Hai una società in nome collettivo (SNC) che non riesce più a sostenere i costi, ha troppi debiti o ha semplicemente esaurito la sua funzione? Ti stai chiedendo quanto costa metterla in liquidazione e quali spese devi aspettarti per chiuderla in modo regolare?
La liquidazione di una SNC non è solo una formalità: è un processo legale che comporta obblighi precisi, tempistiche da rispettare e costi variabili, che dipendono dalla situazione economica e fiscale della società.
Ma quanto costa, in concreto, mettere in liquidazione una SNC?
I costi possono variare, ma è utile distinguere tra spese obbligatorie e costi professionali.
Tra le spese fisse ci sono:
- imposte di registro e diritti camerali per la modifica dello statuto e la comunicazione della messa in liquidazione al Registro delle Imprese;
- costi notarili, se previsti (soprattutto in caso di recesso di soci o trasformazioni contestuali);
- eventuali costi per la chiusura della partita IVA, INPS, INAIL e altri adempimenti fiscali e previdenziali.
A questi si aggiungono i compensi del liquidatore, che può essere un socio o una figura esterna, e – se la situazione è complessa – anche le parcelle di avvocati o commercialisti chiamati a gestire contenziosi, debiti o rapporti con fornitori, banche e Agenzia delle Entrate.
Se la società ha debiti o pendenze fiscali, i costi aumentano?
Sì. In presenza di debiti verso l’erario, creditori privati o banche, la liquidazione può diventare più lunga e delicata. Serve una gestione attenta dei pagamenti, una verifica precisa del bilancio finale e un piano di riparto che non esponga i soci a responsabilità personali, visto che nella SNC i soci rispondono illimitatamente per i debiti non saldati dalla società.
E se non ci sono beni o la società è inattiva da anni?
Anche in questi casi è necessario formalizzare correttamente la liquidazione, per evitare sanzioni e responsabilità. La chiusura irregolare o la semplice inattività non bastano: la società continua a esistere legalmente finché non viene cancellata dal Registro Imprese.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi aziendali e liquidazioni – ti spiega quanto costa mettere in liquidazione una SNC, quali spese affrontare, come gestire debiti o pendenze durante la procedura, e cosa possiamo fare per aiutarti a chiudere tutto in sicurezza.
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Introduzione
La liquidazione di una società in nome collettivo (SNC) – volontaria o giudiziale – comporta una serie di costi fissi e variabili, nonché procedure formali dettate dal codice civile e dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019 e succ. mod.). Questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamina in dettaglio tali costi dal punto di vista del debitore, con esempi pratici, simulazioni, variazioni regionali e implicazioni fiscali e previdenziali per i soci. Tutte le informazioni sono supportate da fonti normative e commenti specialistici aggiornati.
1. Scioglimento e liquidazione volontaria della SNC
1.1 Cause e delibera di scioglimento
La SNC si scioglie per le cause tipiche delle società di persone, come riportato dall’art. 2272 c.c. – ad es. decorso del termine, conseguimento o impossibilità dell’oggetto sociale, volontà di tutti i soci, mancanza della pluralità dei soci entro 6 mesi, altre cause statutarie. In particolare, lo scioglimento volontario si realizza per “volontà di tutti i soci”, deliberata in assemblea straordinaria. Tale delibera è generalmente redatta in forma di verbale notarile (art. 2280 c.c.), specie se la compagine è numerosa o lo statuto lo richiede. L’assemblea deve quindi nominare uno o più liquidatori e stabilirne i poteri (atti di conservazione, cessione, pagamento creditori, riparto attivo, ecc.). Se l’assemblea non concorda sulla nomina, il tribunale competente può nominare il liquidatore su istanza di socio o terzo (art. 2487 c.c.).
Iter formale: la delibera e la nomina dei liquidatori devono essere depositate presso il Registro delle Imprese entro 30 giorni dall’atto (termine per legge). In pratica, si compila il modello “S3” telematico (codice atto A13) indicando la causa di scioglimento e il nominativo del liquidatore. All’atto del deposito seguono costi fissi (bollo e diritti di segreteria) e l’iscrizione della società nello stato di liquidazione (denominazione “in liquidazione”).
1.2 Costi amministrativi di registrazione
La registrazione formale degli atti societari comporta costi fissi statali e camerali:
- Imposte statali per l’atto notarile: l’atto di scioglimento/ liquidazione intestato a notai è soggetto alle imposte di registro fisse pari a €200, imposta di bollo forfettaria €156 e diritti di registrazione R.I. €90. Questi oneri non variano a seconda del valore sociale perché sono forfettari. Vanno aggiunti eventuali diritti di successione o ipotecari/catastali solo se inseriti beni immobili. In sintesi, le imposte notarili complessive ammontano tipicamente a €446, oltre agli onorari del notaio (che dipendono dall’ammontare del patrimonio sociale e da parametri professionali).
- Diritti di segreteria CCIAA: la Camera di Commercio applica due voci fisse: €120 per il “supporto informatico digitale” + €90 per la “modalità telematica”. Si tratta di diritti identici in tutta Italia (province e regioni), come stabilito dal Regolamento RI. La somma totale è quindi €210 per qualsiasi deposito di atti al Registro Imprese.
- Marca da bollo virtuale: per le società di persone (SNC/SAS) il bollo telematico è €59 (per confrontare: per capitali è €65). Questo importo copre la marca da bollo dovuta per l’iscrizione telematica. I liquidatori o il notaio lo pagano contestualmente al deposito della pratica telematica nel portale delle CCIAA.
- Totale voci registrazione: sommando le voci CCIAA e il bollo, l’iscrizione di scioglimento e liquidazione di una SNC costa €269 (ossia €120+€90+€59). Ad essi si aggiungono i €446 di imposte notarili obbligatorie se l’atto viene rogato da notaio, per un costo totale fiscale di circa €715 in fase iniziale (escluse parcelle professionali).
In pratica, una simulazione di costo volontario: se un notaio stipula l’atto di scioglimento di una SNC, le imposte statali/RI ammontano a €446. Poi la società paga alla CCIAA altri €269 al deposito della delibera. In tutto circa €715 tasse fisse. A questi si sommano i compensi professionali: il notaio (o avvocato) addebiterà la propria parcella, che varia (ad esempio, dai 500 ai 2.000 € per la sola redazione del verbale di assemblea e atto notarile); e eventualmente l’eventuale liquidatore (se non è un socio) può richiedere un onorario.
1.3 Compenso del liquidatore volontario
La legge societaria non fissa un compenso minimo per il liquidatore di SNC nominato dai soci. Spesso i soci stessi ricoprono il ruolo di liquidatore senza compenso aggiuntivo. Se invece si nomina un professionista esterno, il compenso sarà concordato liberamente o liquidato dall’assemblea. Se il liquidatore è un professionista ordinario (avvocato, commercialista), potrà applicare le tariffe professionali (decreto ministeriale) in base al patrimonio sociale e agli impegni di lavoro. In assenza di delibera precisa, il compenso può essere oggetto di successiva liquidazione giudiziale ex art. 2698 c.c., ma nella prassi i soci stabiliscono già in assemblea l’ammontare o il criterio (es. percentuale sull’attivo realizzato). In ogni caso, questo costo è a carico della società in liquidazione e verrà prededucibile dall’attivo prima delle ripartizioni, analogamente a un curatore fallimentare (vedi par. 3.3).
1.4 Adempimenti finali e cancellazione
A liquidazione ultimata, il liquidatore approva il bilancio finale di liquidazione e il prospetto di riparto dell’eventuale attivo residuo. Questi documenti vanno custoditi dai soci (o depositati se richiesto) ma – come evidenziato dalla Camera di Commercio di Bari – non prevedono ulteriori adempimenti pubblicitari obbligatori: in genere non si inviano al Registro Imprese. Tuttavia, dopo la distribuzione finale l’ultimo adempimento è la cancellazione della società (art. 2312 c.c.): il liquidatore presenta istanza telematica (modello S3, codice A14) per cancellare la SNC. Anche la cancellazione comporta costi fissi CCIAA (di nuovo €120+€90 di segreteria più €59 di bollo). In pratica, la cancellazione finale costa altri €269. Al termine di questi adempimenti la società cessa definitivamente di esistere.
2. Liquidazione giudiziale (procedura concorsuale o “fallimentare”)
2.1 Quando e come si avvia
Se la SNC si trova in insolvenza insanabile, la legge prevede la procedura di liquidazione giudiziale (ex “fallimento”). Può essere chiesta dal debitore stesso (autofallimento), da un creditore, o dal pubblico ministero (art. 320 CCII). Dopo il deposito del ricorso, il tribunale (su istanza o d’ufficio) dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale. Per le società di persone vige l’art. 328 CCII: la sentenza di fallimento estende automaticamente gli effetti ai soci illimitatamente responsabili. In tal modo l’intera compagine è coinvolta nella procedura concorsuale.
2.2 Contributo unificato e spese iniziali
La presentazione del ricorso di fallimento comporta il pagamento di un contributo unificato (C.U.) fisso. Attualmente l’importo è €98, con in aggiunta una marca da bollo da €27 (o eventuali marche multiple per ricorsi multipli), per un totale di circa €125. Questo costo è dovuto dal soggetto che chiede l’apertura (di norma un creditore); se più creditori presentano istanze distinte, ciascuno paga il proprio C.U.. Alcune categorie (es. lavoratori dipendenti che ricorrono al fallimento del datore di lavoro) sono esonerate dal C.U.; in altri casi il tribunale può richiedere al creditore istante un deposito cauzionale (tipicamente €500–€1.000) per coprire le prime spese vive (notifiche, procure, ecc.).
Nota: se il debitore presenta istanza di fallimento (autofallimento), deve comunque versare il contributo unificato. In ogni caso, l’imprenditore insolvente non sostiene personalmente esborsi particolarmente gravosi: come evidenziato, “il fallimento costa poche centinaia di euro di contributi e bolli” e il debitore insolvente non paga nulla di tasca propria per la dichiarazione di fallimento (salvo il C.U. se si dichiara fallito).
2.3 Compenso del curatore e altri organi
Con l’apertura della liquidazione giudiziale il Tribunale nomina un curatore (organo equivalente al liquidatore). Il compenso del curatore è regolato dal D.M. 21/6/2021 (art. 20 e segg.) e dipende dall’ammontare dell’attivo e del passivo accertati. In sintesi, il curatore percepisce:
- 6,5% – 1,5% dell’attivo realizzato (percentuale decrescente per scaglioni di valore), con un compenso minimo garantito di €800 anche per piccoli fallimenti.
- Una percentuale (3% – 0,5%) del passivo verificato, anch’essa decrescente e con un minimo aggiuntivo.
- Il giudice delegato può aumentare o ridurre queste tariffe fino al ±40% in base alla complessità e alla diligenza.
Per dare un’idea: con un attivo liquidato di €15.000, il curatore arriverebbe a percepire circa €1.800 (oltre al minimo di €800). Questo compenso – considerato prededucibile – viene liquidato dal tribunale e prelevato sul residuo attivo prima di ripartire qualsiasi credito. In caso di attivo scarso, il curatore può chiedere anticipi o attingere al Fondo statale (gestito dal Ministero della Giustizia) per la parte di compenso non coperta.
Oltre al curatore, la procedura può coinvolgere altri organi o ausiliari: se vi è un comitato dei creditori, questo non ha compenso, ma possono essere nominati coadiutori, periti, avvocati del curatore, consulenti tecnici d’ufficio, ecc. I loro onorari sono anch’essi liquidati a carico dell’attivo e hanno carattere di spese di giustizia prededucibili. Ad esempio, le spese di CTU e avvocati (ad es. per opposizioni allo stato passivo) sono considerate “spese di giustizia” e hanno priorità nel riparto.
In sintesi, il curatore rappresenta la voce di costo principale nella liquidazione giudiziale, proporzionata all’ammontare degli asset smobilizzati. Come evidenziato, “il compenso del curatore incide notevolmente, ma è proporzionato all’attivo”. Si stima che, complessivamente, i costi ufficiali (C.U., onorari curatore, spese varie) di un fallimento ordinario possano assorbire tra il 10% e il 20% dell’attivo realizzato.
2.4 Adempimenti e costi finali
Al termine della liquidazione giudiziale, dopo gli incanti e il riparto, il curatore deposita il bilancio finale di liquidazione e il prospetto di distribuzione. A differenza della liquidazione volontaria, il deposito del bilancio finale non è soggetto a pubblicità al Registro Imprese (analogamente alla liquidazione volontaria). La cancellazione della società avviene d’ufficio dal conservatore, di regola due anni dopo lo scioglimento (art. 2312 c.c.), oppure su istanza del curatore con modello S3 cod. A14 (costi: €120+€90+€59).
Tempi di chiusura: i termini complessivi sono lungi. Il Codice della crisi fissa termini massimi (2 anni per la liquidazione, prorogabili di ulteriori 12 mesi; tribunale può chiuderla anticipatamente se attivo esaurito). In pratica, stime aggiornate (Cerved-La Scala) indicano durate medie di 4 anni al Nord e fino a 15 anni al Sud per le procedure concorsuali. Le società di persone hanno mediamente chiusura intorno a 9,6 anni, a causa della complessità distributiva e del maggior numero di asset (immobili, crediti bancari, ecc.) tipici.
3. Simulazioni pratiche
3.1 Caso di liquidazione volontaria semplice
Immaginiamo una SNC di due soci, con fatturato annuo €100.000 e debiti verso fornitori €10.000. I soci decidono di liquidarsi volontariamente per ritiro dal commercio. Procedura:
- Convocano assemblea straordinaria e deliberano lo scioglimento anticipato e la nomina di un liquidatore unico (uno dei soci).
- Redigono verbale notarile di scioglimento, che contiene il verbale di nomina del liquidatore. Supponiamo il notaio calcoli imposte registro €200, bollo €156, diritti RI €90, e la parcella notarile €800 (a titolo es.). Totale notaio ~~€1.246.
- Il notaio deposita telematicamente la delibera presso la CCIAA: spesa €120+€90+€59 = €269.
- Il liquidatore (socio) paga immediatamente i debiti di €10.000. Incassa i crediti attivi (€90.000) e vende eventuali beni (per semplicità, nessuno). Dopo avere liquidato passività, resta un attivo di €80.000 da dividere.
- Approva bilancio finale di liquidazione e piano di riparto: i soci ricevono a testa €40.000.
- Richiede cancellazione: altri €269 di CCIAA.
Costi concreti: tasse e CCIAA ≈ €715 (notaio+Registro) + parcella legale/notarile €800 = €1.515, più eventuali spese minori (es. visure, notaio). Il liquidatore socio non ha ulteriori compensi.
Se però, prima della chiusura, interviene un creditore agguerrito (es. l’erario o una banca per un debito fiscale o finanziario), e la società non riesce a pagare, la procedura potrebbe trasformarsi in liquidazione giudiziale. In tal caso, il curatore subentrerebbe e assumerebbe i ruoli del liquidatore, con i costi indicati nel par. 2.
3.2 Caso di insolvenza e liquidazione giudiziale
Consideriamo una SNC con tre soci, che dichiara un fatturato in calo e accumula debiti per €100.000, mentre l’attivo realizzabile (credito clienti + beni) è solo €50.000. Alcuni creditori, dopo ripetuti solleciti, chiedono al tribunale l’apertura della liquidazione giudiziale. Procedure di costo:
- Avvio: il creditore chiede fallimento; versa il C.U. €98 + marca €27. Il tribunale accoglie e nomina il curatore. Il debitore non sostiene costi di apertura diretti, salvo che si dichiari autofallimento (in tal caso pagherebbe anch’egli €125).
- Curatore: supponiamo il curatore riesca a realizzare €40.000 di attivo su €50.000 disponibili. Il suo compenso sarà calcolato ~5% dell’attivo (diciamo €2.000) più una piccola percentuale sul passivo (ad es. €1.000), per tot. €3.000 (più la soglia minima €800 garantita). Questi sono prelevati dall’attivo in fase di riparto.
- Altri costi: spese per periti e avvocati (es. €1.000-€2.000), notifiche, ctu, vendite all’asta, ecc., tutte anch’esse anticipatamente addebitate ai creditori (prededucibili).
- Riparto: dopo aver pagato oneri prededucibili (compenso curatore, spese udienza) e i debiti assistiti da privilegio, il residuo attivo viene distribuito ai creditori chirografari in percentuale.
Costi finali: in questo caso la Liquidazione giudiziale potrebbe consumare quasi tutto l’attivo: €40.000 incassati, di cui forse €30.000 utilizzati per soddisfare spese di procedura e creditori privilegiati. I creditori chirografari potrebbero ricevere, per esempio, solo il 30% di quanto dovuto. I soci, al termine, non ricevono nulla e rimangono responsabili personalmente per il residuo dei debiti (se non estinti dal fallimento). Dal punto di vista del debitore, i costi monetari totali diretti ammontano a qualche migliaio di euro (C.U., bolli, parcella curatore), ma soprattutto la liquidazione giudiziale comporta perdite indirette gravi: distruzione di valore dell’azienda, debiti residui, danno reputazionale, ecc., come analizzato nel par. 4.
3.3 Simulazione con più procedure a confronto
Una tabella riepilogativa può aiutare a confrontare liquidazione volontaria vs giudiziale in un caso tipo:
Aspetto / Procedura | Liquidazione Volontaria | Liquidazione Giudiziale (Fallimento) |
---|---|---|
Avvio procedura | Assemblea straordinaria (notaio/verbale) | Ricorso al tribunale; delibera giudice |
Contributo unificato | – | €98 + €27 bolli |
Imposte statali atto | €200 + €156 + €90 | – |
Diritti segreteria CCIAA | €120 + €90 = €210 | – |
Marca da bollo Registro Imprese | €59 (società persone) | – |
Compenso liquidatore/curatore | A discrezione assemblea (es. 1–3%) | 6.5–1.5% sull’attivo (min. €800) |
Onorari altri organi | – | Liquidatore giudiziario (curatore) + CTU, etc. |
Durata tipica | 6–12 mesi | Pluriennale (4 anni Nord, fino a 15 Sud) |
Questa tabella evidenzia come la liquidazione volontaria sia più rapida ed economica in termini di oneri diretti (solo tasse e parcelle), ma non offre protezione particolare dai creditori: i soci rimangono responsabili. La liquidazione giudiziale è più complessa e costosa (prolungate spese procedure, compensi curatore), ma permette di gestire creditori aggressivi in forma concorsuale. Ad esempio, se una SNC è insolvente, la liquidazione giudiziale distribuisce le risorse secondo la graduatoria di legge, mentre nella volontaria il socio-liquidatore corrisponde (o non corrisponde) ai creditori a sua discrezione, salvo responsabilità dirette.
4. Differenze regionali: costi, tempi e prassi
In linea generale i costi amministrativi (registrazione CCIAA, contributo unificato, marche da bollo) sono uniformi su tutto il territorio nazionale: ad esempio, il contributo unificato di €98 è uguale in ogni tribunale italiano, così come i diritti CCIAA da €120+€90 e il bollo di €59 per le SNC.
Tuttavia, le tempistiche e le prassi possono variare. Rapporti recenti mostrano un forte divario Nord-Sud nelle procedure concorsuali: nel Nord Italia un fallimento si chiude mediamente in ~4 anni, mentre al Centro-Sud si può arrivare fino a 15 anni. Per le società di persone la durata media è stimata in ~9,6 anni. Ciò significa che, ad esempio, un tribunale del Nord potrebbe terminare una liquidazione giudiziale in ~4 anni, ma in alcuni tribunali meridionali la stessa procedura potrebbe richiedere anche più del triplo del tempo. Questa differenza incide sui costi indiretti (maggiori spese e incertezza) e sul valore recuperato dai creditori.
Per quanto riguarda le prassi, alcune Camere di Commercio nordiche hanno consolidato l’iter telematico e offrono servizi online avanzati, mentre in regioni meno dotate di risorse il deposito degli atti potrebbe richiedere più passaggi burocratici. Anche la prassi del deposito cauzionale richiesto dai tribunali può variare: non è uniforme – in alcuni tribunali settentrionali (es. Milano, Torino) si chiede comunemente al creditore istante un deposito di qualche centinaio di euro, mentre in altre sedi lo si applica raramente.
Infine, i compensi professionali (avvocati, commercialisti) possono risentire del costo della vita locale: ad es. l’onorario del curatore o dell’avvocato può essere mediamente più alto nelle grandi città del Nord rispetto ai piccoli tribunali del Sud. Tuttavia, queste differenze “di mercato” non influiscono sui minimi legali: i parametri D.M. per i compensi sono nazionali. In sintesi, le variazioni regionali più rilevanti riguardano tempi di svolgimento (notevolmente più rapidi al Nord) e piccole differenze nelle prassi di alcuni tribunali (come l’uso del deposito cauzionale o ritardi nell’implementazione delle piattaforme digitali), mentre i costi fissi normativi restano simili ovunque.
5. Implicazioni fiscali, tributarie e previdenziali
5.1 Aspetti fiscali
La liquidazione di una SNC non interrompe la tassazione come impresa; anzi, per tutto il periodo di liquidazione l’attività societaria genera reddito d’impresa fino alla chiusura del bilancio finale. Il TUIR (art. 182) prevede che l’intera procedura di liquidazione costituisca un unico periodo d’imposta: se la liquidazione si svolge in più esercizi, ad ogni bilancio intermedio viene versata un’imposta provvisoria, e tutto si chiude con il bilancio finale che determina definitivamente le imposte complessive.
Dal 2025 è in vigore una semplificazione normativa: il DLgs n.192/2024 ha modificato l’art. 182 TUIR affinché i redditi conseguiti durante la liquidazione siano già calcolati definitivamente in ciascun periodo d’imposta. In pratica:
- Nel periodo d’imposta in cui inizia la liquidazione, il reddito fino all’inizio è calcolato come normale bilancio definitivo.
- Dal giorno dell’avvio di liquidazione fino alla fine dell’anno, i redditi realizzati vengono computati in via definitiva nel bilancio intermedio (compresi gli eventuali oneri e minusvalenze).
- Se la liquidazione si prolunga oltre l’anno in corso, anche gli anni successivi sono calcolati in via definitiva, con compensazione delle perdite pregresse.
Ciò evita incertezza: non servono più rettifiche alla fine, come avveniva fino al 2024.
Imposte sui soci: i soci di SNC sono tassati in via personale con IRPEF sulle quote di reddito societario attribuite (l’utile o perdita risultante). In liquidazione volontaria, eventuali differenze da liquidazione (cioè importi distribuiti in più o in meno rispetto al valore fiscale della partecipazione) costituiscono reddito imponibile separatamente (art. 19 TUIR) o perdita deducibile (art. 16 TUIR). In caso di fallimento, il socio illimitatamente responsabile rimane tenuto al pagamento delle passività imprese non coperte dalla procedura: queste obbligazioni non sono “sopravvenute attive” tassabili, ma possono costituire oneri detraibili nel quadro persone (art. 14 TUIR). In linea generale, non scattano imposte straordinarie solo per lo scioglimento: il socio liquida il proprio reddito come nella normale dichiarazione dei redditi e paga le imposte sui versamenti finali ricevuti.
IVA e accertamenti: il liquidatore deve effettuare tutti gli adempimenti fiscali legati alla chiusura dell’impresa (dichiarazione IVA finale, versamenti di ritenute, ecc.). Questi oneri non gravano sui soci ma costituiscono obblighi della società fino alla cancellazione.
5.2 Aspetti previdenziali
I soci di SNC che esercitano attività commerciale o artigianale sono iscritti all’INPS (gestione Commercianti o Gestione Artigiani). Durante la liquidazione volontaria, il socio-liquidatore deve continuare a versare i contributi previdenziali fino al termine della procedura e alla cancellazione dal Registro Imprese. In sostanza, finché la società esiste “legalmente” (anche in liquidazione) il socio rimane obbligato come se gestisse l’impresa. Solo al momento della cancellazione definitiva, o in presenza di una nuova attività prevalente diversa (es. lavoro dipendente continuativo), il socio può chiedere la cessazione dell’iscrizione INPS. Questo è quanto confermato da prassi amministrativa: “anche se in liquidazione volontaria il socio è tenuto a versare i contributi INPS sino alla cancellazione della [società] dal RI”, a meno che l’attività sia cessata in modo definitivo.
Non vi sono pertanto agevolazioni contributive specifiche per la liquidazione. I contributi sono calcolati sul reddito di impresa (o sugli importi minimi) come prima della liquidazione. Alla cancellazione, i soci cessano di essere considerati imprenditori e dal periodo successivo non pagano più contributi come tali. Eventuali versamenti anticipati possono essere successivamente compensati o rimborsati dall’INPS se dovuti in eccesso. I crediti INPS (ad esempio per malattia o maternità) maturati restano comunque validi e potranno generare prestazioni future (pensioni, indennità) come di consueto.
Inps ed ex-dipendenti: se la SNC aveva dipendenti, il liquidatore deve gestire l’anticipo del TFR e versare contributi e premi fino alla risoluzione dei rapporti (comunicazione di cessazione posizioni INPS/INAIL). Anche questi costi – compreso l’eventuale accesso al Fondo di Garanzia TFR – vanno calcolati nella liquidazione (anticipati dal liquidatore, poi prelevati dall’attivo). Ad es., l’indennità di disoccupazione (NASpI) erogata ai dipendenti licenziati è in parte rimborsata dal Fondo di Garanzia, senza oneri aggiuntivi per i soci.
6. Tavole riepilogative
Costo/Voce | Liquid. Volontaria (SNC) | Liquid. Giudiziale (Fallimento) |
---|---|---|
Contributo unificato (CU) | – | €98 + €27 di bolli per deposito istanza |
Imposte atto notarile | €200 (registro) + €156 (bollo) + €90 (RI) | (non applicabile all’istanza di fallimento) |
Marca/diritti CCIAA | €120 (digitale) + €90 (telem.) + €59 (bolli) | – |
Onorario liquidatore/curatore | A discrezione (es. 1–3% attivo) | 6.5–1.5% dell’attivo (min €800) |
Altri oneri professionali | Notaio (verbale assemblea) ~€800–2.000 (stima) | Curatore, consulenti, avvocati (preded., salvo Fondo statale) |
Durata stimata | 6–12 mesi (dipende complessità) | Mediamente 4 anni (Nord) – 15 anni (Sud) |
Tabella: confronto dei principali costi diretti nelle due procedure. Tutti gli importi indicati sono stimati e possono variare in base al caso specifico.
7. Domande frequenti (FAQ)
- D: Posso liquidare la SNC con un solo socio rimanente?
R: Sì. Se resta un unico socio, la SNC non decade automaticamente, ma lo statuto potrebbe prevedere clausole. Il socio rimasto può deliberare lo scioglimento e liquidazione. In tal caso, come per le SRL, resta obbligatorio nominare un liquidatore (può essere lo stesso socio). I costi procedurali non cambiano: si deposita l’atto al Registro con i consueti oneri. - D: Devo nominare un liquidatore esterno o può farlo un socio?
R: Qualsiasi socio può essere nominato liquidatore senza costi aggiuntivi professionali, se è già socio e accetta l’incarico. Se invece si designa un professionista, il suo compenso (non inferiore al minimo legale di €800 se fallimento) diventa costo di procedura. In una liquidazione volontaria i soci di solito non corrispondono compensi se non pattuiti prima. - D: Se decido di liquidare volontariamente ma poi mi trovo insolvente, posso convertire in fallimento?
R: Sì. Se durante la liquidazione volontaria emergono crediti non pagati o altri indizi di insolvenza, qualsiasi creditore può chiedere la revoca dello stato di liquidazione volontaria e l’apertura del fallimento. A quel punto si sostituisce il curatore al liquidatore. I costi indiretti di tale “passaggio” (nuovi onorari) vanno valutati: spesso è preferibile dichiarare subito insolvente. - D: Quanto tempo prima di cancellare la società?
R: Dopo la distribuzione finale degli attivi, la cancellazione del Registro Imprese può essere fatta immediatamente (mod. S3 A14), oppure avviene d’ufficio dopo 2 anni dalla data di scioglimento (art. 2312 c.c.). La Camera di Commercio di norma sollecita la domanda di cancellazione dopo l’ultimo riparto. - D: Cosa succede ai soci se la liquidazione fallisce (attivo insufficiente)?
R: Nella liquidazione volontaria i soci restano illimitatamente responsabili per i debiti residui. Possono comunque chiedere (dopo la liquidazione) la cancellazione con rinuncia ai beni ex art. 2545-octiesdecies c.c., che limita la responsabilità ai beni sociali (analogo esdebitazione). In fallimento invece opera l’esdebitazione del fallito (art. 291 L.F.): i soci illimitati (nella SNC) vengono quasi sempre escussi personalmente. Una recente sentenza della Cassazione ha ribadito che, in fallimento di SNC, gli atti posteri alla dichiarazione (compresi i riparti) non possono liberare i soci da responsabilità pregresse. - D: Le imposte regionali (IRAP) cambiano con la liquidazione?
R: L’IRAP sulle attività tipicamente non si applica alle SNC (che pagano IRPEF). Se la SNC era soggetta IRAP (es. se ritenuta imprenditore con dipendenti o beni strumentali rilevanti), l’IRAP dovuta per gli anni di liquidazione viene calcolata nel consueto modo e versata secondo le scadenze fiscali. In sostanza, la fase di liquidazione non introduce agevolazioni IRAP automatiche: i redditi d’impresa intermedi sono determinati normalmente e poi confermati con i bilanci finali. - D: Devo ancora pagare contributi INPS in liquidazione?
R: Sì. Secondo prassi INPS (circ. 12/2008) il socio-liquidatore deve continuare a versare i contributi alla gestione commercianti o artigiani finché la società non è formalmente cancellata dal Registro Imprese. In pratica, se sei socio di una SNC e avvii la liquidazione, non interrompi immediatamente i versamenti previdenziali: l’attività imprenditoriale si considera ancora in essere fino alla chiusura formale. Solo dopo la cancellazione potrai chiedere la cessazione dell’iscrizione INPS (a meno che, nel frattempo, tu abbia avviato un’attività prevalente diversa come lavoro dipendente, nel qual caso puoi essere esonerato prima). - D: Ci sono agevolazioni o esenzioni per favorire la liquidazione?
R: Non esistono agevolazioni automatiche specifiche. Le tasse e i diritti (notaio, CCIAA) sono fissi. Non si applicano imposte sostitutive particolari (a differenza, ad es., della Legge Bersani sulle PL). Gli unici “benefici” sono: per il fallimento il C.U. è modesto e il curatore può attingere al Fondo statale (art. 19 DM 2021) se l’attivo è scarso, e in liquidazione volontaria gli oneri fiscali (tasse sulle plusvalenze) sono diluiti fino al bilancio finale per minimizzare la tassazione per gli anni intermedi. - D: La liquidazione volontaria interrompe i contributi previdenziali?
R: No. Come visto, non interrompe i contributi INPS fino alla cancellazione. Unico modo per sospenderli prima è cessare l’attività imprenditoriale (es. passando a dipendente) con comunicazione all’INPS. In ogni caso, la cessazione al Registro (e quindi i versamenti fino a quella data) conclude la posizione previdenziale aziendale.
8. Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali
- Codice Civile (artt. 2272, 2290, 2308, 2312 e ss.; artt. 2484-2496; artt. 256-257 Codice della crisi).
- D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa (artt. 318-339, in particolare artt. 320, 328, 330 CCII e segg.).
- D.Lgs. 192/2024 (art. 18, modifica TUIR art. 182 sull’unicità del periodo di liquidazione).
- Cassazione civile (ultime sez.) – es. sentenza n. 28505/2024 (esdebitazione ex art. 257 CCII) [non direttamente consultata].
- Fonti amministrative: Circolare INPS n.12/2008 (contributi soci); CCIAA di Bari – “Scioglimento, liquidazione e cancellazione” (agg. 2023); Tribunale di Torino – “Nomina liquidatori” (agg. 2023).
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