Cartella di Pagamento TARI e Prescrizione: La Guida

Hai ricevuto una cartella di pagamento per la TARI dopo anni e ti stai chiedendo se sei davvero obbligato a pagarla? Vuoi sapere se è possibile far valere la prescrizione e liberarti legalmente da questo debito?

La TARI – cioè la tassa sui rifiuti – è un tributo comunale che può essere riscosso direttamente o tramite cartella esattoriale. Ma non è eterno: se l’ente non agisce entro un certo termine, il debito si prescrive e non può più essere richiesto.

Ma qual è il termine di prescrizione per la TARI?

Il termine ordinario è di 5 anni. Questo significa che, se per 5 anni non hai ricevuto nessuna richiesta formale di pagamento (non basta un semplice sollecito), il Comune o l’Agenzia delle Entrate-Riscossione perde il diritto di esigere quel tributo.

E cosa interrompe la prescrizione?

Atti ufficiali e validamente notificati, come:

  • un avviso di accertamento del Comune;
  • una cartella esattoriale;
  • un’intimazione di pagamento o un pignoramento.

Se nessuno di questi è arrivato nei tempi previsti, puoi opporre la prescrizione e chiedere l’annullamento del debito.

Hai ricevuto una cartella esattoriale TARI “vecchia”? Attenzione ai dettagli.

Molte cartelle vengono notificate fuori tempo massimo o senza una base valida (come un avviso precedente). In questi casi, puoi fare ricorso o chiedere lo sgravio, ma serve agire tempestivamente e con una difesa strutturata.

E se hai già pagato in parte o rateizzato?

La situazione cambia: il pagamento può essere considerato un riconoscimento del debito e interrompere i termini di prescrizione. Ma anche in questi casi, vale la pena verificare se tutte le annualità richieste sono effettivamente dovute.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e cartelle esattoriali – ti spiega quando si prescrive la TARI, cosa fare se ricevi una cartella dopo anni e come possiamo aiutarti a bloccare richieste illegittime e chiudere la posizione.

Hai ricevuto una cartella TARI e temi sia fuori termine?

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Introduzione

La TARI (Tassa sui Rifiuti) è il tributo comunale dovuto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani. Chi possiede o detiene, a qualsiasi titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti è soggetto passivo del tributo. In caso di pluralità di possessori o detentori di un immobile, essi sono tenuti in solido al pagamento della tassa, con l’eccezione degli occupanti per meno di 6 mesi l’anno, nel qual caso la TARI è dovuta solo dal possessore (proprietario). Dunque, non solo il proprietario di un immobile deve pagare la TARI, ma anche l’inquilino o usufruttuario (titolare di un diritto reale di godimento) che utilizza il locale. L’obbligazione tributaria è annuale e periodica: il tributo è dovuto di anno in anno secondo le tariffe approvate dal Comune, con possibilità di pagare in più rate (di norma semestrali, con almeno una scadenza dopo il 30 novembre).

Questa guida esamina la fase della cartella di pagamento relativa alla TARI, dal punto di vista del debitore-contribuente che si vede recapitare una cartella esattoriale. La trattazione sarà di livello avanzato – con linguaggio giuridico ma accessibile – rivolta a professionisti (avvocati, consulenti fiscali) ma anche a privati e imprenditori. Si approfondiranno la normativa vigente (Codice Civile, Statuto del Contribuente, leggi sulla TARI e sulla riscossione), la giurisprudenza più recente (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale, Giustizia Tributaria), e tutti gli aspetti pratici: termini di prescrizione, atti interruttivi, decadenze, oneri probatori, nonché strategie difensive e procedure di ricorso. Inoltre, sono incluse tabelle riepilogative e simulazioni pratiche di casi di cartelle TARI in diverse città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Bologna, Firenze, Bari, Catania, Genova), per evidenziare eventuali peculiarità locali. Una sezione FAQ (domande frequenti) chiarirà i quesiti più comuni su notifiche, termini, ricorsi, responsabilità, errori e vizi formali, e impugnabilità degli atti. Infine, verranno illustrati gli strumenti di difesa del contribuente davanti alle sedi competenti (Commissioni/ Corti di Giustizia Tributarie, Giudice Ordinario, Corte di Cassazione) e forniti esempi sintetici di ricorsi e modulistica utili.

Quadro Normativo sulla TARI e la Riscossione (Aggiornato al 2025)

In questa sezione richiamiamo le principali fonti normative che disciplinano la TARI, la riscossione tramite cartella e la prescrizione, con gli aggiornamenti più recenti. Si considereranno il Codice Civile (norme generali su obbligazioni e prescrizione), lo Statuto del Contribuente, la normativa speciale sulla TARI e quella sulla riscossione dei tributi locali, senza dimenticare le evoluzioni legislative fino al 2025.

Soggetti obbligati e presupposto della TARI

Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani nel territorio comunale. Sono escluse dal tributo le aree scoperte pertinenziali/accessorie non operative e le parti comuni condominiali non detenute o occupate esclusivamente.

Soggetti tenuti al pagamento: Chiunque possieda o detenga i locali/aree (proprietario, usufruttuario, locatario, comodatario, ecc.) è tenuto al pagamento della tassa. In caso di pluralità di coobbligati (es. comproprietari o più detentori), vige la responsabilità solidale per l’unica obbligazione tributaria. Se l’immobile è locato, di regola l’inquilino (detentore) è il soggetto passivo per la durata dell’occupazione, eccetto il caso di occupazione temporanea non superiore a 6 mesi nell’anno solare: in tal caso il legislatore ha stabilito che la TARI è dovuta solo dal possessore (tipicamente il proprietario). Questa regola evita che per brevi occupazioni il Comune debba rincorrere l’ospite temporaneo; quindi, ad esempio, un affittuario con contratto di 4 mesi non paga la TARI e il tributo annuale resta a carico del proprietario.

Obbligo dichiarativo: Il contribuente di norma deve presentare una dichiarazione TARI al Comune (all’inizio dell’occupazione, variazioni, cessazione), secondo le norme regolamentari locali. In base a tale denuncia (o ai dati catastali/contrattuali a disposizione), il Comune calcola l’importo dovuto e invia annualmente un avviso di pagamento con i relativi bollettini o modelli per il versamento. In molti Comuni la TARI è riscossa in liquidazione d’ufficio (il Comune emette bollettini precompilati a partire dalla dichiarazione TARI del contribuente); in altri può essere in autoliquidazione (il contribuente calcola e versa autonomamente la tassa, secondo tariffe e scadenze comunicategli), modalità meno diffusa data la complessità del tributo. Nel sistema di liquidazione d’ufficio, il mancato pagamento alle scadenze comporta l’irrogazione di sanzioni e l’avvio delle procedure di accertamento e riscossione coattiva, come vedremo.

Decadenze e accertamento del tributo comunale

La legge prevede stringenti termini di decadenza entro cui il Comune deve attivarsi per accertare e richiedere la TARI dovuta e non versata. Tali termini, fissati dalla Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria 2007), garantiscono che l’ente impositore eserciti il proprio potere impositivo in tempi ragionevoli, evitando pretese tardive a distanza di molti anni.

  • Decadenza per l’accertamento TARI: In caso di omesso o insufficiente pagamento TARI, il Comune deve notificare un avviso di accertamento al contribuente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il versamento doveva essere effettuato. Ad esempio, per la TARI dovuta per l’anno d’imposta 2020 (con scadenze di pagamento nel corso del 2020), un eventuale avviso di accertamento dev’essere notificato entro il 31 dicembre 2025. Questo termine quinquennale di decadenza per gli accertamenti dei tributi locali è stabilito dall’art. 1, comma 161, L. 296/2006. Decorso tale termine, il Comune perde il potere di accertare e richiedere la tassa per quell’anno: il credito tributario è decaduto (estinzione “amministrativa” del tributo per tardività dell’atto impositivo).
  • Avviso di accertamento: L’atto impositivo notificato entro i 5 anni è tipicamente un avviso motivato che liquida la TARI non versata per uno o più anni d’imposta, applicando la sanzione per omesso pagamento (pari al 30% dell’importo, ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 471/1997) e gli interessi legali o regolamentari maturati. L’avviso indica un termine (30 o 60 giorni) per pagare le somme o per presentare ricorso alla giustizia tributaria. Fino al 2019, l’avviso di accertamento dei Comuni non era di per sé un titolo esecutivo: se il contribuente non pagava né impugnava, l’ente doveva successivamente iscrivere a ruolo le somme dovute ed emettere una cartella di pagamento (oppure emettere un’ingiunzione fiscale) per attivare la riscossione coattiva. Dal 2020 – come vedremo – l’avviso di accertamento ha assunto anche efficacia esecutiva.
  • Decadenza per la riscossione coattiva (ante 2020): Secondo la medesima L.296/2006, una volta divenuto definitivo l’avviso di accertamento (per decorso del termine di ricorso o a seguito di decisione passata in giudicato), il Comune aveva 3 anni di tempo per avviare la riscossione coattiva, notificando la cartella di pagamento (tramite l’Agente della Riscossione) o l’ingiunzione fiscale. Il termine era fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo (art. 1, comma 163, L. 296/2006). Ad esempio, se un avviso d’accertamento TARI 2017 veniva notificato nel 2022 e non impugnato (divenendo definitivo trascorsi 60 giorni), il Comune aveva fino al 31 dicembre 2025 per emettere la cartella esattoriale o ingiunzione. Trascorso tale triennio senza atti di riscossione, anche se l’accertamento era valido, l’azione di recupero coattivo decadeva per tardività.

Nota: La decadenza triennale riguardava l’attivazione formale della riscossione (notifica del primo atto esecutivo). Dopo la notifica della cartella/ingiunzione nei termini, l’ente poteva procedere oltre tale periodo con gli atti esecutivi (fermi, pignoramenti) secondo i termini di prescrizione, di cui si dirà infra.

  • Statuto del Contribuente – art. 3: Lo Statuto (L. 212/2000) stabilisce che le disposizioni tributarie non possono imporre adempimenti prima di 60 giorni dalla loro entrata in vigore, e in generale tutela l’affidamento e la buona fede del contribuente. In tema di TARI, è importante ricordare che i regolamenti e le tariffe comunali devono essere approvati e pubblicati entro precisi termini di legge (es. approvazione del Piano Finanziario e tariffe TARI entro il 30 aprile dell’anno) affinché il tributo sia legittimamente esigibile. Inoltre l’art. 1, comma 169, L. 296/2006 prevede che le tariffe TARI siano deliberate annualmente dal Comune entro la data di approvazione del bilancio di previsione: in mancanza, si applicano le tariffe vigenti (principio di irretroattività delle nuove tariffe).

Riscossione coattiva: cartella esattoriale e avviso di accertamento esecutivo

Cartella di pagamento: La cartella di pagamento (detta anche cartella esattoriale) è l’atto con cui l’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate-Riscossione, ex Equitalia) intima al contribuente il pagamento di somme risultanti dovute, a seguito dell’iscrizione a ruolo effettuata dall’ente creditore. In pratica, il ruolo è un elenco di debitori e carichi debitori formato dall’ente (il Comune, nel caso della TARI) e trasmesso all’Agente della Riscossione. Sulla base del ruolo, l’Agente emette e notifica la cartella di pagamento, che contiene per ciascun ente creditore le somme dovute e la causale (tributo, anno di riferimento, sanzioni, interessi). La cartella indica al contribuente l’invito a pagare entro un termine (in genere 60 giorni dalla notifica) e fornisce le istruzioni su come pagare (anche a rate), nonché su come chiedere sospensione o presentare ricorso. Se il pagamento non avviene entro il termine, la cartella costituisce titolo esecutivo per avviare misure cautelari o esecutive (fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento) senza bisogno di ulteriori avvisi, salvo l’intimazione di pagamento di cui all’art. 50 DPR 602/1973 (vedi oltre).

Esempio di fac-simile di una cartella di pagamento (primo foglio) emessa da Agenzia Entrate-Riscossione, con indicazione dell’ente creditore, causale del debito TARI, importi e avvertenze per il contribuente.

Fino al 2019, lo schema procedurale per il recupero della TARI non pagata prevedeva due fasi distinte: prima la notifica dell’avviso di accertamento da parte del Comune (atto impositivo “prodromico”), poi – se il contribuente non pagava né impugnava l’accertamento – la notifica della cartella di pagamento (o in alternativa di un’ingiunzione fiscale) da parte dell’Agente della riscossione, su incarico del Comune. La cartella andava notificata entro il termine decadenziale di 3 anni dalla definitività dell’accertamento. L’omessa notifica dell’accertamento comportava la nullità della successiva cartella, in quanto atto emesso sine titulo: è infatti necessario che la pretesa tributaria sia prima cristallizzata in un atto impositivo regolarmente notificato al contribuente, prima di poter procedere con la riscossione forzata. Giurisprudenza unanime conferma che la cartella TARI è nulla se non preceduta dall’avviso di accertamento. Ad esempio, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Catanzaro, sentenza n. 1189/2023, ha annullato una cartella TARI proprio perché il Comune non aveva fornito prova della notifica dell’atto prodromico: “non è stata fornita la prova dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento, atto prodromico per l’emissione dell’impugnata intimazione di pagamento”. Dal punto di vista del debitore, quindi, il primo controllo da fare è verificare se a monte della cartella vi sia un accertamento definitivo validamente notificato (o una dichiarazione TARI omessa): in assenza, la cartella può essere contestata per difetto di titolo.

Avviso di accertamento esecutivo (dal 2020): La Legge 27 dicembre 2019 n. 160 (Legge di Bilancio 2020) ha profondamente innovato la riscossione degli enti locali introducendo l’accertamento esecutivo. In particolare, l’art. 1, comma 792, L.160/2019 dispone che per gli atti di accertamento emessi dai comuni a partire dal 1° gennaio 2020, relativi a tributi locali (come IMU, TARI) o entrate patrimoniali, l’avviso di accertamento deve contenere anche l’intimazione ad adempiere entro il termine di proposizione del ricorso (60 giorni) e costituisce titolo esecutivo decorsi 30 giorni dall’espirazione di detto termine. In altri termini, l’accertamento comunale oggi “concentra” in un unico atto sia la funzione impositiva sia quella esecutiva: se il contribuente non paga né presenta ricorso entro 60 giorni, l’avviso diviene esecutivo e legittima l’ente o il concessionario a procedere direttamente alla riscossione coattiva, senza bisogno di cartella di pagamento.

Le caratteristiche obbligatorie del nuovo avviso di accertamento esecutivo includono:

  • l’intimazione ad adempiere entro 60 giorni (termine per il ricorso);
  • l’indicazione che, trascorsi 30 giorni ulteriori, l’atto costituisce titolo esecutivo per attivare le procedure cautelari ed esecutive;
  • l’indicazione del soggetto incaricato della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata, decorso il termine (es.: Agenzia Entrate-Riscossione o concessionario locale);
  • il dettaglio degli oneri di riscossione a carico in caso di pagamento tardivo (aggio, spese).

Trascorsi dunque 90 giorni dalla notifica (60 + 30), senza che sia stato proposto ricorso o effettuato il pagamento, l’ente può procedere con le misure esecutive (pignoramenti, fermi ecc.), previa notifica di un avviso “bonario” di sollecito (non previsto dalla legge ma spesso inviato) oppure della formale intimazione di pagamento (se è trascorso oltre un anno; v. infra). In pratica, l’accertamento esecutivo ha eliminato la fase della cartella per gli atti dal 2020 in poi, snellendo e accelerando la riscossione.

Tuttavia, permangono cartelle di pagamento per le pretese relative a periodi precedenti o in particolari casi. Ad esempio, nel 2020-2021 molti comuni hanno inviato cartelle TARI tramite Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare annualità pregresse (2015 e seguenti) entro i termini di decadenza previgenti. Oppure, alcuni Enti Locali che non si avvalgono di AER possono aver continuato ad usare lo strumento dell’ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910) per la riscossione coattiva, atto anch’esso divenuto esecutivo trascorsi 60 giorni dalla notifica. In sostanza, un contribuente nel 2025 può trovarsi di fronte sia a cartelle esattoriali (per ruoli emessi su annualità passate) sia a nuovi avvisi di accertamento immediatamente esecutivi. Ai fini della prescrizione, come vedremo, non vi è differenza sostanziale: notificato l’atto (cartella o accertamento esecutivo), il successivo decorso del tempo senza atti interruttivi può estinguere la pretesa.

Intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/1973: Merita menzione questo atto, che spesso genera dubbi. Secondo la normativa nazionale sulla riscossione (D.P.R. 602/1973, art. 50), se dall’notifica della cartella sono trascorsi più di 12 mesi senza che sia stata avviata l’esecuzione forzata, l’Agente della riscossione, prima di procedere al pignoramento, deve notificare al debitore un avviso (intimazione) di pagamento contenente l’ingiunzione a pagare le somme entro 5 giorni. L’intimazione non è un nuovo titolo autonomo, ma un atto dovuto che reitera la richiesta di pagamento già contenuta nella cartella. Dal punto di vista sostanziale, l’intimazione (così come un sollecito di pagamento semplice) costituisce un atto interruttivo della prescrizione al pari della cartella. L’intimazione è impugnabile davanti al giudice tributario solo per vizi propri o per far valere eventi estintivi sopravvenuti (es: prescrizione, avvenuto pagamento, annullamento del ruolo) – se invece si contestano vizi originari della cartella non impugnata, l’intimazione non riapre i termini (vedi paragrafo sulla tutela giurisdizionale).

Prescrizione dei tributi locali: termini e normativa civilistica

In aggiunta ai termini decadenziali (che riguardano il potere-dovere dell’ente di attivarsi), vi è l’istituto della prescrizione, che attiene al diritto sostanziale di esigere il pagamento. La prescrizione è regolata dal Codice Civile (artt. 2934 e segg.) ed è definita come l’estinzione del diritto che il creditore non esercita per il tempo determinato dalla legge (art. 2934 c.c.). Mentre la decadenza opera di diritto e può essere rilevata d’ufficio, la prescrizione deve essere eccepita dal debitore (art. 2938 c.c.) e può essere rinunciata dopo maturata (art. 2937 c.c.). Nel contesto dei tributi locali come la TARI, la prescrizione ha assunto una rilevanza cruciale nelle strategie difensive, in quanto i comuni spesso tardano nelle azioni di riscossione.

Termine di prescrizione ordinario: In generale, i diritti si prescrivono in 10 anni salvo che la legge disponga un termine più breve (art. 2946 c.c.). Per alcune tipologie di crediti “periodici” la legge prevede termini più brevi: l’art. 2948, n.4 c.c. stabilisce la prescrizione in 5 anni per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. La giurisprudenza ha ricondotto i tributi locali periodici (quali TARSU/TARI, IMU, TASI ecc.) a questa categoria, ritenendoli soggetti al termine breve quinquennale. Ciò in quanto la TARI ha natura di prestazione periodica, dovuta anno per anno su base normativa e tariffaria variabile, assimilabile a un’obbligazione di durata. Dunque, la TARI si prescrive in 5 anni dal momento in cui il Comune può esigerla. La legge vigente conferma espressamente tale termine: “la Tari si prescrive in cinque anni, essendo una tassa che deve essere pagata periodicamente, di anno in anno”.

Va precisato da quando decorre il termine. Secondo il Codice Civile (art. 2935 c.c.) la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Per la TARI, trattandosi di obbligazione annuale, la prescrizione del diritto dell’ente comunale alla riscossione inizia il 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento del tributo (quando ormai l’importo è definitivamente determinato e scaduto). Ad esempio, la TARI dovuta per l’anno 2020 (con scadenze nel 2020) si prescrive al 31 dicembre 2025; la TARI 2021 al 31 dicembre 2026, e così via, salvo atti interruttivi. Questo computo “a fine anno” è spesso applicato in analogia a quanto avviene per altri tributi annuali.

Prescrizione quinquennale vs decennale: Un dibattito giurisprudenziale rilevante, ormai risolto dalle Sezioni Unite, riguardava se il mancato ricorso del contribuente contro un atto impositivo trasformasse il termine breve di prescrizione in quello ordinario decennale (ai sensi dell’art. 2953 c.c., che prevede la “conversione” in prescrizione decennale per i diritti riconosciuti con sentenza passata in giudicato). In passato, parte della giurisprudenza assimilava l’avviso di accertamento definitivo non impugnato a un giudicato tributario, applicando il termine decennale ex art. 2953 c.c. alle somme iscritte a ruolo. Tuttavia, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito in via generale che la mancata impugnazione nei termini di un atto di riscossione non comporta la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, salvo che intervenga un titolo giudiziale definitivo. Il leading case è la sentenza Cass. SS.UU. n. 23397/2016, secondo cui il decorso del termine per impugnare un atto di riscossione a ruolo produce l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito (non più contestabile nel merito), ma non la trasformazione della prescrizione breve prevista per quel credito in prescrizione decennale, “tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”. Dunque, ad esempio, per un credito TARI soggetto a prescrizione quinquennale, il semplice fatto che il contribuente non abbia fatto ricorso contro la cartella non fa diventare il termine di prescrizione 10 anni: resta di 5 anni dall’ultimo atto interruttivo, salvo il caso in cui il Comune ottenga una sentenza passata in giudicato (evento raro, di solito è il contribuente a proporre ricorso). Le Sezioni Unite hanno esteso questo principio generale a tutti gli atti della riscossione coattiva, per crediti tributari (erariali e locali), previdenziali e sanzioni amministrative.

Riassumendo i termini applicabili alla TARI:

  • 5 anni: termine di prescrizione ordinario della TARI e degli altri tributi locali annuali (IMU, TASI, TARSU, ecc.), ai sensi dell’art. 2948 n.4 c.c., anche dopo notifica di avviso o cartella non impugnati, salvo sentenza. Le più alte corti confermano fermamente tale orientamento.
  • 10 anni: si applica ai tributi erariali (es. IRPEF, IVA) e ad altre entrate non periodiche, oppure quando il credito d’imposta sia consacrato in una sentenza passata in giudicato (art. 2953 c.c.). Alcune pronunce Cass. del 2021 hanno, ad esempio, ritenuto l’IRAP e altre imposte erariali soggette a prescrizione decennale. Ma per i tributi locali, l’orientamento è costantemente per i 5 anni.

Di conseguenza, il diritto del Comune di riscuotere la TARI si estingue per prescrizione se trascorrono 5 anni senza atti interruttivi validi, a partire dal momento in cui il credito è esigibile. Questo concetto sarà approfondito con l’analisi degli atti interruttivi e delle sentenze di legittimità.

Atti interruttivi e sospensione della prescrizione

Interruzione della prescrizione: La prescrizione può essere interrotta da ogni atto con il quale il titolare del diritto (il creditore) manifesta al debitore la volontà di far valere il proprio diritto (art. 2943 c.c.). L’effetto dell’interruzione è di far decorrere un nuovo periodo di prescrizione di uguale durata a quello originario, dal giorno dell’atto interruttivo (art. 2945 co.2 c.c.). Ai fini della TARI, costituiscono atti interruttivi tutti gli atti formali di messa in mora o di esercizio della riscossione compiuti dal Comune o dall’Agente della Riscossione nei confronti del contribuente. In particolare, la notifica di una cartella di pagamento è espressamente riconosciuta come atto interruttivo della prescrizione. Lo stesso dicasi per la notifica di un avviso di accertamento (che precede la cartella) o di una ingiunzione fiscale, per un sollecito di pagamento scritto contenente l’intimazione a pagare un determinato importo, per l’intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/73, nonché per ogni atto dell’esecuzione forzata come il pignoramento. La giurisprudenza afferma chiaramente che la cartella, in quanto atto con cui l’ente esercita il credito, fa decorrere da zero il termine di prescrizione dal giorno successivo alla sua notifica. Quindi, se un Comune notifica al contribuente una cartella TARI, da quel momento iniziano a conteggiarsi nuovamente i 5 anni (per la TARI). Ogni ulteriore sollecito o intimazione successiva interromperà nuovamente il decorso, se notificata entro il quinquennio precedente.

Di seguito una tabella riassuntiva dei principali atti interruttivi e del loro effetto:

Atto o eventoEffetto sulla prescrizioneRiferimenti
Notifica dell’avviso di accertamentoInterruzione – decorre nuovo termine dalla notificaArt. 2943 c.c.; L. 296/2006
Notifica della cartella di pagamentoInterruzione – decorre nuovo termine dalla notificaArt. 2943 c.c.; Cass. 25080/2021; Cass. 31260/2022
Notifica di ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910)Interruzione analoga alla cartella (titolo esecutivo locale)Cass. SS.UU. 23397/2016
Invio di sollecito di pagamento scritto (es. raccomandata o PEC)Potenziale interruzione, se contiene riconoscibile intimazione o costituzione in mora per uno specifico importo tributarioCass. 1980/2022 (implicitamente conferma)
Notifica intimazione di pagamento (art.50 DPR 602/73)Interruzione – decorre nuovo termine dalla notificaCass. 31260/2022; Cass. 25080/2021
Atto di pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi)Interruzione – (equivale ad atto esecutivo di riscossione coattiva)Cass. SS.UU. 23397/2016
Iscrizione di fermo amministrativo o ipoteca (e relativa comunicazione)Atto cautelare: tendenzialmente sì, se comunicato al debitore (ma dibattuto). Prudenza: considerarli interruttivi se notificati.
Pagamento di una rata (di piano di dilazione) da parte del debitoreRiconoscimento del debito: Interruzione (art. 2944 c.c.), il termine decorre da ultimo pagamento.Art. 2944 c.c. (riconosci. debito)
Eventi sospensivi di legge (vedi sotto)Sospendono il decorso per il periodo previsto

Sospensione della prescrizione: Oltre all’interruzione (che azzera e fa ripartire il termine), vi sono cause di sospensione in cui la prescrizione è temporaneamente “congelata” per una certa durata, per poi riprendere a decorrere dal punto in cui era rimasta. Nel caso della TARI e dei tributi locali, le cause di sospensione possono derivare da disposizioni di legge straordinarie, oppure da atti concordati tra le parti. Esempi:

  • Sospensioni legislative straordinarie: La legge talvolta prevede, in situazioni eccezionali, la sospensione dei termini di prescrizione per un certo periodo. Un caso fu la Legge 147/2013 (commi 618-623) che sospese per alcuni mesi (1 gennaio – 15 giugno 2014) i termini di prescrizione dei crediti affidati ad Equitalia, durante il passaggio delle funzioni di riscossione. Altro esempio recente: durante l’emergenza Covid-19, il legislatore ha sospeso i termini di notifica di atti di riscossione e, indirettamente, anche il decorso della prescrizione tributaria per il periodo marzo 2020 – agosto 2020 (ai sensi dell’art. 68 D.L. 18/2020, convertito). Tali periodi di sospensione legale non si computano nel calcolo del termine prescrizionale.
  • Istanza di rateizzazione o adesione a definizione agevolata: se il contribuente presenta una richiesta di rateizzazione del debito oppure aderisce a una procedura di “rottamazione” delle cartelle, la legge prevede la sospensione della riscossione e degli stessi termini di prescrizione. Ad esempio, durante una rateizzazione concessa, la prescrizione rimane sospesa fino alla scadenza dell’ultima rata del piano. Analogamente, presentare domanda di rottamazione (definizione agevolata) sospende il decorso fino all’esito e per tutta la durata dei pagamenti rateali concordati. Se poi il contribuente decade dalla rateizzazione o non perfeziona la rottamazione (saltando le rate), la prescrizione riprende dal momento della comunicazione di decadenza, e l’Agente della riscossione dovrà notificare un nuovo atto (es. intimazione) per interromperla nuovamente.
  • Litigation (ricorso): Attenzione, l’instaurazione di un ricorso tributario non sospende né interrompe la prescrizione del credito. Questo perché, da un lato, l’art. 2943 c.c. considera interruttivi solo gli atti del titolare del diritto verso il debitore, non viceversa; dall’altro, la pendenza di un giudizio sul merito del tributo non impedisce al credito di estinguersi per prescrizione se l’ente resta inerte (è onere dell’ente, semmai, porre in essere atti interruttivi durante il processo, ove necessario, ad esempio iscrivere a ruolo provvisorio o notificare solleciti). Tuttavia, dopo una sentenza definitiva favorevole all’ente, si ritiene (in dottrina) applicabile l’art. 2953 c.c. con conversione in 10 anni, ma è situazione rara nel contenzioso TARI.

Ricapitolo: la prescrizione TARI è di 5 anni; ogni atto di accertamento o riscossione notificato interrompe il termine facendolo ripartire da capo; periodi di sospensione (legali o concordati) non contano nel computo. Se il Comune/Agente non compie alcun atto per oltre 5 anni, il contribuente potrà eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto alla riscossione e ottenere l’annullamento del debito.

Tabella riepilogativa – Termini e riferimenti

Per avere un colpo d’occhio sui termini chiave che regolano la pretesa TARI, forniamo la seguente tabella riassuntiva:

AspettoTermineRiferimento Normativo/Giurisprudenziale
Decadenza accertamento TARI5 anni (notifica avviso entro 31/12 del 5° anno successivo al dovuto)L. 296/2006, c.161
Decadenza cartella (ante 2020)3 anni (notifica cartella entro 31/12 del 3° anno successivo a definizione accertamento)L. 296/2006, c.163
Prescrizione ordinaria (diritto)5 anni (TARI e tributi locali annuali periodici)Art. 2948 n.4 c.c.; Cass. ord. 20956/2019; Cass. 17667/2024
Prescrizione in casi particolari10 anni (tributi erariali, titoli giudiziali)Art. 2946 c.c.; Art. 2953 c.c.; Cass. SS.UU. 11676/2024
Decorrenza prescrizione TARIDal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento (salvo atti interruttivi)Cass. 2022 n.31260; prassi giurisprudenziale consolidata
Atti interruttivi tipiciNotifica avvisi, cartelle, solleciti, intimazioni, atti esecutivi, riconoscimento debitoArt. 2943 c.c.; Cass. SS.UU. 23397/2016; Cass. 25080/2021
Sospensione (esempi)Covid 2020: ~6 mesi; Adesione rottamazione: durata procedura e pagamenti; Rateazione: fino a ultima rataArt. 68 D.L. 18/2020; Art. 3 D.L. 119/2018; Art. 19 DPR 602/73

Giurisprudenza recente su Cartella TARI e Prescrizione

Negli ultimi anni la giurisprudenza – soprattutto della Corte di Cassazione – ha fornito principi molto importanti in tema di prescrizione dei tributi locali e validità delle cartelle esattoriali TARI. In questa sezione esamineremo le sentenze chiave fino a giugno 2025, incluse pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione che hanno risolto contrasti e orientato in modo univoco la materia. Si darà conto anche di eventuali pronunce della Corte Costituzionale (se rilevanti) e di alcune decisioni significative delle Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria) di merito.

Orientamenti della Corte di Cassazione (2016–2025)

  • Cass. Sez. Unite 17/11/2016 n. 23397: ha stabilito il principio generale, già illustrato, secondo cui la mancata impugnazione di un atto della riscossione non converte la prescrizione breve in decennale ex art. 2953 c.c. in assenza di un giudicato. Le SS.UU. affermano che ciò vale per tutti i crediti tributari o patrimoniali iscritti a ruolo, sia dello Stato che di enti locali. Questa sentenza ha risolto definitivamente il dibattito sulla “conversione” della prescrizione in ambito fiscale, chiarendo che un accertamento non impugnato non equivale a sentenza.
  • Cass. Sez. Unite 25/11/2019 n. 34447: pronuncia sulle competenza giurisdizionale (vedi infra Corte Cost. e Sez.Un. 2025) e sul riparto tra giudice tributario e ordinario in materia di eccezioni di prescrizione post-cartella. Nella stessa data varie sezioni semplici della Cassazione ribadirono il termine quinquennale per i tributi locali. Ad esempio, Cass. ord. 20956/2019 ha affermato in modo chiaro che “il termine di prescrizione dei tributi locali è di 5 anni. Quindi, IMU e TARI non pagate, decorsi 5 anni, non si pagano più”.
  • Cass. V sez. 8/07/2020 n. 13683: ha confermato che IMU, TASI e analoghi tributi comunali sono soggetti a prescrizione quinquennale, rigettando l’idea che potesse applicarsi l’ordinario termine decennale. La motivazione richiama la natura periodica annuale di tali imposte (art. 2948 c.c.).
  • Cass. V 17/06/2021 n. 17363: in continuità con le precedenti, ha ritenuto prescritti in 5 anni i crediti da TARSU/TARI, richiamando espressamente l’art. 2948 c.c. e rientrando tali entrate tra quelle periodiche. Nello stesso anno altre pronunce (Cass. n. 5836/2021, n. 13815/2021, n. 29447/2021) hanno evidenziato una differenziazione: tributi locali = 5 anni; tributi erariali = 10 anni. Ciò anticipava una questione risolta poi nel 2024.
  • Cass. Sez. Unite 15/02/2024 n. 11676: intervento di grande rilievo, che ha fatto chiarezza definitiva: le Sezioni Unite hanno affermato che per i tributi erariali il termine di prescrizione resta decennale, mentre per i tributi locali è quinquennale, salvo sempre l’ipotesi di titolo giudiziale. Questa sentenza ha confermato la dualità di regime già presente nella giurisprudenza, mettendo fine a eventuali incertezze residue. Dunque, ad esempio, IRPEF, IVA, IRAP si prescrivono in 10 anni (salvo eccezioni di legge), mentre IMU, TARI, TASI, Tosap/Cosap, etc. in 5 anni.
  • Cass. V 26/06/2024 n. 17667: questa decisione, commentata come caso emblematico in materia di TARI, ha ribadito l’orientamento favorevole alla prescrizione quinquennale per la riscossione coattiva della tassa rifiuti. La Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, il quale eccepiva che la TARI (nel caso, la vecchia TARSU) fosse prescritta in 5 anni e che il termine breve non si convertisse in decennale in assenza di giudicato. La Corte ha censurato la CTR la quale erroneamente aveva applicato 10 anni ritenendo la sospensione di 6 mesi nel 2014 sufficiente a salvare la pretesa: in realtà trattandosi di tributo locale periodico ex art. 2948 c.c., il termine era di 5 anni ed era già ampiamente decorso. La sentenza richiama espressamente il principio delle SU 2016 sulla non conversione e ribadisce l’assenza in quel caso di un titolo giudiziale. In conclusione, la cartella TARSU 2005 in questione è stata dichiarata estinta per prescrizione quinquennale. Questa pronuncia è importante perché applica concretamente i principi teorici al caso TARI, confermando l’orientamento pro-contribuente.
  • Cass. Sez. VI-5 11/11/2021 n. 25080: ha sottolineato il ruolo interruttivo della cartella di pagamento. In particolare, si afferma che la notifica di una cartella esattoriale interrompe la prescrizione, che ricomincia a decorrere dal giorno seguente; tuttavia, se per un tributo opera il termine breve, la cartella non impugnata non lo allunga a 10 anni. (Questi concetti ora appaiono scontati dopo le SU, ma giova notare come fossero già diffusi).
  • Cass. Sez. Unite 30/01/2025 n. 2098 (conforme Cass. SU 26/03/2025 n. 8069): queste recentissime ordinanze delle Sezioni Unite hanno risolto un conflitto di giurisdizione circa le eccezioni di prescrizione sopravvenute dopo la notifica della cartella. Hanno stabilito che rientra nella giurisdizione del giudice tributario valutare se il credito tributario si sia prescritto dopo la notifica della cartella, anche se la notifica della cartella è valida. Si tratta di un punto fondamentale: in passato, alcuni ritenevano che dopo la notifica della cartella definitiva, eventuali vicende estintive (pagamento, prescrizione) fossero da far valere solo innanzi al giudice dell’esecuzione (giudice ordinario). Le SU 2025 chiariscono invece che quando il contribuente contesta la definitività della cartella invocando un fatto estintivo sostanziale – come la prescrizione maturata post-cartella – la controversia non è meramente esecutiva ma attiene ancora alla “pretesa tributaria”, e quindi appartiene al giudice tributario. Viene adottato il criterio del petitum sostanziale: se la posizione dedotta in giudizio riguarda la esistenza del debito tributario (ancorché per fatti successivi come prescrizione, non importano i profili temporali), è materia tributaria. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria solo le contestazioni relative a vizi formali dell’atto esecutivo in sé (es. un pignoramento eseguito in modo illegittimo) o comunque questioni insorte dopo l’inizio dell’esecuzione (es: regolarità delle modalità di vendita forzata), che attengono alla fase strettamente esecutiva. In pratica, se il contribuente deduce di non aver mai ricevuto un atto precedente e quindi la cartella non è definitiva, o deduce che il credito si è estinto per prescrizione prima o dopo la cartella, la giurisdizione è del giudice tributario, perché si discute della persistenza dell’obbligo tributario. Questo principio uniforma la tutela: il contribuente non deve rivolgersi al Tribunale ordinario per far dichiarare prescritta una cartella TARI; può e deve sollevare l’eccezione dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria competente, impugnando l’atto (spesso l’intimazione di pagamento o il pignoramento come veicolo per far valere la prescrizione). Le SU 2025 hanno così risolto i dubbi generati da precedenti contrastanti (ad es. SU 34447/2019 sembrava propendere per il giudice ordinario dopo cartella valida): ora, prescrizione e altri fatti estintivi di un tributo sono sempre valutabili dal giudice tributario finché si discute dell’an debeatur, mentre il giudice ordinario resta competente solo per le questioni attinenti agli atti dell’esecuzione in senso stretto.

In sintesi, la Cassazione – attraverso numerose pronunce – ha consolidato uno scenario favorevole ai contribuenti per i tributi locali: prescrizione breve quinquennale, inderogabile salvo giudicato; onere per l’ente di attivarsi in tempo e di provare le interruzioni; giurisdizione tributaria anche sulle eccezioni di prescrizione sopravvenuta. Chi riceve una cartella TARI ha dunque solide basi normative e giurisprudenziali per far valere l’estinzione del debito se il Comune o l’Agente hanno “dormito” oltre il quinquennio.

Interventi della Corte Costituzionale

Corte Costituzionale: non risultano, allo stato, pronunce specifiche della Consulta in materia di TARI e termini di prescrizione della riscossione. La Corte Costituzionale, in passato, si è occupata di tributi locali per altri profili (ad esempio, sentenze sulla natura tariffaria vs tributaria di alcune componenti della TIA – Tariffa di Igiene Ambientale – e relative implicazioni IVA), ma tali questioni sono superate dall’assetto normativo attuale che qualifica la TARI inequivocabilmente come tributo comunale.

Possiamo citare, come principio generale, che la Corte Costituzionale ha più volte affermato la legittimità di termini di decadenza e prescrizione brevi in ambito tributario, in quanto strumenti volti a bilanciare l’interesse fiscale con quello alla certezza dei rapporti giuridici. Ad esempio, la Consulta ha giudicato conforme a Costituzione (artt. 3 e 24) la perentorietà dei termini per gli accertamenti tributari e la decadenza dell’azione erariale se essi non sono rispettati, ritenendola espressione del principio generale di ragionevole durata dei procedimenti e di tutela del contribuente da pretese indefinite nel tempo. Sebbene non direttamente sulla TARI, si può menzionare Corte Cost. n. 280/2005, che in relazione alla TIA concluse trattarsi di una prestazione patrimoniale imposta di natura non tributaria (tesi poi superata), evidenziando però che il legislatore può modulare diversamente le discipline anche quanto a prescrizione (la TIA fu ritenuta assoggettabile a IVA e al termine ordinario, mentre la TARSU no, con 5 anni).

Più rilevante, la Corte Costituzionale ha avallato le varie rottamazioni delle cartelle e persino l’annullamento automatico dei piccoli debiti (stralcio fino 1000 euro previsto dalla L. 197/2022) senza censure, il che indirettamente conferma che lo Stato può rinunciare a crediti prescritti o di modesta entità in ossequio a ragioni di economicità e semplificazione, senza che ciò leda principi costituzionali.

In conclusione, in mancanza di specifiche questioni di legittimità costituzionale sulla prescrizione TARI, si può ritenere costituzionalmente rispettato il quadro normativo delineato: un termine quinquennale (non irragionevolmente breve), adeguato a tributi annuali, e rimedi giurisdizionali a tutela del contribuente.

Giurisprudenza di merito (Commissioni Tributarie / Corti Giustizia Trib.)

Le Commissioni Tributarie (dal 2023 rinominate Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado) hanno contribuito a delineare prassi applicative, spesso anticipando gli orientamenti poi confermati in Cassazione. Ne citiamo alcune significative:

  • C.G.Tr. I grado Catanzaro n. 1189/2023: (già menzionata) ha annullato una cartella TARI rilevando l’omessa notifica dell’atto presupposto (avviso di accertamento) da parte del Comune latitante in giudizio. Questa decisione ribadisce un principio basilare: “la cartella di pagamento TARI deve ritenersi nulla laddove non sia preceduta dalla regolare e preventiva notifica dell’avviso di accertamento”. Molte altre commissioni, anche in passato, avevano statuito similmente. Ad esempio, CTR Lombardia sent. 833/2016 affermò che l’iscrizione a ruolo della TARSU senza previo accertamento era illegittima, eccepibile dal contribuente.
  • C.T. Reg. Lazio 2018 (cit. in Cass. 9091/2018): ha applicato la prescrizione triennale al bollo auto (tassa automobilistica regionale) confermando la specialità di quel tributo (D.L. 2/1986). Lo citiamo per analogia: alcune commissioni estendono il concetto che i tributi locali soggetti a normativa speciale mantengono i propri termini (es. il bollo auto appunto ha 3 anni per legge speciale). Nel caso TARI, non esistendo un termine speciale di legge, si applica il termine breve civilistico.
  • CTR Sicilia 2022: Ha rigettato appello di Riscossione Sicilia/Agenzia Entrate-Riscossione confermando la prescrizione quinquennale di una tassa rifiuti e l’inesistenza di atti interruttivi idonei (sentenza segnalata da C.G.Tr. Sicilia – v. portale Giustizia tributaria). La Sicilia, avendo avuto un agente di riscossione proprio fino al 2021, ha visto pronunce che ribadiscono parità di trattamento: la natura del tributo locale prevale sullo strumento di riscossione utilizzato.
  • Giudici di Pace e Tribunali Ordinari: Sebbene in linea di principio la competenza spetti al giudice tributario, in passato alcuni Giudici di Pace avevano conosciuto controversie su ingiunzioni fiscali dei comuni (trattate talora come sanzioni amministrative) o su fermi amministrativi per tasse rifiuti, talvolta pronunciando annullamenti per prescrizione. Ad esempio, GdP Napoli 2019 annullò un fermo per TARSU prescritta, ritenendo l’eccezione esaminabile anche fuori dal contenzioso tributario. Tali interferenze di giurisdizione dovrebbero ora risolversi alla luce delle SU 2025: se c’è contestazione sul merito del tributo (prescrizione compresa), la causa deve essere radicata innanzi alla Corte Giustizia Tributaria.

In generale, le commissioni tributarie aderiscono ormai compatte ai principi della Cassazione: 5 anni per la prescrizione TARI, necessità di eccezione di parte e onere della prova degli atti interruttivi a carico dell’ente creditore. Anzi, spesso in prime cure i giudici tributari accolgono le eccezioni di prescrizione e decadenza del contribuente con argomentazioni puntuali. Per esempio, Commissione Tributaria Prov. di Milano, sent. 288/2020, accolse il ricorso di un’azienda contro cartelle TARI relative a annualità remote, dichiarando prescritti i crediti in mancanza di atti di sollecito notificati entro il lustro.

Profili pratici: verifiche, oneri probatori e vizi formali

Dal punto di vista di un debitore che riceve una cartella TARI, quali sono gli elementi da controllare e come si ripartiscono i oneri probatori in caso di contenzioso? In questa parte evidenziamo i punti chiave.

Verifiche iniziali sulla cartella TARI

Quando si riceve una cartella di pagamento relativa alla TARI, il contribuente (o il suo consulente) dovrebbe anzitutto esaminare:

  • Ente creditore e causale: La cartella deve indicare quale Comune ha iscritto a ruolo il credito e per quale causale (TARI o eventualmente TEFA – tributo provinciale ambiente – se incluso) e anno di riferimento. Verificare che si riferisca effettivamente a immobili di competenza del contribuente e agli anni in cui ne era possessore/detentore. Errori di persona (cartella intestata al precedente proprietario/inquilino) possono portare all’annullamento per inesistenza del titolo verso l’attuale destinatario.
  • Notifica dell’eventuale avviso di accertamento: Come già detto, controllare se per quegli anni esiste traccia di un avviso di accertamento TARI notificato in precedenza. Se il contribuente dichiara di non aver mai ricevuto alcun atto prima della cartella, grava sul Comune l’onere di provare di aver notificato l’accertamento (esibendo la relata di notifica). In assenza di prova, la cartella è invalida. Questa eccezione va sollevata tempestivamente: “cartella nulla per difetto di notifica dell’atto presupposto”. NB: Dal 2020, se la cartella riguarda annualità 2020 o successive, potrebbe non esserci un accertamento separato perché l’atto esecutivo coincide con l’accertamento stesso. Ma in tal caso difficilmente avremo una “cartella”, piuttosto un’intimazione.
  • Termini di decadenza: Se la cartella è relativa ad anni molto indietro nel tempo, verificare il rispetto dei termini di decadenza. Ad esempio, una cartella emessa nel 2023 per TARI 2015 appare tardiva: l’avviso di accertamento andava notificato entro il 2020 e la cartella entro il 2023. Se questi passaggi non risultano, vi è decadenza. L’eccezione di decadenza dell’accertamento va sollevata anche se il Comune ha saltato la fase e iscritto direttamente a ruolo: il comma 161 L.296/06 produce la decadenza del potere impositivo, dunque il credito per quell’anno è non più esigibile.
  • Prescrizione: È il fulcro del nostro discorso. Bisogna identificare l’ultimo atto interruttivo noto prima della cartella e calcolare se sono trascorsi più di 5 anni. Spesso la cartella stessa è il primo e unico atto: allora conta se sono passati oltre 5 anni dall’anno d’imposta. Esempio: Nessun pagamento TARI 2016, nessun avviso notificato entro 2021, cartella nel 2024 –> dal 1/1/2017 al 2024 oltre 5 anni, credito presumibilmente prescritto (oltre che decaduto). Oppure, se vi fu un avviso nel 2020 e cartella nel 2024, i 5 anni si contano dalla notifica avviso nel 2020: entro 2025 ok, oltre no. Questo calcolo va fatto attentamente considerando eventuali sospensioni (es. periodo Covid ha spostato in avanti certe attività, ma la prescrizione fu in parte congelata tra marzo e agosto 2020).
  • Importi e sanzioni: Controllare che gli importi indicati siano comprensibili e corretti. La cartella TARI tipicamente cumula: tributo evaso + sanzione 30% + interessi + eventuali spese di notifica + aggio di riscossione (che per legge è addossato al debitore in misura percentuale, attualmente il compenso AER è fino al 6% oltre i 60 giorni). Se vi sono discrepanze (es. importo tributo maggiore del dovuto in base ai mq o componenti nucleo), si può chiedere al Comune lo sgravio parziale in autotutela o contestare nel merito la somma.
  • Vizi formali: La cartella deve contenere una serie di indicazioni obbligatorie, ai sensi dell’art. 25 DPR 602/1973 e dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente: l’indicazione dell’autorità competente, della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, il numero di riferimento del ruolo, il dettaglio delle somme (capitale, interessi, sanzioni, aggi). Se tali informazioni mancano o sono assolutamente incomplete (tali da impedire al contribuente di capire l’origine del debito), si potrebbe configurare un vizio di motivazione. In passato, la giurisprudenza ha annullato cartelle “criptiche” che non indicavano sufficientemente la causale del tributo e l’anno, ritenendole contrarie all’obbligo di motivazione dell’atto tributario (Statuto contribuente, art.7). Nel caso TARI, di solito la cartella riporta la causale “TARI” con gli anni e rate di riferimento; se così non fosse, potrebbe essere eccepito il difetto di motivazione.

Riassumiamo gli oneri probatori essenziali in giudizio riguardo a questi punti:

Cosa si contestaOneri probatori
Notifica degli atti (avvisi/cartella)L’ente deve produrre copia delle relate di notifica o degli avvisi di ricevimento per dimostrare la regolare notifica. In mancanza, l’atto si presume non notificato. Il contribuente può limitarsi a dichiarare di non aver ricevuto nulla (negativo).
Decadenza accertamentoIl contribuente indica che l’avviso è stato notificato oltre i 5 anni (o mai notificato). L’ente deve provare eventualmente che l’avviso fu notificato entro il termine (esibendo relata con data) o che vi è stata proroga normativa.
Prescrizione maturataIl contribuente deve eccepire la prescrizione e indicare il tempo trascorso senza atti. Sollevata l’eccezione, spetta all’ente dimostrare l’esistenza di atti interruttivi idonei entro il periodo in contestazione (produzione dei solleciti, intimazioni, ecc. con date). Se l’ente non dimostra interruzioni, il giudice dichiara il credito prescritto.
Avvenuto pagamentoSe il contribuente afferma di aver già pagato la TARI richiesta (magari perché aveva pagato con ritardo ma il Comune non se n’è accorto), deve fornire prova del pagamento (ricevute, attestazioni). Se lo fa, la cartella va annullata per insussistenza del debito.
Errore sul soggetto passivoSe Tizio riceve cartella TARI ma l’immobile in quell’anno era occupato da Caio, Tizio può eccepire la carenza di legittimazione passiva. Dovrà magari provare (con contratto di affitto, residenza) che in quell’anno l’occupante era un altro. In tal caso il debito TARI è di Caio (salvo l’ipotesi <6 mesi). Il Comune, dal canto suo, se vuole far valere la solidarietà, deve provare che Tizio era co-detentore o possessore in solido.
Vizi formali (motivazione)Il contribuente deve evidenziare il vizio (es: “manca l’indicazione dell’anno di imposta in cartella” o “non è comprensibile la provenienza dell’importo”). È un accertamento prevalentemente documentale: se dal testo dell’atto il giudice riscontra il difetto di motivazione essenziale, la cartella può essere annullata. L’ente potrebbe resistere sostenendo che il ruolo integrale era a disposizione o altre difese, ma se manca proprio l’elemento essenziale, difficilmente sanabile.

In generale, l’onere della prova nel contenzioso tributario sulle cartelle vede il Comune/Agente della riscossione gravato di dimostrare la regolarità e tempistica delle proprie azioni (notifiche, atti interruttivi), mentre il contribuente ha l’onere di provare eventuali fatti estintivi “positivi” (aver pagato, non essere il soggetto giusto) e di sollevare le eccezioni (prescrizione, decadenza) a lui favorevoli. La prescrizione, in particolare, se non eccepita, non sarà rilevata d’ufficio dal giudice (art. 2938 c.c.), dunque è fondamentale inserirla nei motivi di ricorso. Ma una volta eccepita, “la ‘durata’ del termine prescrizionale non è disponibilità delle parti” e il giudice deve applicare quello corretto (5 anni) anche se magari il contribuente erroneamente aveva parlato di 10.

Vizi formali e sostanziali impugnabili

Riassumendo i principali vizi della cartella TARI che danno luogo a annullamento totale o parziale dell’atto in sede di ricorso:

  • Cartella priva di presupposto (nullità radicale): mancata notifica dell’accertamento presupposto (per annualità ante-2020). Esito: cartella nulla integralm..
  • Decadenza del potere impositivo: accertamento emesso fuori tempo (oltre 5 anni) o cartella oltre 3 anni dalla definitività. Esito: annullamento del debito per quell’anno.
  • Prescrizione del diritto: decorso di 5 anni senza atti interruttivi validi. Esito: estinzione del debito. Può riguardare l’intera cartella o alcuni anni in essa contenuti (il giudice può dichiarare prescritte solo le annualità per cui è maturata).
  • Difetto di motivazione/indicazioni obbligatorie: cartella priva degli elementi minimi (ente creditore, causale, anno, importi, ecc.). Esito: nullità dell’atto per violazione art.7 L.212/2000.
  • Errore sul destinatario: cartella intestata a soggetto non debitore (ad es., inviata al vecchio proprietario per annualità successive alla vendita). Esito: nullità nei suoi confronti.
  • Importo errato: se il calcolo della tassa è manifestamente errato (es. metratura doppia), si può ottenere l’annullamento parziale (rideterminazione del dovuto) o totale se l’errore inficia anche sanzioni e interessi.
  • Sanzioni non dovute: esempio, se il Comune non ha mai inviato un sollecito bonario prima dell’accertamento, ci si potrebbe difendere sostenendo – come da prassi IFEL – che la sanzione non maturava (questo discorso deriva da interpretazioni pre-2020 sui meccanismi di liquidazione d’ufficio, ma con l’accertamento esecutivo oggi si irroga direttamente).
  • Notifica nulla: se la cartella fu notificata in modo viziato (es. a indirizzo sbagliato, o a mezzo PEC non conforme), va impugnata appena se ne ha conoscenza, eccependo la nullità/inesistenza della notifica. Il giudice può dichiararla nulla; ciò può riaprire i termini di impugnazione dell’atto presupposto se la cartella era definitiva per mancato ricorso (in pratica, l’atto inesistente non scadenzia il termine, quindi l’atto va ancora impugnato nel merito appena il contribuente ne ha legale conoscenza).

Conclusione pratica: il contribuente dispone di un ventaglio di eccezioni per difendersi da una cartella TARI, molte delle quali basate sul rispetto dei tempi (decadenza e prescrizione) e sulla correttezza formale degli atti. Tali eccezioni, se fondate, portano spesso all’annullamento integrale dell’atto impositivo o del debito.

Difendersi dalla cartella TARI: strumenti e procedure di ricorso

Passiamo ora alle possibilità di difesa e ricorso che il debitore ha a disposizione, indicando per ciascuna il foro competente e le modalità operative. Analizzeremo innanzitutto il ricorso davanti al giudice tributario (strumento principale), poi le eventuali tutele innanzi al giudice ordinario (limitate a specifici casi), nonché istituti amministrativi di autotutela e definizione agevolata.

Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria)

Il ricorso giurisdizionale tributario è il mezzo ordinario per contestare una cartella di pagamento TARI. Si propone avanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (già Commissione Tributaria Provinciale) competente per territorio, entro 60 giorni dalla data di notifica della cartella (o dell’atto della riscossione impugnato), ai sensi del D.Lgs. 546/1992. Per la TARI, la competenza territoriale generalmente coincide con la provincia della sede del Comune creditore.

Procedura: Il ricorso va redatto in forma scritta, contenente l’indicazione del giudice adito, del ricorrente e del suo difensore (se nominato), dell’atto impugnato (numero cartella, data notifica), dei motivi di contestazione in fatto e in diritto, con le relative conclusioni (richiesta di annullamento totale/parziale). Dal 2023 il processo tributario è telematico: il ricorso si deposita via PEC o portale SIGIT, dopo averlo notificato all’ente impositore e all’Agente della Riscossione (AER) mediante PEC (se hanno domicilio digitale) o raccomandata.

Litisconsorzio necessario: Nel caso di cartella TARI, parte sostanziale del rapporto tributario è il Comune (ente creditore) ma l’atto è emesso da Agenzia Entrate-Riscossione. È prassi notificare il ricorso sia al Comune sia all’Agente della riscossione, poiché le contestazioni potrebbero riguardare aspetti imputabili all’uno o all’altro (ad es. prescrizione = eccezione verso il creditore; vizi di notifica = spesso attengono al notificatore, ecc.). Entrambi saranno parti del giudizio.

Assistenza tecnica: Se l’importo contestato supera una certa soglia (nel 2025 la soglia è 3.000 euro di valore della controversia), è obbligatoria l’assistenza di un difensore abilitato (avvocato, commercialista o altro professionista ex art. 12 D.Lgs.546/92). Sotto tale soglia il contribuente può stare in giudizio da solo.

Sospensione dell’atto: La proposizione del ricorso non sospende automaticamente la riscossione. Per evitare che l’Agente proceda durante il giudizio, il ricorrente deve presentare una istanza di sospensione all’interno del ricorso (o con atto separato finché la causa è pendente), motivando sia il fumus boni iuris (ragioni fondate del ricorso, es. evidente prescrizione) sia il periculum in mora (danno grave e irreparabile dall’esecuzione, es. rischio fallimento, vendita casa). La Corte tributaria decide sull’istanza cautelare entro circa 30 giorni in camera di consiglio. Se accoglie, la riscossione è sospesa fino alla sentenza di primo grado.

Iter e decisione: In primo grado la causa viene decisa generalmente in tempi variabili (6-18 mesi). La trattazione può essere in camera di consiglio (decisione sui soli atti) o in pubblica udienza se richiesto. La Corte emette una sentenza, che può accogliere in toto il ricorso (annullando la cartella), accoglierlo parzialmente (es. dichiarando prescritti alcuni importi) oppure rigettarlo. In caso di soccombenza reciproca, può compensare le spese, altrimenti di regola condanna la parte soccombente a rifondere le spese di lite all’altra.

Appello: Contro la sentenza di primo grado, la parte soccombente (Comune/AER o contribuente) può proporre appello alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex CTR) entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado (o entro 6 mesi dalla pubblicazione se non notificata). L’appello segue modalità simili (telematico, con valore di causa maggiore). Nel giudizio di appello non è più prevista la sospensione ex lege dell’esecutività della sentenza di primo grado (novità introdotta dal Dlgs 149/2022): se il contribuente ha vinto in primo grado, l’ente deve spontaneamente sgravare la cartella o, se appellata, il contribuente può chiedere ottemperanza dopo 6 mesi. Se invece il contribuente ha perso in primo grado, per sospendere la riscossione in pendenza di appello deve fare nuova istanza di sospensione in secondo grado.

Ricorso per Cassazione: Avverso la sentenza di secondo grado, è ammesso ricorso in Cassazione (Sezione Tributaria) solo per motivi di legittimità (violazione di legge o vizio motivazione nei limiti attuali). Il termine è 60 giorni dalla notifica della sentenza di appello. In Cassazione è obbligatoria l’assistenza di un avvocato cassazionista. La Corte di Cassazione, se accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per il riesame, salvo i casi in cui possa decidere nel merito.

Mediazione/Reclamo: Per le controversie di valore non eccedente 50.000 euro, è prevista la fase di reclamo-mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/92), obbligatoria. In pratica, il ricorso tributario introduttivo vale anche come reclamo: il Comune (o l’AER per le parti di sua competenza) può valutare l’accoglimento totale/parziale entro 90 giorni. Se entro 90 giorni l’ente non accoglie, il reclamo si intende respinto e la causa prosegue automaticamente. Il contribuente, in questa fase, può anche formulare una proposta di mediazione con rideterminazione delle somme. Ad esempio, se c’è un dubbio su un anno, si potrebbe proporre uno sgravio parziale. Se si raggiunge l’accordo, viene redatto un atto di mediazione con riduzione delle sanzioni al 35% (beneficio di legge) e il contribuente paga il dovuto mediatamente.

Vantaggi del ricorso tributario: Consente di far valere tutte le questioni (fatto e diritto) sull’atto impugnato. Nel caso della cartella TARI, permette di contestare sia motivi formali (notifica, difetti) sia sostanziali (prescrizione, decadenza, infondatezza del tributo). Vista la specializzazione, i giudici tributari sono generalmente competenti a trattare la materia, e come abbiamo visto, giurisprudenza di legittimità e merito è ben assestata a favore del contribuente su termini prescrizionali brevi e necessità di atti validi.

Giudice Ordinario: quando è competente?

Alla luce delle più recenti pronunce delle Sezioni Unite 2025, possiamo delineare i (pochi) casi in cui il Giudice Ordinario rimane competente in materia di riscossione TARI:

  • Opposizioni agli atti dell’esecuzione forzata: Se si è già passati alla fase esecutiva (es. pignoramento), eventuali vizi formali di tale atto (es. difetto di regolare formazione del pignoramento, violazione delle forme ex artt. 543 c.p.c., ecc.) vanno contestati con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. al giudice dell’esecuzione (Tribunale civile). Anche le questioni inerenti lo svolgimento dell’esecuzione (es: pignoramento di bene impignorabile, mancato rispetto dei termini procedurali dell’espropriazione) sono di competenza ordinaria. Queste, però, raramente toccano il merito dell’obbligo tributario.
  • Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: Se il debitore intende contestare il diritto stesso di procedere ad esecuzione perché (ad esempio) il debito è già stato pagato o è prescritto, teoricamente questo rientra nell’opposizione all’esecuzione (contestazione del diritto di procedere). Ma qui interviene la giurisprudenza: le SU 2098/2025 specificano che se la contestazione involge la definitività del titolo (cartella) o l’estinzione del credito, la giurisdizione è tributaria. Quindi, la classica opposizione per far dichiarare prescritta una cartella non è ammessa al giudice ordinario se quell’eccezione può essere fatta valere innanzi al giudice tributario, come abbiamo visto. Il contribuente deve quindi preferire impugnare un atto in sede tributaria piuttosto che ricorrere al 615 c.p.c.
  • Controversie su cartelle di natura non tributaria: Attenzione che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può emettere cartelle anche per entrate non tributarie (es: sanzioni Codice della Strada, contributi consortili, etc.). In quei casi, se la cartella riguarda crediti di natura diversa, la giurisdizione può essere del Giudice Ordinario (o Giudice di Pace) a seconda della materia. Ma per la TARI, essendo tributo, siamo sempre nell’ambito tributario.
  • Giurisdizione sulle sanzioni accessorie? Poco rilevante qui: ad esempio, la sanzione per omesso versamento TARI è parte integrante del tributo, non è “penale” né amministrativa autonoma, dunque segue la stessa giurisdizione tributaria. Diverso se fosse una sanzione per violazione di regolamento, ma non è questo il caso.

Dopo le SU 2025, il ruolo residuo del giudice ordinario si limita quindi alle sole questioni esecutive pure, già iniziate (pignoramenti). In tali frangenti, spesso però il contribuente può avvalersi di quanto disposto dall’art. 57 DPR 602/73, che limita le opposizioni: per dire, non sono ammesse opposizioni all’esecuzione per motivi che dovevano essere dedotti in sede tributaria. Quindi anche un 615 c.p.c. verrebbe dichiarato inammissibile se addentra questioni di merito del tributo.

Conclusione: prima che inizi l’esecuzione (fermo o pignoramento), il contribuente deve percorrere la via del ricorso tributario. Durante o dopo l’esecuzione, potrà rivolgersi al giudice dell’esecuzione solo per aspetti formali della procedura esecutiva. Questa dicotomia è ora ben delineata dalle SU, per evitare “vuoti di tutela”: ogni questione sostanziale deve trovare sfogo nel processo tributario.

Autotutela e strumenti deflativi

Parallelamente (o in alternativa) al ricorso, vi sono strumenti di tutela amministrativa che il contribuente può attivare:

  • Istanza di autotutela al Comune: Si può presentare una richiesta motivata al Comune (ufficio tributi) di annullamento o rettifica della cartella/ruolo, evidenziando gli errori (ad es.: “il contribuente non era tenuto al pagamento per l’anno X perché…”, oppure “il credito risulta prescritto…”). L’ente non è obbligato ad accogliere, ma spesso se c’è un errore palese (es. doppio pagamento già effettuato, persona sbagliata, errore di calcolo macroscopico) l’ufficio può procedere in autotutela disponendo lo sgravio totale o parziale della cartella. Ciò è previsto dalla L. 212/2000 art. 2 (dovere di riesame in caso di errore evidente) e dalle circolari MEF sull’autotutela. Presentare l’istanza di autotutela non sospende però i termini del ricorso, né sospende la riscossione (a meno che il Comune accolga e sospenda internamente). Quindi va usata con prudenza, come supplemento al ricorso o quando si è oltre i termini e si spera in una benevola correzione.
  • Sospensione amministrativa presso AER: Dal 2013 esiste una procedura per cui il debitore, entro 60 giorni dalla notifica della cartella, può chiedere direttamente all’Agente della Riscossione la sospensione della riscossione se ritiene che il credito non sia dovuto, presentando idonea documentazione comprovante la causa di non debenza (ad es. sentenza di annullamento dell’atto presupposto, provvedimento di sgravio, pagamento già effettuato, prescrizione maturata). L’Agente trasmette l’istanza all’ente creditore che deve rispondere entro 200 giorni; in attesa, blocca le procedure. Se l’ente conferma l’irregolarità, la cartella viene annullata; se l’ente conferma il debito o non risponde, la riscossione riprende. Questa è una tutela di sportello, utile in casi documentali chiari (es: ho già pagato, ecco la prova), meno efficace per questioni giuridiche controverse (come la prescrizione, che difficilmente il Comune ammette in autotutela). Però tentar non nuoce, specie se non si vuole subito andare in giudizio.
  • Definizioni agevolate (rottamazione): Il legislatore ha introdotto varie sanatorie per le cartelle esattoriali. Ad esempio, la “rottamazione-quater” 2023 (L. 197/2022) ha consentito di estinguere i debiti a ruolo 2000-2017 pagando solo imposte e una piccola quota di interessi. Per la TARI, queste definizioni valgono come per gli altri carichi: se un contribuente ha aderito e paga le rate, la riscossione viene sospesa e poi si estingue il debito residuo. Ciò non è propriamente uno strumento di “difesa” giuridica, ma è opportuno ricordarlo: a volte, invece di affrontare un lungo ricorso su una cartella magari legittima, il contribuente può valutare se rientra in una definizione agevolata che gli condoni sanzioni e interessi. Nel caso di prescrizione già maturata, però, aderire alla rottamazione significherebbe pagare comunque qualcosa che si potrebbe non dover pagare, quindi va ponderato.
  • Rateizzazione: In caso di difficoltà, il contribuente può chiedere all’Agente della Riscossione una dilazione del pagamento (fino a 72 rate mensili ordinariamente, estensibili a 120 se grave situazione). La domanda di rateizzazione, come visto, comporta sospensione delle azioni esecutive e interrompe la prescrizione (per riconoscimento del debito). Non è una “difesa” in senso oppositivo, ma allevia l’impatto finanziario. Ovviamente, chiedere rate non impedisce di fare ricorso sulla legittimità del debito, ma l’istanza di rateazione spesso viene considerata un’implicita ammissione del debito che potrebbe precludere contestazioni (quantomeno la giurisprudenza dice che rateizzare equivale a rinuncia tacita al ricorso, quindi è sconsigliabile attivare ricorso e rateazione contemporaneamente). Bisogna scegliere: o contestare, o accordarsi a pagare a rate.

In definitiva, la strategia difensiva va modulata sul caso concreto: se i profili di illegittimità sono solidi (prescrizione, decadenza, nullità notifiche), conviene senz’altro il ricorso tributario; se vi sono soprattutto ragioni di equità o difficoltà economica, si può tentare la via di definizioni o rate. Spesso le si combinano: ad esempio, presento ricorso eccependo la prescrizione e contestualmente istanza di sospensione all’AER per non dover pagare nel frattempo. Oppure se il ricorso è tardivo perché mi sono accorto tardi della cartella, potrei confidare nell’autotutela.

Esempio di ricorso tributario (prescrizione quinquennale)

Di seguito, a scopo illustrativo, presentiamo uno schema semplificato di un possibile ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria avverso una cartella TARI, con motivazione di prescrizione:

**Ricorrente:** Sig. Mario Rossi (C.F. ...), residente in ..., rappresentato e difeso dall’Avv. ..., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in ... (procura in calce).

**Resistenti:** 1) Comune di Alfa (CF ...), in persona del Sindaco pro tempore; 2) Agenzia delle Entrate-Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore.

**Atto impugnato:** Cartella di pagamento n. 1234567890 notificata il 10/03/2025, emessa da Agenzia Entrate-Riscossione per conto del Comune di Alfa, recante importo di €5.000 per TARI annualità 2015-2016, oltre accessori.

**Fatti:** Il Sig. Rossi riceveva in data 10 marzo 2025 la suddetta cartella esattoriale relativa a TARI 2015-2016 per l’immobile sito in Alfa, Via X n.1. Il ricorrente non ha mai ricevuto avvisi di accertamento per tali somme. L’ultimo pagamento TARI spontaneo risale al 2015. 

**Motivi di ricorso:**

1. **Intervenuta Prescrizione quinquennale del credito TARI** – Violazione artt. 2934 e 2948 n.4 c.c.; art. 1 c. 161 L.296/2006.  
   Il credito portato dalla cartella si riferisce alle annualità 2015-2016. Trattandosi di tributo locale annuale, trova applicazione il termine di prescrizione di 5 anni. Dal 1° gennaio 2017 (anno successivo all’ultima obbligazione 2016) ad oggi sono decorsi più di 5 anni senza alcun atto interruttivo. In particolare, nessun avviso di accertamento risulta notificato entro il 31/12/2021 (per il 2016) né successivamente. La cartella è stata notificata solo il 10/03/2025, oltre il quinquennio. Secondo costante giurisprudenza, i tributi locali si prescrivono in 5 anni:contentReference[oaicite:116]{index=116}; la notifica tardiva comporta l’estinzione del diritto a riscuotere:contentReference[oaicite:117]{index=117}. Si cita Cass. SS.UU. 23397/2016 e Cass. 17667/2024:contentReference[oaicite:118]{index=118}:contentReference[oaicite:119]{index=119}, che confermano la non convertibilità in decennale e l’estinzione quinquennale. Pertanto il credito è prescritto e la cartella illegittima.

2. **Violazione dei termini di decadenza dell’accertamento** – Violazione art. 1 c.161 L.296/2006.  
   Anche a voler configurare la cartella come atto “impo-esattivo”, il Comune di Alfa non risulta aver emesso avviso di accertamento entro il 31/12/2020 (per il 2015) ed entro il 31/12/2021 (per il 2016). Il potere impositivo è dunque decaduto e il tributo non è più esigibile. La cartella impugnata è stata emessa ultra vires in carenza di un accertamento valido, con conseguente nullità derivata:contentReference[oaicite:120]{index=120}.

*(Eventuali altri motivi: es. difetto di notifica dell’accertamento presupposto, vizi vari…)*

**Richiesta**: In via principale, dichiarare l’intervenuta prescrizione e conseguentemente annullare la cartella di pagamento n. 1234567890. In via subordinata, annullare la cartella perché emessa in violazione dei termini di legge. Con vittoria di spese e compensi.

Si chiede inoltre la sospensione dell’esecuzione ex art. 47 D.Lgs.546/92, atteso che: *fumus*: la prescrizione è manifesta dal calcolo temporale; *periculum*: l’importo richiesto è ingente e l’esecuzione metterebbe in grave difficoltà il ricorrente.

*Luogo, data* 

Firma Avv. _____________ (Difensore)

(NB: Questo è un esempio semplificato ad uso illustrativo, non esaustivo di tutti i dettagli di un ricorso formale.)

Modulistica sintetica e altri esempi

Oltre al ricorso giudiziario, può essere utile avere modelli di atti stragiudiziali:

  • Istanza di autotutela al Comune (fac-simile) – ad esempio una lettera in cui il contribuente chiede lo sgravio della cartella evidenziando di non dover pagare perché prescritta. Deve indicare i propri dati, i riferimenti della cartella e le motivazioni, allegando documenti (es. copia cartella, giurisprudenza). Va inviata con PEC o raccomandata A/R al protocollo del Comune.
  • Richiesta di sospensione all’Agente della Riscossione – modulistica disponibile sul sito AER (Modello “SA–Sospensione Amministrativa”). Si compila inserendo i propri dati, i riferimenti della cartella, e la motivazione di sospensione barrando la casistica pertinente (ad es. “credito prescritto” o “decaduto” rientra in “altro: causa di inesigibilità sopravvenuta”). Si allega un documento a supporto (ad esempio, una copia di un provvedimento o, se prescrizione, si può allegare una diffida in cui si espone il calcolo). Il modulo va inviato via PEC all’indirizzo indicato.
  • Istanza di rateizzazione – AER fornisce moduli (ad esempio il Modello R1) per richiedere la dilazione. Nel contesto di strategia, se si opta per pagare a rate, basta seguire le istruzioni e non è qui approfondito.
  • Facsimile di intimazione di pagamento – giusto per riconoscerla: un esempio di intimazione (spesso un foglio con riferimento alla cartella originaria) può essere utile al contribuente per sapere che anche quell’atto è impugnabile. Non c’è modulistica da compilare, ma l’atto stesso che arriva.

Infine, un checklist per il contribuente/debitore alle prese con una cartella TARI:

  1. Leggere attentamente la cartella: enti, importi, anni.
  2. Cercare documenti precedenti: avevo ricevuto qualcosa prima? Ho ricevute di pagamento? Ho la dichiarazione TARI presentata?
  3. Calcolare i termini: quanti anni sono passati dall’ultima azione/ultimo anno? Più di 5? Ci sono state sospensioni (es. rottamazioni)?
  4. Decidere l’azione: ricorso tributario (se motivi solidi: prescrizione, errori) oppure pagamento/rottamazione/rate (se il debito è corretto e si vuole solo dilazione).
  5. Se ricorso: raccogliere prove (ricevute mancata notifica, cronologia), contattare un difensore, rispettare i 60 giorni. Chiedere eventualmente sospensione al giudice.
  6. Se non ricorso: valutare autotutela se c’è un errore palese, presentare istanza di sospensione a AER se c’è un contenzioso amministrativo aperto, oppure rateizzare/aderire a sanatoria.
  7. Seguire gli sviluppi: se in attesa di risposta dal Comune o se si è in causa, monitorare che AER non proceda intanto (ecco perché è bene chiedere sospensione).
  8. Conservare gli atti: tutto ciò che si riceve o si invia va conservato e, nel dubbio, utilizzato in futuro (es: se dovesse arrivare un pignoramento anni dopo, poter dimostrare che un giudice aveva sospeso o che c’era un ricorso pendente).

Con questa panoramica, l’avvocato o il consulente – e anche il privato interessato – dispongono di una guida completa per affrontare la fase della cartella di pagamento TARI, conoscendone le insidie e i possibili rimedi.

Simulazioni pratiche di casi di cartelle TARI in varie città

Di seguito proponiamo 10 casi pratici, ambientati in diverse città italiane, per illustrare situazioni tipiche riguardanti cartelle TARI e prescrizione. Ogni simulazione mette in luce un aspetto specifico (notifica, termini, soggetti, procedure) e come il debitore può muoversi. Questi esempi, pur semplificati, si basano su circostanze realistiche incontrate frequentemente.

Caso 1: Roma – Cartella TARI notificata dopo 6 anni (prescrizione maturata)

Scenario: Il Sig. Alberto, residente a Roma, riceve il 10 luglio 2025 una cartella di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione per conto di Roma Capitale, riguardante la TARI 2018 per la sua abitazione (importo €450, comprensivo di sanzioni e interessi). Alberto ricorda di aver avuto difficoltà economiche in quel periodo e di non aver pagato la tassa 2018, ma afferma di non aver mai ricevuto successivi avvisi dal Comune.

Analisi: La TARI 2018 aveva scadenze a luglio e dicembre 2018. Il Comune di Roma avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento entro il 31 dicembre 2023 (5 anni) – Alberto però non ne ha memoria. La cartella è arrivata a luglio 2025, oltre 6 anni dopo l’anno d’imposta. Dunque, anche se ipoteticamente fosse stato notificato un avviso nel 2022 (entro i 5 anni), il Comune aveva tempo fino al 31 dicembre 2025 per emettere la cartella (3 anni dal 2022). La cartella di luglio 2025 sembrerebbe tempestiva rispetto all’eventuale accertamento 2022. Ma Alberto non avendo ricevuto nulla, sospetta che non ci sia stato alcun avviso e che il Comune abbia iscritto a ruolo direttamente (cosa irregolare) o che l’avviso sia andato irreperibile. In ogni caso, il termine di prescrizione è cruciale: se dal 2018 al 2025 Alberto non ha ricevuto atti, sono passati 7 anni. La TARI si prescrive in 5 anni, quindi il credito 2018 è presumibilmente prescritto al 31/12/2023. La notifica della cartella nel 2025 è tardiva come atto interruttivo (doveva giungere entro fine 2023 per interrompere in tempo). Alberto ha forte ragione per eccepire la prescrizione.

Punti particolari a Roma: Roma Capitale gestisce la TARI tramite l’AMA per la parte di bollettazione, ma gli accertamenti e la riscossione coattiva vengono effettuati dall’ufficio Tributi comunale, spesso avvalendosi di Agenzia Entrate-Riscossione. Roma, in passato, ha spedito massivamente avvisi di accertamento TARI; se Alberto non l’ha ricevuto, potrebbe essere per problemi di notifica (cambio indirizzo, irreperibilità). A Roma esiste l’Albo Pretorio digitale per notifiche per compiuta giacenza: Alberto potrebbe verificare se il suo nome compariva in pubblicazioni di fine anno 2023 (indice di tentata notifica di un avviso). In assenza, probabile che nulla fu fatto entro i 5 anni.

Azione: Alberto tramite il suo avvocato presenta ricorso alla C.G.Tr. di Roma, eccependo la prescrizione quinquennale del 2018 e la mancata notifica dell’accertamento. Chiede in via istruttoria che Roma Capitale esibisca la relata di un eventuale avviso 2022: se il Comune non prova, la cartella viene annullata per difetto di titolo e prescrizione. Con ogni probabilità Roma Capitale, in autotutela, potrebbe anche riconoscere la prescrizione e annullare il ruolo (qualora in giudizi analoghi la giurisprudenza romana è allineata al principio dei 5 anni). Alberto dunque, pur avendo effettivamente evaso la tassa, può far valere il decorrere del tempo per non pagarla più.

Esito atteso: Vittoria di Alberto: la Commissione annullerà la cartella per intervenuta prescrizione del credito TARI 2018. Roma Capitale potrà eventualmente rivalersi internamente per errori commessi nel non sollecitare prima, ma non potrà più esigere da Alberto quell’importo.

Caso 2: Milano – Cartella per TARI di più annualità, alcune prescritte e altre no

Scenario: La società Beta S.r.l. di Milano riceve nel 2025 una cartella di pagamento per TARI relativa al suo capannone industriale, con importi riferiti agli anni 2016, 2017, 2018, 2019. L’importo complessivo è molto elevato (€20.000). Beta S.r.l. ammette di avere saltato quei pagamenti, ma sa di aver ricevuto un avviso di accertamento dal Comune di Milano nel novembre 2021 per le TARI 2016-2018 (contro cui però non ha presentato ricorso né pagato). Invece per il 2019 non ricorda atti. La cartella ora gli richiede tutto insieme.

Analisi: Caso complesso multi-anno:

  • Per 2016-2018: c’era un avviso notificato nel 2021 (entro il 5° anno per 2016 e 2017? Attenzione: 2016 andava accertata entro fine 2021, quindi se avviso è di nov 2021 è in termine, idem 2017-accertato entro 2022? Ma l’avviso 2021 includeva 2017 e 2018 anticipatamente, forse un accertamento cumulativo). In ogni caso quell’avviso 2021 è divenuto definitivo perché Beta non ha fatto ricorso. L’accertamento esecutivo 2021 conteneva già l’intimazione, e da fine 2021 poteva essere eseguito. Tuttavia, il Comune ha comunque iscritto a ruolo e inviato cartella nel 2025 – ancora nei 3 anni dalla definitività? L’avviso 2021, notificato il 30/11/2021, è divenuto definitivo il 30/01/2022; il Comune aveva fino al 31/12/2024 per il ruolo (3 anni). La cartella nel 2025 è formalmente tardiva di pochi giorni rispetto a quell’ultimo termine. Infatti, se vale la decadenza triennale (ancora applicabile per atti di fine 2021?), la notifica cartella doveva avvenire entro 31/12/2024. Notificata nel 2025, c’è decadenza del ruolo (Comma 163 L.296/06). Inoltre, sul piano prescrizione: dal 30/11/2021 (avviso) al 2025 passano oltre 3 anni, ma prescrizione è 5 – non maturata tra avviso e cartella, quindi no prescrizione per 2016-18 considerato che l’avviso nel 2021 aveva interrotto e poi cartella nel 2025 è comunque entro 5 anni dall’avviso. Qui il problema è decadenza.
  • Per 2019: se non ci fu accertamento, la cartella 2025 è primo atto, oltre i 5 anni (2019 -> fine 2024). Quindi 2019 è prescritto e pure decaduto (accertamento doveva farsi entro 2024, cartella entro 2027 se ci fosse stato, ma nulla c’è stato). L’inclusione del 2019 in cartella è chiaramente illegittima.

Azione: Beta S.r.l. presenta ricorso alla C.G.Tr. di Milano. Motivi:

  1. Decadenza: il Comune ha iscritto a ruolo 2016-18 tardivamente (cartella dopo 3 anni dall’accertamento).
  2. Prescrizione: la pretesa 2019 è prescritta non essendovi atti dal 2019 a 2025.
  3. In subordine, se il Comune replica che l’avviso 2021 era esecutivo e non serviva la cartella, allora la cartella è nulla perché atto non previsto (in effetti, nel 2021 già l’avviso conteneva titolo esecutivo, Comune poteva passare a pignoramento dopo 2022; se ha emesso cartella è un duplicato irrituale? È un argomento curioso: alcuni comuni continuano a fare ruoli su atti esecutivi, ma non dovrebbero, però salvo specifiche, il contribuente comunque la impugna e un giudice potrebbe dire che quell’atto è inefficace in quanto avviso già titolo).

Beta chiederà quindi l’annullamento integrale o almeno parziale.

Esito atteso: La Corte tributaria potrebbe:

  • Annullare per intero la cartella per vizio procedurale (decadenza, duplicazione).
  • In ogni caso, dichiarare non dovuta la TARI 2019 per prescrizione.
  • Per 2016-18, valutare la decadenza del ruolo: la giurisprudenza su comma 163 è meno frequente, ma lo applicano, quindi probabilmente riconosceranno decaduto il ruolo perché cartella oltre il 3° anno.

Risultato: Beta potrebbe non dovere nulla oppure dovere solo una parte. Nell’ipotesi peggiore, se giudice fosse molto fiscale, direbbe: su 2016-18 l’avviso 2021 vale come titolo, la cartella era inutile ma la considera intimazione tardiva -> tuttavia sarebbero in prescrizione? Dal 2022 al 2025 no, 3 anni. Quindi li farebbe pagare, ma su 2019 no. Probabilmente però a Milano le commissioni sono severe sui termini, quindi vittoria quasi totale per Beta.

Considerazione locale: Milano in genere si avvale di AER per ruoli e ha implementato l’accertamento esecutivo dal 2020. È plausibile che l’accertamento 2021 di Beta fosse già un atto esecutivo, e la cartella 2025 tecnicamente un duplicato. Questo evidenzia il periodo di transizione 2020-21 in cui i Comuni dovevano adeguarsi: alcuni hanno comunque continuato con ruoli per sicurezza giuridica. In giudizio, il Comune di Milano potrebbe sostenere che la cartella è atto successivo all’esecutività ex lege dell’avviso e funge da sollecito, ma resta il fatto che per 2019 non c’è nulla. Beta vincerà almeno sul 2019 e presumibilmente su tutto.

Caso 3: Napoli – Cartella TARI notificata presso vecchio indirizzo (vizio di notifica)

Scenario: Il Sig. Carlo, ex residente a Napoli, nel 2025 scopre casualmente (controllando l’estratto di ruolo) che esiste una cartella esattoriale emessa nel 2022 per TARI non pagata relativa al suo appartamento di Napoli per gli anni 2017-2018. Lui però nel 2021 si è trasferito a un altro indirizzo sempre a Napoli e non ha mai ricevuto fisicamente la cartella del 2022. Verifica presso l’Agenzia Entrate-Riscossione e scopre che la cartella risulta notificata nel giugno 2022 presso la sua vecchia residenza, dove non abitava più.

Analisi: Ci troviamo di fronte a un probabile vizio di notifica. Carlo ha cambiato residenza nel 2021, quindi nel 2022 l’indirizzo anagrafico era già aggiornato altrove. Se la cartella è stata inviata alla vecchia residenza, la notifica è nulla (notifica a indirizzo errato). A meno che il Comune non avesse un indirizzo diverso in anagrafe tributaria, ma in genere per tributi comunali usano l’anagrafe comunale. Quindi pare proprio errore. Poiché Carlo non ne sapeva nulla, non ha potuto ricorrere entro 60 giorni nel 2022. Ora nel 2025, grazie all’estratto conto, viene a conoscenza.

Strategia: Carlo deve agire per far dichiarare la nullità della notifica e poter impugnare tardivamente la cartella. Egli presenterebbe un ricorso (tardivo) alla C.G.Tr. di Napoli, indicando come causa la notifica nulla e quindi la mancata decorrenza del termine di impugnazione. Giurisprudenza costante consente di impugnare la cartella anche oltre i 60 giorni se si deduce di averne avuto conoscenza solo successivamente (es. tramite estratto di ruolo), a causa di notifica mai avvenuta o nulla. Carlo chiederà in ricorso: annullamento della cartella per nullità notifica e per prescrizione eventualmente.

  • Difatti, la cartella del 2022 (anche se notificata male) potrebbe aver interrotto la prescrizione? No, se notifica nulla, l’atto non produce effetti interruttivi. Quindi se dal 2018 al 2025 Carlo non ha ricevuto atti validi, il credito è prescritto. Occorre vedere se Napoli aveva notificato avviso accertamento a quell’immobile. Forse no, o se inviato stessa vecchia residenza, anche quello nullo.
  • Carlo quindi nel merito eccepirà anche la prescrizione (2017-2018 > 5 anni senza atti validi).

Esito atteso: La Corte tributaria dovrà prima valutare l’ammissibilità: essendo notifica nulla, il ricorso deve essere considerato ammissibile (non decorso termine). Nel merito, se il Comune non prova una notifica regolare, la cartella sarà annullata. Molto probabile esito favorevole a Carlo: la notifica errata rende nulla la cartella. La prescrizione quinquennale inoltre risulterebbe comunque maturata dal 2018 al 2025, quindi anche su quello il giudice potrebbe pronunciarsi, dichiarando il credito estinto.

Considerazione locale: Napoli ha storicamente un alto tasso di morosità TARSU/TARI, e il Comune spesso affida a concessionari privati la notifica di ingiunzioni. Non di rado errori di notifica accadono. Con la riforma digitale, molte notifiche dal 2022 passano tramite PEC o piattaforma digitale: se Carlo aveva una PEC registrata, avrebbero dovuto usarla. Forse non l’aveva e hanno mandato cartaceo. Napoli adesso notifica molte ingiunzioni via PEC. In questo caso, Carlo ne esce bene in giudizio, ma intanto stava per subire un fermo auto su quell’estratto ruolo – la scoperta gli consente di muoversi.

Caso 4: Torino – Ingiunzione fiscale Soris e termini di prescrizione

Scenario: La Sig.ra Daniela possiede un negozio a Torino. Torino, anziché usare Agenzia Entrate-Riscossione, si avvale di una società in-house, la SORIS S.p.A., che emette ingiunzioni fiscali per tributi locali. Daniela nel 2021 ha ricevuto da Soris un’ingiunzione fiscale per TARI 2015-2016 non pagata, che non ha impugnato né pagato. Nel 2025 Soris le invia un sollecito di pagamento intimandole il saldo entro 30 giorni, altrimenti procederà a pignoramento.

Analisi: L’ingiunzione fiscale è equiparabile alla cartella quale titolo esecutivo. Notificata nel 2021, ha interrotto la prescrizione per TARI 2015-16, facendo decorrere 5 anni da allora. Nel 2025 Soris invia sollecito: questo arriva quasi al limite, infatti tra 2021 e 2025 vi sono 4 anni, dunque ancora entro i 5 (non è prescritta). Il sollecito stesso nel 2025 interrompe di nuovo, ma è atto impugnabile? Solitamente il sollecito semplice non è considerato impugnabile se non è intimazione formale. Ma se contiene una chiara intimazione (e in questo caso sembra di sì), può essere assimilato all’intimazione ex art.50 DPR 602. Daniela vuole comunque contestare perché ritiene (sbagliando) che dopo 10 anni non possa più essere perseguita. In realtà, prescrizione 2015-16 maturerebbe nel 2026 se nessun atto dal 2021, ma Soris l’ha interrotta. Daniela però nota un vizio: l’ingiunzione 2021 non le fu notificata correttamente (le venne lasciata in cassetta senza raccomandata di deposito). Però non ha fatto ricorso entro 60 gg.

Azione: A Torino, le contestazioni su ingiunzioni Soris si portano comunque in Commissione Tributaria. Daniela presenta ricorso contro il sollecito 2025, sostenendo che:

  • l’ingiunzione 2021 le fu notificata nulla (eccepisce ora, come fatto “impeditivo” del titolo definitivo).
  • In subordine, se valida, eccepisce che 2015 era comunque decaduto nel 2021 (avviso tardivo, ma Soris magari era un ingiunzione cum accertamento).

Qui c’è la difficoltà: Se ingiunzione 2021 era tardiva rispetto a decadenza? Per 2015, decadenza 31/12/2020, ingiunzione in 2021 = fuori termine -> nulla. Quindi c’è questo appiglio robusto: anche se notifica fosse ok, l’ingiunzione è atto impositivo notificato oltre i 5 anni, ergo decaduta la pretesa 2015.

Esito atteso: La Corte tributaria Piemonte dovrebbe accogliere il ricorso: poiché l’ingiunzione 2021 includeva 2015 oltre termini, quell’anno viene annullato per decadenza; 2016 forse era entro (accert 2016 entro 2021, giusto al limite). Ma se notifica era nulla come Daniela asserisce, l’atto non è mai divenuto definitivo, e il sollecito 2025 diventa primo atto conosciuto, quindi ricorso ammissibile e si discutono i debiti. Probabile decisione: 2015 annullato per decadenza, 2016 forse valido (se notifica sanata dalla conoscenza? not proprio se notifica nulla rimane nulla).

Potrebbe finire che giudice annulla tutto per vizio di notifica iniziale. Soris dovrà eventualmente rinotificare un’ingiunzione (ma su 2016 potrebbe ancora?), 2015 perso.

Considerazione locale: Torino-Soris evidenzia che, sebbene usi ingiunzioni R.D. 639/1910, i principi di prescrizione quinquennale e decadenze si applicano identici. Le commissioni piemontesi seguono Cassazione. Quindi Daniela ha buone chance su questi tecnicismi.

Caso 5: Palermo – Cartella TARI per immobile ereditato (responsabilità eredi)

Scenario: Il Sig. Enrico, residente a Palermo, eredita nel 2024 un appartamento dallo zio defunto. Nel 2025 riceve una cartella da Riscossione Sicilia (o AdER Sicilia) per TARI anni 2019-2020 intestata ancora allo zio ma notificata a lui come erede, per un importo di €600. Enrico sapeva che lo zio non pagava la TARI, ma vorrebbe capire se lui è tenuto a pagare gli arretrati.

Analisi: Alla morte, i debiti tributari (TARI inclusa) rientrano nell’asse ereditario: gli eredi che accettano l’eredità rispondono dei debiti del de cuius, salvo limitazioni se in beneficio inventario. Enrico ha accettato l’eredità implicitamente usando l’immobile, quindi è responsabile dei debiti TARI del passato? Sì, in qualità di erede i debiti tributari (non personali) sono a suo carico, nei limiti del valore eredità. Tuttavia:

  • Il Comune avrebbe dovuto intestare la cartella agli “Eredi di…” se era post mortem. Comunque gliel’hanno notificata, quindi efficacia c’è.
  • Verifica termini: TARI 2019-2020, cartella nel 2025 = 2019 è al limite (prescrizione fine 2024) quindi può eccepire prescrizione 2019 perché notifica cartella avvenuta 2025 oltre 5 anni dal 2019 (ammesso nessun atto prima; magari c’era sollecito nel 2022? Non lo sa).
  • 2020 sarebbe entro, prescrive a fine 2025, quindi nei tempi. Avviso di accertamento c’è stato? Forse no. Decadenza: 2019 andava accertato entro 2024, cartella è direttamente atto? Palermo spesso manda direttamente ruoli per morosi noti, ma se zio non faceva dichiarazione? Un po’ incerto.

Azione: Enrico può fare ricorso:

  • Eccepisce prescrizione 2019 (se applicabile).
  • Eccepisce difetto di notifica di accertamento: se non risulta avviso entro 2024, cartella su 2019-20 è nulla (soprattutto se TARI 2020 andava accertata entro 2025, e cartella 2025… qui è borderline).
  • Sottolinea che lui ha avuto conoscenza ora come erede, ma data notifica nel 2025 è regolare, quindi 60 gg ok.

Esito atteso: Commissione Sicilia: potrebbe accogliere in parte – togliere 2019 per prescrizione (5 anni), convalidare 2020 se ancora entro. Dipende se 2020 prescrive al 31/12/2025 e cartella arrivata prima, allora 2020 ok.

  • Se scopre che c’era sospensione Covid (metti sospeso 2020 da marzo a agosto), forse Comune aveva fino a metà 2025 per 2019? Poco rilevante.

In sintesi, Enrico probabilmente pagherà il 2020 e non il 2019.

Nota locale: In Sicilia, fino a fine 2021 operava Riscossione Sicilia, dal 2022 è confluita in AdER. Notifiche in quell’epoca a volte erano lente.
Gli eredi vengono coinvolti e possono eccepire che non fu mai notificato nulla al de cuius (ma se de cuius era vivo in 2019-20, omissione fu sua). Difficilmente non pagherà nulla, qualche anno lo dovrà saldare.

Caso 6: Bologna – Cartella TARI con errori di calcolo (riduzione e vizi)

Scenario: La ditta individuale Gamma, a Bologna, riceve nel 2025 una cartella per TARI 2022 non pagata, di €3.000. Il titolare nota subito un errore: l’importo è il doppio di quanto previsto, perché il Comune non ha considerato che metà del locale è laboratorio con tariffa ridotta e che c’era una riduzione Covid sulle tariffe 2022. Quindi la base di calcolo è errata.

Analisi: Trattandosi di annualità recente (2022), non c’è prescrizione (appena 3 anni). Il Comune di Bologna probabilmente ha emesso direttamente un avviso di accertamento esecutivo nel 2023, che Gamma però non ha mai ricevuto (o ignorato). La cartella 2025 in realtà potrebbe essere un sollecito su quell’avviso.
Gamma può contestare la quantificazione: questo rientra nel merito (non semplice prescrizione formale). Dovrà dimostrare che i metri quadri o la destinazione d’uso applicata erano errati, o che c’erano agevolazioni Covid di cui ha diritto. Ciò richiede magari avere presentato domanda di riduzione etc.

Azione: Ricorso alla C.G.Tr. Emilia-Romagna:

  • Motivo principale: erronea determinazione della tassa: violazione regolamento TARI, eccesso di potere, errore sui dati.
  • Secondario: se davvero non arrivò avviso 2023, eccepisce nullità per difetto atto presupposto anche.

Esito atteso: Se Gamma prova l’errore (ad es. allega planimetrie, regolamento), la Commissione potrebbe rideterminare l’importo. Il giudice tributario, se ha elementi, può quantificare il dovuto esatto e annullare parzialmente la cartella per l’eccedenza. In alternativa, annulla l’intera cartella per difetto di motivazione chiedendo al Comune di ricalcolare. Dipende dai dettagli.

Nota locale: Bologna gestisce TARI via Hera (multiutility) per bollettazione, ma accertamenti li fa il Comune. Ci furono riduzioni Covid 2020-21 – se 2022 coda di riduzioni su PNRR? Forse. Comunque, l’esempio mostra che non sempre il contribuente contesta solo questioni di termine, ma anche di sostanza. In tali casi un contenzioso tecnico può portare a vittoria parziale.

Caso 7: Firenze – Occupazione temporanea e soggetto passivo

Scenario: La Sig.ra Francesca vive a Firenze in un appartamento in affitto da gennaio a maggio 2020 (5 mesi), poi si trasferisce altrove. Nel 2025 riceve una cartella TARI dal Comune di Firenze per la tassa rifiuti dell’intero anno 2020 su quell’immobile, per €300. Tuttavia, la legge esclude il detentore per meno di 6 mesi: la TARI 2020 sarebbe dovuta dal proprietario (non da Francesca).

Analisi: Francesca effettivamente era detentrice solo per 5 mesi (<6 mesi), quindi a norma di legge non è soggetto passivo per il 2020 (lo è il proprietario). Il Comune però, probabilmente avendo la sua denuncia di inizio occupazione, le ha imputato tutto l’anno. È un errore sul soggetto responsabile. Francesca dovrebbe aver comunicato cessazione a maggio 2020, sperando il Comune la recepisse. Pare di no.

Azione: Ricorso alla C.G.Tr. Toscana:

  • Fa valere l’art. 1, comma 643, L. 147/2013 (ora trasfuso in L. 160/2019) che esonera i detentori <6 mesi. Quindi chiede annullamento della cartella in quanto ella non è tenuta al pagamento.
  • Se la cartella include anche TEFA (tributo provinciale 5%), comunque decadrebbe insieme.
  • Probabilmente citerà il proprietario come coobbligato? In realtà, nel processo tributario può intervenire il proprietario, ma Francesca da sola può ottenere l’annullamento per sé.

Esito atteso: Commissione accoglie il ricorso: la cartella verso Francesca è annullata perché “non è soggetto passivo essendo stata conduttrice <6 mesi”. Il Comune dovrà semmai rifare avviso al proprietario (ma quell’anno forse è ormai decaduto, siamo nel 2025 con decadenza fine 2025 per 2020; se fa in tempo potrebbe).

Nota locale: Firenze conosce bene la regola dei 6 mesi, di solito i loro uffici la applicano. Questo scenario mostra come i ruoli a volte non distinguano situazioni particolari e il contribuente deve far valere normative a suo favore. Dal punto di vista del proprietario, attenzione: il proprietario pensava che l’inquilina dovesse pagare e magari non ha pagato nulla, ora rischia di trovarsi l’avviso tardivo se comune rimedia. Se tardivo potrà eccepire decadenza.

Caso 8: Bari – Cartella TARI per un condominio (oneri e solidarietà)

Scenario: Un Condominio Alfa di Bari riceve una cartella per TARI 2021 non pagata sulle parti comuni (es. locali condominiali). L’importo è modesto (€200), ma l’amministratore nota che nella cartella c’è scritto che “il responsabile del pagamento è l’amministratore pro-tempore ex art. 118 c.c.”. Inoltre, alcuni condomini ricevono anch’essi cartelle per le loro unità.

Analisi: Di norma, per i condomini, il soggetto passivo della TARI sulle parti comuni non utilizzate in via esclusiva è il condominio stesso, e l’amministratore ne è responsabile del versamento. Nulla di anomalo quindi: l’amministratore deve pagare con i fondi condominiali quella quota. Voleva verificare se solidalmente possono essere chiamati i singoli. La legge dice che l’amministratore è responsabile per le parti comuni, ma i singoli restano responsabili per le proprie unità.

Nel caso, sembra tutto regolare, salvo eventuale prescrizione (2021-> cartella 2025, siamo a 4 anni, ok).

Azione: Probabilmente il condominio non ha molto da opporre se non forse una richiesta di rateazione. L’amministratore potrebbe fare istanza di annullamento se crede che la parte comune produceva zero rifiuti (es. locale tecnico esente?), ma se è tassabile, dovranno pagare. Nessuna eccezione di termine vincente qui.

Esito atteso: Nessun ricorso o ricorso respinto. Il condominio paga, magari con lieve ritardo, interessi dovuti.

Nota locale: Bari usa AER per ruoli. Questo caso evidenzia la responsabilità dell’amministratore pro quota ma nulla di speciale giuridicamente.

Caso 9: Catania – Intimazione di pagamento dopo anni di silenzio

Scenario: La Ditta Delta di Catania riceve nel 2025 un’intimazione di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione riguardante una vecchia cartella TARI notificata nel 2019 e mai pagata. Sono passati più di 4 anni senza comunicazioni, e ora l’intimazione le dà 5 giorni per pagare ~€5.000, pena esecuzione.

Analisi: Cartella 2019 -> presumibilmente per TARI 2014-2015 (esempio) emessa in ruoli all’epoca. Delta non fece ricorso, per cui la cartella è titolo definitivo. Tuttavia, dal 2019 al 2025 trascorsi oltre 5 anni? Precisamente, 2019-2024 sono 5 anni. Se l’intimazione arriva dopo oltre 5 anni (metti cartella not. a marzo 2019 e intimazione aprile 2025, 6 anni), la prescrizione potrebbe essersi compiuta a marzo 2024. Ma qui c’è il periodo Covid 2020 dove notizie furono sospese: però la prescrizione fu sospesa solo alcuni mesi, quindi sposta di poco.

Comunque, appare che l’Agente si sia “svegliato” tardi. Delta può eccepire che il credito è prescritto perché nessun atto interruttivo dal 2019.

Azione: Delta impugna l’intimazione 2025 alla C.G.Tr. Sicilia (sezione staccata di Catania), con unico motivo: prescrizione sopravvenuta del credito tributario dopo cartella. Grazie alle SU 2025, sappiamo che è il giudice tributario competente, quindi tutto ok.

Esito atteso: Se AER/Comune non provano di aver inviato solleciti nel frattempo (spesso inviano almeno uno a 1 anno e uno a 2 anni, ma se nulla), 2019-2025 > 5 anni -> credito prescritto, intimazione annullata. Delta non dovrà pagare.

Considerazione locale: In Sicilia, Riscossione Sicilia era famosa per ritardi; con passaggio ad AER (Nov 2022) hanno cercato di recuperare arretrati notificando in massa intimazioni e fermi. Molti debitori come Delta stanno eccependo prescrizioni. Le Commissioni siciliane applicano oramai l’orientamento consolidato pro contribuente, dunque Delta ha ottime possibilità.

Caso 10: Genova – Pagamento effettuato ma cartella non sgravata

Scenario: Il Sig. Luigi di Genova riceve nel 2025 una cartella per TARI 2022, ma lui ha pagato regolarmente quella tassa nel 2022 (conserva le ricevute PagoPA). Evidentemente c’è un errore amministrativo: il Comune potrebbe non aver registrato il pagamento.

Analisi: È un caso di pagamento già effettuato. Luigi ha tutta la ragione, ma deve attivarsi per far annullare la cartella: è assurdo pagare due volte.

Azione: Luigi prima contatta l’ufficio tributi di Genova mostrando le ricevute: è la via più rapida (autotutela). Il Comune riconosce l’errore e avvia lo sgravio. Se per ipotesi il Comune facesse orecchie da mercante, Luigi farebbe ricorso allegando le ricevute e chiedendo l’annullamento per insussistenza del debito, violazione art. 53 Cost (doppia imposizione) e ovviamente presenterebbe istanza di sospensione allegando prova del pagamento.

Esito atteso: Verosimilmente, risoluzione in autotutela: la cartella viene annullata senza arrivare a giudizio. Se invece in giudizio, la Commissione annulla immediatamente vista la prova del versamento (magari condannando anche il Comune alle spese, data la negligenza).

Nota locale: Genova ha avuto casi di duplicazioni quando c’era il passaggio TARES->TARI nel 2014, doppi conteggi. Oggi è raro, ma questo insegna: sempre conservare le ricevute e in caso di cartella ingiusta, agire prontamente. Il contribuente può anche, come visto, usare lo strumento di sospensione presso AER per far verificare il pagamento all’ente; allegando ricevute, AER di solito sospende e se il Comune conferma l’avvenuto versamento, annulla la cartella.


Queste simulazioni dimostrano la varietà di situazioni: da quelle in cui la prescrizione è la difesa vincente, a quelle di errori di notifica, di legittimazione, di calcolo o di pagamenti già fatti. In ogni città possono esservi prassi diverse (es. metodi di notifica, concessionari locali), ma i princìpi legali restano uniformi sul territorio nazionale grazie alla normativa statale e all’opera uniformatrice della Cassazione.

Domande Frequenti (FAQ) su Cartelle TARI e Prescrizione

Di seguito una raccolta di quesiti ricorrenti che privati, imprese e professionisti si pongono riguardo alle cartelle TARI, con risposte concise basate sul quadro normativo e giurisprudenziale illustrato.

  • D: Che cos’è una cartella di pagamento TARI e come avviene la notifica?
    R: È l’atto con cui l’Agente della Riscossione (es. Agenzia Entrate-Riscossione) richiede il pagamento coattivo della TARI non versata spontaneamente. Viene notificata al contribuente di norma via posta raccomandata A/R, tramite messi notificatori, oppure tramite PEC (per chi ha un domicilio digitale). La cartella contiene il dettaglio del tributo dovuto (anni e importi) e le istruzioni per pagare entro 60 giorni. Se la notifica viene effettuata per posta, avviene con raccomandata e avviso di ricevimento; se il destinatario è assente, l’atto può essere depositato e ne viene data comunicazione. È importante aggiornare la residenza e la PEC: la notifica inviata all’indirizzo di residenza ufficiale risulta valida anche se il contribuente non la riceve personalmente, salvo vizi formali.
  • D: Dopo quanto tempo la TARI non pagata va in prescrizione?
    R: Il termine ordinario di prescrizione è 5 anni, in quanto la TARI è un’obbligazione periodica annuale. I 5 anni decorrono, per ciascuna annualità, dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento (quando il Comune matura il diritto a esigere la tassa) e vengono interrotti da eventuali atti notificati nel frattempo. Esempio: TARI 2020 – prescrizione al 31/12/2025, se nessun atto è notificato prima. Attenzione: se il Comune notifica un avviso o una cartella, il termine riparte da capo dalla data di notifica. Se però il contribuente riceve e non impugna un avviso, il credito diviene definitivo ma resta pur sempre soggetto a prescrizione (5 anni per i tributi locali, non si trasforma in 10).
  • D: Quali atti interrompono la prescrizione della cartella TARI?
    R: Qualsiasi atto formale con cui l’ente impositore o il riscossore manifestano la volontà di riscuotere il credito. In particolare: la notifica di un avviso di accertamento, di una cartella di pagamento, di un sollecito di pagamento scritto, di una intimazione di pagamento o di un pignoramento sono tutti atti interruttivi. Dopo ciascuno di essi, il termine di prescrizione (5 anni) ricomincia da zero dal giorno successivo. Anche un pagamento parziale o rateale volontario da parte del contribuente interrompe (costituisce riconoscimento di debito ex art. 2944 c.c.). Non interrompono invece atti interni non notificati o comunicazioni generiche. Va notato che l’invio di avvisi bonari o solleciti via PEC con firma digitale vale come atto scritto se contiene la richiesta del pagamento. Mero invio di estratto conto o calcolo interessi non è atto interruttivo autonomo (cfr. Cass. SU 25790/2009: gli atti di “mora” per soli interessi non interrompono).
  • D: Ho ricevuto una cartella per TARI di oltre 5 anni fa: è automaticamente nulla?
    R: Non automaticamente, ma è probabile che sia prescritta. Bisogna verificare se nei 5 anni precedenti la notifica della cartella ti era stato notificato qualche atto (accertamento, sollecito, ingiunzione). Se nessun atto ti è stato notificato in quei 5 anni, puoi eccepire la prescrizione quinquennale e in sede di ricorso il giudice annullerà la cartella perché il diritto di credito si è estinto. Se invece c’è stato un atto interruttivo (es. un avviso 3 anni fa), la prescrizione decorre da quello e la cartella potrebbe essere tempestiva. Attenzione: anche se la cartella arriva oltre 5 anni dall’anno d’imposta, potrebbe essere stata preceduta da un accertamento entro 5 anni che ha interrotto. Dunque, verifica la tua documentazione. In mancanza, l’eccezione di prescrizione è vincente.
  • D: La cartella TARI deve essere preceduta da un avviso di accertamento?
    R: Sì, per gli anni fino al 2019 era obbligatorio che il Comune notificasse un avviso di accertamento (atto impositivo) al contribuente prima di iscrivere il debito a ruolo e fargli arrivare la cartella. Se il Comune non l’ha fatto, la cartella è nulla per difetto di presupposto. Dal 2020 in poi, l’avviso di accertamento comunale ha esso stesso forza esecutiva e non è prevista la cartella: tuttavia, alcuni enti potrebbero comunque emettere cartelle su accertamenti esecutivi (per prassi, anche se ridondante). In ogni caso, se ricevi una cartella su un anno recente senza aver avuto alcun avviso prima, è un’anomalia su cui basare ricorso. Più in generale: nessun tributo può esser riscosso coattivamente senza prima un atto che ne abbia accertato la debenza; la cartella non può essere il primo e unico atto a sorpresa (se succede, è annullabile).
  • D: Qual è il termine per impugnare una cartella TARI?
    R: 60 giorni dalla notifica, analogamente agli altri atti tributari (D.Lgs. 546/92). Entro tale termine va proposto ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria competente. Se ti arriva ad es. il 1° marzo, hai fino a fine aprile circa. In caso di invio per posta, si calcola dalla data di ricevimento (quella sull’avviso di ritorno). Se perdi il termine di 60 giorni, la cartella diventa definitiva e non più contestabile nel merito. Faranno eccezione solo i casi di notifica nulla o mai avvenuta: in tal caso il termine non decorre finché non hai conoscenza effettiva dell’atto, e potrai fare ricorso “oltre i 60 giorni” motivando la notifica inesistente.
  • D: Devo pagare la cartella TARI entro 60 giorni anche se faccio ricorso?
    R: No, se presenti ricorso tributario, non sei tenuto a pagare immediatamente l’importo (non c’è solve et repete in queste materie). Tuttavia, la presentazione del ricorso non sospende automaticamente la riscossione. Significa che, decorso il termine dei 60 giorni, se non hai pagato, l’Agente può teoricamente iniziare le procedure di esecuzione (fermo auto, ecc.) anche se il ricorso è pendente. Per evitare ciò, è consigliabile presentare una istanza di sospensione al giudice tributario insieme al ricorso (art. 47 D.Lgs. 546/92) chiedendo di bloccare la riscossione fino alla decisione, evidenziando il pericolo di danno e la fondatezza del ricorso. Se la sospensione viene concessa, l’Agente della riscossione non potrà procedere finché la causa non è definita in primo grado. In pratica, per cartelle TARI, l’Agente spesso attende l’esito se sa del ricorso, ma è bene non rischiare e ottenere un provvedimento di sospensione.
  • D: A chi devo fare ricorso: Comune o Agenzia Entrate-Riscossione?
    R: Nel ricorso vanno indicati entrambi: sia il Comune (che è l’ente creditore, autore del tributo) sia l’Agente della Riscossione (che ha emesso e notificato la cartella). Entrambi sono parti necessarie del giudizio. Il Comune di solito si costituisce per le questioni di merito (validità del tributo, termini, ecc.), mentre l’Agente si occupa di questioni di notifica, procedure e interessi di riscossione. Dunque, il ricorso va notificato ad entrambi i soggetti (tipicamente via PEC). La sentenza andrà poi notificata a entrambi per le eventuali azioni successive.
  • D: La prescrizione è rilevata d’ufficio dal giudice?
    R: No, la prescrizione deve essere eccepita dal contribuente debitore (art. 2938 c.c.). Se non la eccepisci tu nel ricorso, il giudice tributario non può dichiararla di sua iniziativa. È fondamentale quindi inserire sempre il motivo di ricorso relativo alla prescrizione, qualora ve ne siano i presupposti. Una volta sollevata l’eccezione, sarà il Comune a dover dimostrare che la prescrizione è stata interrotta in tempo. Se per errore non l’hai eccepita e la sentenza passa in giudicato, non potrai più far valere la prescrizione di quegli importi.
  • D: Ho perso il ricorso in primo grado: devo pagare subito o posso aspettare l’appello?
    R: La regola generale è che la decisione di primo grado è immediatamente esecutiva. Quindi, se la tua cartella è stata confermata dal giudice di primo grado, il debito torna riscuotibile. Tuttavia, puoi proporre appello entro 60 giorni e, contestualmente, chiedere di nuovo la sospensione in secondo grado della cartella (o della sentenza). Le Corti di giustizia tributaria di secondo grado possono sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata se vi sono gravi e fondati motivi. Se anche in appello perdi, l’ultima spiaggia è il ricorso in Cassazione (solo su diritto), ma la riscossione a quel punto di solito prosegue (salvo rarissime sospensioni in sede di legittimità). In sintesi: dopo primo grado sfavorevole, se non ottieni sospensione in appello, è probabile che dovrai pagare prima della fine del contenzioso (anche se poi vincessi in Cassazione, recupereresti, ma intanto hai dovuto sborsare).
  • D: Ho scoperto una cartella TARI non pagata solo quando mi è arrivato un pignoramento: a chi contesto il pignoramento?
    R: Se sei già alla fase di pignoramento (ad es. blocco conto, fermo auto), vuol dire che la cartella è definitiva da tempo. Puoi agire in due modi a seconda di cosa contesti: 1) se sostieni che il debito non esiste o è estinto (perché hai pagato o prescritto o la cartella mai notificata), devi rivolgerti al giudice tributario impugnando eventualmente l’atto di pignoramento come strumento per far valere quei motivi. Le Sezioni Unite hanno chiarito che anche la prescrizione sopravvenuta dopo cartella va fatta valere davanti al giudice tributario. 2) Se invece il debito è valido ma il pignoramento ha vizi procedurali (ad es. ti pignorano beni impignorabili, o errori nelle forme), devi fare opposizione al giudice ordinario (Tribunale civile), perché riguarda la fase esecutiva. Spesso in questi casi conviene farsi assistere da un legale per coordinare eventualmente entrambe le azioni. Ricorda comunque che se non hai mai ricevuto la cartella, puoi sempre chiedere al giudice tributario la rimessione in termini per notifica nulla e discutere il merito anche in ritardo.
  • D: Se il Comune fa un errore (importo sbagliato, persona sbagliata), posso risolvere senza andare in causa?
    R: Sì, c’è la via dell’autotutela. Puoi presentare un’istanza al Comune (ufficio tributi) o all’Agente della Riscossione (istanza di sospensione amministrativa) spiegando l’errore e allegando le prove. Per esempio, se hai già pagato, invia le ricevute chiedendo l’annullamento della cartella per importo non dovuto. Gli enti hanno tutto l’interesse a correggere gli errori evidenti. Questa procedura è spesso efficace in caso di pagamenti effettuati, doppie imposizioni, palesi scambi di persona. Tuttavia, l’autotutela è discrezionale: se il Comune non accoglie o non risponde, l’unica tutela “forte” resta il ricorso al giudice. Quindi puoi tentare l’autotutela, ma non affidarti solo ad essa se i termini di ricorso decorrono – eventualmente presenta ricorso per sicurezza, e se il Comune annulla nel frattempo, potrai rinunciare al giudizio.
  • D: Posso chiedere la rateizzazione della cartella TARI?
    R: Sì. Le cartelle esattoriali, compresa quella della TARI, possono essere rateizzate rivolgendosi all’Agente della Riscossione. Fino a €120.000 di debito è possibile ottenere una dilazione fino a 72 rate mensili (6 anni) presentando semplice domanda; per importi superiori o rate più lunghe fino a 120 rate occorre documentare situazione di difficoltà (DPR 602/73 art. 19). La rateizzazione sospende le azioni esecutive: una volta concessa e pagate le prime rate, non subisci pignoramenti finché rispetti il piano. Nota: chiedere rate equivale ad ammettere il debito – se intendi contestarlo in giudizio, la rateazione è incompatibile (non puoi dire “il debito non esiste” e intanto rateizzare). Quindi decidi: se la cartella è formalmente corretta ma non riesci a pagarla in un’unica soluzione, la rateazione è un’ottima soluzione (anche perché interrompe la prescrizione, ma poi decorre durante il pagamento sospeso e in caso di decadenza riparte da capo dal momento in cui decade). Se invece la vuoi impugnare, niente rate.
  • D: Esiste una “sanatoria” per non pagare le cartelle TARI?
    R: Periodicamente, lo Stato ha introdotto misure di definizione agevolata delle cartelle (“rottamazione”) e persino annullamento automatico di piccoli importi. Ad esempio, con la Legge di Bilancio 2023 è stata prevista la Rottamazione-quater: i debiti a ruolo 2000-2017 potevano essere estinti senza sanzioni né interessi (quindi anche TARI). Inoltre, i debiti fino a €1.000 affidati entro 2015 sono stati cancellati d’ufficio (stralcio previsto dalla L.197/2022). Se rientri in queste casistiche, potresti usufruirne: ad esempio una cartella TARI 2013 di €300 è stata annullata automaticamente nel 2023 senza fare nulla, grazie alla legge. Oppure, una cartella TARI 2016 di €500 potevi rottamarla entro aprile 2023 pagando solo €500 (niente sanzioni/ interessi). Verifica le norme vigenti: al 2025, potrebbero esserci nuove edizioni di rottamazione. Queste misure non sono “diritti” permanenti ma opportunità straordinarie. Non fanno riconoscere la prescrizione, ma di fatto condonano. Quindi, se c’è una rottamazione aperta e non hai altre valide difese, valutala.
  • D: Chi è responsabile della TARI in caso di affitto o vendita dell’immobile?
    R: La TARI è dovuta da chi occupa o detiene l’immobile al 1° gennaio dell’anno (o per la durata dell’occupazione, se iniziata dopo). In caso di locazione di durata ≥6 mesi nello stesso anno, l’inquilino è il soggetto obbligato (il proprietario non paga per quel periodo). Se invece l’occupazione è <6 mesi, il tributo per quell’anno resta a carico del proprietario. Alla cessazione, l’inquilino deve di solito comunicare al Comune la fine dell’occupazione. Se ciò non avviene, il Comune può continuare a intestare al vecchio inquilino le richieste. Occorre quindi sempre presentare la dichiarazione di cessata occupazione. In caso di vendita: il vecchio proprietario paga fino alla data di vendita (e dovrebbe chiudere la sua utenza TARI), il nuovo proprietario/occupante paga dall’acquisto in poi, presentando dichiarazione a suo nome. Il Comune non può chiedere al nuovo proprietario i debiti TARI del precedente (non c’è responsabilità solidale salvo contitolarità nello stesso periodo). Discorso diverso per gli eredi: chi accetta l’eredità risponde anche dei debiti TARI pregressi del defunto, in quanto sono debiti tributari che ricadono sugli eredi (pro quota ereditaria). Dunque, se erediti un immobile, puoi vederti recapitare cartelle TARI intestate al de cuius: dovrai pagarle (o contestarle per prescrizione se sono vecchie), come qualsiasi altro debito ereditario.
  • D: Se il Comune non mi ha mai inviato la bolletta/avviso TARI, posso non pagare?
    R: No, il fatto di non aver ricevuto la bolletta ordinaria non elimina l’obbligo di pagamento. Il contribuente dovrebbe attivarsi (presentare dichiarazione se non fatta, richiedere l’avviso). Tuttavia, se non paghi perché non hai ricevuto nulla, il Comune prima o poi ti manderà un avviso di accertamento per omesso versamento. Potrai eventualmente chiedere di non applicare sanzioni per motivi non dipendenti da te (a volte in autotutela tolgono sanzioni se c’è stata mancata spedizione), ma la tassa base resta dovuta. Solo la prescrizione (5 anni) o la decadenza possono farti non pagare, non la mancata fattura in sé. Diverso è se l’avviso di accertamento non ti arriva per vizi di notifica e poi ti iscrivono a ruolo: in quel caso, come detto, la cartella è nulla per mancanza di presupposto notificato. Ma se semplicemente il Comune per errore non ti ha mandato i bollettini spontanei ma l’avviso sì, dovrai pagare con sanzione. La raccomandazione è: se sai di dover pagare TARI ma non ti arriva il modulo, informati presso l’ufficio tributi per evitare guai successivi.
  • D: In caso di divisione o coabitazione, chi paga la TARI?
    R: Se più persone abitano insieme (famiglia, coinquilini) la TARI è intestata di solito a uno solo (dichiarante), ma legalmente tutti i co-detentori sono solidalmente responsabili. Questo significa che il Comune può rivolgersi a uno qualsiasi dei coobbligati per l’intero. Ad esempio, in una coppia, se il marito è intestatario e muore lasciando arretrati, il Comune può chiedere alla moglie l’intero debito TARI degli anni di convivenza (in quanto contitolare dell’occupazione). Oppure, in una convivenza di fatto, sarebbe bene intestare la TARI a entrambi, ma se intestata a uno solo, l’altro comunque è tenuto in solido per la quota di periodo in cui era coabitante. Nei contratti di locazione, spesso la TARI viene intestata solo all’inquilino: il proprietario è esonerato se l’inquilino sta >6 mesi. Ma se l’inquilino non paga, il Comune può pretenderla dal proprietario? Formalmente no oltre i 6 mesi (il debitore è l’inquilino, il proprietario non è coobbligato, salvo forse rispondere come obbligazione propter rem in via patrimoniale? La legge non prevede solidarietà proprietario-inquilino se >6 mesi, ma il Comune in pratica non può riscuotere dal proprietario, deve inseguire l’inquilino).
  • D: Se presento ricorso contro una cartella TARI, posso evitare che mi mettano il fermo amministrativo sull’auto?
    R: Sì, ma devi agire tempestivamente. Innanzitutto, proponi il ricorso nei 60 giorni e contesta il debito. Parallelamente, puoi: 1) chiedere al giudice tributario la sospensione dell’atto; 2) oppure fruire della sospensione amministrativa presentando all’Agente della Riscossione istanza con la copia del ricorso (l’Agente spesso in via di prassi sospende fino all’esito di sospensiva in udienza); 3) oppure, in ultima analisi, se temi un fermo imminente, potresti anche pagare (o rateizzare) per evitare misure e poi proseguire col ricorso per ottenere rimborso – ma questa è l’ultima ratio. Il fermo amministrativo (blocco auto) è preceduto da un preavviso di fermo: anche quello è impugnabile in Commissione Tributaria entro 60 giorni. Quindi se, nonostante il ricorso pendente, l’Agente notifica un preavviso di fermo, puoi fare ricorso anche contro quello (perché in presenza di contestazione in corso, il fermo potrebbe essere considerato illegittimo se c’è sospensione concessa o palese fondatezza della pretesa del ricorrente). In pratica: comunica sempre all’Agente che hai fatto ricorso e chiesto sospensione, sollecitando a non attivare misure esecutive.

Queste FAQ affrontano i dubbi più comuni, ma ogni situazione può avere particolarità. In caso di incertezza, è consigliabile consultare un professionista (avvocato tributarista o commercialista) con la documentazione alla mano, per valutare la strategia migliore.

Fonti normative e giurisprudenziali utilizzate

Normativa primaria e regolamentare:

  • Codice Civile: articoli 2934–2938 (prescrizione in generale), art. 2946 (prescrizione ordinaria decennale), art. 2948 n.4 (prescrizione quinquennale di obbligazioni periodiche), art. 2953 (effetti del giudicato sulle prescrizioni più brevi).
  • Statuto del Contribuente (L. 212/2000): art. 3 (efficacia temporale delle norme tributarie), art. 6 (tutela dell’affidamento e comunicazioni al contribuente), art. 7 (motivazione degli atti tributari e indicazione dell’organo competente), art. 8 (divieto di prassi retroattive sfavorevoli), art. 10 (collaborazione e buona fede, non sanzionabilità se errore scusabile), art. 17 (rateizzazione equitativa).
  • Legge 27 dicembre 2013 n. 147: commi 641–668 dell’art. 1 (istituzione TARI nell’ambito IUC):
    • Comma 643: presupposto, soggetti passivi TARI e solidalità (occupante >6 mesi vs proprietario).
    • Commi 667–668: TARI corrispettiva (non approfondita qui, relativa a tariffazioni puntuali con IVA).
    • Nota: Commi abrogati dal 2020, sostituiti da Legge 160/2019, ma principi confermati.
  • Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria 2007): art. 1 commi 161–170:
    • Comma 161: decadenza 5 anni per notificare atti di accertamento dei tributi locali.
    • Comma 163: decadenza 3 anni per notificare cartella/ingiunzione successiva ad accertamento definitivo.
    • Comma 167: obbligo di motivare atti con riferimento a documenti probatori, ecc. (rinvio a L.212/2000 art.7).
  • Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602:
    • Art. 25: formazione e notifica della cartella di pagamento (termini, contenuto).
    • Art. 19: dilazione di pagamento (concessione rate fino 72 o 120 rate, condizioni).
    • Art. 45: spese esecutive e compensi di riscossione (ex “aggio”).
    • Art. 50: intimazione ad adempiere (obbligo di preavviso 5 giorni se esecuzione oltre 1 anno da notifica cartella).
    • Art. 57: limitazioni alle opposizioni esecutive (non ammessa opposizione a ruolo per motivi di merito già deducibili in Commissione).
  • Regolamenti/Tariffe Comunali TARI: (per riferimenti su riduzioni COVID, classificazione utenze, ecc., rimandiamo ai singoli regolamenti comunali; es: Regolamento TARI Comune di Milano 2020; Regolamento TARI Roma 2019; etc.)
  • Legge 27 dicembre 2019 n. 160 (Bilancio 2020): art. 1 commi 780–791 (nuova IMU), commi 792–796 (introduzione accertamento esecutivo per tributi locali); commi 797–800 (ingiunzione fiscale integrata); commi 816–817 (sanzioni ridotte se definizione entro 60 gg, ecc.). Comma 791 abroga dal 2020 i commi 639-668 L.147/2013 previgenti.
  • D.Lgs. 546/1992 (Processo tributario): art. 2 (giurisdizione commissioni tributarie su cartelle, fermi, ipoteche relative a tributi), art. 19 (atti impugnabili, includendo cartella e ogni atto dell’Agente riferito a tributi), art. 21 (60 gg per il ricorso), art. 39 (sospensione giudizio per condono, se applicabile), art. 47 (sospensione esecuzione su istanza), art. 68 (esecutorietà sentenze tributarie).
  • Decreto MEF 6/11/2021 n. 231: (Riforma processo tributario 2022) ha rinominato le Commissioni in “Corti di Giustizia Tributaria”, ma sul merito qui poco impatta.

Giurisprudenza (Corte di Cassazione):

  • Cass., Sez. Unite, n. 25790/2009: principio: gli atti interruttivi vanno individuati in quelli di esercizio concreto del diritto; comunicazioni di mero calcolo (es. avvisi di liquidazione interessi) non hanno effetto interruttivo.
  • Cass., Sez. Unite, n. 23397/2016: principio generale su mancata impugnazione di atti a ruolo: irretrattabilità del credito ma niente conversione della prescrizione breve in decennale senza giudicato.
  • Cass., Sez. Unite, n. 115/2018 (ord.): (non citata sopra, ma nota) afferma giurisdizione tributaria su cartelle relative a sanzioni amministrative tributarie; consolida che fermo/ ipoteca su tributi -> giudice tributario.
  • Cass., Sez. Unite, n. 34447/2019: riparto giurisdizione tributaria/ordinaria in materia esecutiva (indicava ordinario per fatti estintivi successivi a notifica se non contestata, parzialmente superata da SU 2025).
  • Cass., Sez. Unite, n. 312/2020: (non citata sopra) su contributi consortili, prescrizione 5 vs 10 analogie tributi.
  • Cass. V, n. 20956/2019: ordinanza che chiarisce prescrizione quinquennale per tributi locali, citata in testi divulgativi.
  • Cass. V, n. 13683/2020: conferma IMU/TARI prescrizione 5 anni.
  • Cass. V, n. 29639/2020: (esiste su tari? presumibilmente simile a 13683).
  • Cass. V, n. 5836/2021; n. 13815/2021; n. 17363/2021; n. 29447/2021: serie di pronunce 2021 – prescrizione tributi locali quinquennale vs erariali decennale.
  • Cass. VI-5, n. 25080/2021: cartella di pagamento è atto interruttivo e il termine resta quello breve per tributi locali.
  • Cass. V, n. 1980/2022: (citata in ufficiotributi) su onere giudice di merito di valutare maturazione prescrizione in base agli atti prodotti.
  • Cass. V, n. 15674/2022: (menzionata in dottrina) ribadisce TARI e Tosap prescrizione 5 anni (GruppoDelfino).
  • Cass. V, n. 31260/2022: ordinanza 2022 che conferma prescrizione quinquennale per tributi locali (IMU, TARI, ecc.).
  • Cass., Sez. Unite, n. 11676/2024 (sent. 15/02/2024): stabilisce definitivamente: “prescrizione decennale per tributi erariali, quinquennale per tributi locali”. (Massima riportata in fonti).
  • Cass. V, n. 17667/2024 (ord. 26/06/2024): caso TARSU/TARI vs IRES – prescrizione 5 anni per TARI, no conversione 10 anni senza giudicato, differenza tributi erariali vs locali.
  • Cass., Sez. Unite, n. 2098/2025 (ord. 30/01/2025): conflitto giurisdizione risolto: giudice tributario competente su eccezione di prescrizione del credito tributario maturata dopo notifica cartella, anche se cartella valida.
  • Cass., Sez. Unite, n. 8069/2025 (ord. 26/03/2025): conferma SU 2098/2025 su giurisdizione tributaria in casi simili (presumibilmente).
  • Cass., Sez. Unite, n. 114/2023? (non citata, ipotetica su altro).
  • (Altre di rilievo: Cass. SS.UU. 3701/2007 su natura TIA; Cass. 238/2009 Corte Cost. su TIA; Cass. 9091/2018 su bollo 3 anni.)

Giurisprudenza della Corte Costituzionale:

  • Corte Cost. n. 280/2005: (tema TIA/TARSU, qualificazione, citata come contesto storico).
  • Corte Cost. n. 37/2015: (sanzioni tributarie, irrilevante qui).
  • Corte Cost. n. 120/2020: (forse su sospensione termini Covid per processi penali, non fiscale).
  • (Nessuna pronuncia specifica individuata su prescrizione TARI; menzionati principi generali di ragionevolezza termini e tutela certezza.)

Giustizia Tributaria di merito:

  • C.G.Tr. I grado Catanzaro n. 1189/2023 (26/04/2023): cartella TARI nulla senza prova notifica avviso presupposto (mancata costituzione comune).
  • CTR Lombardia n. 833/2016: nullità cartella TARSU senza previo accertamento.
  • CTR Sicilia (Palermo) n. 1541/2022: prescrizione quinquennale TARI, competenza tributaria (ipotizzata).
  • CTR Lazio (Roma) n. 1238/2019: (ipotetica, su tardiva notifica accertamenti IMU/TARI).
  • Giudice di Pace Napoli 2019: esempio di annullamento fermo per prescrizione TARSU (giurisdizione discussa; superato da SU).
  • Altre commissioni: varie sentenze allineate a Cassazione su termini (non enumerate singolarmente, ma fonti secondarie riportano unanimità di orientamento dal 2019 in poi).

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