Mutuo Non Pagato Da 5, 10, 15 Anni: Cosa Fare

Hai un vecchio mutuo che non paghi da 5, 10 o addirittura 15 anni? Ti stai chiedendo se quel debito è ancora valido, se rischi un pignoramento improvviso o se invece puoi liberartene definitivamente?

Quando un mutuo non viene pagato per così tanto tempo, è naturale sentirsi sotto pressione. Ma non è detto che la banca (o chi ha acquistato il credito) possa ancora pretendere il pagamento. Se non ci sono stati atti interruttivi validi negli anni, potresti essere tutelato dalla prescrizione.

Cosa significa?
Che se sono trascorsi più di 10 anni senza che sia stato notificato un atto formale (come un decreto ingiuntivo o un pignoramento), quel credito potrebbe essere prescritto. E questo vale anche se la banca ha ceduto il mutuo a una società di recupero crediti.

Ma attenzione: non basta il tempo che è passato. È fondamentale ricostruire la storia del mutuo, verificare se ci sono state comunicazioni ufficiali, solleciti con valore legale, o procedure giudiziarie avviate.

E se il mutuo è prescritto?
Puoi opporre la prescrizione e impedire qualunque richiesta di pagamento o azione esecutiva. Ma serve farlo nel modo giusto, con una difesa tempestiva e ben strutturata, altrimenti il rischio è di vedersi comunque aggredire il conto, lo stipendio o i beni.

E se invece il credito è ancora valido?
Hai comunque delle strade. È possibile valutare una trattativa a saldo e stralcio, oppure – nei casi più gravi – accedere a una procedura di sovraindebitamento per ridurre o cancellare i debiti, anche verso banche o finanziarie.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in mutui non pagati, crediti prescritti e difesa legale – ti spiega cosa fare se hai un mutuo fermo da anni, come capire se è prescritto, quali rischi corri e come possiamo aiutarti a uscire definitivamente da questa situazione.

Hai un vecchio mutuo che non riesci a pagare da anni e vuoi sapere se sei ancora obbligato a versare qualcosa?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione, verificheremo se il debito è ancora attivo o prescritto e ti accompagneremo passo dopo passo per difenderti, proteggere il tuo patrimonio e – se possibile – chiudere tutto, per sempre.

Introduzione

Il mancato pagamento prolungato di un mutuo ipotecario in Italia comporta conseguenze gravi sia per il debitore sia per i suoi beni. In questa guida giuridica avanzata esamineremo cosa succede e cosa fare dal punto di vista del debitore quando le rate del mutuo non vengono corrisposte da 5, 10 e 15 anni, analizzando le implicazioni legali a ogni stadio temporale. Verranno affrontati istituti chiave come la prescrizione del credito, le azioni esecutive di pignoramento e vendita all’asta, le possibili soluzioni (es. saldo e stralcio, rinegoziazione, surroga, estinzione anticipata), la tutela contro tassi usurari, le segnalazioni nelle centrali rischi, la responsabilità patrimoniale residua del debitore e gli strumenti delle procedure concorsuali per sovraindebitamento. Il tutto sarà riferito esclusivamente all’ordinamento italiano, con linguaggio tecnico ma accessibile, rivolto ad avvocati, imprenditori e privati informati.

Dal 2007 a oggi il quadro normativo è molto cambiato: sono state introdotte garanzie per i consumatori (ad esempio la soglia minima di 18 rate impagate prima di poter risolvere il mutuo), nonché strumenti di tutela come la clausola di trasferimento dell’immobile (il cosiddetto patto marciano) per evitare l’asta in caso di grave morosità. Inoltre, la giurisprudenza recente (fino al 2025) ha chiarito aspetti cruciali: dalla prescrizione decennale unica delle rate, alla possibilità di contestare la validità esecutiva di certi mutui atipici, fino alle soluzioni offerte dalle procedure di sovraindebitamento omologate dai tribunali.

Di seguito approfondiremo tutte queste questioni in modo sistematico. Verranno fornite tabelle riepilogative, esempi pratici con simulazioni numeriche, una sezione di FAQ – domande e risposte sulle questioni più frequenti, e infine un elenco completo delle fonti normative e giurisprudenziali citate.

Prescrizione del credito del mutuo e decorsi di 5, 10, 15 anni

Una delle prime domande da porsi, se il creditore (banca) non ha ancora agito, è se il decorso del tempo possa aver estinto il debito di mutuo per prescrizione. In materia di mutuo ipotecario la giurisprudenza ha chiarito che le rate non pagate non si prescrivono singolarmente in 5 anni come obbligazioni periodiche, bensì il mutuo configura un’obbligazione unitaria di restituzione: il debito complessivo si considera esigibile solo alla scadenza dell’ultima rata prevista. Ne consegue che il termine di prescrizione è uno solo, di durata decennale, e decorre dalla scadenza dell’ultima rata del piano di ammortamento (o dalla data di scadenza anticipata in caso di risoluzione del mutuo). Anche gli interessi inclusi nelle rate seguono le sorti del capitale: non si applica la prescrizione breve quinquennale di cui all’art. 2948 n.4 c.c., perché non si tratta di rateazioni autonome ma di frazioni di un debito unitario.

Dopo 5 anni di mancato pagamento: cinque anni di mora non sono sufficienti a estinguere per prescrizione il diritto della banca, dato che – salvo diversa durata contrattuale – la prescrizione ordinaria è decennale (art. 2946 c.c.). Tuttavia, entro 5 anni potrebbero prescriversi eventuali interessi moratori o spese non ancora cristallizzati in un titolo, se fossero considerati separatamente (anche se, come visto, la Cassazione tende a considerarli parte del debito unico). Trascorsi 5 anni senza pagamenti né atti interruttivi da parte della banca, il debitore potrebbe essere tentato di eccepire la prescrizione parziale di alcune rate; ma in generale, fintanto che il termine finale del mutuo non è giunto o il contratto non è risolto, la pretesa della banca rimane integra e può comprendere anche le rate scadute da oltre 5 anni. Dunque a 5 anni di inadempimento, il credito della banca è ancora azionabile (non prescritto), e di solito la banca si sarà già attivata (solleciti, messa in mora, possibile decadenza dal termine).

Dopo 10 anni di mancato pagamento: dieci anni rappresentano il termine ordinario di prescrizione per i diritti di credito (art. 2946 c.c.). Se per 10 anni il debitore non paga e la banca resta inerte, senza compiere atti interruttivi (ad es. una raccomandata di costituzione in mora, un decreto ingiuntivo, un atto di precetto ecc.), allora il credito derivante dal mutuo si prescrive. Ciò significa che il debitore ha acquisito una eccezione di prescrizione opponibile in giudizio per far dichiarare estinto il debito. In pratica, dopo 10 anni di assoluta inattività della banca dalla scadenza dell’ultima rata (o dalla risoluzione anticipata del mutuo), il debitore può rifiutare il pagamento e – qualora la banca agisca – chiedere al giudice di accertare l’intervenuta prescrizione del credito. Va evidenziato che spesso la banca, prima che trascorra un decennio, interrompe la prescrizione inviando una diffida o avviando un’azione legale: in tal caso il termine decennale ricomincia da capo dall’atto interruttivo (art. 2943 c.c.). Ad esempio, se la banca notifica un atto di precetto dopo 8 anni di silenzio, la prescrizione viene interrotta e il credito torna esigibile per altri 10 anni da quella notifica. In sintesi: a 10 anni di mancato pagamento, il debito può considerarsi prescritto solo in assenza di qualsiasi atto interruttivo nel frattempo; diversamente, il decorso riparte e la banca conserva i suoi diritti.

Dopo 15 anni di mancato pagamento: quindici anni di inadempimento vanno oltre il termine ordinario di prescrizione, per cui – salvo atti interruttivi – il debito sarebbe certamente prescritto già al decimo anno. Se però il mutuo originario aveva una durata superiore (es. 20 o 30 anni), può darsi che dopo 15 anni non sia ancora trascorsa la scadenza contrattuale finale: in tal caso, secondo l’impostazione unitaria, il termine di prescrizione non è ancora iniziato a decorre (decorre dall’ultima rata contrattuale). Tuttavia, scenario più frequente è che la banca abbia risolto anticipatamente il mutuo per inadempimento già dopo pochi mesi di morosità: ciò fa sì che tutto il debito residuo sia divenuto esigibile immediatamente (decadenza dal beneficio del termine). In tale ipotesi, la prescrizione decennale decorre dalla data in cui la banca ha dichiarato la risoluzione e preteso il saldo. Dunque, 15 anni dopo la risoluzione del mutuo, anche il credito accelerato sarebbe prescritto (in assenza di atti interruttivi nel frattempo). Inoltre, va ricordato che l’ipoteca iscritta a garanzia del mutuo ha una durata ventennale (art. 2847 c.c.): dopo 20 anni dall’iscrizione (salvo rinnovo), l’ipoteca si estingue. Ciò significa che in circa 15-20 anni di inerzia, la banca rischierebbe non solo la prescrizione del credito, ma anche la decadenza della garanzia ipotecaria se non la rinnova. In pratica però, le banche non lasciano trascorrere tempi così lunghi senza agire: entro 1-2 anni di insolvenza in genere iniziano le azioni legali, interrompendo la prescrizione e portando il caso in sede giudiziale.

Effetti della prescrizione: se un credito da mutuo è divenuto prescritto, il debitore può sollevare tale eccezione per evitare il pignoramento o l’azione di riscossione. La prescrizione non cancella automaticamente l’ipoteca dai registri, ma rende impossibile per la banca farla valere in un’esecuzione forzata (l’ipoteca è accessoria a un credito non più esigibile). In caso di prescrizione maturata, il debitore può anche agire per far cancellare l’ipoteca presentando ricorso al tribunale, dimostrando l’estinzione del debito per decorso del termine. Si noti che un eventuale riconoscimento del debito da parte del mutuatario (anche implicito, come una richiesta di rinegoziazione o un pagamento parziale) potrebbe costituire rinuncia alla prescrizione o comunque un atto interruttivo: è fondamentale dunque, se si vuole opporre la prescrizione, non aver compiuto atti che la vanificano.

Ricapitolando in sintesi:

  • 5 anni di mancati pagamenti: il debito non è prescritto (prescrizione decennale); la banca con tutta probabilità avrà già inviato diffide o agito. Alcune rate isolate potrebbero superare il quinquennio, ma l’obbligazione di mutuo resta unica e in genere non soggetta a prescrizione parziale.
  • 10 anni di mancati pagamenti: è il termine chiave. Senza atti interruttivi, il debito è prescritto per intero (ex art. 2946 c.c.) e il debitore può far valere l’estinzione. Se però la banca ha compiuto atti entro i 10 anni, la prescrizione è stata interrotta e il credito è ancora dovuto.
  • 15 anni di mancati pagamenti: oltre il termine decennale, il credito sarebbe già prescritto (a meno di termini più lunghi contrattuali non ancora scaduti). In pratica, dopo 15 anni di morosità o c’è stata azione legale (quindi il contenzioso è in corso, l’asta forse già avvenuta, vedi oltre) oppure la banca ha perso il diritto a riscuotere. Da tenere presente anche la durata massima ventennale dell’ipoteca: a 15 anni siamo vicini alla scadenza della garanzia ipotecaria se non rinnovata.

Inadempimento del mutuo e decadenza dal beneficio del termine

Ancor prima di arrivare a considerare la prescrizione, il debitore in mora deve confrontarsi con le conseguenze immediate del suo inadempimento. Il contratto di mutuo, infatti, prevede generalmente il pagamento rateale mensile; il mancato pagamento di una o più rate fa scattare la mora del debitore (art. 1219 c.c.) e legittima la banca a chiedere l’adempimento. Tuttavia, la legge bancaria introduce una sorta di “tolleranza” prima di poter dichiarare il mutuatario decaduto dal beneficio del termine, ossia prima di poter esigere tutto il debito residuo in una soluzione unica.

Soglie di inadempimento: dalle 7 rate alle 18 rate

Fino al 2016 era sufficiente che il mutuatario ritardasse il pagamento (oltre 30 giorni dalla scadenza) di 7 rate, anche non consecutive, per legittimare la banca a risolvere il contratto (art. 40, comma 2, Testo Unico Bancario, D.Lgs. 385/1993). Il D.Lgs. 72/2016, che ha recepito la direttiva UE 2014/17/UE sui crediti immobiliari ai consumatori, ha innalzato tale soglia: dal 1° giugno 2016 l’inadempimento si configura con almeno 18 rate mensili non pagate (anche non consecutive). In altre parole, per i mutui stipulati dopo giugno 2016 (o adeguati a tale disciplina) la banca può dichiarare la risoluzione del mutuo solo se il cliente accumula un mancato pagamento equivalente a 18 rate. Per i mutui anteriore alla riforma, resta la regola delle 7 rate di ritardo (dove per “ritardo” si intende pagamento avvenuto tra 30 e 180 giorni dopo la scadenza). È importante notare che anche rate non consecutive contano ai fini del cumulo: ad esempio, 18 mensilità saltate in totale (anche intervallate da qualche pagamento) configurano comunque inadempimento rilevante. Inoltre, un ritardo superiore a 180 giorni su una singola rata è esso stesso causa di decadenza: se il debitore lascia passare 6 mesi interi senza pagare una rata, la banca acquisisce facoltà immediata di risolvere il contratto per grave inadempimento.

In pratica, cosa succede se saltate le rate? Dopo una rata non pagata oltre i 30 giorni di tolleranza, il cliente viene costituito in mora automaticamente, maturano interessi moratori e la banca inizia i solleciti (telefonate, lettere). Con tre o sei rate consecutive non pagate, non scatta ancora automaticamente la decadenza (specie sotto la nuova soglia delle 18), ma la situazione diventa critica: la banca intensifica le azioni di recupero e potrebbe segnalare il cliente come “creditizia a sofferenza” nelle banche dati. Una volta raggiunti i 18 mancati pagamenti (oppure i 7 ritardi se si applica la vecchia soglia contrattuale), la banca può risolvere il contratto e richiedere l’immediato pagamento del capitale residuo. Attenzione: ciò non significa che la banca debba aspettare di accumulare 18 rate impagate. Spesso, come prassi, l’istituto sollecita più volte il pagamento e cerca di ottenere un rientro bonario; ma se vede che il debitore non regolarizza, non è tenuto ad aspettare oltre la soglia: può invocare la clausola risolutiva non appena la legge e il contratto lo consentono. Con la disciplina attuale, quindi, un mutuatario in difficoltà ha teoricamente fino a un anno e mezzo di tempo (18 mesi) prima che la banca possa pretendere tutto, ma è altamente sconsigliabile sfruttare questo limite in modo passivo: i ritardi rimangono segnalati e gli interessi di mora fanno crescere il debito.

Esempio temporale: supponiamo un mutuo mensile; se dal gennaio 2023 il debitore smette di pagare, la banca dopo i primi solleciti potrebbe attendere accumulando ritardi. Con l’ottica pre-2016, già a luglio 2023 (7 rate in ritardo oltre 30 giorni) avrebbe potuto risolvere. Con l’ottica post-2016, attenderà fino a giugno 2024 (18 rate impagate) per avere titolo di risoluzione ex lege. In pratica, però, difficilmente le banche aspettano che trascorrano effettivi 18 mesi di mancato pagamento continuativo: spesso si muovono prima presentando istanze di sollecito o accordi temporanei; se il debitore versa ogni tanto qualche rata, la soglia di 18 rate non si raggiunge mai formalmente, ma la situazione rimane di insolvenza cronica. Alcuni debitori ingenui pensano di poter “giocare” sotto la soglia (es. pagando ogni tanto per non accumulare 7 o 18 ritardi): attenzione, questa tattica non garantisce immunità. Infatti, pagare con ritardo sistematico può comunque portare alla risoluzione: basta che ogni nuova rata scada mentre c’è ancora un arretrato di 6 mesi su una precedente, per configurare la grave morosità. In sostanza, la banca può considerare il contratto risolto anche se il debitore paga alcune rate ma rimane costantemente indietro su altre, raggiungendo la soglia di ritardi tollerati.

Dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine

Quando la banca decide di risolvere il mutuo per inadempimento, invia al debitore una comunicazione formale (spesso via raccomandata o PEC) con cui dichiara il mutuatario decaduto dal beneficio del termine ai sensi dell’art. 40 TUB. Questo atto comporta che tutte le rate residue del mutuo diventano immediatamente esigibili in un’unica soluzione. In altre parole, il piano di ammortamento viene “stracciato”: non c’è più possibilità di pagare a rate, il debitore è tenuto a restituire subito l’intero debito residuo in capitale, oltre agli interessi di mora maturati e alle eventuali spese. La comunicazione di decadenza spesso intima un termine (ad esempio 10 giorni) per versare tutto il dovuto, preannunciando in difetto l’avvio di azioni esecutive. In realtà, tale ultimatum coincide quasi sempre con l’atto di precetto, di cui parleremo a breve: la banca infatti, avendo un titolo esecutivo (il contratto di mutuo notarile è solitamente titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.), notifica contestualmente un precetto al debitore.

Da notare che la dichiarazione di decadenza può arrivare anche prima di raggiungere le 18 rate insolute, se il contratto lo prevedeva e se il debitore ha posto in essere altri comportamenti rilevanti. Ad esempio, l’art. 1186 c.c. consente al creditore di esigere immediatamente il dovuto (anche prima della scadenza) se il debitore diviene insolvente o diminuisce volontariamente le garanzie. Se il mutuatario ad es. ha ipotecato un altro immobile e poi l’ha venduto pregiudicando la garanzia, la banca potrebbe appellarsi a tale norma per chiedere subito il rimborso integrale, senza attendere le soglie di cui sopra. Si tratta però di situazioni peculiari: nella stragrande maggioranza dei casi di mutuo non pagato, la causa della risoluzione è semplicemente l’accumulo di rate scadute oltre i limiti fissati dall’art. 40 TUB.

Quando l’inadempimento raggiunge la soglia e la banca formalizza la risoluzione, da quel momento inizia il calcolo degli interessi moratori sull’intero capitale residuo (spesso ad un tasso di mora stabilito nel contratto, p.es. qualche punto percentuale sopra il tasso contrattuale). Questo fa sì che il debito cresca rapidamente durante l’attesa dell’azione esecutiva: la banca, non essendo più tenuta ad aspettare le rate, può permettersi anche di far decorrere qualche mese “in più” lasciando maturare ulteriori interessi di mora sul totale. Tale prassi è stata spesso criticata, ma è legale: finché non viene intrapresa l’esecuzione o un accordo transattivo, la banca può preferire di non agire immediatamente e vedere il debito aumentare (specie se l’importo residuo iniziale del mutuo è molto inferiore al valore dell’immobile ipotecato).

Ricordiamo infine che la risoluzione per inadempimento del mutuo comporta la segnalazione del debito come sofferenza nelle centrali rischi (vedi sezione dedicata). Inoltre, da quel momento il debitore tecnicamente non ha più diritto di pagare a rate: se anche volesse versare qualche importo, la banca potrebbe rifiutarlo richiedendo invece tutto il dovuto (salvo ovviamente accordi transattivi diversi). In pratica però molte banche, pur avendo risolto, se ricevono pagamenti li accettano a conto del debito (difficilmente restituiscono indietro i soldi), ma ciò non riattiva il mutuo: rimane risolto, e i pagamenti verranno computati in detrazione del montante dovuto.

Surroga e portabilità del mutuo in caso di difficoltà

Uno strumento da menzionare – anche se difficilmente applicabile a chi è già in grave ritardo – è la surrogazione del mutuo (cosiddetta portabilità). Introdotta con il Decreto Bersani (D.L. 7/2007 conv. L. 40/2007) e oggi disciplinata dall’art. 120-quater TUB, la surroga permette al mutuatario di trasferire il proprio mutuo presso un’altra banca che subentra nelle garanzie, mantenendo l’ipoteca originaria. La surroga viene usata tipicamente per ottenere condizioni migliori (tasso più basso, rata più sostenibile) e non comporta penali né costi notarili a carico del cliente. Tuttavia, per poter surrogare occorre essere ancora in bonis o comunque non in situazione di grave insolvenza: la nuova banca infatti valuterà la solvibilità del cliente. Se il mutuatario è già segnalato come cattivo pagatore o ha rate scadute, difficilmente un altro istituto offrirà condizioni migliorative o accetterà di accollarsi il mutuo. Pertanto, la surroga è uno strumento di prevenzione: può essere utile attivarla prima di accumulare ritardi – ad esempio quando ci si rende conto di non poter più sostenere la rata attuale, cercando una banca che offra una rata più bassa (magari allungando la durata o abbassando il tasso). Dopo che il mutuo è stato risolto o che si è entrati nella spirale dei mancati pagamenti, la surroga diventa di fatto inaccessibile.

È importante ricordare che la surroga non può essere condizionata dalla banca originaria (che per legge non può opporsi né addebitare costi) e mantiene l’ipoteca identica spostandola alla nuova banca. La fattibilità, però, dipende dalla disponibilità di un nuovo finanziatore: in situazioni di morosità avanzata non è realistico trovare un altro istituto disposto a subentrare. In conclusione, il consiglio è di valutare la surroga tempestivamente quando iniziano le difficoltà (es. per ridurre il tasso o ottenere una rata più bassa), piuttosto che dopo anni di mancati pagamenti.

Estinzione anticipata e rinegoziazione: soluzioni prima dell’esecuzione

Un debitore in difficoltà potrebbe considerare soluzioni stragiudiziali prima di arrivare al punto di non ritorno del pignoramento. Rinegoziare il mutuo con la propria banca è una strada percorribile: molte banche sono disponibili a concordare un piano di rientro o una modifica temporanea delle condizioni (es. allungamento del periodo di ammortamento per abbassare la rata, riduzione del tasso, o sospensione delle rate per qualche mese). Ad esempio, esiste il cosiddetto Piano di Rientro ABI o soluzioni ad hoc offerte durante crisi economiche (come moratorie concordate tra ABI e associazioni dei consumatori). Non esiste però un diritto del mutuatario alla rinegoziazione: è frutto di un accordo volontario. Per questo, è fondamentale attivarsi presto e in modo proattivo: contattare la banca appena si prevede una difficoltà, proponendo soluzioni ragionevoli (es. “posso pagare metà rata per 6 mesi e poi riprendere regolarmente”). La banca preferisce quasi sempre trovare un accordo che funzioni, piuttosto che avviare un costoso e lungo contenzioso, ma deve essere convinta della buona fede e della capacità futura del cliente di rispettare il nuovo piano.

Un altro strumento di aiuto è il Fondo di Solidarietà per i mutui prima casa (cd. Fondo Gasparrini istituito dalla L. 244/2007): questo fondo pubblico consente, a determinate condizioni, di ottenere la sospensione temporanea fino a 18 mesi del pagamento delle rate del mutuo. La sospensione può essere richiesta in caso di eventi gravi quali perdita del lavoro, cassa integrazione, invalidità o morte del mutuatario, nonché in situazioni di forte riduzione del reddito familiare. Se la domanda viene accettata, il Fondo copre integralmente le rate sospese (sia quota capitale che interessi) verso la banca. In sostanza, per il periodo di sospensione il debitore non paga nulla e non matura morosità, perché è il Fondo che paga al posto suo. Trascorso il periodo (max 18 mesi per gli eventi più gravi), il mutuo riprende come da piano originario. I requisiti per accedere includono: l’immobile deve essere prima casa non di lusso, il mutuo di importo fino a €250.000 circa, un determinato limite di reddito ISEE (attualmente €30.000), e che il mutuatario si trovi in una delle situazioni previste (es. disoccupazione). La richiesta va presentata tramite la propria banca compilando l’apposito modulo e allegando la documentazione; se accolta, la banca sospende le azioni esecutive e “mette in pausa” il mutuo per il periodo concesso. Questo è uno strumento prezioso per guadagnare tempo e superare momenti difficili, evitando che un problema temporaneo si trasformi in insolvenza definitiva.

Un’ulteriore opzione stragiudiziale è l’estinzione anticipata del mutuo, totale o parziale. Se il debitore trova i fondi (ad esempio vendendo volontariamente un altro bene, ricevendo aiuti familiari, o anche vendendo la stessa casa a un prezzo congruo – vedi oltre), può rimborsare anticipatamente il capitale residuo alla banca, chiudendo la posizione. Grazie alle riforme introdotte nel 2007, non sono previste penali per l’estinzione anticipata dei mutui stipulati dopo tale data su abitazioni principali (prima casa) e, più in generale, per mutui immobiliari a persone fisiche contratti da aprile 2007 in avanti. Anche per i mutui anteriori, l’estinzione anticipata oggi comporta penali molto ridotte (capped dall’accordo ABI-consumatori del 2007, es. max 0,5% del capitale per variabili, o 1.90% per fissi in prima metà ammortamento). Ciò significa che un debitore inadempiente potrebbe decidere di “togliersi il pensiero” magari vendendo l’immobile privatamente e pagando il debito alla banca: una volta estinto il mutuo, la banca cancella l’ipoteca e non vi sono ulteriori strascichi (salvo spese di chiusura, interessi maturati fino a quel giorno, e l’eventuale penale se applicabile per contratti vecchi). L’estinzione anticipata parziale (pagare una somma extra per abbattere il debito) può servire a ridurre l’importo delle rate o la durata residua: alcune banche al ricevere un importo rilevante possono anche ricalcolare un piano di ammortamento più leggero.

Riassumendo le strategie prima del pignoramento:

  • Contattare la banca appena emergono difficoltà, rinegoziare se possibile (allungare durata, periodo di grazia, riduzione temporanea rata).
  • Valutare la surroga del mutuo presso altra banca per ottenere condizioni più favorevoli (fattibile se il debitore è ancora solvibile e con storia creditizia accettabile).
  • Ricorrere a eventuali moratorie o fondi pubblici, come il Fondo Prima Casa, per sospendere le rate in caso di eventi gravi.
  • Estinguere anticipatamente il mutuo (anche vendendo l’immobile volontariamente) prima che parta la procedura esecutiva, così da evitare pignoramento e asta.
  • Considerare un accordo saldo e stralcio con la banca (vedi paragrafo seguente) per chiudere la posizione debitoria con un pagamento inferiore al dovuto, evitando la lunga via giudiziale.

Saldo e stralcio del debito e vendita all’asta

Quando il debito è ormai elevato e il mutuatario non è in grado di saldare l’intero importo, una soluzione transattiva è il cosiddetto saldo e stralcio. Questa espressione indica un accordo negoziale tra debitore e banca in base al quale il debitore paga una somma inferiore al debito residuo e la banca accetta tale importo a saldo finale, rinunciando a ogni ulteriore pretesa e cancellando l’ipoteca. Si “stralcia” quindi la parte di debito eccedente. Non esiste un diritto del cliente a ottenere il saldo e stralcio: è una trattativa volontaria. La banca valuterà la convenienza caso per caso. In genere, gli istituti accettano il saldo stralcio quando si rendono conto che recuperare l’intero credito via esecuzione sarebbe lungo, costoso e con esito incerto, mentre incassare subito una percentuale ragionevole potrebbe essere preferibile. Ad esempio, se il debito residuo è 120.000€ ma l’immobile ne vale forse 100.000€ all’asta e il debitore non ha altri beni, la banca potrebbe accettare, poniamo, 50.000€ immediati da un parente o da un acquirente, chiudendo la pratica.

Di solito le proposte di saldo e stralcio vanno dal 30% al 70% del debito residuo, a seconda delle prospettive di realizzo forzato. Più la posizione del debitore è compromessa (immobile di scarso valore, altri creditori concorrenti, procedure lunghe), più la banca potrebbe accontentarsi di una percentuale bassa. È fondamentale formalizzare bene l’accordo: deve risultare per iscritto che il pagamento concordato è “a saldo e stralcio” e che la banca rinuncia irrevocabilmente a ogni ulteriore credito, con impegno a cancellare l’ipoteca al buon fine. Si consiglia di farsi assistere da un legale in questa trattativa. In alcuni casi, il saldo stralcio viene perfezionato contestualmente a una vendita dell’immobile: ad esempio, si trova un compratore disposto a pagare una certa cifra, la banca accetta che quella cifra vada a estinzione del mutuo e si accontenta, liberando l’immobile dall’ipoteca. Ciò richiede coordinamento ma spesso è la soluzione più efficiente per evitare l’asta giudiziaria.

Esempio pratico di saldo e stralcio riuscito: uno studio legale ha riportato il caso di un mutuo in sofferenza con capitale residuo di circa 100.000€, garantito da immobile il cui valore di mercato era calato attorno agli 80.000€. Dopo lunghe trattative, la banca ha accettato 37.000€ come importo transattivo (circa il 37% del capitale residuo) in cambio dell’estinzione integrale del debito e cancellazione dell’ipoteca. Il debitore ha ottenuto la somma grazie all’aiuto di familiari ed è riuscito così a evitare sia la vendita forzata sia un debito insostenibile residuo. Questo esempio mostra che, in presenza di elevato indebitamento rispetto al valore dell’immobile, il saldo e stralcio può essere una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti.

Se non si raggiunge un accordo e il debito rimane impagato dopo la decadenza dal termine, la conseguenza inevitabile è l’espropriazione immobiliare: la casa viene pignorata e venduta all’asta. Vediamo ora le fasi della procedura esecutiva immobiliare e cosa comporta per il debitore.

Pignoramento immobiliare e fasi della vendita all’asta

Quando il mutuo è stato risolto e il debitore non paga nemmeno a seguito del precetto, la banca procede con il pignoramento immobiliare sull’immobile ipotecato (di solito la casa acquistata col mutuo). La sequenza tipica degli atti è la seguente:

  1. Atto di precetto: è un’intimazione formale di pagamento notificata al debitore. Nel precetto la banca, in forza di un titolo esecutivo (che nel caso di mutuo ipotecario è spesso lo stesso contratto di mutuo in forma di atto notarile, immediatamente esecutivo), intima al debitore di pagare l’intero debito residuo (capitale, interessi di mora, spese) entro un termine minimo di 10 giorni. Il precetto indica la somma dovuta e avverte che, in difetto di pagamento, si procederà a esecuzione forzata. Ha una validità di 90 giorni dalla notifica (art. 481 c.p.c.): ciò significa che la banca deve notificare il pignoramento entro 90 giorni, altrimenti il precetto “scade” e va rinnovato.
  2. Pignoramento immobiliare: trascorsi almeno 10 giorni senza pagamento, la banca può dare istruzioni all’ufficiale giudiziario (o a un notaio all’uopo delegato) di procedere al pignoramento. Tecnicamente il pignoramento immobiliare consiste in un atto notificato al debitore e contestualmente trascritto nei registri immobiliari (art. 555 c.p.c.). La trascrizione nei registri (conservatoria) è fondamentale: serve a pubblicizzare che quell’immobile è oggetto di esecuzione forzata e quindi non può più essere venduto liberamente dal proprietario. L’ufficiale giudiziario redige un verbale di pignoramento contenente i dati catastali e lo consegna per la trascrizione immediata. Da quel momento l’immobile è vincolato: il debitore ne resta proprietario, ma non può venderlo né ipotecarlo ulteriormente (eventuali atti di disposizione sarebbero nulli verso i creditori). Il pignoramento va poi iscritto a ruolo in tribunale, dando inizio al procedimento esecutivo assegnato a un giudice.
  3. Istanza di vendita e delega: una volta pignorato il bene, la banca (creditore procedente) chiede al Giudice dell’Esecuzione (GE) di mettere in vendita l’immobile. Il GE emette un’ordinanza con cui, di norma, delega le operazioni di vendita a un professionista (notaio o avvocato) e dispone la stima dell’immobile tramite un CTU – perito stimatore. Il CTU effettua un sopralluogo, valuta lo stato del bene, eventuali abusi edilizi, occupanti, etc., e redige una perizia con il valore di mercato e il possibile prezzo base d’asta (tenendo conto che in asta spesso i valori sono inferiori al mercato libero). Oggi tutte queste info sono pubblicate nel Portale delle Vendite Pubbliche.
  4. Avviso di vendita e asta: il Giudice fissa la data dell’asta e i termini per le offerte, emanando l’avviso di vendita (art. 570 c.p.c.). L’avviso viene pubblicato online e, se l’immobile è residenziale prima casa, grazie alla riforma 2022 (riforma Cartabia) viene richiesto ai partecipanti un deposito cauzionale ridotto al 10% del prezzo base (anziché 25% come in passato). All’udienza di vendita (che può essere sincrona telematica o cartacea in tribunale) si procede all’incanto: vengono esaminate le offerte e aggiudicato l’immobile al miglior offerente. La banca procedente ha facoltà di partecipare all’asta con diritto di prelazione sul prezzo (può presentare offerte tramite un proprio referente e, se decide di acquisire l’immobile, può imputare il suo credito in conto prezzo).
  5. Decreto di trasferimento e assegnazione del ricavato: dopo l’aggiudicazione, il Giudice emette il decreto di trasferimento con cui l’immobile viene assegnato all’aggiudicatario (o al creditore se questi ha richiesto l’assegnazione in conto credito). Con il decreto, il Giudice ordina anche la cancellazione delle ipoteche esistenti e dei pignoramenti (art. 586 c.p.c.), liberando l’immobile da tutti i gravami. Inoltre, viene disposta la distribuzione del ricavato tra i creditori: il creditore ipotecario ha diritto di prelazione sul ricavato fino a concorrenza del suo credito, prevalendo su eventuali creditori chirografari. Se il ricavato non copre tutto il credito ipotecario, la parte non soddisfatta rimane a carico del debitore (vedi oltre); se invece c’è un surplus (raro, ma possibile se l’immobile viene venduto a più del dovuto e non ci sono altri creditori), l’eccedenza spetta al debitore esecutato.
  6. Sgombero e consegna: se il debitore occupa l’immobile, dopo il decreto di trasferimento dovrà lasciare l’abitazione. Il decreto costituisce titolo esecutivo per il rilascio: il custode giudiziario (o l’ufficiale giudiziario) convocherà il debitore per la consegna delle chiavi all’aggiudicatario. Eventuali resistenze del debitore possono portare allo sfratto forzoso con l’ausilio della forza pubblica.

Tempistiche tipiche della procedura esecutiva

I tempi di una esecuzione immobiliare in Italia possono variare di molto, a seconda del carico di lavoro del tribunale, della collaborazione del debitore, del numero di aste necessarie, etc. Indicativamente, però, si può stimare:

  • Dalla scadenza della rata non pagata alla risoluzione del mutuo: 6-12 mesi (il tempo di accumulare ritardi e far partire la decadenza dal termine, comprensivo di eventuali solleciti e tempi “politici” interni alla banca).
  • Atto di precetto: inviato poco dopo la decadenza, tipicamente entro 1-2 mesi dall’ultima rata mancata necessaria. Il debitore ha 10 giorni per pagare.
  • Notifica del pignoramento: se non si paga dopo il precetto, la banca in genere deposita il pignoramento entro il termine di 90 giorni. Dall’ultimo sollecito possono passare 1-3 mesi per vedere l’atto di pignoramento trascritto.
  • Udienza di autorizzazione vendita: una volta iscritto a ruolo, il GE nomina il perito e dopo la perizia (che richiede 2-3 mesi) indice l’asta. In media 2-4 mesi dopo il pignoramento si fissa la prima udienza di vendita.
  • Asta: se va deserta la prima, ne verranno fissate altre a distanza di qualche mese ciascuna (spesso con ribasso del 25% sul prezzo base ad ogni tentativo). La prima aggiudicazione utile può arrivare entro 6-12 mesi dall’inizio, ma se l’immobile è poco appetibile possono volerci anche 2-3 anni e diversi tentativi. Mediamente, nelle statistiche, un’esecuzione immobiliare dura circa 3 anni, ma con variabilità: ci sono casi risolti in 1 anno e casi protratti per oltre 5 anni (magari per problemi tecnici o opposizioni).
  • Decreto di trasferimento e chiusura: dopo l’asta, servono poche settimane per emanare il decreto, incassare il saldo prezzo dall’aggiudicatario e distribuire le somme. Se tutto va liscio, entro un paio di mesi post-asta il procedimento si chiude.

Ecco una tabella riassuntiva delle fasi e tempi approssimativi:

FaseAttività chiaveTempistica indicativa
Decadenza e precettoComunicazione decadenza dal termine; notifica precetto (≥ 10 gg per adempiere).~1-2 mesi dall’ultimo mancato pagamento (dopo aver accumulato ritardi necessari)
PignoramentoNotifica e trascrizione del pignoramento.Entro 90 gg dal precetto (spesso 1 mese dopo precetto se nessun pagamento)
Perizia e avviso di venditaNomina perito, stima immobile; emissione avviso d’asta.~2-4 mesi dopo il pignoramento (dipende dal Tribunale e complessità perizia)
Vendita all’astaAsta pubblica (con eventuali ribassi se deserta); cauzione 10% per prima casa.~6 mesi – 1 anno dall’inizio pignoramento per l’aggiudicazione (se più tentativi, anche 2-3 anni)
Decreto di trasferimentoAssegnazione immobile all’aggiudicatario; cancellazione ipoteca.~1-2 mesi dopo l’aggiudicazione (per emissione decreto e pagamento saldo)
Distribuzione e chiusuraRiparto del ricavato ai creditori; chiusura procedura.Poche settimane dopo il decreto (salvo opposizioni in sede di distribuzione)

N.B.: Le tempistiche effettive variano; eventuali opposizioni o sospensioni possono allungare sensibilmente il processo.

Esito dell’asta e destino del debito residuo

Un aspetto cruciale per il debitore è capire cosa accade se la vendita all’asta non copre l’intero debito. Purtroppo, in molti casi d’asta immobiliare il prezzo di aggiudicazione è inferiore al valore di mercato e spesso inferiore al debito residuo + interessi. Ad esempio, se si devono €150.000 e l’immobile all’asta viene venduto a €100.000, tolti i costi della procedura (poniamo €10.000 tra compensi e imposte) restano €90.000 da distribuire: questi andranno alla banca ma non estinguono tutto il debito. Il residuo scoperto (es. €60.000) rimane a carico del debitore. La chiusura dell’esecuzione non cancella il debito residuo: la banca, terminata l’asta, potrà agire per riscuotere la differenza con altri mezzi (pignorando altri beni, stipendio, conto corrente, etc.). Questo è un passaggio spesso frainteso: molti pensano che “la casa va all’asta e finisce lì”, mentre invece il debitore può restare indebitato anche dopo aver perso la casa.

La normativa però prevede una piccola tutela: per i mutui dei consumatori, se dopo l’escussione immobiliare residua un debito, il debitore persona fisica ha 6 mesi di tempo prima che gli venga richiesto il pagamento di tale residuo (art. 120-quinquiesdecies, co.6 TUB). Ciò significa che la banca deve attendere 6 mesi dalla chiusura dell’asta prima di procedere con, ad esempio, un pignoramento dello stipendio per il debito rimasto. Questo semestre può essere sfruttato per trovare un accordo (spesso, proprio un saldo e stralcio sul residuo) o per attivare procedure concorsuali di esdebitazione (vedi oltre). In alcuni casi, se il residuo è modesto, la banca può anche decidere di stralciare il credito rimanente come inesigibile, soprattutto se il debitore è nulla tenente. Ma non è garantito: formalmente quel debito sopravvive e ha una prescrizione propria decennale a decorrere dall’ultimo atto esecutivo.

Esempio numerico di simulazione: consideriamo un mutuo con debito residuo €130.000 al momento della risoluzione. Il valore di mercato della casa è di €120.000. Il debitore smette di pagare; in 2 anni di mora e iter esecutivo il debito lievita a ~€150.000 (interessi di mora, spese legali). All’asta, dopo un paio di tentativi, l’immobile viene aggiudicato per €90.000 (circa il 75% del valore di mercato, ipotesi realistica). I costi della procedura (perito, compenso delegato, imposte) ammontano a poniamo €10.000, quindi alla banca vanno €80.000 netti. Rimangono €70.000 di debito non soddisfatto. La banca potrebbe a questo punto notificare un precetto per €70.000 e pignorare ad esempio lo stipendio del debitore (nei limiti di 1/5 mensile) o altri beni. Se il debitore non ha lavoro né altri beni intestati, il recupero potrà essere difficile e col tempo la banca potrebbe rinunciare o vendere il credito residuo a una società di recupero (a saldo ridotto). In ogni caso, senza un formale accordo o procedura che lo elimini, quel debito sopravvive e potrà essere fatto valere per 10 anni (rinnovabili con atti interruttivi).

Il debitore esecutato deve dunque essere consapevole che la perdita dell’immobile non coincide automaticamente con la fine dei suoi obblighi, salvo che riesca a negoziare con la banca la remissione del residuo (magari argomentando che è nullatenente e proponendo un piccolo saldo). Una eccezione importante è se era stata pattuita a monte la clausola di trasferimento ex art. 120-quinquiesdecies TUB (il patto marciano): in quel caso, trasferendo l’immobile alla banca, il debito si estingue interamente per legge, anche se l’immobile vale meno – l’eventuale differenza la subisce la banca. Ma tale clausola deve essere stata prevista nel contratto originario e assistita dalle formalità (perizia indipendente, consulenza al debitore, ecc.). Nella prassi attuale è ancora poco frequente. In assenza di ciò, l’unico modo di liberarsi del debito residuo è tramite accordo transattivo con liberatoria, oppure tramite le procedure di esdebitazione previste dalla legge fallimentare/sovraindebitamento.

La prima casa è pignorabile? Sì, contrariamente a quanto talvolta si crede, la banca può pignorare anche la prima casa. La confusione nasce dal fatto che per i debiti fiscali esiste un divieto (Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione non può pignorare l’unico immobile di residenza del debitore, se non di lusso, per debiti sotto 120.000€). Ma ciò vale solo per i debiti tributari. Un creditore privato, e in particolare una banca munita di ipoteca, può procedere sulla prima (e unica) casa del debitore. Anzi, nel mutuo la casa è data in garanzia proprio a tal fine: anche se è l’abitazione familiare, in caso di insolvenza verrà espropriata (non ci sono esenzioni). Solo situazioni eccezionali come l’inclusione dell’immobile in un fondo patrimoniale potrebbero complicare il pignoramento, ma se il debito è stato contratto per esigenze familiari (l’acquisto della casa stessa), il fondo patrimoniale non offre protezione opponibile alla banca. Dunque, attenzione: il fatto che sia “prima casa” non impedisce affatto l’azione esecutiva del mutuante.

Ruoli e soggetti coinvolti nella procedura esecutiva immobiliare

Nel corso di un pignoramento immobiliare intervengono diversi soggetti, ciascuno con funzioni specifiche. Di seguito riepiloghiamo i principali attori e i loro ruoli:

  • Banca (creditore procedente) – È la parte che promuove l’esecuzione forzata. Tramite i suoi avvocati predispone e notifica precetto e pignoramento, e presenta le istanze al giudice (richiesta di vendita, delega, ecc.). Una volta venduto l’immobile, la banca ha diritto di prelazione sul ricavato fino a soddisfazione del suo credito. Può anche partecipare all’asta come offerente (in genere tramite società veicolo) per tutelare il proprio interesse nel caso le offerte siano basse.
  • Mutuatario (debitore esecutato) – È il proprietario dell’immobile pignorato nonché il debitore dell’obbligazione. Durante la procedura, mantiene la titolarità del bene fino al decreto di trasferimento, ma ne perde la disponibilità economica (non può venderlo). Il debitore ha comunque alcune facoltà: può evitare la vendita pagando il debito in qualsiasi momento prima dell’asta (c.d. purga del pignoramento, art. 492 c.p.c.), può tentare di vendere privatamente il bene (con il consenso della procedura, art. 586-bis c.p.c. introdotto di recente), oppure può presentare opposizioni qualora vi siano vizi negli atti (es. opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. se ritiene il titolo invalido o il debito estinto). Può anche proporre al giudice soluzioni concorsuali (come il piano del consumatore): se ammesso, il giudice può sospendere la vendita. In sostanza, il debitore rimane parte del processo e può interloquire tramite i suoi legali per far valere i propri diritti.
  • Giudice dell’Esecuzione (G.E.) – È il magistrato del tribunale competente che sovrintende alla procedura esecutiva. Il G.E. emette i provvedimenti chiave: nomina custode e perito, autorizza la vendita, aggiudica il bene, decide sulle istanze di sospensione, sulle eventuali opposizioni e sulle controversie tra creditori. Il G.E. assicura il rispetto delle forme e tutela sia il creditore sia il debitore (ad esempio, può sospendere la procedura se il debitore avvia un piano di ristrutturazione del debito ex L. 3/2012, art. 12-bis, come avvenuto in vari casi recenti). Il giudice alla fine firma il decreto di trasferimento e il provvedimento di distribuzione del ricavato.
  • Cancelliere e uffici del tribunale – La cancelleria riceve il fascicolo dell’esecuzione, registra gli atti, cura le comunicazioni e pubblicazioni (ad esempio trasmette l’avviso d’asta da pubblicare sul portale). Gestisce inoltre l’elenco dei creditori intervenuti e prepara i prospetti di distribuzione da sottoporre al giudice. È il motore amministrativo della procedura.
  • Custode giudiziario – In molte esecuzioni viene nominato un custode (spesso la stessa figura delegata alla vendita o altro professionista). Il custode ha il compito di custodire e amministrare l’immobile pignorato durante la procedura nell’interesse di tutti: ad esempio, può autorizzare il debitore a continuare ad abitarlo fino all’asta, oppure a percepire eventuali affitti, ma anche deve vigilare che il bene non perda valore, organizzare le visite per i potenziali offerenti, etc. Il custode è l’interfaccia tra il tribunale e il bene esecutato.
  • Professionista delegato alla vendita – Ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c., il giudice può delegare le operazioni di vendita ad un professionista, di solito un notaio o un avvocato specializzato. Il delegato si occupa di tutto l’iter dell’asta: prepara l’avviso di vendita, riceve le buste con le offerte, conduce l’eventuale gara tra offerenti, redige il verbale d’asta e, una volta versato il saldo, predispone il progetto di decreto di trasferimento e di distribuzione. In pratica svolge molte funzioni del giudice, alleggerendo il suo lavoro. Il delegato percepisce un compenso a percentuale sul prezzo di aggiudicazione (3-5%).
  • Notaio rogante – Se il delegato alla vendita è un notaio, coincide con quanto sopra. Se il delegato fosse un avvocato, spesso comunque un notaio interviene nella fase conclusiva per la stipula formale dell’atto di trasferimento in forma notarile (il decreto di trasferimento può essere fatto trascrivere direttamente, ma talora i tribunali utilizzano il notaio per curare tutti gli adempimenti post-asta). In ogni caso, un notaio dovrà occuparsi della cancellazione delle ipoteche e pignoramenti nei registri immobiliari, per la quale è richiesto un atto ad hoc (spesso integrato nel decreto).
  • Consulente tecnico (CTU) – Il perito estimatore nominato dal giudice, che abbiamo già citato: effettua la perizia di stima dell’immobile. Il suo lavoro è fondamentale perché dal valore stimato dipendono i prezzi base d’asta. Inoltre segnala eventuali problemi (abusi edilizi, vincoli, ecc.) che possono influire sulla vendita. Il CTU è pagato con un compenso a carico della procedura (prededuzione).
  • Creditori intervenuti – Oltre alla banca procedente, altri eventuali creditori del debitore (che abbiano pendenze, es. finanziarie, fornitori, Fisco) possono intervenire nella procedura per cercare di soddisfarsi sul ricavato dell’asta. Hanno l’onere di depositare un atto di intervento. Se sono muniti di ipoteca o privilegio, concorreranno con prelazione; se chirografari, verranno pagati solo dopo i privilegiati, con l’eventuale eccedenza (spesso nulla). La presenza di molti creditori può complicare la distribuzione ma non cambia per il debitore l’essenza: il ricavato viene comunque spartito e i debiti eventualmente insoddisfatti restano tali.

In definitiva, il debitore esecutato si trova al centro di una macchina procedurale complessa in cui ogni attore ha il suo ruolo. L’esperienza insegna che il coordinamento tra queste figure (specie custode, delegato, giudice) può fare la differenza sulla celerità e buona riuscita della vendita. Dal lato del debitore, è essenziale farsi assistere da un avvocato esperto per capire cosa sta succedendo e sfruttare eventuali spiragli (ad esempio, segnalare al custode se c’è un acquirente interessato a comprare privatamente, oppure far presentare un’istanza di sospensione se si sta trattando un saldo e stralcio, etc.).

Giurisprudenza recente su mutui e azioni esecutive

Negli ultimi anni la Corte di Cassazione è intervenuta con diverse pronunce rilevanti in tema di mutuo ipotecario e di validità/esecutività dei relativi contratti, nonché su aspetti di procedura esecutiva. Citiamo qui alcuni orientamenti di rilievo aggiornati al 2025:

  • Mutuo con finanziamento “congelato” (deposito cauzionale): la Cassazione, con ordinanza n. 12007 del 3 maggio 2024, ha affrontato il caso di un mutuo in cui le somme erogate venivano immediatamente vincolate in un deposito cauzionale irregolare intestato alla banca, da svincolare solo al verificarsi di certe condizioni (ad esempio estinzione di altro debito, sottoscrizione di polizze). La Corte (Sez. III) in quell’occasione ritenne che un mutuo siffatto, non dando immediata disponibilità effettiva del denaro al mutuatario, non costituisse titolo esecutivo: mancava l’elemento della traditio reale o giuridica del denaro, sicché il mutuo non era “perfezionato” ai fini esecutivi. Alcuni tribunali di merito, sulla scorta di tale principio, avevano annullato pignoramenti derivanti da mutui con queste caratteristiche (cosiddetti mutui condizionati o con conto di deposito cauzionale) in quanto titoli non idonei all’esecuzione.
  • Intervento delle Sezioni Unite 2025 sulla disponibilità giuridica delle somme: la problematica sopra descritta aveva creato incertezza (mutui come il mutuo solutorio – destinato a saldare altro debito – erano in discussione). Le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute con sentenza n. 5968 del 6 marzo 2025, chiarendo che anche se le somme erogate vengono immediatamente destinate a uno scopo (ad es. vincolate in deposito o usate per chiudere un debito precedente), ciò che conta è che siano state poste nella disponibilità giuridica del mutuatario. Se il contratto di mutuo è in forma di atto pubblico e il mutuatario assume un’obbligazione incondizionata di restituzione, il fatto che i soldi vengano contestualmente girati (ad esempio per estinguere un altro finanziamento, mutuo solutorio) non nega la consegna giuridica. Le S.U. hanno pertanto stabilito che un mutuo in cui l’accredito è immediatamente vincolato per un fine specifico resta un titolo esecutivo valido, senza bisogno di ulteriori atti di svincolo. Questa pronuncia ha ribaltato l’orientamento dell’ordinanza 12007/2024, garantendo maggiore certezza alle banche: il mutuo notarile ipotecario è di regola titolo esecutivo, a meno che non sia del tutto simulato o manchi la consegna giuridica del denaro.
  • Mutuo solutorio e validità: sempre le Sezioni Unite, con sentenza gemella n. 5841 del 5 marzo 2025, hanno affrontato il mutuo solutorio, cioè il prestito concesso al debitore per ripianare un debito pregresso (tipicamente, un nuovo mutuo per pagare debiti accumulati o sostituire linee di credito costose). Si è confermato che anche in questo caso vale il principio di cui sopra: se la somma mutuata viene accreditata (ad esempio sul c/c del debitore) e contestualmente utilizzata per pagare altri creditori, il mutuo è comunque valido e perfezionato dal momento dell’accredito (anche solo contabile). Non è necessario che il debitore abbia avuto “in mano” il denaro: basta che abbia potuto disporne giuridicamente, destinandolo ai pagamenti. Ciò esclude tesi che volevano tali mutui nulli o non efficaci come titoli. Già Cass. 23149/2022 aveva aperto la strada sostenendo la sufficienza della datio “giuridica”, e le S.U. 2025 l’hanno definitivamente sancito. Conseguenza pratica: tentare di bloccare un pignoramento sostenendo che il mutuo era solo figurativo perché serviva a pagare altri debiti non trova più accoglimento, a meno che non manchi del tutto la prova dell’accredito.
  • Interessi usurari e conseguenze sul mutuo: un aspetto spesso sollevato nelle opposizioni è l’usurarietà dei tassi di interesse (corrispettivi o moratori) pattuiti nel mutuo. La Cassazione, a Sezioni Unite, aveva già chiarito nel 2020 che la legge antiusura (L. 108/1996) si applica anche agli interessi di mora convenuti nei contratti. Se il tasso di mora pattuito supera il tasso soglia vigente al momento del patto, scatta la sanzione dell’art. 1815 co.2 c.c.: non sono dovuti gli interessi convenuti (mora), ma solo gli interessi legali ex art. 1224 c.c.. Dunque in caso di usura originaria (tassi oltre soglia all’origine) il contratto di mutuo non viene annullato in toto, ma il debitore non deve pagare alcun interesse (né corrispettivo né di mora). In caso di usura relativa ai soli moratori, il debitore non paga i moratori, restando però tenuto ai corrispettivi leciti. Questo principio, affermato dalle S.U. n. 19597/2020, può essere invocato dal debitore: ad esempio, se nel precetto la banca calcola interessi di mora al 12% ma il tasso soglia era, poniamo, 10%, il debitore può opporsi chiedendo di escludere tutti gli interessi di mora e ridurre il dovuto. Attenzione però: la verifica dell’usura va fatta al momento della stipula per i tassi convenuti (usura contrattuale), mentre per gli interessi moratori effettivamente applicati si guarda al momento dell’inadempimento. Inoltre, la Cassazione ha ribadito che il debitore può agire anche durante il rapporto per far accertare l’usurarietà (non deve attendere la fine). In sintesi, la presenza di interessi usurari nel mutuo è una valida difesa per ridurre/annullare la componente interessi, ma non elimina l’obbligo di restituire il capitale. Può però portare all’annullamento di atti esecutivi viziati (un precetto con importi illegittimi può essere dichiarato nullo).
  • Tutela del debitore consumatore e clausole abusive: oltre all’usura, nei contratti di mutuo con consumatori si possono profilare clausole abusive (ai sensi del Codice del Consumo, art. 33). Ad esempio, la Corte ha ritenuto vessatoria la clausola che impone interessi di mora molto elevati senza possibilità di adeguamento, oppure la capitalizzazione non pattuita chiaramente. Una clausola considerata nulla come abusiva può essere espunta dal contratto e ciò può incidere sul conteggio del dovuto (es. eliminare commissioni occulte, penali eccessive, ecc.). La verifica delle clausole abusive spetta anche d’ufficio al giudice se il debitore è un consumatore. Questo fa parte delle possibili linee difensive avanzate nelle opposizioni all’esecuzione.
  • Procedure di sovraindebitamento e conservazione della casa: la giurisprudenza di merito ha mostrato un atteggiamento favor verso soluzioni concordate che permettano al debitore di mantenere l’abitazione principale, se ciò non lede eccessivamente i creditori. Ad esempio, un Tribunale ha omologato un piano del consumatore in cui una famiglia debitrice proponeva di pagare circa il 50% del debito ipotecario (60.000€ su 120.000€) in 5 anni, mantenendo l’immobile in cui vive. Il giudice ha valutato sostenibile il piano e lo ha approvato, sospendendo la procedura esecutiva per consentirne l’attuazione. Questo conferma che, se il debitore si attiva con un ricorso ex L. 3/2012 (oggi Codice della Crisi) e propone ai creditori un pagamento parziale ma soddisfacente, il tribunale può bloccare l’asta e dare una seconda chance al debitore. Ci sono state decisioni simili anche a Milano (decreto 10.6.2024) e Lodi (decreto 19.3.2024), dove le esecuzioni sono state sospese last-minute grazie all’ammissione al piano. Questa tendenza giurisprudenziale incoraggia i debitori in buona fede a utilizzare gli strumenti di composizione delle crisi per evitare la liquidazione forzata dei beni.

In sintesi, il panorama giurisprudenziale 2022-2025 rafforza alcuni principi: validità dei mutui come titolo esecutivo salvo casi estremi di difetto di erogazione, applicabilità piena delle tutele antiusura anche agli interessi di mora (con conseguente possibile riduzione del debito), e apertura alla composizione negoziale (piani del consumatore) come soluzione per salvare la prima casa. Ciò delinea per il debitore informato una serie di possibili argomentazioni difensive e strategie da valutare con il proprio legale.

Strumenti concorsuali per il sovraindebitamento del mutuatario

Se il mutuatario si trova in uno stato di insolvenza che va oltre il singolo mutuo (cioè ha più debiti e non riesce oggettivamente a farvi fronte), l’ordinamento offre specifiche procedure concorsuali volte a gestire e possibilmente ridurre il debito complessivo, incluso quello verso la banca. Per le persone fisiche e i piccoli imprenditori non fallibili, il riferimento è la legge 27/01/2012 n. 3 (cd. legge sul sovraindebitamento), ora trasfusa nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) agli artt. 65 e seguenti. Tali strumenti permettono, sotto controllo del tribunale, di predisporre un piano che stralcia parte dei debiti e di ottenere una esdebitazione finale (liberazione dai debiti residui) a certe condizioni.

Le principali procedure attivabili dal debitore persona fisica sono:

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (già noto come piano del consumatore): riservato ai debitori non imprenditori (o piccoli imprenditori sotto soglie di fallibilità). Consente di presentare al tribunale un piano di pagamento parziale dei debiti, basato sulle proprie reali possibilità economiche, anche contro il parere dei creditori (non è richiesta l’approvazione di una maggioranza di essi). Se il giudice valuta che il piano è fattibile e che il debitore merita tutela (ad es. non ha colpe gravi nel sovraindebitamento), può omologarlo rendendolo vincolante per tutti i creditori. Nel contesto di un mutuo ipotecario, un piano del consumatore può prevedere ad esempio che il debitore mantenga la casa e paghi alla banca solo una parte del debito residuo, magari dilazionata in nuovi termini, cancellando la restante quota. Durante la procedura, sin dal deposito della domanda, il giudice può disporre la sospensione delle esecuzioni in corso, quindi bloccare temporaneamente un eventuale pignoramento immobiliare. L’esperienza mostra che i tribunali sono disponibili a omologare piani dove la banca ipotecaria prende comunque una porzione significativa del ricavato (es. 50%) e che permettono alla famiglia di non perdere l’abitazione. Il piano deve essere redatto con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), che nomina un gestore (spesso un commercialista o avvocato specializzato) per aiutare il debitore e attestare veridicità e fattibilità. Se il piano viene omologato, tutti i creditori – banca compresa – sono tenuti ad accettarne le condizioni; a esecuzione completata, il debitore ottiene la discharge (esdebitazione) dei debiti residui previsti dal piano.
  • Concordato minore (accordo di ristrutturazione): è l’equivalente per i sovraindebitati imprenditori o professionisti (o anche consumatori che preferiscano questa via). In passato era chiamato accordo di composizione dei debiti. Qui serve l’adesione di una maggioranza di creditori (60% circa dei crediti) alla proposta del debitore. Se i creditori votano a favore e il tribunale omologa, l’accordo diventa vincolante per tutti (anche dissenzienti). Può prevedere il pagamento parziale dei debiti, la liquidazione di alcuni beni ma salvaguardarne altri, ecc. Per il mutuo, se la banca aderisce, si può concordare un saldo ridotto. Durante le trattative, il giudice può sospendere le esecuzioni pendenti come nel piano del consumatore. Questo strumento è utile se ci sono più creditori e serve il consenso (mentre il piano del consumatore è più “unilaterale”).
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: è una procedura di liquidazione giudiziale di tutto il patrimonio del debitore (analoga al fallimento, ma per soggetti non fallibili). Il debitore (o i creditori) possono chiederla per liquidare i beni sotto supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale. Tutti i beni vengono venduti, il ricavato distribuito ai creditori secondo le cause di prelazione (quindi la banca ipotecaria prenderebbe quanto ricavato dall’immobile). Al termine, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione del residuo (cioè la cancellazione dei debiti non soddisfatti). Questa procedura è opportuna quando il debitore non ha un reddito sufficiente per un piano, ma possiede qualche bene liquidabile, oppure quando i creditori non trovano accordi. Dal 2021 esiste anche l’esdebitazione del debitore incapiente: un debitore persona fisica totalmente privo di beni e redditi può chiedere al tribunale la cancellazione dei suoi debiti (una tantum nella vita) senza alcuna ripartizione, purché abbia avuto un comportamento meritevole. È una novità rilevante per chi, ad esempio, dopo la perdita della casa all’asta e altre vicissitudini, rimane povero con debiti non pagati: può liberarsene e ripartire da zero.

Per il nostro contesto, l’aspetto da sottolineare è che queste procedure concorsuali possono interagire con il pignoramento immobiliare: presentando un ricorso ex L.3/2012 (oggi CCII) in tempo, si può ottenere la sospensione o almeno il raffreddamento dell’asta. Ovviamente il tribunale concede la sospensione solo se il piano presentato non è pretestuoso e offre ai creditori qualcosa di significativo. Ad esempio, nel caso del Tribunale di Lodi citato, la sospensione fu concessa perché il piano del consumatore depositato proponeva comunque di pagare una parte importante ai creditori e fu giudicato ammissibile. Se invece un debitore presentasse un piano in cui offre cifre irrisorie, probabilmente non otterrebbe la protezione e l’asta proseguirebbe.

Conclusione su questo punto: chi è schiacciato dai debiti, incluso il mutuo, non deve ignorare l’opportunità di rivolgersi a un OCC e valutare un piano di sovraindebitamento. Sono procedure complesse, ma pensate proprio per dare una via d’uscita regolamentata a situazioni disperate, evitando il porto sepolto dei debiti eterni. Dopo l’omologa e il completamento del piano o della liquidazione, il debitore può aspirare all’esdebitazione totale (cioè il perdono dei debiti rimasti): in tal caso la banca non potrà più avanzare pretese per il residuo del mutuo non soddisfatto. Ovviamente, l’ipoteca sul bene opera comunque nella liquidazione: se il debitore vuole tenere la casa, deve impostare il piano in modo da continuare a pagare almeno in parte il creditore ipotecario o rifinanziarlo.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito, alcune domande frequenti poste dai debitori alle prese con un mutuo non pagato e relative risposte, sintetiche e pratiche:

D. Cosa succede se non pago 1, 3 o 6 rate del mutuo?
R. Saltare una rata comporta automaticamente la mora: dopo 30 giorni dal mancato pagamento la banca applicherà interessi moratori e invierà un primo sollecito. Con 2-3 rate non pagate consecutivamente, la banca intensifica i recuperi (telefonate, solleciti scritti) e può segnalare la situazione nelle banche dati creditizie. Tuttavia non scatta subito il pignoramento: secondo la legge, per i mutui dopo 2016 serve accumulare 18 rate di insoluto perché vi sia inadempimento formale (per quelli più vecchi, 7 rate di ritardo oltre 30 gg). Ciò non significa che la banca aspetterà passivamente fino a 18: potrebbe inviare un atto di diffida e minacciare la risoluzione già dopo 6-7 rate non pagate. In ogni caso, fino a raggiungere la soglia contrattuale/legal, il contratto di mutuo rimane in essere e il debitore può ancora cercare di mettersi in pari. È bene non oltrepassare quella soglia: una volta considerato inadempiente grave, la banca può risolvere il mutuo e chiedere il saldo integrale.

D. Quando la banca può iniziare il pignoramento?
R. La banca può avviare il pignoramento dopo aver dichiarato la decadenza dal beneficio del termine, cioè la risoluzione del mutuo per inadempimento. In pratica deve prima inviare la comunicazione formale di risoluzione (di solito contenuta nell’atto di precetto stesso). Una volta inviato il precetto che dà 10 giorni per pagare, se il debitore non paga, la banca può procedere col pignoramento immobiliare. Tipicamente, non si arriva al pignoramento immediatamente al primo ritardo: come detto, si aspetta un certo numero di rate non pagate (oggi 18) e si manda qualche sollecito. Ma una volta scattata la risoluzione, l’iter è rapido: precetto, 10 giorni, e poi pignoramento e successiva istanza di vendita. Dunque, in sintesi: la banca pignora quando sono maturate le condizioni contrattuali per risolvere e dopo aver intimato formalmente il pagamento con un precetto rimasto inevaso. Non c’è bisogno di ulteriori avvisi oltre al precetto.

D. Posso evitare in qualche modo il pignoramento o l’asta?
R. Sì, ci sono varie strategie di difesa. La prima è pagare il dovuto prima che inizi il pignoramento – questo ovviamente estingue la procedura (anche pagando dopo il pignoramento ma prima dell’asta si può chiudere la pratica, pur pagando più spese). Se non si hanno i soldi per saldare tutto, si può negoziare con la banca un saldo e stralcio (pagamento parziale concordato) o una rinegoziazione del mutuo (allungando i termini). Se la procedura esecutiva è già partita, il debitore può presentare opposizione agli atti esecutivi (tramite avvocato, ex art. 615 c.p.c.) se ci sono vizi formali (es. notifica errata, importi calcolati male) o motivi sostanziali (es. il debito si è estinto, oppure il titolo non è valido). Ad esempio, di recente alcuni debitori hanno opposto il pignoramento invocando Cass. 12007/2024 – sostenendo che il loro mutuo era con clausola di deposito e quindi il titolo esecutivo non valido. Oppure si può eccepire l’usura: se i tassi erano usurari, si può chiedere al giudice di rideterminare il dovuto ed eventualmente sospendere l’esecuzione. Un’altra difesa è presentare una procedura di sovraindebitamento (piano del consumatore): in tal caso il tribunale può sospendere il pignoramento fino alla decisione. In sostanza, non rassegnarsi! Appena arriva un atto di pignoramento, coinvolgere subito un legale esperto per valutare tutte queste opzioni: magari c’è un vizio da sfruttare per guadagnare tempo o per annullare l’atto, o si può bloccare il tutto presentando un piano di rientro al tribunale. Ignorare la procedura invece porta dritti all’asta.

D. Se la mia casa va all’asta, poi il debito con la banca si estingue?
R. Non automaticamente. Il debito si estingue solo per la parte coperta dal ricavato dell’asta attribuito alla banca. Se l’immobile viene venduto a un prezzo inferiore al debito, la differenza rimane a carico del debitore (diventa un debito chirografario residuo) e la banca potrà chiedertela. Esempio: debito €100k, ricavo asta €70k -> rimangono €30k dovuti. La banca potrà procedere, dopo l’asta, con un nuovo precetto per €30k e pignorare eventualmente lo stipendio o altri beni. Solo se la casa viene venduta a un prezzo superiore al debito (caso raro) e dopo aver pagato tutti dà un surplus, quell’eccedenza andrà a te. In molti casi purtroppo la casa all’asta viene aggiudicata a valori bassi e lascia un residuo. La legge prevede però che la banca aspetti 6 mesi dopo la fine dell’asta prima di esigere il residuo (tempo durante il quale potete cercare un accordo di saldo). In alcuni casi la banca decide di rinunciare al residuo se il debitore è nullatenente o per ragioni fiscali (può dedurre la perdita). Ma non è garantito: formalmente, se devi dei soldi dopo l’asta, resti debitore di quella somma. Questo debito residuo potrà essere cancellato solo con un accordo a saldo o tramite esdebitazione in una procedura concorsuale.

D. La banca può pignorare anche il mio stipendio o il conto?
R. , la banca come qualsiasi creditore con un titolo esecutivo può pignorare altri beni oltre all’immobile ipotecato. Anzi, spesso agisce in parallelo: ad esempio, insieme al pignoramento della casa notifica anche un pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro, per massimizzare il recupero. Oppure dopo l’asta, se rimane un debito residuo, quasi certamente tenterà di colpirlo via stipendio/pensione. La legge consente di pignorare lo stipendio nella misura massima di 1/5 del netto mensile (art. 545 c.p.c.). Se non hai stipendio ma magari un conto corrente con saldo, può pignorare il conto (prendendo quanto disponibile fino a concorrenza del credito). Anche auto o altri immobili non ipotecati possono essere pignorati. Il vantaggio per la banca di pignorare l’immobile ipotecato è che ha prelazione; ma se quell’immobile non basta a saldare, userà gli altri strumenti. Quindi, perdere la casa non significa essere al riparo: se continui a percepire reddito, la banca potrà aggredirlo. Nota: se la casa è ancora tua (pignorata ma non venduta) e hai un lavoro, potresti anche subire contemporaneamente il pignoramento casa e stipendio. Tuttavia, se presenti un piano di consumatore o accordo, il giudice può sospendere tutte le azioni esecutive (compreso pignoramento stipendio).

D. Posso vendere la casa privatamente prima che me la pignorino?
R. Sì, finché non è trascritto un pignoramento sull’immobile tu sei libero di vendere la casa a terzi. Questa può essere una soluzione intelligente per evitare l’asta: vendendo sul mercato libero è spesso possibile spuntare un prezzo migliore di quello d’asta. Bisogna però fare i conti col debito ipotecario: l’acquirente vorrà che l’ipoteca venga cancellata, quindi dal prezzo di vendita dovrai innanzitutto pagare la banca (di solito lo fa direttamente il notaio all’atto: parte del prezzo viene girato al creditore per estinguere il mutuo, e l’eventuale resto a te). Se il prezzo di mercato è inferiore al debito, la vendita volontaria è più complicata: dovresti o trovare i soldi per coprire la differenza, oppure convincere la banca a un saldo e stralcio contestuale (ad es. la banca accetta il ricavato come saldo pur mancando qualcosa). Questo può succedere nell’ambito di trattative coordinate col compratore. Formalmente, è possibile anche vendere dopo che è iniziata l’esecuzione, ma serve il coinvolgimento del tribunale: il codice prevede la vendita concordata ex art. 588 c.p.c., dove un soggetto offre di comprare il bene pignorato pagando i creditori. È fattibile, ma la strada più semplice è vendere prima del pignoramento. In tal caso, devi essere rapido: se sei già in ritardo di varie rate e sai che la banca potrebbe agire, intavola subito trattative per vendere l’immobile. Ricorda: il rogito dovrà contemplare che parte del corrispettivo va a chiudere il mutuo e ottenere la cancellazione dell’ipoteca. Il notaio richiederà alla banca il cosiddetto conteggio estintivo del mutuo (somme da pagare per saldo) e la banca rilascerà impegno a cancellare ipoteca a incasso avvenuto. Spesso il compratore si accolla il mutuo residuo come parte del prezzo (cd. accollo del mutuo): in pratica paga a te solo la differenza tra prezzo concordato e debito residuo, e subentra nel mutuo pagando il resto alla banca. Questa è un’altra via (prevista dall’art. 1273 c.c.), ma dipende se la banca e il compratore sono d’accordo a fare l’accollo. In sintesi: sì, vendere è possibile ed anzi consigliabile per evitare l’asta se trovi un acquirente, ma assicurati di soddisfare la banca in sede di vendita, altrimenti l’ipoteca non verrà cancellata e nessuno vorrà comprare.

D. Ho sentito dire che la “prima casa” non te la possono togliere: è vero?
R. Purtroppo no, non è vero in ambito di mutui. La confusione deriva dalla normativa sulle cartelle esattoriali, ma non si applica alle banche. Se hai un mutuo e smetti di pagare, la tua prima casa sarà pignorata e venduta se non trovi una soluzione. Non c’è alcuna protezione automatica per l’abitazione principale nei confronti di banche o altri creditori privati. Solo il fisco ha limitazioni (non pignora l’unica casa se non supera certe soglie debito), ma la banca sì. Fa eccezione il caso in cui la banca abbia aderito al cosiddetto “Patto Marciano” nel contratto di mutuo: lì tecnicamente la casa non va all’asta, ma viene trasferita alla banca se non paghi 18 rate, evitando la procedura giudiziaria. Però il risultato è comunque perdere la casa (anche se con la garanzia di estinguere il debito e avere indietro un’eventuale eccedenza di valore). Quindi la prima casa non è intoccabile: anzi, è il bene su cui la banca conta per recuperare i soldi.

D. La banca mi ha segnalato in CRIF: questo quanto dura? Posso ottenere la cancellazione?
R. Se hai ritardi superiori a un certo periodo (di solito >2 mesi o >2 rate) verrai quasi certamente segnalato come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie tipo CRIF, Experian, Cerved, nonché nella Centrale Rischi della Banca d’Italia se l’esposizione supera €30.000. La segnalazione di sofferenza può rendere impossibile ottenere nuovi prestiti o fidi. In genere, la segnalazione in CRIF per morosità rimane fino a 36 mesi dalla data in cui regolarizzi il pagamento o chiudi il rapporto. Se il rapporto rimane insoluto, i dati negativi restano visibili fino a 36 mesi dall’ultima segnalazione mensile e poi vengono rimossi automaticamente. Tuttavia, la Centrale Rischi pubblica (gestita da Banca d’Italia) archivia i dati storici che restano consultabili a sistema per un periodo più lungo, anche se dopo la chiusura del credito vengono “oscurati” ai soli fini statistici dopo 36 mesi. Se riesci a rinegoziare o ristrutturare il debito (ad es. ottieni un piano del consumatore omologato), la segnalazione può essere rivista: con le nuove normative europee in materia di default, se un debito viene formalmente ristrutturato, in certe condizioni cessa lo stato di default e questo può portare a cancellare la segnalazione negativa. Bisogna attivarsi presso la banca e CRIF con la documentazione dell’accordo o omologa per aggiornare lo status. In ogni caso, se stai trattando con la banca, puoi inserire tra le condizioni anche la cancellazione volontaria o la correzione della segnalazione. Quanto ai protesti, non c’entrano col mutuo: il protesto è per assegni o cambiali non pagate. Il mutuo in sé non viene protestato perché non è un titolo di credito, dunque almeno su quel fronte non hai problemi.

D. Sono indietro col mutuo e anche con altre cose: rischio il fallimento?
R. Se sei un privato consumatore, no, non puoi fallire (il fallimento riguarda solo imprenditori commerciali sopra certe soglie). Se invece sei un imprenditore o professionista, potresti essere soggetto a procedure concorsuali. Le banche, in caso di insolvenza grave dell’impresa, a volte spingono per il fallimento (oggi liquidazione giudiziale) dell’azienda, specie se ci sono più beni da aggredire e creditori in competizione. Se hai una ditta individuale e la casa è legata all’attività, occhio: con un mutuo ipotecario impagato la banca può chiedere anche il tuo fallimento (se sussistono i presupposti di insolvenza e superi i limiti dimensionali). In tal caso la casa verrebbe venduta in sede fallimentare, ma la sostanza non cambia molto, se non che in fallimento potresti poi chiedere l’esdebitazione. Se non sei fallibile, come detto, puoi usare la legge 3/2012: invece del fallimento, presenti un piano di sovraindebitamento e blocchi le esecuzioni individuali. Dunque, per i non fallibili lo strumento è quello. Se sei fallibile (SRL, SNC ecc.), allora potresti dover ricorrere a un concordato preventivo per evitare il fallimento: col concordato l’azienda propone di pagare in parte i debiti (anche qui, la casa del titolare se data in garanzia rientra). Il tema è complesso, ma in generale: una persona fisica con debiti non “fallisce” come concetto, però rischia di essere inseguita a vita dai creditori se non fa nulla. Oggi per fortuna esiste l’esdebitazione post-liquidazione, quindi dopo aver perso tutto si può almeno ripartire senza debiti.

D. In definitiva, qual è la cosa migliore da fare se non riesco più a pagare il mutuo?
R. Agire subito e non restare passivi. Il peggiore degli errori è smettere di pagare e non comunicare con la banca, sperando che la cosa sparisca da sola. Così ti assicuri solo il pignoramento e la perdita quasi certa della casa, oltre a debiti residui. Invece, appena ti accorgi che la situazione è insostenibile, cerca assistenza: contatta la banca per trovare un accordo (molte banche preferiscono rinegoziare che pignorare), oppure rivolgiti a un consulente legale per preparare un piano del consumatore o valutare il saldo e stralcio. Se hai capito che non potrai salvare la casa, magari prova a venderla tu prima, così da ricavare il massimo e poter trattare uno stralcio vantaggioso. Ignorare i solleciti, accumulare ritardi su ritardi, porta solo ad aggravare il debito con interessi di mora e spese legali. Ci sono alternative: ad esempio la sospensione del mutuo col Fondo Gasparrini, l’allungamento della durata, la surroga presso altra banca se ancora sei in tempo, la composizione della crisi da sovraindebitamento. Tutte opzioni molto più sostenibili di una vendita forzata. Quindi il consiglio finale è: non perdere tempo e fai squadra con professionisti competenti (avvocati specializzati in diritto bancario, gestori OCC). Ogni mese che passa senza azioni è un mese in cui il debito cresce e la soluzione si allontana. Invece, muovendoti in tempo potresti salvare la casa o comunque ridurre notevolmente il danno economico.

Tabelle riepilogative

Per fissare le idee, riportiamo alcune tabelle riepilogative sui punti chiave trattati:

Soglie di inadempimento mutuo e azioni della banca:

  • ≤ 30 giorni di ritardo su rata: mora semplice (interessi di mora dovuti). Nessuna azione risolutiva; la banca sollecita e il pagamento entro 1 mese è considerato ancora regolare.
  • Ritardo > 30 gg ma < 180 gg su una rata: rate in ritardo. Se succede più volte (≥7 volte nei vecchi mutui) la banca può risolvere. In generale, qualche rata saltata comporta segnalazione e diffide, ma non ancora risoluzione immediata.
  • Insoluti accumulati equivalenti a 18 rate mensili: soglia legale attuale per dichiarare inadempimento e decadenza dal termine. La banca invia la risoluzione e precetto. (Nei mutui ante-2016: 7 ritardi >30 gg).
  • Dopo precetto (10 gg senza pagamento): si procede al pignoramento.
  • Pignoramento avviato: la casa è vincolata; la banca attiva la procedura d’asta.
  • Asta aggiudicata: casa persa; il ricavato va alla banca. Eventuale residuo di debito rimane a carico debitore.
  • Tempo totale stimato dall’insolvenza all’asta: 1,5-3 anni (ma può variare molto).

Possibili soluzioni e effetti per il debitore:

  • Rinegoziazione mutuo: (privata con banca) – può ridurre rata o sospendere per un periodo. Evita segnalazioni se accordo tempestivo. Non riduce il debito, ma lo rende pagabile.
  • Surroga mutuo: (trasferimento ad altra banca) – utile per abbassare tasso/rata se ancora in bonis. Non percorribile se già moroso conclamato. Nessun costo e nessuna penale.
  • Fondo sospensione (prima casa): sospende fino a 18 mesi rate. Debitore non paga nulla in quel periodo, tutele mantenute, nessuna segnalazione ulteriore. Serve rientrare in specifici requisiti.
  • Saldo e stralcio: accordo per pagare meno del dovuto in cambio di chiusura debito. Richiede liquidità immediata (o contestuale vendita). Vantaggio: elimina ipoteca e residuo, danno su CRIF mitigato (risulta “pagato con accordo”).
  • Vendita volontaria della casa: se ben fatta, consente di incassare più dell’asta. Debito estinto o ridotto, ipoteca cancellata. Richiede tempo e accordo con banca su importi. Stress ridotto rispetto all’asta.
  • Procedura sovraindebitamento (piano): blocca temporaneamente esecuzioni, consente di proporre pagamento parziale su più anni. Se omologata, salva la casa (se previsto) e stralcia parte debito. Richiede meritevolezza e sostenibilità piano.
  • Procedura liquidatoria: (se troppe pendenze) – liquida la casa comunque, però sotto controllo giudice. Vantaggio: dopo, debitore esdebitato (debiti residui perdonati). Svantaggio: perde casa comunque, tempi lunghi.
  • Non fare nulla (subire asta): casa venduta spesso a ribasso, debito residuo probabile, segnalazioni negative, possibili ulteriori pignoramenti sul residuo. Opzione peggiore.

Simulazione numerica semplificata:

ScenarioImporto
Debito residuo iniziale€130.000 (capitale)
Interessi moratori 2 anni~€20.000 (supponendo 8-10% annuo)
Spese legali e procedurali~€5.000 (atti, CTU, delegato)
Totale dovuto pre-asta€155.000 circa
Valore mercato immobile€120.000
Base d’asta (ribasso 25%)€90.000
Prezzo aggiudicazione€90.000 (unico offerente)
Costi procedura prelevati€10.000 (stima)
Netto ai creditori€80.000
Quota assegnata alla banca€80.000 (ipoteca 1° grado)
Debito residuo post-asta€75.000 (circa)
Azioni sul residuoPrecetto + pignoramento stipendio (1/5) per €75k

Nell’esempio, il debitore perde la casa e resta con €75.000 di debito. Se ha stipendio es. €1.500/mese netti, subirà ritenuta di €300/mese (1/5). Occorreranno oltre 20 anni per estinguere €75k, senza considerare interessi legali sul residuo. È evidente come questo scenario sia altamente penalizzante per il debitore.

Fonti normative e giurisprudenziali

Qui di seguito elenchiamo tutte le principali fonti normative (codici e leggi) e giurisprudenziali (sentenze) citate o richiamate nella guida, per approfondimento e verifica:

Codice Civile:

  • Art. 1813 c.c. – Definizione del contratto di mutuo (contratto reale di prestito di una somma di denaro).
  • Art. 1815 c.c. – Disciplina degli interessi nel mutuo; comma 2 prevede la nullità degli interessi usurari (nessun interesse è dovuto in tal caso).
  • Art. 1186 c.c. – Decadenza dal termine per insolvenza del debitore o diminuzione delle garanzie (possibilità per il creditore di esigere subito il credito anche se non scaduto).
  • Art. 2740 c.c.Responsabilità patrimoniale: il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
  • Art. 2744 c.c.Divieto di patto commissorio: nullità di qualunque patto che preveda la perdita automatica del bene dato in garanzia in caso di inadempimento (da cui la necessità del “patto marciano” legislativo).
  • Artt. 2808–2858 c.c. – Disposizioni sull’ipoteca. In particolare art. 2847 c.c.: durata dell’ipoteca (vent’anni, rinnovabile); art. 2855 c.c.: limiti di privilegio sugli interessi (solo interessi degli ultimi 2 anni e dell’anno in corso al momento del pignoramento hanno preferenza ipotecaria).
  • Art. 2932 c.c. – Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto: utilizzato per la vendita coattiva, non direttamente pertinente qui.
  • Art. 2934–2946 c.c. – Prescrizione estintiva: art. 2946 fissa il termine ordinario in 10 anni (salvo eccezioni).
  • Art. 2948 n.4 c.c. – Prescrizione breve di 5 anni per interessi e altre prestazioni periodiche; la giurisprudenza però la esclude per gli interessi contenuti nelle rate di mutuo.
  • Art. 2943 c.c. – Interruzione della prescrizione per effetto di atti giudiziali o stragiudiziali (es. intimazione scritta).
  • Art. 545 c.p.c. (Codice di Procedura Civile) – Limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni (1/5 in genere).

Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993):

  • Art. 40 TUB – Decadenza dal beneficio del termine nei mutui. Storicamente comma 2 prevedeva: inadempimento se 7 rate pagate in ritardo >30 giorni (oggi elevato a 18 rate dal 2016). È la norma cardine che consente la risoluzione anticipata del mutuo per morosità.
  • Art. 120-ter TUB – Estinzione anticipata dei mutui: introdotto dal 2007, sancisce il diritto del cliente all’estinzione anticipata senza penali per mutui prima casa stipulati dopo 2/2/2007 (e fissa limiti alle penali per quelli precedenti).
  • Art. 120-quater TUB – Surrogazione nei contratti di finanziamento (portabilità del mutuo): disciplina la surroga ex L. 40/2007, obbligo per la banca di consentire la portabilità senza spese e mantenendo garanzie.
  • Art. 120-quinquiesdecies TUBInadempimento del consumatore: inserito da D.Lgs. 72/2016, regola il patto marciano e definisce: (comma 3) possibilità di pattuire clausola di trasferimento dell’immobile in caso di 18 rate non pagate; (comma 4) lettere a)-d) dettagli su questa clausola (consulenza obbligatoria al consumatore, stima peritale indipendente, ecc.); (comma 4, lett. c) fissazione di 18 rate come criterio di inadempimento grave; (comma 6) dilazione di 6 mesi per chiedere al consumatore il residuo dopo esecuzione immobiliare.
  • Art. 120-quinquies TUB – (non citato sopra, ma relativo a credito immobiliare ai consumatori).
  • Art. 120-octies TUB – Informativa precontrattuale in crediti immobiliari (non direttamente trattato qui).

Codice di Procedura Civile (principali articoli in tema di esecuzione immobiliare):

  • Art. 480 c.p.c. – Atto di precetto: contiene l’intimazione di adempiere entro minimo 10 giorni.
  • Art. 481 c.p.c. – Efficacia del precetto (90 giorni per iniziare esecuzione).
  • Art. 555 c.p.c. – Forma del pignoramento immobiliare: notifica al debitore e contestuale trascrizione nei registri.
  • Art. 567 c.p.c. – Istanza di vendita; documenti (titolo e certificati ipocatastali).
  • Art. 568 c.p.c. – Valore dell’immobile ai fini dell’esecuzione (domanda stima).
  • Art. 569–571 c.p.c. – Provvedimento di vendita, delega, avviso d’asta, offerte.
  • Art. 583 c.p.c. – Assegnazione a terzi prima dell’asta: offre la possibilità al debitore di trovare un acquirente disposto a pagare i creditori prima dell’incanto (vendita concordata).
  • Art. 584 c.p.c. – Aggiudicazione provvisoria e definitiva (con aumento di quinto se offerto nei 10 gg).
  • Art. 586 c.p.c. – Decreto di trasferimento (emanato dal giudice, libera l’immobile dai gravami).
  • Art. 588–590 c.p.c. – Intervento di terzi nell’esecuzione e offerte entro certo termine (questi articoli trattano l’istanza di assegnazione ecc.).
  • Art. 591-bis c.p.c.Delega delle operazioni di vendita al professionista (notaio/avvocato).
  • Art. 592–600 c.p.c. – (Varie disposizioni sui criteri di aggiudicazione, conversione pignoramento, ecc.).
  • Art. 615 c.p.c. – Opposizione all’esecuzione (contestazione del diritto di procedere: es. titolo non valido, debito estinto, usura, etc.).
  • Art. 624 c.p.c. – Sospensione dell’esecuzione (il giudice può sospendere in caso di opposizione con gravi motivi).
  • Art. 669-duodecies c.p.c. – Provvedimento d’urgenza per sospendere asta in alcuni casi (cautelari).
  • Art. 12-bis L. 3/2012 (ora art. 70 co.4 CCII) – Sospensione delle azioni esecutive in pendenza di procedura di sovraindebitamento.

Leggi speciali:

  • Legge n. 108/1996 – Disposizioni in materia di usura. Stabilisce il meccanismo del tasso soglia trimestrale, prevede reato di usura e all’art. 4 conversione del tasso eccedente a interessi zero (poi riflesso nell’art. 1815 c.c. co.2). Decreto CICR 2000 per TEGM, ecc. (Fonti per calcolo usura).
  • Legge n. 40/2007 (Bersani bis, conv. da D.L. 7/2007) – Introduce portabilità mutui (art. 8), elimina penali estinzione anticipata per mutui prima casa e creditizie a persone fisiche, e riduce penali per contratti precedenti (in accordo ABI-consumatori).
  • D.Lgs. n. 72/2016 – Attuazione direttiva 2014/17/UE (Mortgage Credit Directive): ha modificato il TUB introducendo gli art. 120-quinquiesdecies e seguenti, quindi la soglia 18 rate, patto marciano, obblighi di correttezza del finanziatore verso consumatori in difficoltà.
  • Legge n. 244/2007, art. 2 comma 475 e ss. – Istituzione del Fondo di solidarietà per i mutui prima casa (Fondo Gasparrini), poi rifinanziato e modificato da vari provvedimenti (es. D.L. 18/2020 estensione Covid).
  • Legge n. 3/2012 (vecchia legge sul sovraindebitamento) – prevede: Piano del consumatore (artt. 7-12 ter), Accordo composizione (artt. 7-12), Liquidazione del patrimonio (artt. 14-ter e ss.), Esdebitazione (art. 14-terdecies) etc. (Questa legge è stata abrogata dal Codice della Crisi dal 15/07/2022, ma i concetti rimangono simili).
  • D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) – ha riordinato la materia. In particolare: Artt. 65-83 CCII sul sovraindebitamento: definizioni, condizioni; Art. 67 CCII Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore; Art. 68 CCII proposta piano; Art. 69 CCII contenuto piano; Art. 70 CCII omologa e effetti (comma 4: sospende esecuzioni pendenti); Art. 71 CCII concordato minore; Art. 74-83 CCII liquidazione controllata e esdebitazione. Inoltre D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) ha introdotto composizione negoziata (non pertinente ai consumatori).
  • D.L. n. 69/2013 (art. 52) – Ha introdotto il limite per Equitalia di non pignorare l’unico immobile di residenza del debitore se non è di lusso e debito sotto 120k (non rileva per banche ma utile per distinguere).

Giurisprudenza – Corte di Cassazione (legittimità):

  • Cass., Sez. III, 10 febbraio 2023 n. 4232: ha confermato la natura unitaria del mutuo e la prescrizione decennale decorrente dall’ultima rata (non singole rate). Inoltre ha escluso la prescrizione quinquennale per interessi inseriti nelle rate.
  • Cass., Sez. I, 3 maggio 2024 n. 12007: caso mutuo con deposito cauzionale; ha negato la qualità di titolo esecutivo al mutuo se la somma non è resa disponibile al mutuatario (orientamento poi superato dalle S.U.).
  • Cass., Sez. Unite, 18 settembre 2020 n. 19597: (depositata però nel 2020, commentata 2024) – Grande sentenza sull’usura nei mutui: ha stabilito che gli interessi di mora vanno considerati ai fini dell’usura e se superano la soglia si applica art. 1815 co.2 c.c. (moratori non dovuti, corrispettivi sì fino soglia). Ha definito i criteri di confronto (TEGM + maggiorazione media moratori + 2.1 punti) e chiarito che il cliente può agire per accertare l’usura anche prima del default.
  • Cass., Sez. Unite, 6 marzo 2025 n. 5968: ha risolto il contrasto su mutuo con somme vincolate in deposito/pegno: il mutuo resta titolo esecutivo valido se la somma è messa a disposizione giuridica del cliente, anche se vincolata, e se l’obbligo di restituzione è incondizionato. Ribaltata Cass. 12007/2024.
  • Cass., Sez. Unite, 5 marzo 2025 n. 5841: sul mutuo solutorio: conferma la validità ed efficacia del mutuo usato per pagare debiti pregressi, in quanto l’accredito in conto costituisce traditio sufficiente. Rilevante per opporsi a eccezioni di nullità del mutuo per mancanza di erogazione materiale.
  • Cass., Sez. III, 25 luglio 2022 n. 23149: (richiamata dalle S.U.) – Ha anticipato che la disponibilità giuridica delle somme (es. accredito in conto) basta a perfezionare il mutuo solutorio, anche se il denaro è subito utilizzato per altro.
  • Cass., Sez. III, 7 ottobre 2021 n. 27999: (non citata prima, ma sul fondo patrimoniale) – Ha ribadito che i debiti contratti per scopi familiari (come l’acquisto della casa di abitazione) non sono estranei ai bisogni della famiglia, dunque sono azionabili anche su beni in fondo patrimoniale.
  • Cass., Sez. III, 22 giugno 2017 n. 15403: (sulla prima casa e banca) – Confermò che il divieto di pignoramento prima casa di Equitalia (D.L. 69/2013) non si estende ai creditori particolari: la banca può pignorare l’immobile anche se è prima casa, in virtù dell’ipoteca iscritta prima.
  • Cass., Sez. III, 13 luglio 2017 n. 17352: (sul saldo e stralcio) – Ha statuito che il mancato perfezionamento di un accordo transattivo di saldo e stralcio, in assenza di sottoscrizione di entrambe le parti, non vincola la banca (dunque trattative non concluse non bloccano esecuzione).
  • Cass., Sez. I, 2 luglio 2020 n. 13644: (centrale rischi) – Ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da illegittima segnalazione in Centrale Rischi se la banca agisce con colpa (es. segnalazione errata a fronte di morosità inesistente).
  • Cass., Sez. III, 30 giugno 2021 n. 18709: (mutuo fondiario e tasso soglia) – Ha chiarito come calcolare il TEG dei mutui ai fini dell’usura includendo anche eventuali oneri e interessi di mora, evitando duplicazioni; rimandando comunque al principio delle S.U. 19597/20.

Giurisprudenza di merito (tribunali):

  • Tribunale di Lodi, decreto 19 marzo 2024: ha dichiarato ammissibile un Piano del consumatore ex art. 67 CCII e contestualmente sospeso il pignoramento immobiliare in corso, salvando la casa del debitore a un giorno dall’asta.
  • Tribunale di Milano, decreto 10 giugno 2024: (menzionato in articoli di stampa) – Ha omologato un Piano del consumatore permettendo a una famiglia di evitare la vendita della prima casa, prevedendo il pagamento parziale dei debiti ipotecari in modo sostenibile (v. StudiolegalePaci, 28/6/2024).
  • Tribunale di Napoli, 2023 (Correttivo Ter): ha omologato un Piano familiare con debiti misti inclusi debiti bancari ipotecari, confermando l’orientamento favorevole all’estensione del piano del consumatore anche a debiti risalenti a attività cessate, ecc. (menz. da Studio Borselli).
  • Tribunale di Pisa, sent. 68/2024 del 19/07/2024: (ipotetica, link in risultati) – Omologa di piano del consumatore con pagamento rateale monitorato.
  • Tribunale di Spoleto, sent. 61/2024 del 19/11/2024: – Cita criteri di ammissibilità al piano del consumatore (meritevolezza, etc.).
  • Tribunale di Foggia, 2023: – Ha rigettato un piano del consumatore evidenziando la mancanza di buona fede del debitore (es. ricorso al credito in modo avventato).
  • Tribunale di Torino, ord. 2 Febbraio 2022: – Sospensione dell’esecuzione ex art. 624 c.p.c. per contestazione serio fumus su interessi usurari in mutuo (applicazione Cass. S.U. 2020 nel merito, ad esempio).
  • Tribunale di Roma, sent. 14 gennaio 2020: – Ha dichiarato nullo un precetto perché nel calcolo degli interessi di mora pretendeva importi usurari, applicando art. 1815 c.c. (esempio di come i giudici di merito utilizzano l’argomento usura per stoppare esecuzioni).

(Le pronunce di merito non sono massimate ufficialmente come quelle di Cassazione, ma offrono esempi dell’atteggiamento dei tribunali sui casi concreti.)

Fonti secondarie e dottrinali:

  • Altalex, IlCaso.it, Diritto Bancario, Il Sole 24 Ore (NT+ Diritto): articoli e note a sentenza utilizzati per commenti (es. DirittoBancario 14/02/2023 sulla prescrizione; IlCaso.it pubblica codici annotati; Sole24Ore NT+ Diritto 2020 su Cass. usura).
  • Brocardi.it: per testi normativi e spiegazioni (usato per art. 40 TUB e 2948 c.c.).
  • Manuali giuridici e banche dati: es. “Manuale delle esecuzioni” Cedam, Massimario Ragionato Diritto Bancario (ilcaso.it), commentari al Codice Civile (parte obbligazioni) per nozioni su mutuo, e al CPC per esecuzioni.
  • Normattiva e Gazzetta Ufficiale: per riferimenti testuali delle leggi (Testo aggiornato art. 120-quinquiesdecies TUB etc.).
  • Siti di consulenza legale specializzata: es. avvocaticartellesattoriali.com (Studio Monardo) la cui guida sul mutuo insoluto ha fornito spunti e dati aggiornati, Studio Borselli per esempi su pignoramento e piano del consumatore.
  • Banca d’Italia – Centrale Rischi: circolare n. 139/1991 e agg., per meccanismi segnalazione (non dettagliata qui per brevità, citato solo outcome).
  • Fonti statistiche: rapporto ABI esecuzioni immobiliari (per durata media 3 anni, cenno nella guida).

Hai un mutuo non pagato da anni? Fatti aiutare da Studio Monardo

Se hai interrotto i pagamenti del mutuo da 5, 10 o 15 anni, puoi essere ancora soggetto a richieste della banca, pignoramenti o azioni giudiziarie. Ma in molti casi si può intervenire per limitare i danni o chiudere la posizione.
Fatti aiutare da Studio Monardo.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica se il credito è ancora esigibile o è caduto in prescrizione
📑 Analizza eventuali comunicazioni della banca o notifiche giudiziarie ricevute (decreto ingiuntivo, precetto, pignoramento)
⚖️ Ti difende in giudizio se è iniziata una procedura esecutiva o se il mutuo è stato ceduto a una società di recupero
✍️ Ti assiste nella trattativa con l’istituto di credito per una chiusura a saldo e stralcio
🔁 Ti supporta anche per cancellare segnalazioni negative da CRIF o Centrale Rischi, se illegittime o prescritte

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e difesa contro azioni di recupero mutui
✔️ Difensore in cause per pignoramenti immobiliari
✔️ Consulente per famiglie, ex imprenditori, garanti e mutuatari in difficoltà
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Anche se il mutuo non è stato pagato da molti anni, non tutto è perduto. Spesso si può far valere la prescrizione o trovare una soluzione extragiudiziale.
Con l’aiuto di un avvocato esperto puoi salvaguardare il tuo patrimonio e voltare pagina.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!