Qual È La Differenza Tra Società Cancellata E Cessata

Hai una società che non opera più e ti stai chiedendo se sia meglio chiuderla o semplicemente cessarne l’attività? Ti sei imbattuto nei termini società cancellata e società cessata ma non ti è chiaro quale sia la vera differenza e cosa comportano dal punto di vista legale e fiscale?

Capire la differenza tra società cessata e cancellata è fondamentale per evitare errori che possono costare caro, ad esempio il mantenimento di obblighi fiscali, contabili o – peggio – la responsabilità per i debiti anche dopo la chiusura.

Cosa si intende per società cessata?

Una società è cessata quando ha interrotto l’attività economica. Non emette più fatture, non ha più dipendenti, non produce né vende. Ma attenzione: la società esiste ancora a tutti gli effetti. È iscritta al Registro Imprese, può essere accertata dal Fisco, e mantiene tutti gli obblighi civilistici e fiscali. In pratica, è solo “ferma”, ma non è chiusa.

E cosa vuol dire società cancellata?

Una società è cancellata quando è stata ufficialmente eliminata dal Registro delle Imprese, solitamente al termine di una procedura di liquidazione o di scioglimento. Solo con la cancellazione la società cessa di esistere anche giuridicamente, e non può più essere destinataria di atti, accertamenti o pignoramenti. Attenzione però: in certi casi, i soci o l’amministratore possono restare responsabili per i debiti.

Quindi qual è la vera differenza?

  • La cessazione riguarda l’attività, ma la società continua a esistere.
  • La cancellazione riguarda l’esistenza giuridica: la società non esiste più.

E proprio per questo, non basta “cessare” l’attività per essere al riparo da obblighi. Se vuoi chiudere tutto in modo corretto, serve procedere con la messa in liquidazione e la successiva cancellazione presso il Registro delle Imprese.

E se ci sono debiti? Si può cancellare comunque?

Sì, ma con attenzione. La cancellazione non cancella i debiti: i creditori, se ci sono ancora beni, possono agire contro i soci o l’amministratore entro 5 anni. Per questo motivo, se ci sono esposizioni rilevanti, è meglio farsi assistere da un avvocato, valutare una liquidazione controllata o una chiusura protetta, così da evitare future responsabilità personali.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, liquidazione e responsabilità post-chiusura – ti spiega la differenza tra società cessata e cancellata, cosa comporta ogni scelta e come possiamo aiutarti a chiudere la tua attività in modo sicuro, legale e senza rischi.

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Introduzione

Una società cancellata dal Registro delle imprese è un soggetto formalmente estinto: alla cancellazione (prevista dall’art. 2495 c.c. per le società di capitali, con procedura analoga per le società di persone) coincide l’estinzione giuridica dell’ente. Con la cancellazione si chiude irreversibilmente la personalità giuridica della società. La locuzione società cessata viene spesso usata in senso lato, indicando una società che ha concluso la propria attività e in genere è ormai inattiva; in contesti specifici (fiscale, fallimentare, responsabilità) può avere sfumature diverse. In questa guida, si parlerà di “società cessata” riferendosi soprattutto al momento dell’operatività definitivamente interrotta (es. fine della liquidazione e distribuzione finale), mentre “società cancellata” indica la rimozione dal Registro (momento di estinzione formale). Entrambi i casi implicano l’estinzione della società, ma determinano conseguenze pratiche e giuridiche talvolta differenti, specie rispetto a obblighi fiscali, fallimentari e di responsabilità.

A titolo esemplificativo, si può dire che ogni società cancellata è, di fatto, anche cessata, ma non necessariamente ogni società cessata sia già stata cancellata (soprattutto se non si è formalmente provveduto). Negli approfondimenti seguenti si distinguono questi aspetti a seconda delle società di capitali (es. S.r.l., S.p.A.) o società di persone (es. S.n.c., S.a.s.), con particolare riguardo a profili civilistici, fiscali, fallimentari e di responsabilità penale del legale rappresentante.

Contesto normativo e quadro generale

  • Norme civili (art. 2495 c.c. ecc.) – Il Codice civile regola lo scioglimento e la liquidazione delle società. L’art. 2495 c.c. stabilisce che, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione e decorso il periodo legale, il Registro delle imprese cancella la società, che si estingue. La cancellazione ha effetto costitutivo di estinzione: a partire da tale data l’ente non esiste più e non può agire in giudizio. Tuttavia, i rapporti giuridici ancora pendenti (crediti e debiti) sopravvivono come una sorta di successione “sui generis”: i creditori sociali, infatti, possono far valere i crediti nei confronti dei soci (e, se il loro mancato pagamento dipende da colpa, anche dei liquidatori) fino a concorrenza delle somme incassate da ciascun socio nel riparto finale. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato che la cancellazione determina comunque l’estinzione anche in presenza di debiti residui: i creditori insoddisfatti diventano, di fatto, creditori dei soci (sui generis successori) o, in caso di condotta colposa, perseguono i liquidatori. La società estinta non può però proseguire giudizi preesistenti (causa interruttiva del processo al momento della cancellazione).
  • Norme fiscali (D.Lgs. 175/2014, TUIR, ecc.) – Dal punto di vista tributario, una società estinta viene considerata “ancora esistente” per un periodo limitato. L’art. 28, comma 4, D.Lgs. 175/2014 (entrato in vigore 13/12/2014) stabilisce che, ai soli fini fiscali, l’estinzione giuridica si compie non immediatamente alla cancellazione, ma trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione. Ciò significa che l’Amministrazione finanziaria può notificare avvisi di accertamento, cartelle esattoriali e altri atti tributari alla società (estinta civilisticamente) entro 5 anni dall’iscrizione a ruolo, indirizzandoli al domicilio fiscale (in realtà al liquidatore). In sostanza, per 5 anni la società “cessata” conserva vita ai fini fiscali, per permettere il completamento delle verifiche e riscossioni in corso prima della chiusura. Trascorsi 5 anni dalla cancellazione, l’estinzione dell’ente è completa anche ai fini tributari.
  • Norme fallimentari (Legge Fallimentare art. 10 e succ.) – La legge fallimentare consente di dichiarare fallite le imprese entro un anno dalla cancellazione dal Registro (art. 10 L.F.). In particolare, si può accertare il fallimento se l’insolvenza s’è manifestata prima o entro un anno dalla cancellazione. Ciò significa che, per 12 mesi dalla cancellazione, i creditori possono ottenere la dichiarazione di fallimento anche se l’impresa è formalmente estinta, e la procedura si svolge fictio juris come se la società esistesse ancora. In tal caso la capacità processuale è mantenuta in capo al soggetto estinto e il procedimento si svolge con rappresentanza da parte dell’ultimo legale rappresentante o liquidatore. Dopo un anno dalla cancellazione, l’impresa non è più fallibile.
  • Norme penali e 231/2001 – Sul piano penale, la cancellazione della società produce effetti particolari solo sulla responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001. La Cassazione penale (Sez. VI) ha recentemente affermato che la cancellazione dell’ente estingue la responsabilità amministrativa-penale (231/2001) della persona giuridica: l’illecito commesso dall’ente cessa con la cancellazione (equivalente “morte del reo”) e il procedimento viene interrotto. Diversamente, la responsabilità personale del legale rappresentante (o liquidatore) per reati propri continua ad esistere, poiché le condotte penalmente rilevanti (es. frode fiscale, bancarotta, false comunicazioni) non si estinguono con l’ente.

Società di capitali (S.r.l., S.p.A., ecc.)

1. Scioglimento e liquidazione

Le società di capitali si sciolgono nelle cause previste dallo statuto o dal codice (es. raggiungimento scopo, scadenza termine, etc.). Gli amministratori nominano uno o più liquidatori che curano la liquidazione: svolgono l’inventario, incassano crediti e pagano debiti, redigono il bilancio finale e proporzionano l’attivo residuo fra i soci. Solo dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e l’avvenuta cancellazione dal Registro l’ente cessa di esistere giuridicamente. Fino a questo momento la società rimane formalmente operativa e i poteri restano al liquidatore (o all’amministratore in mancanza).

Tempistiche chiave: dall’approvazione del bilancio finale si depositano gli atti (art. 2495 c.c.) e, decorsi 90 giorni senza reclami, il Registro procede alla cancellazione. La società si estingue automaticamente con tale cancellazione, salvo che nell’ultimo anno vi sia per i creditori la possibilità di richiedere fallimento (art. 10 L.F.).

2. Effetti della cancellazione: estinzione e responsabilità

Alla cancellazione la società di capitali si estingue definitivamente. Come detto, l’effetto estintivo è immediato civilisticamente. In questa fase i rapporti pendenti diventano successori “pro quota” sui soci. In particolare:

  • Responsabilità dei soci – I soci rispondono dei debiti sociali non estinti entro i limiti delle somme che hanno effettivamente percepito in liquidazione. Nelle S.r.l. e S.p.A. la responsabilità è limitata alla quota di liquidazione ricevuta; nelle S.n.c. e S.a.s. (parte accomandataria) è illimitata e solidale. La Cassazione ha chiarito che, per ogni obbligazione sociale rimasta insoddisfatta, i soci subentrano illimitatamente o limitatamente in base alla responsabilità societaria. In pratica, i creditori sociali (es. fornitori, enti previdenziali) possono agire esecutivamente sugli ex soci come se fossero successori: se un socio ha ricevuto €X, potrà essere escusso fino a €X (per i debiti tributari, fino all’importo incassato), mentre in S.n.c. il socio risponde per l’intero debito.
  • Responsabilità dei liquidatori – Il liquidatore risponde di eventuali colpe nella gestione della liquidazione, come la violazione della par condicio creditorum (ossia favorire indebitamente alcuni creditori a scapito di altri) o l’occultamento di beni. In caso di distrazione o preferenza indebita, il liquidatore può essere perseguito anche penalmente per bancarotta o reati analoghi. Civilisticamente, l’art. 2495 c.c. prevede che se il mancato pagamento dei crediti sociali è dipeso da colpa del liquidatore, i creditori possono agire contro di lui. Ad esempio, la Cassazione (sent. 11304/2020) considera il rispetto dell’ordine di prelazione dei creditori criterio fondamentale di correttezza: se violato, si configura responsabilità del liquidatore verso la società e i creditori.
  • Effetti su contenzioso – Dopo l’estinzione la società non può più stare in giudizio attivamente o passivamente. Se vi sono giudizi in corso alla cancellazione, si interrompono e proseguono (se necessario) con i soci o il liquidatore, come se la società fosse “successore universale”. In caso di fallimento entro 1 anno, la capacità processuale fittizia è mantenuta per l’intera procedura, con rappresentanza del liquidatore.

3. Profili fiscali e notifica atti tributari

Dopo l’estinzione, la società di capitali conserva una vita residua fiscale per 5 anni (art. 28 c.4 D.Lgs. 175/2014). Ciò ha diversi risvolti:

  • Notifica degli atti tributari – L’Agenzia delle Entrate, se deve emettere avvisi di accertamento o altri atti, li indirizza alla società estinta (c/o domicilio fiscale all’epoca della cancellazione) e al suo ultimo legale rappresentante (liquidatore). La Cassazione conferma che in questo periodo i poteri di rappresentanza restano al liquidatore: gli atti intestati alla società estinta sono validi se notificati al liquidatore (non a un socio generico). In pratica, l’estinzione è “sospesa” per i tributi: l’atto fatto giungere all’ultimo domicilio dell’ente estinto è efficace purché diretto al rappresentante legale (o liquidatore). Un’ordinanza conferma che una notificazione indirizzata per errore ad un erede del liquidatore deceduto era illegittima. Se il liquidatore muore, occorre nominare un nuovo rappresentante (non subentrano automaticamente gli eredi).
  • Obblighi dichiarativi post-cancellazione – Fino all’avvenuta cancellazione, la società in liquidazione rimane tenuta a presentare le dichiarazioni fiscali (IRES, IRAP, IVA) per gli anni di liquidazione. Dopodiché, nei 5 anni successivi la società estinta non presenta più dichiarazioni, ma le imposte accertate in quel quinquennio devono essere evase dai soci (vedi punto successivo). La Cassazione 21981/2024 ricorda che l’istituto dell’“ultrattività” fiscale di 5 anni disapplica in parte l’art. 2495 c.c. e «i crediti tributari devono essere fatti valere con atti impositivi notificati… nei confronti dell’ultimo legale rappresentante».
  • Sanzioni tributarie – L’accertamento tributario (con imposte, sanzioni e interessi) emesso alla società estinta può legittimamente essere convertito in riscossione verso i soci. Tuttavia, la naturale responsabilità patrimoniale per le sanzioni è stata a lungo dibattuta: fino al 2023 prevaleva l’orientamento secondo cui le sanzioni amministrative non si trasferiscono ai soci perché personali alla società. Cassazione 29112/2021 stabiliva che i soci non rispondono delle sanzioni tributarie “in modo automatico”. Più di recente, la Suprema Corte ha mutato orientamento: con l’ordinanza 23341/2024 la Cassazione ha affermato che anche le sanzioni possono essere riscosse dai soci nei limiti dell’utile beneficiato. In particolare, i soci rispondono delle sanzioni entro il valore dell’attivo distribuito: l’obiettivo è evitare che chi ha fruito del profitto illecito resti impunito. In sintesi, oggi si ritiene che i soci possano dover pagare anche le sanzioni, proporzionalmente al vantaggio ottenuto dalla violazione fiscale. Rimane comunque possibile per il socio contestare in giudizio di non essere responsabile per intero, evidenziando l’effettivo utile percepito.

In conclusione per le società di capitali estinte: il Fisco può recuperare imposte non pagate principalmente dagli ex soci (entro i limiti della liquidazione). I soci non sono automaticamente coobbligati per le sanzioni (ma, secondo Cass. 2024, sono responsabili entro l’utile). I liquidatori o amministratori restano esonerati salvo casi di dolo/colpa grave nella liquidazione (frode su attivo).

Società di persone (S.n.c., S.a.s., società semplice, ecc.)

1. Scioglimento e cessazione

Nelle società di persone lo scioglimento avviene analogamente (scadenza, recesso, morte, revoca dell’iscrizione all’Albo, ecc.). Dal punto di vista civilistico, una volta estinti gli scopi e liquidati i patrimoni, la cancellazione dal Registro (che dal 2018 è obbligatoria anche per le s.n.c./S.a.s. di fatto) produce l’estinzione della società. Nel caso delle società di persone il concetto di “società cessata” spesso coincide con “società estinta”: dopo lo scioglimento e la cancellazione, i vincoli tra soci e terzi rimangono analoghi a quelli delle capitali, con la differenza che i soci rispondono illimitatamente e in solido durante la vita sociale per le obbligazioni sociali (artt. 2291, 2313 c.c.), e quindi continuano a rispondere anche dopo l’estinzione.

2. Effetti della cancellazione ed estinzione

  • Estinzione e debiti residui – Anche nelle persone la cancellazione estingue la società: cessano l’esistenza giuridica e gli organi (assemblea, amministrazione). I debiti non eseguiti (es. fornitori, tributi) non si estinguono per mero effetto del termine, ma i creditori possono agire contro i soci come prima (solidarmente). Nel modello delle persone, infatti, poiché i soci rispondevano già in vita, l’estinzione non cambia molto la dinamica: i creditori ordinari esercitano azione esecutiva direttamente sul patrimonio personale dei soci (entro i limiti consentiti dalla legge). Se la società aveva un patrimonio proprio, una volta estinto i soci subentrano «pro quota sui residui» ma rispondendo illimitatamente (a differenza delle capitali). In ogni caso la società estinta non può più intervenire nei giudizi; eventuali cause in corso sono interrotte e può seguirle la successione sui soci.
  • Sopravvivenza fiscale – L’art. 28 c.4 D.Lgs. 175/2014 si applica anche alle società di persone. Quindi anche queste godono di sopravvivenza fiscale quinquennale: fino a 5 anni dopo la cancellazione gli atti tributari si notificano alla società estinta (cioè ai soci). L’Agenzia deve comunque rispettare le regole ordinarie: l’avviso va intestato alla società e notificato (di norma) all’ultimo legale rappresentante (che nelle snc è un socio accomandatario o tutti i soci). Un vecchio orientamento tributario sottolinea che, benché cessata, la società si considera ancora esistente ai fini fiscali per 5 anni. Ciò significa che l’avviso di accertamento deve essere rivolto alla società, anche se poi la notifica può essere effettuata presso il domicilio fiscale dei soci/liquidatori.
  • Responsabilità tributaria dei soci – Trattandosi di persone fisiche, i soci di s.n.c./S.a.s. erano già coobbligati per legge durante la vita della società. Dopo l’estinzione, essi restano comunque tenuti al pagamento delle imposte sociali ineseguite (ad esempio, se l’Agenzia accerta somme non versate) e possono essere escussi in solido. Non si pongono quindi particolari problemi di “trasmissione” delle sanzioni: ogni socio risponde come prima, illimitatamente. Con la nuova giurisprudenza (Cass. 23341/2024) anche per le persone i soci rispondono delle sanzioni fiscali nei limiti degli utili beneficiati, in linea di massima come nelle società di capitali.

In sintesi, per le società di persone estinte l’effetto principale è la continuazione sostanziale dei rapporti tributari e creditori sui soci in precedenza illimitatamente responsabili. Non vi è separazione patrimoniale: i creditori sociali agiscono semplicemente contro il patrimonio personale dei soci, come avviene in vita. La cancellazione non libera i soci dai debiti sociali, ma piuttosto ne formalizza il subentro ex lege.

Profili fiscali approfonditi

  • Sopravvivenza fiscale e notifiche – Come visto, il legislatore (mediante art. 28, c.4 D.Lgs. 175/2014) ha introdotto una forma di “ultrattività” fiscale: per 5 anni dopo la cancellazione del Registro la società estinta resta destinataria degli atti tributari. In base alle norme vigenti, questi atti (accertamento, contenzioso, riscossione) vanno notificati alla società (anche se legalmente estinta), al domicilio legale ultimo noto, ovvero direttamente all’ultimo liquidatore o legale rappresentante. In applicazione di tale principio, la Cassazione ha ribadito che in questo periodo il liquidatore conserva i poteri di rappresentanza della società estinta e gli uffici finanziari devono rivolgersi a lui. Al termine dei 5 anni, la società non può più ricevere nuovi atti (per effetto dell’estinzione definitiva). La Corte Costituzionale (sent. 142/2020) ha dichiarato legittima questa disciplina, ritenendo lo scopo di permettere il recupero fiscale come legittima integrazione degli effetti civilistici della cancellazione.
  • Notificazione agli eredi/liquidatori – Se il legale rappresentante o liquidatore muore durante il quinquennio, gli eredi non acquisiscono automaticamente alcun potere di rappresentanza fiscale. La Cassazione ha sottolineato che in tali casi l’avviso deve essere notificato alla sede fiscale della società (in quanto entità), o occorre nominare un nuovo liquidatore, poiché alla morte del rappresentante non subentra alcun erede nel suo ruolo. Gli eredi di un socio o liquidatore defunto, infatti, non possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali (né tributarie) per una ragione di mera successione mortis causa.
  • Contenzioso tributario – Se un’accertamento notificato alla società estinta viene impugnato, l’azione di impugnativa proseguirà nei confronti dei soci come “successori” dell’ente estinto (Cass. 31286/2024). Nei giudizi tributari, dunque, l’esecutività delle cartelle può estendersi agli ex soci nella misura di loro competenza. La Cassazione ha statuito (sent. 31286/2024) che non serve emettere nuovi atti di accertamento intestati ai soci: la cartella a nome della società estinta, notificata agli ex soci (collettivamente o singolarmente) è valida. I soci subentrano nelle stesse obbligazioni inadempiute e rispondono illimitatamente o fino alla quota percepita. Ciò semplifica il contenzioso: se la società ha già litigato in primo grado con l’Agenzia, i soci subentrano nel giudizio di appello come successori, senza dover aprire nuovi processi, purché abbiano avuto formale notifica dell’atto tributario.
  • Sanzioni e responsabili tributari – Come accennato, la giurisprudenza precedente aveva escluso la trasmissione automatica delle sanzioni amministrative ai soci. Ad esempio Cass. 29112/2021 riteneva che “gli ex soci non rispondono delle sanzioni tributarie comminate alla società in modo automatico”. Ora, con l’orientamento Cass. 23341/2024, si ammette la corresponsione delle sanzioni fin dove i soci hanno tratto vantaggio dall’evasione. L’Agenzia può dunque pretendere dagli ex soci una parte delle sanzioni, purché dimostri l’effettivo beneficio fiscale realizzato. In pratica la questione è lasciata al giudizio di merito e all’eventuale fase esecutiva, dove i soci potranno opporsi dimostrando di non aver percepito alcun utile clandestino.
  • Adempimenti fiscali finali – Prima della cancellazione, la società deve adempiere agli obblighi dichiarativi finali: presentare le dichiarazioni (redditi, IVA, ecc.) relative all’ultimo esercizio/liquidazione e depositare il bilancio finale di liquidazione entro i termini civili (ultimo giorno del 9° mese dopo la chiusura). La riforma del 2024 (D.Lgs. 192/2024) ha modificato in parte la tassazione in liquidazione, ma non altera i principi di responsabilità post-cancellazione discussi. In ogni caso, qualsiasi imposta scoperta dopo la cancellazione dovrà essere richiesta o aggredita nei confronti dei soci nell’ambito dei 5 anni di sopravvivenza fiscale.

Profili fallimentari e concorsuali

  • Fallimento entro un anno – Come detto, l’art. 10 L.F. consente la dichiarazione di fallimento della società cancellata entro un anno dalla cancellazione, se la crisi si è manifestata entro lo stesso periodo. Questo vale sia per le società di capitali sia per gli imprenditori collettivi (quindi le società di persone commerciali). Dopo un anno, l’ente estinto non è più dichiarabile fallito. La Cassazione (sent. 3457/2023) ha chiarito che, avviata la procedura fallimentare entro i termini, la società estinta mantiene capacità processuale fittizia: gli atti successivi (p.es. reclamo in Cassazione) devono essere fatti dal legale rappresentante nominato al momento della cancellazione, non dagli ex soci. In sostanza, i procedimenti (prefallimentare e fallimentare) proseguono “come se” la società esistesse, con il liquidatore (o l’ultimo amministratore) che agisce in nome e per conto del fallito estinto.
  • Rappresentanza in concorso – In caso di fallimento dopo la cancellazione, la Cassazione ha sottolineato che l’unico soggetto legittimato a rappresentare la società (e ad impugnare le decisioni) è il legale rappresentante della società cancellata (tipicamente il liquidatore). Gli ex soci, anche se illimitatamente responsabili, non hanno potere di sostituirsi alla società nella procedura fallimentare (non sono “successori processuali”). Pertanto, in ogni fase concorsuale la società fallita estinta è rappresentata dal suo legale rappresentante dell’epoca.
  • Effetti sui piani concordatari – Se entro l’anno dal termine la società estinta ottiene un concordato preventivo, i soci successori non rientrano nel piano (non essendo più parte). Tuttavia, gli effetti del concordato (esdebitazione, estinzione dei debiti ammessi) operano nei confronti dei soggetti obbligati (il “debitori” societari ovvero i soci). In altri termini, l’accordo vincolerà gli ex soci che risultino obbligati per i debiti ammessi al piano, nei limiti del loro passivo nella liquidazione.

Responsabilità penale del legale rappresentante (e liquidatore)

La cancellazione societaria influisce direttamente solo sulla responsabilità degli enti (231), non su quella personale dei dirigenti. Il legale rappresentante o liquidatore può comunque essere imputato per reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni, indipendentemente dalla sorte societaria. Tra i reati più rilevanti rientrano:

  • Reati fiscali (D.Lgs. 74/2000): frode fiscale, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento IVA, omessa dichiarazione, ecc. Se tali reati sono commessi fino alla cancellazione, il rappresentante ne risponde come imputato. La chiusura della società non estingue la sua responsabilità personale; anzi, la cancellazione può essere vista come comportamento “di comodo” aggravante (come emerge da recenti pronunce penali, cfr. Cass. 25648/2024). In fase esecutiva, se irrogate sanzioni penali pecuniarie, la società estinta non può pagare (Cass. 23240/2022, non citata sopra), e quindi pende una sorte di credito erariale nei confronti dei soci, ma il reato rimane imprescrittibile e punibile verso i veri responsabili.
  • Reati fallimentari (artt. 216 e ss. L.F.): se la società fallisce (entro un anno), il liquidatore (o amministratore) può rispondere per bancarotta preferenziale, bancaria fraudolenta, occulazione di documenti contabili, mancata denuncia di fallimento, ecc. Anche qui, la cancellazione non elimina il reato: infatti, le Sezioni Unite hanno stabilito che nemmeno il fallimento della società estingue automaticamente l’illecito fallimentare (Cass. SU 6070/2013 cit. in [56]) e, per analogia, si ritiene che la mera cancellazione non annulli la responsabilità penale**. In sintesi, se il liquidatore ha distratto fondi o favorito alcuni creditori nella liquidazione, risponderà penalmente come avrebbe fatto in un fallimento tradizionale.
  • False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.): per società quotate o controllate, il rappresentante rischia condanne penali se falsifica il bilancio finale di liquidazione o occulta informazioni. Se ciò avviene prima della cancellazione, il reato è perfezionato e punibile anche dopo. La cancellazione della società non annulla reati di false comunicazioni già commessi.
  • Altri reati: appropriazione indebita (ad esempio indebito utilizzo di beni sociali distribuiti irregolarmente), peculato (da parte di responsabili pubblici eventualmente legati alla società), ecc., qualora sussistano gli elementi, rimangono perseguibili. Ad esempio, se il liquidatore non versa imposte trattenute a terzi, può rispondere di appropriazione indebita o omesso versamento IVA.
  • Responsabilità da enti (231/2001) – Come ricordato, la Cassazione penale sez. VI (13/02/2024, n. 25648) ha escluso la continuazione automatica della responsabilità 231 della società dopo la cancellazione: in sostanza, la persona giuridica non può più essere sanzionata a norma di legge 231 una volta cancellata. Ciò non influenza però la responsabilità personale (eventuale) del rappresentante per gli stessi fatti. Se il reato presupposto avviene prima della cancellazione, i reati finisco con l’ente: la pena pecuniaria per l’ente viene estinta, ma i funzionari rimangono imputati per i reati comuni.

In conclusione, la cancellazione societaria non salva da pene penali: il legale rappresentante è perseguibile per ogni reato da lui commesso in carica. La chiusura della società, anzi, mette in evidenza i suoi comportamenti finali. Tuttavia, sul piano sanzionatorio l’ente estinto non sopravvive come soggetto giuridico, mentre il suo patrimonio (e i soci) possono essere coinvolti solo nei limiti civilistici già visti.

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Cosa significa “società cancellata” e cosa implica per i debiti?
    R: Una società cancellata dal Registro è formalmente estinta (art. 2495 c.c. per le s.r.l./s.p.a.). Ciò vuol dire che, civilisticamente, l’ente non esiste più e la sua capacità processuale è terminata. Tuttavia i debiti non si “spengono”: i creditori possono rivolgersi ai soci in proporzione alle somme che questi hanno percepito in liquidazione. In particolare, nel caso di società di capitali i soci rispondono fino all’attivo distribuito; nelle società di persone rispondono come prima, illimitatamente e in solido.
  • D: Cosa vuol dire “società cessata”?
    R: Il termine “società cessata” viene usato per indicare una società che ha cessato ogni attività (tipicamente dopo liquidazione) e non opera più; è un termine generico e non normato. In pratica, si parla di società cessata quando la società ha finito di esistere operativamente. Spesso coincide con la cancellazione dal Registro: dopo lo scioglimento e la liquidazione si dovrebbe richiedere la cancellazione. Quindi normalmente “cessata” = “estinta civilisticamente”, termine usato soprattutto in contesti fiscali (sopravvivenza per 5 anni). Non è un diverso regime giuridico, ma piuttosto uno stato di fatto (società non più operativa).
  • D: I soci di una società cancellata rispondono dei debiti fiscali della società?
    R: Sì, ma con i limiti prescritti dalla legge. Per tributi e sanzioni, i soci subentrano alle obbligazioni della società in base al proprio “frutto” nella liquidazione. In una S.r.l., ad esempio, se un socio ha percepito 20.000€ di attivo, potrà essere escusso sino a 20.000€ di imposte inevase. In una S.n.c. un socio risponde solidalmente per l’intero debito (salvo imputare pro quota tra soci solidali). Le sanzioni amministrative non sono a carico automatico dei soci, a meno che non si dimostri un vantaggio illecito: recente giurisprudenza consente di imputare ai soci le sanzioni in proporzione al beneficio fiscale ottenuto.
  • D: Cosa succede se un socio o liquidatore muore dopo la cancellazione?
    R: Se muore il liquidatore entro i 5 anni di “sopravvivenza fiscale”, gli atti tributari indirizzati alla società estinta devono comunque essere notificati all’ente (società) – di fatto al suo domicilio fiscale – o a un nuovo liquidatore. Gli eredi non subentrano nella carica del de cuius. La Cassazione ha spiegato che alla morte del rappresentante non deriva successione degli eredi nel ruolo: occorre nominare un nuovo liquidatore. Quindi gli eredi non rispondono dei debiti della società (salvo che non siano soci).
  • D: Il legale rappresentante di una società cancellata può subire un procedimento penale?
    R: Sì, assolutamente. La cancellazione non protegge il rappresentante dalle responsabilità penali per reati commessi prima dell’estinzione. Se ad esempio ha commesso evasione fiscale, bancarotta o false comunicazioni, sarà processato come se la società fosse ancora esistente. Anzi, la cancellazione può aggravare la posizione se si dimostra “distruttiva” (sent. Cass. 25648/2024). Invece la società in quanto ente non può essere sanzionata dopo la cancellazione (Cass. 2024 su 231/2001), ma questo non influisce sul procedimento penale per gli individui.
  • D: Quali documenti vanno depositati al momento della cancellazione?
    R: Per le società di capitali, occorre depositare al Registro il bilancio finale di liquidazione approvato dall’assemblea, la relazione dei liquidatori e l’elenco aggiornato dei soci. Dopo 90 giorni senza reclami, il Conservatore procede alla cancellazione. Anche per le società di persone (s.n.c., S.a.s.) si deposita il bilancio finale e gli estremi dell’assemblea risolutiva. Contestualmente, va comunicata la cessazione all’Agenzia Entrate (mod. AA9/12) per chiudere la partita IVA.
  • D: Una società cancellata può essere dichiarata fallita dopo un anno?
    R: No. Il termine di un anno dalla cancellazione è perentorio: trascorso, la società è irreversibilmente “fuori mercato” e non è più dichiarabile fallita. Solo entro l’anno successivo alla cancellazione, se ci sono elementi di insolvenza anteriore alla cancellazione o intervenuta entro l’anno, si può richiedere fallimento. Oltre tale termine, i creditori possono eventualmente agire solo sui singoli soci.

Casi pratici ed esempi simulati

  1. Società di capitali in liquidazione: Alfa S.r.l. si scioglie a fine 2023. Dopo pagamenti e crediti incassati, il liquidatore distribuisce €50.000 (€25.000 a socio A e B) e poi deposita il bilancio finale. La società viene cancellata a metà 2024. Nel 2025 l’Agenzia accerta €30.000 di imposte IRES non versate nel 2019 più sanzioni €9.000. L’atto di accertamento viene notificato alla società estinta presso il liquidatore (entro 5 anni, valido) e analoga cartella notificata individualmente ai due soci, chiedendo €15.000 ciascuno (in solido fino a €25.000). In questo caso i soci sono responsabili per gli €15.000 di imposte (poiché hanno ricevuto €25.000 ciascuno). Per le sanzioni, secondo Cass. 2024 possono essere imputate proporzionalmente (€4.500 a socio), e i soci impugneranno anche queste. Il liquidatore, non avendo occultato attivi né violato la par condicio, non viene coinvolto penalmente.
  2. Società di persone estinta: Beta & Co. S.n.c. (soci in solido) si scioglie e liquidatore chiude i conti e deposita bilancio nel 2022. I soci percepiscono tutto l’attivo, e la società viene cancellata. Nel 2023 emergono accertamenti IRPEF 2018 per €20.000 non pagati. L’Agenzia invia cartella con sollecito ai soci (corrispondenza alla società estinta tramite i soci stessi). I soci rispondono solidalmente, dovendo pagare complessivamente €20.000 (ad ogni modo superiore al loro attivo percepito, qui nullo). Se la cartella richiedesse sanzioni, esse ricadrebbero sui soci nell’intero importo, essendo responsabili illimitatamente, salvo dimostrazione contraria.
  3. Fallimento dopo cancellazione: Gamma S.r.l. presenta istanza di fallimento nell’aprile 2024 (cancellata nel marzo 2023, quindi entro 1 anno). Il Tribunale dichiara il fallimento. Nell’eventuale reclamo in Cassazione viene stabilito che il liquidatore dell’epoca è il solo legittimato a impugnare. Gli ex soci non hanno potuto intervenire autonomamente nel reclamo. La procedura concorsuale prosegue con la fittizia presenza di Gamma S.r.l. (società cancellata), rappresentata dal liquidatore come “fallito”.

Tabelle riepilogative

AspettoSocietà di capitali cancellataSocietà di persone cancellata
Stato giuridicoEstinta dal momento della cancellazioneEstinta con cancellazione (analogamente)
Responsabilità sociLimitata alle somme liquidateIllimitata e solidale (come in vita)
Responsabilità liquidatoreColposo verso creditori (art.2495 c.2); penale se distrazione/preferenzeStessi doveri di diligenza (art. 2313 c.c.), penale per bancarotta se fallimento
Sopravvivenza fiscale5 anni dall’iscrizione a ruolo (art.28 c.4 D.Lgs.175/2014)Idem (art.28 c.4 D.Lgs.175/2014)
Notifiche tributarieAlla società estinta/liquidatore (valide fino a 5 anni)Stessa regola (atto al legale rappr. della società estinta)
Responsabilità sanzioniNon automatiche (orientamento 2021); oggi parziale (fino ad attivo ricevuto)I soci rispondono per intero (illimitati), sanzioni imputabili in misura degli utili
FallimentoDichiarabile entro 1 anno; procedura fittizia (leg.repr. del tempo)Stessa disciplina art.10 L.F.; soci tenuti, rappresentanza come sopra
Reati 231/2001Si estinguono con la cancellazione (Cass. 2024)Idem – la persona giuridica non è più punibile dopo estinzione

Schemi di atti e documenti utili

  • Delibera di approvazione bilancio finale di liquidazione: occorre specificare i residui di attivo/passivo, la destinazione dell’utile o la copertura delle perdite.
  • Nota di deposito al Registro Imprese: lettera al Conservatore con allegati il bilancio finale, verbale di approvazione e domanda di cancellazione (ai sensi dell’art. 2495 c.c.).
  • Istanza di fallimento (art.10 L.F.): ricorso motivato dal creditore o dal PM entro 1 anno dalla cancellazione, indicando gli elementi di insolvenza risalenti al periodo di operatività.
  • Ricorso tributario: modello di ricorso in sede tributaria (CTP o CTR) contro avvisi notificati alla società estinta, con indicazione della partecipazione del socio o liquidatore come successore (Cass. 31286/2024).
  • Lettera di difesa liquidatore: in caso di contestazioni fiscali, schema di memoria difensiva in cui si sottolinea la legittimità delle notifiche a nome della società estinta e il mancato coinvolgimento del liquidatore senza prova di colpa.
  • Procura alle liti: atto con cui i soci conferiscono mandato al liquidatore (o ad avvocato) per la prosecuzione del contenzioso tributario iniziato dalla società, richiamando la posizione di successori.

Fonti

  • Cass. SS.UU. Civ., sent. 22 febb. 2010, nn. 4060-62; Cass. SS.UU. Civ., sent. 12 mar. 2013, nn. 6070-72.
  • Corte Costituzionale, sent. n.142/2020 (art. 28 comma 4 D.Lgs.175/2014).
  • Cass. Civ. Sez. U, sent. 12 mar. 2013, n.6070; Cass. Civ. Sez. V, sent. 5 ago. 2024, n.21981; Cass. Civ. ord. 20 ott. 2021, n.29112; Cass. Civ. ord. 29 ago. 2024, n.23341.
  • Cass. Pen. Sez. VI, sent. 13 febb. 2024, n.25648 (responsabilità 231 e cancellazione).
  • Cass. 3 febb. 2023, n.3457 (fallimento società cancellata e legale rappresentante).

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