa possibilità, sempre con valutazione in udienza.

D: E i debiti con l’Agenzia delle Entrate? Posso includerli nel piano?
R: Sì. La legge 3/2012 e il Codice della crisi ammettono esplicitamente l’inclusione dei debiti tributari (entrate dirette, IVA, contributi) nel piano del consumatore. Anzi, questa è una delle novità che distingue la legge 3 dal mero saldo e stralcio: mentre quest’ultimo non può riguardare il fisco, la procedura giudiziale di composizione può inglobare anche tasse e imposte non pagate. È sufficiente indicarle nell’elenco dei debiti e rispettare i requisiti di fattibilità del piano (in particolare, occorre assicurare la corretta copertura dei crediti impignorabili come l’IVA, come previsto dall’art. 12-ter L.3/2012).

D: Cosa significa meritevolezza del debitore?
R: Si tratta dell’assenza di colpa grave nella genesi del sovraindebitamento. Il tribunale, per omologare il piano, deve verificare che il debitore non abbia causato volontariamente la propria crisi e non abbia usato il credito in modo sproporzionato. In concreto, il debitore non deve avere assunto obbligazioni senza ragionevole prospettiva di poterle pagare. Tuttavia, da prassi recente emerge che non è richiesta una prova di diligenza preventiva del debitore: basta che non vi siano fatti che dimostrino frode o comportamenti volontari scorretti. Ad esempio, un giudice non può rigettare il piano solo perché il debitore non abbia giustificato tutti i suoi acquisti; ma può farlo se il debitore ha mentito sui propri debiti impedendo la valutazione del piano. Il merito creditizio, cioè la capacità di contrarre nuovi prestiti, è ora considerato un criterio di valutazione: se il debitore ha in qualche modo alterato (intenzionalmente o per negligenza) la percezione della sua affidabilità creditizia, il piano può essere rigettato.

D: Devo offrire qualcosa ai creditori nei piani?
R: Nel piano del consumatore non è previsto un “rimborso minimo” da destinare ai creditori (diversamente dai piani per le imprese previsti dall’art. 7 CCII). Il giudice valuta semplicemente la proposta nella sua interezza. Tuttavia, se un creditore contesta la convenienza economica del piano, il tribunale può omologare comunque il piano purché la proposta non sia meno vantaggiosa della liquidazione del patrimonio. Ciò significa che il piano deve garantire almeno un minimo di soddisfazione dei creditori comparabile a quello che si potrebbe ottenere vendendo tutti i beni del debitore. Se il debitore non offre alcun pagamento, e lo stesso può essere dimostrato (ad es. debitori incapienti), si passa allora alla procedura di esdebitazione per incapienti (art. 67 CCII) e il tribunale può comunque liberare il debitore dall’onere residuo.

D: Quali costi comportano queste procedure?
R: Sono costi giustificati dal risultato raggiunto. Le procedure di sovraindebitamento prevedono spese di giustizia (bollo, marca da bollo, contributo unificato) e onorari professionali per avvocati, commercialisti e l’OCC. Tuttavia, in genere queste spese vengono ripagate dai creditori con il piano stesso (il tribunale addebita i costi ai creditori). Inoltre, gli oneri sono spesso inferiori ai saldi e stralci a cui un professionista non autorizzato potrebbe spingere il debitore. Oggi è anche prevista una forma di assistenza legale gratuita (patrocinio a spese dello Stato) per i consumatori meritevoli che si trovino in stato di indigenza, purché non ci siano terzi danneggiati. I dettagli sui costi variano da caso a caso, per cui è opportuno chiedere preventivi agli OCC o agli avvocati specializzati.

D: Quanto tempo ci vuole per concludere una procedura?
R: Dipende dal tipo di procedimento e dai fatti del caso, ma in media le pratiche di composizione del sovraindebitamento durano circa 1-2 anni. In particolare: il piano del consumatore può richiedere fino a 6 mesi per l’omologa (più eventuali reclami), il concordato minore e la liquidazione dai 1 ai 2 anni in genere. La liquidazione controllata può durare anche 3-4 anni se i beni sono complessi da vendere. Nel frattempo, però, il debitore riceve la tutela delle sospensioni esecutive. Un elemento importante è che la procedura decolla spesso solo con la decisione del tribunale: fino all’omologa o all’ammissione, i creditori possono fare opposizione. Tuttavia, una volta ottenuto il decreto di omologa, la decisione è definitiva (anche se è possibile reclamo al collegio, previsto come azione interna).

D: Cosa succede dopo l’esdebitazione finale?
R: Dopo l’esdebitazione, i debiti residui vengono formalmente cancellati. Il debitore viene sollevato da ogni obbligo correlato: i creditori non possono più rivalersi su di lui per quelle posizioni. Inoltre, i suoi dati vengono cancellati dai sistemi di informazioni creditizie (CRIF, etc.), permettendogli di ricominciare. Di norma, il debitore riafferma il proprio impegno di non incorrere in comportamenti fraudolenti, ma non ci sono ulteriori vincoli. È comunque buona norma tenere traccia degli atti dell’esdebitazione (visura d’archivio, copia del decreto) per eventuali controlli futuri (ad es. per evitare segnalazioni improprie).

D: Posso rifare un piano se il primo non va bene?
R: Sì, se la domanda viene rigettata (o se il piano viene revocato in fase di reclamo) il debitore può ripresentare istanza trascorrso un anno dalla decisione negativa. Questo consente di ottenere tempo per riorganizzare i documenti e rivedere la proposta (ad esempio offrendo maggiore rata mensile). Tale opportunità è concessa dal legislatore per evitare che un singolo rigetto blocchi definitivamente il debitore. In ogni caso, bisogna porre maggiore attenzione a eventuali osservazioni dei creditori emerse in passato.

7. Fonti

Normative

  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3“Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. (G.U. 20/2/2012, n. 42).
  • Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14“Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (attuazione L. 155/2017). (G.U. 14/2/2019, n. 38, S.O. 6).
  • Decreto Legislativo 17 giugno 2022, n. 83“Disposizioni integrative e correttive del Codice della crisi” (G.U. 7/7/2022, n. 158).
  • Decreto Legislativo 30 giugno 2024, n. 136 – disposizioni integrative al Codice della crisi (G.U. 28/6/2024, n. 147).
  • Codice Civile, art. 415 (prodigalità).
  • Codice Civile, artt. 14-14-ter L.3/2012 (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione).
  • Codice della Crisi, art. 67 – procedura di esdebitazione del debitore incapiente.
  • Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23; DL 24 agosto 2021, n. 118; DL 30 aprile 2022, n. 36 – norme proroghe/attuazione Codice della crisi (cfr. [4]).

Giurisprudenza

  • Corte di Cassazione, Sez. I, ord. 23/12/2024 n. 34150 – “Composizione della crisi; piani del consumatore: la dilazione ultradecennale dei debiti prelatizi è ammissibile se sottoposta alla valutazione del creditore”.
  • Corte di Cassazione, Sez. I, sent. 14/03/2025 n. 6869 – “Merito creditizio nel piano del consumatore: le omissioni dolose del debitore giustificano il rigetto dell’omologa”.
  • Tribunale di Varese, decreto 3/10/2012 – “Shopping compulsivo e prodigalità: nomina di amministratore di sostegno per dipendente da acquisti”.
  • Tribunale di Bari, sent. 30/12/2021 – “Inclusione del mutuo fondiario nel piano del consumatore”.
  • Corte di Cassazione, sez. I, sent. 22/02/2020 n. 17391 – “Mutuo prima casa in piano di ristrutturazione dei debiti”.
  • Tribunale di Nola, ordinanza 2020 – “Meritevolezza del consumatore nel sovraindebitamento”.
  • Consiglio di Stato, sentenze e circolari ministeriali di riferimento (linee guida tribunali) su composizione della crisi (ad es. C.S. n. 1640/2012, D.M. 2014).

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