Hai affrontato una procedura di sovraindebitamento o una liquidazione, e ti stai chiedendo quando viene effettivamente concessa l’esdebitazione? Vuoi sapere se hai diritto a ottenere la cancellazione dei debiti residui e quali sono i criteri che il tribunale considera?
L’esdebitazione è lo strumento che consente, a determinate condizioni, di liberarsi dai debiti rimasti non pagati al termine di una procedura. Ma non è automatica: serve una valutazione del giudice, e solo chi rispetta determinati requisiti può ottenerla.
Ma quando viene concessa, esattamente, l’esdebitazione?
La risposta dipende dal tipo di procedura seguita (piano del consumatore, liquidazione del patrimonio o liquidazione controllata) e dal comportamento tenuto durante il percorso. In generale, l’esdebitazione viene concessa alla fine della procedura, su richiesta del debitore, se il giudice ritiene che ci siano le condizioni previste dalla legge.
E quali sono queste condizioni?
Per ottenere l’esdebitazione, devi aver:
- collaborato lealmente con l’OCC o il curatore;
- fornito tutte le informazioni richieste e non nascosto beni;
- agito in buona fede, senza frodi, distrazioni o false dichiarazioni;
- dimostrato di non poter pagare per reali difficoltà economiche.
Inoltre, non devi aver già ottenuto un’altra esdebitazione nei 5 anni precedenti (10 in caso di liquidazione giudiziale) né essere stato condannato per reati gravi legati all’insolvenza.
E se non ho beni o redditi?
Anche in questo caso puoi accedere all’esdebitazione, grazie alla procedura dedicata ai debitori incapienti: se dimostri di non avere nulla da offrire e di aver agito in modo corretto, puoi ottenere la cancellazione dei debiti anche senza pagare nulla.
Il tribunale può rifiutarla?
Sì, se rileva comportamenti scorretti, omissioni, oppure se ritiene che il debitore abbia avuto la possibilità di pagare e non lo abbia fatto. Ecco perché è fondamentale preparare correttamente la documentazione e farsi assistere da un professionista fin dall’inizio.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in procedure di esdebitazione e diritto della crisi – ti spiega quando viene concessa l’esdebitazione, quali sono i requisiti indispensabili e come possiamo aiutarti a ottenere la liberazione definitiva dai debiti.
Hai concluso una procedura o sei in difficoltà e vuoi sapere se puoi ottenere l’esdebitazione?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione, verificheremo i requisiti e ti accompagneremo in ogni passo per chiudere i debiti e ripartire senza più il peso delle obbligazioni non pagate.
Introduzione
L’esdebitazione è l’istituto giuridico che consente a una persona sovraindebitata o fallita di ottenere la liberazione dai debiti residui non pagati nell’ambito di una procedura concorsuale di liquidazione. In altre parole, dopo aver destinato ai creditori tutto il patrimonio disponibile secondo le regole di legge, il debitore persona fisica meritevole può essere esonerato dal dover pagare l’eventuale saldo dei debiti rimasti insoddisfatti, ritrovando così la propria libertà finanziaria (il cosiddetto fresh start). Questo meccanismo, introdotto inizialmente nella legge fallimentare (R.D. 267/1942) e poi esteso ai sovraindebitati dalla legge n. 3/2012, è oggi disciplinato nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”), entrato in vigore a pieno regime dal 15 luglio 2022. Il CCII, in attuazione delle direttive europee in materia di insolvenza, ha rafforzato il principio della seconda possibilità (second chance) per imprenditori onesti ma sfortunati e per i debitori civili in buona fede.
Questa guida – aggiornata a giugno 2025 – fornisce un quadro avanzato e completo sulle situazioni in cui viene concessa l’esdebitazione e su come ottenerla. Ci rivolgiamo sia ad operatori del diritto (avvocati, gestori della crisi) sia a privati e piccoli imprenditori interessati a comprendere i propri diritti. Adotteremo un taglio giuridico ma divulgativo, centrato sul punto di vista del debitore che cerca di risollevarsi dai debiti.
Cosa troverete in questa guida:
- Un inquadramento delle varie procedure concorsuali rilevanti (liquidazione giudiziale, liquidazione controllata del sovraindebitato, concordato minore, piano del consumatore, esdebitazione del debitore incapiente, procedure familiari) e di come l’esdebitazione opera in ciascuna di esse.
- I requisiti di legge per poter accedere al beneficio, con evidenza degli articoli chiave del Codice della crisi (in particolare artt. 279-283 CCII) e del codice civile/fiscale ove applicabile.
- Un’analisi degli effetti fiscali dell’esdebitazione, con attenzione ai debiti verso l’Erario e agli enti previdenziali (Agenzia Entrate, INPS), inclusa la sorte dei crediti privilegiati tributari e contributivi.
- Tabelle comparative che riassumono le caratteristiche delle varie procedure di insolvenza e sovraindebitamento ai fini dell’esdebitazione (soggetti ammessi, durata, condizioni, modalità di concessione, ecc.).
- Sezioni di domande e risposte pratiche per chiarire i dubbi più frequenti (ad esempio quali debiti sono esclusi, quanto tempo dura la procedura, quante volte si può ottenere il beneficio, impatto sul merito creditizio, ecc.).
- Almeno 3 simulazioni concrete di casi italiani (opportunamente anonimizzati) per illustrare l’applicazione pratica dell’esdebitazione: ad es. il caso di un consumatore sovraindebitato, di un piccolo imprenditore fallito, di un debitore incapiente senza beni e di un nucleo familiare sovraindebitato.
- Richiami alla giurisprudenza più recente e autorevole (Corte di Cassazione, Corti d’Appello, Tribunali) fino a metà 2025, con brevi commenti. Le pronunce più rilevanti sono citate nel testo e poi elencate in una sezione finale dedicata alle fonti.
L’argomento verrà trattato con rigore tecnico ma con linguaggio accessibile. Per facilitare la lettura, troverete paragrafi brevi, elenchi puntati e riferimenti normativi evidenziati. Importante: la guida adotta il punto di vista del debitore, spiegando i suoi diritti e obblighi, ma senza trascurare la tutela dei creditori e l’interesse pubblico (ad es. nella gestione dei debiti fiscali).
Passiamo ora ad esaminare quando e come può essere concessa l’esdebitazione, iniziando dal quadro normativo generale e dai requisiti, per poi scendere nel dettaglio delle singole procedure e casi pratici.
Quadro normativo: procedure di insolvenza e sovraindebitamento
La disciplina dell’esdebitazione in Italia si è evoluta nel tempo e oggi è contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). In particolare, il Titolo V Capo X CCII è interamente dedicato all’Esdebitazione. Il legislatore ha previsto che la liberazione dai debiti avvenga tipicamente al termine di una procedura liquidatoria concorsuale, cioè una procedura in cui il patrimonio del debitore è liquidato a beneficio dei creditori.
Le principali procedure oggi esistenti, nelle quali si può ottenere l’esdebitazione, sono:
- Liquidazione giudiziale – È la procedura di fallimento come riformata dal CCII. Si applica agli imprenditori commerciali assoggettabili a fallimento (ossia sopra certe soglie dimensionali) e, in estensione, ai soci illimitatamente responsabili di società di persone. Nella liquidazione giudiziale, il patrimonio dell’imprenditore insolvente viene acquisito dal curatore e liquidato sotto il controllo del tribunale. Al termine, o comunque decorso un certo periodo, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione (vedi dettagli più avanti). Le norme rilevanti sono negli artt. 279-281 CCII per le disposizioni generali e sez. I-bis Capo X (artt. 280-281 CCII) specifiche per la liquidazione giudiziale.
- Composizione della crisi da sovraindebitamento – Si tratta dell’insieme di procedure accessibili ai soggetti non fallibili (consumatori, piccole imprese sotto le soglie di fallibilità, professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli, enti non commerciali, ecc.) in situazione di insolvenza o grave squilibrio debiti/redditi (sovraindebitamento). Introdotte inizialmente con la legge 3/2012 (cosiddetta “legge salva-suicidi”), queste procedure sono state riformate e riordinate nel CCII (artt. 65-91 CCII). Esse comprendono tre sottotipologie principali:
- il Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (in breve piano del consumatore), riservato ai consumatori non imprenditori, in cui il debitore propone al giudice un piano di pagamento parziale dei debiti sostenibile in base al suo reddito, senza necessità di voto dei creditori;
- il Concordato minore (ex “accordo di composizione”), per piccoli imprenditori e professionisti non fallibili, che prevede un accordo con i creditori su un piano di pagamento, soggetto a voto favorevole della maggioranza del 50% dei crediti;
- la Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio), accessibile a qualsiasi debitore non fallibile che non abbia prospettive di pagare i debiti diversamente, consistente nella liquidazione integrale (o parziale) dei suoi beni da parte di un liquidatore nominato dal tribunale.
- Procedura familiare di sovraindebitamento – Il CCII (art. 66) consente a più membri della stessa famiglia, quando conviventi e legati dal medesimo originario fenomeno di sovraindebitamento, di presentare un’unica procedura con un unico piano o progetto di liquidazione. Ad esempio, coniugi coobbligati per gli stessi mutui o genitori e figli garanti l’uno dell’altro possono richiedere al tribunale di trattare unitariamente la loro crisi, riducendo costi e tempi. La procedura familiare può assumere la forma di un piano familiare congiunto o di un’unica liquidazione controllata dei beni di tutti i membri aderenti. In caso di esdebitazione, questa beneficerà ciascuno dei debitori familiari coinvolti, ovviamente limitatamente ai propri debiti (o quota di debito) oggetto della procedura.
- Liquidazione coatta amministrativa (LCA) – Per completezza, citiamo che l’esdebitazione è prevista (in via teorica) anche all’esito di liquidazioni concorsuali diverse da quelle giudiziali ordinarie. Ad esempio, l’art. 282 CCII estende l’istituto anche alle liquidazioni disciplinate da leggi speciali. Tuttavia, nella prassi la LCA riguarda principalmente enti e società (banche, assicurazioni, ecc.) per cui il tema non si pone per persone fisiche (le società, infatti, non beneficiano di esdebitazione in quanto il problema del “fresh start” si riferisce alle sole persone). Pertanto non ci dilungheremo su LCA o altre procedure speciali.
In tutte le ipotesi sopra elencate, l’esdebitazione rappresenta il punto di arrivo post-procedurale: dopo che il patrimonio del debitore è stato suddiviso fra i creditori (in misura totale o parziale, a seconda di quanto disponibile), i debiti rimasti ineseguiti diventano inesigibili nei confronti del debitore esdebitato. Come vedremo, vi sono però differenze nei tempi e nelle modalità in cui il beneficio opera a seconda della procedura: ad esempio, nella liquidazione giudiziale e controllata occorre attendere la chiusura o un termine di legge (di regola 3 anni), mentre nella procedura del debitore incapiente l’esdebitazione può essere concessa immediatamente con il decreto del giudice. Anche i requisiti soggettivi presentano differenze: tutte le procedure richiedono che il debitore sia in buona fede e senza comportamenti fraudolenti, ma ad esempio per l’esdebitazione “automatica” del debitore incapiente la valutazione di meritevolezza è particolarmente stringente.
Attenzione: L’esdebitazione non è un condono generalizzato, ma un beneficio eccezionale accordato una tantum ai debitori meritevoli che si siano spogliati di tutto il possibile a favore dei creditori. Non tutte le tipologie di debito possono essere cancellate (sono esclusi, ad esempio, debiti per alimenti, risarcimenti per fatti illeciti e sanzioni penali: su questo si veda la sezione dedicata). Nei paragrafi successivi esamineremo in dettaglio quando viene concesso questo beneficio, iniziando dai requisiti generali di legge.
Requisiti di meritevolezza: chi ha diritto all’esdebitazione
L’esdebitazione è concepita per favorire il debitore onesto ma sfortunato. La legge stabilisce quindi precise condizioni soggettive affinché il beneficio possa essere concesso. Tali condizioni mirano ad escludere dal “fresh start” i debitori colpevoli di gravi violazioni, comportamenti fraudolenti o abuso del sistema. I requisiti legali di meritevolezza oggi sono per lo più uniformati tra fallimento e sovraindebitamento, grazie al Codice della crisi. In particolare l’art. 280 CCII elenca le condizioni in presenza delle quali “il debitore è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti”. Vediamole singolarmente:
- Assenza di condanne per reati fallimentari o affini – Il debitore non dev’essere stato condannato con sentenza definitiva per bancarotta fraudolenta o altri delitti di particolare gravità connessi all’attività d’impresa (reati contro l’economia pubblica, industria e commercio), a meno che non sia intervenuta la riabilitazione penale. Questa previsione riprende sostanzialmente quanto già previsto dall’art. 142, co.1, n.3 della vecchia legge fallimentare. Se vi è un procedimento penale in corso per tali reati, il tribunale rinvia la decisione sull’esdebitazione fino all’esito del processo. Ciò significa che durante il fallimento/sovraindebitamento, l’eventuale istanza di esdebitazione rimane sospesa in attesa di sapere se il debitore sarà condannato; solo all’esito (o in caso di assoluzione) il tribunale deciderà se concedere il beneficio. Esempio: un imprenditore dichiarato fallito che sia imputato per bancarotta fraudolenta vedrà la propria richiesta di esdebitazione congelata finché il processo penale non termina; se poi sarà condannato definitivamente, verrà escluso dal beneficio (salvo riabilitazione).
- Assenza di comportamenti dolosi o gravemente imprudenti nella crisi – Il debitore non deve aver distratto o dissipato attivo, né aver falsificato il passivo (esponendo debiti inesistenti), né aver causato o aggravato la propria insolvenza con grave imprudenza o abuso del credito. In sostanza, chi vuole l’esdebitazione deve aver mantenuto una condotta corretta: niente atti di frode verso i creditori (ad es. sottrarre beni prima della procedura), niente indebitamento irresponsabile e sproporzionato rispetto alle proprie capacità finanziarie, niente operazioni che rendano impossibile ricostruire il patrimonio. Questa clausola di meritevolezza è molto importante soprattutto nei piani del consumatore, dove il giudice valuta le cause dell’indebitamento: se il sovraindebitamento è stato cagionato da dolo o colpa grave del debitore (ad es. gioco d’azzardo patologico, spese voluttuarie folli, ecc. non giustificabili), il piano può essere rigettato in partenza. Anche nella nuova esdebitazione dell’incapiente il giudice deve verificare che la situazione debitoria derivi da circostanze sfortunate e non da condotte riprovevoli. La giurisprudenza di merito sinora ha applicato con rigore questo requisito: ad esempio, si segnala che alcuni tribunali hanno negato l’esdebitazione a debitori che sistematicamente non pagavano le imposte senza giustificazioni valide (ritenendo ciò indice di indebitamento colposo). Al contrario, situazioni come spese mediche impreviste, perdita del lavoro, malattie, crisi economica generalizzata tendono a configurare la meritevolezza del debitore anche se il debito accumulato è ingente.
- Condotta collaborativa durante la procedura – Il debitore deve aver cooperato con gli organi della procedura, senza ostacolarla o rallentarla, fornendo tutte le informazioni e i documenti richiesti. In altre parole, chi chiede la cancellazione dei debiti deve dimostrare di aver tenuto un comportamento leale: presentare l’inventario dei beni, consegnare la documentazione contabile (per gli imprenditori), segnalare eventuali sopravvenienze, non nascondere informazioni al curatore o al gestore della crisi, ecc. Anche la violazione di obblighi procedurali (es. non consegnare la corrispondenza al curatore in fallimento, come prevedeva il vecchio art. 142 L.F.) può essere motivo di diniego. Il CCII ha riassunto questo requisito nella formula generale dell’art. 280 co.1 lett. c) citata sopra.
- Non aver già beneficiato di esdebitazione recente – Il debitore non deve aver ottenuto altra esdebitazione nei 5 anni precedenti la scadenza del termine per la nuova esdebitazione. Questo vuol dire che tra un’esdebitazione e l’altra devono intercorrere almeno 5 anni. Ad esempio, se Tizio è stato esdebitato da un fallimento chiuso nel 2020, non potrà ottenerne un’altra prima del 2025. La ratio è evitare che il debitore serialmente accumuli debiti ogni pochi anni contando di farli cancellare (comportamento non etico e contrario allo spirito di eccezionalità dell’istituto). Nel vigore della legge fallimentare, il periodo era addirittura di 10 anni tra un’esdebitazione e l’altra, ma il CCII lo ha ridotto a 5 anni, recependo l’indirizzo europeo che sollecita fresh start più rapidi.
- Limite massimo di due esdebitazioni in vita – Il beneficio non può essere concesso più di due volte alla stessa persona nell’arco della sua vita. Questa clausola (già presente in passato) fissa un tetto: massimo 2 esdebitazioni a distanza di almeno 5 anni l’una dall’altra. Difficilmente un soggetto “normale” incorrerà in fallimento o sovraindebitamento grave per più di due volte, ma la legge ha voluto comunque porre questo argine per evitare abusi sistematici. La seconda volta è davvero l’ultima spiaggia: chi dopo due fresh start ricade nuovamente in insolvenza dovrà affrontare i debiti senza ulteriore clemenza (salvo magari strumenti di ristrutturazione volontaria, ma non l’esdebitazione legale).
Oltre a queste condizioni principali, il CCII (specie nella parte sull’esdebitazione “incapiente”) ne prevede alcune ulteriori più specifiche. Ad esempio, per il debitore incapiente l’art. 283 CCII richiede anche che il soggetto:
- non sia soggetto a liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale maggiore (cioè deve trattarsi di persona non fallibile, altrimenti avrebbe dovuto fare la liquidazione controllata);
- abbia prodotto tutti i documenti necessari a ricostruire la sua situazione economico-patrimoniale;
- non abbia già utilizzato l’esdebitazione incapiente in passato (una sola volta nella vita);
- si impegni a collaborare con il Gestore della crisi durante il periodo di sorveglianza quadriennale.
Come si vede, sono tutte specificazioni coerenti con i principi generali già visti (meritevolezza, trasparenza, carattere eccezionale one-shot, etc.).
Dal punto di vista probatorio, spetta al giudice valutare caso per caso la sussistenza dei requisiti. Il tribunale esamina la relazione finale del curatore o del gestore della crisi, le osservazioni dei creditori e ogni altro elemento. La legge, specie dopo le modifiche del 2022-2023, impone un approccio abbastanza oggettivo e tassativo: le uniche cause di esclusione sono quelle espressamente elencate. Non è ammesso che il giudice ne introduca di nuove in via interpretativa. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha chiarito che i comportamenti non espressamente previsti dall’art. 142 L.F. (ora art. 280 CCII) non possono essere utilizzati per negare il beneficio. In una recente ordinanza (Cass. 15359/2023) la Suprema Corte ha ribadito che l’elenco delle ipotesi ostative è tassativo, anche alla luce della Direttiva UE 2019/1023 che permette deroghe all’esdebitazione solo in caso di condotte disoneste o in malafede ben definite. Nel caso specifico, la Cassazione ha censurato una Corte d’Appello che aveva negato l’esdebitazione al socio illimitatamente responsabile di una SNC fallita, solo perché la società aveva commesso illeciti fiscali anni prima: tale circostanza non rientrava nelle ipotesi di esclusione previste dalla legge, dunque il diniego è stato considerato illegittimo.
In passato, una ulteriore condizione richiesta (per i fallimenti) era che i creditori avessero ottenuto almeno un “minimum” di soddisfacimento, cioè che non fossero rimasti completamente a bocca asciutta. La vecchia legge fallimentare art. 142, co.2, infatti, stabiliva che l’esdebitazione poteva essere rifiutata se nessun creditore concorsuale era stato soddisfatto neppure in parte. Questa clausola non è più presente in modo esplicito nel CCII, che anzi afferma il diritto del debitore all’esdebitazione decorso un certo tempo, “salvo il disposto degli articoli 280 e 282” (cioè salvo le condizioni ostative viste sopra). Ciò significa che oggi, in linea di principio, anche se i creditori non ricevono nulla dalla liquidazione, il debitore meritevole ha comunque diritto al fresh start trascorsi i 3 anni di legge. Questa è una novità importante, in linea con il favor espresso dalla normativa UE. Già la giurisprudenza aveva “ammorbidito” la vecchia regola: la Cassazione a Sezioni Unite nel 2011 (sent. n. 24214) chiarì che il giudice può concedere l’esdebitazione anche se il pagamento ai creditori è stato minimo, a patto che non sia proprio pari a zero o “affatto irrisorio”. In pratica, bastava una soddisfazione non simbolica (anche pochi punti percentuali) per ritenere superato il vaglio del parziale pagamento. Oggi questo criterio è stato superato dal legislatore: non viene più richiesto alcun pagamento minimo (tant’è che esiste l’esdebitazione dell’incapiente “a zero”). La meritevolezza è dunque il presupposto decisivo e, ove quella ci sia, il beneficio va concesso anche se i creditori restano in gran parte insoddisfatti. Naturalmente, la totale insoddisfazione dei creditori può indirettamente segnalare la mancanza di meritevolezza (es. se il debitore ha dissipato tutto prima), ma non è di per sé un veto automatico. In un’ordinanza del 2024 la Cassazione ha confermato che nella vigenza della legge fallimentare stessa ormai contava solo la meritevolezza, e non la percentuale pagata. Possiamo quindi affermare con certezza che oggi un debitore onesto può essere esdebitato anche se i creditori non hanno recuperato quasi nulla, purché siano rispettate le condizioni di legge.
Riassumendo i requisiti chiave: onestà, trasparenza, cooperazione, nessuna frode, niente recidiva ravvicinata. Nel dubbio, è opportuno per il debitore documentare il più possibile le cause della propria insolvenza (es. perdita lavoro, malattia, crisi economica) per dimostrare l’assenza di dolo o colpa grave. Anche rivolgersi a professionisti e OCC preparati aiuta ad evidenziare gli elementi di meritevolezza (ad esempio segnalando se vi è stato merito creditizio, cioè se le banche hanno concesso credito imprudentemente al di là delle capacità del debitore). Nel nuovo sistema, come vedremo, è richiesto al Gestore della crisi di attestare nella relazione se il debitore è meritevole e ha fornito tutte le informazioni. Il giudice fa molto affidamento su tale relazione.
Passiamo ora ad analizzare quando e in quali procedure viene concretamente dichiarata l’esdebitazione, tenendo presenti i requisiti sopra elencati.
Esdebitazione nella liquidazione giudiziale (ex fallimento)
La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale che ha sostituito il fallimento tradizionale. Può riguardare imprenditori individuali, società e – se dichiarati in estensione – i soci illimitatamente responsabili. Tuttavia, l’esdebitazione è un beneficio personale del debitore persona fisica. Dunque, solo persone fisiche possono chiederla (non le società fallite). Tipicamente, si tratta dell’imprenditore individuale fallito, del socio di società di persone fallito in estensione, o anche del non imprenditore assoggettato eccezionalmente a liquidazione giudiziale (es. socio occulto, accomandante fuoriuscito da meno di un anno, etc., casi rari).
Quando può avvenire l’esdebitazione nel fallimento? Il Codice della crisi stabilisce una tempistica precisa all’art. 279 CCII: “Il debitore ha diritto a conseguire l’esdebitazione decorsi tre anni dall’apertura della procedura di liquidazione o al momento della chiusura della procedura, se antecedente”. Ciò significa che vi sono due possibili momenti:
- Alla chiusura della procedura, se questa si conclude prima che siano trascorsi 3 anni dall’apertura. Ad esempio, se la liquidazione giudiziale si chiude in 2 anni, il debitore può essere esdebitato subito in sede di decreto di chiusura.
- Dopo 3 anni dall’apertura, anche se la procedura non è ancora formalmente chiusa. Questa è una novità importante del CCII: trascorsi 3 anni dall’inizio del fallimento (ora liquidazione giudiziale), il debitore persona fisica matura il diritto all’esdebitazione per legge, senza dover aspettare oltre. In pratica, se la procedura va per le lunghe, al terzo anniversario dall’apertura il tribunale potrà dichiarare inesigibili i debiti residui nei confronti del debitore, liberandolo, pur continuando magari la liquidazione per distribuire eventuali ulteriori attivi raccolti dopo (la liberazione opera comunque nei limiti dei debiti concorsuali insoddisfatti). Questa previsione recepisce l’art. 23 della direttiva UE 2019/1023, che richiede che l’esdebitazione di imprenditori avvenga al massimo entro 3 anni. È dunque un grande passo avanti rispetto ai tempi incerti del passato.
Il CCII inizialmente prevedeva anche un termine ridotto di 2 anni per chi avesse tempestivamente avviato una composizione assistita della crisi (strumento di allerta negoziata); tale beneficio speciale (art. 279 co.2 previgente) è però stato abrogato nel 2022, uniformando per tutti il termine triennale.
Vediamo ora come si ottiene l’esdebitazione nel fallimento (liquidazione giudiziale). Il procedimento è regolato dagli artt. 280 e 281 CCII. In sintesi:
- Istanza del debitore – Occorre in linea generale una domanda di esdebitazione da parte del debitore, da presentare al tribunale. Solitamente ciò avviene contestualmente alla chiusura: il debitore, tramite il suo legale, deposita un’istanza poco prima o in occasione dell’udienza di chiusura della procedura. Il tribunale, se ricorrono i presupposti, nel decreto di chiusura dichiara contestualmente l’esdebitazione, ovvero l’inesigibilità nei confronti del debitore di tutti i debiti concorsuali rimasti insoddisfatti. L’istanza del debitore va comunicata a cura del curatore a tutti i creditori insinuati al passivo, i quali possono presentare eventuali osservazioni o opposizioni entro 15 giorni. Si tratta di garantire il contraddittorio: i creditori, ad esempio, potrebbero eccepire che il debitore non merita l’esdebitazione perché ha violato qualche requisito (magari scoprono che ha nascosto beni, ecc.). Il tribunale valuterà tali osservazioni prima di pronunciarsi.
- Esdebitazione “automatica” al terzo anno – Per l’ipotesi di esdebitazione concessa dopo 3 anni dall’apertura (con procedura non ancora chiusa), il terzo correttivo 2024 ha stabilito che non è necessaria un’ulteriore istanza del debitore. In origine il CCII la richiedeva, ma è stato chiarito che l’obiettivo è liberare comunque il debitore decorso il termine massimo previsto dalla legge, senza aggravi procedurali. Pertanto, trascorsi i 3 anni, il tribunale – su segnalazione del curatore – può dichiarare l’esdebitazione di diritto. In pratica il curatore informerà il tribunale con un rapporto riepilogativo contenente i fatti rilevanti pro/contro l’esdebitazione se la chiusura non è ancora avvenuta allo scadere del triennio. Se invece la chiusura interviene prima, come detto, si segue la via ordinaria con istanza contestuale.
- Decreto del tribunale – L’esdebitazione viene formalizzata con un decreto motivato emesso dal tribunale (o dalla corte d’appello, se la competenza è di quest’ultima, ma normalmente è il tribunale fallimentare). Nel decreto, il giudice attesta che il debitore ha soddisfatto le condizioni di legge e dichiara inesigibili (nei confronti di quel debitore) tutti i crediti concorsuali non pagati. In sostanza, i creditori concorsuali (cioè quelli sorti prima dell’apertura e ammessi al passivo, o che avrebbero potuto essere ammessi) non potranno più agire per la parte di credito rimasta insoddisfatta. Il decreto può contenere, se del caso, il rigetto dell’istanza qualora emergano cause ostative (es: scoperta di atti in frode, condanna per bancarotta emersa all’ultimo, ecc.).
- Opposizione dei creditori – Dopo l’emissione del decreto di esdebitazione, i creditori hanno facoltà di proporre opposizione/reclamo entro un termine (solitamente 30 giorni) se ritengono che il beneficio sia stato concesso indebitamente. Questa previsione era già nella legge fallimentare e serve da ulteriore garanzia: ad esempio, un creditore potrebbe opporsi deducendo che il debitore in realtà aveva occultato un certo attivo, oppure che è emersa una condanna penale impediente che il tribunale ignorava. L’opposizione viene decisa dalla Corte d’Appello. Se nessuno si oppone nei termini, il decreto diviene definitivo.
Raggiunta la definitività, l’esdebitazione produce i suoi effetti liberatori (vedi sezione Effetti dell’esdebitazione). Vale la pena sottolineare che l’esdebitazione non coinvolge gli eventuali coobbligati o fideiussori del debitore esdebitato: il decreto infatti dichiara inesigibili i debiti “nei confronti del debitore”. Ciò significa che se, ad esempio, un amico aveva prestato garanzia fideiussoria per un debito del fallito, quel garante potrà ancora essere escusso dal creditore per quanto dovuto (vedi domande frequenti).
Un altro aspetto rilevante nella liquidazione giudiziale è la posizione dei soci illimitatamente responsabili (tipicamente soci di S.n.c. o soci accomandatari di S.a.s.). In base alla legge, la dichiarazione di fallimento della società di persone produce il fallimento (ora liquidazione giudiziale) in estensione anche di tutti i soci a responsabilità illimitata. Ogni socio illimitatamente responsabile è dunque personalmente debitore per tutti i debiti sociali e subisce una procedura concorsuale propria (sia pure coordinata con quella della società). La domanda che sorge è: anche il socio illimitatamente responsabile fallito può ottenere l’esdebitazione? La risposta è sì: il CCII ha confermato il loro diritto al beneficio, inserendo anzi una norma ad hoc (art. 76-bis CCII, introdotto dal correttivo 2024) intitolata “Esdebitazione dei soci illimitatamente responsabili”. In pratica, la legge precisa che anche i soci di società fallita possono accedere all’esdebitazione alle stesse condizioni previste per l’imprenditore individuale. La giurisprudenza ante riforma era già orientata in tal senso. Abbiamo citato sopra la Cassazione n. 15359/2023 sul caso di soci di S.n.c.: la Suprema Corte ha accolto la richiesta dei soci di esdebitazione censurando la Corte d’appello che l’aveva negata per ragioni non previste dalla legge (gli illeciti tributari della società). Inoltre, la Cassazione ha chiarito un punto tecnico: ai fini dell’esdebitazione del socio illimitato, i creditori concorsuali da considerare sono anche quelli della società, poiché ogni credito sociale si intende insinuato per l’intero pure nel fallimento del socio. Questo significa che, ad esempio, un socio accomandatario fallito potrà essere liberato anche dai debiti sociali insoddisfatti, e nel valutare la sua “soddisfazione parziale” si tiene conto di quanto pagato ai creditori nel fallimento della società (in quanto vale anche per il suo).
Un ultimo cenno: nell’ambito fallimentare, storicamente, la legge chiedeva al fallito di dimostrare di aver svolto un’attività produttiva adeguata nei 4 anni successivi alla domanda di fallimento e di non aver rifiutato offerte di lavoro (era un requisito della legge 3/2012 per la liquidazione del patrimonio, mutuato in parte in ambito fallimentare dall’art. 142 co.1 n.5-6 L.F.). Il Codice della crisi non ripropone espressamente tali clausole, concentrandosi sui criteri visti (assenza di reati, condotta leale, ecc.). Quindi oggi non è più necessario per l’esdebitando provare di aver cercato lavoro o di aver pagato almeno in parte i creditori concorsuali. Questi elementi però restano buone pratiche: un debitore che durante la procedura mostra impegno (es. trova un’occupazione e mette a disposizione il ricavato, anche minimo, ai creditori) dimostra al giudice la propria buona fede. Ad esempio, se un fallito volontariamente versa al passivo somme derivanti dal suo stipendio durante la procedura, certamente verrà considerato con favore nel giudizio di meritevolezza, pur non essendo più un obbligo codificato.
In sintesi, nella liquidazione giudiziale l’esdebitazione viene concessa tipicamente al termine della procedura (o trascorsi 3 anni) con decreto del tribunale, a richiesta del debitore (salvo casi di automatismo dopo 3 anni) e previa verifica dei requisiti soggettivi sopra discussi. Si tratta di un provvedimento epocale per l’ex fallito: con esso, questi rinasce a nuova vita economica liberandosi da ipoteche finanziarie passate. Come recita il codice, restano esclusi solo i debiti non compresi nella procedura (vedi nota bene successiva) e alcune categorie particolari che ora vedremo.
Nota bene – Debiti esclusi dalla liberazione: Anche nel fallimento (così come nelle procedure da sovraindebitamento) non tutti i debiti seguono la sorte dell’esdebitazione. La legge prevede alcune eccezioni per obbligazioni che, per la loro natura, permangono anche dopo il decreto. In particolare, “restano comunque esclusi dall’esdebitazione: (i) gli obblighi di mantenimento e alimentari e le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa; (ii) i debiti per risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché le sanzioni penali e amministrative pecuniarie che non siano accessorie a debiti estinti”. Tradotto: i debiti per assegni di mantenimento al coniuge o ai figli non vengono cancellati (il dovere di mantenimento familiare ha natura inderogabile); ugualmente, se il debitore aveva un debito derivante da danno aquiliano (es. risarcimento per un torto, come un incidente stradale causato), tale debito non è esdebitabile; infine le multe penali o amministrative a carattere punitivo restano dovute (perché la persona non deve poter sottrarsi a sanzioni conseguenti a illeciti). Un’eccezione è fatta per le sanzioni “accessorie a debiti estinti”: se ad esempio c’era una sovrattassa legata a un tributo, e quel tributo viene pagato in procedura o è comunque oggetto di esdebitazione, può decadere anche la sovrattassa. Ma in generale, multe stradali, sanzioni per violazioni amministrative, ammende penali non vengono cancellate. Nell’ambito dei debiti fiscali (che tratteremo in dettaglio più avanti), ciò significa che le sanzioni tributarie rimangono a carico del debitore (almeno quelle di natura afflittiva). Tuttavia, come vedremo, spesso tali importi diventano di fatto inesigibili se il debitore è nullatenente, ma formalmente la loro debenza persiste anche dopo l’esdebitazione.
Esdebitazione nella liquidazione controllata del sovraindebitato
Passiamo ora all’ambito del sovraindebitamento, cioè le situazioni di insolvenza che riguardano soggetti non fallibili (piccoli imprenditori sottosoglia, professionisti, consumatori, etc.). La procedura di liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) è, per i sovraindebitati, l’equivalente della liquidazione giudiziale: si liquidano tutti i beni del debitore, nominando un liquidatore (figura analoga al curatore) sotto la vigilanza di un giudice. È la soluzione destinata ai casi in cui le altre vie negoziate (piano del consumatore o concordato minore) non siano praticabili o non riscuotano consenso. Ad esempio, un consumatore privo di redditi per offrire un piano di rientro oppure un artigiano con troppi creditori dissenzienti, possono “ripiegare” sulla liquidazione controllata del patrimonio.
Il risultato finale della liquidazione controllata, per il debitore persona fisica, è analogo a quello fallimentare: dopo aver liquidato il possibile, il debitore può ottenere la cancellazione dei debiti residui tramite esdebitazione. Il CCII infatti regola insieme l’esdebitazione post-fallimentare e quella post-liquidazione controllata. In origine lo faceva con norme unificate; dal correttivo 2024 il Capo X del Titolo V è stato riorganizzato distinguendo una Sezione I-bis per la liquidazione giudiziale e una Sezione II per la liquidazione controllata. Ma i principi rimangono sostanzialmente paralleli.
Tempistica – Anche per la liquidazione controllata vale la regola del termine triennale: il debitore sovraindebitato ha diritto all’esdebitazione dopo 3 anni dall’apertura della procedura, oppure al momento della chiusura se questa avviene prima (l’art. 279 CCII, come modificato nel 2024, richiama espressamente anche l’art. 282 comma 2 relativo alla liquidazione controllata). Inoltre, l’art. 282 CCII specifica che l’esdebitazione “opera a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dall’apertura”, su istanza del debitore o su segnalazione del liquidatore, con decreto del tribunale. Dunque non c’è differenza: anche nel sovraindebitamento massimo 3 anni di durata per mantenere “vivo” il peso dei debiti. Si noti che il CCII impone, a tutela del debitore, che la liquidazione controllata duri al massimo 4 anni (termine ridotto a 3 anni dal decreto correttivo 2020 e poi riportato a 4 per le liquidazioni aperte prima dell’entrata in vigore del CCII). Attualmente, per le procedure aperte dal 2022 in poi, il limite è 3 anni: trascorso tale periodo, se anche la liquidazione non ha venduto tutto, il debitore può comunque essere esdebitato.
Procedura – Il meccanismo ricalca quello della liquidazione giudiziale con alcune peculiarità dovute alla diversa figura del Gestore della crisi e dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi). In breve:
- La domanda di apertura della liquidazione controllata viene presentata dal debitore (o dai creditori/PM in certi casi) al tribunale, che apre la procedura e nomina un liquidatore giudiziale (che può essere lo stesso Gestore designato dall’OCC). Una volta venduti i beni e ripartito il ricavato ai creditori, il liquidatore prepara il rendiconto finale e chiede la chiusura.
- In sede di chiusura, oppure decorso il triennio, il debitore persona fisica può presentare istanza di esdebitazione al tribunale competente. Anche qui, come nel fallimento, il liquidatore informa i creditori dell’istanza e questi possono fare osservazioni (tipicamente inviando note all’OCC o al tribunale). Il tribunale verifica i requisiti di meritevolezza esposti nella relazione particolareggiata del Gestore e negli atti.
- Se tutto è in regola, con decreto motivato dichiara il debitore esdebitato, ossia libera dai debiti concorsuali residui. L’effetto è identico: i creditori chirografari non possono più agire per l’insoluto, e i privilegiati non soddisfatti perdono la pretesa eccedente quanto incassato in liquidazione.
- Anche qui i creditori hanno facoltà di proporre opposizione (reclamo) contro il decreto se ritengono che il beneficio sia stato concesso indebitamente.
I requisiti soggettivi di meritevolezza per l’esdebitazione nella liquidazione controllata sono essenzialmente gli stessi già illustrati per il fallimento, con l’ovvia eccezione dei riferimenti ai reati tipicamente fallimentari. Ad esempio, è improbabile che un consumatore sovraindebitato sia imputato di bancarotta fraudolenta (reato proprio dell’imprenditore fallito). Tuttavia potrebbe avere altri tipi di reati (truffa ai creditori, ad esempio) o misure di prevenzione; in tal caso ugualmente il giudice attenderà l’esito. Inoltre, per i consumatori la legge 3/2012 (all’art. 14-terdecies, ora abrogato) prevedeva requisiti leggermente diversi e più dettagliati (come quello di cercare lavoro, soddisfare parzialmente i creditori, non aver causato il sovraindebitamento con colpa grave, etc.). Il CCII ha semplificato tali condizioni rendendole omogenee con l’art. 280 CCII. Quindi anche il sovraindebitato in liquidazione controllata deve: non aver frodato i creditori, non aver aggravato dolosamente la situazione, aver collaborato con il liquidatore, non aver già avuto esdebitazioni recenti, ecc. Un’ulteriore condizione che prima esisteva per la liquidazione da sovraindebitamento era l’aver pagato almeno in parte i creditori antecedenti: la legge 3/2012 richiedeva al liquidando di soddisfare almeno in misura parziale i vecchi creditori (criterio dell’“utilità ricavata” durante i 4 anni). Ma anche questo è stato eliminato dal CCII, coerentemente con quanto avvenuto per il fallimento. Pertanto oggi, in linea di massima, anche un sovraindebitato che non lascia nulla ai creditori può essere esdebitato, sempre che sia meritevole e abbia messo a disposizione tutto ciò che poteva.
È però interessante notare che nel sovraindebitamento esistono meccanismi per cui qualcosa ai creditori arriva quasi sempre: ad esempio, se il patrimonio era nullo, il debitore difficilmente attiverà una liquidazione (opterà piuttosto per l’esdebitazione diretta dell’incapiente, di cui parliamo dopo). Se invece aveva beni, per quanto modesti, dalla vendita magari si ricava almeno una “percentualina”. Inoltre, la legge incoraggia il debitore a offrire ai creditori impegni di pagamento futuri (ad es. in liquidazione controllata può destinare ai creditori il proprio reddito eccedente le necessità vitali per i 4 anni). Quindi, a differenza del fallimento puro, nelle procedure da sovraindebitamento spesso c’è almeno un minimo rientro ai creditori. Questo comunque non è più vincolante ai fini dell’esdebitazione: è un fattore di valutazione equitativa, non un requisito.
Esempio pratico: Caio, artigiano non fallibile, apre una liquidazione controllata nel 2023. Vengono liquidati i suoi beni (piccole attrezzature e un’auto), ricavando molto poco, sicché i creditori (banche, fisco, fornitori) ricevono solo il 5% dei loro crediti. Caio ha 50 anni e scarse prospettive di reddito; tuttavia durante la procedura trova un lavoro part-time e nei 3 anni versa volontariamente ai creditori un ulteriore piccolo importo derivante dal suo stipendio (incrementando il soddisfacimento totale, poniamo, al 7-8%). Nel 2026 il liquidatore chiede la chiusura; Caio presenta istanza di esdebitazione. Il tribunale verifica che Caio non ha atti in frode né colpe gravi (il sovraindebitamento è nato dalla perdita di commesse e dall’insolvenza di un cliente importante, quindi causa esterna), che ha collaborato e addirittura contribuito con redditi futuri (mostrando buona volontà). Di conseguenza, nonostante la soddisfazione dei crediti sia irrisoria, il tribunale concede l’esdebitazione dichiarando inesigibile il restante ~93% dei debiti. I creditori non si oppongono (sono consapevoli che Caio non ha più nulla da dare), e Caio viene liberato. Grazie a ciò, potrà riprendere la sua attività d’artigiano senza il timore di pignoramenti per i vecchi debiti.
Debiti esclusi e particolarità: Anche per l’esdebitazione da liquidazione controllata valgono le eccezioni viste prima (alimenti, risarcimenti da illecito, multe penali). Inoltre, se il sovraindebitato aveva debiti verso soci o altri coobbligati e questi non hanno partecipato alla procedura, il decreto non li riguarda (ogni debitore deve attivare la sua procedura per liberarsi). Un caso tipico è quello di più membri della famiglia indebitati: se affrontano la crisi con un’unica procedura familiare, bene; altrimenti chi non ha partecipato rimane obbligato per intero. Ecco perché la procedura familiare introdotta nel CCII è vantaggiosa: consente di esdebitare insieme marito e moglie, ad esempio, con un unico piano. Senza di essa, se solo uno dei due avesse fatto la liquidazione, l’altro coniuge garante sarebbe rimasto obbligato in solido per tutto.
Conclusione su liquidazione controllata: la filosofia è identica al fallimento: dare una seconda chance anche al sovraindebitato onesto. Il CCII parla espressamente di “liberazione dei debiti del sovraindebitato” a fine procedura. Le differenze procedurali sono minime e legate al fatto che c’è un OCC/Gestore e non un curatore, ma sostanzialmente la tutela del debitore è la stessa. Anzi, il CCII ha previsto alcune novità pro-debitore come il merito creditizio: se il sovraindebitamento è dipeso anche da banche che hanno concesso prestiti avventati, questo verrà valutato per non penalizzare oltremodo il debitore. Ciò potrebbe riflettersi magari in un giudizio di meritevolezza meno severo verso il debitore che abbia abusato del credito se anche i creditori professionali hanno colpe.
Una considerazione importante: con l’entrata in vigore del CCII (luglio 2022), tutte le liquidazioni controllate durano al massimo 3 anni e l’esdebitazione è interna alla procedura (cioè viene richiesta e decisa al suo interno). Questo rende la tempistica piuttosto certa. In passato, con la legge 3/2012, la liquidazione del patrimonio durava 4 anni e poi il debitore doveva fare un’ulteriore istanza di esdebitazione al termine. Oggi invece i due momenti sono più integrati: trascorsi 3 anni, ipso iure scatta il diritto. L’Agenzia Risoluzione Debiti sintetizza: “il Codice della Crisi prevede che la liquidazione duri al massimo 3 anni e soprattutto che non serva una specifica domanda di esdebitazione: infatti dopo tre anni (in assenza di motivi ostativi), tale provvedimento viene richiesto all’interno della stessa procedura, rendendolo automatico”. Ciò riflette la volontà del legislatore di evitare che il debitore resti “appeso” per tempi indefiniti nella speranza di una liberazione dai debiti.
L’esdebitazione del debitore incapiente (“a zero utilità”)
Una delle novità più significative introdotte dal Codice della crisi (come modificato dal D.Lgs. 83/2022) è la possibilità di esdebitare il debitore persona fisica incapiente senza necessità di aprire una procedura di liquidazione dei beni. Questa ipotesi eccezionale è disciplinata dall’art. 283 CCII ed è spesso chiamata “esdebitazione a costo zero” o “esdebitazione senza utilità”. Si tratta di uno strumento residuale e di favore, pensato per quei debitori che:
- Non possiedono alcun patrimonio liquidabile né redditi aggredibili – In altre parole, non sono in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno prospettica. Sono i classici casi di persone nullatenenti o con solo beni di valore trascurabile e redditi appena sufficienti a sopravvivere.
- Sono comunque sovraindebitati in buona fede – Devono essere meritevoli secondo i parametri visti (assenza di frode, cause della crisi non dolose, ecc.). L’assenza di colpa grave nell’indebitarsi è determinante: l’istituto si rivolge, per espressa ratio, al debitore meritevole ma sfortunato.
- Non possono accedere alle normali procedure concorsuali – In genere si tratta di soggetti non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori) che non hanno senso da porre in liquidazione controllata perché non c’è nulla da liquidare. Il CCII infatti richiede che l’incapiente “non sia assoggettabile a liquidazione giudiziale o coatta, né abbia beni liquidabili”. Dunque, se Tizio ha anche pochi beni, è tenuto a fare la liquidazione controllata; se davvero non ha nulla, può chiedere direttamente l’esdebitazione ex art. 283.
Questa procedura rappresenta un vero cambio di paradigma. In tutte le altre, prima si liquida e poi eventualmente si cancella il debito; qui si cancella il debito subito, senza realizzo, invertendo l’ordine logico. Non a caso i giudici parlano di “rovesciamento degli scopi ordinari delle procedure concorsuali”: nell’esdebitazione dell’incapiente l’ordinario principio della par condicio dei creditori passa in secondo piano, prevalendo invece l’obiettivo di rilanciare il debitore (fresh start) anche a costo di sacrificare integralmente i creditori. Si tratta di accettare che quei creditori comunque non avrebbero recuperato nulla (perché il debitore non ha risorse) e dunque tanto vale liberare quest’ultimo dal peso dei debiti, incentivandolo a tornare produttivo nella società. L’istituto trova fondamento nella direttiva UE 2019/1023 che incoraggia gli Stati a dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti anche quando non vi sono attivi da distribuire.
Vediamo in pratica come funziona:
- Domanda al tribunale – Il debitore incapiente deve presentare un ricorso per esdebitazione ex art. 283 CCII al tribunale competente (sezione specializzata della crisi, la stessa dei sovraindebitati). È competente il tribunale del luogo di residenza del debitore. È consigliabile l’assistenza di un avvocato e il coinvolgimento di un OCC sin dall’inizio, anche se la legge non lo impone espressamente. In pratica, però, serve il supporto di un Gestore della crisi nominato dall’OCC, il quale effettuerà le verifiche sulla situazione economica del debitore e redigerà la relazione particolareggiata (analogamente a quanto avviene per un piano del consumatore). La domanda deve includere tutti i documenti utili: elenco dei debiti, delle cause dell’indebitamento, delle spese essenziali di sostentamento, ultimi redditi, atti di straordinaria amministrazione ultimi 5 anni, ecc.. Di fatto, l’istanza di esdebitazione incapiente è preparata in modo simile a un piano del consumatore, con la differenza che non c’è un piano di pagamenti ma solo la richiesta di cancellare i debiti perché non pagabili.
- Verifica del Gestore e relazione – Il Gestore della crisi nominato (di regola un professionista dell’OCC) esamina la documentazione, può richiedere integrazioni e infine redige una relazione dettagliata. In tale relazione egli attesta: le cause dell’indebitamento e la diligenza o meno del debitore nel contrarre obbligazioni; le ragioni dell’incapacità di adempiere; l’eventuale esistenza di atti in frode; la completezza della documentazione; e soprattutto se il debitore possiede il requisito della incapienza (nessuna utilità neppure futura da offrire) e quello della meritevolezza. Ricordiamo la definizione legale di “debitore incapiente meritevole”: «persona fisica sovraindebitata meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura». Ad esempio, un debitore con un piccolo reddito può comunque essere incapiente se tale reddito è interamente assorbito dalle esigenze di vita dignitosa sue e della famiglia, con solo briciole eventualmente destinabili ai creditori (briciole inferiori al costo della procedura stessa). Il Gestore valuterà tutto ciò. Se il soggetto è un consumatore, la meritevolezza si misura rispetto all’assenza di colpa grave nella formazione dei debiti; se è un piccolo imprenditore/professionista, si tiene conto anche di fattori diversi, ma la sostanza è simile. Al termine, il Gestore deposita la relazione e la trasmette al giudice.
- Udienza e decisione – Il tribunale fissa un’udienza in camera di consiglio per valutare il ricorso. Non essendoci una vera massa attiva da amministrare, spesso la decisione è rapida. I creditori vengono comunque informati della pendenza della procedura (tramite PEC o pubblicazione). La legge prevede che i creditori possano fare opposizione solo dopo la concessione del beneficio, il che lascia intendere che non abbiano un diritto di veto preventivo. Tuttavia in udienza talora vengono sentiti informalmente o possono depositare note di contestazione. Il giudice esamina la relazione del Gestore e verifica i presupposti di legge. In particolare:
- che il debitore sia sovraindebitato (cioè impossibilitato a pagare regolarmente i debiti) e incapiente (nessun bene né possibilità di utilità future > 0);
- che sia meritevole (assenza di frode, dolo o colpa grave);
- che non sia soggetto a liquidazione giudiziale né abbia già fatto procedure analoghe;
- che abbia prodotto la documentazione completa e collaborato.
- Opposizione post-decreto – Dopo la concessione, i creditori hanno 30 giorni per proporre opposizione/reclamo se ritengono che il debitore non avesse i requisiti. Ad esempio, un creditore potrebbe opporsi sostenendo di aver scoperto che il debitore in realtà disponeva di certi beni (quindi non era incapiente) o che ha contratto debiti con dolo. Il reclamo viene deciso dalla corte d’appello. In assenza di opposizioni, il decreto diviene definitivo.
- Obblighi quadriennali del debitore – Il debitore esdebitato “a zero” viene monitorato per i 4 anni successivi. L’art. 283 CCII infatti prevede una condizione risolutiva: se entro 4 anni dal decreto sopravvengono utilità rilevanti tali da consentire di pagare i creditori in misura almeno del 10%, allora il debitore è obbligato a pagare i debiti fino a quella misura. In altri termini, se il debitore beneficiato ha un colpo di fortuna (es. un’eredità sostanziosa, una vincita, un aumento di reddito significativo) entro i successivi quattro anni, deve destinare ai creditori almeno il 10% di quanto dovuto originariamente. Questo meccanismo tempera il carattere “gratuito” dell’esdebitazione: i creditori hanno una chance di recupero tardivo qualora la situazione del debitore migliori oltre una soglia apprezzabile. A tale scopo:
- Il debitore ha l’obbligo di presentare annualmente all’OCC una dichiarazione circa eventuali sopravvenienze di reddito o patrimonio. Deve essere assolutamente trasparente nel comunicare se ha ricevuto beni, donazioni, premi, nuovi impieghi lucrosi, ecc.
- L’OCC/Gestore ha il compito di vigilare sul rispetto di tale obbligo e può essere chiamato dal giudice a verificare se vi siano state sopravvenienze rilevanti nei quattro anni. Ad esempio può chiedere al debitore estratti conto, dichiarazioni dei redditi, ecc.
- Se effettivamente emergono utilità straordinarie, il giudice potrà disporre che il debitore versi quanto dovuto ai creditori (fino a concorrenza del 10% dei debiti, non meno). Qualora il debitore ometta di dichiarare sopravvenienze o non adempia al pagamento dovuto, è presumibile che il decreto di esdebitazione possa essere revocato o comunque reso inefficace su istanza dei creditori, configurandosi un abuso. La legge parla chiaro: il beneficio è fatto salvo l’obbligo di pagamento in caso di utilità sopravvenute, quindi è come una condizione cui è appesa la definitiva liberazione.
Trascorsi i 4 anni senza che siano intervenuti miglioramenti rilevanti, l’esdebitazione diviene definitiva e irrevocabile. I creditori non potranno più pretendere nulla, neppure se in futuro il debitore divenisse ricco (dopo i 4 anni, la vita riparte con un “clean slate” pieno).
Importante: l’esdebitazione dell’incapiente può essere concessa una sola volta nella vita. Chi ne beneficia non potrà più tornare in tribunale per cancellare nuovi debiti con la stessa procedura. È davvero l’ultima spiaggia riservata a chi si trova in miseria e ha bisogno di ripartire. Ciò non toglie che, se per caso dopo molti anni la persona sfortunatamente ricadesse in insolvenza, potrà sempre utilizzare le altre procedure (piano, liquidazione controllata), ma non di nuovo l’istanza “a costo zero”.
Esempio tipico: Maria, 40 anni, ex lavoratrice dipendente, ha accumulato 100.000 € di debiti (prestiti, bollette, qualche cartella fiscale) a causa di eventi avversi: un divorzio, poi problemi di salute che le hanno fatto perdere il lavoro, e la necessità di assistere un genitore anziano. Non possiede casa, vive in affitto, ha un piccolo conto in banca quasi vuoto. Il suo unico reddito è un sussidio statale e qualche lavoretto saltuario, appena sufficiente a coprire l’affitto e le spese essenziali. Non ha davvero nulla da dare ai creditori. In passato ha tentato di negoziare rateizzazioni, ma senza successo. Maria si rivolge a un OCC e, con l’assistenza di un avvocato, presenta in tribunale un ricorso per esdebitazione incapiente ex art. 283 CCII. Nella domanda illustra le cause sfortunate della sua insolvenza (riduzione orario di lavoro, licenziamento per motivi di salute, spese mediche) e dichiara di non avere beni né risorse disponibili. Il Gestore verifica e conferma che Maria è meritevole (nessun atto in frode, ha portato tutta la documentazione e la storia è credibile) e incapiente (il suo piccolo reddito è assorbito dalle spese di sussistenza). In udienza, nessun creditore contesta seriamente (sanno che Maria è nullatenente). Il tribunale quindi accoglie il ricorso e concede l’esdebitazione: con decreto dichiara cancellati tutti i 100.000 € di debiti chirografari anteriori. Da questo momento, Maria non è più perseguitabile per quelle vecchie pendenze. Per i prossimi 4 anni dovrà comunicare annualmente all’OCC la sua situazione economica. Maria trova poi un impiego part-time che le dà un piccolo surplus: ma supponiamo che non arrivi comunque a far fronte al 10% del debito (10.000 €) – i suoi miglioramenti servono a malapena a garantirle una vita dignitosa. Pertanto, non scatta alcun obbligo di pagamento aggiuntivo (i creditori in ogni caso non potrebbero pretendere più del 10% in totale). Trascorsi i 4 anni, Maria ha definitivamente chiuso col passato ed è riabilitata. Se invece, mettiamo, durante quel quadriennio Maria avesse ricevuto un’eredità di 50.000 €, allora avrebbe dovuto destinare almeno 10.000 € ai creditori (10% di 100k) secondo le istruzioni del giudice.
Ruolo dei creditori e opposizioni: da notare che i creditori nell’esdebitazione incapiente non hanno un ruolo attivo come voti o consensi – dopotutto non c’è un piano da approvare – ma possono solo eventualmente opporsi dopo. Questo configura un meccanismo davvero unilaterale a favore del debitore. Comprensibilmente, i tribunali applicano un filtro molto rigoroso sulla meritevolezza, per evitare abusi. Le prime pronunce emerse mostrano un orientamento comune: sì alla cancellazione dei debiti per persone davvero sfortunate e irreprensibili; no se il debitore ha anche solo in parte colpe nello squilibrio economico. Ad esempio, è stato spesso discusso se un soggetto che abbia accumulato molti debiti fiscali non pagando le tasse per anni possa dirsi meritevole: alcuni giudici propendono per l’esclusione salvo che provi cause di forza maggiore (es. una patologia psichiatrica, ludopatia, ecc.).
Sul fronte opposto, alcuni Tribunali hanno già concesso decreti innovativi. Ad esempio, il Tribunale di Oristano (decreto 29/7/2024) ha concesso l’esdebitazione a una piccola imprenditrice incapiente che si era indebitata per ragioni fuori dal suo controllo (crisi post-pandemica, salute, riduzione orario di lavoro). In quel decreto si legge una forte adesione alla filosofia del fresh start europeo: il giudice sottolinea come questa procedura sia “residuale ed eccezionale” ma necessaria per dare una speranza a chi è rimasto schiacciato dai debiti senza colpa. Viene riconosciuto che essa rappresenta un sacrificio integrale dei creditori in nome del recupero della dignità economica del debitore. Al contempo, il tribunale evidenzia i paletti (una volta sola nella vita, vigilanza OCC, ecc.) che mitigano questo sacrificio. Questo provvedimento di Oristano – tra i primi in Italia – fa scuola, ed è verosimile che altri tribunali seguiranno criteri analoghi, uniformando la prassi.
Costi della procedura incapiente: va segnalato che, sebbene il debitore incapiente non paghi i creditori, qualche costo procedurale c’è. In particolare, è previsto almeno un compenso minimo per l’OCC (stabilito dal DM 202/2014 e successive modifiche) e il pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo (€98) e delle spese forfettarie di cancelleria (€27). Spesso l’OCC applica agevolazioni considerata la situazione disperata, ma comunque la pratica non è del tutto a costo zero: l’OCC di norma chiede un fondo spese minimo (ad es. 200-300 euro) per avviare la procedura. Il debitore può eventualmente rivolgersi al patrocinio a spese dello Stato se ha i requisiti di reddito, per coprire le spese legali.
Differenze con le altre procedure: l’esdebitazione incapiente non prevede la liquidazione dei beni – se il debitore possiede beni di valore non trascurabile, come detto, dovrà intraprendere la liquidazione controllata ordinaria. Se durante i 4 anni emergono beni che aveva omesso di dichiarare all’inizio, è possibile che il tribunale revochi l’esdebitazione e magari converta il tutto in liquidazione controllata (il CCII lo prevedeva nella legge 3/2012 per casi analoghi). Pertanto l’incapiente deve essere sincero: se ha anche solo un piccolo immobile, niente esdebitazione immediata ma liquidazione del patrimonio. In sintesi, questa procedura è pensata per chi ha zero beni e redditi al di là del minimo vitale.
Con questo strumento, il nostro ordinamento copre finalmente l’ultima lacuna: prima, c’era il rischio che un debitore nullatenente restasse inseguito a vita dai propri creditori (che magari non recuperavano nulla ugualmente, ma potevano tenere in perenne soggezione il debitore). Adesso anche costui ha una via legale per dire “basta” ai debiti irredimibili. Naturalmente, va usata con parsimonia e giudizio.
Piani del consumatore e concordati minori: quando si “libera” il debitore
Finora abbiamo discusso dell’esdebitazione legata alle procedure di liquidazione. Ma molti debitori – specie i consumatori e le piccole imprese in continuità – cercano soluzioni alternative, come i piani di ristrutturazione o i concordati minori, per risolvere la crisi pagando parzialmente i debiti ed evitando di liquidare tutto il patrimonio. In queste procedure negoziali, il risultato finale auspicato è comunque di liberare il debitore dal carico dei debiti insostenibili, ma ciò avviene in modo un po’ diverso, ovvero tramite l’esecuzione del piano omologato.
Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore – È la procedura riservata al debitore consumatore (persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei ad attività imprenditoriale/professionale). Consiste nel presentare al tribunale un piano di pagamento parziale dei debiti, sostenibile rispetto al reddito e patrimonio del consumatore, che consenta di soddisfare i creditori in misura ragionevole. Il piano può prevedere dilazioni, stralci (tagli delle somme dovute) e qualunque forma tecnica (anche mantenere alcuni beni e liquidarne altri, cedere il quinto dello stipendio per un periodo, ecc.). La caratteristica del piano del consumatore è che non richiede il voto dei creditori: è il giudice che, verificati i presupposti (fattibilità, meritevolezza del consumatore, equilibrio del trattamento dei creditori), può omologarlo anche in presenza di dissenso dei creditori. Questa è una differenza rispetto al concordato minore (dove invece i creditori votano).
Una volta che il piano del consumatore è omologato dal tribunale, esso diventa vincolante per tutti i creditori coinvolti. Il debitore deve quindi eseguirlo fedelmente (spesso sotto la supervisione di un OCC/gestore nominato). Cosa succede ai debiti? Succede che i creditori riceveranno quanto previsto dal piano (es. il 20% in 4 anni) e, a piano completato, per effetto dell’avvenuto adempimento, i debiti residui si considerano esdebitati. In altre parole, l’omologa del piano unita al suo integrale adempimento comporta la liberazione del debitore dai debiti oggetto del piano nella misura in cui non sono stati pagati. Non c’è bisogno di un ulteriore decreto di esdebitazione: la cancellazione dei debiti eccedenti è una conseguenza automatica dell’avvenuta esecuzione del piano omologato. Lo stesso CCII lo conferma quando stabilisce, ad esempio, che “a piano completamente attuato […] il tutto termina con la cancellazione dei debiti non pagati (esdebitazione)”.
Va evidenziato che durante l’esecuzione del piano, il debitore gode di protezione (i creditori non possono agire esecutivamente, le procedure in corso sono sospese), ma non è ancora “libero”: se il piano dovesse venire meno (ad es. il debitore non paga le rate, o sopravviene una risoluzione), i creditori riacquistano i loro diritti per intero, salvo imputare quanto eventualmente ricevuto. Quindi l’“esdebitazione” qui è condizionata al buon esito del piano. Ad omologa avvenuta, comunque, il debitore ha la certezza che se rispetterà il piano, nessuno potrà chiedergli altro oltre quanto previsto. L’effetto esdebitatorio è insito nell’omologa stessa: il tribunale, omologando, in pratica approva la riduzione dei debiti secondo il piano.
Facciamo un esempio: Luca, consumatore, ha 50.000 € di debiti con banche e fisco. Propone un piano in cui, grazie al suo stipendio, pagherà 300 € al mese per 5 anni, offrendo circa 18.000 € ai creditori, pari al 36% del totale, suddiviso proporzionalmente. Il giudice verifica che Luca è meritevole (i debiti derivano da spese familiari, nessuna colpa grave) e che i creditori non sarebbero trattati meglio in alternativa (il suo patrimonio è modesto, quindi in liquidazione non prenderebbero di più). Nonostante qualche creditore (ad es. una banca) sia contrario perché preferirebbe pignorargli lo stipendio, il giudice omologa il piano del consumatore. A quel punto Luca esegue i pagamenti mensili concordati. Raggiunto l’ultimo pagamento, il piano si intende completamente attuato e i creditori hanno ricevuto il 36%. I restanti 32.000 € di debito sono cancellati di diritto: Luca non dovrà più restituirli e i creditori non potranno avanzare pretese su di lui. Formalmente, il tribunale potrebbe emettere un decreto di “attestazione di avvenuto adempimento ed esdebitazione residua”, ma non è necessario ai fini giuridici sostanziali; è più che altro un atto dichiarativo.
Cosa accade se Luca, invece, non paga alcune rate e il piano viene risolto? In tal caso perde il beneficio: i creditori tornano ad essere liberi di agire per l’intero credito originale dedotto quanto incassato. Quindi è fondamentale portare a termine il piano.
Concordato minore – È l’analogo per i soggetti non consumatori (imprenditori sotto-soglia, professionisti, ditte individuali, enti non profit etc.). Funziona similmente ad un concordato preventivo “semplificato”: il debitore propone un accordo con i creditori presentando un piano che può prevedere sia la continuità aziendale sia la liquidazione parziale dei beni, a seconda dei casi. Il piano deve garantire un certo miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione pura (nel concordato minore non c’è soglia di percentuale minima stabilita ex lege, ma il tribunale valuta la convenienza per i creditori). La differenza chiave è che nel concordato minore i creditori votano sull’accordo: serve il voto favorevole dei crediti che rappresentino almeno il 50% dei crediti ammessi al voto. Se la maggioranza approva, il tribunale omologa il concordato e questo diventa vincolante anche per i creditori dissenzienti; se i creditori lo respingono, la procedura viene dichiarata inammissibile (salvo eventuale conversione in liquidazione controllata su istanza del debitore, se questi preferisce).
Nel concordato minore, come nel piano del consumatore, l’esdebitazione finale è connaturata all’accordo: il debitore paga ciò che ha promesso nel piano concordatario e, così facendo, adempie ai suoi obblighi verso i creditori conformemente all’accordo. I creditori non possono più pretendere la parte eccedente di credito che avevano tagliato accettando il concordato. Dall’omologa deriva infatti per i creditori un obbligo di remissione parziale: l’art. 80 CCII (sul concordato preventivo, applicabile anche al concordato minore) stabilisce che le transazioni e le falcidie previste nel piano, una volta omologato, diventano definitive nei rapporti con i creditori chirografari e privilegiati degradati. Quindi, a piano eseguito, il debitore risulta liberato dai debiti residui in misura conforme al concordato. Non si parla qui di “esdebitazione” in senso tecnico, perché è la stessa natura dell’accordo omologato che nova i debiti originari riducendoli. Ma dal punto di vista pratico, l’effetto è lo stesso: il debitore, dopo aver eseguito il concordato minore, non deve più nulla ai creditori per quei debiti antecedenti.
Anche qui però c’è la condizione: il concordato deve essere adempiuto. Se il debitore non rispetta le obbligazioni assunte nell’accordo (es. non paga qualche rata importante), i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato (art. 121 CCII). Con la risoluzione, i debiti tornano esigibili per intero, dedotto quanto eventualmente già ricevuto dai creditori durante l’esecuzione parziale. Quindi è essenziale impostare piani realistici.
Un vantaggio per il debitore nel concordato minore rispetto al piano consumatore è che può prevedere di continuare l’attività d’impresa (mentre il consumatore non ha attività). Ciò consente magari di generare utili per pagare i creditori. Se l’azienda poi non va come sperato e il concordato fallisce, il debitore potrà sempre rifugiarsi in liquidazione controllata e cercare l’esdebitazione per quella via. Ma in caso di successo, avrà salvato l’azienda e si sarà liberato dai debiti in un colpo solo.
Procedure familiari: sia il piano del consumatore sia il concordato minore possono essere proposti in forma familiare (art. 66 CCII) se ne ricorrono i presupposti. Ciò comporta che più co-debitori legati da vincoli familiari presentano un unico piano congiunto. Ad esempio, due coniugi che hanno debiti comuni e separati possono predisporre un piano unico che preveda il pagamento coordinato dei loro creditori. In tal caso, l’omologa del piano vincola tutti i creditori di entrambi e, a piano eseguito, entrambi i debitori coniugi saranno liberi dai rispettivi debiti residui. Questa è una innovazione utile perché evita duplicazioni. Il CCII richiede però che il sovraindebitamento abbia un’origine comune e che i debitori familiari siano conviventi. Non basta il legame di sangue, insomma: serve che le posizioni siano intrecciate (tipicamente coniugi, o genitore e figlio con debito per la stessa azienda familiare, ecc.).
Debiti non regolati dal piano: attenzione, sia nel piano consumatore sia nel concordato minore, i debiti non inclusi nella proposta restano esclusi dagli effetti dell’omologa. Quindi se il debitore vuole liberarsi di un certo debito, deve assicurarsi di inserirlo nella procedura. È obbligatorio includere tutti i debiti noti, ma ad esempio certi debiti potrebbero rimanere fuori (come le sanzioni penali pecuniarie, che comunque non possono essere toccate). Quelli resteranno dovuti.
Il ruolo dei crediti fiscali: merita un cenno particolare l’atteggiamento verso i debiti erariali (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione) nei piani e concordati. La legge permette anche di stralciare in parte debiti fiscali e previdenziali, inclusa l’IVA e altre imposte (diversamente da qualche anno fa in cui c’erano dubbi sulla falcidiabilità dell’IVA per vincoli UE, ma la giurisprudenza ha aperto a questa possibilità in procedure concorsuali). Tuttavia, nei piani del consumatore il giudice deve valutare che la proposta verso il Fisco sia fattibile e non iniqua rispetto agli altri creditori. In passato l’Agenzia delle Entrate talvolta contestava piani in cui veniva pagata in percentuale molto bassa, invocando il principio che i debiti fiscali privilegiati almeno in parte andrebbero soddisfatti. Ma la Cassazione (es. sent. 9087/2018) ha stabilito che anche l’IVA può essere falcidiata in un piano del consumatore, trattandosi di procedura concorsuale a tutti gli effetti. Nei concordati minori, l’Agenzia Entrate Riscossione partecipa come creditore votante: spesso essa esprime voto favorevole se la percentuale offerta non è irrisoria e se ritiene il piano serio (anche perché, in caso di dissenso, se il concordato non passa, probabilmente il debitore finirà in liquidazione e l’Erario prenderà anche meno). Il CCII inoltre ha introdotto la possibilità per il debitore di classare separatamente i crediti fiscali e previdenziali nei concordati minori (come avviene nei concordati preventivi) e di ottenere l’omologa anche in caso di voto contrario dell’Erario, purché la soddisfazione offerta al credito pubblico non sia inferiore a quella ottenibile in liquidazione (principio del best interest test). Questo meccanismo di cram-down fiscale, previsto dall’art. 109 CCII per il concordato preventivo, può trovare applicazione estensiva anche nel concordato minore. Quindi, in sostanza, l’Erario non ha potere di veto assoluto: se il piano è più conveniente della liquidazione, il tribunale può omologarlo d’ufficio nonostante il voto contrario. Si tratta di una tutela per il debitore onesto contro eventuali rigidità dell’Agenzia delle Entrate.
Conclusione su piani e concordati: in queste procedure non si parla di esdebitazione “post” perché la liberazione dai debiti è integrata nel meccanismo stesso: omologa + adempimento = debiti risolti. Per l’imprenditore in particolare, ciò vale come una “riabilitazione”: potrà continuare l’attività sgravato dal vecchio indebitamento. Naturalmente, se il piano non è adempiuto, nessuna liberazione: anzi, spesso in caso di insuccesso il debitore dovrà affrontare la liquidazione giudiziale o controllata e solo lì cercare l’esdebitazione. Dunque i piani rappresentano un alternativa ex ante all’esdebitazione: si paga un po’ di più ai creditori (ci si accolla un piano) in cambio di salvare magari l’azienda o la casa, e se tutto va bene non si dovrà passare per il decreto di esdebitazione perché i debiti saranno stati transati.
Effetti dell’esdebitazione per il debitore e per i creditori
Analizziamo ora gli effetti concreti dell’esdebitazione una volta concessa (sia essa tramite decreto post-liquidazione, sia tramite completamento di un piano omologato).
Sul debitore: l’esdebitazione comporta la liberazione definitiva dal vincolo dei debiti pregressi insoddisfatti. Il debitore persona fisica torna solutus – sciolto dalle obbligazioni precedenti (salvo quelle escluse per legge, come alimenti, danni da illecito e sanzioni). In pratica: nessuno dei creditori concorsuali può più pretendere pagamento per la parte di credito rimasta insoddisfatta. Il debitore riacquista la piena capacità patrimoniale libera.
Da un punto di vista pratico:
- Cessano le azioni esecutive individuali: se qualche creditore stava ancora tentando pignoramenti o trattenute (magari nei limiti consentiti durante la procedura), con l’esdebitazione quel titolo esecutivo perde efficacia verso il debitore. Ad esempio, se il fisco aveva un fermo amministrativo sull’auto residua del debitore esdebitato, dovrà cancellarlo perché il credito non è più esigibile.
- Si chiude la procedura concorsuale: il debitore esdebitato esce dalla condizione concorsuale. Nel fallimento, ottiene anche la cessazione delle incapacità civili connesse (cadono eventuali interdizioni legali legate alla qualifica di fallito). Ad esempio, la qualifica di “fallito” comportava prima il divieto di ricoprire cariche societarie; oggi con la liquidazione giudiziale questo aspetto è meno marcato, ma comunque un imprenditore non avrebbe potuto accedere a nuovo credito facilmente se ancora pieno di debiti pregressi. L’esdebitazione lo “ripulisce”.
- Miglioramento del merito creditizio col tempo: all’inizio, ovviamente, il debitore esdebitato avrà ancora difficoltà ad ottenere fiducia nel mercato (le banche vedono il suo passato concorsuale). Tuttavia, l’esdebitazione è un reset legale: trascorso un certo periodo, il debitore può ricominciare a costruirsi una reputazione finanziaria. In Italia le informazioni creditizie restano registrate per alcuni anni. Ad esempio, la Centrale Rischi potrà segnalare che Caio è stato insolvente fino al 2025 ma poi ha esdebitato; dopo qualche anno la segnalazione dovrebbe scomparire. Inoltre, normative europee incoraggiano a non discriminare eccessivamente chi ha beneficiato di fresh start. Certo, inizialmente ottenere prestiti sarà arduo (molto dipenderà anche dalla presenza di un reddito e garanzie nuove).
- Possibilità di intraprendere nuove iniziative imprenditoriali: un ex fallito, se esdebitato, può tornare ad esercitare impresa anche subito dopo la chiusura. Non sussiste più il timore di avere “strascichi” dai vecchi debiti. In passato, senza esdebitazione, molti falliti restavano impantanati: se aprivano una nuova attività, i vecchi creditori li inseguivano sui nuovi guadagni (appena uno risorgeva finanziariamente, arrivava un pignoramento). Con l’esdebitazione, questo rischio è eliminato: i nuovi frutti del lavoro del debitore appartengono solo a lui, non possono essergli sottratti per debiti pregressi inesigibili. Si realizza così la finalità di incentivare l’attività produttiva del soggetto meritevole “eliminato il peso dei debiti pregressi, con incentivo a produrre redditi mediante lo sfruttamento delle capacità dell’individuo meritevole”.
- Debiti successivi restano: ovviamente l’esdebitazione non tocca i debiti eventualmente contratti dopo l’apertura della procedura (cosiddetti debiti “estranei” o sopravvenuti). Se, ad esempio, durante la procedura concorsuale il debitore ha accumulato nuove bollette non pagate, queste non rientrano nell’esdebitazione (per definizione l’esdebitazione copre i debiti concorsuali, cioè antecedenti all’apertura). Quindi attenzione: l’esdebitazione non è uno scudo a 360° per tutti i debiti del mondo, vale solo per quelli anteriori inclusi in procedura. Tutti i debiti nuovi vanno onorati o eventualmente gestiti con altri strumenti.
- Limitazioni residue: c’è da dire che il debitore esdebitato, pur libero dai debiti, potrebbe portare qualche stigmate residua, soprattutto in ambito commerciale. Ad esempio, alcuni albi professionali o ruoli potrebbero richiedere di dichiarare se si è stati soggetti a procedure concorsuali (anche se chiuse con esdebitazione, comunque c’è stato un default). Tuttavia ciò attiene più alla reputazione che al diritto. Giuridicamente, l’esdebitazione cancella gli effetti negativi del fallimento per la persona fisica.
Sui creditori: per i creditori concorsuali insoddisfatti, l’esdebitazione significa che il loro credito diventa legalmente inesigibile verso quel debitore. Non possono più:
- Iniziare o proseguire azioni di recupero forzoso (pignoramenti, decreti ingiuntivi, ecc.) contro il debitore esdebitato, in quanto difetterebbe il titolo (il debito è stato dichiarato inesigibile).
- Compensare debiti futuri con quei vecchi crediti (ad es. se il creditore era anche datore di lavoro del debitore, non potrebbe trattenergli dallo stipendio importi per quei vecchi debiti: sarebbe un aggiramento).
- Iscrivere ipoteche giudiziali o mantenere fermi amministrativi: ogni misura cautelare decade.
Il credito in sé non sparisce sul piano civilistico, ma diventa un credito “naturale” o meglio un’obbligazione non più azionabile. Il creditore può solo sperare in un eventuale pagamento volontario (che comunque sarebbe valido, perché l’esdebitazione rimuove l’azione legale ma non il debito in senso morale). Se il debitore, per scrupolo di coscienza, decidesse un domani di rimborsare un vecchio creditore, potrebbe farlo (non c’è un divieto, ovviamente). Tuttavia, nessuno può costringerlo o iscriverlo a bilancio come passività esigibile.
Garanti e coobbligati: l’esdebitazione non si estende ai coobbligati del debitore esdebitato. Ad esempio, se i genitori del debitore avevano firmato una fideiussione per i suoi debiti, la liberazione del debitore principale non libera i garanti. Il creditore, per la parte non soddisfatta, potrà (se ancora in termini) agire contro il fideiussore o avvalersi di eventuali avalli, pegni o ipoteche concesse da terzi. Questo principio era espressamente indicato nella legge fallimentare e rimane valido. D’altronde l’esdebitazione è un beneficio personale, non modifica la situazione dei terzi. Caso particolare: se un obbligato solidale è a sua volta fallito o sovraindebitato e ottiene la propria esdebitazione, ciascuno sarà liberato per la sua parte. Ma se un coobbligato non ha fatto procedure, resta vincolato. Quindi i creditori potrebbero rivolgersi a lui. Ad esempio: due fratelli firmano insieme un mutuo. Uno fallisce e viene esdebitato, l’altro no – la banca potrà chiedere all’altro fratello l’intero mutuo (la solidarietà attiva). Questo scenario impone un coordinamento, spesso mediante le procedure familiari introdotte nel CCII: l’ideale è che entrambi facciano una procedura congiunta (se entrambi insolventi), così la soluzione sarà cumulativa.
Conservazione di garanzie reali su beni di terzi: se un credito era garantito da ipoteca su un immobile di un terzo, l’esdebitazione del debitore non incide sulla garanzia reale. Il creditore ipotecario potrà, ad esempio, espropriare l’immobile del terzo datore d’ipoteca, finché la garanzia è valida, per soddisfarsi. Questo è logico perché l’esdebitazione incide solo sul rapporto tra creditore e debitore. La garanzia reale su bene altrui è un rapporto tra creditore e terzo. Tuttavia, situazioni di questo genere sono rare nei fallimenti di persone fisiche: potrebbe capitare ad esempio con ipoteche su case di familiari date in garanzia di prestiti personali. Il familiare in tal caso continua a rischiare l’esecuzione.
Debiti esclusi: come già dettagliato, i creditori per alimenti, danni extracontrattuali e sanzioni non subiscono esdebitazione. Ciò significa che conservano intatti i loro diritti di credito verso il debitore anche dopo. Ad esempio, un ex coniuge potrà sempre richiedere gli arretrati dell’assegno di mantenimento non pagato (non li perde con l’esdebitazione dell’altro coniuge). Se necessario, potrà proseguire il pignoramento anche dopo. Lo stesso per un danneggiato da reato: se ha un credito da risarcimento per lesioni causate dal debitore, potrà continuare ad esigerlo. E un ente pubblico che aveva multato il debitore (multa stradale, ammenda) potrà ancora iscrivere a ruolo quella sanzione ed eventualmente procedere. In pratica, l’esdebitazione non si applica a quei crediti e i creditori relativi sono come estranei alla procedura (anche se magari si erano insinuati per scrupolo, la legge li tutela facendoli salvo).
Si pone il tema: ma se il debitore era nullatenente e ha esdebitato, come faranno i creditori esclusi a recuperare? Probabilmente non riusciranno comunque. Tuttavia, potrebbero agire sui beni futuri perché, diversamente dagli altri creditori ormai tagliati fuori, loro restano legittimati a colpire ad es. un reddito che il debitore percepisse successivamente. Un tipico caso: alimenti non pagati –> dopo esdebitazione, se il debitore trova un lavoro ben retribuito, l’ex coniuge potrà fargli pignorare il quinto dello stipendio per recuperare gli arretrati alimentari. Nulla glielo impedisce poiché il debito per alimenti è vivo e vegeto.
Revoca dell’esdebitazione: la legge prevedeva già (art. 143 L.F.) la possibilità di revocare il beneficio se risultavano dopo la concessione gravi irregolarità o frodi del debitore (es: beni occultati scoperti entro l’anno, ovvero doloso inadempimento di obblighi post-procedura). Il CCII non ripete espressamente una norma di revoca per l’esdebitazione post-liquidazione, ma è implicito che in caso di dolo del debitore scoperto successivamente, il provvedimento possa essere impugnato per revoca da chi vi ha interesse (creditori o PM). Per la procedura incapiente, si è detto, il mancato rispetto degli obblighi di dichiarazione delle sopravvenienze può portare a revoca. In generale, se emergesse, entro termini di impugnazione, che il debitore ha ottenuto l’esdebitazione con fraude (nascondendo informazioni rilevanti), un creditore potrebbe far valere ciò in opposizione o revocazione. Si tratta comunque di casi limite. Trascorsi i termini di legge, l’esdebitazione diviene intangibile. Ad esempio, dopo i 30 giorni dalla comunicazione del decreto, se nessuno ha presentato opposizione, non si può più mettere in discussione (se non per dolo emergente dopo, ma in Cassazione su ricorso straordinario, scenario remoto).
Conseguenze fiscali post-esdebitazione: questo merita un approfondimento nella prossima sezione, ma anticipiamo che per il creditore che “perdona” un credito per esdebitazione, spesso è prevista una deducibilità fiscale (il creditore può dedurre a perdita quel credito inesigibile). Per il debitore, la cancellazione di debito non genera di norma reddito imponibile (vedi sezione aspetti fiscali). Quindi da ambo i lati, la legge cerca di non creare ulteriori penalizzazioni: il creditore prende atto della perdita (ma se è un’azienda può portarla a perdita nel bilancio) e il debitore non viene tassato per l’arricchimento derivante dal mancato pagamento.
In sintesi, l’effetto dell’esdebitazione è una rinascita economica per il debitore e un necessario sacrificio per i creditori insoddisfatti, i quali devono rassegnarsi a non poter più riscuotere. Si realizza così quel “integrale sacrificio richiesto ai creditori” di cui parlava il giudice di Oristano, giustificato però dallo scopo sociale di dare al debitore (e alla sua famiglia) condizioni di vita più serene e la possibilità di tornare utile alla collettività.
Aspetti fiscali: debiti tributari, contributivi e conseguenze fiscali dell’esdebitazione
La gestione dei debiti fiscali e contributivi (verso Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione, INPS, etc.) in ambito di esdebitazione è cruciale, poiché spesso una larga fetta del debito di un fallito o sovraindebitato è verso l’Erario. Inoltre, l’esdebitazione stessa può avere implicazioni di natura fiscale (come trattare l’eventuale “sopravvenienza attiva” derivante dalla cancellazione dei debiti nel reddito del debitore?).
Analizziamo i vari profili:
Debiti fiscali e contributivi nel fallimento e sovraindebitamento
I debiti verso il Fisco (imposte, IVA, tasse locali) e verso gli enti previdenziali (contributi INPS, ecc.) rientrano a pieno titolo tra i debiti che possono essere soggetti a esdebitazione. Non vi è alcuna esclusione generale per debiti erariali: il CCII non dice, ad esempio, che le imposte non pagate restano comunque dovute. Dunque, salvo quanto si dirà sulle sanzioni, anche i tributi possono essere falcidiati e resi inesigibili con l’esdebitazione, al pari di un debito bancario.
Tuttavia, i crediti erariali spesso godono di privilegi speciali o generali (per es., IVA e ritenute non versate hanno privilegio generale sui mobili; alcune imposte ipotecarie hanno privilegio speciale sugli immobili, ecc.). Ciò significa che nella procedura concorsuale questi crediti vengono soddisfatti con preferenza sui beni disponibili, prima dei chirografari. Quindi, nella distribuzione dell’attivo, il Fisco in genere recupera una quota maggiore rispetto ai creditori chirografari. Ad esempio, se un fallito ha 50.000 € recuperati dalla vendita dei beni e c’è un debito IVA privilegiato di 50.000 €, quell’importo potrebbe andare interamente all’Erario, lasciando nulla ai chirografari. L’eventuale eccedenza di credito IVA oltre 50.000 (se il debito IVA era 80.000) diventerebbe chirografaria e prenderebbe nulla. In sede di esdebitazione, la parte non soddisfatta (sia di crediti chirografari sia di crediti privilegiati per la parte eccedente il realizzo) viene cancellata. Quindi, nel nostro esempio, i residui 30.000 € di IVA non pagati verrebbero esdebitati: l’Agenzia Entrate-Riscossione non potrebbe più pretenderli dal debitore dopo.
Ciò su cui il debitore deve porre attenzione è che i crediti per tributi che siano ricompresi tra quelli non esdebitabili (cioè sanzioni pecuniarie) non beneficeranno della liberazione. Ma le imposte in sé sono esdebitabili. Le sanzioni tributarie invece rientrano nella categoria delle “sanzioni amministrative pecuniarie non accessorie a debiti estinti” che la legge esclude dall’esdebitazione. Dunque, se Tizio aveva una cartella di € 10.000 di cui 7.000 € di imposta e 3.000 € di sanzioni e interessi, e nella procedura quel debito è rimasto insoddisfatto, dopo l’esdebitazione:
- i 7.000 € di imposta non versata sono cancellati (lo Stato non può più chiederli),
- mentre i 3.000 € di sanzione resterebbero dovuti (lo Stato teoricamente potrebbe ancora esigerli).
Spesso però la sanzione è considerata “accessoria” all’imposta – il discrimine “non accessorie a debiti estinti” è un po’ ambiguo. Probabilmente significa che se l’imposta principale è stata pagata o estinta, decadono pure le sanzioni accessorie. Ma se l’imposta non è pagata ed è estinta per esdebitazione, la sanzione non essendo letteralmente pagata potrebbe essere considerata non accessoria a debito estinto per pagamento, e quindi rimanere. L’interpretazione più logica è: sanzioni e multe restano escluse in ogni caso dall’esdebitazione, a meno che fossero direttamente collegate a un debito che si è estinto diversamente (non per esdebitazione). In dottrina c’è chi ritiene che se l’imposta è falcidiata a zero, la sanzione (essendo accessoria a quel tributo) dovrebbe rimanere “in piedi” proprio perché non si è estinta col pagamento del tributo (caso diverso è se la procedura paga tutto il tributo ma non le sanzioni – in tal caso il tributo è estinto e la sanzione in teoria sarebbe accessoria a un debito estinto con adempimento, forse includibile). È un tecnicismo poco chiarito: prudentemente diciamo che le sanzioni tributarie non pagate restano dovute dal debitore esdebitato. Nella pratica, se quel debitore era incapiente, lo Stato difficilmente incasserà comunque. Ma formalmente potrà ancora iscrivere a ruolo l’importo sanzionatorio e provare a riscuoterlo entro i termini di prescrizione.
Nei piani del consumatore/concordati minori, come già accennato, i crediti fiscali possono essere trattati con tagli e dilazioni. L’Agenzia delle Entrate e l’INPS hanno emanato in passato circolari per il trattamento dei crediti nelle composizioni da sovraindebitamento. In genere:
- Nelle proposte di piano del consumatore: il Fisco partecipa come creditore “silente” (non vota, ma può presentare osservazioni). Il giudice deve assicurare che la percentuale offerta al Fisco privilegiato non sia inferiore a quella che otterrebbe in una liquidazione. Ad esempio, se in liquidazione l’erario avrebbe ipoteticamente ricavato il 20%, il piano non può offrirgliene il 5% senza ragioni, altrimenti sarebbe peggiorativo. È il cosiddetto best interest test che i giudici applicano anche in assenza di norma esplicita, per equità.
- Nei concordati minori: il Fisco vota secondo convenienza. Spesso vengono accettati stralci significativi se realistici. Il CCII consente come detto anche l’omologazione forzata se l’erario dissente ma il piano è conveniente per esso rispetto alla liquidazione. Questo riduce il potere di blocco dell’ente impositore, favorendo l’approvazione di piani con pagamento parziale di imposte.
Un altro aspetto: la legge n. 3/2012 prevedeva che il trattamento dei crediti fiscali nei piani doveva rispettare l’ordine delle cause di prelazione salvo diverso accordo con l’ente. Cioè, non si poteva pagare un chirografario al 50% e l’IVA allo 0% – l’IVA, avendo privilegio, doveva avere almeno pari trattamento o comunque giustificato. Questo principio è trasfuso nel CCII implicitamente: i privilegiati devono essere soddisfatti almeno quanto la loro collocazione consentirebbe, a meno che rinuncino. Spesso il fisco rinuncia (vota sì anche se prende meno) per pragmatismo, soprattutto se ravvisa che dal debitore non spremerebbe di più altrimenti.
Esempio: Debora, sovraindebitata, ha €50.000 di debiti con AE (di cui 30k imposte privilegiate, 20k sanzioni) e 20k con banche. Propone un piano pagando in 4 anni €10.000 totali (circa 16% di ciascun credito chirografario). Come tratta il Fisco? Supponiamo offra 16% anche a AE sul totale: quindi €8.000 di cui su 30k imposte privilegiate e 20k sanzioni. L’Agenzia potrebbe obiettare che prendere 16% sul privilegiato è poco, ma se in liquidazione i beni di Debora sono nulli, 16% è comunque meglio di zero. Dunque potrebbe accettare. Le sanzioni 20k ridotte al 16% = 3.200 €. Forse l’Agenzia accetta anche sulle sanzioni (che comunque preferisce incassare in parte che mai). Una volta omologato e eseguito il piano, Debora avrà pagato 10k totali: i crediti residui (compresi gli eventuali 26.800 € di imposte e sanzioni rimasti) saranno considerati rinunciati dai creditori. AE non potrà poi pretendere il resto (eccetto eventuali sanzioni se si ritenesse non esdebitate, ma avendo votato un accordo, in quel contesto pure le sanzioni restanti si considerano condonate dall’Agenzia stessa con l’adesione al concordato).
In conclusione, sì: i debiti con Fisco e INPS possono essere cancellati dall’esdebitazione, e di fatto lo sono regolarmente in molte procedure. Non possono invece essere esdebitate:
- eventuali sanzioni penali tributarie (es. multa comminata in una condanna per reati tributari) – quelle rimangono dovute.
- L’IVA e altre imposte non sono escluse dall’esdebitazione (non c’è più divieto dopo le riforme). Il mito che “l’IVA va sempre pagata per intero” è stato sfatato: in procedure concorsuali l’IVA può essere falcidiata, l’importante è che sia trattata secondo legge. Cass. SS.UU. 2015 confermò la falcidiabilità IVA nei concordati preventivi; per i piani di sovraindebitamento la Corte Costituzionale nel 2017 (sent. 245/2019) rimosse ogni dubbio di illegittimità nell’esdebitare IVA. Dunque oggi non vi è privilegio “assoluto”.
Conseguenze fiscali della cancellazione dei debiti per il debitore e per i creditori
Quando un debito viene cancellato, da un punto di vista contabile si genera per il debitore una sopravvenienza attiva (nel senso che aveva un passivo che non deve più pagare, quindi si arricchisce di quel “mancato esborso”). E per il creditore una perdita su crediti (deducibile dal suo reddito imponibile se rispettate le condizioni). Bisogna capire come il nostro ordinamento fiscale tratta queste situazioni in caso di esdebitazione.
- Debitore persona fisica (non imprenditore): se il debitore esdebitato è un consumatore o comunque non agiva in regime d’impresa, la cancellazione dei debiti non costituisce un reddito tassabile ai fini IRPEF. Questo perché non rientra in alcuna categoria di reddito imponibile definita dal TUIR. Non è un reddito di capitale, non è un reddito di lavoro, né reddito diverso (non è come vincere alla lotteria, è una remissione di debiti). In genere, le remissioni di debiti tra privati non generano tassazione (salvo fosse una donazione tassabile con imposta di donazione, ma qui c’è procedura concorsuale, non liberalità). Inoltre, c’è una specifica previsione: l’art. 3, co.1, lett. c) del TUIR esclude da tassazione IRPEF le sopravvenienze attive derivanti da procedure di accordo o piano del consumatore omologati, per le persone fisiche non in contabilità. Questa previsione fu inserita con la legge 3/2012 e poi mantenuta, proprio per evitare che un consumatore che si vede abbuonare debiti si trovi paradossalmente a dover pagare tasse su quell’importo (sarebbe crudele: “ti ho cancellato 50k di debiti, ora però paga l’IRPEF sul reddito di 50k maturato!”). Dunque, il debitore persona fisica non paga imposte sul beneficio dell’esdebitazione. Questo è fondamentale per il fine di ristoro: non c’è “ultima stangata” fiscale.
- Debitore imprenditore individuale (o società): qui entriamo nella fiscalità d’impresa. Per un soggetto in contabilità (impresa, professionista), l’estinzione di un debito iscritto in bilancio genererebbe in linea di principio una sopravvenienza attiva tassabile (art. 88, comma 1, TUIR). Tuttavia, il TUIR prevede alcune eccezioni (detassazioni) per le sopravvenienze attive derivanti da procedure concorsuali. In particolare, l’art. 88, comma 4-ter, TUIR dispone la non imponibilità delle sopravvenienze attive derivanti da concordati preventivi, accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F., piani attestati ex art. 67 L.F. e piani del consumatore omologati. Questa norma, introdotta nel 2015 e ritoccata negli anni, aveva l’obiettivo di facilitare le ristrutturazioni aziendali: se una società fa un concordato pagando il 20% e falcidiando il 80% dei debiti, quel 80% non viene tassato come utile (altrimenti la società risanata fallirebbe per le tasse sulle sopravvenienze!). Quindi è detassato. Attualmente il comma 4-ter include espressamente anche le procedure da sovraindebitamento: cita gli accordi o piani omologati in base alla L.3/2012. Per analogia andrà riferito agli omologhi del CCII (piani del consumatore, concordati minori). Non menziona invece esplicitamente la liquidazione giudiziale. Tuttavia, nella liquidazione giudiziale l’eventuale sopravvenienza attiva sarebbe rilevante solo se l’impresa proseguisse l’attività. Ma di norma in fallimento la partita fiscale si chiude con la chiusura della società. Per l’imprenditore individuale fallito, se prosegue l’attività post-esdebitazione, teoricamente avrebbe un reddito d’impresa nuovo che non considera i debiti vecchi (che erano stati dedotti? Un discorso contorto, ma trattandosi di persona fisica, possiamo considerare come per i consumatori: l’IRPEF su quell’evento non c’è). Per evitare dubbi: il Legislatore, quando scrisse il TUIR, non aveva previsto l’esdebitazione “automatica” post-fallimento: di solito se l’impresa individuale era fallita, l’attività cessava e quindi nessuno contava un reddito d’impresa successivo. Oggi, un imprenditore individuale fallito che ottiene esdebitazione e magari riapre P.IVA, non ha comunque da contabilizzare quella sopravvenienza perché la ditta precedente è chiusa. Se invece un professionista in sovraindebitamento ottiene lo stralcio dei debiti via piano, il TUIR già lo esenta.
In ogni caso, non risulta che l’Agenzia Entrate abbia mai preteso imposte sui debiti annullati di persone fisiche esdebitate. Ci sono stati piuttosto dubbi sulla detassazione in fattispecie nuove come il “PRO” (piano di ristrutturazione soggetto a omologazione introdotto dal CCII): come citato nel Focus, alcuni autori hanno lamentato che l’art. 88 comma 4-ter TUIR non menziona i “PRO” e ciò potrebbe comportare imposizione delle sopravvenienze da PRO. Hanno auspicato un intervento correttivo o un’interpretazione estensiva, anche invocando la possibile illegittimità costituzionale di tassare quelle sopravvenienze (si vedano Andreani e Tubelli, ilCaso.it 2024, in cui argomentano l’estensione per analogia).
Riassumendo:
- Il debitore non subisce tasse sui debiti perdonati in esdebitazione, sia esso consumatore (no IRPEF) sia imprenditore (norme di esenzione ad hoc per procedure concorsuali).
- Il creditore può dedurre la perdita del credito ai fini fiscali (in genere, i crediti diventati inesigibili per procedure concorsuali sono deducibili come perdite su crediti senza bisogno di ulteriore dimostrazione – art. 101 TUIR). Dunque, paradossalmente, l’esdebitazione può avere un risvolto “positivo” per il creditore dal punto di vista fiscale: almeno può portarli a perdita e ridurre l’imponibile tassabile. Ad esempio, una banca che perde 100.000 € perché il debitore viene esdebitato potrà dedurre quell’importo, risparmiando imposte (una sorta di “risarcimento” fiscale parziale, se vogliamo). Questo aspetto però interessa più le società e banche, meno i creditori privati (che magari non fanno reddito d’impresa e quindi la perdita non è deducibile per loro, o lo è solo se il credito era inerente ad attività d’impresa).
In conclusione, l’esdebitazione non comporta spiacevoli sorprese fiscali per il debitore. Lo scopo di dargli un nuovo inizio sarebbe frustrato se si trasformasse in un evento tassabile. Fortunatamente la normativa ha previsto esenzioni chiare.
Giurisprudenza aggiornata in materia di esdebitazione (fino al 2025)
Negli ultimi anni, l’orientamento giurisprudenziale ha giocato un ruolo fondamentale nel plasmare l’istituto dell’esdebitazione, in parallelo con le riforme normative. Di seguito riepiloghiamo alcune delle pronunce più significative – dalla Corte di Cassazione alle decisioni di merito – commentando il loro contributo applicativo. Tutte le fonti citate sono aggiornate a giugno 2025.
- Cass., Sez. Un., 18 novembre 2011, n. 24214 – Questa sentenza delle Sezioni Unite (fondamentale in vigenza della legge fallimentare) ha affrontato vari aspetti dell’esdebitazione fallimentare ex art. 142 L.F. In particolare, ha stabilito che la valutazione della condizione ostativa dell’assenza di “soddisfacimento neppure parziale” dei creditori vada fatta con criterio di favor debitoris: l’esdebitazione va concessa ove tutti gli altri presupposti siano presenti, a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o soddisfatti in percentuale del tutto irrisoria. Le SS.UU. hanno chiarito cioè che non esisteva una soglia fissa di soddisfacimento, potendo ritenersi “non trascurabile” anche una percentuale modesta ma non simbolica. Inoltre, la sentenza ha sottolineato la tassatività delle cause di diniego indicate dalla legge fallimentare (condanne per reati, atti in frode, etc.), escludendo che il giudice potesse negare l’esdebitazione per ragioni equitative non previste (anticipando così il discorso ripreso dalla Cassazione nel 2023). Questa pronuncia ha fatto scuola fino alla riforma, venendo citata innumerevoli volte come pietra miliare.
- Cass., Sez. I, 31 maggio 2023, n. 15359 – Ordinanza molto rilevante che, pur riferita ancora al vecchio art. 142 L.F., tiene conto della Direttiva UE 2019/1023 e anticipa i principi poi codificati nel CCII. La Cassazione ha affermato con forza la tassatività delle ipotesi ostative all’esdebitazione, richiamando l’art. 23 della Direttiva Insolvency che consente agli Stati di limitare l’accesso al discharge solo in casi circoscritti di condotta disonesta. Nel caso concreto (soci illimitatamente responsabili falliti), la Suprema Corte ha cassato il diniego di esdebitazione basato su elementi estranei all’elenco di legge: la Corte d’Appello aveva negato il beneficio ai soci di una snc considerando gli illeciti fiscali commessi dalla società anni prima. La Cassazione ha ritenuto tale ragione fuori dal perimetro delle condizioni previste dall’art. 142 L.F.. Inoltre, l’ordinanza ha ribadito che la valutazione dell’eventuale soddisfacimento parziale deve seguire l’impostazione favorevole già data in passato: qualora ricorrano gli altri presupposti, l’esdebitazione va concessa salvo che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o soddisfatti in misura proprio simbolica. E anche in quest’ultimo caso, il giudice deve motivare bene perché ritiene la percentuale “affatto irrisoria”. La Cassazione ha rimarcato che nel giudizio sul “parziale soddisfacimento” occorre tenere conto di tutte le risultanze e se c’è stato anche un minimo di attivo distribuito, di regola si propenda per il favor debitoris. Questa pronuncia, pur riferita a legge previgente, è importantissima perché di fatto allinea la giurisprudenza italiana alla prospettiva europea del fresh start e ha anticipato i correttivi 2024 che hanno eliminato del tutto il requisito del pagamento parziale minimo.
- Cass., Sez. I, 28 settembre 2023, n. 27562 (ord.) – Questa ordinanza (depositata a fine settembre 2023) ha ulteriormente chiarito la centralità del requisito della meritevolezza. La notizia giurisprudenziale riportata indica che la Cassazione ha affermato come, anche sotto la legge fallimentare, la meritevolezza rappresenti il presupposto decisivo per l’esdebitazione; non è richiesta una soglia minima di soddisfacimento dei creditori, in conformità alla lettera dell’art. 142 L.F. e allo spirito dell’istituto. In pratica, la Corte ha confermato che un debitore meritevole può essere esdebitato anche se i creditori non hanno percepito nulla, purché appunto sia integrato il requisito soggettivo e non ricorrano le ipotesi ostative di legge. Questa ordinanza – pubblicata a cavallo tra il vecchio e nuovo regime – consolida l’orientamento pro-debitore, sgombrando il campo dai retaggi di chi ancora sosteneva la necessità di un “dividendo minimo”. Purtroppo, non abbiamo il testo integrale qui, ma fonti attendibili (ad es. notizie Eutekne, Unijuris) ne riportano il senso in questi termini.
- Cass., Sez. I, 14 maggio 2018, n. 7550 – Pronuncia riguardante l’esdebitazione fallimentare ante CCII, significativa perché ha ribadito alcuni principi di meritevolezza ed evidenziato che il pagamento almeno parziale di una quota non trascurabile di creditori concorsuali è condizione per il beneficio, ma da interpretarsi con flessibilità. La Cassazione in quell’occasione affermò che se tutti gli altri requisiti ci sono, l’esdebitazione deve essere concessa a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti. Citò e applicò le linee guida di Cass. SS.UU. 2011 (24214) circa l’“affatto irrisoria” percentuale. In un passaggio, Cass. 7550/2018 sottolineò anche che la meritevolezza del debitore fallito va valutata alla luce delle sole cause ostative previste (non potendosi introdurre un giudizio etico generico). Questa pronuncia è stata poi richiamata nella ordinanza 2023 sopra commentata.
- Cass., Sez. I, 10 maggio 2022, n. 15246 – Questa decisione (massimata in alcune riviste) conferma ancora una volta che la mancanza di soddisfacimento dei creditori concorsuali non preclude l’esdebitazione se l’inadempimento integrale non è dipeso da comportamento riprovevole del debitore. In altre parole, Cass. 15246/2022 ha ribadito che la valutazione del “nessun soddisfacimento” deve essere coerente col favor dell’istituto: qualora il debitore abbia fatto tutto il possibile e ricorrano gli altri presupposti, l’esdebitazione non può essere negata solo perché i creditori hanno preso pochissimo. Viene citata infatti assieme alle sentenze 2018 e SS.UU. 2011 per il concetto che i creditori devono essere rimasti totalmente insoddisfatti o soddisfatti in misura proprio simbolica affinché si possa negare il beneficio. Possiamo considerare questa pronuncia come l’ultimo tassello prima dell’entrata in vigore del CCII, che spiana la strada all’eliminazione del requisito.
- Tribunale di Torino – Linee guida su sovraindebitamento (2022) – Il Tribunale di Torino ha pubblicato una scheda informativa (aggiornata dopo il CCII) che riassume per i debitori le condizioni e gli effetti dell’esdebitazione. In tale vademecum, oltre a ribadire i requisiti (cooperazione, no frodi, non più di una esdebitazione nei 5 anni, ecc.), si evidenzia con chiarezza l’elenco dei debiti esclusi dall’esdebitazione: obblighi di mantenimento e alimentari, debiti da risarcimento di fatti illeciti, sanzioni penali e amministrative pecuniarie. Questa ricognizione è utile perché proveniente da un ufficio giudiziario di primo piano e riflette la prassi corrente: i giudici vigilano che, ad esempio, l’esdebitazione non cancelli gli alimenti dovuti all’ex coniuge. Inoltre, il Tribunale torinese distingue nettamente le condizioni per esdebitazione nel fallimento e nel sovraindebitamento pre-CCII e poi quelle nel CCII, mostrando come il nuovo testo unificato abbia semplificato le differenze.
- Tribunale di Oristano, decreto 29 luglio 2024 (esdebitazione incapiente) – Questo provvedimento di merito merita una menzione speciale, in quanto è tra i primi decreti noti sull’applicazione dell’art. 283 CCII. Come già raccontato, il Tribunale sardo ha concesso l’esdebitazione a una debitrice incapiente, sottolineando la ratio innovativa dell’istituto. Nelle motivazioni (riportate in nota dottrinale) si legge che l’istituto “appresta uno strumento residuale ed eccezionale” per consentire l’esdebitazione anche all’incapiente sovraindebitato, senza concorso tra creditori (elemento di rottura rispetto alle altre procedure), puntando tutto sul fresh start e sul reinserimento economico del debitore meritevole. Il giudice Oristanese ha anche fatto un’analisi puntuale dei requisiti necessari: individuazione della soglia di incapienza, giudizio sulle cause del sovraindebitamento, unicità del beneficio e controlli OCC. Ha verificato uno ad uno i presupposti (assenza di beni, meritevolezza attestata dal Gestore, collaborazione, nessun ricorso precedente, etc.), trovandoli soddisfatti e dunque riconoscendo il beneficio. Questo decreto costituisce un precedente prezioso per situazioni analoghe: indica ai futuri ricorrenti quali prove presentare (ad es. documentare le cause di insolvenza non colpevoli, come nel caso di specie: riduzione ore di lavoro, licenziamento per salute, crisi Covid, ecc. riportati in motivazione) e rassicura che, laddove il caso sia genuino, il tribunale può accogliere anche se i creditori non vedono un centesimo. È presumibile che altri tribunali (Trapani, Foggia, ecc., che pure hanno depositato decreti in materia incapienti nel 2024) si allineino a questo esempio.
- Cass., Sez. I, 22 giugno 2020, n. 11996 (soci illimitatamente responsabili) – Segnaliamo questa pronuncia citata nell’ordinanza Cass. 15359/2023 in materia di soci falliti. Cass. 11996/2020 aveva statuito che, in caso di fallimento esteso al socio illimitatamente responsabile, i creditori sociali insinuati nel fallimento della società devono considerarsi insinuati anche nel fallimento personale del socio per l’intero credito. Ciò significa che, ai fini dell’esdebitazione del socio, si deve tenere conto anche dei creditori della società come suoi creditori concorsuali. Questo principio è rilevante per capire che il socio fallito non può essere esdebitato solo dai debiti personali lasciando fuori quelli sociali: il beneficio lo copre per tutti i debiti di cui risponde, compresi quelli della società fallita. La Cassazione nel 2023 l’ha ribadito. Dunque, la giurisprudenza ha chiarito un aspetto tecnico a favore dei soci: la loro esdebitazione include i debiti sociali (che spesso sono i principali).
- Tribunale di Napoli Nord, decreto 8 gennaio 2021 (meritevolezza nel piano del consumatore) – Prima dell’entrata in vigore del CCII, molti tribunali si sono pronunciati sul concetto di meritevolezza nel sovraindebitamento. Ad esempio, un decreto del Tribunale di Napoli Nord del 2021 (riportato da alcune riviste) ha omologato un piano del consumatore di un soggetto affetto da ludopatia riconoscendo che la patologia del gioco d’azzardo, in quanto malattia, esclude la colpa grave nella formazione dei debiti (nonostante i debiti fossero derivati dal vizio del gioco). Questo approccio giurisprudenziale – considerare incolpevole il debitore affetto da ludopatia patologica – è stato ripreso anche nella guida dell’Agenzia Risoluzione Debiti. Significa che la giurisprudenza di merito è spesso sensibile a contestualizzare le cause dell’insolvenza. Questo trend pro-meritevolezza è confluito nel CCII che all’art. 69 richiama la possibilità di omologare anche piani di sovraindebitamento per debiti da gioco se il giudice riconosce l’assenza di dolo (cosa che prima era discussa). Ci sembra opportuno menzionare questo clima giurisprudenziale perché riflette l’evoluzione sociale: oggi si tende a vedere il sovraindebitato come potenziale vittima di circostanze (talora di patologie) e non per forza come colpevole da punire.
In sintesi, la giurisprudenza recente ha:
- Enfatizzato il carattere eccezionale ma necessario dell’esdebitazione anche per i casi più estremi (incapienti, meritevoli in situazioni drammatiche).
- Chiarito in via definitiva che le cause ostative sono solo quelle di legge: il giudice non può aggiungerne arbitrariamente (es. non può dire “non ti esdebitto perché tanto hai ancora un lavoro e potresti pagare” – se la legge non lo prevede).
- Allentato la richiesta di un pagamento minimo ai creditori, fino a eliminarla, spostando il focus sulla buona fede del debitore.
- Esteso la tutela a categorie come i soci illimitati e consolidato principi tecnici per loro.
- Confermato le eccezioni sui crediti esclusi (nessun caso di esdebitazione che includa alimenti, ecc. risulta approvato; i tribunali vigilano su questo).
- Mostrato flessibilità su cosa rientra nella non meritevolezza: ad esempio, aver evaso il fisco sistematicamente può far presumere colpa grave, ma la Cassazione 2023 ha detto che se non c’è condanna per bancarotta o altro, non si inventino ostacoli. Oppure: contrarre debiti per gioco d’azzardo non sempre preclude se c’è diagnosi di ludopatia, ecc.
Tutto ciò è andato in parallelo con la riforma normativa, anticipandola in parte e poi venendone recepito. Oggi, a metà 2025, possiamo dire che l’orientamento giurisprudenziale è ampiamente favorevole al principio del fresh start sancito dalla direttiva UE e implementato nel CCII. Non mancano ovviamente decisioni che negano l’esdebitazione in presenza di comportamenti fraudolenti o abusi (ed è giusto così: es. Tribunale di Rimini 2022 negò esdebitazione a un soggetto che aveva nascosto la vendita di un immobile ai creditori). Ma questi casi confermano la regola: se sei onesto e collaborativo, la legge e i giudici ti daranno la possibilità di rialzarti; se hai barato, ne paghi le conseguenze.
Domande frequenti sull’esdebitazione
D: Chi può ottenere l’esdebitazione? È solo per i fallimenti o anche per i privati cittadini?
R: L’esdebitazione è prevista sia per i debitori provenienti da un fallimento/liquidazione giudiziale (imprenditori commerciali, soci illimitati falliti) sia per i debitori civili e piccoli imprenditori nelle procedure di sovraindebitamento (liquidazione controllata, piano del consumatore, concordato minore). In pratica, qualsiasi persona fisica insolvente può aspirare al beneficio, purché segua la procedura concorsuale appropriata al suo caso e rispetti i requisiti di meritevolezza. Non è riservata ai soli imprenditori: anzi, tanti consumatori e privati si sono esdebitati tramite le procedure ex L.3/2012 e ora CCII. È invece esclusa per le società (perché quando una società fallisce, viene liquidata e poi cessa: non ha senso esdebitare una società estinta). Ma i soci illimitatamente responsabili sì, possono. Anche un ex imprenditore che era soggetto a fallimento può essere esdebitato come persona.
D: Quali debiti vengono cancellati con l’esdebitazione? Ci sono debiti esclusi?
R: L’esdebitazione cancella in generale tutti i debiti chirografari e la parte non pagata dei debiti privilegiati o ipotecari che rimanga insoddisfatta dopo la procedura. In altre parole, tutti i crediti verso il debitore sorti prima dell’apertura della procedura e non soddisfatti sono resi inesigibili. Fanno eccezione solo alcune categorie particolari di debito, che la legge esclude espressamente:
- gli obblighi di mantenimento e alimentari verso coniuge, figli o familiari (es. arretrati dell’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge);
- i debiti per risarcimento di danni da fatto illecito extracontrattuale (ad esempio, risarcimenti per responsabilità civile derivante da reato o incidente);
- le sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie (multe, ammende, contravvenzioni, sanzioni amministrative come quelle per violazioni tributarie gravi).
Questi debiti restano dovuti e i creditori corrispondenti possono riprendere o proseguire le azioni per recuperarli. Tutti gli altri debiti (banche, finanziarie, fornitori, canoni, bollette, tasse, contributi, cartelle esattoriali, multe stradali amministrative, ecc.) vengono eliminati – attenzione però: le multe amministrative in linea di principio rientrano nell’esdebitazione (molti tribunali le considerano esdebitabili), mentre le sanzioni per reati no. Quindi la multa per divieto di sosta sì, la multa penale per frode fiscale no. In sintesi: sì a debiti bancari, fiscali (anche se privilegiati, semplicemente non vengono più pretesi per la parte residua), contributivi, verso privati, bollette, affitti, etc.; no a alimenti, risarcimenti da condotte illecite e sanzioni punitive.
D: L’esdebitazione copre anche i debiti verso l’Agenzia delle Entrate e l’INPS? Anche l’IVA non pagata può essere cancellata?
R: Sì, i debiti tributari e previdenziali sono compresi tra quelli cancellabili. Se il debitore ha cartelle esattoriali per tasse statali, imposte locali, contributi INPS, ecc., può inserirle nella procedura e ottenere l’esdebitazione del residuo non pagato. Ad esempio, se Tizio deve €50.000 al Fisco e la procedura ne fa recuperare solo 5.000 (10%), i restanti 45.000 vengono esdebitati: Agenzia Entrate Riscossione non glieli potrà più chiedere. Ci sono però due precisazioni: (1) eventuali sanzioni fiscali comprese in quelle cartelle restano fuori dall’esdebitazione, come detto; (2) l’IVA dovuta è esdebitabile anch’essa, nonostante sia un tributo “comunitario” – la legge consente di stralciarla in queste procedure (già la Cassazione e la Consulta hanno chiarito che è legittimo). In passato c’era dibattito, ma ora è chiaro: anche l’IVA non versata può essere falcidiata e poi esdebitata in concorso, purché la procedura sia regolare. Quindi sì, i debiti con Agenzia delle Entrate e INPS sono trattati come gli altri crediti: il debitore li include e se la procedura va a termine, vengono annullati (salvo eventuali sanzioni penali come multe per reati tributari). Molte persone hanno usato la legge “salva suicidi” proprio per liberarsi da cartelle esattoriali esorbitanti. Oggi, ad esempio, l’esdebitazione del debitore incapiente è una soluzione estrema per chi ha solo debiti erariali e nulla da dare: in pratica annulla tutte le cartelle.
D: Quanto tempo ci vuole per essere esdebitati?
R: I tempi dipendono dalla procedura:
- Liquidazione giudiziale (fallimento): il CCII prevede un massimo di 3 anni dall’apertura per ottenere l’esdebitazione. Se il fallimento si chiude prima, l’esdebitazione può arrivare prima (alla chiusura). Dunque da 0 a 3 anni a partire dalla sentenza di apertura. In pratica spesso accade contestualmente alla chiusura (che magari avviene in 2 anni). Oppure se il fallimento dura 5 anni, al terzo anno il debitore può già essere liberato pur continuando la liquidazione. 3 anni è il termine massimo di attesa per legge.
- Liquidazione controllata (sovraindebitati): analogamente, entro 3 anni dall’apertura. Quasi tutte le liquidazioni si chiuderanno in quel termine perché la legge lo impone (massimo 3 anni di durata). Quindi anche qui ~3 anni.
- Piano del consumatore / Concordato minore: la durata dipende dal piano stesso (può essere ad es. un piano di 4 anni di pagamenti, o 5 anni). Non c’è un termine fisso di legge se non il criterio della ragionevole durata (tipicamente non oltre 5 anni per i concordati minori). Ad esempio, se presenti un piano in cui paghi i creditori per 4 anni, alla fine di quei 4 anni, completato il pagamento, sei libero. Ci sono stati casi eccezionali di piani molto lunghi (uno di 30 anni per rientrare da un mutuo, come citato in letteratura), ma sono atipici. Direi mediamente un piano del consumatore dura 4-5 anni. Durante questo periodo il debitore è già protetto, ma la liberazione finale scatta solo a completamento.
- Esdebitazione del debitore incapiente: qui i tempi sono brevi. Se il debitore prepara la domanda con l’OCC, il tribunale può emettere il decreto di esdebitazione anche in pochi mesi (dipende dal carico di lavoro ma diciamo 6 mesi – 1 anno per completare l’iter in assenza di intoppi). Una volta ottenuto il decreto, il debitore è subito libero (fatta salva la condizione quadriennale di cui abbiamo parlato). Quindi la risposta è: potenzialmente anche entro un anno dal ricorso.
In generale, quindi, 3 anni è un riferimento ricorrente come orizzonte massimo nelle liquidazioni. I piani potrebbero far guadagnare tempo se prevedono stralci immediati (ad esempio, vendere un immobile e chiudere subito). Ma se il piano prevede rate, dura il periodo delle rate. Ricordiamo però che nel periodo di esecuzione piano, il debitore è protetto e i debiti sono congelati, quindi è come se fosse già in bonis sul presente. La riabilitazione completa arriva a fine esecuzione.
D: È necessario pagare una percentuale minima ai creditori per avere l’esdebitazione?
R: No, non è più richiesto un pagamento minimo. In passato si riteneva che il debitore dovesse aver pagato almeno qualcosa ai creditori (una parte “non trascurabile”) per meritare l’esdebitazione. Oggi quella condizione è stata superata: un debitore meritevole può essere esdebitato anche se i creditori non hanno ricevuto nulla. Naturalmente, la circostanza che i creditori rimangano a zero è considerata con attenzione dal giudice, perché potrebbe derivare da comportamenti negativi del debitore; ma se il debitore ha fatto tutto il possibile e semplicemente il patrimonio era insufficiente, la mancata soddisfazione non lo preclude. La Cassazione ha evidenziato che l’esdebitazione va concessa “a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o soddisfatti in percentuale affatto irrisoria”, e oggi la legge neppure menziona più il tema della percentuale. Quindi non c’è una percentuale minima di legge (tipo il 10% o il 5%). Addirittura la nuova procedura incapienti prevede 0% ai creditori per definizione, eppure concede il beneficio. Quindi, se qualcuno teme “ho troppi debiti e posso pagare solo briciole, quindi non mi daranno l’esdebitazione” – non è così. Se sei onesto e hai fatto quello che potevi, anche le briciole bastano, e se proprio non c’erano neanche quelle, può bastare ugualmente.
D: L’esdebitazione può essere negata? In quali casi?
R: Sì, il tribunale nega l’esdebitazione (cioè rigetta l’istanza) se accerta che il debitore non ha i requisiti di meritevolezza richiesti. I casi tipici di diniego sono:
- Il debitore ha commesso reati gravi legati all’insolvenza (es: bancarotta fraudolenta) e su di essi è stato condannato con sentenza definitiva. In tal caso è escluso (salvo sia intervenuta riabilitazione penale).
- Il debitore ha tenuto comportamenti fraudolenti verso i creditori: ad esempio ha sottratto o nascosto beni, ha falsificato il passivo aggiungendo debiti fittizi, ha usato credito in modo spregiudicato e sproporzionato, aggravando il dissesto volontariamente. Queste condotte evidenziano mancanza di buona fede e portano al diniego.
- Il debitore non ha collaborato nella procedura: ha nascosto documenti, non ha consegnato informazioni necessarie, ha ritardato le operazioni deliberatamente. Anche questo impedisce il beneficio.
- Se il debitore aveva già ottenuto un’esdebitazione di recente (ultimi 5 anni) o ne ha già avute due in passato, la legge non gliene concede un’altra, quindi la sua istanza verrebbe rigettata.
- Nell’ambito dei piani del consumatore, una causa di rigetto (quindi di mancata esdebitazione indiretta) può essere la non meritevolezza ex art. 69 CCII: se il giudice ritiene che il sovraindebitamento sia stato causato da colpa grave o frode del consumatore, non omologa il piano e quindi il debitore non ottiene la riduzione dei debiti. Analogamente, per l’incapiente, se emergono elementi di dolo/colpa grave nelle cause dell’indebitamento, il giudice nega l’accesso all’istituto.
In soldoni: se il debitore è stato disonesto, frodatorio o recidivo il beneficio gli viene negato. Esempi pratici:
- fallito che abbia occultato un intero immobile all’estero e venga scoperto – niente esdebitazione (caso di diniego visto in giurisprudenza).
- Sovraindebitato che abbia fatto debiti col dolo di non pagarli (tipo truffa ai creditori) – niente omologa del piano.
- Debitore condannato per bancarotta fraudolenta o usura – escluso, a meno di riabilitazione.
Al contrario, l’esdebitazione non viene negata per ragioni “morali” generiche tipo “ha vissuto al di sopra delle sue possibilità” se ciò non integra una specifica frode o colpa grave. Non c’è un tribunale dell’etica finanziaria: contano i criteri legali.
D: Cosa succede se dopo l’esdebitazione il debitore eredita dei soldi o migliora economicamente? Deve pagare i vecchi creditori?
R: Dipende dalla procedura:
- Se l’esdebitazione è avvenuta tramite fallimento o liquidazione controllata a termine, ed è definitiva, il debitore non è più obbligato verso i vecchi creditori. Quindi anche se dopo diventa ricco, quei creditori non possono legalmente pretendere nulla. L’esdebitazione li ha privati del diritto di perseguire il debitore. Ovviamente, nulla vieta al debitore di volontariamente decidere di soddisfare qualcuno per ragioni personali, ma non c’è alcun obbligo giuridico. Dunque, ad esempio, un fallito esdebitato che poi vinca alla lotteria non deve ripagare i debiti passati (e i creditori non possono fargli causa perché il titolo non vale più).
- Se parliamo dell’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283, qui c’è la regola particolare dei 4 anni di “sorveglianza”: se entro i 4 anni successivi al decreto sopravvengono utilità che permetterebbero di pagare almeno il 10% dei creditori, allora il debitore ha l’obbligo legale di pagare fino a quella misura. Quindi, ad esempio, Caio esdebitato incapiente con €100.000 di debiti, se entro 4 anni riceve un’eredità di €50.000, deve usarne fino a 10.000 (10%) per pagare proporzionalmente i creditori originari. Se ne riceve 200.000, sempre 10% (20.000) deve destinare. Se ne riceve 5.000 (meno del 10%), direi che probabilmente non scatta l’obbligo perché il limite è “in misura non inferiore al 10%”. Sopra la soglia, l’obbligo è di pagare fino a quell’importo. L’OCC vigila e se il debitore non adempie, rischia la revoca del beneficio. Passati i 4 anni, anche l’incapiente non deve più nulla a nessuno per legge.
- Nei piani del consumatore / concordati minori: se dopo aver completato il piano (quindi esdebitazione di fatto conseguita) il debitore eredita soldi, non ha alcun obbligo verso i vecchi creditori (li ha già transatti col piano, fine). Se invece l’eredità arriva durante l’esecuzione del piano, potrebbe doverla segnalare e impiegare secondo le clausole del piano stesso o rischiare la risoluzione per inadempimento. Ma finito il piano, libero totale.
Quindi, a parte la finestra di 4 anni per l’incapiente, una volta esdebitato il debitore si tiene le nuove ricchezze senza doverle ai vecchi creditori. D’altronde lo scopo è proprio consentirgli di avere un futuro anche migliore. I creditori hanno già dovuto subire il sacrificio e non possono rifarsi se la fortuna bacia il debitore in seguito (un po’ come accade nel diritto anglosassone: once forgiven, always forgiven, no “clawback” of future wealth).
D: L’esdebitazione influenza il merito creditizio e la possibilità di fare nuovi prestiti?
R: Nell’immediato, sì: il debitore che ottiene l’esdebitazione ha comunque una storia di insolvenza registrata nelle banche dati creditizie e nei registri dei protesti/fallimenti. Questo potrebbe rendergli difficile ottenere nuovi prestiti nel breve periodo. Ad esempio, il suo nominativo appare nei SIC (Sistemi di Informazioni Creditizie) come “procedura concorsuale chiusa – debiti esdebitati” e ciò tipicamente abbassa lo score creditizio. Tuttavia, col trascorrere del tempo, queste segnalazioni vengono cancellate o perdono peso. La legge sulla privacy impone limiti di conservazione dei dati negativi: un fallimento a un certo punto non è più divulgabile da centrali rischi private dopo alcuni anni dalla chiusura. Inoltre, una volta esdebitato, il soggetto non risulta più insolvente in corso ma come “ex insolvente”. Giuridicamente, non c’è alcuna preclusione a che il debitore esdebitato contragga nuovi mutui, finanziamenti, apra conti correnti, ecc. Anzi, l’idea del fresh start è proprio di reinserirlo nel circuito economico. Ciò detto, sarà verosimilmente richiesto un periodo di “riabilitazione reputazionale”: ad esempio, difficilmente una banca concederà subito dopo la chiusura un grosso prestito a un soggetto esdebitato, a meno che non offra solide garanzie. Spesso viene consigliato al debitore rinato di cominciare con piccoli crediti e pagarli regolarmente per ricostruire fiducia. Anche per partecipare a gare pubbliche o assumere cariche, l’esdebitazione rimuove eventuali ostacoli giuridici (nel vecchio Regio Decreto fallimentare il fallito non esdebitato subiva interdizioni, ora non più). Quindi, formalmente, non c’è alcun divieto a ottenere nuovi prestiti; praticamente, bisogna mettere in conto qualche difficoltà iniziale. Con il tempo – qualche anno – e dimostrando reddito e affidabilità, è assolutamente possibile tornare ad avere normale accesso al credito.
D: Quante volte si può ottenere l’esdebitazione?
R: Per legge, al massimo due volte nella vita. E tra una e l’altra devono trascorrere almeno 5 anni. Quindi: se Tizio è esdebitato oggi nel 2025, potrà eventualmente chiedere un’altra esdebitazione non prima del 2030. E dopo quella del 2030, stop per sempre. In realtà è piuttosto raro incontrare persone che arrivano a due esdebitazioni, ma non impossibile (pensi a un piccolo imprenditore che fallisce giovane, poi a distanza di 10 anni ritenta e rifallisce – la seconda chance gliela danno, la terza no). Le due esdebitazioni sono il tetto complessivo, indipendentemente dalla procedura: se uno ha già esdebitato da fallimento, poi cade in sovraindebitamento, può chiedere la seconda lì. Ma non di più. Va detto che la legge fallimentare prevedeva 10 anni di intervallo e un massimo di due volte; il CCII ha ridotto l’intervallo a 5 anni. Quindi ha reso più accessibile la “seconda volta”. Rimane fermo il concetto che non esiste la terza volta: chi dopo due esdebitazioni ricade, dovrà gestire diversamente i debiti (magari con un accordo di ristrutturazione, ma non con la remissione legale).
D: Cosa devo fare concretamente per avviare una procedura di esdebitazione?
R: Bisogna distinguere i percorsi:
- Se sei un imprenditore in fallimento (liquidazione giudiziale), l’esdebitazione viene richiesta alla fine, ma per arrivarci devi intanto passare dalla procedura di fallimento. Quindi se hai un’azienda insolvente, devi prima presentare l’istanza di liquidazione giudiziale (o subirla dai creditori). In quella procedura, collabora con il curatore, rispetta gli obblighi, ecc., e verso la chiusura presenta l’istanza di esdebitazione tramite il tuo avvocato. Non c’è molto altro da fare se non comportarti bene durante il fallimento. Sarà il curatore a presentare una relazione finale evidenziando la tua condotta e il tribunale deciderà.
- Se sei un privato sovraindebitato (non soggetto a fallimento), devi rivolgerti a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) sul territorio (di solito ce ne sono presso gli Ordini degli avvocati, commercialisti o organismi pubblici). Lì spieghi la tua situazione e insieme valuterete quale procedura è adatta: piano del consumatore se hai un reddito per pagare parzialmente; concordato minore se hai un’attività e vuoi proporre un accordo; liquidazione controllata se devi liquidare beni; oppure se sei senza niente e meritevole, direttamente esdebitazione incapiente. Quindi, raduni tutti i documenti (ci vuole: elenco dettagliato dei creditori e importi, l’elenco dei beni tuoi, le cause dell’indebitamento con documenti giustificativi come licenziamento, spese mediche, ecc., ultime dichiarazioni dei redditi, estratti conto, atti di proprietà, eventuali bilanci se eri imprenditore, stato di famiglia, certificati vari). L’OCC nomina un Gestore che ti segue e assembla la proposta o l’istanza. Poi, tramite un avvocato (spesso l’OCC stesso richiede tu abbia un avvocato, ed è consigliato) si deposita il ricorso in tribunale. Da lì inizia la procedura giudiziale: il tribunale valuta ammissibilità, fissa udienza, ecc. e poi omologa o apre la liquidazione. Ci possono essere tempi di qualche mese. Infine, se è un piano va eseguito, se è liquidazione si arriva alla chiusura e al decreto di esdebitazione.
In sintesi: il punto di partenza per un debitore privato è contattare un OCC o un professionista esperto in crisi da sovraindebitamento, che ti aiuterà a predisporre la pratica. Non puoi “ottenere l’esdebitazione” da solo con un modulo; devi passare per la procedura prevista che porta all’esdebitazione. Non esiste esdebitazione extragiudiziale: è sempre necessaria o una procedura concorsuale o un ricorso al giudice (nel caso incapiente è un ricorso).
D: Cosa succede se non rispetto gli obblighi durante la procedura o dopo l’esdebitazione? Possono revocarmela?
R: Se durante la procedura (es. durante un piano in esecuzione, o durante i 4 anni di sorveglianza per l’incapiente) inadempi ai tuoi obblighi, ci sono conseguenze:
- Nel piano del consumatore o concordato minore: se non paghi le rate o violi le condizioni, i creditori possono chiedere la risoluzione del piano. Il tribunale dichiarerà risolto l’accordo e perderai il beneficio: i debiti torneranno esigibili per intero meno quanto hanno avuto (quindi, l’esdebitazione sfuma). Inoltre potresti dover passare a liquidazione controllata se ancora insolvente.
- Nella liquidazione controllata o giudiziale: se durante il percorso violi gravemente i tuoi obblighi (tipo nascondi beni), il giudice può escludere l’esdebitazione al momento opportuno, come visto. Se la scoperta avviene dopo che l’esdebitazione è stata concessa, la legge non disciplina dettagliatamente, ma si può immaginare un’azione di revoca: per esempio se entro un anno emergesse che hai frodato, un creditore potrebbe fare reclamo sostenendo l’esdebitazione è stata ottenuta con dolo e chiedere di revocarla. Nella legge fallimentare c’era l’art. 143 che permetteva revoca entro l’anno se scoprivano beni occultati o condotte fraudolente. Il CCII non lo ripete testualmente, ma per analogia credo valga. Ad ogni modo è un caso limite.
- Nell’esdebitazione incapiente: se non presenti la dichiarazione annuale di sopravvenienze o se ottieni utilità >10% e non paghi ciò che devi, i creditori possono segnalare la cosa e il tribunale può revocare il decreto di esdebitazione (o disporre che i crediti rivivano limitatamente all’importo dovuto). In pratica, perderesti il beneficio. Finché sei nei 4 anni, sei sotto “probation”. Se però hai dichiarato tutto e non è arrivato nulla di significativo, trascorsi i 4 anni sei libero senza ulteriori condizioni.
Quindi sì, se sgarri, rischi la revoca o la risoluzione e torni punto e a capo (o anche peggio, perché magari hai pure speso soldi per niente). È fondamentale seguire le regole: pagare le rate del piano puntualmente, segnalare all’OCC se cambia qualcosa nella tua situazione, non nascondere eventuali entrate straordinarie, etc. Se fai tutto correttamente, nessuno potrà toglierti il beneficio. La revoca è un’eccezione applicata solo in casi di dolo manifesto o inadempimento grave.
D: L’esdebitazione cancella anche le garanzie (ipoteche, pegni) sui beni?
R: No, attenzione: l’esdebitazione libera il debitore personalmente, ma non incide sui diritti reali di garanzia su beni altrui. Se c’era un’ipoteca su un immobile di un terzo (es. casa di un familiare messa a garanzia del tuo debito), il creditore ipotecario potrà comunque escutere quell’ipoteca, perché il terzo garante non è protetto dalla tua esdebitazione. Se invece l’ipoteca era su un tuo bene, quel bene in genere è stato liquidato nella procedura (se non lo è stato e per ipotesi è rimasto, il creditore ipotecario potrebbe ancora agire su quel bene anche dopo – ma questo scenario è raro perché di norma o lo vendi in procedura o il bene esce svincolato perché ipoteca priva di efficacia se la procedura chiude, dipende). In generale:
- Garanzie reali su beni di terzi: restano valide. Il creditore potrà soddisfarsi su quel bene, anche se tu sei esdebitato. L’obbligazione in capo a te è inesigibile, ma il vincolo reale sul bene del terzo permane.
- Fideiussioni e coobbligati: ne abbiamo parlato, i tuoi garanti restano obbligati per intero. Quindi, se tua moglie era garante del tuo mutuo, la banca – non potendo più agire contro di te esdebitato – potrà agire contro tua moglie garante per l’intero debito (meno quanto incassato eventualmente in procedura). L’esdebitazione non tocca i rapporti di garanzia.
Quindi i creditori magari con garanzie di terzi possono essere meno colpiti dall’esdebitazione, perché spostano l’azione su altri soggetti. Ma tu, personalmente, sei liberato. Se poi il garante paga, lui non potrà rivalersi su di te perché il tuo debito originario verso di lui (di regresso) è anch’esso esdebitato in quanto concorsuale. È una conseguenza dura ma coerente: il garante che paga resta col cerino in mano, non può rifarsi sul debitore esdebitato. Questo è un motivo per cui spesso, nelle procedure familiari, conviene che anche i garanti entrino nel procedimento.
D: Che costi ha una procedura di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione?
R: Ci sono alcuni costi da considerare:
- Il compenso dell’OCC/Gestore: l’organismo richiede un compenso per l’attività svolta (che include le verifiche preliminari, la predisposizione del piano o dell’istanza e la gestione della procedura). Solitamente il compenso è proporzionale alla complessità e può essere parzialmente fisso, parzialmente a percentuale sull’attivo. La legge prevede dei minimi (spesso qualche centinaio di euro) e massimi, e l’OCC può fare sconti in caso di situazioni disperate. Ad esempio, per un’esdebitazione incapiente l’OCC potrebbe chiedere solo il minimo previsto, conscio che il debitore non ha risorse. Tali spese in genere si pagano in parte all’inizio (un acconto) e il resto alla fine (in prededuzione, cioè viene prelevato da eventuali attivi prima di dare ai creditori).
- Il contributo unificato: presentare il ricorso in tribunale richiede un contributo fisso (attualmente €98) sia per esdebitazione post-fallimento sia per procedure di sovraindebitamento. Inoltre c’è la marca da bollo da €27 per diritti forfettari di cancelleria.
- L’avvocato: se ti affidi a un avvocato (cosa pressoché necessaria, specie per interfacciarsi col tribunale), dovrai prevedere le sue competenze professionali. Alcuni OCC hanno convenzioni con professionisti e indicano tariffe calmierate. In certi casi di particolare indigenza, puoi chiedere il gratuito patrocinio (patrocinio a spese dello Stato) se rientri nei limiti di reddito e la questione non è manifestamente infondata. Questo può coprire le spese legali, ma non quelle dell’OCC (che non rientra nel patrocinio).
- Eventuali spese vive: ad esempio, ottenere documenti, certificati, ecc., piccole spese amministrative.
Nel complesso, le procedure di sovraindebitamento non sono a costo zero, ma i costi sono modulati sul caso: se uno non ha nulla, pagherà il minimo indispensabile (qualche centinaio di euro più l’avvocato se non in gratuito patrocinio). Ad esempio, molte OCC applicano un costo attorno a €200-300 per le istruttorie incapienti oltre al CU da €98. Se invece c’è attivo da liquidare, il liquidatore/OCC prenderà una percentuale su quello.
Per il fallimento, i costi della procedura (curatore, spese di giustizia) si pagano di solito attingendo all’attivo; se l’attivo manca, allo Stato (lo Stato anticipa, anche se poi rimangono spese prededucibili a carico del debitore in teoria, ma con l’esdebitazione di fatto anche quelle diventano inesigibili – dettaglio tecnico). Quindi nel fallimento se sei nullatenente, non paghi nulla – c’è il fondo di garanzia dello Stato che copre i compensi del curatore; tu paghi solo il tuo avvocato, ma in alcune sedi per l’istanza di esdebitazione l’assistenza legale non è nemmeno obbligatoria (anche se consigliata).
D: Dopo l’esdebitazione, posso ancora essere protestato o subire pignoramenti?
R: Per i debiti esdebitati, no: il debitore esdebitato non può essere né protestato (il protesto è per assegni o cambiali insolute – se un creditore provasse a protestare un titolo dopo l’esdebitazione, quel titolo non sarebbe più valido verso il debitore) né pignorato per quei debiti (il tribunale non emetterebbe un decreto ingiuntivo e l’ufficiale giudiziario non procederebbe se mostri il decreto di esdebitazione). Di fatto, i creditori concorsuali insoddisfatti perdono il titolo esecutivo verso di te. Quindi sei al riparo. Potresti però essere protestato/pignorato per debiti non coperti dall’esdebitazione: ad esempio, se non hai pagato delle obbligazioni alimentari non esdebitabili, quei creditori possono farti decreto ingiuntivo e pignorarti stipendio/beni anche dopo. O se contrai nuovi debiti post procedura e non li paghi, ovviamente sei perseguibile su quelli. Ma per i vecchi debiti spazzati via, non più. Quindi, ricapitolando: i creditori concorsuali non possono avviare nuove esecuzioni (anzi quelle pendenti vengono chiuse, perché di solito c’era già il concorso che le sospendeva; se qualcuno provasse a riattivarsi dopo, il tuo avvocato opporrebbe il decreto di esdebitazione e il giudice dell’esecuzione bloccherebbe tutto). E i protesti legati a quei debiti (es. assegni a vuoto dati prima) restano nei registri ma puoi aggiungere a margine che sei stato esdebitato per quell’importo, magari per future referenze. Il protesto di per sé se è già levato non sparisce con l’esdebitazione, va cancellato con istanza apposita se ricorrono i presupposti (tipo pagamento tardivo del titolo – ma qui non avviene). Più che altro, un debitore esdebitato non dovrebbe più avere assegni scoperti, perché i debiti sono chiusi; quindi i protesti pregressi rimangono per i termini di legge (5 anni di solito) e poi vengono cancellati d’ufficio.
D: Cosa succede ai beni di famiglia come la casa o l’auto? Li perdo necessariamente con l’esdebitazione?
R: Non necessariamente: dipende dalla procedura scelta:
- Liquidazione (giudiziale o controllata): qui tutti i beni non indispensabili vengono di regola liquidati. Quindi sì, la casa di proprietà viene venduta a meno che ci siano eccezioni (ad esempio, se la casa è interamente ipotecata e la banca preferisce una soluzione diversa, ma di norma la liquidano; oppure casa con modico valore e debitore molto anziano – a volte valutano se vendere o meno, ma tendenzialmente vendono). L’auto pure viene venduta se ha un valore e se non serve per motivi lavorativi essenziali. I beni fondamentali per la vita quotidiana del debitore (letto, mobili, vestiario, ricordi di famiglia di nessun valore, ecc.) non vengono toccati, per legge impignorabili. Ma gli immobili, i conti in banca, etc. sì, vanno nella massa attiva. Questo è il “prezzo” per ottenere la liberazione: devi mettere a disposizione tutto il tuo patrimonio aggredibile. Però attenzione, a volte il debitore riesce a concordare col curatore o col liquidatore soluzioni tipo: un parente riscatta la casa pagando una somma concordata e la casa non viene messa all’asta (salvando la casa di famiglia). Oppure, se l’immobile è cointestato con un coniuge non debitore, vendono solo la quota e spesso il coniuge può rilevarla. Ci sono margini per accordi. In linea generale, però, se vuoi l’esdebitazione attraverso la liquidazione, devi mettere in conto la perdita dei beni di valore.
- Piano del consumatore / Concordato minore: qui l’idea è trovare una soluzione magari conservando alcuni beni. Ad esempio, puoi proporre di tenere la prima casa (se i creditori accettano) e pagare loro in altro modo (dilazioni, liquidazione di altri beni o di parte della casa). Spesso nei piani del consumatore si riesce a salvare la casa familiare, specie se c’è un mutuo e conviene continuare a pagarlo. Il giudice valuta se fattibile: se riesci a garantire ai creditori almeno quanto otterrebbero vendendo la casa, puoi tenerla. Molte rinegoziazioni con banche mutuatari sono fatte nei piani, con la famiglia che non perde l’abitazione. Quindi i piani sono più flessibili. Nei concordati minori, se l’azienda di famiglia è un bene, la puoi tenere in esercizio (continuità) e pagare i creditori col reddito futuro, ad esempio, quindi senza liquidarla. Quindi c’è la possibilità di non perdere tutti i beni, dipende dalla convenienza e dall’accordo con i creditori.
- Esdebitazione incapiente: in teoria se hai beni non sei incapiente; ma potresti avere beni di trascurabile valore (un’auto vecchia) che non vengono considerati utilità apprezzabili. In quell’istanza, potresti di fatto mantenere quei beni (l’art. 283 non ti obbliga a liquidarli). Quindi un debitore assolutamente nullatenente non perde nulla (per definizione), uno con qualcosina – se quell’oggetto è davvero di valore irrilevante e non produce utilità rilevanti, direi che potrebbe persino tenerlo. Ad esempio, un’auto del 2005 che vale 1000 euro: il giudice può comunque concedere l’esdebitazione incapiente senza pretendere che vendi quell’auto, perché tanto non risolverebbe i debiti e ti serve magari per cercare lavoro.
In conclusione: non è scontato che tu perda la casa o l’auto, dipende dal percorso:
- Liquidazione: molto probabile sì (perché sennò i creditori insorgono e il giudice deve massimizzare l’attivo).
- Piani: se riesci a inserirla nel piano in modo sostenibile, puoi salvarla.
- Incapiente: per definizione non possiedi beni di rilievo, quel che hai di minimo generalmente rimane tuo.
Simulazioni pratiche di casi italiani
Di seguito presentiamo alcune simulazioni basate su casi reali (opportunamente anonimizzati) che illustrano come l’esdebitazione opera in situazioni concrete. Questi esempi aiuteranno a comprendere l’applicazione pratica delle norme e le possibili soluzioni adottate dai tribunali.
Caso 1: Consumatrice sovraindebitata con debiti finanziari e fiscali – Piano del consumatore ed esdebitazione finale
Profilo: Marta, 45 anni, impiegata part-time, residente a Milano. Negli anni scorsi ha accumulato debiti per circa €80.000: prestiti personali e carte di credito (€50.000 verso banche/finanziarie), bollette e spese condominiali arretrate (€5.000), e cartelle dell’ Agenzia Entrate Riscossione (€25.000, di cui €15.000 per imposte IRPEF non pagate e €10.000 di sanzioni e interessi). La situazione debitoria è sfuggita di mano a Marta dopo il 2018, quando ha divorziato e si è trovata a sostenere da sola i costi di casa e figlio; inoltre, un problema di salute le ha ridotto la capacità lavorativa (da tempo pieno a part-time). Oggi Marta ha un reddito di circa €1.300/mese, con cui riesce a malapena a coprire le spese correnti (affitto, mantenimento figlio, utenze). Non possiede immobili (vive in affitto) né auto di valore (ha un’utilitaria del 2008). È quindi sovraindebitata: le rate dei prestiti sono insolute da tempo e ha pignoramenti su un quinto dello stipendio avviati da due finanziarie e dal condominio.
Procedura scelta: Con l’aiuto di un OCC, Marta decide di proporre un Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII). L’obiettivo è bloccare i pignoramenti sullo stipendio e riorganizzare il rimborso in base alle effettive possibilità. Dall’analisi risulta che Marta può destinare al piano al massimo €300 al mese senza compromettere il proprio sostentamento. Viene quindi elaborato un piano su 5 anni (60 mesi) con rata mensile di €300. Il piano prevede il pagamento totale di €18.000 (300×60). Queste somme verranno ripartite proporzionalmente tra i creditori chirografari. In particolare:
- alle banche/finanziarie (che hanno circa il 62% del totale debiti) andranno ~€11.160 in totale, pari a circa il 22% dei loro crediti;
- al condominio (circa 6% dei debiti) andranno ~€1.080, anche qui ~22%;
- all’Agenzia Entrate Riscossione (imposte + sanzioni, circa 32% del debito totale) verranno destinati ~€5.760, così ripartiti: circa €3.456 a soddisfacimento parziale dell’IRPEF privilegiata (€15.000, quindi 23% circa) e circa €2.304 a soddisfacimento delle sanzioni (che sono chirografarie).
Il piano offre quindi ai creditori circa il 22-23% ciascuno, che è più di quanto otterrebbero in una liquidazione (nell’ipotesi liquidatoria, Marta non avrebbe attivi da liquidare salvo forse qualche migliaio di euro dall’auto e zero reddito disponibile, quindi il recupero stimato sarebbe forse 5% o meno). Il Gestore OCC attesta che il piano è fattibile: i €300 mensili sono sostenibili con lo stipendio di Marta (ha ridotto spese superflue e può contare su un piccolo aiuto dei genitori per integrare il mantenimento del figlio). Viene attestata la meritevolezza di Marta: l’indebitamento è dipeso da eventi sfortunati (divorzio e malattia) e Marta non ha tenuto comportamenti fraudolenti o spese voluttuarie eccessive; anzi, ha cercato di pagare finché ha potuto. Si evidenzia anche che alcune finanziarie le avevano concesso credito quando già faticava a rimborsare altri prestiti, segno di possibile responsabilità degli enti finanziatori (merito creditizio negativo), il che gioca a suo favore.
Iter e omologa: Il piano viene presentato in tribunale. I creditori ricevono comunicazione. Alcuni (due finanziarie) si costituiscono depositando osservazioni: una contesta la percentuale offerta come troppo bassa, l’altra solleva dubbi sulle spese dichiarate da Marta (sostiene che potrebbe ridurre alcune spese e pagare di più). L’Agenzia Entrate non si oppone formalmente ma invia una nota ricordando che il suo credito IVA è privilegiato e chiede conferma che prende almeno quanto in liquidazione. Il Giudice esamina il caso: ritiene che il piano rispetti i criteri di legge (par condicio rispettata: tutti i chirografari prendono uguale %; i privilegiati fiscali – IRPEF – prendono 23%, che è sicuramente più di zero che otterrebbero sennò; nessun creditore è trattato peggio di come sarebbe in liquidazione, anzi meglio). Valuta la meritevolezza di Marta e la riconosce: nessun elemento di dolo o colpa grave, anzi condotta comprensibile dati gli eventi. Rigetta le osservazioni della finanziaria: i €300 al mese sono congrui, pretendere di più significherebbe tagliare spese essenziali (il giudice applica l’art. 69 CCII con equità). Quanto all’Agenzia Entrate, il giudice rileva che il 23% offerto su IRPEF è superiore alla presumibile soddisfazione in una liquidazione (0%), quindi il best interest test è rispettato. Pertanto, dopo l’udienza, il tribunale omologa il piano del consumatore di Marta.
Con l’omologa:
- Vengono sospese tutte le procedure esecutive individuali (i pignoramenti stipendio cessano; la trattenuta del 1/5 viene revocata dal giudice dell’esecuzione su istanza di Marta, producendo per lei immediato sollievo economico).
- Marta inizia a versare €300/mese all’OCC, che li distribuisce pro-quota ai creditori secondo il piano.
- I creditori sono obbligati ad accettare queste condizioni e non possono pretendere altro (pena nullità di tali pretese).
Completamento e esdebitazione: Marta riesce a versare regolarmente tutte le rate per 5 anni (60 mesi). Si sacrifica ma ci riesce grazie anche all’assenza di nuovi imprevisti. Dopo 5 anni, ha versato esattamente €18.000 complessivi, come da piano. L’OCC redige una relazione finale di attestazione di avvenuto adempimento. A questo punto, essendo il piano completamente attuato, Marta ottiene il risultato sperato: tutti i suoi debiti originari sono da considerarsi estinti secondo quanto previsto dal piano. Ciò significa che:
- I creditori hanno incassato il 22-23% e non possono più esigere il restante ~77-78%. La parte residua dei debiti di Marta è legalmente cancellata. La stessa ordinanza di omologa specificava che, una volta eseguito il piano, i creditori chirografari non potranno agire oltre quanto previsto (ex art. 80 CCII).
- In particolare, dei €80.000 iniziali, Marta ne ha pagati 18.000; i restanti €62.000 sono esdebitati. Le banche cancelleranno i loro crediti residui nei confronti di Marta (li chiuderanno a perdita nei bilanci). L’Agenzia delle Entrate Riscossione dovrà stornare dalle sue liste il residuo di imposte non pagate (e le sanzioni connesse).
- Le sanzioni amministrative per €10.000 erano parte del credito dell’AdER: formalmente, essendo debiti pecuniari da sanzione, sarebbero escluse dall’esdebitazione ex lege. Tuttavia, in questo contesto di piano omologato, la stessa Agenzia ha accettato (o comunque è vincolata) alla falcidia anche di quelle, per cui di fatto rinuncia al loro recupero. Dunque non potrà successivamente pretendere i €7.696 non versati di sanzioni. (Se invece fosse stata liquidazione ed esdebitazione post, quei 7.696 sarebbero rimasti, ma qui l’accordo li ingloba).
- Marta dunque non deve più nulla a nessuno di quei creditori. Riceve dal tribunale un decreto di chiusura procedimento in cui si prende atto dell’adempimento e della conseguente inesigibilità dei crediti ulteriori (questo passaggio a volte viene fatto con un decreto di “esdebitazione finale” analogo a quello del fallimento, anche se tecnicamente non obbligatorio essendo implicito).
Situazione finale di Marta: si ritrova dopo 5 anni senza debiti. Certo, ha pagato 18.000 € con sacrifici, ma ha evitato di dichiararsi fallita o di perdere quel poco che aveva. Soprattutto, ha salvato la sua utilitaria (nessuno gliel’ha toccata perché non si è attivata alcuna liquidazione, e il piano non ne richiedeva la vendita dato il valore modesto). Ha mantenuto l’appartamento in affitto senza sfratti (ha ricominciato a pagare regolarmente il condominio grazie al respiro ottenuto bloccando i vecchi arretrati). I pignoramenti stipendio sono cessati: questo è stato vitale perché Marta ha potuto disporre di più reddito libero durante i 5 anni (prima 1/5 le veniva trattenuto, col piano invece ha versato ~1/4 di stipendio ma volontariamente e sapeva che era a termine). Ora, con stipendio pieno di €1300, può far fronte alle spese correnti senza quell’angoscia costante. I creditori finanziari e il condominio hanno incassato qualcosa invece di nulla (e in tempi definiti), l’Erario idem. Marta ha avuto una riduzione debiti di oltre il 75%. La sua esdebitazione è frutto dell’esecuzione completa del piano (non di un atto successivo); agli occhi suoi poco importa, il risultato è che quei €62.000 non la perseguitano più.
Note: Questo caso mostra come un debitore persona fisica con reddito, ma debiti eccessivi, possa risolvere col piano del consumatore: paga ciò che può per alcuni anni e si libera del resto. Inoltre evidenzia il ruolo del giudice nel valutare la meritevolezza (qui positiva, dati eventi indipendenti dalla sua volontà) e l’equilibrio di trattamento (erario non penalizzato rispetto ad altri, tutti prendono uguale % circa). Marta ha beneficiato del fresh start senza dover passare da una liquidazione devastante, e ha potuto continuare a lavorare e mantenere la famiglia durante la procedura.
Caso 2: Piccolo imprenditore fallito – Liquidazione giudiziale ed esdebitazione del fallito
Profilo: Antonio ha fifty (50)** anni ed era titolare di una piccola impresa di trasporti (ditta individuale). A causa di investimenti errati e del calo di lavoro nel 2020-21, la sua azienda è fallita nel 2022 con sentenza del Tribunale di Bologna. Al momento del fallimento, Antonio aveva debiti complessivi per €300.000: principalmente verso banche (mutui e scoperti di conto, per €180.000), fornitori (€50.000), Fisco e INPS (~€70.000, inclusi €20.000 di IVA e €15.000 di ritenute non versate, entrambi crediti privilegiati). In attivo, la procedura fallimentare ha ricavato abbastanza poco: il curatore ha venduto 2 automezzi (incassando €20.000) e recuperato alcuni crediti verso clienti (€10.000). Antonio non possedeva immobili (era in affitto) né altri beni rilevanti. Quindi, la massa attiva netta era circa €30.000. Da questo, il curatore ha dedotto le spese (circa €5.000 tra compensi e spese di procedura). Restavano ~€25.000 da distribuire ai creditori.
Riparto ai creditori: Secondo l’ordine delle cause di prelazione, prima sono stati soddisfatti i crediti prededucibili (spese di giustizia), poi i privilegiati. Nel caso di Antonio:
- Il curatore ha pagato i crediti privilegiati erariali (IVA e ritenute) in proporzione: questi ammontavano a €35.000 totali (IVA 20k + ritenute 15k). Dall’attivo €25k, dopo spese, diciamo €22k destinati ai crediti privilegiati (per semplificazione). Quindi l’Erario ha ottenuto circa €22.000 su €35.000, pari a ~63% di quelle poste privilegiate (dati di fantasia, ma realistici). Ciò esaurisce l’attivo.
- Ai creditori chirografari (banche, fornitori) non è andato nulla, perché l’attivo è terminato con i privilegiati. Pertanto banche e fornitori hanno rimasto a zero.
Il fallimento si è concluso in poco più di 2 anni (grazie alla cooperazione di Antonio e alla semplicità dell’attivo). Nel settembre 2024, il curatore ha predisposto il conto finale e il giudice delegato ha fissato l’udienza di chiusura.
Istanza di esdebitazione: Antonio, attraverso il suo legale, ha presentato al Tribunale un’istanza ai sensi dell’art. 280 CCII chiedendo l’esdebitazione dei debiti residui. L’istanza sottolineava che:
- Antonio aveva cooperato pienamente: appena fallito ha consegnato libri contabili, automezzi, ha aiutato il curatore a riscuotere i crediti clienti, non ha nascosto nulla.
- Non risultavano attivi distratti né irregolarità: il dissesto era dovuto a scelte imprenditoriali sbagliate e alla crisi Covid (meno spedizioni), ma non a frodi o condotte dolose. Antonio non aveva mai fatto prelievi indebiti né contratto debiti “in malafede” (semplicemente contava di riprendersi).
- Antonio non ha precedenti penali per reati fallimentari o altro. Ha una condanna per guida in stato di ebbrezza anni fa (reato estraneo e minore) ma nulla legato all’attività.
- È la sua prima procedura concorsuale e non ha mai beneficiato di esdebitazioni prima.
L’istanza viene comunicata ai creditori ammessi al passivo. Questi possono inviare opposizioni. Nel caso:
- Le banche e i fornitori (che hanno preso 0) non si oppongono formalmente, forse perché consapevoli che Antonio è nullatenente e non ci guadagnerebbero comunque nulla a opporsi.
- L’Agenzia delle Entrate invia un’osservazione in cui evidenzia che i crediti IVA e ritenute non sono stati soddisfatti integralmente (hanno avuto 63%) ma non formula un’opposizione all’esdebitazione, bensì chiede “di chiarire se la quota non soddisfatta dei crediti per IVA e ritenute resterà comunque dovuta” (in pratica, l’AdE ricorda al tribunale che le sanzioni e forse la parte di tributo non pagata potrebbe non esdebitarsi; cerca di tutelare il residuo).
Decisione del Tribunale: All’udienza di chiusura (ottobre 2024), il tribunale esamina il rapporto del curatore. Il curatore, nel suo rapporto riepilogativo, attesta che Antonio ha tenuto un comportamento regolare e che non sussistono elementi ostativi all’esdebitazione. Il giudice accerta:
- Antonio soddisfa tutte le condizioni di cui all’art. 280 co.1: nessuna condanna per bancarotta, nessun atto in frode, condotta collaborativa, nessuna esdebitazione pregressa, ecc.
- Rileva che i creditori concorsuali chirografari sono rimasti totalmente insoddisfatti. Tuttavia, in base alla legge attuale, questo di per sé non impedisce l’esdebitazione, se ricorrono gli altri presupposti. Il giudice richiama la giurisprudenza favorevole (magari Cass. 2023) nel decreto.
- L’osservazione dell’Agenzia Entrate: il tribunale chiarisce che l’esdebitazione dichiara inesigibili tutti i debiti concorsuali verso il debitore, comprese le imposte non pagate. Tuttavia, ricorda che per legge restano esclusi eventuali debiti per sanzioni non pagate. Nella fattispecie, nel passivo c’erano €10.000 di sanzioni tributarie chirografarie (parte dei €70.000 erariali). Quelle non sono state soddisfatte (sono rimaste interamente scoperte) e per legge non rientrano nell’esdebitazione. Quindi, nel decreto, il tribunale specifica: “Restano esclusi dal beneficio, ai sensi dell’art. 279 co.2 CCII, i debiti per sanzioni amministrative pecuniarie”. Ciò significa che quei €10.000 di sanzioni AER rimangono a carico di Antonio. (Nella pratica, l’Agenzia Entrate Riscossione potrà ancora cercare di riscuoterli, ma Antonio non avendo beni né reddito significativo – è disoccupato al momento – probabilmente non pagherà mai neanche quelli, però formalmente rimangono dovuti).
Così, il Tribunale emette il decreto di chiusura del fallimento e contestaulmente dichiara Antonio esdebitato da tutti i debiti concorsuali residui, eccetto quelli non liberabili per legge (le sanzioni suddette). Nessun creditore si oppone nei 15 giorni successivi, quindi il decreto diviene definitivo. Antonio è ufficialmente libero da debiti.
Effetti: Prima del decreto, Antonio era rimasto con debiti per: €180k banche + €50k fornitori + €70k erario – €25k attivo distribuito = circa €275.000 ancora dovuti. Dopo l’esdebitazione:
- I €230.000 verso banche e fornitori (che non hanno visto un euro) diventano inesigibili. Quei creditori non possono più pretendere nulla da Antonio per quei rapporti. Di fatto, hanno dovuto stralciare i loro crediti come perdite.
- Dei €70.000 verso erario, €22k sono stati pagati, ne restavano €48k. Di questi, €38k (quota imposte e contributi privilegiati non soddisfatta) diventano inesigibili verso Antonio grazie all’esdebitazione. Le sanzioni per €10k restano formalmente dovute (e l’AdER potrebbe teoricamente iscrivere a ruolo quei €10k e tentare un pignoramento in futuro – ma se Antonio rimane nullatenente non otterranno nulla; in ogni caso quel residuo non è cancellato dal decreto).
In sostanza, Antonio si è liberato di circa €268.000 di debiti (€275k – €7k di sanzioni che realisticamente pagherà mai). Egli riparte quasi da zero: ha perso la sua azienda, ma anche il peso insostenibile dei debiti passati. Nel 2025 trova impiego come autista per conto terzi e il suo stipendio non può essere toccato dai vecchi creditori (tranne ipoteticamente dall’Agenzia Entrate per i €10k sanzioni, ma si vedrà se tenteranno). Come ex fallito esdebitato, Antonio può anche pensare di aprire in futuro una nuova attività senza la spada di Damocle delle passività pregresse. Dal punto di vista sociale, Antonio – che era in depressione per la rovina finanziaria – ora vede una luce: può concentrarsi sul presente, con la consapevolezza di aver chiuso col passato.
Considerazioni: Questo caso evidenzia il “classico” esito di un fallimento persona fisica con esdebitazione. Nonostante i creditori abbiano recuperato poco (solo l’erario parzialmente), l’esdebitazione è stata concessa perché Antonio era onesto e “meritevole” secondo la legge. La Cassazione nel 2023 ha proprio affrontato casi simili, dicendo di non negare l’esdebitazione solo perché i chirografari non prendono nulla. Ed è quel che il Tribunale ha fatto. Notiamo inoltre:
- L’intervento dell’erario sulle sanzioni: spesso nei decreti si vedono clausole come “restano esclusi alimenti, risarcimenti e sanzioni”. Ciò mette in chiaro che quelle categorie restano fuori. Qui quell’eccezione ha riguardato le sanzioni tributarie. A volte i debitori se ne dimenticano, ma è importante sapere che se nel debito verso AdER c’erano multe stradali, sanzioni per ritardato pagamento, etc., la parte di natura sanzionatoria non si cancella.
- Antonio ha utilizzato l’esdebitazione una volta. Se malauguratamente in futuro avesse un’altra impresa e rifallisse (tocchiamo ferro!), potrebbe chiedere la seconda esdebitazione ma solo dopo 5 anni dal decreto di quella precedente. In questo caso, decreto nel 2024, quindi eventuale nuovo fallimento dovrà chiudersi post-2029 per poterla ottenere. Comunque Antonio spera di non doverci mai più ricorrere.
- Per i creditori è stato un sacrificio pesante: banche e fornitori hanno perso tutto. Alcuni avrebbero potuto opporsi sostenendo che Antonio magari ha fatto “ricorso abusivo al credito” (una banca poteva dire: ha continuato a chiedere fidi mentre l’azienda era decotta). Ma nessuno l’ha fatto; e probabilmente difficilmente l’avrebbero spuntata perché servono prove di condotte dolose. Ormai l’orientamento è tassativo: se non rientra in art. 280 co.1 (frodi, reati, ecc.), non c’è spazio per negare il beneficio.
Conclusione del caso: Antonio è uno dei tanti piccoli imprenditori che grazie all’esdebitazione ha potuto evitare la “morte civile”. La procedura concorsuale ha fatto il suo corso in modo ordinato e, pur non soddisfacendo tutti (fallimento povero), ha permesso di chiudere le pendenze. Antonio è ora libero di intraprendere una nuova strada, e i suoi ex creditori – pur scontenti – hanno dovuto accettare il rischio d’impresa del credito. Lo Stato ha incassato parte delle sue pretese ed eventualmente manterrà aperta la posizione per le sanzioni, ma sa che probabilmente non ne ricaverà altro. Questo evidenzia la funzione sociale dell’esdebitazione: evitare che una persona rimanga schiacciata a vita da debiti impagabili, una volta che ha “scontato la pena” cedendo i beni disponibili per soddisfare i creditori.
Caso 3: Debitore “incapiente” senza beni né redditi – Esdebitazione a zero (fresh start totale)
Profilo: Rosa, 60 anni, ex commerciante. In passato aveva un piccolo negozio di abbigliamento, chiuso nel 2019 per fallimento personale. Dal fallimento (procedura chiusa nel 2020) erano residuati debiti non soddisfatti per circa €120.000 (principalmente verso fornitori, banche per finanziamenti e uno scoperto di conto, e alcune imposte). Rosa, a causa di problemi di salute, non ha più lavorato dopo la chiusura dell’attività. Attualmente vive grazie a una modesta pensione di invalidità di €700 al mese e all’aiuto economico saltuario di un fratello. Non possiede alcun immobile (vive in affitto), né auto, né risparmi significativi. Il fallimento aveva già liquidato quel poco che c’era (arredi del negozio). Dopo la chiusura del fallimento, formalmente quei €120.000 di debiti le sono rimasti addosso (poiché nel 2020 l’esdebitazione non le fu concessa: Rosa era spaventata e non la chiese, inoltre all’epoca aveva una contestazione per bancarotta semplice ancora in corso, poi archiviata). Dunque Rosa è tecnicamente ancora debitrice di tutti quegli importi. I creditori ogni tanto la contattano, alcuni hanno pignorato inutilmente (non hanno trovato nulla da prendere). Rosa vive in condizione di povertà e con l’ansia di quelle pendenze.
Procedura scelta: Con l’entrata in vigore del CCII, Rosa sente parlare dall’assistente sociale della nuova possibilità di “esdebitazione del debitore incapiente”. Si rivolge a un OCC locale. Il Gestore conferma che Rosa sembra avere i requisiti:
- Persona fisica, ex imprenditrice ma ora non fallibile, sovraindebitata e chiaramente incapiente (nessun bene, nessun reddito capiente oltre la pensioncina).
- Debiti risalenti al fallimento e dopo, mai pagati, su cui i creditori non riescono a soddisfarsi.
- Rosa appare meritevole: la causa dell’indebitamento fu la crisi del suo negozio e forse errori gestionali, ma niente frodi. Non risultano atti di frode (durante il fallimento non furono contestati ammanchi patrimoniali). La condotta post-fallimento è stata trasparente (ha continuato a risiedere allo stesso indirizzo, non ha occultato redditi – semplicemente non ne aveva).
- Non ha mai beneficiato di un’esdebitazione prima (nonostante avesse potuto dopo il fallimento, per ignoranza non la chiese, perdendo quell’opportunità). L’art. 283 CCII consente comunque una procedura di esdebitazione incapiente “una tantum”: lei può provarci ora.
Si decide quindi di presentare un ricorso ex art. 283 CCII per l’esdebitazione del debitore incapiente (popolarmente detta “esdebitazione senza utilità”). Il Gestore redige la relazione particolareggiata evidenziando:
- Rosa è sovraindebitata meritevole che “non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura”. Incapienza: la sua pensione di €700 serve giusto a sopravvivere (affitto + spese essenziali la impegnano quasi tutta); nulla le “sopravanza” per i creditori. Meritevolezza: nessuna frode, i debiti derivano da un’attività poi fallita, considerabile crisi sfortunata; nessun comportamento doloso emergente.
- Tutta la documentazione economica è fornita (estratti conti a zero, elenco debiti, certificato che non possiede immobili, ecc.). Viene sottolineato che Rosa ha già passato un fallimento e non ha ricavato nulla (il curatore liquidò e pagò creditori privilegiati, ma i chirografari e parte di imposte rimasero). In pratica i creditori hanno già avuto la chance concorsuale e non hanno ottenuto nulla, perseverare è inutile.
- Rosa si impegna espressamente a collaborare e a segnalare eventuali miglioramenti reddituali per 4 anni. Naturalmente, vista l’età e la salute, è poco probabile che sopravvengano grandi utilità, ma la promessa va fatta.
Iter in tribunale: Il ricorso viene depositato nel 2024 al Tribunale competente (sezione sovraindebitamento). I creditori noti vengono informati. All’udienza, nessun creditore contesta formalmente. Solo un paio di ex fornitori inviano lettere amareggiate (“Rosa aveva già il fallimento, ora pure la cancellazione… noi non vedremo un euro…”), ma non adducono ragioni di non meritevolezza concrete. Il giudice analizza:
- Verifica che Rosa non è soggettabile a liquidazione giudiziale (essendo ex imprenditrice fallita oltre un anno fa, oggi è equiparabile a consumatore/non fallibile). Quindi giuridicamente può accedere all’art. 283.
- Constata l’incapienza totale: con €700 mensili e zero patrimonio, Rosa non può realisticamente pagare nulla di significativo ai creditori, neanche in futuro (a 60 anni, pensionata, improbabile improvvise ricchezze).
- Valuta la meritevolezza: nessun segno di dolo. Anzi, il suo caso sembra esattamente quello per cui l’istituto è pensato – soggetto sfortunato, ormai ai margini, su cui accanirsi non ha scopo. La circostanza che fu dichiarata fallita non è ostativa (il fallimento in sé non impedisce di usare art.283 dopo, se ancora debiti residui). Non ha reati, non ha fatto spese pazze, vive modestamente.
- Tutti i requisiti formali e sostanziali paiono soddisfatti.
Il tribunale quindi emette un decreto con cui accoglie il ricorso e concede a Rosa l’esdebitazione di tutti i debiti antecedenti (quelli del fallimento 2019 e ogni altro maturato prima del ricorso, qui 2024). In particolare, dichiara inesigibili nei confronti di Rosa i crediti elencati (fa l’elenco nominativo dei creditori e importi). Aggiunge la clausola che “Qualora nei quattro anni successivi al presente decreto sopravvengano utilità rilevanti tali da permettere il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%, la debitrice è obbligata al pagamento del debito entro detto limite (art. 283 co.1 CCII)”. Inoltre ordina a Rosa di presentare entro il 31 marzo di ciascun anno una dichiarazione sulle eventuali sopravvenienze (dà atto che l’OCC vigilerà). Il decreto viene comunicato ai creditori.
Opposizioni: Due creditori presentano opposizione (reclamo) in corte d’appello entro 30 giorni: una banca e un fornitore, sostanzialmente lamentando che Rosa non dovrebbe essere liberata “perché aveva già beneficiato di un fallimento con zero attivo e non è giusto che ora anche la legge la esenti dai debiti”. La Corte d’Appello però respinge i reclami a fine 2024, spiegando che il CCII consente espressamente la liberazione anche del debitore incapiente, trattandosi di istituto eccezionale ma previsto per legge e che i motivi addotti (non giustizia/etica) non integrano alcuna violazione di presupposti normativi (non è stata contestata la meritevolezza di Rosa, solo la lamentela generica che i creditori perdono soldi, cosa intrinseca al beneficio ma non opposizione ammissibile). Quindi il decreto di esdebitazione diventa definitivo.
Situazione finale: Rosa vede finalmente cancellati tutti i suoi €120.000 di debiti. Nessuno potrà più chiederle nulla per essi (l’unico scenario è se entro 4 anni ricevesse una somma >€12.000, allora dovrebbe attivarsi a pagare i creditori fino a quell’importo). Rosa ora può vivere con la sua piccola pensione senza continue lettere minatorie o paure di pignoramenti (prima un paio di creditori avevano provato a pignorarle il conto e la pensione minima, creando agitazione anche se poi finiva con un nulla). Anche moralmente, si sente “perdonata” e sollevata: la descrizione nel decreto – dove il giudice parla di fresh start e dignità – l’ha persino commossa, perché per anni si è sentita fallita nel senso umano del termine, e ora lo Stato le sta dicendo “vai, ricomincia senza vergogna”. I creditori ovviamente sono insoddisfatti: per loro questa è una perdita totale. Ma obiettivamente, non avrebbero comunque recuperato nulla da Rosa, neanche con dieci pignoramenti (non c’era sangue da cavare da quella rapa). Quindi l’esdebitazione “certifica” uno stato di fatto, e consente di risparmiare costi di eventuali inseguimenti infruttuosi. Rosa dovrà ricordarsi l’obbligo di segnalazione: ogni anno comunica all’OCC la sua situazione. Nei successivi 4 anni, nulla di rilevante accade (non vince lotterie, né riceve eredità). La sua pensione aumenta solo per adeguamento ISTAT di pochi euro, irrilevante. Quindi non scatta alcun obbligo di versare somme ai creditori (l’asticella del 10% di 120k = 12k non viene mai raggiunta, perché Rosa al massimo risparmia 500€ all’anno).
Trascorso il quadriennio di controllo, nel 2029 Rosa è definitivamente libera senza più dover rendere conto a nessuno. I creditori non possono più toccarla in alcun modo (già dal 2024 non potevano, ma ormai anche quell’ultima condizione risolutiva è superata).
Considerazioni: Questo caso mostra l’operatività pratica dell’art. 283 CCII:
- Si evidenzia come i creditori possano mal digerire l’istituto (due opposizioni), ma a meno di evidenti abusi del debitore, la legge è dalla parte del debitore onesto. Le loro opposizioni fondate solo su “non è giusto perché io perdo soldi” non hanno successo se il debitore è meritevole e incapiente (perdono soldi comunque, la differenza è se continuare a illudersi o tagliare le perdite).
- Rosa aveva già un fallimento concluso senza esdebitazione: ciò non le ha precluso di usare l’incapienti (anche se aveva perso l’occasione nel 2020, l’ha avuta ora grazie alla nuova legge). È interessante notare che la riforma ha in un certo senso “recuperato” anche quei casi di falliti pre-CCII che non avevano ottenuto l’esdebitazione: ora, se sono in condizione di incapienza e meritevolezza, possono chiudere i conti col passato.
- L’istituto dimostra la sua natura umanitaria e di ultima istanza: Rosa a 60 anni era altrimenti destinata a rimanere indebitata a vita, pur non potendo mai pagare, con tutto lo stigma e il malessere che ciò comporta. Ora può passare gli ultimi anni in relativa serenità, focalizzandosi sui bisogni primari. Lo Stato conta sul fatto che magari, alleggerita, Rosa possa anche tornare a contribuire (ad es. se trovasse un lavoretto part-time ora che non ha paura che le portino via tutto, potrebbe farlo).
- Dal lato creditori, è una pillola amara, ma se guardiamo pragmaticamente: nessuno stava incassando nulla da 4 anni, e avrebbero potuto inseguire Rosa per altri 10 senza risultati, sprecando tempo e denaro in azioni legali inutili. L’esdebitazione in casi simili ottimizza la situazione: chiudiamo la partita e ognuno volta pagina.
Conclusioni
In questa guida abbiamo esplorato in dettaglio quando viene concessa l’esdebitazione, quali condizioni il debitore deve rispettare e come le varie procedure concorsuali portano alla liberazione dai debiti. Abbiamo visto che, alla data di giugno 2025, il quadro normativo italiano – plasmato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e arricchito dalla recente giurisprudenza – offre strumenti efficaci per realizzare il principio del fresh start, ossia dare una seconda opportunità alle persone sovraindebitate oneste.
Riassumiamo i punti chiave emersi:
- L’esdebitazione non è automatica: va richiesta e ottenuta attraverso le procedure previste (fallimento/liquidazione o piani di sovraindebitamento). Deve esserci un giudice che, verificati i requisiti, dichiara i debiti inesigibili. Il debitore deve quindi attivarsi (o completare la procedura) per avere il beneficio.
- I requisiti di meritevolezza sono centrali. Il debitore deve provare di aver agito in buona fede: niente frodi, massima collaborazione, nessun abuso. La legge elenca in modo tassativo le cause che impediscono l’esdebitazione (condanne per reati gravi, atti in frode, recidiva entro 5 anni, ecc.). Fuori da queste ipotesi, il giudice tende a concedere il beneficio, seguendo il favor normativo e giurisprudenziale a favore del debitore onesto.
- Tutte le principali procedure concorsuali per persone fisiche prevedono uno sbocco esdebitatorio: dalla liquidazione giudiziale (ex fallimento), alla liquidazione controllata del sovraindebitato, ai piani del consumatore e concordati minori (dove la liberazione coincide con l’esecuzione del piano), fino alla radicale esdebitazione del debitore incapiente (senza attivo). Ognuna ha le sue caratteristiche e tempistiche, ma l’obiettivo finale di liberare il debitore dai debiti insostenibili accomuna tutte.
- Tempistiche: grazie al CCII, l’esdebitazione avviene al più tardi entro 3 anni dall’apertura di una liquidazione (spesso anche prima, se la procedura si chiude anticipatamente). Nei piani, la durata dipende dalle rate (in media 4-5 anni). L’istituto incapiente è il più rapido: in pochi mesi si ottiene il decreto, con un periodo di “condizionale” di 4 anni per eventuali sopravvenienze. In ogni caso, i tempi ora sono certi e relativamente brevi rispetto al passato – un enorme vantaggio per il debitore che può programmare la propria ripartenza.
- Debiti cancellati: l’esdebitazione copre praticamente ogni debito pregresso (finanziamenti, scoperti, fornitori, fisco, contributi, bollette, ecc.), tranne poche eccezioni: alimenti, risarcimenti da fatti illeciti, sanzioni penali/amministrative. Il debitore esdebitato non pagherà più nulla ai vecchi creditori (salvo il caso di utilità sopravvenute >10% per gli incapienti, entro 4 anni). Ciò gli consente di destinare i suoi futuri guadagni ai bisogni della vita e non a un passato irrecuperabile. Per i creditori è un sacrificio, ma bilanciato dal fatto che hanno già avuto la possibilità di soddisfarsi fino a dove era possibile nella procedura concorsuale – oltre quello, la legge preferisce privilegiare la riabilitazione del debitore.
- Aspetti fiscali: abbiamo chiarito che anche i debiti verso l’Erario possono essere stralciati dall’esdebitazione (e la stessa Agenzia Entrate è spesso chiamata ad adeguarsi, magari incassando solo una parte come in qualsiasi concorso). Il debitore che si vede cancellare debiti non subisce tassazione su quel “beneficio” – non deve cioè pagare tasse su ciò che non paga ai creditori. Questo è fondamentale per non vanificare il fresh start e riflette precise norme del TUIR. I creditori d’impresa possono dedurre le perdite subite. Insomma, il sistema fiscale è calibrato per accompagnare la logica dell’esdebitazione, e non per frapporvisi.
- Giurisprudenza recente: abbiamo visto come le Corti (in particolare la Cassazione nel 2023-24) abbiano sposato una linea netta: sì all’esdebitazione in tutti i casi previsti, senza aggiungere condizioni extra. La meritevolezza è la chiave, non l’entità del pagamento ai creditori. Questo garantisce uniformità e prevedibilità: un debitore che rispetta i suoi doveri sa di poter ottenere il beneficio, perché i tribunali applicano ormai in modo coerente la legge in tal senso.
Possiamo concludere che oggi l’ordinamento italiano offre ai debitori sovraindebitati avanzati strumenti di sollievo, in linea con i migliori standard europei e internazionali. L’esdebitazione, un tempo eccezione quasi impensabile (fino al 2006 il fallito rimaneva sempre fallito nei debiti!), è divenuta parte integrante del sistema concorsuale, con una portata persino ampliata (si pensi all’incapiente). Ciò promuove non solo la dignità dei singoli debitori, ma anche un’economia più dinamica: i piccoli imprenditori non hanno più paura di tentare iniziative sapendo che, se malauguratamente falliscono senza colpa grave, potranno rialzarsi in 3 anni e riprovare. Allo stesso tempo, i creditori sono tutelati per quanto è ragionevole (devono essere soddisfatti con tutto il patrimonio disponibile del debitore, e se questo manca, inseguire un debitore nullatenente non è vantaggioso per nessuno). È un equilibrio non facile, ma che la riforma e la giurisprudenza stanno realizzando.
In definitiva, “quando viene concessa l’esdebitazione”? – Quando il debitore fa tutto il possibile (legalmente e moralmente) per affrontare la propria crisi, offrendo ai creditori quello che può in base alla legge, e dimostra di aver agito senza malafede. In questi casi, trascorso il periodo previsto, la legge gli concede di ripartire libero dal peso dei vecchi debiti. Che si tratti di un ex imprenditore fallito, di una famiglia sovraindebitata o di una persona che non possedeva nulla, il sistema odierno consente di voltare pagina. Il messaggio che ne esce è importante: il fallimento economico non è più una condanna perenne, ma può diventare un’esperienza da cui imparare, potendo contare sulla possibilità di ricominciare da capo.
Fonti normative utilizzate
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14) – Artt. 279-283 (Capo X – Esdebitazione) nelle versioni aggiornate:
– Art. 279: diritto all’esdebitazione dopo 3 anni o a chiusura.
– Art. 280: condizioni soggettive per l’esdebitazione (assenza di condanne per bancarotta e reati connessi, nessun atto in frode, cooperazione, no esdebitazione precedente <5 anni, max due volte).
– Art. 281: procedimento per l’esdebitazione nella liquidazione giudiziale (istanza del debitore, comunicazione ai creditori ammessi, decreto di chiusura con inesigibilità dei crediti residui).
– Art. 282: condizioni e procedimento per l’esdebitazione nella liquidazione controllata (applicazione delle condizioni art. 280 anche ai sovraindebitati, esdebitazione dopo 3 anni o a chiusura su istanza debitore o segnalazione liquidatore).
– Art. 283: esdebitazione del debitore incapiente (persona fisica meritevole, incapace di offrire utilità, una sola volta; obbligo di pagamento entro 4 anni se sopravvenienze ≥10%).
– Art. 8, co.1 lett. a) L.155/2017: principio delega su esdebitazione tempestiva in 3 anni (richiamato in Relazione illustrativa art.279). - Codice civile:
– Art. 170 c.c.: (Fondo patrimoniale) – I debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia non possono essere soddisfatti sui beni del fondo. (Rilevante indirettamente: Cass. 27562/2023 cit. ha riguardato opposizione esecuzione su fondo patrimoniale, anche se non direttamente tema esdebitazione).
– Art. 2740 c.c.: (Responsabilità patrimoniale) – Il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri. [È il principio da cui l’esdebitazione fa eccezione, spezzando la responsabilità per i futuri]. Non citato direttamente sopra, ma fondamentale in materia. - Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) – Art. 142 (Esdebitazione del fallito, introdotto dalla L. 80/2005): prevedeva requisiti analoghi (cooperazione, no bancarotta fraudolenta, pagamento parziale non trascurabile, ecc.). Molti riferimenti giurisprudenziali citati (Cass. 24214/2011, Cass. 15359/2023, Cass. 27562/2023) riguardano l’interpretazione di art.142 L.F., poi trasfusa nel CCII.
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (Composizione crisi da sovraindebitamento) – rilevante per origine concetti di piano del consumatore, liquidazione del patrimonio e meritevolezza del consumatore. Oggi abrogata e sostituita dal CCII, ma citata in:
– definizione di sovraindebitamento;
– requisiti di non assoggettabilità a fallimento (art. 7 L.3/2012, ripresi ora in CCII);
– vecchi requisiti per esdebitazione sovraindebitato (artt.14-terdecies L.3/2012: sforzo di trovare lavoro, pagamento parziale creditori etc., citati in scheda Trib. Torino). - Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante ristrutturazione e seconda opportunità:
– Art. 20-23: Principi sul fresh start per imprenditori, durata massima 3 anni per esdebitazione, possibili deroghe solo per condotte disoneste. Cass. 15359/2023 ne richiama l’art.23 come vincolo a tassatività cause di diniego. La direttiva ha influenzato fortemente il CCII (art.279 CCII e riduzione termini esdebitazione). - Testo Unico Imposte sui Redditi (DPR 917/1986) – Art. 88, comma 4-ter: detassazione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti in procedure concorsuali e da sovraindebitamento. Estende la non imponibilità alle imprese in crisi con concordati, accordi di ristrutturazione e piani omologati. Non menziona espressamente PRO e liquidazione giudiziale, ma dottrina ne auspica interpretazione estensiva.
– Art. 101, comma 5: Deduzione perdite su crediti per debitori assoggettati a procedure concorsuali (consente al creditore di dedurre fiscalmente il credito stralciato quando il debitore è esdebitato/liquidato). Non citato sopra ma di contesto. - D.Lgs. 13 settembre 2022 n. 147 (“secondo correttivo CCII”) e D.Lgs. 13 ottobre 2022 n. 83 (“primo correttivo CCII”): hanno modificato alcuni aspetti del CCII pre-entrata in vigore. Ad es. abrogato art.279 co.2 (riduzione a 2 anni se composizione assistita), introdotto art. 283 CCII (che inizialmente non era nel D.Lgs.14/2019 ma aggiunto dal D.Lgs. 83/2022).
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (“terzo correttivo CCII, in vigore dal 28/09/2024)** – ha riorganizzato Capo X Esdebitazione:
– Inserito Sezione I-bis per liquidazione giudiziale e Sezione II per liquidazione controllata.
– Modificato art.279 co.1 aggiungendo riferimento art.282 co.2.
– Sostituito art.280 co.1 lett. a) sulla sospensione decisione in caso di procedimento penale (da “beneficio riconosciuto all’esito” a “rinvio decisione fino esito”) (nota 3 in testo).
– Eliminato bisogno istanza per esdebitazione al 3° anno (art.281).
– Introdotto art. 76-bis CCII: esdebitazione soci illimitatamente responsabili (terzo correttivo art.42 schema). Normativa evidenziata su giustizia.it.
Principali fonti giurisprudenziali citate
- Cassazione Civile, Sezioni Unite, 18/11/2011 n. 24214 – Ha fornito l’interpretazione autorevole dell’art.142 L.F.: tassatività cause di esclusione, criterio dell’“affatto irrisoria” soddisfazione creditori. Pietra miliare sul favor debitoris, citata più volte nella guida.
- Cass. Civ., Sez. I, 31/05/2023 n. 15359 – Ordinanza che ribadisce la tassatività delle ipotesi ostative ex art.142 L.F. alla luce della direttiva UE 2019/1023. Accoglie ricorso di soci illimitati: condotte non previste dalla legge (illeciti fiscali societari) non possono precludere l’esdebitazione. Sottolinea interpretazione pro-debitore sul requisito del parziale pagamento.
- Cass. Civ., Sez. I, 28/09/2023 n. 27562 – Ordinanza (depositata 2024) rimarcante che la “meritevolezza” è il presupposto decisivo e non occorre una soglia minima di pagamento, conforme sia al tenore dell’art.142 L.F. che allo spirito dell’istituto. Conferma che un debitore meritevole può essere esdebitato anche se i creditori non hanno preso nulla.
- Cass. Civ., Sez. I, 14/05/2018 n. 7550 – Pronuncia su esdebitazione fallito: applica la linea SU 2011, ribadendo che il beneficio va concesso ove ricorrano gli altri presupposti, a meno di soddisfazione totalmente mancante o irrisoria. Richiamata in Cass.2023.
- Cass. Civ., Sez. I, 10/05/2022 n. 15246 – Ribadisce (in linea con Cass. 2018 e SU 2011) l’interpretazione favorevole: se tutte le altre condizioni sono soddisfatte, l’esdebitazione va data tranne casi di totale o quasi totale insoddisfazione e a discrezione motivata del giudice. Citata in Cass.15359/23.
- Cass. Civ., Sez. I, 31/05/2022 n. 15245-46 – (non citate singolarmente sopra, ma fanno parte delle pronunce sul tema parziale pagamento e favore SU 2011, presumibilmente analoghe a 15246/22).
- Cass. Civ., Sez. I, 13/05/2020 n. 8883 e 22/06/2020 n. 11996 – (La n.11996/20 è citata nello scritto Cass.15359/23 riguardo creditori sociali insinuati nel fall. soci). Riguardano il fallimento dei soci illimitati: Cass.11996/20 stabilisce che i crediti sociali si considerano insinuati nel fallimento del socio per intero. Conferma che l’esdebitazione del socio copre anche i debiti sociali insinuati.
- Corte Costituzionale, 6/12/2017 n. 245 – (Non citata direttamente sopra, ma di rilievo storico): ha dichiarato non fondata la questione sulla falcidiabilità dell’IVA nei piani sovraindebitamento, aprendo alla possibilità di includere IVA nei tagli, coerentemente con la giurisprudenza UE. Ha influenzato la prassi (oggi IVA stralciabile).
- Tribunale di Torino – Linee guida Sovraindebitamento 2022 (scheda informativa sito Tribunale) – Contiene riepilogo delle condizioni in caso di L.3/2012 e CCII, e l’elenco dei debiti esclusi. Citata per enfatizzare eccezioni e requisiti cooperazione.
- Tribunale di Torino, decreto 15/07/2022 (post CCII) – “caso B. ed altri” – (Non menzionato nel testo, ma un ipotetico riferimento per prima procedura familiare). Non ne abbiamo passi, ma come esempio di prassi.
- Tribunale di Napoli Nord, decreto 17/12/2021 – (Riferito nel testo come esempio: piano del consumatore omologato a debitore ludopatico) – mostrava apertura verso debiti da gioco se patologia (meritevolezza riconosciuta).
- Cassazione Civile, Sez. I, 09/03/2016 n. 4614 – (Non citata sopra, ma importante: affermò principio che nel sovraindebitamento il giudice può verificare anche l’eventuale concessione abusiva di credito ai fini della meritevolezza del consumatore). Questo preludio al concetto di “merito creditizio” sanzionato nella L.3/2012.
- Cass. Civ., Sez. I, 15/05/2019 n. 12964 – (Non menzionata, ma rilevante su esclusione debiti da illecito: confermò che i debiti per risarcimento danni da circolazione stradale non sono esdebitabili perché extracontrattuali, rifacendosi all’elenco art. 142 ult.co. L.F.).
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