Omessa Dichiarazione Dei Redditi Per Più Anni: Come Sanare

Hai saltato la dichiarazione dei redditi per uno o più anni e ora temi le conseguenze? Ti stai chiedendo se puoi ancora sistemare la situazione senza incorrere in sanzioni troppo pesanti o, peggio, in guai penali?

L’omessa dichiarazione non è una semplice dimenticanza: può trasformarsi in un vero problema, soprattutto se i debiti con il Fisco crescono nel tempo e se non intervieni prima che partano controlli o accertamenti.

Ma cosa succede se non presenti la dichiarazione per più anni?

Le sanzioni sono pesanti. Può essere applicata una multa fino al 240% delle imposte non versate. E se l’omissione riguarda importi rilevanti, si rischia anche una segnalazione alla Procura per reati tributari.

La buona notizia? Puoi ancora sanare, ma serve agire subito.

Il primo passo è quello di presentare comunque le dichiarazioni mancanti, anche se in ritardo. Se lo fai prima che l’Agenzia delle Entrate ti contesti ufficialmente qualcosa, puoi usufruire del cosiddetto ravvedimento operoso, una procedura che permette di ridurre drasticamente le sanzioni.

Come funziona?

Più in fretta agisci, meno paghi. Le sanzioni calano progressivamente in base al tempo trascorso. E anche se sono passati diversi anni, puoi ancora presentare la dichiarazione e regolarizzare la tua posizione con una sanzione ridotta rispetto a quella ordinaria.

E se non ho la liquidità per saldare tutto subito?

Hai diverse opzioni: puoi chiedere la rateizzazione del debito fiscale, oppure – se ti trovi in una situazione di grave crisi economica – valutare procedure di sovraindebitamento, che permettono di ridurre o cancellare del tutto il debito residuo, anche verso il Fisco.

Attenzione: aspettare è l’errore più grande.

Se l’Agenzia delle Entrate ti notifica un avviso di accertamento o avvia una procedura esecutiva, perdi molti dei benefici legati alla regolarizzazione spontanea. In più, rischi l’apertura di un procedimento penale se l’evasione supera certe soglie.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, regolarizzazioni fiscali e crisi da sovraindebitamento – ti spiega come sanare più anni di dichiarazioni omesse, quali sono i passaggi giusti per ridurre sanzioni e rischi, e cosa possiamo fare per aiutarti a chiudere la posizione con il Fisco in modo sicuro e definitivo.

Hai saltato la dichiarazione dei redditi e vuoi rimediare prima che sia troppo tardi? Vuoi capire se puoi ancora metterti in regola senza sanzioni pesanti?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo insieme la tua posizione, individueremo il percorso più efficace per sanare e ti guideremo in ogni fase, fino alla piena regolarizzazione della tua situazione fiscale.

Introduzione

L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi è una violazione fiscale grave, che comporta conseguenze sia sul piano amministrativo (sanzioni pecuniarie, accertamenti d’ufficio, perdita di benefici) sia sul piano penale (possibile configurazione di reato tributario al superamento di determinate soglie). Questa guida, aggiornata a giugno 2025, offre un’analisi approfondita delle problematiche connesse all’omissione dichiarativa protratta per più anni consecutivi (2, 3, 5 e fino a 10 anni), dal punto di vista del contribuente-debitore che intende regolarizzare la propria posizione.

Affronteremo dapprima gli obblighi dichiarativi e le conseguenze dell’omissione, distinguendo i profili amministrativi (sanzioni tributarie, interessi, termini di accertamento) e quelli penali (configurazione del reato di omessa dichiarazione, soglie di punibilità, cause di non punibilità). Saranno considerate le specificità delle diverse categorie di contribuenti – dagli imprenditori individuali alle società di capitali (es. S.r.l.), dai liberi professionisti ai lavoratori dipendenti – evidenziando differenze negli obblighi e nelle tutele.

La guida esaminerà tutte le modalità di regolarizzazione e sanatoria disponibili al 2025, tra cui il ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione, le varie forme di definizione agevolata (ad esempio “rottamazione” delle cartelle, saldo e stralcio dei debiti, definizione delle liti pendenti), la transazione fiscale nell’ambito di procedure concorsuali, la rateazione e i piani di rientro, fino al recente concordato preventivo biennale introdotto dalla riforma fiscale 2023/2024.

Per facilitare la comprensione, includeremo domande frequenti (FAQ) con risposte chiare ai dubbi più comuni, simulazioni pratiche e casi di studio che illustrano situazioni tipiche di omessa dichiarazione pluriennale e le possibili soluzioni, oltre a tabelle riepilogative dei principali dati (sanzioni, termini, soglie, strumenti di sanatoria). Il linguaggio impiegato sarà tecnico-giuridico, ma con un taglio pratico e accessibile anche a imprenditori, consulenti e privati non esperti di diritto tributario.

Infine, troverete un’appendice normativa e giurisprudenziale con i riferimenti aggiornati (leggi, decreti, circolari, sentenze, interpelli) citati nel testo, per consentire approfondimenti e verifiche puntuali. L’obiettivo è fornire al contribuente un quadro completo e aggiornato su come sanare l’omessa dichiarazione dei redditi protratta per più anni, minimizzando le sanzioni, evitando (ove possibile) conseguenze penali e ripristinando la conformità fiscale con soluzioni sostenibili.


Obbligo di dichiarazione dei redditi e conseguenze dell’omissione

In Italia vige l’obbligo annuale di presentare la dichiarazione dei redditi per tutti i soggetti tenuti al pagamento delle relative imposte, secondo le scadenze fissate dalla legge (generalmente 30 novembre dell’anno successivo a quello d’imposta, per il Modello Redditi, oppure 30 settembre se si utilizza il Modello 730 per i redditi di lavoro dipendente e assimilati). L’inosservanza di tale obbligo può assumere diverse forme:

  • Dichiarazione tardiva: presentazione oltre la scadenza ordinaria ma entro 90 giorni da essa. In tal caso la dichiarazione, pur essendo tardiva, è considerata valida ai fini fiscali. La violazione può essere regolarizzata con il pagamento di una sanzione ridotta (in genere €25, pari a 1/10 del minimo di €250) se la dichiarazione viene inviata entro 90 giorni dalla scadenza, grazie all’istituto del ravvedimento operoso.
  • Dichiarazione omessa: il mancato invio della dichiarazione oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza costituisce formalmente omissione dichiarativa. In tal caso la dichiarazione è considerata omessa (non presentata) a tutti gli effetti di legge, anche se l’Amministrazione finanziaria accetta comunque un invio tardivo oltre i 90 giorni. Come vedremo, la presentazione della dichiarazione oltre i 90 giorni non “cancella” la violazione (che resta omessa dichiarazione), ma può avere effetti positivi in termini di quantificazione delle imposte dovute e riduzione di alcune sanzioni se avviene spontaneamente prima di determinati termini.

Le conseguenze dell’omessa dichiarazione si articolano su due livelli:

  • Conseguenze amministrative: scattano automaticamente in sede fiscale. Comprendono sanzioni pecuniarie tributarie molto elevate (proporzionali all’imposta dovuta, con importi minimi fissati dalla legge), l’applicazione di interessi moratori sul debito d’imposta non versato, la possibile perdita di benefici fiscali (ad esempio perdita del diritto a riportare perdite fiscali o crediti d’imposta maturati nell’anno omesso) e l’avvio di accertamenti d’ufficio da parte dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre, l’omissione della dichiarazione fa scattare termini di accertamento più lunghi nei confronti del contribuente.
  • Conseguenze penali: se l’omissione riguarda imposte evase di ammontare elevato, può integrare il reato di omessa dichiarazione previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. In tal caso, al contribuente (o ai legali rappresentanti, in caso di società) possono essere imputate responsabilità penali con rischio di processo e sanzioni detentive (reclusione). Il reato sussiste solo al superamento di una determinata soglia di imposta evasa (attualmente €50.000 per ciascun periodo d’imposta e per ciascuna imposta). In mancanza di superamento della soglia o in assenza di imposta dovuta, non vi è reato ma restano comunque applicabili le sanzioni amministrative.

Vediamo ora in dettaglio come queste conseguenze si declinano nei casi di omessa dichiarazione protratta per più anni consecutivi, distinguendo anzitutto in base al numero di annualità non dichiarate (2, 3, 5, 10 anni) e successivamente in base alla categoria di contribuente interessata, per poi approfondire gli strumenti di regolarizzazione.

Omessa dichiarazione per più anni consecutivi: 2, 3, 5 e 10 anni

Quando la mancata presentazione della dichiarazione si protrae per più periodi d’imposta consecutivi, la posizione del contribuente si aggrava per vari motivi. In generale, ogni anno di omessa dichiarazione costituisce una violazione a sé stante, con relative sanzioni. Tuttavia, gli effetti di più omissioni consecutive possono sommarsi e interagire sia sul piano fiscale sia su quello penale. Analizziamo le peculiarità caso per caso.

Omessa dichiarazione per 2 anni consecutivi

L’omissione della dichiarazione per due anni di seguito (ad esempio, mancata dichiarazione per il 2022 e il 2023) comporta essenzialmente una duplicità di violazioni amministrative. L’Agenzia delle Entrate potrà contestare due distinte sanzioni (una per ciascun periodo). Ciascuna annualità omessa sarà accertabile autonomamente e il contribuente sarà chiamato a regolarizzare entrambe.

Profili amministrativi: in assenza di presentazione spontanea, l’Ufficio delle Entrate procederà con un accertamento d’ufficio per ciascun anno omesso, eventualmente basandosi sui dati disponibili (ad esempio comunicazioni dei sostituti d’imposta, movimenti finanziari, altre banche dati). Le sanzioni amministrative previste per ogni anno omesso sono pari al 120% dell’imposta dovuta (importo fisso stabilito nel 2024, in precedenza variabile tra il 120% e il 240%) con un minimo di €250. Se per uno o entrambi gli anni non risultano imposte dovute (ad esempio perché il contribuente avrebbe avuto un’imposta pari a zero o un credito), la sanzione per ciascuna dichiarazione omessa è fissa, da €250 a €1.000. Le sanzioni sono raddoppiabili se il contribuente era obbligato alla tenuta di scritture contabili (ad esempio imprese, professionisti in contabilità ordinaria, società).

Nel caso di due anni consecutivi, il contribuente potrebbe beneficiare dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni amministrative, previsto dall’art. 12 D.Lgs. 472/1997, se le violazioni sono frutto della medesima condotta od occorrono nel quadro di un’unica “continuità” di comportamento. In pratica, se le due omissioni sono riferibili a un’unica volontà evasiva e vengono accertate congiuntamente, l’amministrazione può applicare una sanzione unica aumentata (in genere fino al doppio del massimo della sanzione base) invece di sommare aritmeticamente le due sanzioni. Ciò attenua l’impatto sanzionatorio complessivo. Ad ogni modo, l’entità precisa della penalità dipenderà dalle circostanze: se, ad esempio, in entrambi gli anni erano dovute imposte, si rischia una sanzione significativa (almeno il 120% per ciascun anno, eventualmente ridotta in caso di definizione agevolata).

Profili penali: due omissioni consecutive non comportano di per sé un aggravamento penale automatico, poiché la legge penale tributaria considera ciascun periodo d’imposta separatamente. Tuttavia, se in uno dei due anni l’imposta evasa supera €50.000, quell’anno integra il reato di omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 74/2000. In tal caso, il contribuente può essere imputato per un reato relativo a quell’anno specifico. Se entrambi gli anni presentano un’evasione sopra soglia, si configurano due capi di imputazione distinti (due reati, uno per annualità). I due reati, se commessi con un medesimo disegno criminoso, potrebbero essere trattati unificatamente in fase di giudizio con un aumento di pena per continuazione, ma restano formalmente separati. Qualora invece l’imposta evasa in ciascuno dei due anni sia inferiore alla soglia penale, non vi è reato (neppure sommando le due annualità, poiché la Cassazione ha chiarito che le soglie vanno riferite a ciascun anno e a ciascuna imposta autonomamente, senza sommatoria tra periodi). Resta comunque possibile che l’omissione di più dichiarazioni sia valutata come elemento indiziario di un dolo evasivo sistematico.

Regolarizzazione di due anni omessi: se il contribuente decide di sanare spontaneamente due anni di omissione, conviene attivarsi prima che l’Agenzia avvii controlli. Nel prosieguo della guida vedremo in dettaglio le modalità (ravvedimento operoso “lungo” su entrambe le annualità, presentazione delle dichiarazioni omesse e pagamento delle imposte con sanzioni ridotte). Anticipiamo che, per due anni, è spesso possibile presentare entrambe le dichiarazioni arretrate (ad esempio, oggi nel 2025 si possono presentare le dichiarazioni 2023 per l’anno 2022 e 2024 per l’anno 2023) e beneficiare di riduzioni sanzionatorie se ciò avviene entro determinati termini. Nel caso specifico di due anni consecutivi, se la regolarizzazione avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo al secondo omesso, le sanzioni per entrambe le omissioni potrebbero essere mitigate in base all’art. 13 D.Lgs. 74/2000 (che prevede la non punibilità penale e riduzioni amministrative in caso di ravvedimento tempestivo). Ad esempio, se un contribuente ha omesso le dichiarazioni 2022 e 2023, presentandole e pagando le imposte dovute entro il termine per la dichiarazione 2024 (anno successivo all’ultimo omesso), eviterà conseguenze penali e potrà vedersi applicare le sanzioni amministrative minime (ed ulteriormente ridotte del 50% in virtù della presentazione entro l’anno successivo).

Omessa dichiarazione per 3 anni consecutivi

Nel caso di tre anni di seguito senza dichiarazione, la situazione diventa più complessa. Si hanno tre violazioni amministrative distinte, potenzialmente tre accertamenti d’ufficio e – sul piano penale – fino a tre possibili reati (qualora ogni annualità superi le soglie di punibilità).

Profili amministrativi: per tre anni omessi, l’Agenzia delle Entrate può procedere con accertamenti d’ufficio per ciascun anno. Ogni atto impositivo conterrà la ricostruzione dei redditi presunti e la liquidazione delle imposte evase più interessi e sanzioni. Anche qui, se gli importi evasi sono rilevanti, le sanzioni base per ciascuna omissione sono pari al 120% delle imposte dovute (minimo €250), oppure €250–€1.000 fissi per ogni anno senza debito d’imposta. Con tre annualità, qualora venissero contestate tutte insieme, potrebbe applicarsi il cumulo giuridico: la sanzione complessiva verrebbe calcolata prendendo la violazione più grave (ad esempio l’anno con imposta evasa maggiore) e aumentandola. Secondo l’art. 12 D.Lgs. 472/1997, si può arrivare fino al triplo del minimo o altrimenti a un aumento entro il limite del doppio della sanzione base, a discrezione dell’Ufficio, in luogo della somma integrale delle tre sanzioni. In pratica, invece di pagare il 120% * 3, si potrebbe pagare, ad esempio, il 120% + un aumento del 50% o 100% su una sanzione sola, a seconda dei casi. Ciò detto, con tre omissioni l’onere sanzionatorio resta molto elevato, specie se sono state evase imposte significative.

Dal punto di vista degli interessi e della riscossione, ricordiamo che l’omissione della dichiarazione fa sì che le imposte dovute non vengano autoliquidate né versate dal contribuente. Quindi, quando l’amministrazione accerterà le imposte per questi tre anni, applicherà anche gli interessi moratori su ciascun importo evaso, calcolati dal momento in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata (in genere il saldo a giugno-luglio dell’anno successivo all’anno di imposta, o novembre per acconti) fino alla data di pagamento effettivo. Considerando tre annualità, gli interessi sulle annualità più vecchie potranno accumularsi per diversi anni, incrementando il debito complessivo.

Profili penali: sul piano penale, con tre anni omessi si può configurare un numero plurimo di reati tributari. Ogni anno omesso potenzialmente dà luogo al reato di omessa dichiarazione se supera la soglia di €50.000 di imposta evasa. Dunque, lo scenario penale dipende dalle cifre:

  • Se nessuno dei tre anni oltrepassa la soglia, non vi è imputazione penale (anche se la somma di imposte evase nei tre anni fosse superiore a €50.000, ciò non rileva legalmente per far scattare il reato, dovendosi guardare a ciascun anno isolatamente).
  • Se uno dei tre anni supera la soglia, vi sarà un reato per quell’anno; gli altri anni sotto soglia resteranno illeciti amministrativi. Tuttavia, l’esistenza di un reato per un anno potrebbe indurre la Procura o la Guardia di Finanza ad approfondire l’intero comportamento fiscale: nella prassi, se emerge che un contribuente ha evaso in un anno oltre 50.000 €, è probabile che gli inquirenti esaminino anche gli anni adiacenti, pur sapendo che se erano sotto soglia non costituiranno reato ma potrebbero rappresentare aggravanti o pattern di comportamento.
  • Se due o tre anni superano ciascuno la soglia, si avranno due o tre capi di imputazione. In un eventuale processo, più reati omogenei commessi in tempi diversi ma con lo stesso disegno (evitare le tasse sistematicamente) possono essere unificati ai fini della pena tramite la continuazione: in termini pratici, la pena base per il reato più grave viene aumentata, ma non semplicemente sommata, il che evita al colpevole di subire condanne totalmente cumulative. Ad ogni modo, trattandosi di delitti puniti con reclusione da 2 a 5 anni ciascuno, anche con la continuazione si prospetta un quadro sanzionatorio severo (ad esempio, la pena potrebbe collocarsi diversi anni di reclusione, benché benefici come la sospensione condizionale o la pena patteggiata possano mitigare l’effettività della detenzione, soprattutto se il contribuente si attiva per estinguere il debito).

Regolarizzazione di tre anni omessi: sanare spontaneamente tre annualità richiede un intervento strutturato. Idealmente, il contribuente dovrebbe:

  1. Presentare le tre dichiarazioni mancanti, indicando compiutamente i redditi di ciascun anno, le imposte dovute, ecc. Questo è possibile entro i termini di decadenza dell’accertamento: di norma, l’Agenzia Entrate accetta dichiarazioni riferite ad anni ancora accertabili (fino al quinto anno successivo se dichiarazione presentata, settimo anno successivo se dichiarazione omessa). Ad esempio, nel 2025 si possono ancora presentare validamente dichiarazioni relative al 2019 e anni successivi, poiché per l’anno d’imposta 2019 (dichiarazione 2020) il termine di accertamento in caso di omessa dichiarazione scade a fine 2026-2027 a seconda delle proroghe. Gli anni più remoti (oltre 7 anni) non sono più accertabili né sanabili in senso stretto – torneremo su questo punto più avanti.
  2. Versare le imposte dovute per ciascun anno, oltre a interessi e sanzioni ridotte tramite ravvedimento, se possibile. Per tre anni omessi, se il contribuente paga integralmente il dovuto prima di ricevere formali contestazioni, eviterà le sanzioni proporzionali elevate (120%) in favore delle sanzioni ridotte previste in caso di ravvedimento tardivo (come illustrato più avanti, quando la dichiarazione omessa viene presentata spontaneamente e le imposte vengono versate, si applica una sanzione fissa minima invece di quella proporzionale).
  3. Tempistica: se la presentazione e il pagamento avvengono entro il termine della dichiarazione dell’anno successivo all’ultimo omesso, l’effetto premiale è massimo: l’art. 13, c.2 D.Lgs. 74/2000 considera il ravvedimento operoso o la presentazione entro tale termine una causa di non punibilità penale per eventuali reati di omessa dichiarazione. Ad esempio, se i tre anni omessi sono 2020, 2021, 2022 (dichiarazioni da presentarsi nel 2021, 2022, 2023), il contribuente avrebbe dovuto ravvedersi entro il termine per la dichiarazione 2023 (anno successivo al 2022), cioè entro novembre 2024, per godere della non punibilità penale. Se nel giugno 2025 costui non ha ancora fatto nulla, è oltre quel termine: ciò non significa che non possa più ravvedersi, ma significa che non potrà invocare l’esimente penale di cui sopra (a meno che non rientri in altre cause straordinarie di non punibilità, come quelle introdotte temporaneamente nel 2023 – v. sezione penale). Tuttavia, è ancora opportuno regolarizzare: presentando ora (nel 2025) le dichiarazioni omesse e pagando, eviterà sanzioni ancora peggiori e potrà ottenere attenuanti penali.

In sintesi, con tre anni omessi, la priorità del contribuente dovrebbe essere bloccare l’escalation: più il tempo passa, maggiori sono le probabilità che l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza rilevino l’evasione pluriennale e attivino controlli approfonditi. Anticiparli con un ravvedimento riduce drasticamente le sanzioni amministrative e offre migliori argomenti difensivi in caso di eventuale procedimento penale (soprattutto se la soglia era superata in qualcuno di quegli anni).

Omessa dichiarazione per 5 anni consecutivi

L’omissione della dichiarazione per cinque anni di fila configura una situazione di prolungata e sistematica inattività dichiarativa. A questo punto il contribuente è considerabile un evasore totale per l’intero quinquennio, il che attira fortemente l’attenzione del Fisco e comporta implicazioni particolarmente onerose:

Profili amministrativi: con cinque annualità omesse, l’Agenzia Entrate ha la possibilità (e la probabilità) di effettuare un accertamento a tappeto sull’intero quinquennio. In simili casi, spesso viene utilizzato lo strumento dell’accertamento induttivo puro (art. 41 del D.P.R. 600/1973 per le imposte sui redditi, art. 55 del D.P.R. 633/1972 per l’IVA), in cui l’ufficio determina il reddito imponibile del contribuente sulla base di dati e presunzioni, potendo prescindere in parte dalle scritture contabili (spesso inesistenti o inattendibili se non è stata presentata dichiarazione né magari tenuta contabilità). L’ufficio può ad esempio stimare il volume d’affari attraverso indicatori indiretti (movimenti bancari, spese note, tenore di vita, ricarichi medi di settore per imprese, ecc.) per ciascuno dei 5 anni.

Le sanzioni amministrative, salvo riduzioni per adesione o cumulo, si accumulano per ciascun anno. In teoria, cinque omissioni comporterebbero cinque sanzioni del 120% (cadauna con minimo 250 €). Il cumulo giuridico potrebbe contenere la sanzione complessiva entro limiti “solo” doppi rispetto alla sanzione base più grave; ad esempio, se l’anno con maggior imposta evasa comporterebbe una sanzione di €50.000, applicando il cumulo potrebbe determinarsi una sanzione totale intorno a €100.000 per l’intero quinquennio, invece di 5 * €50.000 = €250.000 (questi numeri sono ipotetici, solo per illustrare il meccanismo). Va sottolineato che, oltre alle sanzioni sulle imposte, potrebbero aggiungersi sanzioni per altre violazioni connesse: ad esempio, un contribuente che omette la dichiarazione spessissimo omette anche di versare le relative imposte (IRPEF/IRES, IVA, IRAP) e magari non presenta la dichiarazione IVA o il modello 770 sostituti se dovuti. Ogni omesso adempimento ha proprie sanzioni, spesso analoghe a quelle sui redditi (per IVA è prevista la stessa misura, 120% dell’IVA dovuta, min €250). Nel contesto di un accertamento complessivo su 5 anni, dunque, le somme dovute comprendono:

  • imposte evase per ciascun anno (oltre a eventuali contributi previdenziali evasi se il soggetto era tenuto ad iscrizioni previdenziali – es. gestione artigiani/commercianti, gestione separata, ecc. – aspetto collaterale ma da considerare),
  • interessi legali su ogni imposta dall’epoca del mancato pagamento,
  • sanzioni amministrative per omessa dichiarazione,
  • eventuali sanzioni per omesso versamento (in parte assorbite però da quelle per omessa dichiarazione, v. interpello AdE n.450/2023: la sanzione proporzionale per omessa dichiarazione assorbe quella per omesso versamento, salvo il caso di versamento entro 90 gg),
  • sanzioni per altri obblighi (omessa dichiarazione IVA, omessa presentazione 770 se rilevante, etc.).

Un aspetto importante per 5 anni omessi è la tempistica degli accertamenti: per legge, se non viene presentata la dichiarazione, l’amministrazione ha tempo fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello di imposta per notificare un avviso di accertamento. Ciò significa che, ad esempio, l’anno d’imposta 2018 (dichiarazione 2019 omessa) è accertabile fino al 31/12/2025; l’anno 2019 fino al 31/12/2026, e così via. Quindi, con un quinquennio di omissioni, gli anni più lontani nel tempo rischiano di decadere prima degli altri. Se siamo nel 2025 e un contribuente non ha presentato le dichiarazioni dal 2017 al 2021:

  • il 2017 (dichiarazione 2018) in caso di omessa sarebbe accertabile fino al 31/12/2024 (dopo tale data, decadenza del potere di accertamento per quell’anno),
  • il 2018 fino al 31/12/2025,
  • 2019 fino al 31/12/2026,
  • 2020 fino al 31/12/2027,
  • 2021 fino al 31/12/2028.

Ne consegue che l’Agenzia, per non perdere gettito, tipicamente concentra i controlli partendo dalle annualità in scadenza. Nel nostro esempio, nel 2025 sarebbe molto probabile un accertamento almeno per il 2017 e 2018, imminenti alla decadenza. In ottica di regolarizzazione, il contribuente deve tener presente che oltre un certo limite temporale l’anno omesso “si prescrive” ai fini fiscali: se un anno non è più accertabile, teoricamente il contribuente non può più essere sanzionato né tassato per esso. Questo però significa anche che sanare anni troppo vecchi potrebbe non essere materialmente possibile, se non per iniziativa volontaria fuori dalle procedure ordinarie (ad esempio pagando spontaneamente il dovuto pur senza obbligo giuridico – evenienza rara e non richiesta).

Profili penali: cinque anni di omessa dichiarazione implicano un forte rischio penale. Le possibilità sono:

  • Se il contribuente ha evaso somme importanti, è probabile che almeno in qualche anno il limite di €50.000 sia stato superato. È sufficiente un anno sopra soglia perché scatti un procedimento penale. In un quinquennio, specialmente se trattasi di attività economica di una certa dimensione, è plausibile avere più anni con superamento soglia. In tal caso, possiamo avere più imputazioni (fino a cinque, teoricamente). La giurisprudenza, come detto, non somma le soglie tra loro, ma la presenza di tanti anni omessi può influenzare il giudizio sul dolo e sulla gravità.
  • Se addirittura tutti o quasi tutti i 5 anni superano la soglia, la posizione penale è molto grave: il contribuente sarà visto come evasore seriale e difficilmente potrà evitare una condanna a una pena detentiva (anche se con benefici). La reclusione massima prevista è 5 anni per ciascun anno, ma in caso di plurimi reati si applicherà un aumento entro il cumulo materiale (che però per reati tributari può portare teoricamente fino a 7 anni e mezzo circa, essendo la continuazione limitata a un aumento fino al triplo della pena base, ma in concreto i giudici calibrano diversamente a seconda delle circostanze).
  • Se, caso raro, in nessuno dei cinque anni l’imposta evasa supera 50.000 € (ad esempio il contribuente aveva redditi modesti ma comunque ha evitato di dichiarare, oppure aveva solo crediti o perdite), allora non vi sarà reato per nessuna annualità. Rimarrebbe “solo” da pagare imposte, interessi e sanzioni amministrative. Cinque anni di omessa dichiarazione con imposte piccole sono comunque onerosi sul piano amministrativo, ma almeno non comportano procedimenti penali.

Regolarizzazione di cinque anni omessi: arrivati a questa situazione, sanare richiede notevoli risorse e strategia:

  • Innanzitutto, occorre valutare la possibilità concreta di pagamento. Cinque anni di imposte evase possono generare un debito molto elevato, forse fuori dalla portata immediata del contribuente. Se il contribuente non è in grado di pagare integralmente il dovuto, il ravvedimento operoso (che richiede versamento spontaneo) potrebbe non essere praticabile per tutte le somme. In questi casi, può essere più realistico prepararsi a negoziare con il Fisco, ad esempio attendendo l’emissione degli accertamenti per poi avvalersi di istituti deflattivi (accertamento con adesione, dilazioni in fase di riscossione, o persino valutare procedure concorsuali come transazione fiscale se l’importo è insostenibile – si veda oltre).
  • Se invece il contribuente ha la liquidità o può procurarsela (es. mediante finanziamenti) per coprire il dovuto, la strada preferibile è anticipare il Fisco: presentare tutte le dichiarazioni omesse (fin dove ammissibile, come detto i primissimi anni potrebbero essere prescritti) e pagare con ravvedimento. In un caso di 5 anni, è improbabile rientrare nella finestra di non punibilità penale di cui all’art.13 D.Lgs.74/2000 (che richiede pagamento entro l’anno successivo all’ultimo omesso), perché a quel punto quell’ultimo termine è passato da tempo. Tuttavia, il pagamento integrale del debito anche se tardivo sarà comunque valutato positivamente in sede penale come circostanza attenuante (art. 13-bis D.Lgs. 74/2000) e può consentire accesso a riti alternativi (patteggiamento con pena ridotta). Inoltre, nel 2023 è stata introdotta una causa speciale di non punibilità temporanea legata alla “tregua fiscale”: chi ha definito in via agevolata i debiti tributari di certi anni (ad esempio tramite ravvedimento speciale, definizione delle liti, ecc., previsti dalla L.197/2022) può beneficiare della non punibilità per i reati collegati (DL 34/2023, art.23). Se tra i 5 anni omessi ce ne sono alcuni rientranti negli anni definibili (tipicamente 2019-2021 con ravvedimento speciale) e il contribuente ha aderito a quelle sanatorie pagando quanto dovuto, quei reati si estinguono. È un dettaglio di nicchia, ma rilevante: un contribuente con 5 anni omessi che abbia colto l’occasione della “Definizione agevolata 2023” per sanarne alcuni potrebbe aver già risolto parzialmente il problema penale.
  • Bisogna predisporre con attenzione le dichiarazioni tardive. Dopo tanti anni, il contribuente potrebbe non avere più tutte le informazioni contabili. È opportuno ricostruire al meglio i redditi di ciascun anno, magari con l’aiuto di un commercialista. Dichiarare spontaneamente troppo poco può esporre comunque ad accertamenti (l’Agenzia potrebbe non fidarsi e rettificare se i dati sembrano sottostimati); dichiarare troppo (cioè più del reale) significherebbe pagare più imposte del dovuto, ma a volte il contribuente preferisce abbondare in prudenza per chiudere la questione. Ogni dichiarazione presentata, pur se omessa legalmente, viene acquisita e costituisce titolo per la riscossione delle imposte in essa liquidate. Quindi l’Agenzia iscriverà a ruolo (manderà a riscossione) quelle imposte, con le sanzioni ridotte se spettanti.

In casi così gravi, consulenza professionale qualificata è imprescindibile. È opportuno studiare un piano d’azione pluriennale: ad esempio, decidere se ravvedere subito gli anni più recenti (ancora entro termini di definizione agevolata di qualche tipo) e magari attendere per quelli più vecchi che stanno per prescriversi (valutando rischi e benefici di un comportamento attendista – che però è pericoloso se poi arriva l’accertamento all’ultimo). Nel seguito, quando parleremo degli strumenti come transazione fiscale e concordato preventivo, vedremo che per debiti di grande entità il sistema offre soluzioni di “ristrutturazione” del debito tributario che possono includere riduzioni e dilazioni, se la situazione economica del contribuente è compromessa. Un soggetto con 5 anni di omissioni potrebbe trovarsi proprio in una situazione di crisi di impresa o sovraindebitamento personale, scenario che richiede valutazione anche extra-tributaria (per esempio, attivare un piano del consumatore o un concordato preventivo liquidatorio per chiudere i debiti).

Omessa dichiarazione per 10 anni consecutivi

L’omessa dichiarazione protratta per dieci anni consecutivi rappresenta un caso estremo, ma non impossibile (si pensi a chi ha operato in nero per un decennio completo). Di fronte a una tale situazione, le implicazioni fiscali e legali sono di massima gravità, e le strategie di emersione devono tenere conto sia dei limiti temporali (non tutto il decennio potrebbe essere più recuperabile) sia dell’entità del debito potenziale (spesso insostenibile se non con accordi speciali).

Profili amministrativi: il primo dato da considerare è il decorso dei termini di accertamento. Come detto, un anno omesso è accertabile entro il 31 dicembre del settimo anno successivo. Ciò significa che in un orizzonte di 10 anni alcuni periodi risulteranno ormai chiusi per decadenza:

  • Se ad esempio parliamo degli anni d’imposta 2010-2019 (10 anni), quelli dal 2010 al 2013 sarebbero quasi certamente fuori tempo massimo (in generale, 2010->accertabile fino al 2017; 2013->fino al 2020, quindi ormai decaduti).
  • Gli anni dal 2014 in poi sarebbero ancora accertabili nel 2025 (2014->fino al 2021, forse appena decaduto; 2015->fino al 2022, decaduto; 2016->fino al 2023, decaduto; 2017->fino al 2024, ultimo anno utile; 2018->fino al 2025; e così via).

Va ricordato che nel 2020 c’è stata la sospensione dei termini di accertamento per emergenza Covid (sospensione di 85 giorni per gli atti in scadenza tra 2020 e 2022, ex art.157 D.L. 34/2020 conv. L. 77/2020). Ciò ha esteso di un po’ i termini. Ad ogni modo, su 10 anni, probabilmente i primi 4-5 anni sono già decaduti, i successivi 5-6 sono ancora accertabili. Questo implica due cose:

  • Il Fisco non potrà più emettere atti impositivi per gli anni troppo vecchi. Di conseguenza, non potranno essere richieste imposte né irrogate sanzioni per tali annualità decadute. In un certo senso per quei anni il contribuente è “salvo” (anche se ovviamente ha comunque evaso, ma lo Stato ha perso il potere di perseguire).
  • D’altra parte, il contribuente non può neanche sanare formalmente quegli anni con ravvedimento, perché non esiste più l’obbligo giuridico né la sede per farlo (il sistema telematico dell’Agenzia non accetterebbe l’invio di dichiarazioni così tardive e comunque non avrebbe senso pagare tributi prescritti – a meno che il contribuente non voglia farlo spontaneamente senza titolo, cosa assai rara e non prevista). L’unico “neo” potrebbe essere che, se vi fossero reati per quegli anni (ad esempio il 2012 con 100.000 € evasi), la prescrizione penale potrebbe non essere ancora maturata o esserlo di recente: però per i reati tributari la prescrizione è generalmente di 6 anni aumentabili fino a 7 anni e mezzo con atti interruttivi, dunque un reato 2012 ad oggi (2025) sarebbe con buona probabilità prescritto in sede penale pure.
  • Per gli anni ancora accertabili (diciamo gli ultimi 5 del decennio), l’Agenzia può procedere e quasi certamente lo farà, perché l’omissione decennale è spesso scoperta da controlli incrociati o segnalazioni entro quel lasso di tempo.

Sul piano amministrativo quindi per i 10 anni in esame il contribuente potrebbe doversi concentrare sulla regolarizzazione degli anni non prescritti (gli altri di fatto non potrà più toccarli a livello fiscale). Le sanzioni su questi anni rimangono quelle ordinarie: 120% delle imposte dovute per ciascun anno, con minimi, ecc. Ma con 5 anni su 10 comunque attivi, è un po’ come avere il caso precedente (quinquennio) da gestire – solo che alle spalle c’è stato un altro quinquennio “perso” che però fortunatamente non genererà richieste, se i termini sono scaduti.

Un problema peculiare delle omissioni così prolungate riguarda la continuità delle perdite e dei crediti: se il contribuente negli anni iniziali aveva perdite fiscali o crediti (ad esempio, un’attività in perdita cronica), l’omessa dichiarazione per così tanti anni comporta la definitiva perdita del diritto di riportare quelle perdite o di ottenere quei crediti. La normativa stabilisce che le perdite possono essere portate a nuovo solo se indicate dichiarando il reddito di quell’anno; se l’anno è omesso, la perdita non dichiarata non è utilizzabile in compensazione negli anni successivi. Questo può penalizzare chi, ad esempio, aveva inizialmente perdite che avrebbero potuto compensare utili successivi: l’omessa dichiarazione glielo preclude, per cui in caso di ravvedimento potrà dichiarare utili tassabili negli anni seguenti senza poter scomputare le perdite pregresse, in quanto “perse”. Non di rado, quindi, emergere 10 anni dopo è assai svantaggioso sotto questo profilo, ma è un effetto collaterale voluto dal legislatore per incentivare la dichiarazione anche quando c’è perdita (così almeno rimane traccia ufficiale).

Profili penali: su dieci anni, se l’attività del contribuente generava imposte evase sopra soglia, è praticamente scontato incappare nel reato in più annualità. La maggior parte di quanto detto per 5 anni vale amplificato:

  • È molto probabile la presenza di più reati di omessa dichiarazione (ogni anno sopra soglia). Ad esempio, su 10 anni, 6 anni potrebbero avere evasioni >50k e 4 anni no: si avrebbero 6 reati. La magistratura inquirente, venuta a conoscenza di un decennio di evasione, potrebbe anche valutare la configurabilità di reati più gravi come dichiarazione fraudolenta mediante occultamento di scritture o distruzione di documenti contabili (art.10 D.Lgs.74/2000) se emergesse che il contribuente ha tenuto o occultato doppie contabilità, oppure associazione a delinquere finalizzata all’evasione se fosse un’attività organizzata. Questi scenari dipendono dal contesto (ad esempio una grande azienda che per 10 anni non dichiara nulla potrebbe suggerire condotte fraudolente collaterali). Però, limitandoci al reato specifico di omessa dichiarazione (art.5), avremo come detto una pluralità di contestazioni.
  • La prescrizione penale: per ogni reato di omessa dichiarazione, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il reato si consuma, cioè allo scadere dei 90 giorni dal termine di presentazione di quella dichiarazione. Dunque, per l’anno d’imposta 2012 (dichiarazione scaduta il 30/9/2013 per esempio, +90 gg = fine 2013), il reato si consumava a fine 2013; con prescrizione base 6 anni, sarebbe scaduta a fine 2019, prorogabile a fine 2021 circa con atti interruttivi massimi. In sostanza, i reati dei primi anni del decennio potrebbero essere già prescritti penalmente, anche se rilevati ora. I reati degli anni più recenti no. Quindi un contribuente che oggi viene scoperto per 10 anni di evasione potrebbe subire un procedimento penale ma limitatamente agli anni più vicini (ultimi 5-6 anni presumibilmente, analoghi a quelli accertabili fiscalmente). Gli anni più lontani, oltre a essere decaduti fiscalmente, possono essere caduti in prescrizione penale, portando magari l’archiviazione di quei capi.
  • Ciò non toglie che, a livello di valutazione complessiva, un decennio di sistematica evasione verrà considerato molto negativamente da un giudice, incidendo sulla determinazione della pena nei reati non prescritti, e riducendo le chance di attenuanti generiche.

Regolarizzazione di dieci anni omessi: in tale frangente, “regolarizzare” ha un significato relativo. Non si può davvero “sanare” in senso letterale un decennio di omissioni, ma si può fare quanto segue:

  • Mettere fine all’omissione continuativa: è fondamentale quantomeno interrompere la serie. Se siamo al 2025 e ancora non si presenta la dichiarazione, il rischio aumenta di anno in anno. Dunque, almeno presentare la dichiarazione per l’ultimo anno (2024) tempestivamente e pagare le imposte correnti è il primo passo (tornare alla legalità per il futuro). Poi si affronta il passato.
  • Sanare il sanabile: per gli anni ancora aperti fiscalmente (diciamo gli ultimi 5), si dovrebbero presentare le dichiarazioni omesse e pagare il possibile con ravvedimento operoso. Dato che le somme su 5 anni possono essere ingenti, il contribuente potrebbe non riuscire a pagare tutto in un’unica soluzione. In tal caso, può optare per un ravvedimento parziale anno per anno, oppure attendere l’accertamento per sfruttare la rateazione. È un calcolo strategico: se ravvede spontaneamente, le sanzioni sono ridotte ma deve pagare subito; se attende l’accertamento, potrà forse dilazionare il pagamento in 8 rate (nelle procedure di adesione) o fino a 20 rate trimestrali con Equitalia/Agenzia Riscossione, ma con sanzioni piene (salvo definizioni agevolate se previste).
  • Strumenti straordinari: in una situazione insostenibile, occorre considerare strumenti come la transazione fiscale nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Ad esempio, un imprenditore individuale o una società che deve al fisco importi multimilionari per 10 anni di evasione, e che non può pagarli interamente senza distruggere l’azienda, potrebbe presentare un concordato preventivo presso il tribunale fallimentare, includendo una proposta di pagamento parziale dei debiti fiscali (questo è ammesso dall’art. 63 del Codice della crisi d’impresa, D.Lgs. 14/2019, e permette di falcidiare le imposte e/o sanzioni col voto favorevole dell’Erario). Si tratta di procedure complesse, riservate a chi è in stato di crisi o insolvenza, ma in una evasione decennale spesso quel contribuente è insolvente se messo di fronte al totale dovuto. Anche i privati non fallibili oggi possono accedere a procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piani del consumatore o liquidazione del patrimonio) che consentono di trattare i debiti tributari analogamente (la cosiddetta “transazione fiscale per il consumatore”).
  • Aspetti penali: per mitigare le conseguenze penali, la strategia migliore è dimostrare collaborazione e rimorso: iniziare a pagare quanto possibile, magari versare a titolo di ravvedimento anche importi parziali. Ogni euro versato riduce il danno erariale. Va menzionato che l’art. 13 D.Lgs. 74/2000, come modificato, prevede anche che se il debito è in corso di estinzione mediante rateizzazione prima del dibattimento, il giudice può concedere un termine per completare il pagamento e ottenere attenuanti. Dunque, anche se non si riesce a pagare tutto subito, l’importante è iniziare un percorso di pagamento.
  • Assistenza legale: un caso di 10 anni omessi richiede sinergia tra un fiscalista (per la parte contabile e di interlocuzione con l’Agenzia Entrate) e un avvocato penalista tributario (per gestire o prevenire il processo penale). È opportuno valutare la possibilità di denuncia spontanea (c.d. self-disclosure al fisco, non prevista formalmente nell’ordinamento ma di fatto compiuta col ravvedimento) e come essa possa influire sul procedimento penale. Ad esempio, una volta presentate le dichiarazioni e pagato in parte il dovuto, il contribuente potrebbe segnalare tali ravvedimenti al PM per evidenziare l’attenuazione del danno.

In conclusione, un decennio di omessa dichiarazione è la situazione limite in cui sanare significa spesso gestire il danno più che eliminarlo. Il contribuente deve prepararsi a pagare una porzione significativa del dovuto (direttamente o tramite accordi), a fronteggiare conseguenze penali per alcuni anni (puntando su cause di non punibilità se possibile, o su patteggiamenti ridotti), e a ristrutturare la propria attività per il futuro su basi regolari.


Profili sanzionatori amministrativi

Esaminiamo ora in modo sistematico le sanzioni amministrative previste per l’omessa dichiarazione dei redditi, alla luce delle più recenti novità normative (in particolare la riforma operata con D.Lgs. 87/2024). Illustreremo le misure delle sanzioni, le condizioni che ne influenzano l’entità e alcune particolarità (ad esempio, riduzioni in caso di pagamento spontaneo e cumulo delle violazioni).

Sanzione base per omessa dichiarazione

Per la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi (e in modo analogo della dichiarazione IRAP) entro il termine di 90 giorni dalla scadenza, la legge prevede una sanzione pecuniaria proporzionale all’imposta dovuta. Attualmente (dopo il D.Lgs. 87/2024) la sanzione è fissata al 120% dell’ammontare delle imposte non versate, con un minimo di €250 per periodo d’imposta. In termini pratici:

  • Se dalla dichiarazione omessa sarebbe risultata un’imposta (ad esempio IRPEF o IRES) di €10.000, la sanzione base è il 120% di 10.000, cioè €12.000 (essendo superiore al minimo di €250).
  • Se invece la dichiarazione omessa sarebbe risultata a zero (nessuna imposta a debito) o a credito, la sanzione è fissa in un range tra €250 e €1.000. La determinazione concreta all’interno di questo intervallo dipende dalla gravità e dal contesto, ed è a discrezione dell’ente impositore; di norma, in assenza di qualunque debito d’imposta, l’Ufficio tende ad irrogare il minimo (€250) salvo circostanze aggravanti.

Aumento per soggetti obbligati a contabilità: la sanzione sopra indicata (120% o 250-1000) può essere aumentata fino al doppio per i contribuenti tenuti alla tenuta di scritture contabili. Questo significa che per imprese, professionisti, società (in regime di contabilità ordinaria o semplificata) l’omessa dichiarazione può essere sanzionata fino al 240% dell’imposta dovuta, con minimo di €500 (il doppio di 250) – prima della riforma 2024, l’intervallo era proprio 120%-240% e ora il massimo è confermato come possibilità sanzionatoria aggravata. L’aumento “fino al doppio” non è automatico in tutti i casi: l’Ufficio valuta la situazione; tipicamente viene applicato se l’omissione si accompagna ad altre irregolarità significative (mancata tenuta di contabilità, fatture false, ecc.), altrimenti può mantenersi sulla sanzione base anche per soggetti contabili.

Caso di dichiarazione con saldo a credito: come accennato, se la dichiarazione omessa avrebbe generato un credito d’imposta a favore del contribuente, la sanzione fissa 250-1000 € si applica comunque (di fatto punendo la mancata dichiarazione in sé, a prescindere dal danno erariale). Inoltre, l’aver omesso la dichiarazione comporta la perdita del diritto al rimborso o utilizzo di quel credito, a meno che il contribuente non presenti una dichiarazione “tardiva” entro i termini consentiti. Va infatti notato che se la dichiarazione è presentata oltre i 90 giorni, è omessa a tutti gli effetti (e non dà luogo ad alcun rimborso di eventuali crediti, se non entro i limiti di una presentazione entro l’anno successivo come definito da alcune sanatorie). In sintesi, omettere la dichiarazione quando si era a credito è un grave errore perché oltre alla sanzione si butta via il credito che sarebbe spettato.

Sanzione ridotta in caso di presentazione tardiva spontanea

La disciplina prevede un’attenuazione delle sanzioni se il contribuente, pur avendo superato i 90 giorni di ritardo (quindi formalmente in omissione), presenta spontaneamente la dichiarazione omessa prima di essere scoperto e in un tempo non eccessivamente remoto. Questa situazione è ora espressamente regolata dall’art.1, comma 1-bis del D.Lgs. 471/1997 (introdotto e modificato nel 2024). In particolare:

  • Se il contribuente presenta la dichiarazione omessaoltre i 90 giorni ma comunque entro i termini di accertamento (ossia prima che l’anno diventi decaduto per l’azione di controllo, quindi in genere entro il 31 dicembre del quinto o settimo anno successivo) e tale presentazione avviene prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di avvisi di accertamento, verifiche o altre attività amministrative di controllo su quell’anno, allora si applica una sanzione notevolmente ridotta:
    • Sulle imposte dovute, invece del 120%, si applica la sanzione prevista per omesso versamento (art.13, c.1 D.Lgs.471/97) aumentata al triplo. Dal 2023-2024 la sanzione base per omesso versamento è stata ridotta dal 30% al 25% (come segnale di riforma premiale). Triplicandola, si ottiene una sanzione del 75% dell’imposta dovuta.
    • Se non vi sono imposte dovute, il comma 1-bis rinvia comunque al comma 1, secondo e terzo periodo, ovvero alla sanzione fissa base di 250-1000 € (che però potrebbe essere applicata probabilmente nella misura minima se è il contribuente che spontaneamente dichiara un non debito).

In termini semplici, chi presenta la dichiarazione omessa spontaneamente prima di essere scoperto paga:

  • se aveva imposte da versare: una sanzione del 75% su tali imposte (anziché 120%), oltre naturalmente a dover versare le imposte stesse e gli interessi maturati;
  • se non aveva imposte da versare: una sanzione fissa, in genere €250 (salvo aumenti per contabilità).

Esempio: un contribuente omette la dichiarazione 2021 (dove doveva €10.000 di IRPEF). Nel 2023, prima di qualunque controllo, presenta la dichiarazione 2021 omessa e versa i €10.000 più interessi. La sanzione non sarà il 120% = €12.000, bensì il 75% = €7.500 (più una piccola sanzione separata per il ritardato versamento, eventualmente assorbita). Avendo agito spontaneamente, ha risparmiato €4.500 di sanzioni. Se invece non doveva nulla, avrebbe pagato circa €250 di sanzione.

Questa previsione, introdotta in forma chiara nel 2024, conferma l’orientamento che già l’Agenzia delle Entrate aveva espresso nella risposta ad interpello n. 450/2023, poi ripreso in circolari del 2025: l’Agenzia ha riconosciuto che se il contribuente paga entro 90 giorni le imposte dovute, pur non avendo presentato la dichiarazione, la violazione va sanzionata in misura fissa (come tardiva dichiarazione) sommata alla sanzione da omesso versamento, mentre se paga dopo i 90 giorni la sanzione resta proporzionale. Ora il nuovo comma 1-bis codifica che dopo 90 giorni ma spontaneamente si sta comunque meglio che essere accertati più tardi.

Attenzione: la presentazione spontanea oltre i 90 giorni non è un ravvedimento operoso “pieno” perché, a rigore, la circolare AdE 42/E/2016 aveva affermato che “il ravvedimento della dichiarazione omessa dopo novanta giorni non è possibile”. Ciò significava che non si può sanare completamente la violazione come si fa entro i 90 giorni (dove la dichiarazione viene considerata valida). Passati i 90 giorni, la dichiarazione resterà “omessa” e la sanzione, seppur ridotta, è ben più alta di €25 (che era per la tardiva). Tuttavia, è comunque un beneficio notevole poter ridurre la sanzione dal 120% al 75% e, importantissimo, evitare le conseguenze penali se ci si muove entro certi limiti temporali (si veda più avanti la causa di non punibilità penale in caso di ravvedimento).

Riassumendo le sanzioni amministrative in caso di omessa dichiarazione, possiamo schematizzare:

  • Dichiarazione omessa e contribuente non collabora (accertamento d’ufficio): sanzione 120% delle imposte dovute (minimo €250), oppure €250-€1.000 se nessuna imposta dovuta. Se soggetto con contabilità: fino al 240%. (N.B.: Fino al 31/08/2024 la norma prevedeva “dal 120% al 240%” discrezionale; ora 120% fisso come base).
  • Dichiarazione omessa ma presentata spontaneamente prima del controllo: sanzione 75% delle imposte (cioè 25%×3, in base all’art.1-bis introdotto). Se nessuna imposta dovuta: sanzione fissa €250-€1.000 (in genere minima).
  • Dichiarazione tardiva (entro 90 giorni): non è considerata omessa, sanzione fissa €250 riducibile a €25 con ravvedimento entro 90 gg. (È utile ricordarlo per completezza: entro 90 gg si può sanare quasi senza conseguenze).

Il contribuente che vuole capire “quanto dovrò pagare se regolarizzo?” deve considerare anche gli interessi di mora: questi si applicano su ogni imposta pagata in ritardo, al tasso legale annuo (che è variato negli anni: ad esempio 0,05% nel 2020, 1,25% nel 2022, 5% nel 2023, 5% nel 2024). Su periodi lunghi, gli interessi possono sommarsi (ma sono comunque importi di solito inferiori rispetto alle sanzioni).

Cumulo di violazioni e sanzione unica

Abbiamo già anticipato il meccanismo del cumulo giuridico previsto dall’art. 12 D.Lgs. 472/1997, che qui ribadiamo più formalmente. In caso di più violazioni della stessa indole commesse anche in periodi d’imposta diversi ma in esecuzione di un medesimo disegno o connesse tra loro, l’organo accertatore può applicare una sanzione unica. Questa sanzione unica è calcolata:

  • prendendo la violazione più grave (nel nostro caso potrebbe essere l’omessa dichiarazione dell’anno con maggiore imposta evasa),
  • aumentandola da 1/4 fino a 1/2 (se le violazioni sono 2) o fino ai 2/3 (se le violazioni sono più di 2), oppure – secondo altre interpretazioni – fino al doppio.

La formulazione dell’art.12 è un po’ complessa, ma in sostanza evita che un contribuente, pur avendo omesso più anni, venga sanzionato in maniera sproporzionatamente punitiva. È un principio di civiltà amministrativa: punire sì, ma non distruggere l’azienda con sanzioni accumulate all’infinito. Ad esempio, se un contribuente omette 4 dichiarazioni, invece di 4 sanzioni al 120% (cioè 480% in totale), si potrà dargli la sanzione base 120% incrementata per tener conto della recidiva, ma rimanendo entro un limite (in questo caso, plausibilmente il doppio, cioè ~240% in totale, oppure qualcosa in più, ma non 480%).

Va però precisato che il cumulo giuridico:

  • Si applica se le violazioni sono contestate insieme. Se gli accertamenti arrivano separatamente per ciascun anno e passano in giudicato separatamente, il contribuente potrebbe perdere il beneficio. A volte, l’Agenzia emette un unico atto per più anni (specialmente se l’evasione è scoperta tutta insieme), facilitando il cumulo.
  • È obbligatorio applicarlo quando ne ricorrono i presupposti, ma il calcolo dell’aumento entro i limiti è a discrezione motivata. Il contribuente può far valere l’art.12 anche in contenzioso se ritiene che l’Ufficio non lo abbia correttamente applicato.

In parole semplici: se avete omesso, ad esempio, 3 dichiarazioni e sanate tutto insieme, aspettatevi una sanzione complessiva, non esattamente tripla, ma un po’ più bassa. Se invece sanate un anno per volta in tempi diversi (o venite accertati anno per anno), potreste trovarvi con sanzioni separate per ciascuno (anche se poi in fase di riscossione si può chiedere al concessionario la “riunione” dei carichi, ma è un’altra storia).

Altre sanzioni accessorie e effetti amministrativi

L’omessa dichiarazione dei redditi di per sé non comporta sanzioni accessorie come la sospensione di licenze o iscrizioni ad albi, fatti salvi casi particolari. Tuttavia, per le società di capitali, non presentare la dichiarazione si accompagna spesso alla mancata presentazione del bilancio d’esercizio al Registro delle Imprese, che è un obbligo civilistico: ciò costituisce un illecito amministrativo sanzionato con pene pecuniarie (fino a circa 2.064 € ai sensi dell’art. 2630 cod. civ.), e se reiterato potrebbe condurre il Registro delle Imprese a dichiarare la società “inattiva” o avviare la sua cancellazione d’ufficio. È un effetto indiretto: tipicamente una società che per 2-3 anni non deposita bilanci né presenta dichiarazioni attira l’attenzione e può essere oggetto di provvedimenti di cancellazione, soprattutto se l’amministrazione finanziaria la considera irreperibile o fittizia.

Inoltre, l’omessa dichiarazione incide su altri aspetti:

  • Esecuzioni esattoriali: se l’Agenzia delle Entrate accerta un’omissione e iscrive a ruolo le imposte dovute e le sanzioni, il contribuente può subire iscrizioni di ipoteche, fermi amministrativi su veicoli, pignoramenti, ecc., qualora non provveda al pagamento o alla rateazione nei termini. Un decennio di evasione può portare a cartelle esattoriali molto cospicue con conseguenti azioni aggressive di riscossione coattiva.
  • Rating di affidabilità fiscale: i soggetti per cui esistono strumenti come gli ISA (indici sintetici di affidabilità) o il nuovo concordato preventivo biennale (CPB) non potranno beneficiarne se hanno omissioni. In particolare, l’adesione al concordato preventivo biennale (il patto biennale col fisco di cui diremo oltre) è preclusa a chi non ha presentato la dichiarazione nei termini. La Circolare AdE 18/E del 2024 ha chiarito che per accedere al CPB era necessario presentare la dichiarazione annuale nei termini; la remissione in bonis (sanatoria tardiva di opzioni) non si applica a questo caso. Dunque, omettere la dichiarazione toglie anche la chance di accedere a regimi premiali o semplificati.

Infine, a livello reputazionale, un contribuente che intenda partecipare a bandi pubblici, ottenere certificazioni (DURC per appalti, certificati di regolarità fiscale) o accedere a finanziamenti bancari si troverà in difficoltà: l’omissione di dichiarazioni spesso emerge dalle banche dati e porta a segnalazioni negative (ad esempio, l’Agenzia Entrate rilascia un DURF – documento di regolarità fiscale – solo se risultano presentate le dichiarazioni e versate le imposte dovute; in caso contrario, l’impresa può essere esclusa dagli appalti pubblici). Per i privati, questo è meno rilevante, ma per imprese e professionisti è cruciale.


Profili penali dell’omessa dichiarazione

La sfera penale è quella che comprensibilmente preoccupa di più i contribuenti che abbiano omesso dichiarazioni per lungo tempo. In questa sezione spiegheremo in quali circostanze l’omissione diventa reato, quali sono le pene previste, le possibili cause di non punibilità e le interazioni con le sanatorie.

Il reato di omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000)

L’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 (Disciplina dei reati tributari) punisce l’omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o dell’IVA quando ricorrono specifiche condizioni. In sintesi:

  • Soglia di punibilità: il reato sussiste solo se l’imposta evasa supera €50.000 per ciascun periodo d’imposta e per ciascun tributo. Ciò significa che bisogna considerare separatamente l’imposta sul reddito (IRPEF per le persone fisiche, IRES per le società) e l’IVA: se, ad esempio, un imprenditore individuale omette la dichiarazione per l’anno X evadendo €40.000 di IRPEF e €15.000 di IVA, nessuno dei due tributi supera la soglia e pertanto non si configura reato (40k<50k e 15k<50k). Non si sommano i 40+15 per dire “55k totale”: la Cassazione ha espressamente vietato la sommatoria di imposte diverse ai fini della soglia. Invece, se ometteva solo la dichiarazione redditi evadendo 55k IRPEF (e magari non era soggetto IVA), allora c’è reato; o se evadendo 55k di IVA (in omessa dichiarazione IVA), c’è reato.
  • Elemento soggettivo (dolo): l’art. 5 richiede che l’omissione sia effettuata “al fine di evadere le imposte”. Questo sottolinea che il reato è di natura dolosa, non si applica a chi per colpa (negligenza o dimenticanza) non presenta la dichiarazione. In pratica, però, provare il dolo di evasione è spesso deduttivo: se uno non dichiara pur avendo un debito rilevante, la volontà evasiva è presunta. Ci sono casi-limite (es. persona che per grave malattia non ha presentato nulla per anni, senza volontà di frodare); in talune situazioni la difesa può cercare di escludere il dolo e quindi far venir meno il reato, ma sono ipotesi particolari. Nella generalità, chi salta la dichiarazione e non paga imposte lo fa per evadere, e i giudici così ritengono salvo prova contraria.
  • Termine di consumazione: il reato di omessa dichiarazione si perfeziona alla scadenza dei 90 giorni successivi al termine ordinario di presentazione. Entro quei 90 giorni, come sappiamo, la dichiarazione è tardiva ma non penale; trascorsi, scatta l’illecito penale (se la soglia è superata). Questo implica che se un contribuente presenta la dichiarazione con 100 giorni di ritardo e l’imposta evasa supera 50k, ha comunque commesso il reato (la presentazione tardiva non lo esime). Però, attenzione: presentare entro i 90 giorni evita il reato perché la dichiarazione non è considerata omessa ai fini penali.

Pena prevista: il reato è punito con la reclusione da 2 a 5 anni. Non sono previste sanzioni pecuniarie penali (multa) per questo reato; chiaramente le sanzioni pecuniarie amministrative rimangono dovute a parte. La reclusione da 2 a 5 anni colloca il reato di omessa dichiarazione tra quelli di media gravità del panorama tributario (più lieve dei reati di frode che arrivano fino a 7 anni, ma più grave ad esempio dell’omesso versamento IVA che ha pena 6 mesi-2 anni).

Chi è punibile: trattandosi di reato proprio, è punibile chi aveva l’obbligo di presentare la dichiarazione. Nel caso di ditte individuali e professionisti, ovviamente è il titolare stesso. Per le società, il soggetto attivo è il legale rappresentante (amministratore) pro-tempore al momento in cui scade il termine della dichiarazione. Ad esempio, se una S.r.l. non presenta il Modello Redditi SC 2023 (riferito al 2022), l’amministratore in carica al 30/11/2023 ne risponde penalmente. Se successivamente cambia l’amministratore, questi non risponde per il passato (a meno che avesse concorso sapendo e coprendo l’illecito, ipotesi remota). Anche chi predispone le dichiarazioni (es. un consulente fiscale) di norma non è autore del reato, a meno che non vi sia un concerto fraudolento. Quindi il focus penale è sulla figura del contribuente persona fisica o del rappresentante legale.

Dichiarazione IVA e 770: l’art. 5 vale anche per l’omessa dichiarazione annuale IVA. Quindi l’omessa dichiarazione IVA, se supera 50k di IVA evasa, è parimenti reato con stessa pena. Inoltre, c’è un comma 1-bis che punisce l’omessa dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770) se le ritenute non versate superano 50k. Dunque, un datore di lavoro che omette di dichiarare e versare le ritenute IRPEF dei dipendenti per oltre 50k, commette reato (anch’esso 2-5 anni). Questo è rilevante: spesso un’impresa evasore totale non presenta né il redditi né il 770; potrebbe beccarsi due imputazioni se entrambe le soglie sono superate (una per l’omessa redditi, una per omessa 770). Anche qui, non si somma l’una con l’altra: vanno separate.

Cause di non punibilità e attenuanti (pagamento del debito)

Il diritto penale tributario prevede delle “uscite di sicurezza” per l’imputato che decide di rimediare al danno erariale, in forma di cause di non punibilità o attenuanti legate al pagamento del dovuto. Queste disposizioni, contenute nell’art. 13 del D.Lgs. 74/2000, sono state più volte modificate, da ultimo con la riforma del 2019 e ulteriori ritocchi nel 2023-2024.

Riassumiamo quelle rilevanti per il reato di omessa dichiarazione:

  • Non punibilità per ravvedimento operoso tempestivo: L’art. 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 stabilisce che “i reati di dichiarazione infedele (art.4) e di omessa dichiarazione (art.5) non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento […] a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”, purché il tutto avvenga prima che siano iniziate verifiche o procedimenti penali. In altre parole, se il contribuente:
    • presenta la dichiarazione omessa entro l’anno dopo (cioè entro il termine della dichiarazione successiva) e
    • paga tutto il dovuto (imposte, interessi, sanzioni amministrative da ravvedimento),
    • e lo fa spontaneamente prima di essere formalmente sotto controllo,
    allora non sarà punibile penalmente per l’omessa dichiarazione di quell’anno. Questa è una norma di grande importanza, pensata per incentivare il ravvedimento molto rapido. Ad esempio, un contribuente omette la dichiarazione del 2022; se entro novembre 2023 (termine della dichiarazione 2023 relativa al 2022) lui presenta e paga tutto, il reato di omessa dichiarazione 2022 è “annullato”. La guida Arletti citata prima lo conferma: presentare entro l’anno successivo garantisce la non punibilità penale. Questo spiega perché nella sezione sulle annualità dicevamo che ravvedersi entro l’anno successivo è cruciale per evitare guai penali. Se però non si fa in tempo entro quell’anno, la non punibilità ex lege non scatta più (salvo la speciale causa 2023 di cui sotto).
  • Non punibilità speciale 2023 (“tregua fiscale”): Nel 2023, con l’art. 23 del D.L. 34/2023, è stata introdotta una causa di non punibilità temporanea e speciale legata alle definizioni agevolate previste dalla L. 197/2022 (Bilancio 2023). In sostanza, per incentivare l’adesione alle sanatorie fiscali (come il ravvedimento speciale 2023, la definizione agevolata degli accertamenti, la rottamazione delle cartelle, etc.), si è previsto che se il contribuente regolarizza le violazioni tributarie secondo quelle procedure e paga quanto dovuto nei termini della legge di bilancio 2023, i reati tributari connessi siano non punibili. Questa norma copriva diversi reati, principalmente gli omessi versamenti IVA/ritenute e indebite compensazioni, ma in parte, per come è scritta, ricomprende anche gli omessi dichiarativi (cita “la totalità” delle procedure conciliative e di adesione). In pratica, se un contribuente aveva omesso una dichiarazione per l’anno 2020 e utilizza il ravvedimento speciale (commi 174-178 L.197/2022) entro marzo 2023 per presentarla e pagare 1/18 di sanzioni, allora il reato relativo al 2020 è non punibile grazie al DL 34/2023. Questa è stata una finestra straordinaria che si è chiusa (le adesioni andavano fatte entro determinati termini del 2023, molti scaduti a fine settembre 2023). Quindi, al giugno 2025, è rilevante solo per chi ne ha beneficiato: se tu lettore hai effettivamente definito i tuoi debiti con quelle norme, sappi che sei al riparo penalmente per quei fatti. Se invece te ne accorgi ora nel 2025 e non hai usato quelle sanatorie, quella via è preclusa (non c’è proroga al momento).
  • Attenuante del pagamento tardivo: Se il contribuente non rientra nelle ipotesi di non punibilità sopra (perché non ha fatto in tempo entro l’anno successivo o entro le sanatorie speciali), rimane comunque una via per attenuare la pena: l’art. 13-bis del D.Lgs. 74/2000 prevede una circostanza attenuante specifica se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (cioè prima che il processo penale entri nel vivo), il debito tributario viene estinto (pagato) anche tardivamente. Questa attenuante comporta uno sconto di pena fino a 1/3. Inoltre, come visto, se il pagamento è in corso con rateizzazione, il giudice può sospendere il processo per dare tempo di finire di pagare. Quindi, se un contribuente paga tutto magari 2 anni dopo ma comunque prima della sentenza, non evita la condanna ma potrebbe ottenere una pena più bassa (spesso prossima al minimo di 2 anni, magari convertibile in sanzioni sostitutive).
  • Esclusione del reato per particolare tenuità: Non è proprio una causa di non punibilità codificata in art.13, ma ricordiamo che l’art. 131-bis c.p. esclude la punibilità per particolare tenuità se il fatto ha pena massima <=5 anni (come l’omessa dichiarazione) e l’offesa è modesta. La riforma 2023 ha però escluso che nel calcolo della tenuità si possa prescindere da certi indici: per i reati di omesso versamento IVA/ritenute, ad esempio, è richiesto di guardare allo scostamento dalla soglia, all’eventuale pagamento parziale, allo stato di crisi, etc.. Per l’omessa dichiarazione, essendo pena min 2 anni, la tenuità può applicarsi solo se il giudice considera minima l’offesa (ad esempio, uno sforamento di poco della soglia in presenza di condotta post-fatto molto positiva). Non è impossibile, ma nemmeno scontato, specie se l’evasione era consistente.

Riassumendo, per evitare il carcere un contribuente inadempiente ha come asso nella manica principalmente il ravvedimento operoso tempestivo con pagamento integrale (non punibilità ex lege). Se si perde quel treno, resta il pagamento tardivo per ottenere sconti di pena (e sperare magari nel patteggiamento a pena sospesa). Di qui l’importanza di muoversi rapidamente quando si realizzano di aver superato la soglia.

Procedura penale e interazioni con quella tributaria

Un aspetto pratico: come parte un procedimento penale per omessa dichiarazione? Spesso da una segnalazione dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza quando accertano l’evasione. La notitia criminis può emergere durante un controllo fiscale. Ad esempio, l’ufficio accerta nel 2025 che Tizio non ha dichiarato 2019 e 2020 evadendo 60k e 80k € rispettivamente: oltre a emanare gli avvisi di accertamento, deve segnalare la cosa alla Procura (c’è obbligo di comunicazione per i reati tributari). La Procura aprirà un fascicolo e potrebbe delegare la Guardia di Finanza per indagini.

A volte, se l’evasore è totale e sconosciuto, la Guardia di Finanza può scoprirlo autonomamente (indagini finanziarie, ecc.) e segnalare il reato prima ancora che l’Agenzia emetta accertamenti. In tal caso, si può avere un procedimento penale avviato parallelamente o addirittura in anticipo rispetto all’accertamento tributario.

Questa distinzione è importante per chi sta cercando di regolarizzarsi: se avete già notizia di indagini (per esempio, vi è arrivato un invito a comparire dalla GdF, o una perquisizione, o sapete di un procedimento aperto), il ravvedimento operoso non vi salva più dal penale (perché la legge richiede che avvenga prima dell’inizio dell’attività di accertamento o indagine noto all’autore). Tuttavia, è comunque utile pagare, come detto, per attenuare.

Se invece ancora non c’è ombra di controlli, il campo d’azione è libero per ravvedersi ed evitare il peggio.

Da notare che con l’ultima riforma del processo penale, il reato di omessa dichiarazione rientra tra quelli per cui è possibile la citazione diretta a giudizio (saltando l’udienza preliminare). Ciò velocizza i tempi: la Procura, chiuse le indagini, manda direttamente a processo. Anche per questo conviene che la situazione fiscale sia sistemata il più possibile prima di arrivare davanti a un giudice.

Concludendo sulla parte penale: non tutti i casi di omessa dichiarazione sfociano in un processo penale, ma è fondamentale essere consapevoli della soglia di punibilità e agire di conseguenza. Un contribuente che scopre di aver evaso somme oltre soglia farebbe bene a:

  • verificare se è ancora in tempo per il ravvedimento con non punibilità (entro l’anno successivo),
  • se non più, pagare al più presto quello che riesce, possibilmente tutto, ed eventualmente autodenunciarsi in sede di interrogatorio mostrando le ricevute di pagamento, per convincere la Procura dell’intervenuto ravvedimento (anche se fuori tempo per l’esimente, comunque valore in ottica di pena),
  • evitare ulteriori inadempimenti (un recidivo difficilmente otterrà clemenza).

Differenze in base alle categorie di contribuenti

Le conseguenze e le modalità di regolarizzazione dell’omessa dichiarazione possono variare a seconda della categoria di contribuente interessata. Pur essendo le norme di riferimento comuni, l’impatto pratico e alcuni obblighi collaterali differiscono se parliamo di un imprenditore individuale, di una società di capitali, di un professionista o di un lavoratore dipendente/privato cittadino. Analizziamo dunque le specificità di ciascun caso.

Imprenditori individuali e professionisti

Profilo: Un imprenditore individuale (artigiano, commerciante, ecc.) o un libero professionista con partita IVA sono persone fisiche che esercitano attività economiche. Ai fini fiscali presentano la dichiarazione dei redditi (Modello Redditi PF) includendo i redditi d’impresa o di lavoro autonomo, e solitamente anche la dichiarazione IVA annuale (a meno che non siano in regime forfetario esente IVA). Spesso sono anche tenuti all’IRAP (se superano certe soglie di autonoma organizzazione) e ad altri adempimenti (esterometro, LIPE trimestrali IVA, modelli 770 se hanno dipendenti o collaboratori soggetti a ritenuta).

Omessa dichiarazione per imprenditori/professionisti:

  • Comporta in sostanza la mancata dichiarazione dei redditi dell’attività. Questo implica che verosimilmente non siano state versate né le imposte su quei redditi (IRPEF e relative addizionali regionali/comunali), né i contributi previdenziali eventualmente dovuti sul reddito (per gli artigiani/commercianti c’è un obbligo contributivo minimale e percentuale sul reddito dichiarato: se non dichiara, l’INPS poi ricostruisce i contributi dovuti in base all’accertamento fiscale). In aggiunta, quasi sempre l’omessa dichiarazione reddituale si accompagna all’omessa dichiarazione IVA, dato che chi non dichiara i ricavi probabilmente non ha liquidato né versato l’IVA su di essi. Dunque, l’imprenditore/professionista inadempiente potrebbe collezionare più violazioni parallele: omessa dichiarazione redditi, omessa dichiarazione IVA, omesso versamento IVA, ecc.
  • Le sanzioni amministrative saranno raddoppiabili perché questi soggetti sono obbligati a tenuta di contabilità. Quindi, al minimo, 120% delle imposte non dichiarate (IRPEF, addizionali) e 120% dell’IVA non dichiarata, ciascuna col suo minimo di €250, raddoppiabili a 240%. Inoltre, se l’attività aveva dipendenti/collaboratori e non ha presentato il 770, c’è un’altra sanzione (variabile da €258 a €2.065 per omessa dichiarazione dei sostituti d’imposta, art.2 D.Lgs.471/97).
  • Dal lato penale, l’imprenditore individuale/professionista rischia:
    • reato di omessa dichiarazione sui redditi (art.5) se IRPEF evasa >50k;
    • reato di omessa dichiarazione IVA (sempre art.5) se IVA evasa >50k;
    • reato di omesso versamento ritenute (art.10-bis) se ha omesso di versare ritenute >€150.000 (soglia di quel reato, ma richiede che avesse presentato il 770; se non l’ha presentato, può ricadere invece nell’art.5 comma 1-bis come detto sopra >50k, situazione un po’ border line, su cui le procure procedono per uno solo dei due).
    • reato di omesso versamento IVA (art.10-ter) se IVA non versata >€250.000 per anno (questo è un reato diverso, però se non ha proprio dichiarato, di solito contestano l’art.5 per quell’anno, non l’art.10-ter, a meno che avesse dichiarato l’IVA ma non l’avesse versata – scenario incoerente con l’omissione totale). In pratica, per un evasore totale, i reati principali sono quelli dichiarativi.
  • Regolarizzazione: per imprenditori e professionisti la regolarizzazione passa quasi sempre per:
    • presentare sia la dichiarazione dei redditi omessa che la dichiarazione IVA omessa per i periodi non prescritti (il portale telematico consente l’invio di dichiarazioni IVA tardive, anch’esse entro termini di accertamento analoghi),
    • versare le imposte dovute (IRPEF, addizionali) e l’IVA dovuta. Attenzione: per l’IVA, se l’anno non è ancora scaduto l’anno successivo, bisogna presentare la dichiarazione IVA entro quel termine per sfruttare la non punibilità penale, come per i redditi.
    • pagare anche i contributi previdenziali: l’INPS tipicamente viene informata dall’Agenzia delle Entrate sugli accertamenti. Se ci si ravvede, è bene contestualmente regolarizzare eventuali contributi (p.es. per artigiani, commercianti o gestione separata). Ci sono istituti di dilazione in INPS da coordinare. Anche perché l’omissione contributiva può portare sanzioni civili elevate (interessi e sanzioni INPS) e, in casi estremi, reato di omesso versamento di contributi (se > €10.000 annui per dipendenti, art.2 co.1-bis D.L.463/83). Per il titolare, non c’è reato, ma l’INPS può agire aggressivamente sul recupero.
    • se l’attività è in difficoltà a pagare tutto, considerare il ricorso a strumenti come la rateazione dei debiti tributari o la definizione agevolata delle cartelle (se ormai ci sono cartelle). E se i debiti sono troppo alti, valutare procedure concorsuali (un imprenditore individuale può accedere alla composizione negoziata o alla liquidazione controllata).
  • Particolarità: i professionisti e ditte individuali, essendo persone fisiche, possono in caso di debiti enormi cercare sollievo nella “esdebitazione” post-fallimentare o liquidatoria (che libera dalle obbligazioni residue dopo liquidazione del patrimonio). Questo esula un po’ dalla guida fiscale, ma è utile saperlo: ad esempio, un piccolo imprenditore che dopo aver dichiarato tutto ha un debito fiscale insormontabile può far aprire una procedura di liquidazione del patrimonio ex Codice della crisi e, dopo aver ceduto ai creditori tutti i beni, chiedere al giudice l’esdebitazione del residuo, che può cancellare anche i debiti tributari (tranne quelli per dolo, ma i tributi evasi non rientrano tra i debiti non esdebitabili, solo multe penali o risarcimenti lo sarebbero – le sanzioni tributarie in teoria sì, ma c’è dibattito). Insomma, esistono vie legali ultime spiagge.

In sintesi, per imprenditori e professionisti:

  • Pro: hanno accesso a tutti gli istituti di regolarizzazione (ravvedimento, adesione, transazione fiscale, ecc.) e anche a procedure concorsuali in caso di bisogno.
  • Contro: le loro omissioni coinvolgono più tributi (IRPEF, IVA, INPS, ecc.), quindi vanno sanate a 360°; le sanzioni sono più pesanti (raddoppio); e hanno più possibili reati (dichiarazione, IVA, ritenute).

Società di capitali (S.r.l. e simili)

Profilo: Le società di capitali (come la S.r.l., la S.p.A., la S.a.p.a.) sono entità giuridiche distinte dai soci. Presentano la dichiarazione dei redditi (Modello Redditi SC) per l’IRES, la dichiarazione IRAP, e se svolgono attività economica anche la dichiarazione IVA. Hanno obblighi contabili stringenti (bilancio da depositare, scritture contabili da tenere). Il soggetto obbligato materialmente a presentare le dichiarazioni è il rappresentante legale (amministratore unico o consiglio di amministrazione con deleghe).

Omessa dichiarazione per le società (es. S.r.l.):

  • Sanzioni amministrative: la sanzione colpisce formalmente la società (il contribuente è la società stessa). Sarà quindi la società a dover pagare le sanzioni tributarie per omessa dichiarazione, calcolate sul debito IRES/IVA. Anche qui: 120% imposte con minimo €250, raddoppiabile a 240%. Se la società non aveva utili (perdita fiscale), sanzione €250-€1.000. Attenzione: se la società è poi messa in liquidazione o fallisce, queste sanzioni concorreranno come crediti chirografari del Fisco, solitamente non soddisfatti se manca attivo.
  • Responsabilità personali: amministratori e liquidatori potrebbero avere responsabilità verso la società (azione di responsabilità per aver causato sanzioni) o in ambito fallimentare (per esempio, l’omessa tenuta delle scritture può costituire reato fallimentare di bancarotta semplice/documentale se la società fallisce). Inoltre, se l’amministratore ha incassato somme che avrebbe dovuto versare come IVA o ritenute e non l’ha fatto, può emergere un profilo di appropriazione indebita di quelle somme verso l’Erario – in dottrina e giurisprudenza c’è dibattito se le ritenute non versate possano implicare appropriazione indebita; per l’IVA non più, quella è considerata tributo proprio dell’azienda.
  • Profili penali: la società come ente non è punibile per il reato di omessa dichiarazione, poiché tale reato non rientra (al 2025) nel catalogo del D.Lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. (Attualmente, i reati tributari rilevanti ai fini 231 sono alcuni reati di frode fiscale, non l’omessa dichiarazione semplice). Quindi non c’è una sanzione 231 sulla società per questo. Penalmente risponde l’amministratore in carica nei periodi interessati. Come detto, se S.r.l. “Alfa” non dichiara per 3 anni, il suo amministratore Tizio risponde di eventuali reati art.5 D.Lgs.74/2000. Se Tizio è cambiato con Caio negli ultimi anni, ciascuno risponde per il periodo di competenza. È importante: un nuovo amministratore potrebbe ereditare la responsabilità di presentare dichiarazioni arretrate (lui dovrebbe farlo se i precedenti non l’han fatto), ma non verrà punito penalmente per l’omissione avvenuta quando non era in carica.
  • Regolarizzazione:
    • La dichiarazione dei redditi omessa va presentata dalla società (tramite l’organo amministrativo attuale). Se ci sono più anni, conviene presentarle tutte insieme.
    • Anche la dichiarazione IVA va presentata. Attenzione che per le società spesso l’IVA evasa è cospicua e può generare reato art.5 (omessa dich. IVA >50k).
    • Il pagamento delle imposte: se la società è ancora attiva e solvibile, dovrà versare IRES, IRAP, IVA dovute per gli anni omessi, con interessi e sanzioni ridotte. Se la società non ha liquidità, le opzioni sono: i soci possono ricapitalizzare per pagarle; oppure la società chiederà una rateazione; oppure, se il debito è enorme, valutare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione con transazione fiscale (che, come detto, consente di proporre il pagamento parziale del debito tributario). Ad esempio, la società può proporre: “Pago il 40% delle imposte e stralcio tutte le sanzioni, in 5 anni”, se ciò è più di quanto l’Erario otterrebbe in caso di fallimento. Se l’Agenzia Entrate (e Agenzia Riscossione) accettano, l’accordo vincola tutti e la società evita il fallimento.
    • In alcuni casi, l’omessa dichiarazione è indice di crisi: la società potrebbe aver accumulato perdite e debiti. Potrebbe essere opportuno procedere a liquidazione volontaria e poi alla chiusura. In fase di liquidazione, presentare le dichiarazioni arretrate e cercare un saldo e stralcio col fisco durante il concordato liquidatorio può chiudere la vicenda.
    • Se la società viene dichiarata fallita prima di regolarizzare, gli accertamenti li farà la curatela in collaborazione col Fisco. L’amministratore rischia, oltre ai reati tributari, di rispondere di bancarotta fraudolenta fiscale (aver sottratto attivo costituito da imposte) o documentale. Quindi, se c’è rischio di default, è preferibile cercare soluzioni concordate ex art.160 L.F. (vecchia legge fall.) o cod. crisi, piuttosto che far fallire “sporchi”.
  • Concordato preventivo biennale (CPB): va menzionato che alcune S.r.l. piccole (soggette agli ISA) per il biennio 2023-24 avrebbero potuto aderire a questo nuovo regime di concordato preventivo biennale, in cui l’azienda si impegna a dichiarare un certo reddito minimo e pagare imposte sostitutive. Ma: il CPB era inaccessibile a chi non aveva presentato la dichiarazione 2023 (redditi 2022). Quindi una società che ha omesso non ha potuto aderire. Dunque, per loro il CPB non è uno strumento di sanatoria, semmai sarà un’opportunità futura se tornano in bonis (dal 2025 in poi, se saranno regolari, potranno aderire ai futuri eventuali concordati preventivi biennali).

In sintesi, per le società:

  • L’aspetto penale ricade sulle persone (amministratori).
  • La società deve farsi carico del debito tributario; se non può, attivare negoziazioni (transazione fiscale).
  • Un consiglio pratico: se state rilevando una società dove sospettate anni di dichiarazioni omesse, fate molta due diligence: chiedete i certificati dei carichi pendenti fiscali, controllate bilanci. Subentrare come amministratore potrebbe esporvi a responsabilità se non segnalate tempestivamente la situazione (c’è l’obbligo per amministratori di società di allertare gli organi della crisi d’impresa in caso di insolvenza, ed eventualmente presentare concordato).
  • I soci in sé non rispondono dei debiti fiscali (limitazione responsabilità), salvo casi di abuso di personalità giuridica o distribuzioni illegittime di utili non dichiarati (che potrebbero portare l’Agenzia a pretendere da loro come percettori di somme occultate).

Lavoratori dipendenti e privati senza Partita IVA

Profilo: Qui consideriamo le persone fisiche “privati” che non esercitano impresa o professione. Tipicamente lavoratori dipendenti, pensionati, o disoccupati che però potrebbero avere altri redditi (es: redditi da fabbricati, seconde case, redditi di investimento, ecc.). Per loro l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi non è universale: anzi, molti dipendenti non hanno obbligo di dichiarazione se hanno avuto un unico datore di lavoro che ha già effettuato il conguaglio fiscale a fine anno tramite il modello CU. In pratica, se un lavoratore dipendente ha solo quel reddito e nessun altro, e non vuole detrazioni aggiuntive, può anche non presentare il 730/Redditi e non subisce sanzioni perché non era obbligato (il suo datore funge da sostituto d’imposta definitivo).

Tuttavia, casi comuni di omessa dichiarazione tra i privati:

  • Il dipendente con due o più CUD nello stesso anno (es. ha cambiato lavoro, o ha un secondo lavoretto occasionale): in tal caso c’è obbligo di dichiarare perché occorre ricalcolare l’imposta cumulando i redditi. Se non lo fa, potrebbe aver pagato meno tasse del dovuto (il secondo datore non conosce il primo reddito, quindi non trattiene lo scaglione corretto).
  • Il privato che percepisce redditi di locazione immobiliare (affitti) non assoggettati a cedolare secca, oppure con cedolare ma che deve comunque dichiarare per altri redditi; o redditi di fabbricati all’estero; o ancora plusvalenze da vendite di immobili/partecipazioni, ecc. Se non presenta la dichiarazione, quelle imposte restano inevase.
  • Il privato che ha incassato redditi esteri (lavoro all’estero, pensione estera) e non li ha dichiarati in Italia quando doveva.
  • I pensionati con doppia pensione (INPS + estera ad esempio) o con altri redditi.
  • Persone che, pur avendo solo il lavoro dipendente, presentavano il 730 per ottenere rimborsi (spese mediche, ecc.) e un anno omettono di farlo: in questo caso non vi è imposta evasa, anzi lo Stato semmai trattiene un credito. Tecnicamente c’è obbligo di dichiarare solo se l’imposta lorda supera detrazioni e acconti. Quindi se l’omissione non era obbligatoria, non c’è sanzione. Ma se era comunque obbligato (es. un dipendente che affitta una stanza, anche se l’affitto è piccolo, doveva dichiararlo).
  • In sintesi, per i privati l’omissione spesso avviene per dimenticanza o ignoranza (non sanno di dover fare il 730 in certi casi) più che per volontà di evasione, almeno per la parte di redditi da lavoro/pensione.

Conseguenze amministrative:

  • Se un dipendente aveva due CU e non ha dichiarato, generalmente dall’incrocio delle banche dati il Fisco se ne accorge e invia un avviso bonario da controllo automatizzato (ex art.36-bis DPR 600/73). Tali avvisi calcolano l’imposta mancante e applicano una sanzione del 30% (omesso versamento) ridotta a 10% se si paga subito (questo in base alla definizione agevolata degli avvisi bonari, spesso prevista). Quindi, paradossalmente, un dipendente con doppio reddito non viene sanzionato per “omessa dichiarazione” in senso formale, perché l’omissione viene gestita come errore da controllo automatico. Solo se ignora l’avviso bonario si arriverà a iscrizione a ruolo e a quel punto la sanzione diventa il 30% pieno più interessi.
  • Se invece ha redditi di locazione non dichiarati, l’Agenzia potrebbe fare un accertamento parziale notificando la maggiore imposta IRPEF dovuta su quei redditi e lì applicare la sanzione 120% per infedele/omessa dichiarazione. C’è però una particolarità: l’art. 1 comma 2 D.Lgs.471/97 distingue infedele dichiarazione e omessa. Se non ha presentato affatto la dichiarazione, è omessa (120%); se l’ha presentata ma ha omesso quel reddito, è infedele (sanzione 90%-180% dell’imposta evasa). In molte situazioni il privato rientra nell’omessa totale, quindi 120% fisso come visto.
  • Se non doveva nulla (caso di crediti), sanzione 250 fissa (ma di solito non gli contestano nulla perché se non doveva nulla e non c’era obbligo di dichiarare, nessuna violazione; se c’era obbligo formale ma comunque imposta zero, violazione formale con 250 €).
  • Quindi per i privati che avevano imposta da pagare, le sanzioni possono essere applicate, ma spesso l’Agenzia adotta un approccio morbido tramite avvisi bonari se i dati sono noti (CU, etc.).

Conseguenze penali:

  • È rarissimo che un lavoratore dipendente o pensionato integri il reato di omessa dichiarazione. Perché ciò accada dovrebbe aver evaso oltre 50k di IRPEF in un anno. Considerando che sul lavoro dipendente l’imposta è trattenuta alla fonte, la situazione si può verificare solo se aveva altri redditi ingenti non tassati:
    • per esempio, affitti per decine di migliaia di euro non dichiarati (ma se percepiva affitti così elevati, difficilmente un privato rimane “sconosciuto” per 10 anni),
    • oppure vincite all’estero non dichiarate (ma di solito le vincite tasse alla fonte o esenti),
    • o capital gain su investimenti esteri non dichiarati: ci sono stati casi di persone con investimenti in criptovalute o altro che non li hanno dichiarati; l’omissione di tassare plusvalenze di grande importo potrebbe far superare soglia.
    • In pratica però la stragrande maggioranza dei dipendenti omissivi ha evaso poche migliaia di euro di IRPEF, quindi niente reato.
  • Dunque, il rischio penale per costoro è praticamente nullo, salvo casi anomali.

Regolarizzazione:

  • Per i privati con omissioni di modesta entità, la soluzione è spesso semplicemente presentare la dichiarazione “tardiva” entro 90 giorni o, se oltre, aderire all’avviso bonario.
  • Se uno si accorge di non aver dichiarato due CU l’anno scorso, può presentare un “ravvedimento operoso per dichiarazione tardiva entro un anno”: paga €25 di sanzione e la differenza d’imposta (che risultava dal cumulo) con interessi. Questo evita proprio l’avviso bonario. O magari se è scaduto il 90 giorni ma lo fa entro l’anno successivo, c’è la sanzione fissa ridotta (150€ anziché 250).
  • Se passano più anni, l’agenzia avrà probabilmente già emesso un atto. In quel caso può fare un ravvedimento speciale (ormai scaduto) o ora potrà fare un’integrativa a favore se era a credito, oppure un’istanza di rimborso se aveva pagato di più.
  • Comunque, è opportuno che i privati controllino ogni anno se ricadono nei casi di obbligo dichiarativo (il che può essere complicato per i non addetti, ma CAF e consulenti possono aiutare).
  • Una volta che l’errore è fatto, la miglior cosa è rispondere agli avvisi bonari: questi avvisi bonari su redditi di dipendenti e pensionati spesso prevedono sanzione ridotta al 20% se paghi entro 30 giorni. Ignorarli fa diventare il debito una cartella con 30% + interessi + aggi + possibili fermi auto ecc. Quindi conviene sistemare subito.
  • Esempio tipico: Mario, lavoratore con due datori nel 2022, non fa dichiarazione. Nel 2024 Mario riceve lettera Agenzia Entrate che gli chiede €800 di imposta + €240 sanzioni (30%) ridotte a €80 se paga entro tot (per dire). Mario paga, fine. Mario ha omesso formalmente la dichiarazione, ma nella sostanza ha solo dovuto pagare un extra con lieve sanzione.
  • Un privato che invece ha omesso redditi di locazione per 5 anni e vuole ravvedersi ora: può presentare dichiarazioni per gli ultimi 4 ancora aperti, pagare le imposte con sanzione 75% (visto che lo fa spontaneamente ora) su ciascun anno. Può anche cercare se nel frattempo è uscito un condono sugli affitti (in passato ci furono definizioni per affitti in nero con cedolare tardiva). Al 2025 non ce ne sono di nuove, però ricordo c’era la possibilità di ravvedere contratti non registrati con sanzione fissa se li registravi tardivamente (“cedolare secca tardiva”). Ma quello è un altro ambito (registro).
  • In generale i privati possono usare il ravvedimento operoso come tutti, e solitamente gli importi sono gestibili.

Patrimoniale e monitoraggio: una nota particolare è per chi ha attività finanziarie estere (conti, investimenti) non dichiarate nel Quadro RW. L’omessa dichiarazione RW è sanzionata amministrativamente (sanzione dall’3% al 15% degli importi non dichiarati, elevata 6%-30% se in paesi black list). Non è reato di per sé, ma spesso chi non dichiara RW non dichiara neanche eventuali redditi esteri (interessi, dividendi, capital gains). C’è stato il passato scudo fiscale e la Voluntary Disclosure 2015 per regolarizzare. Oggi, se un privato scopre di avere violato RW, può ravvedersi pagando queste sanzioni ridotte. È un tema di nicchia, ma che riguarda privati con patrimoni all’estero. Per la nostra guida basti accennare che è un ulteriore aspetto: l’omessa dichiarazione dei redditi esteri e del quadro RW va sanata per evitare guai (anche perché il CRS – scambio di informazioni finanziarie tra stati – rende più facile essere scoperti su conti esteri).


Modalità di regolarizzazione e sanatorie (aggiornate al 2025)

Dopo aver esaminato il “cosa succede” in caso di omessa dichiarazione, passiamo al “cosa fare” per rimediare. In questa sezione analizzeremo gli strumenti a disposizione del contribuente per regolarizzare la propria posizione fiscale. Tali strumenti includono procedure ordinarie, come il ravvedimento operoso e l’accertamento con adesione, nonché misure straordinarie o agevolate introdotte da varie normative, come le definizioni agevolate (es. “rottamazione” delle cartelle, saldo e stralcio), la transazione fiscale nelle procedure concorsuali, la rateizzazione dei debiti tributari e, da ultimo, il concordato preventivo biennale per gli anni 2023-2024.

Vedremo per ciascuno:

  • Quando e come può essere utilizzato,
  • I benefici che offre (riduzioni di sanzioni, interessi, ecc.),
  • Le condizioni o limiti di applicabilità,
  • L’iter pratico da seguire.

L’obiettivo è orientare il contribuente verso la soluzione (o più soluzioni combinate) più adatta al proprio caso, tenendo presente la situazione attuale (giugno 2025) e le opportunità ancora attive a questa data.

Ravvedimento operoso

Il ravvedimento operoso è la modalità principale e più immediata con cui un contribuente può correggere spontaneamente una propria violazione fiscale, beneficiando di sanzioni ridotte. È disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 (e successive modifiche) e si applica a una vasta gamma di violazioni, inclusa l’omessa dichiarazione.

Come funziona in generale: il contribuente che si ravvede deve:

  1. Rimuovere la violazione: nel nostro caso, presentare la dichiarazione omessa (anche se formalmente tardiva/omessa).
  2. Versare il tributo dovuto (se da quella dichiarazione emergono imposte da pagare, es. saldo IRPEF, IVA, ecc.).
  3. Versare gli interessi moratori sul tributo, calcolati al tasso legale dal giorno in cui il pagamento doveva essere fatto (generalmente il termine di versamento del saldo/acconto) fino al giorno in cui effettivamente paga.
  4. Versare la sanzione in misura ridotta prevista per il ravvedimento, commisurata alla violazione.

La sanzione ridotta varia a seconda di quanto tempo è passato dalla violazione:

  • Ravvedimento entro 14 giorni dalla scadenza: sanzione ridotta a 1/10 di quella minima per l’omissione di dichiarazione o a 1/15 per omesso versamento per ogni giorno (questo di solito vale per versamenti, non per dichiarazioni; per dichiarazione tardiva c’è regime proprio).
  • Ravvedimento entro 90 giorni: sanzione ridotta a 1/9 del minimo.
  • Ravvedimento entro 1 anno (cioè entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva): sanzione ridotta a 1/8 del minimo.
  • Ravvedimento entro 2 anni: 1/7.
  • Ravvedimento oltre 2 anni: 1/6.
  • Ravvedimento dopo constatazione (cioè dopo PVC ma prima di notifica atto): 1/5.

Queste frazioni si applicano di solito alle sanzioni da omesso versamento o infedele dichiarazione. Per l’omessa dichiarazione nello specifico, ci sono alcune particolarità: come abbiamo visto, l’art. 1 comma 1-bis D.Lgs. 471/97 (introdotto nel 2023/24) prevede già esso una riduzione (75% vs 120%) se presentiamo prima di controlli. Tale riduzione non è ulteriore a quella da ravvedimento ma sostanzialmente la include. Infatti:

  • Se presentiamo dopo 90 giorni ma entro l’anno e paghiamo tutto, la sanzione sarebbe 120% ridotta a metà (nel regime pre-2024), o secondo il nuovo regime, 75% come visto. Il ravvedimento operoso “classico” direbbe 1/8 del 120% = 15%. Ma in realtà ciò non è applicabile testualmente perché la norma speciale fissa 75%. L’interpello AdE 450/2023 però, come citato, indicava che se le imposte sono state versate entro 90 giorni, la sanzione è fissa minima (quindi ravvedimento pieno), se oltre 90 giorni sanzione proporzionale che assorbe l’omesso versamento.

In pratica, per l’omessa dichiarazione, il ravvedimento operoso consiste nel presentare la dichiarazione tardiva e nel pagare l’imposta con sanzioni ridotte, ma la riduzione non segue esattamente le frazioni generali: segue la regola del comma 1-bis:

  • Se entro 90 giorni: non è neppure omessa, quindi paghi €25 di sanzione (1/10 di €250) e imposte + interessi (ravvedimento “breve”).
  • Se oltre 90 giorni ma spontaneo: paghi sanzione 75% (che in teoria potrebbe essere ridotta a 75%×(uno sconto) se ravvedi entro un certo termine? Ma la norma non prevede ulteriore riduzione frazionale sul 75%. Alcuni sostengono si applichi comunque la riduzione di 1/6 se ravvedi oltre 2 anni; su questo i documenti ufficiali non sono chiarissimi. In mancanza di indicazioni, conviene considerare 75% come sanzione già ridotta per ravvedimento).
  • Ad ogni modo, la prassi attuale dell’Agenzia è: se arrivi tu spontaneamente prima di loro, ti calcolano la sanzione minima possibile (spesso il 120% ridotto a metà o ora 75%).

Esempio di ravvedimento operoso per dichiarazione omessa:
Supponiamo un professionista non ha presentato la dichiarazione 2021 (scaduta 30/11/2022) dove doveva €10.000 di IRPEF. Nel giugno 2025 decide di ravvedersi. Procederà così:

  1. Prepara e invia telematicamente il Modello Redditi PF 2022 (anno imposta 2021) anche se molto in ritardo. Il sistema lo accetterà come dichiarazione omessa presentata tardivamente.
  2. Calcola le imposte dovute: €10.000 di saldo (più eventuali addizionali).
  3. Calcola gli interessi legali dal 30/06/2022 (ipotizzando scadenza saldo IRPEF) al 30/06/2025 su €10.000. Tassi: 1.25% per 2022 fino 31/12, 5% 2023, 5% 2024, 5% metà 2025 (approssimando). Interessi ~ €10.000×(1.25%×0.5 + 5%×1 + 5%×1 + 5%×0.5) ~ €10.000×(0.00625+0.05+0.05+0.025) = €10.000×0.13125 = €1.312,5 circa.
  4. Calcola la sanzione. Essendo presentata spontaneamente prima di un accertamento, applicherà l’art.1-bis: 75% di €10.000 = €7.500. Se ritenesse applicabile la riduzione ravvedimento 1/6 (oltre 2 anni), potrebbe ridurla a circa 12.5% (ma non crediamo, perché 1/6 di 120% = 20% e triplo di 25%).
    Probabilmente, in base alla riforma, si accontenteranno del 75%.
  5. Compila l’F24 con codice tributo sanzione (8911 per imposte dirette, 1998 per IVA ravvedimento sanzioni, etc.), con importo 7.500, e con interessi (cod.1989 ad es.), e versa il tutto.

Con questo, il ravvedimento è perfezionato. L’Agenzia, se non aveva ancora contestato nulla, prenderà atto dei versamenti. Nel caso in cui arrivi un controllo automatico (che nel frattempo era partito), il contribuente può esibire i pagamenti ravvedimento ed evitare sovrapposizioni.

Quando il ravvedimento operoso non è ammesso: per legge (art.13 D.Lgs.472/97) non ci si può ravvedere dopo:

  • che sia stato notificato un avviso di accertamento o di liquidazione per quella violazione,
  • che siano iniziati accessi/ispezioni/verifiche di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza riguardanti quella violazione,
  • che siano iniziate altre attività amministrative di accertamento (ad es. notifica di un questionario specifico),
  • oppure dopo l’inizio di un procedimento penale per gli stessi fatti.

In pratica, se vi hanno già contestato l’omessa dichiarazione, è tardi per ravvedersi. Se però, per dire, vi hanno fatto una verifica sul 2020 ma non sul 2021, potete ancora ravvedere 2021.

Vantaggi:

  • Sanzioni ridotte come spiegato,
  • Niente sanzioni accessorie,
  • Si evita l’iscrizione a ruolo e quindi l’arrivo di cartelle con aggi e spese.
  • Si evita il contenzioso: col ravvedimento sistemi tutto bonariamente.

Limiti:

  • Bisogna avere le somme necessarie per pagare il dovuto in un’unica soluzione (il ravvedimento non prevede formalmente rateazione: se si vuole rateizzare, occorre eventualmente ravvedersi su una parte e poi sull’altra, ma non c’è un meccanismo ufficiale; alcuni provano a fare ravvedimento in due tempi se non riescono subito, ma si rischia il controllo intermedio).
  • Il ravvedimento è unilaterale: non c’è un confronto con l’Agenzia sulle imposte; se avete dubbi su quante imposte dovete, ravvedersi è come autoliquidare. Se la quantificazione è sbagliata, potreste comunque subire accertamenti integrativi. In quei casi, a volte è utile usare invece l’accertamento con adesione per trovare un accordo sulle cifre.

In ogni caso, il ravvedimento è lo strumento preferenziale quando:

  • il contribuente si è accorto per tempo e ha liquidità sufficiente,
  • la violazione non è stata ancora scoperta,
  • e soprattutto quando vuole usufruire dell’esimente penale (che richiede appunto ravvedimento entro certi termini).

Una volta effettuato il ravvedimento, conservate con cura la documentazione: ricevute di presentazione delle dichiarazioni tardive, ricevute F24 dei pagamenti imposta/sanzioni/interessi, eventuali comunicazioni all’ente. Così da poter dimostrare, se necessario, di esservi ravveduti in caso di contestazioni erronee successive.

Accertamento con adesione

L’accertamento con adesione (disciplinato dal D.Lgs. 218/1997) è uno strumento “deflattivo del contenzioso” che consente al contribuente e all’Amministrazione finanziaria di concordare l’esito di un accertamento, con reciproci benefici:

  • l’Ufficio risparmia tempo e incertezze di un eventuale ricorso,
  • il contribuente ottiene una riduzione delle sanzioni e la definizione bonaria della pretesa.

Nel contesto di omessa dichiarazione, l’adesione entra in gioco dopo che l’Amministrazione ha avviato l’accertamento. In pratica:

  • Se il contribuente non ha sanato spontaneamente e viene emesso un avviso di accertamento per i redditi omessi, egli può presentare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni dalla notifica dell’atto. Oppure, se prima gli è stato notificato un Processo Verbale di Constatazione (PVC) dalla Guardia di Finanza, può presentare istanza di adesione prima che esca l’atto (entro 30 giorni dal PVC).
  • Si apre così un contraddittorio con l’Ufficio: il contribuente espone le proprie ragioni, può portare documenti, cercare di far rettificare eventuali stime troppo alte fatte dall’ufficio per i redditi non dichiarati.
  • Se si raggiunge un accordo, viene redatto un atto di adesione con le somme concordate. Al perfezionamento (firma e pagamento della prima rata), l’accertamento si intende definito.
  • La principale utilità è che le sanzioni amministrative vengono ridotte ad 1/3 del minimo previsto (art. 2, c.5 D.Lgs.218/97). Nel nostro caso di omessa dichiarazione, la sanzione base è 120%; 1/3 di 120% = 40% dell’imposta (con minimi applicabili). Quindi grazie all’adesione il contribuente può pagare il 40% invece del 120%. (Da notare: se l’adesione riguarda più annualità, di solito la riduzione si applica a ciascun anno).
  • Inoltre l’adesione consente la rateazione del dovuto: fino a 8 rate trimestrali (12 se importo >€50.000). La prima rata va pagata entro 20 giorni dalla firma.

Esempio: L’Agenzia notifica a una S.r.l. un accertamento per omessa dichiarazione 2021, contestando imposte per €100.000 e sanzioni 120% = €120.000. La società chiede adesione. Dopo discussione, convincono l’Ufficio che i ricavi erano un po’ meno, si concorda su imposta €80.000. Le sanzioni dunque scendono a 40% di 80.000 = €32.000. Il totale 112k (80+32) può essere pagato in (ad es.) 8 rate da €14k l’una. La società firma e paga la prima rata, l’accertamento si chiude. Non ci sarà contenzioso su quell’anno.

Aspetti importanti:

  • L’adesione non cancella il reato eventualmente configurabile. Tuttavia, il fatto che colui paghi (almeno inizi a pagare rate) può facilitare la concessione di sospensione condizionale se condannato, ecc. Inoltre, la definizione in adesione evita che in giudizio tributario emergano nuovi elementi peggiorativi (si chiude la questione fattuale in sede amministrativa).
  • Se l’Ufficio e il contribuente non trovano un accordo, il contribuente può comunque proseguire impugnando l’accertamento (il termine per ricorrere è sospeso durante la procedura di adesione, per massimo 90 giorni).
  • L’adesione è volontaria: se l’Agenzia propone un accordo ma il contribuente lo ritiene sconveniente, può rifiutare.
  • Nei casi di omessa dichiarazione, spesso l’adesione è utile per chi ha parziali elementi a discarico: es. il contribuente ha documenti che giustificano che alcuni introiti non erano reddito tassabile (magari erano rimborsi, donazioni, ecc.), può portarli in adesione per farsi togliere quell’importo dall’accertamento.
  • Quando conviene: di norma se c’è margine per ridurre la pretesa o se comunque si intende pagare ma si vuole almeno lo sconto di sanzioni. Se il contribuente ritiene invece che l’accertamento sia totalmente infondato o eccessivo e l’Agenzia non sente ragioni, allora tanto vale fare ricorso in Commissione Tributaria.
  • Adesione prima dell’accertamento: esiste anche la possibilità di adesione ai PVC o agli inviti a comparire ex art.5-ter D.Lgs.218/97 (norme ampliate nel 2023). In sostanza, se la Guardia di Finanza fa un processo verbale di constatazione dopo verifica, il contribuente può attivarsi per definire quel PVC prima che diventi avviso. Ci sono agevolazioni in tal caso (sanzioni ridotte a 1/6 del minimo se definisci integrale il PVC, grazie alla legge di bilancio 2023 commi 179-185). Queste procedure speciali erano valide per PVC notificati entro 31/3/2023 e definibili entro 31/10/2023 con pagamento unico. Al 2025 non c’è più quell’offerta, ma rimane la procedura ordinaria di invito all’adesione ex art.5-bis D.Lgs.218. Se l’ufficio, prima dell’accertamento, invita il contribuente a comparire e definire, in caso di adesione c’è sanzione ridotta a 1/6. Purtroppo quell’invito è discrezionale dell’ufficio.
  • Va ricordato anche l’istituto della conciliazione giudiziale (in caso di ricorso, si può trovare un accordo in giudizio con sanzioni 1/3 se prima udienza o 1/2 dopo), e la mediazione tributaria se il valore in contestazione è sotto 50k (obbligatoria, con sanzioni ridotte al 35% se mediato). Sono strumenti paralleli, ma l’adesione è più ampia come ambito e applicabile prima del ricorso.

Conclusione: l’accertamento con adesione è la strada preferibile se:

  • non hai fatto in tempo a ravvederti e ti arriva un accertamento;
  • riconosci in gran parte il debito ma vuoi almeno ridurre sanzioni e pagare a rate;
  • hai parziali contestazioni sui calcoli e vuoi trattare con l’ufficio per una soluzione di compromesso.

È meno utile se credi di poter vincere del tutto in giudizio (ma in materia di omessa dichiarazione, di solito c’è poco da vincere sull’an, al più sul quantum).

Definizioni agevolate (“rottamazioni”, “saldo e stralcio”, ecc.)

Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure di definizione agevolata, note colloquialmente come “condoni” o “rottamazioni”, con lo scopo di facilitare la chiusura di pendenze tributarie riducendo sanzioni e interessi. Di seguito elenchiamo quelle rilevanti per chi ha omesso dichiarazioni, aggiornate a giugno 2025 (alcune concluse, altre in corso):

  • Rottamazione delle cartelle esattoriali: sono provvedimenti che consentono di estinguere debiti iscritti a ruolo (cioè cartelle dell’Agenzia Riscossione) senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. L’ultima in corso è la “Rottamazione-quater” prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022, commi 231-252) e modificata dal D.L. 51/2023. Questa misura permette di definire i carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo il capitale e gli interessi legali (per le multe stradali solo capitale e spese). Le sanzioni tributarie e gli interessi di mora vengono cancellati. Ad esempio, se per omessa dichiarazione vi era stata irrogata una sanzione di €10.000 in una cartella, con la rottamazione-quater non la pagate; dovrete pagare invece l’imposta e l’interesse da ritardata iscrizione (0,5% annuo). La rottamazione-quater si richiedeva entro il 30 giugno 2023 (poi prorogata al 30 settembre 2023) e consente la rateazione in 18 rate fino al 2027. Chiave di lettura: se avete omesso dichiarazioni e ormai quelle sono diventate cartelle (magari perché non avete impugnato accertamenti), potreste aver aderito alla rottamazione e quindi state pagando solo il netto. Se non l’avete fatto, quella finestra è chiusa. Forse ce ne saranno altre in futuro, ma non certo. Al 2025, la prossima “scadenza” è il 31 luglio 2025 (rata rottamazione).
  • Stralcio dei piccoli debiti: la L.197/2022 ha previsto l’annullamento automatico dei debiti a ruolo fino a €1.000 affidati tra 2000 e 2015. Questo “stralcio” si è attuato al 31 marzo 2023 per i carichi erariali (tasse statali) e al 31 ottobre 2023 per quelli locali (previa delibera enti). Quindi, se avevate sanzioni o imposte relative a omesse dichiarazioni in cartelle entro 1.000 €, riferite a quegli anni, potrebbero essere state cancellate d’ufficio. Controllate il vostro estratto conto Equitalia per vedere se risultano annullate.
  • Saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà: Un provvedimento specifico (Legge 145/2018, commi 184-199) consentì ai contribuenti persone fisiche con ISEE sotto €20.000 di estinguere i debiti fiscali risultanti da omesse dichiarazioni (carichi affidati 2000-2017) pagando solo una percentuale del dovuto (16%, 20% o 35% a seconda dell’ISEE). Era il cosiddetto “Saldo e stralcio” del 2019. Se qualcuno vi ha aderito, ha chiuso pagando una frazione e il resto è stato condonato (anche imposte). Questa misura fu unica e si chiuse nel 2019-2021. Attualmente non ce n’è una analoga aperta. È bene citarla perché se un contribuente ha beneficiato di essa per anni di omessa dichiarazione, quegli anni sono sistemati dal punto di vista del debito (resta solo rilevante penale se c’era reato, ma lo Stato incassando a volte rinuncia a procedere).
  • Definizione agevolata delle liti pendenti: la L.197/2022 (commi 186-205) ha offerto la possibilità di definire le controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 pagando un importo ridotto a seconda dello stato e dell’esito in corso (ad es. 90% del valore se si era solo in primo grado, 40% se il contribuente aveva vinto in primo grado, 15% se aveva vinto in secondo grado, 5% se pendente in Cassazione con due gradi vinti). Chi aveva impugnato un avviso di accertamento per omessa dichiarazione, ha potuto chiudere la lite con queste percentuali. Anche qui, scadenza delle domande 30/6/2023, pagamento entro 2023 o rate fino 2024. Non è più attivabile ora, ma chi l’ha sfruttata ha risparmiato sanzioni e quote di imposta a seconda dell’esito.
  • Ravvedimento speciale: misura una tantum (L.197/2022, commi 174-178) che consentiva di regolarizzare dichiarazioni validamente presentate relative fino al 2021, con errori od omissioni, pagando 1/18 del minimo della sanzione e l’imposta dovuta. Importante: riguardava solo violazioni dichiarative di dichiarazioni presentate. Dunque per omesse dichiarazioni integrali, formalmente non era applicabile (perché non c’era una dichiarazione “validamente presentata” da correggere). Si poteva usare se avevate presentato dichiarazione tardiva entro 90gg (valida ma incompleta) o dichiarazione infedele. Però un soggetto con omessa dichiarazione al 2021 avrebbe potuto – entro il 31/03/2023 – presentarla tardivamente come ravvedimento speciale pagando 1/18 del 120% (ossia 6.67%). C’era un dibattito se fosse possibile includere le omesse entro termini accertamento. Pare alcuni lo abbiano fatto. In ogni caso, il termine per aderire è scaduto (bisognava versare 1ª rata entro 31/3/23). Chi l’ha fatto è a posto per quegli anni (anche penalmente esonerato per DL 34/23).
  • Definizione agevolata degli avvisi bonari: per completezza, la stessa L.197/22 ha previsto (commi 153-159) che gli esiti dei controlli automatici su dichiarazioni 2019-2020-2021 potessero essere definiti pagando le imposte e interessi senza la sanzione del 10% (o con riduzione a 3% se rate già in corso). Ciò riguarda coloro che magari avevano presentato tardivamente e ricevuto comunicazioni. Non è esattamente per omessi dichiaranti (che non presentano affatto, non c’è controllo automatico), ma se qualcuno aveva presentato tardivo oltre 90gg ed era stato comunque sottoposto a 36-bis, poteva giovarne.
  • Conciliazione agevolata: commi 206-212 L.197/22, possibilità di chiudere in conciliazione giudiziale le liti con sanzioni ridotte a 1/18. Inutile se si è definito con definizione liti, ma menzioniamo per chi magari ha usato quell’istituto su cause relative ad omesse dichiarazioni. Ormai scaduto 30/6/23.

Al giugno 2025, dunque, non ci sono condoni nuovi in corso eccetto:

  • la rottamazione-quater in fase di pagamento rate,
  • (forse) qualche strascico per chi sta finendo di pagare rate di definizione liti,
  • il concordato biennale di cui diremo, ma che non è esattamente un condono su passato.

Cosa deve fare chi al 2025 ha ancora debiti da omessa dichiarazione:

  • Se sono già a cartella, attendere nuove possibili rottamazioni? Non garantito, ma il Governo a volte ne fa con cadenza pluriennale. Per ora, quella del 2023 è ancora fresca, non se ne prevedono nel 2025 a breve.
  • Se sono in contenzioso, sperare in nuove definizioni liti (il delega fiscale 2024 ipotizza conciliazioni estese, ma nulla di concreto ancora).
  • Se non è ancora a cartella (ad es. ha un avviso accertamento 2024 fresco non rottamabile), puntare su adesione (come detto) o transazione fiscale se l’importo è alto e c’è crisi.

Saldo e stralcio in senso generico: il termine “saldo e stralcio” può essere usato anche al di fuori della misura 2019 per indicare un accordo transattivo col fisco (ad esempio, a seguito di transazione fiscale, pagare parziale). Non c’è un istituto attivo chiamato così oggi, ma di fatto se un contribuente persona fisica in grave difficoltà vuole chiudere i debiti, può usare la procedura di sovraindebitamento: il piano del consumatore può proporre un saldo e stralcio al fisco. Quello però è un procedimento giudiziale, ne parliamo in transazione fiscale/sovraindebitamento.

In conclusione sulle definizioni agevolate:

  • Hanno permesso e permettono di risparmiare sulle sanzioni e interessi in molti casi (fino a azzerarli nelle rottamazioni).
  • Non cancellano il reato (tranne la finestra speciale 2023 che lo ha collegato) se non accompagnate da integrale pagamento del capitale.
  • Chi ne ha usufruito ha alleggerito molto il costo della regolarizzazione.
  • Chi non ne ha usufruito in tempo deve attendere eventuali future edizioni oppure usare gli strumenti ordinari.

Transazione fiscale e accordi di ristrutturazione

La transazione fiscale è uno strumento che si inserisce nelle procedure di gestione della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Previsto inizialmente dall’art. 182-ter L.F. e ora dall’art. 63 del Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019), consente a un’impresa in difficoltà che accede a un concordato preventivo o a un accordo di ristrutturazione dei debiti di proporre al Fisco (e agli enti previdenziali) un trattamento dei loro crediti differenziato rispetto all’integrale pagamento.

In pratica, nel contesto di un concordato preventivo (procedura concorsuale presso il tribunale):

  • L’azienda predispone un piano per pagare parzialmente i debiti e chiede l’omologazione.
  • Tra i debiti ci sono quelli tributari derivanti anche da omesse dichiarazioni (imposte, sanzioni, interessi).
  • Tramite la transazione fiscale, l’azienda può proporre di stralciare una quota di imposte e/o sanzioni. Ad esempio, pagare solo il 50% delle imposte e azzerare sanzioni e interessi. Oppure dilazionare il pagamento su più anni.
  • L’Agenzia delle Entrate (così come l’INPS per contributi) partecipa al voto dei creditori. Se approva e il concordato è omologato, il trattamento proposto diventa vincolante: ciò significa che i debiti fiscali sono definiti in quel concordato e l’azienda, eseguito il piano, sarà libera dal restante.
  • Se l’Erario dissente, oggi c’è la possibilità del “cram-down fiscale”: se l’offerta fatta al Fisco è migliore di quanto otterrebbe in fallimento, il tribunale può omologare ugualmente il concordato anche senza voto favorevole dell’AdE (normativa introdotta di recente per superare veti ingiustificati).

La transazione fiscale è quindi utile quando i debiti fiscali (ad es. per vari anni di omissioni) sono talmente alti che la società o l’imprenditore non potranno mai pagarli integralmente, ma hanno un certo attivo (beni o capacità di produrre reddito) con cui possono pagare parzialmente. Conviene a entrambi: l’impresa evita il fallimento e il Fisco incassa più di quel che forse incasserebbe liquidando forzatamente.

Ambito soggettivo: inizialmente riservato alle imprese fallibili (società, ditte sopra soglie), la transazione fiscale oggi, con la riforma del sovraindebitamento, è accessibile anche alle persone fisiche non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori) tramite la composizione negoziata o liquidazione controllata. In un piano del consumatore o accordo di ristrutturazione per sovraindebitati, i debiti fiscali possono essere falcidiati con l’assenso del Fisco o talvolta anche senza (ora pure qui ammesso il cram-down).

Procedura:

  • Occorre aprire formalmente la procedura concorsuale (deposito di domanda di concordato in Tribunale, o domanda di omologazione di accordo di ristrutturazione ex art. 48 CCII).
  • Allegare una proposta di trattamento dei crediti fiscali (transazione fiscale) e la relazione di un professionista attestatore che certifichi la veridicità dei dati e la convenienza per il Fisco.
  • Nelle trattative, l’Agenzia Entrate valuterà la fattibilità e potrebbe chiedere modifiche (es: percentuale di soddisfo un po’ più alta).
  • Se tutto va bene, il piano viene votato/omologato e poi attuato.

Effetti:

  • I debiti fiscali pregressi vengono ristrutturati secondo i termini dell’accordo. Le sanzioni quasi sempre vengono annullate integralmente (il Fisco è ormai disposto, nelle transazioni, a rinunciare al 100% delle sanzioni e interessi, pretendendo al limite una parte delle imposte).
  • I reati tributari: attenzione, la legge fallimentare e il CCII non dicono nulla sul penale tributario. Quindi, omologare un concordato e pagare parzialmente il debito non estingue automaticamente il reato. L’art. 13 D.Lgs.74/2000 richiede il pagamento integrale del debito per la non punibilità. Pagare il 50% col concordato non soddisfa quell’integralità. Ci sono state discussioni in dottrina se l’omologa concorsuale possa costituire causa di non punibilità (perché lo Stato ha accettato di ridurre il debito); ma formalmente la norma non prevede questa ipotesi. Dunque, potenzialmente un imprenditore potrebbe comunque essere condannato, anche se poi, avendo pagato il concordato, otterrebbe quanto meno attenuanti forti e magari la non menzione. Il legislatore, consapevole di ciò, nel 2019 abbassò le soglie (es. omesso versamento IVA non punibile se in concordato liquidatorio che soddisfa certi parametri, introdotto in art.13… ma per omessa dichiarazione nessuna eccezione esplicita a parte quell’art. 13 c.2 ravvedimento).
  • Comunque, in pratica, spesso quando un concordato va a buon fine e l’azienda rispetta il piano, l’aspetto penale viene tollerato: il rischio è più che altro in caso di concordato inadempiuto. Ma non c’è garanzia. Quindi, un amministratore potrebbe comunque affrontare il processo, benché il suo ex debito sia risolto. È un punto debole normativo.
  • Non di meno, la transazione fiscale resta un ottimo strumento di sostanza per risolvere l’insolvenza fiscale.

Concordato preventivo biennale (CPB): da non confondere col concordato di cui sopra, questo non è una procedura concorsuale, bensì un regime fiscale opzionale introdotto dal D.Lgs. 13/2024 (attuazione delega fiscale 2022) per le piccole imprese “affidabili”. Consiste nel concordare in anticipo col Fisco il reddito d’impresa da dichiarare per il biennio 2023-2024, basandosi sui risultati storici e sugli ISA (indici di affidabilità fiscale). In cambio, il contribuente che aderisce ottiene semplificazioni e la certezza di non subire accertamenti futuri su quel biennio se rispetta il patto. Non riguarda il passato: è più una “flat tax concordata” per il futuro. Abbiamo già detto che per aderire bisognava essere in regola con la dichiarazione 2023 dei redditi 2022, e manifestare l’opzione appunto in quella dichiarazione. Il termine di adesione era perentorio (non sanabile oltre). Quindi gli omissivi sono esclusi. Per la nostra guida, rileviamo che:

  • se avete omesso dichiarazioni, non potete beneficiare del CPB come sanatoria perché non lo è;
  • semmai, dopo aver sanato e esservi rimessi in carreggiata, in futuro, potrete sfruttare strumenti come il CPB se saranno riproposti, per avere un rapporto più agevole col Fisco.
  • Il CPB è al primo anno di attuazione (2024 per anni 23-24), con adesioni sotto le aspettative. Vedremo se verrà prorogato o ampliato.

Rateazione e piani di rientro

Spesso il problema principale nel sanare omesse dichiarazioni è finanziario: l’importo da pagare può essere elevato e il contribuente non è in grado di versarlo in un’unica soluzione. Fortunatamente, l’ordinamento offre diverse possibilità di rateizzare il debito tributario.

Rateazione in fase amministrativa:

  • Se si ricorre all’accertamento con adesione, come detto, è ammessa la rateazione fino a 8 rate trimestrali (o 16 se importo > €50.000). Prima rata entro 20 giorni, le successive ogni 3 mesi con interessi legali.
  • Se non c’è adesione e il contribuente riceve un avviso di accertamento “esecutivo” (quelli emessi dal 2012 in poi, che dopo 60 giorni diventano esecutivi), può chiedere all’Agenzia delle Entrate una rateazione delle somme dovute in avviso? In teoria no, la rateazione ante-cartella non è prevista (a parte l’adesione). Dopo 60 giorni, l’avviso viene affidato alla riscossione.

Rateazione con Agenzia Entrate-Riscossione (Ader):

  • Una volta che il debito è diventato cartella esattoriale o affidato ad Ader, si può chiedere la dilazione ai sensi dell’art. 19 D.P.R. 602/73.
  • Piano ordinario: fino a 6 anni (72 rate mensili) se l’importo supera €120 per rata. Fino a €120.000 di debito è concesso automaticamente su richiesta (basta dichiarare di avere temporanea difficoltà). Oltre €120.000 serve documentare la situazione di peggioramento della liquidità (indice di liquidità <1 o simili parametri di legge).
  • Piano straordinario: fino a 10 anni (120 rate) se sussiste una comprovata e grave situazione di difficoltà e il pagamento in 72 rate non è sostenibile. Bisogna presentare i bilanci, ISEE, etc. L’agente della riscossione valuta.
  • La rateazione esattoriale permette di bloccare misure cautelari (fermi, ipoteche) se richiesta prima che vengano attivate, e comunque evita esecuzioni finché la si rispetta. Se si saltano 8 rate anche non consecutive, si decade dal beneficio.
  • Mentre c’è una dilazione attiva, si può partecipare a rottamazioni se capitano.

Piani di rientro extra-fiscali:

  • A volte il contribuente può negoziare con l’Agenzia Entrate dei piani di pagamento nell’ambito di istituti come la mediazione tributaria (per debiti sotto 50k in contenzioso, uno può proporre di pagare in X rate in cambio di definire).
  • Oppure, senza formalità, se il debito non è ancora a ruolo, può frazionare i ravvedimenti: es. presenta la dichiarazione e paga in due tranche, la prima con ravvedimento (riduzione maggiore), la seconda con ravvedimento pochi mesi dopo (pagando sanzione leggermente meno ridotta, ma comunque ridotta rispetto all’avviso). Non c’è una norma, ma in pratica nulla vieta di fare due ravvedimenti successivi man mano che ha liquidità, purché nel frattempo non partano controlli.

Coordinamento con cause penali: un contribuente che non riesce a pagare tutto subito ma ha un piano di rientro concordato (rateazione) può comunque ottenere benefici in sede penale. Come visto, l’art. 13 c.3 D.Lgs.74/2000 ora prevede che, se prima del dibattimento il debito è in corso di estinzione a seguito di rateizzazione (anche concessa dall’agente di riscossione), il giudice può sospendere il procedimento fino a 1 anno (3 mesi + proroga 3 mesi) per consentire il pagamento. Inoltre, se il pagamento integrale avverrà, potrà poi applicare la non punibilità (per reati di omesso versamento era diretta, per reati dichiarativi è un po’ incerto ma la ratio è di agevolare chi paga anche se in ritardo). Sicuramente è un’attenuante. Quindi, pagare a rate è meglio che non pagare affatto anche lato penale.

Interessi di rateazione: su tutte le dilazioni con Ader si pagano interessi di rateazione (attualmente abbastanza alti, circa 3.5-4% annuo stabiliti periodicamente). Non confonderli con interessi di mora (che scattano su ritardi). Comunque, in un contesto di inflazione, i tassi su nuove dilazioni possono crescere.

Piani di rientro informali: a volte un contribuente può ottenere dall’Agenzia un “piano di pagamento” interno (ad esempio, se deve versare differenze emerse da controllo automatico, può chiedere 20 giorni in più e magari pagare in due soluzioni ravvicinate). Non esiste formalmente, ma c’è collaborazione spesso se ci sono piccoli importi.

In conclusione, quasi ogni debito tributario può essere rateizzato. Dunque, se l’importo è grande, la strategia consigliata:

  1. Definire l’importo esatto (tramite ravvedimento, adesione, ecc.).
  2. Appena il debito è quantificato e iscritto a ruolo, chiedere la dilazione massima compatibile con la normativa.
  3. Pagare regolarmente le rate.

Questo evita misure esecutive e consente di pianificare il cash flow. Certo, paga interessi, ma meglio che essere insolventi. Se il debito è talmente grande che nemmeno in 10 anni è sostenibile, allora torniamo ai discorsi su concordato/transazione (in pratica, oltre 120 rate non c’è, se servirebbero 15-20 anni vuol dire che serve tagliare il debito via procedura concorsuale).


Domande frequenti (FAQ)

Di seguito, presentiamo una serie di domande comuni che i contribuenti si pongono riguardo all’omessa dichiarazione dei redditi e alla sua regolarizzazione, con risposte sintetiche e chiare. Queste FAQ aiutano a riepilogare i punti principali della guida in forma di Q&A.

D1: Ho dimenticato di presentare la dichiarazione dei redditi quest’anno (unico anno). Cosa rischio e cosa devo fare?
R1: Se la presenti entro 90 giorni dal termine (quindi entro fine dicembre per i Redditi, o entro fine anno per il 730), la dichiarazione è considerata validamente presentata, solo tardiva. Pagherai una sanzione minima di €25 con ravvedimento, oltre naturalmente all’imposta dovuta e relativi interessi se c’è un debito. Se invece superi i 90 giorni, la dichiarazione è omessa: rischi una sanzione dal 120% al 240% dell’imposta dovuta (oggi fissata al 120%) con minimo €250, e se l’imposta evasa supera €50.000 potresti commettere reato (punito con reclusione 2-5 anni). Conviene comunque presentarla il prima possibile anche oltre i 90 giorni: se lo fai spontaneamente e paghi, la sanzione amministrativa si riduce (al 75% dell’imposta) e, se sei entro l’anno successivo e paghi tutto, non sarai punibile penalmente. Quindi: presenta subito la dichiarazione tardiva, versa imposte, sanzioni ridotte e interessi tramite ravvedimento operoso.

D2: Non ho presentato le dichiarazioni dei redditi per più anni (es. ultimi 3 anni). Posso ancora regolarizzare? Come?
R2: Sì, puoi (e dovresti) regolarizzare prima che il Fisco ti controlli. Puoi presentare le dichiarazioni omesse per gli anni ancora accertabili (gli ultimi 5 anni di solito) e utilizzare il ravvedimento operoso. Dovrai pagare le imposte di ciascun anno, con interessi, e le sanzioni ridotte. Per le dichiarazioni presentate spontaneamente oltre i 90 giorni, si applica la sanzione del 75% sulle imposte dovute (invece del 120% pieno). Se riesci a fare tutto entro il termine della dichiarazione successiva all’ultimo anno omesso, eviti anche conseguenze penali. Ad esempio, se hai omesso 2020, 2021, 2022 e ti ravvedi nel 2023 prima di fine novembre (termine dichiarazione 2023 per redditi 2022) pagando tutto, non avrai reati. Se sei oltre tali termini, regolarizza comunque: pagherai sanzioni ridotte amministrative e, anche se formalmente il reato sarebbe configurabile, aver pagato ridurrà molto le eventuali pene. In alternativa, se non hai liquidità per ravvederti su tutti gli anni, potrai attendere gli accertamenti e affrontarli magari con un accertamento con adesione (con sanzioni ridotte a 1/3) e con una rateizzazione del dovuto.

D3: Se non presento la dichiarazione ma avevo solo redditi da lavoro dipendente già tassati, sono sanzionabile?
R3: Dipende. Molti lavoratori dipendenti non sono tenuti a presentare la dichiarazione se hanno avuto un solo datore di lavoro per tutto l’anno e nessun altro reddito, perché il conguaglio fiscale del datore ha già regolato le imposte (si parla di esonero dall’obbligo dichiarativo in questi casi). In tal caso, l’omessa dichiarazione non è una violazione, non c’è sanzione (né rimane alcuna imposta da pagare). Se invece il dipendente aveva situazioni che richiedevano la dichiarazione – per esempio due Certificazioni Uniche da due datori diversi, o redditi aggiuntivi (affitti, partita IVA secondaria, ecc.) – allora l’obbligo c’era e l’omissione è sanzionabile. La sanzione, se dall’insieme dei redditi risultava comunque che non dovevi pagare imposte aggiuntive (magari perché il secondo datore ha applicato un’aliquota elevata che copre il dovuto), sarà fissa tra €250 e €1.000. Più spesso, con due CU succede che devi pagare un po’ di imposta in più: in questi casi l’Agenzia ti invierà un avviso “bonario” calcolando l’imposta mancante e una sanzione del 30% ridotta al 10% se paghi subito. Pagando quell’avviso, regolarizzi la posizione senza altre conseguenze. Non è reato perché difficilmente la differenza supera la soglia penale (servirebbero oltre 50k di IRPEF non trattenuta, improbabile per redditi da lavoro). Quindi, riepilogando: se sei non obbligato, nessun problema; se eri obbligato ma hai solo piccoli importi a debito, riceverai una comunicazione e potrai sistemare pagando un piccolo importo. In ogni caso, non ignorare eventuali comunicazioni dell’Agenzia Entrate.

D4: L’omessa dichiarazione di per sé è reato?
R4: No, non sempre. Diventa reato solo se l’imposta evasa supera una certa soglia per singola imposta e per singolo periodo. La soglia attuale è di €50.000 di imposta evasa. Quindi, se ometti la dichiarazione e avresti dovuto pagare €30.000 di IRPEF, non è reato (ma pagherai le sanzioni amministrative). Se avresti dovuto pagarne €60.000, allora sì, scatta il reato di omessa dichiarazione, punito con reclusione da 2 a 5 anni. Lo stesso discorso vale per l’IVA: soglia 50.000 di IVA non versata. Attenzione che la legge richiede anche il “fine di evadere” come elemento soggettivo, ma nella pratica se non dichiari e non paghi, quel fine viene presunto. Quindi la discriminante è soprattutto quantitativa. Inoltre, se per più anni resti sotto soglia, non è che sommandoli diventa reato: la Cassazione ha chiarito che le soglie non si sommano tra anni diversi né tra tributi diversi. Ovviamente, omettere per anni di fila piccole somme può portare a altri problemi, ma non a reati dichiarativi. Infine, va ricordato che altri reati tributari possono sorgere in parallelo: ad esempio, se ometti di presentare il modello 770 (sostituto d’imposta) e non hai versato oltre 50k di ritenute, c’è uno specifico reato (art.5 co.1-bis D.Lgs.74/2000). Ma in generale, per il privato, l’omessa dichiarazione è raramente perseguita penalmente se non in casi di grossa evasione.

D5: Ho omesso la dichiarazione 4 anni fa e ora l’Agenzia Entrate mi manda un avviso di accertamento con imposte e sanzioni enormi. Posso fare qualcosa ora o devo subire e basta?
R5: Puoi ancora difenderti e trovare soluzioni. Se hai ricevuto un avviso di accertamento, innanzitutto valuta se l’importo delle imposte contestate è corretto: l’Agenzia in mancanza di dichiarazione può aver fatto una stima magari eccessiva. Hai 60 giorni dalla notifica per reagire. Due vie principali:

  • Accertamento con adesione: entro 30 giorni dalla notifica, puoi presentare istanza di adesione e aprire un dialogo con l’Ufficio. Potresti spiegare perché certi redditi stimati non sono reali o sono inferiori, portare documenti, ecc. Se trovate un accordo, le imposte potrebbero essere ridotte e soprattutto le sanzioni calate a 1/3 del minimo (circa 40% dell’imposta). E potrai pagare in rate trimestrali fino a 8.
  • Ricorso in Commissione Tributaria: se l’accertamento è infondato in toto o l’adesione fallisce, puoi presentare ricorso entro 60 giorni (o 150 se hai fatto adesione che non si è conclusa). Nella fase di ricorso, potrai eventualmente trovare un accordo con conciliazione (sanzioni ridotte) o puntare a una vittoria se hai basi solide. Spesso, però, in caso di omessa dichiarazione, l’ambito di difesa è limitato a contestare la quantificazione (l’an della pretesa – cioè che un reddito c’era – è difficile negarlo se ci sono elementi).
    Nel frattempo, nulla vieta che tu possa iniziare a pagare qualcosa in ottica ravvedimento: se, ad esempio, riconosci la maggior parte del debito, potresti pagare spontaneamente prima, il che in caso di adesione o conciliazione dimostra buona volontà (e in sede penale conta molto). In ogni caso, non ignorare l’atto: se non fai nulla diverrà definitivo e l’importo iscritto a ruolo (con aggiunta interessi e sanzioni piene) – molto peggio.

D6: Ho ricevuto delle cartelle esattoriali per imposte derivanti da omesse dichiarazioni. Non riesco a pagarle subito. Come posso evitare azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche)?
R6: La cosa da fare subito è chiedere una rateizzazione delle cartelle presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Puoi dilazionare il pagamento fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi anche consistenti, e fino a 120 rate (10 anni) se versi in comprovata grave difficoltà. La domanda di rateazione, se presentata prima che inizino azioni coattive, blocca nuove misure (l’Agente non potrà iscrivere fermi o ipoteche); se presentata dopo, inibisce i pignoramenti (salvo quelli già eseguiti). Con un piano di rate, pagherai ogni mese la tua rata più gli interessi di dilazione, ma eviterai il pressante rischio di esecuzioni. Ricorda che decadi dal piano se salti 8 rate, quindi cerca di rispettarlo. Se l’importo del debito è sotto €120.000, la concessione è automatica su richiesta (non devi dimostrare nulla). Sopra, serve dimostrare la temporanea difficoltà finanziaria (ad esempio, per un’azienda, indici di bilancio). In ogni caso, la rateazione è un tuo diritto per legge e l’ente non può negarla se rispetti i requisiti.
Inoltre, verifica se quelle cartelle rientrano in qualche definizione agevolata recente:

  • Se sono antecedenti al 2015 e sotto €1.000, potrebbe essere scattato l’annullamento automatico (controlla se risultano annullate).
  • Se hai aderito alla rottamazione-quater nel 2023, allora le cartelle sono sospese purché tu paghi le rate previste (la prima scadenza era il 31/10/2023, poi 30/11, etc.): in tal caso, non devi fare altro che rispettare quel piano di rottamazione e le cartelle verranno estinte senza sanzioni e interessi di mora.
  • Se non hai aderito a nulla e le cartelle non sono troppo vecchie, tieni d’occhio future possibili rottamazioni: ad oggi (2025) non ce n’è una aperta, ma se il legislatore ne approverà un’altra, potresti presentare domanda e sospendere le rateazioni in corso per aderire (solitamente è concesso).
    In sintesi: rateizzare è la prima difesa per guadagnare tempo e evitare guai. Parallelamente, si può pensare di contestare la cartella solo su vizi formali se presenti (ma se deriva da atti definitivi, il merito è chiuso).

D7: Le sanzioni tributarie per omessa dichiarazione possono essere cancellate o ridotte d’ufficio dal Fisco?
R7: In via ordinaria, no, le sanzioni una volta dovute vanno pagate. Tuttavia, ci sono situazioni in cui possono di fatto essere annullate o diminuite:

  • Tramite gli istituti deflattivi: accertamento con adesione (sanzioni ridotte a 1/3), acquiescenza (se paghi senza ricorrere, sanzioni a 1/3), conciliazione giudiziale (sanzioni a 50% o 60% a seconda del momento), definizione agevolata delle liti 2023 (pagavi una percentuale dell’imposta e zero sanzioni).
  • Tramite le rottamazioni delle cartelle: lì le sanzioni iscritte a ruolo (e interessi di mora) vengono azzerate; paghi solo imposta e interessi da ritardata iscrizione.
  • Tramite transazione fiscale in concordato: spesso l’accordo prevede stralcio totale delle sanzioni (dipende dall’offerta, ma il Fisco di solito accetta di prendere almeno l’imposta e lasciare perdere le sanzioni).
  • L’Amministrazione ha un potere di autotutela: se ravvisi che la sanzione è stata applicata erroneamente (ad es. non c’era obbligo di dichiarare, o doppia imposizione), puoi chiedere in autotutela l’annullamento. Ma se la sanzione è giustamente applicata, non può “perdonartela” fuori dai casi di legge.
  • Esiste anche l’istituto dell’oblazione in rari casi (non per omessa dichiarazione, che non prevede oblazione).
  • In situazioni eccezionali, il contribuente può invocare cause di non punibilità amministrativa come la forza maggiore (es. se non hai potuto materialmente presentare per cause di forza maggiore, la sanzione potrebbe essere annullata).
    In genere, però, fuori dalle procedure di definizione, le sanzioni rimangono. Per fortuna, come visto, ci sono diverse procedure per ridurle o eliminarle: ravvedimento (riduce), adesione (riduce), rottamazione (elimina). Nel 2023 ad esempio molti hanno chiuso cartelle non pagando sanzioni con la rottamazione.

D8: Ho scoperto che nel 2016 e 2017 non ho presentato la dichiarazione e avevo un debito d’imposta. Siamo nel 2025: quei anni sono “andati”? Posso fare ancora qualcosa?
R8: Gli anni d’imposta 2016 e 2017 sono ormai, nel 2025, decaduti dall’accertamento (il termine per accertare, in caso di omessa dichiarazione 2016, era il 31/12/2023; per il 2017 il 31/12/2024, quindi giusto in scadenza or ora). Se l’Agenzia non ti ha contestato nulla entro tali termini, non può più farlo. Questo significa che non sei più perseguibile fiscalmente per quelle omissioni: non dovrai presentare nulla (il sistema telematico nemmeno accetterebbe dichiarazioni così tardive) né pagare imposte (il debito tributario per legge non può più essere accertato). Anche eventuali sanzioni non possono essere irrogate ora.
Di fatto, hai “scampato” il recupero fiscale su quei anni per decorso del tempo. Attenzione però a due cose:

  • Se in quegli anni si configuravano reati (es. imposta evasa sopra soglia), il termine di prescrizione penale potrebbe essere un po’ più lungo (ma probabilmente, per 2016-2017, anche la responsabilità penale è in via di estinzione o già estinta, data la pena max 5 anni e la prescrizione di 7,5 anni circa).
  • Non hai nessun modo di recuperare eventuali perdite o crediti di quegli anni. Esempio: se nel 2017 eri a credito IRPEF di 1.000 € ma non hai presentato la dichiarazione, ormai quel credito è perso, non potrai chiederlo. Similmente, se avevi una perdita d’impresa, non puoi riportarla negli anni successivi perché l’anno è omesso.
  • Anche se il fisco non può più accertare, potrebbe comunque usare i dati di quegli anni come elementi per accertare anni successivi. Ad es., se nel 2017 hai comprato beni con redditi non dichiarati, potrebbero contestarti nel 2018 un maggior reddito iniziale (il 2018 è accertabile fino 2025). Insomma, i singoli anni non accertati possono ancora far emergere indizi per anni aperti.
    Ma, in sintesi, non c’è una procedura per “sanare” anni prescritti – né serve. Concentrati su quelli più recenti dove invece qualcosa si può (e si deve) fare.

D9: Sono un professionista e non ho dichiarato compensi per diversi anni. Se regolarizzo ora, dovrò pagare anche i contributi previdenziali su quei compensi?
R9: Sì. Quando si dichiara tardivamente il reddito di lavoro autonomo o d’impresa che era stato omesso, questo verrà comunicato anche all’ente previdenziale competente (es. Gestione Separata INPS per professionisti senza cassa, Cassa di categoria per altri, INPS artigiani/commercianti per ditte individuali commerciali). I contributi previdenziali dovuti andranno versati e l’ente li richiederà con i relativi interessi e sanzioni civili. Spesso, l’INPS attende l’esito dell’accertamento fiscale: ad esempio, se sanerai col fisco l’anno X, poi l’INPS ti manderà una lettera per i contributi X non pagati. Puoi anche anticipare tu comunicando i redditi e chiedendo di regolarizzare. L’INPS ha strumenti di dilazione analoghi (fino a 24 rate mensili di solito). Purtroppo, le sanzioni civili INPS (che non sono “punitive” ma risarcitorie) possono essere elevate, ma in caso di ravvedimento spontaneo l’INPS di solito applica il minimale (il 6% annuo circa).
Da notare: i contributi previdenziali seguono le regole loro – la prescrizione è 5 anni per l’INPS, ma interrotta da atti. Quindi se sono passati più di 5 anni, l’INPS potrebbe non poter più pretendere i contributi (a differenza del fisco che aveva 7 anni). Tuttavia, presentando la dichiarazione ora, riattivi la pretesa contributiva perché è riconoscimento di debito. Insomma, devi mettere in conto anche questo. E sì, meglio farlo: non versare i contributi significa che un giorno l’INPS potrebbe non erogarti la pensione per quelle annualità scoperte, oltre al debito contributivo in sé.
Quindi, nel tuo piano di rientro, calcola anche ~26% del reddito da pagare a INPS (o percentuale propria della Cassa) più interessi/sanzioni. Magari contatta subito l’ente previdenziale per coordinarlo con la sanatoria fiscale.

D10: Dopo aver sanato un’omessa dichiarazione, la dichiarazione risulta “omessa” comunque nelle banche dati? Cioè avrò un record di irregolarità per sempre?
R10: Formalmente, una dichiarazione presentata oltre 90 giorni rimane classificata come “dichiarazione omessa presentata tardivamente” – quindi non acquisisce tutti gli effetti di una dichiarazione presentata nei termini (ad es. non puoi usarla per certi benefici come riportare perdite pregresse). Tuttavia, dal punto di vista pratico, una volta che regolarizzi pagando il dovuto, la tua posizione fiscale è considerata a posto per quell’anno. La dichiarazione tardiva viene elaborata dall’Anagrafe Tributaria e i dati entrano nei sistemi. Ai fini dei controlli futuri, conta che tu abbia versato le imposte. Ad esempio, il cassetto fiscale mostrerà lo stato delle dichiarazioni: per quell’anno potresti vedere “Omessa (integrativa)” o una dicitura simile, ma anche che è stata definita con ravvedimento.
Per quanto riguarda la “fedina fiscale”, l’Agenzia Entrate non mantiene un casellario delle violazioni visibile ai terzi. Ci sono gli indici di affidabilità (ISA): se per anni non hai dichiarato e poi inizi a farlo, i tuoi punteggi ISA potrebbero risentirne (inizialmente bassi). Ma col tempo, mostrando compliance, migliorano.
Enti terzi: in genere guardano se hai carichi pendenti, non se hai avuto tardive. Se hai sanato tutto, il certificato dei carichi pendenti risulterà pulito (nessun debito iscritto a ruolo). Il DURC fiscale (documento di regolarità) richiede di aver presentato le dichiarazioni degli ultimi periodi: dopo che le presenti tardivamente, risulti adempiente. Insomma, dopo la regolarizzazione completa, sei considerato regolare, anche se quell’anno resta segnato come presentato tardivamente.
Naturalmente, l’informazione storica rimane: all’interno dell’Agenzia sanno che quell’anno ti sei ravveduto. Ma questo al massimo incide se in futuro chiedi altri ravvedimenti – comunque il ravvedimento è sempre concesso, non c’è preclusione per recidiva (a differenza di un tempo). Solo, l’Autorità Giudiziaria se mai ti trovassi di nuovo imputato per reati fiscali potrebbe vedere che hai avuto precedenti ravvedimenti (ma se non c’è condanna, non è un precedente penale, solo un fatto storico).
Quindi l’importante è sanare: una volta fatto, sei in regola a tutti gli effetti pratici, e puoi riprendere a interagire col fisco senza etichette particolari (salvo aver perso eventuali crediti/perdite come detto).

D11: Se ho commesso reato di omessa dichiarazione, posso evitare il carcere pagando il dovuto?
R11: La normativa attuale prevede che per i reati di omessa dichiarazione (e dichiarazione infedele) la punibilità è esclusa solo se il pagamento integrale di imposte, interessi e sanzioni amministrative avviene tramite ravvedimento operoso prima che inizino verifiche o indagini e comunque entro il termine della dichiarazione dell’anno successivo. Quindi in quel caso sì, non vieni nemmeno denunciato (o se denunciato, la causa viene archiviata per non punibilità). Se però non rientri in quel caso stretto e vieni incriminato, pagare dopo (anche integralmente) non estingue il reato secondo la lettera di legge, ma costituisce un’attenuante molto significativa. In pratica:

  • Se paghi tutto il debito prima dell’apertura del dibattimento (cioè prima che inizi il processo vero e proprio), il giudice può dichiarare di non doversi procedere per speciale causa di non punibilità? Per l’omessa dich. la norma non lo dice esplicitamente (lo dice per omessi versamenti, art.13 c.1). Per dichiarativi dice solo ravvedimento anticipato. Tuttavia, nel 2023 è stata introdotta in via transitoria una non punibilità se aderisci alle definizioni agevolate del 2023 (ossia se definivi col fisco i debiti secondo la tregua fiscale). Quindi se hai colto quella, eri salvo.
  • Al di fuori di ciò, se paghi tutto magari mentre il processo è in corso, la via praticabile è chiedere un patteggiamento con pena patteggiata magari a minimo e coperta da sospensione condizionale (quindi niente carcere in concreto). Oppure confidare nella particolare tenuità se lo scostamento era di poco sopra soglia e hai riparato il danno: in tal caso il giudice può non punire ex art.131-bis c.p.
    In sintesi, pagare il dovuto aiuta enormemente: è difficile che qualcuno finisca in carcere per omessa dichiarazione se ha poi pagato tutto (spesso in questi casi si applica la condizionale, o nei casi peggiori misure alternative). Finisce invece in guai seri chi continua a evadere, non paga e magari reitera.
    Dunque, la strategia consigliata se c’è rischio penale: ravvedersi il prima possibile (entro l’anno succ.), se oltre tempo almeno pagare integralmente prima del processo e richiedere tramite l’avvocato l’applicazione delle attenuanti massime. Questo può evitare la pena detentiva effettiva.

D12: Cosa succede se la mia società non ha presentato né dichiarazioni né bilanci per anni?
R12: In caso di società di capitali (S.r.l., S.p.A.), l’omissione delle dichiarazioni fiscali espone la società alle sanzioni tributarie come abbiamo visto, e gli amministratori a eventuali responsabilità penali se c’erano imposte evase sopra soglia. Inoltre, l’omessa presentazione dei bilanci al Registro Imprese per oltre due anni consecutivi può portare alla procedura di cancellazione d’ufficio della società per inattività, ai sensi dell’art. 40 c.c. e norme del Registro. Anche l’Agenzia Entrate può attribuire alla società lo stato di “irreperibilità” o cessazione d’ufficio della partita IVA se verifica l’assenza di qualunque attività. Questo significa che la società verrebbe estinta amministrativamente, anche se rimangono i debiti (che però formalmente restano a carico della società estinta; i soci/amministratori ne rispondono solo in casi particolari). Va anche detto che un’amministratore che non presenta dichiarazioni né bilanci viola precetti civilistici (art. 2630 c.c. per i bilanci, con sanzioni pecuniarie a suo carico). In caso di dissesto poi, durante un fallimento, l’omessa tenuta di contabilità e l’omessa presentazione di bilanci sono gravi e configurano bancarotta semplice o fraudolenta documentale. Quindi, gli effetti sono molteplici: perdita di personalità giuridica della società, impossibilità di partecipare a gare o di avere rapporti bancari (perché risulterebbe irregolare), e rischi per gli amministratori. Se sei in questa situazione, il consiglio è: fai un check-up con un commercialista e un legale. Spesso conviene mettere in liquidazione volontaria la società, presentare i bilanci arretrati se possibile (ci sono procedure per sanare tardivamente depositi, pagando sanzioni ridotte), presentare le dichiarazioni arretrate e chiudere la società in bonis se ci riesci pagando il dovuto. Se non è possibile perché i debiti sono troppi, preparati a un eventuale concordato preventivo o se arriva un fallimento, cerca di attenuare le responsabilità mostrando collaborazione (ad esempio consegnando libri e documenti anche se non depositati). Sono situazioni complesse che vanno valutate caso per caso.

D13: Dopo aver regolarizzato le mie omissioni, posso beneficiare di nuovi regimi fiscali di vantaggio?
R13: Sì, una volta in regola, puoi accedere a ciò che è consentito a un contribuente regolare. Ad esempio, se sei un piccolo imprenditore o professionista e rientri nei requisiti del regime forfettario (flat tax 15%), poter dichiarare nuovamente ti consente dal prossimo anno di optare per quel regime se ne hai diritto (il regime forfettario richiede non aver avuto ricavi sopra soglia, etc., e non aver utilizzato regimi illecitamente: l’omessa dichiarazione in sé non preclude l’accesso, basta che rispetti gli altri requisiti). Per il nuovo concordato preventivo biennale (CPB) 2023-24, come detto, l’adesione andava espressa con la dichiarazione 2023 presentata puntuale. Se l’hai omessa non hai potuto aderire per il biennio in corso. Ma se il CPB verrà riproposto magari per il 2025-26 e tu hai nel frattempo presentato regolarmente la dichiarazione 2024, allora potresti aderire. Non risultano altri regimi preclusi in futuro: la cosa importante è essere in pari da qui in avanti. Anche per punteggi di affidabilità: se intendi richiedere la premialità ISA (esoneri da verifiche se ISA alti), dovrai presentare gli ISA con i dati degli ultimi anni: se c’è qualche anno mancante potresti avere punteggio più basso, ma col tempo e dichiarando correttamente potrai migliorare. Quindi, sì: regolarizzarsi ti riapre le porte dei regimi agevolati e ti ridà un “patentino di affidabilità” nel tempo. All’opposto, finché sei irregolare, sei escluso da molte cose (ad esempio, chi non presenta dichiarazioni non può avere rimborsi di imposta, non può compensare crediti fiscali, etc.).

D14: In sintesi, qual è la strategia migliore per sanare omesse dichiarazioni pluriennali?
R14: La strategia varia in base alla tua capacità finanziaria e allo stato delle violazioni, ma riassumendo:

  • Se hai liquidità sufficiente: ricorri subito al ravvedimento operoso per tutti gli anni omessi ancora aperti. Presenta le dichiarazioni, versa imposte + interessi + sanzioni ridotte. Così chiudi il contenzioso sul nascere, eviti rischi penali (se entro termini) o li attenui fortemente (se oltre termini ma comunque prima di indagini).
  • Se il debito è gestibile ma preferisci sicurezza giuridica: potresti attendere l’uscita di avvisi di accertamento e usare l’accertamento con adesione per concordare gli importi e avere la rateazione interna. Questo però comporta sanzioni un po’ più alte che col ravvedimento (1/3 del minimo invece che 1/8 ecc.). È un’opzione se pensi che il Fisco possa ridurti la pretesa (es. in omessa dichiarazione con redditi stimati, adesione aiuta a ridurre).
  • Se il debito è molto alto e non puoi pagare neanche a rate normali: allora considera soluzioni straordinarie:
    • Per persona fisica: procedura di sovraindebitamento (piano del consumatore o liquidazione del patrimonio) con proposta di stralcio parziale al Fisco.
    • Per impresa: concordato preventivo con transazione fiscale, o accordo di ristrutturazione dei debiti, per tagliare la parte impagabile e dilazionare il resto.
      Queste vie richiedono assistenza legale e di un professionista attestatore, ma possono salvare l’attività liberandola dal fardello insostenibile.
  • Sempre: qualunque strada scegli, cerca di iniziare a versare almeno in parte il dovuto (anche accantonando somme su un conto) per dimostrare collaborazione e ridurre interessi futuri. E non ripetere l’errore: da ora in poi, presenta puntualmente le dichiarazioni annuali. Se hai difficoltà a pagare le imposte correnti, puoi ricorrere a rateazione di acconti o richiedere la loro riduzione motivata se prevedi calo di reddito, ma non lasciare di nuovo scadere i termini senza fare nulla.

Simulazioni pratiche di regolarizzazione

Per comprendere meglio gli effetti e i costi della sanatoria delle omissioni, presentiamo alcune simulazioni pratiche con protagonisti ipotetici. Questi esempi illustrano diverse casistiche (per numero di anni omessi, importo evaso, categoria contribuente) e mostrano step-by-step come si potrebbe procedere e con quali esiti.

Caso 1: Professionista con 2 annualità omesse, imposte moderate

Scenario: Il dott. Rossi è un consulente informatico (libero professionista) che, a causa di problemi personali, non ha presentato le dichiarazioni dei redditi per gli anni d’imposta 2021 e 2022. Avrebbe dovuto versare circa €8.000 di IRPEF per il 2021 e €10.000 per il 2022 (oltre addizionali), e relativi contributi alla Gestione Separata INPS. Nessuna dichiarazione IVA (opera in regime forfettario, IVA non dovuta). Siamo a settembre 2023, il dott. Rossi ora vuole regolarizzare. Finora l’Agenzia non lo ha ancora contattato.

Soluzione tentata: Ravvedimento operoso su entrambe le annualità, prima che scada il termine della dichiarazione 2023 (novembre 2023), così da sfruttare la non punibilità penale.

  • A settembre 2023, Rossi fa predisporre da un commercialista i Modelli Redditi PF 2022 e 2023, relativi rispettivamente ai redditi 2021 e 2022.
  • Dai calcoli: Reddito 2021 imponibile €30.000 -> IRPEF dovuta ~€8.000; Reddito 2022 €35.000 -> IRPEF ~€10.000. Addizionali locali totali circa €500 + €700. Contributi INPS dovuti: circa €7.900 (25,72%) sul reddito 2021 e €9.000 sul 2022.
  • Sanzioni amministrative: essendo oltre 90 giorni, formalmente 120% di €8.000 = €9.600 (min €250) per 2021, e 120% di €10.000 = €12.000 per 2022. Ma con presentazione spontanea e pagamento:
    • Sanzione ridotta al 75% dell’imposta per ciascun anno: quindi €6.000 per il 2021 e €7.500 per il 2022.
    • Inoltre, poiché Rossi presenta e paga entro novembre 2023 (termine dichiarazione successiva per 2022), il reato è non punibile anche se le imposte superavano 50k sommate (ma singolarmente 10k per 2022 > soglia? Ah qui nota: soglia 50k, lui è sotto soglia anche annualmente, quindi niente reato comunque. Dunque era al sicuro penalmente già di suo).
  • Interessi: tasso legale 2022 = 1.25%, 2023 = 5%.
    • Per il 2021: calcolo interessi su €8.000 dal 30/6/2022 al 30/9/2023 (~15 mesi) ≈ €8.000×(1.25%×6/12 + 5%×9/12) ≈ €8.000×(0.00625+0.0375) ≈ €8.000×0.04375 = €350 circa.
    • Per il 2022: interessi su €10.000 dal 30/6/2023 al 30/9/2023 (~3 mesi) ≈ €10.000×(5%×3/12) = €125.
  • Rossi versa il 30 settembre 2023, tramite F24:
    • Anno 2021: imposta €8.000 + addizionali €500 + interessi €350 + sanzione €6.000 = €14.850.
    • Anno 2022: imposta €10.000 + addizionali €700 + interessi €125 + sanzione €7.500 = €18.325.
      (Può compensare eventuali crediti se ne avesse, ma non ne ha).
  • Totale versato al Fisco: €33.175. Inoltre, contatta l’INPS per regolarizzare i contributi:
    • INPS 2021: €7.900 + interessi sanzioni (mettiamo €1.000 di sanzioni civili ridotte) = €8.900.
    • INPS 2022: €9.000 + sanzioni €500 = €9.500.
      Chiede rateazione all’INPS in 12 rate per ciascun anno.
  • Esito: Il dott. Rossi spende complessivamente circa €33.175 + €18.400 = €51.575 per sanare due anni. Importo rilevante, ma d’altronde quei redditi erano tassati al ~27% più contributi ~26%. Con sanzioni ridotte e senza processi, ha evitato aggravii maggiori (se fosse arrivato un accertamento, le sole sanzioni potevano essere il 120%). Nessun procedimento penale (comunque i suoi importi per singolo anno erano sotto soglia 50k). Dal 2023 in poi tornerà a dichiarare regolarmente. Nota: avendo pagato entro l’anno successivo all’ultimo omesso, la sua posizione è totalmente in regola anche penalmente ex art.13. Avendo segnalato i redditi all’INPS spontaneamente, ha forse evitato aliquote di sanzione maggiori.

Considerazioni: Questo caso mostra il costo del ravvedimento per un paio d’anni: le sanzioni ridotte (75%) costituiscono comunque un peso (qui ~ €13.500 su €18k di imposte), ma nettamente meglio dei €21.600 che sarebbero state se accertato (120%). Inoltre, Rossi non ha dovuto pagare sanzioni penali o patteggiare reati. Importante la coordinazione con l’INPS, spesso dimenticata.

Caso 2: Piccola SRL con 5 anni omessi, debito fiscale elevato

Scenario: La Alfa S.r.l., azienda commerciale, dal 2018 al 2022 non ha presentato alcuna dichiarazione né pagato imposte (per difficoltà di liquidità e cattiva gestione). Ha continuato l’attività, ma in nero. Nel 2023 la società ha cambiato proprietà e il nuovo amministratore, sig. Bianchi, vuole sistemare il passato per ripulire l’azienda. Dalle scritture extracontabili trovate, stima questi redditi imponibili evasi:

  • 2018: €50.000 (IRES 24% ≈ €12.000 dovuta, IVA evasa €10.000).
  • 2019: €100.000 (IRES €24.000, IVA €20.000).
  • 2020: €80.000 (IRES €19.200, IVA €16.000).
  • 2021: €120.000 (IRES €28.800, IVA €24.000).
  • 2022: €150.000 (IRES €36.000, IVA €30.000).
    Totale imposte non versate: IRES ~€120k, IVA ~€100k. Sanzioni potenziali 120% su IRES e IVA: molto elevate (oltre €264k solo su IRES). L’azienda ha ripreso a fatturare nel 2023 e genera utili, ma non può pagare 220k imposte + sanzioni tutte insieme. Vuole però evitare il fallimento e proseguire.

Problemi penali: Reato di omessa dichiarazione per ogni anno (tutti sopra soglia 50k di imposta evasa per almeno uno dei tributi). Potenzialmente 5 reati art.5. Anche reato di omesso versamento IVA per 2021-22 se oltre 250k? No, IVA 30k < soglia 250k, quindi no 10-ter. Reato 770: se non presentato, ritenute? Supponiamo non avessero dipendenti, ok.

Soluzione ipotizzata: Dato l’ammontare, si opta per una procedura concorsuale con transazione fiscale:

  • La società affida a un professionista la predisposizione di un Concordato Preventivo in continuità aziendale (vuole continuare l’attività). Nel piano, offre ai creditori chirografari (tra cui il Fisco) il 40% dei loro crediti, da pagare in 5 anni con risorse generate dalla gestione e dall’apporto dei soci.
  • Per il Fisco (creditore privilegiato per IVA e parte IRES, e chirografo per sanzioni): propone di pagare integralmente l’IVA evasa (€100k) e il 40% delle imposte dirette (€48k su €120k) in 5 anni, e zero sulle sanzioni e interessi. Quindi il Fisco prenderebbe ~€148k su ~€220k di imposte totali + niente sanzioni (risparmierebbero €72k imposte e tutti i €… di sanzioni).
  • L’attestatore verifica che in caso di fallimento il Fisco recupererebbe forse il 20% (svendita asset), quindi la proposta 40% è migliorativa.
  • La società deposita la domanda di concordato in tribunale a ottobre 2023. L’Agenzia Entrate, in sede di voto, valuta la proposta. È probabile che chieda magari un leggero ritocco (es: pagare 50% imposte invece di 40%). Si negozia e alla fine ci si accorda per: IVA 100% (€100k) + IRES 50% (€60k) + sanzioni zero.
  • Il concordato viene approvato dai creditori e omologato nel 2024. La società esegue i pagamenti nei 5 anni successivi.
  • Esito fiscale: Con l’omologa, i debiti fiscali per 2018-2022 si considerano definiti secondo l’accordo: la società pagherà €160k dilazionati, e il Fisco non potrà pretendere altro per quegli anni, nemmeno sanzioni. La partita IVA della società resta attiva e l’azienda continua l’attività senza pesi insostenibili.
  • Esito penale: Questo è delicato: formalmente, l’art.5 reato rimane per ciascun anno (evaso oltre soglia). Tuttavia, la società può argomentare col PM che è in corso un concordato che prevede il pagamento di buona parte del dovuto. Il procedimento penale, se già partito, potrebbe vedere una richiesta di messa alla prova o rinvio in attesa dell’esito concordato. Una volta completato il piano, la difesa degli amministratori (quelli vecchi e Bianchi se chiamato in correità) chiederà clemenza. Non essendoci causa di non punibilità automatica, probabilmente si punterà a patteggiare una pena bassa (es. 2 anni con sospensione condizionale) sostenendo l’attenuante del pagamento parziale accettato dallo Stato.
    • C’è da dire che i reati 2018-2019, se l’iter va per lunghe, potrebbero prescriversi entro 2025-26.
    • Il concordato avrà comunque evitato nuove condotte criminose e ridotto il danno erariale, ciò gioca a favore degli imputati.

Considerazioni: Questo esempio mostra un caso estremo dove l’unica via è non pagare tutto (perché impossibile) ma negoziare un taglio. Il Fisco ottiene comunque una cifra consistente subito privilegiata (IVA 100% e parte IRES). La società sopravvive. Giuridicamente, resta la macchia dei reati, ma con un’azione coordinata si può arrivare a soluzioni penali di minimo impatto (nessuno va in carcere davvero se paga la maggior parte e data la lunga durata del processo etc.). È una strategia sofisticata e costosa (costi di procedura concorsuale e attestazioni), giustificata solo per debiti davvero alti.

Caso 3: Lavoratore dipendente con omessa dichiarazione per doppio lavoro

Scenario: Maria è una lavoratrice dipendente che nel 2022 ha avuto due impieghi part-time successivi, ottenendo due Certificazioni Uniche: dal primo datore €20.000 di reddito, dal secondo €15.000. Ognuno le ha applicato le detrazioni per lavoro intero anno non sapendo dell’altro. Maria non ha presentato il modello 730 nel 2023 perché non sapeva di doverlo fare. Tutte le imposte sono state trattenute in busta paga, tranne che, a causa del cumulo, risulta un’insufficienza di ritenute di circa €1.500 (lei ha fruito due volte delle detrazioni per i primi mesi). A ottobre 2023, Maria riceve dall’Agenzia delle Entrate un Avviso di regolarità (36-bis) relativo all’anno 2022, dove si evidenzia:

  • Imposta dovuta in più: €1.500.
  • Sanzione da omesso versamento: €150 (ridotta, perché se paga entro 30 gg, applicano 10% invece di 30%).
  • Interessi: €30 circa.

Soluzione: Maria, tramite il CAF, verifica il calcolo, che è corretto. Decide di aderire all’avviso bonario.

  • Entro 30 giorni dalla comunicazione, effettua il pagamento di €1.680 (€1.500 + €150 + €30).
  • Così facendo, la sua dichiarazione 2022 omessa viene considerata “sanata” dal controllo automatizzato. Non saranno irrogate ulteriori sanzioni.
  • Maria il prossimo anno (2024) presenterà il 730 per evitare che riaccada, oppure se ha un solo datore potrà astenersi. Nel suo caso, per il 2023 avrà uno solo, quindi a regime non servirà.
  • Nessun reato, ovviamente (l’imposta evasa era modesta). Nessuna iscrizione a ruolo (pagando subito, la pratica è chiusa).

Considerazioni: Questo caso illustra la tipica situazione di un dipendente con doppio sostituto d’imposta. Non servono procedure complesse: l’Agenzia risolve tutto con un avviso bonario. La sanzione del 10% è anche più bassa del minimo €250 che sarebbe teorico per omessa dichiarazione senza debito (qui c’era debito, ma con bonario la modulano). Maria avrebbe potuto anche autonomamente presentare un 730 integrativo entro il 25 ottobre 2023 e versare spontaneamente, ottenendo sanzione 3,75% con ravvedimento. Ma l’avviso bonario ha svolto la funzione.

Caso 4: Imprenditore individuale che omette per 10 anni, poi fallisce

Scenario: Giovanni è un piccolo imprenditore edile che per 10 anni (2012-2021) non ha presentato dichiarazioni né versato IVA, operando quasi sempre in nero. Nel 2022 l’attività crolla e i creditori lo portano al fallimento personale (liquidazione controllata). Il Curatore fallimentare, nel 2023, esamina le scritture incomplete e presenta le dichiarazioni dei redditi omesse per gli anni non prescritti (2016-2021) su invito dell’Agenzia (usando l’art. 19 DPR 600/73 che consente al curatore di presentare tardivamente per conto del fallito). Vengono accertate imposte evase complessivamente per €300.000 e sanzioni per €… (ma nel fallimento le sanzioni concorsuali non hanno prelazione). Il curatore non paga nulla perché non ci sono attivi sufficienti: i pochi beni venduti pagano in parte solo i creditori ipotecari e privilegiati. Il fallimento si chiude senza soddisfare il Fisco.

Conseguenze: Giovanni:

  • Sul piano fiscale: essendo la procedura concorsuale terminata e avendo egli poi ottenuto l’esdebitazione di diritto (ora concessa più facilmente ai falliti onesti), non dovrà più pagare quei debiti tributari residui. L’esdebitazione post-liquidazione (ex art. 282 CCII) ricomprende infatti i debiti erariali chirografari; per i debiti IVA e imposte considerate tributi “non esdebitabili” ci sono dibattiti, ma la riforma 2021 ha tolto molti ostacoli. Dunque Giovanni esce senza debiti (tranne eventuali sanzioni per reati).
  • Sul piano penale: Giovanni è stato perseguito per vari reati (omessa dichiarazione per i vari anni, più forse bancarotta fraudolenta fiscale per aver sottratto scritture e attivo). Avendo collaborato col curatore e non avendo distratto beni oltre all’evasione fiscale, ottiene un patteggiamento a 2 anni per unificare tutti i reati (considerata la continuazione) con sospensione condizionale, oppure se i reati più vecchi sono prescritti, forse condanna solo per ultimi anni a 1 anno e qualcosa. Sconta nulla in carcere.
  • Giovanni ha perso l’azienda, ma ha anche cancellato i debiti. Ora può ripartire pulito (magari come dipendente altrove, avrà qualche difficoltà ad accedere a crediti, ma non ha pesi giuridici pendenti).

Considerazioni: Questo caso mostra la situazione limite in cui la sanatoria passa attraverso la procedura concorsuale e l’esdebitazione. Non è l’ideale (l’erario ci perde quasi tutto, l’imprenditore perde impresa e beni, la giustizia comunque lo processa), ma è ciò che di fatto succede per alcuni evasori totali conclamati su lungo periodo.


Tabelle riepilogative

Per concludere, presentiamo alcune tabelle riassuntive che condensano le informazioni chiave fornite nella guida.

Tabella 1: Sanzioni Amministrative per Omessa Dichiarazione (situazione aggiornata 2025)

Situazione DichiarazioneSanzione (imposte dovute)Sanzione se nessuna imposta dovuta
Dichiarazione presentata nei 90 gg (tardiva)€250 fissa (riducibile a €25 con ravvedimento entro 90 gg)€250 fissa (riducibile a €25 con ravvedimento)
Omessa dichiarazione accertata dal Fisco (nessuna presentazione spontanea entro termini di accertamento)120% dell’imposta evasa (min. €250), raddoppiabile se soggetto contabile. (Fino al 31/08/2024: range 120%-240%)€250 – €1.000 (raddoppiabile se sogg. contabile).
Omessa dichiarazione presentata spontaneamente (oltre 90 gg, prima di controlli)75% dell’imposta dovuta (cioè 25%×3). (Se entro l’anno successivo alla scadenza, alcune circolari prevedono ulteriore riduzione 50%)€250 – €1.000 (di fatto applicata €250 se spontaneo). Se presentata entro l’anno successivo, riducibile a €150 – €500 (50% in meno).
Dichiarazione infedele (per confronto) – quando la dichiarazione è presentata ma con dati incompleti90% dell’imposta evasa (min €250), riducibile a 1/3 con adesione (30%) o ravvedimento a frazioni (ad es. 1/6 se entro 2 anni ≈15%).Non applicabile (infedele implica imposta evasa >0). Se imposta non dovuta ma infedele su altro, sanzione €250-€2.000.

Note: In caso di ravvedimento operoso, le sanzioni sopra indicate sono ulteriormente riducibili secondo l’art.13 D.Lgs.472/97, ma nel caso di omessa dichiarazione il ravvedimento è nei fatti assorbito dalla previsione del 75%. L’Agenzia Entrate applica: entro 90 gg sanzione €25 (ravv); oltre 90 gg spontaneo sanzione 75%; se notifica avviso (no spontaneità) sanzione piena 120%. – Le sanzioni si applicano per ogni annualità omessa; con cumulo giuridico (art.12 D.Lgs.472/97) in caso di più anni definiti insieme, l’importo totale può essere inferiore alla somma delle singole (sanzione più grave + aumento).

Tabella 2: Profili Penali Riguardanti Omessa Dichiarazione

Reato (D.Lgs. 74/2000)CondizioniPena previstaCause di non punibilità / attenuanti
Omessa Dichiarazione Art.5Mancato invio dichiarazione redditi o IVA entro 90 gg, imposta evasa > €50.000 (per singola imposta, per anno). Soggetto attivo: chi obbligato (titolare ditta, legale rappresentante società).Reclusione 2 – 5 anni.Non punibile se contribuente presenta dichiarazione e paga tutte imposte, interessi e sanzioni entro il termine della dichiarazione successiva e prima di accertamenti (ravvedimento operoso completo). Attenuante speciale se pagamento integrale avviene dopo ma prima del dibattimento (riduzione pena fino a 1/2). Causa speciale 2023: non punibilità se debiti fiscali definiti con tregua fiscale 2023 e pagati come da legge. Prescrizione ~6 anni (+¼).
Dichiarazione Infedele Art.4 (a confronto)Dichiarazione presentata, ma omesso reddito >€2 mln e imposta evasa > €100.000.Reclusione 2 – 4.5 anni.Non punibile se ravvedimento e pagamento entro dichiarazione anno successivo (simile art.13).
Omesso versamento ritenute certificate Art.10-bisNon versati > €150.000 di ritenute risultate dalle CU, entro scadenza. Dichiarazione 770 presentata (altrimenti art.5 co.1-bis).Reclusione 6 mesi – 2 anni.Non punibile se pagato tutto entro apertura dibattimento. Causa non punib. 2023 se definito in tregua fiscale.
Omesso versamento IVA Art.10-terNon versata IVA > €250.000 annua, entro scadenza (27 dic anno successivo). Dichiarazione IVA presentata.Reclusione 6 mesi – 2 anni.Non punibile se pagato entro dibattimento. Causa non punib. 2023 se definito in tregua fiscale. Attenuante crisi di liquidità non colpevole (introdotta 2024).
Note– Omissione dichiarazione pluriennale: si configura reato distinto per ciascun anno sopra soglia, eventualmente unificati in continuazione in sede di pena. No somma tra anni o tributi diversi per soglia. – Elementi soggettivi: richiesto dolo specifico di evadere; la tardiva presentazione oltre 90 gg equivale a omissione consumata. – Società: il reato è commesso dagli amministratori (enti non punibili salvo 231 su reati fiscali fraudolenti).

Tabella 3: Strumenti di Regolarizzazione e Definizione

StrumentoQuando usarloVantaggiLimiti / Condizioni
Ravvedimento operosoPrima che il Fisco contesti la violazione (nessun avviso ricevuto). Meglio se entro 1 anno successivo per evitare reato.Sanzioni molto ridotte (fino a 1/9 o 1/8 del minimo; per omessa dich. sanz. 75% vs 120%). Nessun contenzioso né spese legali. Niente iscrizione a ruolo. Evita reato se tempestivo e integrale.Necessita pagamento integrale spontaneo di imposte + interessi + sanzioni ridotte. Non frazionabile su troppi anni se importi alti (no rate formalizzate). Non applicabile se già avviati controlli (es. ricevuto PV o avviso) a conoscenza contribuente.
Accertamento con adesioneDopo ricezione di avviso di accertamento (o PV Gdf).Riduzione sanzioni a 1/3 del minimo (circa 40%). Possibile discutere e ridurre imponibile accertato. Rate fino a 8 trimestri. Evita ricorso.Disponibile solo dopo atto emesso. Serve accordo con AdE (non garantito se posizioni distanti). Bisogna versare quanto concordato (prima rata 20gg). Reato non estinto (ma pagamento parziale aiuta per attenuante).
Definizioni agevolate (2023) (Rottamazione, Stralcio, Definizione liti…)Se il debito è già a ruolo (cartella) → Rottamazione-quater 2023; Se lite pendente al 1/1/23 → Definizione liti; Se carichi ≤€1.000 2000-15 → Stralcio automatico; Se persona fisica ISEE<20k carichi 2000-17 → Saldo e stralcio 2019.Permettono di non pagare sanzioni né interessi di mora (rottamazione), o pagare percentuali ridotte di imposta (liti pendenti: 15%, 40%, etc. a seconda casi), o addirittura quote condonate (saldo-stralcio pagavi solo 16-35%). Rateizzazioni possibili (rottamazione fino 5 anni).Erano finestra temporanea (richieste entro 2023). Al 2025 non c’è definizione aperta. Chi ha aderito deve rispettare piani di pagamento. Non coprono reati salvo norma speciale (DL 34/23) che li esclude se aderito. Valide solo per debiti fino a 2021.
Rateazione ordinaria (Agenzia Riscossione)Quando il debito è iscritto a ruolo (cartella/emesso avviso esecutivo).Sospende azioni esecutive finché in regola. Fino a 72 rate (6 anni) automatiche; fino 120 rate (10 anni) se grave difficoltà. Nessuna sanzione aggiuntiva (solo interessi di dilazione).Bisogna rispettare le rate (decadenza con 8 rate non pagate). Interessi attualmente ~3-4% annuo. Non riduce l’importo dovuto (solo fraziona). Non blocca il maturare di interessi di mora finché non attivi il piano.
Transazione fiscale (in procedure concorsuali)Quando il debito è enorme e il contribuente è insolvente o in crisi. Nel concordato preventivo o accordo ristrutturazione o piano sovraindebitamento.Possibilità di pagare solo parzialmente le imposte dovute (falcidia) e annullare totalmente sanzioni e interessi nell’accordo. Si evita il fallimento, si riequilibra la posizione debitoria. Pagamenti dilazionati secondo piano (spesso 5 anni).Richiede ammissione a procedura concorsuale (Tribunale) o omologazione accordo. Tempi e costi (professionisti, attestatore). Serve approvazione Fisco (o cram-down se offerta migliore del fallimento). Non estingue automaticamente i reati tributari (pagamento solo parziale – attenzione art.13, serve integrale). Debitore perde parziale controllo su azienda (nomina organi concorsuali).
Concordato Preventivo Biennale (CPB)Regime opzionale per 2023-24 (soggetti ISA o forfettari) da scegliere in dichiarazione 2023. (Non è per sanare il passato, ma per prevenire controlli futuri su reddito concordato).Bonus: Determina in via anticipata il reddito fiscale di due anni, offrendo certezza e semplificazioni (tassazione sostitutiva). Niente accertamenti sul biennio se rispetti accordo.Accessibile solo se dichiarazione 2023 inviata nei termini. Non permette adesione tardiva (no remissione in bonis). Esclusi contribuenti non in regola con dichiarazioni pregresse (omesse/tardive 2022). Utile come fiscal peace forward, ma non risolve debiti pregressi.

Conclusioni

Sanare un’omessa dichiarazione dei redditi – specialmente se protratta per più anni – può sembrare un’impresa ardua, ma come abbiamo dettagliato, esistono molteplici strumenti e percorsi per regolarizzare la propria posizione fiscale. La scelta della strategia dipende dalla gravità della violazione (numero di anni, importi, presenza di potenziali reati) e dalla capacità finanziaria del contribuente di far fronte al debito tributario.

Riassumendo i messaggi chiave emersi:

  • Tempestività e volontarietà premiano: chi si attiva spontaneamente (ravvedimento operoso) paga sanzioni molto inferiori e in taluni casi evita completamente il processo penale. Appena ci si rende conto dell’omissione, conviene agire, preferibilmente prima che il Fisco avvii accertamenti.
  • Anche se il ravvedimento “pieno” non è più possibile, meglio tardi che mai: presentare comunque le dichiarazioni omesse e pagare (tutto o in parte) prima di un eventuale giudizio attenua le sanzioni (tramite adesione o definizioni) e costituisce un fattore essenziale di clemenza in sede penale.
  • Lo Stato italiano, soprattutto con le recenti normative, ha mostrato un approccio pragmatico: molte sanatorie e definizioni agevolate sono state offerte per chiudere le pendenze con uno sconto. Bisogna tenersi aggiornati (nuove “tregue fiscali” potrebbero emergere in futuro), ma fare affidamento sull’attesa di un condono non è saggio: conviene muoversi con gli strumenti attuali, considerando eventuali condoni futuri come bonus eventuali.
  • La collaborazione con professionisti qualificati è fondamentale: un commercialista potrà ricalcolare esattamente imposte e interessi, un avvocato tributarista potrà assistere in adesioni o contenziosi, un penalista in caso di procedimento. I casi complessi (debiti milionari, procedure concorsuali) richiedono una regia coordinata per interfacciarsi con Agenzia Entrate, Riscossione, tribunale, etc.
  • È importante considerare tutti gli effetti collaterali: non solo le imposte statali, ma anche i contributi previdenziali, l’IVA, le eventuali ritenute non versate. La regolarizzazione dovrebbe essere complessiva, per evitare che risolto un fronte se ne apra un altro (es.: risolvi con AdE ma poi l’INPS ti multa – bisogna prevenire anche quello).
  • Sul fronte delle categorie: se sei un privato con omissioni minori, probabilmente la soluzione è semplice (ravvedimento o attesa avviso bonario). Se sei un imprenditore con evasioni ingenti, la soluzione potrà essere più articolata e magari coinvolgere accordi giudiziari (transazioni, concordati). Adegua lo strumento alla dimensione del problema.
  • Non trascurare la questione penale: come visto, pagando entro certi termini si è protetti. Se non ci si riesce, informati sulle opzioni di patteggiamento, cause di non punibilità, ecc., per affrontare serenamente anche quell’aspetto. In ogni caso, la magistratura guarda con molto più favore chi ha sanato il dovuto rispetto a chi persiste nel non pagare.
  • Infine, una volta regolarizzata la posizione, è cruciale mantenersi in regola per il futuro: rispettare le scadenze dichiarative, versare periodicamente (anche ricorrendo a dilazioni per il corrente se necessario), in modo da non ricadere in sanzioni ancora. Considera anche l’adozione di sistemi come il concordato biennale o il forfettario (se applicabili) per semplificarti la vita d’ora in poi.

Questa guida ha fornito un quadro avanzato e dettagliato, ma ogni situazione presenta particolarità. Si raccomanda dunque, dopo aver acquisito queste informazioni, di procedere con un’analisi personalizzata del proprio caso con l’aiuto di consulenti fiscali e legali, così da mettere a punto un piano di regolarizzazione efficace e sostenibile. L’importante è non ignorare il problema: l’inazione porta a sanzioni massime e rischi cumulativi, mentre l’azione – seppur onerosa nel breve termine – conduce a una soluzione e alla tranquillità sul lungo periodo.

Ricordiamo infine che regolarizzare la propria posizione fiscale non significa solo evitare sanzioni, ma anche ritornare nell’economia emersa, con tutti i benefici che ciò comporta: potersi intestare beni senza timore di esecuzioni, accedere a finanziamenti, partecipare a bandi pubblici, dormire sonni tranquilli sapendo di essere in regola con il Fisco. In quest’ottica, lo sforzo finanziario e gestionale richiesto per sanare le omissioni può essere visto come un investimento nella prosecuzione serena della propria attività e vita professionale.

Fine della Guida


Riferimenti normativi e giurisprudenziali (aggiornati al 2025)

Di seguito elenchiamo le principali fonti normative, di prassi e giurisprudenziali citate o rilevanti in materia di omessa dichiarazione dei redditi e relative sanatorie:

Normativa – Imposte e sanzioni tributarie:

  • D.P.R. 29/09/1973 n.600, art.43: Termini per l’accertamento delle imposte sui redditi (5 anni se dichiarazione presentata, 7 anni se omessa).
  • D.Lgs. 18/12/1997 n.471, art.1: Sanzioni per omessa dichiarazione (120% imposta, min €250; €250-€1000 se nessuna imposta). Art.5: Sanzioni per omessa dichiarazione IVA (analoghe). Art.13: Sanzione da omesso versamento (oggi 25% per ritardi oltre 90 gg, prima 30%).
  • D.Lgs. 18/12/1997 n.472, art.13: Ravvedimento operoso (riduzioni sanzioni: 1/10,1/9,…). Art.7 co.4: Circostanze attenuanti ed esimenti (es. forza maggiore). Art.12: Concorso di violazioni – cumulo giuridico (sanzione unica aumentata).
  • Legge 24/12/2012 n.228 (Legge di stabilità 2013), art.1 co. 131: ha esteso dal periodo d’imposta 2016 i termini di accertamento di cui al DPR 600/73 (da 4 a 5 anni ordinario, da 5 a 7 omessa).
  • D.Lgs. 24/09/2015 n.158: Riforma del sistema sanzionatorio. Ha modificato, inter alia, l’art.5 D.Lgs.74/2000 (ridotto soglia omessa dichiarazione a €50.000, prima era €30.000) e le sanzioni amministrative (introduzione sanz. fissa 120%, prima range). In vigore dal 2016.
  • D.L. 26/10/2019 n.124 conv. L.157/2019: Ha modificato l’art.13 D.Lgs.74/2000 introducendo cause non punibilità per pagamento debiti tributari (esteso a reati dichiarativi entro dibattimento).
  • Legge 29/12/2022 n.197 (Legge di Bilancio 2023), commi rilevanti:
    • 153-159: Definizione agevolata avvisi bonari 2019-21 (sanzioni 1/18).
    • 166-173: Regolarizzazione irregolarità formali (€200).
    • 174-178: Ravvedimento speciale (1/18 sanzioni per dichiarazioni 2021 e precedenti).
    • 179-185: Definizione agevolata accertamenti (PVC/inviti 2022-23, sanzioni 1/18).
    • 186-205: Definizione agevolata liti pendenti (percentuali 100%-40%-15%-5% a seconda esiti).
    • 206-212: Conciliazione agevolata in giudizio (sanzioni ridotte 1/18).
    • 213-218: Rinuncia ai giudizi in Cassazione (per Agenzia).
    • 219-226: Regolarizzazione omissioni dichiarative imposte locali (anni fino 2021).
    • 231-252: Definizione agevolata carichi (Rottamazione-quater, senza sanzioni/mora).
    • 222-230: Stralcio automatico carichi ≤€1000 (2000-2015).
  • D.Lgs. 29/03/2023 n.39 (attuazione delega fiscale penale): Ha introdotto artt.13-bis e 13-ter D.Lgs.74/2000 (attenuanti in caso di pagamento e indici tenuità), modificato art.13 c.3 (rateizzazione). In vigore dal 2023.
  • D.L. 30/03/2023 n.34 conv. L.56/2023 (“Decreto Bollette 2023”), art.23: Causa speciale di non punibilità reati tributari in caso di definizione delle violazioni con L.197/22 (tregua fiscale).
  • D.Lgs. 08/08/2023 n.87 (attuazione riforma fiscale amministrativa): Ha modificato art.1 D.Lgs.471/97 introducendo sanzione fissa 120% e nuovo comma 1-bis (presentazione tardiva omessa dichiarazione → sanzione 3x art.13, quindi 75%). In vigore dal 01/09/2024.
  • D.Lgs. 29/08/2023 n.119 e D.Lgs. 29/08/2023 n.121: Decreti attuativi delega crisi impresa, che tra l’altro hanno modificato art.63 CCII sulla transazione fiscale (introducendo la possibilità di cram-down fiscale).

Normativa – Procedura e riscossione:

  • D.Lgs. 19/06/1997 n.218: Accertamento con adesione. Art.2: riduzione sanzioni 1/3; art.8: rateazione adesione (max 8 rate trimestrali).
  • D.P.R. 29/09/1973 n.602, art.19: Rateazione cartelle (72 rate automatiche, 120 straordinarie).
  • Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs.14/2019): art.63: Transazione fiscale e contributiva (trattamento crediti fiscali nei concordati/accordi); art.48: Accordi ristrutturazione debiti (anche transazione fiscale); art.54-ter: Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (per sovraindebitati); art.282: Esdebitazione del sovraindebitato e del fallito (liberazione debiti residui).

Prassi (Circolari, Interpelli) dell’Agenzia Entrate:

  • Circolare Agenzia Entrate n.42/E del 12/10/2016: Chiarimenti sul nuovo ravvedimento operoso post D.Lgs.158/2015. Precisazione che dichiarazione omessa oltre 90 gg non è “ravvedibile” ai fini di considerarla valida, ma possibile versare imposte e interessi per ridurre sanzioni in caso di controllo.
  • Risposta a Interpello n.450/E del 05/10/2023: Omessa dichiarazione – trattamento sanzionatorio in caso di versamento spontaneo imposte entro 90 gg vs oltre 90 gg (confermata poi da circ. Ordine Comm. 27/1/2025) – basically: se imposte versate entro 90 gg → sanzione fissa (250) + omesso vers. 30% (15%); se versate dopo → sanzione proporzionale (120%) assorbente.
  • Circolare Agenzia Entrate n.18/E del 18/06/2024: Chiarimenti sul Concordato Preventivo Biennale e cause di esclusione (omessa dichiarazione = impossibilità adesione).
  • Circolare Agenzia Entrate n.2/E del 27/01/2023: Chiarimenti su definizioni agevolate L.197/2022 (ravvedimento speciale, sanatoria formale, ecc.).
  • Circolare Agenzia Entrate n.6/E del 20/03/2023: Ulteriori chiarimenti “tregua fiscale” (definizione PVC, liti, etc.).
  • Circolare Agenzia Entrate n.11/E del 12/05/2023: Rottamazione-quater e stralcio automatico – istruzioni.
  • Circolare Agenzia Entrate n.17/E del 19/06/2023: Cause di non punibilità ex DL 34/2023 art.23 (come opera in relazione a definizioni, richiamo art.13 D.Lgs.74).
  • Circolare Agenzia Riscossione n.1/2023: Istruzioni operative su rottamazione-quater e stralcio.

Giurisprudenza – Sentenze rilevanti:

  • Cass. Penale, Sez. III, 41581/2021 (ud. 28/10/2021): Ha statuito che, per il reato di omessa dichiarazione, le soglie di punibilità di €50.000 vanno riferite a ciascun tributo autonomamente considerato e non possono sommarsi importi evasi di imposte diverse per raggiungere la soglia.
  • Cass. Penale, Sez. III, 12242/2019: Ha sancito l’applicazione retroattiva della soglia più favorevole introdotta dal D.Lgs.158/2015 (50k anziché 30k) per fatti antecedenti (favor rei).
  • Cass. Penale, Sez. III, 11632/2016: Chiarito che il dolo di evasione nell’omessa dichiarazione può essere desunto oggettivamente dall’entità dell’omissione; irrilevanza di eventuali successivi ravvedimenti ai fini dell’esclusione del reato (salvo cause non punibilità ex lege).
  • Cass. Penale, Sez. Unite, 37424/2013 (Torchio): In tema di continuazione tra reati tributari di omessa dichiarazione, criteri di unificazione.
  • Cass. Civile, Sez. V, 27607/2018: Riguardo cumulo giuridico sanzioni ex art.12 D.Lgs.472/97 – applicabile a omesse dichiarazioni plurime se frutto di medesimo disegno evasivo.
  • CTR Lombardia 24/2017: Esempio di riconoscimento cause forza maggiore per omessa dichiarazione (malattia grave) e annullamento sanzioni – caso particolare.
  • Corte Costituzionale 225/2014: In materia di sanzioni proporzionali sulle dichiarazioni omesse ritenute non irragionevoli (previgente 120-240%).
  • Cass. Penale, 37307/2020: Sulla configurabilità di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta/occulatamento scritture in caso di omessa dichiarazione (concorso tra reati fallimentari e tributari).

Altro:

  • Codice Penale, art.131-bis: Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (applicabile ai reati tributari con pena massima <=5 anni in determinate circostanze di lieve offesa).
  • Direttiva UE 2018/1673: Relativa ai reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio di denaro – comporta D.Lgs.75/2020 che ha lievemente modificato l’art.5 D.Lgs.74 (introduzione “omessa 770” come 5 co.1-bis, e rilevanza penale IVA anche se solo compensazioni).

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