Hai affrontato un fallimento e ti stai chiedendo se i debiti che non sei riuscito a pagare ti seguiranno per sempre? Hai paura che, nonostante la chiusura della procedura, creditori e banche possano ancora pretendere qualcosa da te?
La esdebitazione del fallito è lo strumento che ti consente, una volta conclusa la procedura di fallimento, di ottenere la liberazione definitiva da tutti i debiti rimasti non soddisfatti, così da poter ripartire davvero da zero, senza più il peso del passato.
Ma cosa significa esattamente esdebitazione?
Vuol dire che, se hai rispettato tutti i doveri previsti durante la procedura fallimentare, puoi chiedere al Tribunale di essere dichiarato esdebitato, cioè libero da ogni obbligazione residua, anche se i creditori non sono stati pagati per intero o non hanno ricevuto nulla.
Chi può chiederla?
Possono accedervi gli imprenditori falliti (ora: soggetti in liquidazione giudiziale) che:
- hanno collaborato con il curatore fallimentare in modo corretto;
- non sono stati condannati per reati fallimentari;
- non hanno causato il fallimento con dolo o colpa grave;
- non hanno ottenuto un’altra esdebitazione negli ultimi dieci anni.
E cosa succede se ottieni l’esdebitazione?
Da quel momento, non sei più tenuto a pagare i debiti pregressi, anche se non sono stati soddisfatti con l’attivo fallimentare. È come se, dal punto di vista giuridico, quei debiti non esistessero più. Nessun creditore potrà più agire contro di te per recuperarli.
Come si chiede l’esdebitazione?
La richiesta si presenta al Tribunale che ha seguito la procedura, una volta chiusa la liquidazione giudiziale. Serve un’apposita istanza, corredata da documenti che dimostrino il tuo comportamento corretto, la collaborazione e l’assenza di cause ostative.
In alcuni casi, è possibile chiedere l’esdebitazione anche immediatamente dopo l’apertura della procedura, se sei considerato un debitore incapiente e non c’è patrimonio da liquidare: è la cosiddetta esdebitazione immediata.
Attenzione: l’esdebitazione riguarda solo i debiti anteriori al fallimento.
Restano fuori quelli nati dopo la procedura o per comportamenti dolosi. Ecco perché la valutazione preventiva è fondamentale per non esporsi a sorprese future.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto fallimentare, crisi d’impresa e sovraindebitamento – ti spiega cos’è l’esdebitazione del fallito, come funziona con la nuova normativa, chi può richiederla e cosa possiamo fare per aiutarti a chiudere ogni debito e ripartire.
Hai affrontato una liquidazione giudiziale e vuoi sapere se puoi davvero uscire dai debiti?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo insieme se hai i requisiti per l’esdebitazione, predisporremo l’istanza e ti guideremo in ogni fase, fino alla chiusura definitiva della tua esposizione debitoria.
Introduzione
L’esdebitazione è un istituto che consente al debitore persona fisica dichiarato fallito (oggi: sottoposto a liquidazione giudiziale) di essere liberato dai debiti rimasti insoddisfatti al termine della procedura concorsuale. In altre parole, con l’esdebitazione il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del debitore tutti i crediti pregressi non soddisfatti integralmente nella liquidazione. Ciò realizza il principio del fresh start (seconda opportunità): il debitore esdebitato può riprendere l’attività economica senza il peso delle vecchie passività, mentre i creditori concorsuali perdono definitivamente il diritto di agire per la parte di credito rimasta insoluta.
Introdotta nell’ordinamento italiano con la riforma fallimentare del 2006 (artt. 142-144 R.D. 267/1942) e poi estesa ai sovraindebitati con la L. 3/2012, l’esdebitazione è oggi disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs. 14/2019 – che ha unificato la materia della crisi e dell’insolvenza. La guida che segue, aggiornata a giugno 2025, illustra in chiave avanzata ma divulgativa la nuova disciplina dell’esdebitazione dal punto di vista del debitore, includendo riferimenti normativi completi, approfondimenti dottrinali, giurisprudenza recente (Cassazione e merito), tabelle riepilogative, FAQ e simulazioni pratiche per casi tipici. L’attenzione è focalizzata sull’esdebitazione post-liquidazione giudiziale (il “fallimento” della legge previgente), con cenni alle varianti previste per le procedure di sovraindebitamento (liquidazione controllata del debitore civile) e per il debitore incapiente.
Nota terminologica: nel CCII il termine fallimento è sostituito da “liquidazione giudiziale”, mentre le procedure di crisi da sovraindebitamento sono confluite nella “liquidazione controllata” (per i debitori civili non fallibili) e in altri strumenti di composizione. In questa guida useremo talora il termine tradizionale “fallito” per indicare il debitore meritevole sottoposto a liquidazione, e “procedura” per riferirci al fallimento/liquidazione (giudiziale o controllata) che precede l’esdebitazione.
Quadro normativo e novità del Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019)
L’evoluzione normativa dell’istituto riflette un progressivo ampliamento della tutela del debitore onesto sovraindebitato, in linea con i principi internazionali sul fresh start. I punti salienti sono:
- Introduzione (2006) e ampliamento (2012): l’esdebitazione compare nella Legge Fallimentare nel 2006, permettendo per la prima volta al fallito persona fisica la liberazione dai debiti residui post-fallimento, a certe condizioni. Nel 2012 un istituto analogo viene esteso, con la L. 3/2012, anche ai debitori non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti), nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Questa evoluzione risponde all’esigenza di evitare che chi è travolto dai debiti resti indebitato a vita, offrendo una seconda chance al debitore meritevole.
- Codice della Crisi (CCII) 2019: il D.Lgs. 14/2019 ha riordinato integralmente la materia, unificando in un unico testo sia la disciplina del fallimento (rinominato liquidazione giudiziale) sia quella del sovraindebitamento. Dopo rinvii, il Codice è entrato in vigore definitivamente il 15 luglio 2022, recependo anche la Direttiva (UE) 2019/1023 in tema di ristrutturazioni e insolvenze personali. Tra le innovazioni di rilievo introdotte dal CCII rispetto alla previgente legge fallimentare si segnalano:
- Eliminazione del requisito di pagamento parziale dei creditori: il nuovo Codice non richiede più che i creditori siano stati parzialmente soddisfatti per concedere l’esdebitazione. In passato, l’art. 142 L.F. subordinava il beneficio alla condizione che i creditori concorsuali fossero stati pagati “almeno in parte” (escludendo quindi i casi di totale incapienza). La giurisprudenza aveva già interpretato in senso estensivo tale requisito, ritenendolo soddisfatto anche se alcuni creditori rimangono completamente a bocca asciutta purché una parte del debito complessivo sia stata pagata – valutazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice, da effettuarsi in concreto. Oggi però il CCII supera definitivamente questa limitazione: l’esdebitazione può essere concessa anche se i creditori non hanno ricevuto alcuna utilità dalla liquidazione. Conta dunque la condotta meritevole del debitore, non la percentuale di realizzo per i creditori. Questa è una svolta di paradigma a favore del debitore onesto totalmente incapiente.
- Riduzione dei tempi per il “fresh start”: sotto la vecchia legge fallimentare il debitore poteva chiedere l’esdebitazione solo dopo la chiusura del fallimento (ed entro 1 anno dalla chiusura). Il CCII invece accelera i tempi, prevedendo la possibilità di ottenere la liberazione dai debiti anche prima della chiusura formale. In particolare, trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione, il debitore persona fisica ha diritto di conseguire l’esdebitazione (c.d. esdebitazione anticipata), pur se la procedura non è ancora conclusa. Tale termine triennale è esplicito per la liquidazione controllata (sovraindebitamento), ove l’esdebitazione opera di diritto al decorso dei 3 anni, e vale anche nella liquidazione giudiziale ordinaria come termine minimo per la domanda anticipata. In ogni caso, alla chiusura della procedura (sia essa giudiziale o controllata) il tribunale deve pronunciarsi sull’esdebitazione. Ne risulta un orizzonte temporale certo (massimo tre anni nelle procedure minori, e tendenzialmente contenuto anche in quelle maggiori) entro cui il debitore meritevole può ottenere la piena riabilitazione. Le modifiche del 2024 (terzo correttivo) hanno ulteriormente chiarito questo meccanismo: è stata eliminata la necessità di un’istanza ad hoc per l’esdebitazione anticipata, prevedendo che, decorsi tre anni dall’apertura, il tribunale provveda d’ufficio a valutare la liberazione dai debiti (anche senza un atto di impulso del debitore). In tal modo si evita che il debitore resti indefinitamente in attesa del beneficio qualora la liquidazione si protragga oltre il triennio. Inoltre, è stato stabilito che in caso di pendenza di un procedimento penale per reati fallimentari a carico del debitore, la decisione sull’esdebitazione sia sospesa fino all’esito del giudizio penale, pronunciandosi il tribunale solo dopo la definizione di quest’ultimo (v. oltre i dettagli sulle cause ostative).
- Estensione ai debitori collettivi (società ed enti): in passato solo la persona fisica fallita poteva ottenere l’esdebitazione, poiché si riteneva che per le società la questione fosse irrilevante (l’ente, esaurita la procedura, viene normalmente cancellato). Il CCII ha invece ampliato la platea dei debitori ammessi, includendo anche le società (di persone o di capitali) ed enti sottoposti a liquidazione giudiziale. Si tratta di una novità di portata storica, volta a superare il principio tradizionale secondo cui l’esdebitazione riguardava solo l’imprenditore individuale. In concreto, l’esdebitazione di una società produce effetti soprattutto a vantaggio dei soci illimitatamente responsabili: l’art. 278, comma 4 CCII stabilisce infatti che i soci di S.n.c., S.a.s. e analoghe società di persone – essendo obbligati illimitatamente per i debiti sociali – vengano liberati dai debiti sociali insoddisfatti qualora la società abbia ottenuto l’esdebitazione. In tal modo i soci illimitati vengono trattati alla pari del debitore fallito, evitando che dopo la procedura vengano perseguiti per debiti che l’attivo sociale non ha potuto soddisfare. Resta invece fermo che il beneficio non si estende ai coobbligati estranei (es. fideiussori, soci di capitale, terzi garanti): costoro continuano ad essere obbligati verso i creditori per l’intero importo dovuto. Peraltro, anche i debiti tributari e contributivi delle società rientrano tra quelli esdebitabili; non sono esclusi per legge, nemmeno se relativi all’IVA, come chiarito dalla giurisprudenza. In sintesi, oggi anche le società fallite possono conseguire l’esdebitazione dei debiti concorsuali residui: se pure l’ente verrà estinto, la “pulizia” formale dei debiti sociali giova ai soci illimitati e, in generale, consente di voltare pagina senza strascichi sul tessuto economico.
- “Esdebitazione dell’incapiente”: ispirandosi a finalità sociali, il Codice introduce una procedura speciale a favore del debitore persona fisica totalmente incapiente, ossia privo di beni o redditi aggredibili da offrire ai creditori. In presenza di rigorose condizioni di meritevolezza, il tribunale può concedere a tale soggetto la cancellazione di tutti i debiti senza aprire alcuna liquidazione del patrimonio (una sorta di esdebitazione “immediata” a costo zero). Questa misura eccezionale, disciplinata dall’art. 283 CCII, riconosce che in caso di assoluta indigenza tenere aperta una procedura concorsuale sarebbe inutile e dispendioso; è preferibile liberare il debitore onesto dalla condanna a una povertà permanente. L’esdebitazione dell’incapiente è però subordinata a condizioni stringenti a tutela dei creditori (vedi oltre). Inoltre, il beneficio concesso rimane “condizionato” per i 4 anni successivi: se entro quattro anni dal provvedimento il debitore incapiente riceve nuove risorse patrimoniali sufficienti a soddisfare almeno il 10% dei crediti originari, egli è obbligato a dichiararlo e a destinare tale sopravvenienza ai creditori, pena la revoca dell’esdebitazione. In pratica, il debitore potrà tenere per sé solo i miglioramenti economici modesti; se invece ad esempio eredita una somma consistente entro quattro anni, dovrà utilizzarla in parte (fino al 10% dei vecchi debiti) per pagare i creditori, altrimenti rischia di perdere il beneficio. Trascorso il quadriennio di “prova” senza sopravvenienze rilevanti, l’esdebitazione dell’incapiente diviene definitiva. Questa forma di esdebitazione, prevista dal CCII sulla scia di una modifica alla L. 3/2012 introdotta nel 2020, consente di dare sollievo immediato ai debitori civili in stato di indigenza, ferma restando la possibilità per i creditori di beneficiare di eventuali miglioramenti futuri della loro condizione.
- Altre modifiche dei decreti correttivi (2020-2024): la disciplina dell’esdebitazione è stata oggetto di tre interventi integrativi e correttivi: il D.Lgs. 147/2020, il D.Lgs. 83/2022 e il D.Lgs. 136/2024 (pubblicato il 27 settembre 2024). Questi provvedimenti hanno perfezionato diversi aspetti. In sintesi: (a) riduzione da 10 a 5 anni dell’intervallo minimo tra un’esdebitazione e l’altra (ora un debitore può ottenere un nuovo esdebitamento se sono trascorsi almeno cinque anni dal precedente); (b) esplicita previsione che il beneficio non può essere concesso più di due volte alla stessa persona in tutta la vita; (c) razionalizzazione del regime transitorio, stabilendo che le nuove regole di meritevolezza del CCII si applicano anche alle istanze di esdebitazione presentate dopo l’entrata in vigore del Codice, pur se riferite a fallimenti dichiarati sotto la legge anteriore. In particolare, un fallimento aperto prima del 15 luglio 2022 ma chiuso successivamente vedrà applicati i criteri più favorevoli del CCII (ad es. niente requisito di soddisfacimento parziale) se la domanda di esdebitazione è proposta quando il nuovo Codice è già vigente. Questa norma ha di fatto risolto un dibattito giurisprudenziale sorto nel 2022-23 sull’applicabilità della disciplina nuova ai fallimenti “vecchi” (dibattito di cui si darà conto più avanti). Infine, i correttivi hanno confermato le esclusioni già previste dalla legge previgente circa i debiti non liberabili: obblighi alimentari, risarcimenti da illecito e sanzioni pecuniarie restano debiti esclusi dall’esdebitazione (vedi oltre).
In definitiva, a giugno 2025 l’esdebitazione in Italia è regolata principalmente dagli artt. 278-283 CCII (come modificati dai decreti correttivi citati) e, per quanto non innovato, dai principi ereditati dalla vecchia legge fallimentare e dalla legge sul sovraindebitamento. Nel seguito esamineremo dettagliatamente: i presupposti soggettivi e oggettivi per ottenere l’esdebitazione (distinguendo le varie fattispecie: liquidazione giudiziale, liquidazione controllata, debitore incapiente), il procedimento da seguire, gli effetti e limiti del provvedimento (incluse le cause di diniego o revoca e i debiti non cancellabili). Verranno inoltre presentati alcuni casi pratici e le risposte alle domande frequenti, per chiarire le situazioni tipiche che si presentano a professionisti, imprenditori e privati interessati all’istituto.
Presupposti e condizioni per l’esdebitazione
Chi può accedere all’esdebitazione e a quali condizioni? La disciplina attuale prevede requisiti soggettivi (attinenti alla condotta e alla “meritevolezza” del debitore) e requisiti oggettivi/temporali (attinenti ai tempi e modi della procedura). Tali condizioni, in parte comuni a tutte le esdebitazioni, presentano alcune varianti a seconda che si tratti di liquidazione giudiziale, liquidazione controllata o procedura per debitore incapiente. Di seguito li analizziamo in dettaglio.
Soggetti ammessi al beneficio
Possono ottenere l’esdebitazione:
- Debitori persone fisiche sottoposti a liquidazione giudiziale, ossia gli imprenditori individuali e gli altri soggetti assoggettabili a fallimento (ora liquidazione giudiziale) che, concluse le operazioni di liquidazione, risultino con debiti concorsuali insoddisfatti. È il caso tipico del fallito persona fisica (commerciante, artigiano, imprenditore agricolo sopra soglia, ecc.) che, adempiute le condizioni di legge, chiede di essere liberato dai debiti residui.
- Debitori persone fisiche non fallibili, cioè consumatori, professionisti, start-up innovative e altri soggetti esclusi dal fallimento, purché sottoposti ad una procedura di sovraindebitamento. In particolare, l’esdebitazione è prevista all’esito della liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio” della L. 3/2012). In tal caso il codice parla di esdebitazione “di diritto” perché il beneficio scatta automaticamente al decorso di tre anni o alla chiusura della procedura, senza bisogno di una valutazione discrezionale sul merito economico (salvo verifiche sul merito soggettivo, v. infra). Rientrano in questa categoria il consumatore sovraindebitato e il piccolo imprenditore sotto soglia che abbia attivato la liquidazione controllata: anch’essi, se soddisfano le condizioni di legge, possono ottenere la liberazione dai debiti residui post-liquidazione.
- Società ed enti sottoposti a liquidazione giudiziale. Come visto, il CCII estende l’esdebitazione anche ai debitori collettivi (società di persone, di capitali, altri enti). Per le società di persone (S.n.c., S.a.s., ecc.) il beneficio ha effetto soprattutto per i soci illimitatamente responsabili, che risultano liberati dai debiti sociali insoddisfatti assieme alla società. Per le società di capitali, l’esdebitazione ha portata più limitata, dato che l’ente, esaurita la liquidazione, viene normalmente cancellato dal registro imprese e i soci non erano responsabili personali dei debiti sociali. Tuttavia, l’estensione alle società ha un valore sistematico importante e può risolvere alcuni casi particolari (ad esempio, società di persone irregolari, soci occulti, ecc.). Resta fermo che ciascun debitore persona fisica può beneficiare dell’esdebitazione al massimo due volte nella vita e con almeno 5 anni di intervallo tra l’una e l’altra (vedi oltre Limiti di frequenza).
- Debitore persona fisica incapiente (fresh start): caso peculiare in cui il soggetto, pur essendo sovraindebitato, non dispone di alcun patrimonio liquidabile né di redditi pignorabili, sicché una procedura liquidatoria sarebbe inutile. Tale soggetto – purché non soggetto a liquidazione giudiziale, e purché meritevole – può chiedere direttamente al tribunale l’esdebitazione di tutti i debiti ex art. 283 CCII. Questa opportunità è riservata una tantum al debitore civile onesto che versi in condizioni di indigenza assoluta. Sono esclusi dalla procedura incapienti gli imprenditori fallibili (per i quali resta la liquidazione giudiziale) e chi ha già beneficiato in passato di esdebitazione. Inoltre, l’accesso è precluso se l’eccesso d’indebitamento è dovuto a dolo, colpa grave o frode del debitore (v. meritevolezza infra). Si noti infine che l’esdebitazione dell’incapiente non è “automatica”: richiede un ricorso dedicato e un vaglio giudiziale più rigoroso rispetto all’esdebitazione “normale”. Ne costituisce un esempio il Tribunale di Torino, che ha ritenuto non ostativa la presenza di ingenti debiti fiscali per concedere l’esdebitazione incapiente, purché il complessivo comportamento del debitore risulti corretto (la mera esposizione debitoria verso l’erario non prova di per sé la malafede). In ogni caso, all’esdebitazione dell’incapiente si applicano condizioni e obblighi particolari (periodo di osservazione quadriennale, obbligo di pagamento sopravvenienze) come già illustrato.
Requisiti di meritevolezza (condizioni soggettive)
Il fulcro dell’istituto è la meritevolezza del debitore: il beneficio è riservato a chi abbia tenuto un comportamento onesto e collaborativo, senza abusare degli strumenti di indebitamento. Le condizioni soggettive per ottenere l’esdebitazione (art. 280 CCII per la liquidazione giudiziale, richiamato anche per la liquidazione controllata) riprendono in parte quelle già previste dall’art. 142 L.F., aggiornandole. In breve, il debitore deve aver tenuto una condotta pienamente conforme ai doveri di legge nel corso della procedura e non deve essersi macchiato di gravi malefatte economiche. Più precisamente, è escluso dal beneficio il debitore che:
- Non ha collaborato con gli organi della procedura. È richiesto che il debitore abbia cooperato attivamente con il curatore/commissario giudiziale, fornendo tutte le informazioni e l’ausilio necessari per la ricostruzione del patrimonio e delle cause dell’insolvenza. Ad esempio, il fallito doveva (anche sotto la vecchia legge) depositare i bilanci e le scritture contabili, indicare tutti i beni, i creditori e i debitori, e consegnare al curatore la propria corrispondenza (art. 48 L.F.). La mancata cooperazione – intesa come comportamento ostruzionistico, reticente o omissivo – costituisce causa di diniego dell’esdebitazione.
- Ha tenuto comportamenti fraudolenti o gravemente colposi relativi all’insolvenza. Il legislatore elenca una serie di condotte che, se accertate, precludono l’esdebitazione in quanto indicano una non meritevolezza intrinseca. Tra queste rientrano: aver occultato o distratto parte dell’attivo patrimoniale a danno dei creditori; aver esposto passività inesistenti o aggravato volontariamente il dissesto; aver fatto ricorso abusivo al credito aggravando la propria insolvenza; aver sottratto o falsificato le scritture contabili per impedire la ricostruzione del patrimonio e degli affari. In sintesi, ogni condotta dolosa che abbia leso o messo in pericolo gli interessi dei creditori o la trasparenza della procedura è incompatibile col beneficio.
- È stato condannato per reati concorsuali o finanziari. In particolare, il debitore non deve aver riportato condanne penali definitive per bancarotta fraudolenta o per reati contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio (es. ricorso abusivo al credito, false comunicazioni sociali, ecc.), salvo che sia intervenuta la riabilitazione. Questa clausola mira a escludere i soggetti che si sono resi responsabili di gravi illeciti connessi al fallimento o all’attività d’impresa. Da notare che eventuali procedimenti penali pendenti per tali reati non impediscono di chiedere l’esdebitazione, ma – come detto – il tribunale rinvierà la decisione sull’istanza fino all’esito del procedimento penale. Solo se il debitore verrà assolto (o i reati diversi dalla bancarotta risulteranno estinti/riabilitati) si potrà concedere il beneficio; in caso di condanna, invece, l’esdebitazione sarà negata.
- Ha causato la situazione di indebitamento con dolo o colpa grave (nei sovraindebitati). Questa ulteriore verifica di meritevolezza è espressamente prevista per il debitore civile in liquidazione controllata: l’art. 282, comma 2 CCII stabilisce che l’esdebitazione non opera se il debitore sovraindebitato ha determinato il proprio dissesto con grave colpa, malafede o frode. Si tratta di un filtro mutuato dalla disciplina del sovraindebitamento (il concetto di “meritevolezza” già presente nell’accordo di composizione e nel piano del consumatore): ad esempio, un consumatore che abbia accumulato debiti in modo irresponsabile (es. gioco d’azzardo patologico, spese volutamente sproporzionate rispetto al reddito) potrebbe essere ritenuto non meritevole e vedersi negato il beneficio. Va detto però che la giurisprudenza di merito tende ad un’applicazione restrittiva di questa causa ostativa, onde non vanificare il favor debitoris: come accennato, non basta la mera presenza di debiti fiscali ingenti per bollare il debitore come in malafede, occorrendo verificare il comportamento complessivo (cfr. Trib. Torino 23/4/2025 sul sovraindebitato incapiente).
- Ha già beneficiato in precedenza dell’esdebitazione oltre i limiti consentiti. Il CCII disciplina il caso del debitore “recidivo” in modo più permissivo che in passato, ma con precisi paletti: il beneficio non spetta se l’istante ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti, né in ogni caso se ne ha già beneficiato due volte nella vita. In pratica, è ammessa al massimo una seconda esdebitazione, purché vi sia un intervallo di almeno cinque anni tra la prima e la seconda. Ad esempio, se un imprenditore è fallito e esdebitato nel 2020, e fallisce nuovamente nel 2025, non potrà accedere al beneficio perché non sono trascorsi 5 anni; se invece il secondo fallimento avviene nel 2028 (oltre 5 anni dopo), potrà chiedere la nuova esdebitazione. In ogni caso un terzo fallimento non darà diritto ad ulteriori “fresh start” perché la legge fissa un tetto di due. Lo scopo è evidente: evitare abusi e fenomeni di serial bankruptcy. (Nota: sotto la legge fallimentare previgente l’intervallo era di 10 anni, di fatto limitando il beneficio ad una sola volta; la riforma ha voluto offrire una seconda chance in tempi più brevi, in linea con le indicazioni UE).
Se il debitore non ricade in nessuna delle situazioni ostative sopra descritte, può considerarsi meritevole e aspirare all’esdebitazione. Naturalmente spetta al tribunale, nella sede del procedimento di esdebitazione, verificare d’ufficio l’assenza di tali preclusioni (sentito il curatore o l’OCC e valutate eventuali osservazioni dei creditori). In caso emergano elementi negativi – ad es. scoperta di atti di frode o di condanne rilevanti – il giudice rigetterà l’istanza. Viceversa, ove ricorrano tutti i presupposti soggettivi, l’esdebitazione deve essere concessa (trattasi infatti di un diritto del debitore meritevole). Questo principio di favore per il debitore, già affermato dalla Cassazione sotto la vecchia legge, è ora fatto proprio dal Codice.
Di seguito si riporta, in forma tabellare, un riepilogo comparativo delle principali condizioni soggettive richieste oggi dal CCII rispetto alla previgente disciplina fallimentare:
Condizione (meritevolezza) | CCII (D.Lgs. 14/2019) | Previgente L. Fall. (R.D. 267/42) |
---|---|---|
Cooperazione con gli organi della procedura | Richiesta (obbligo di informare, depositare documenti, consegnare corrispondenza, etc.) | Richiesta (art. 142 co.1 L.F.) |
Assenza di atti in frode ai creditori (occultamenti, distrazioni, etc.) | Richiesta (nessun atto doloso o colposo grave che abbia pregiudicato i creditori) | Richiesta (art. 142 co.1 L.F.) |
Assenza di condanne per reati fallimentari o finanziari (fraudolenti) | Richiesta (condanne preclusive salvo riabilitazione, art. 280 co.1 lett. a CCII) | Richiesta (art. 142 co.1 L.F.) |
Cause d’indebitamento non dolose (sovraindebitamento) | Richiesta (no frode/malafede/colpa grave nel sovraindebitamento, art. 282 co.2) | Richiesta analoghe valutazioni meritevolezza per consumatore (L. 3/2012) |
Beneficio già ottenuto in passato | Non più di una volta nei 5 anni precedenti, e comunque max 2 volte in totale (art. 280 co.1 lett. d-e) | Non più di una volta nei 10 anni precedenti (art. 142 co.1 L.F.) – in pratica quasi sempre max 1 volta in totale. |
Presupposti oggettivi e condizioni temporali
Oltre alla meritevolezza, occorre che siano rispettati i presupposti oggettivi per l’esdebitazione. Tali presupposti attengono essenzialmente alla tempistica e all’inquadramento della procedura concorsuale in cui si colloca il beneficio. Possiamo distinguerli a seconda delle tre fattispecie normative: (1) esdebitazione ordinaria nella liquidazione giudiziale; (2) esdebitazione di diritto nella liquidazione controllata; (3) esdebitazione speciale del debitore incapiente.
- Esdebitazione nella liquidazione giudiziale (ex fallimento): il presupposto oggettivo fondamentale è che sia pendente (o conclusa) una procedura di liquidazione giudiziale aperta nei confronti del debitore persona fisica. In pratica, l’istanza di esdebitazione può essere proposta contestualmente alla chiusura della liquidazione giudiziale oppure, se la procedura si protrae, dopo 3 anni dalla sua apertura (esdebitazione anticipata). L’art. 279 CCII – rubricato Condizioni temporali di accesso – prevede infatti che, salvo il caso dell’esdebitazione automatica a 3 anni, il debitore ha diritto all’esdebitazione decorsi tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale. In altre parole, non è più necessario attendere la chiusura formale: decorso il triennio, il debitore meritevole può chiedere al tribunale di pronunciarsi sulla liberazione dai debiti, anche se la liquidazione non è terminata (ad es. perché sono in corso cause recuperatorie, ecc.). Se invece la liquidazione si conclude prima che siano trascorsi 3 anni, il tribunale provvede sull’esdebitazione nel decreto di chiusura (in tal caso senza necessità di apposita istanza finale del debitore, stante la possibilità di provvedere d’ufficio introdotta dal correttivo 2024). Riepilogando: nella liquidazione giudiziale ordinaria, decorso il termine di 3 anni dall’apertura il debitore può ottenere l’esdebitazione ante termine; se la procedura dura meno, l’esdebitazione viene decisa alla chiusura. È comunque necessario che siano soddisfatte le condizioni di meritevolezza di cui sopra (art. 280 CCII). Inoltre, il comma 3 dell’art. 281 CCII prevede che se l’esdebitazione avviene al termine dei 3 anni (automaticamente), non è richiesta un’istanza del debitore e il curatore non redige un rapporto finale riepilogativo (dato che la procedura è ancora in corso). Se invece la chiusura interviene prima del triennio, il curatore nel suo rapporto conclusivo deve segnalare ogni elemento rilevante ai fini dell’esdebitazione, per orientare il giudice sulla concessione o il diniego.
- Esdebitazione nella liquidazione controllata (sovraindebitamento): qui il presupposto è l’apertura di una procedura di liquidazione controllata ex art. 268 CCII nei confronti di un debitore civile insolvente (consumatore, piccolo imprenditore non fallibile, ecc.). L’art. 282 CCII dispone che, per tali procedure, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura oppure prima, decorsi tre anni dall’apertura, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale. Dunque, trascorsi tre anni dall’inizio della liquidazione controllata, il debitore è automaticamente esdebitato per legge, senza bisogno di attendere la fine formale: il tribunale emette un decreto che prende atto dell’inesigibilità dei crediti residui. Al termine dei tre anni, quindi, la “funzione” economica della liquidazione controllata cessa comunque (resta ferma la possibilità di proseguire eventuali riparti, ma ai fini del debitore la liberazione interviene comunque). Naturalmente, anche qui non si applica il beneficio se ricorre una causa ostativa: infatti l’art. 282 comma 2 (come modificato dal correttivo 2020) precisa che l’esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall’art. 280 (i requisiti di meritevolezza generali) né quando il debitore ha causato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. In pratica, vige lo stesso filtro di meritevolezza, con in più la valutazione sulla origine colposa/dolosa dell’indebitamento. Se il giudice riscontra una causa ostativa, emette un decreto dichiarando la sussistenza delle preclusioni e nega l’esdebitazione. Contro il decreto (sia che conceda l’esdebitazione, sia che la neghi) è ammesso reclamo da parte di qualsiasi interessato (creditori, debitore, PM) entro 30 giorni. Riassumendo, la liquidazione controllata offre al debitore meritevole un esdebitamento pieno e “accelerato” al triennio; il debitore però deve comportarsi correttamente durante la procedura e non aver provocato il proprio dissesto con frode o colpa grave. Da notare che il CCII, nel caso del sovraindebitamento, non richiede nemmeno un’istanza da parte del debitore per attivare il meccanismo: il tribunale è tenuto a dichiarare l’inesigibilità dei debiti d’ufficio allo scadere dei tre anni (o alla chiusura, se precedente), purché siano verificate le condizioni di legge. In pratica, l’esdebitazione del debitore sovraindebitato funziona come un effetto legale della procedura liquidatoria, analogamente a quanto avviene in altri ordinamenti europei (dove allo scadere di un periodo di good conduct il debitore è liberato ex lege).
- Esdebitazione “a richiesta” del debitore incapiente: il presupposto oggettivo qui è diverso: non vi è una procedura di liquidazione in corso (né giudiziale né controllata), perché il debitore è privo di attivo utile. Il debitore persona fisica in tali condizioni può presentare direttamente ricorso per esdebitazione ex art. 283 CCII, allegando di essere incapiente e di possedere i requisiti soggettivi richiesti. È dunque necessario provare: lo stato di insolvenza/sovraindebitamento; l’assenza di beni liquidabili o di redditi pignorabili; il fatto di non poter accedere ad altre procedure (ad es. perché non ha nemmeno i fondi per pagare le spese di una liquidazione); e naturalmente la propria meritevolezza (nessun dolo o colpa grave, nessuna condotta fraudolenta, ecc.). Il tribunale, sentiti i creditori e verificata la sussistenza dei presupposti, può accogliere la richiesta con decreto motivato. Tale decreto dichiara inesigibili tutti i debiti concorsuali del ricorrente, analogamente a una normale esdebitazione, ma con alcune differenze: 1) il provvedimento è revocabile d’ufficio se risulta che è stato ottenuto con dolo o mediante documentazione incompleta/inesatta (ad es. se il debitore ha nascosto dei beni); 2) nei 4 anni successivi il debitore ha l’obbligo di segnalare al tribunale e ai creditori l’eventuale arrivo di utilità rilevanti (eredità, vincite, incrementi di reddito, etc.), e se tali sopravvenienze permettono di soddisfare almeno il 10% dei vecchi crediti, deve pagare detta percentuale ai creditori (o comunque un importo concordato dal giudice); 3) se il debitore non adempie a tale obbligo di pagamento sulle sopravvenienze, l’esdebitazione viene revocata e tutti i debiti originari risorgono per l’intero. Passati quattro anni senza sostanziali miglioramenti economici del debitore, l’esdebitazione diventa definitiva e non potrà più essere messa in discussione. Va evidenziato che questa procedura è ammessa una sola volta: il debitore civile può beneficiare di un esdebitamento incapiente solo una volta nella vita (ciò è implicito nel requisito che non abbia già ottenuto altre esdebitazioni). Inoltre, se dopo aver ottenuto la cancellazione dei debiti il soggetto dovesse in futuro ripresentare una situazione d’insolvenza, non potrebbe più avvalersi dell’istituto incapienti (avendo esaurito la sua “chance”). L’esdebitazione incapiente è insomma un rimedio straordinario e finale, cui accedere solo in casi di estrema difficoltà e una volta sola.
Tabella riepilogativa – Tipologie di esdebitazione e condizioni principali:
Tipo di esdebitazione | Procedura concorsuale | Tempistica | Meritevolezza richiesta |
---|---|---|---|
Liquidazione giudiziale (“fallimento” imprenditore) | Liquidazione giudiziale aperta (persona fisica) | – Su istanza del debitore, dopo 3 anni dall’apertura (anche se la procedura continua);– D’ufficio al momento del decreto di chiusura (se chiusura avviene prima di 3 anni). | Sì, requisiti art. 280 CCII (cooperazione, assenza frodi/condanne, ecc.). Escluso se debitore recidivo (≤5 anni) o già due esdebitazioni in vita. |
Liquidazione controllata (sovraindebitamento) | Liquidazione controllata ex art. 268 CCII (persona fisica non fallibile) | – Automaticamente per legge dopo 3 anni dall’apertura, con decreto dichiarativo del tribunale;– in ogni caso, al provvedimento di chiusura (se interviene prima dei 3 anni). | Sì, requisiti generali art. 280; in più: indebitamento non causato da dolo o colpa grave (art. 282 co.2). Limite recidiva: stesso di cui sopra (5 anni/2 volte). |
Debitore incapiente (esdebitazione speciale) | Nessuna procedura liquidatoria (ricorso diretto del debitore ex art. 283) | – Ricorso presentabile in qualsiasi momento, se sussistono i presupposti (insolvenza conclamata e totale incapienza);– Decreto di accoglimento (o diniego) del tribunale dopo l’istruttoria;– Condizionato 4 anni dopo: se entro 4 anni sopravvenienze ≥10% debiti, obbligo versamento ai creditori o revoca beneficio. | Sì, requisiti generali (nessuna frode, condotta onesta); in più: non aver causato l’indebitamento con malafede o colpa grave (specie per consumatore). Limite: mai ottenuto esdebitazione prima (di fatto solo una volta ammesso). |
Debiti esclusi dall’esdebitazione
Un elemento cruciale da comprendere sono i limiti oggettivi degli effetti dell’esdebitazione. La legge esclude infatti dal beneficio alcune categorie di debiti di particolare natura, che restano comunque dovuti dal debitore anche dopo l’esdebitazione. Si tratta, in buona sostanza, delle stesse esclusioni già previste sotto la vecchia legge fallimentare, ora confermate nel CCII (art. 278 e 282). L’idea di fondo è che certi debiti – legati a obblighi personali o a sanzioni per illeciti – non possano essere spazzati via senza soddisfazione, per ragioni di ordine pubblico e di equità. Ecco l’elenco dei debiti non esdebitabili:
- Obblighi di mantenimento e alimentari, nonché obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa e di natura strettamente personale. In questa categoria rientrano ad esempio: gli assegni di mantenimento dovuti all’ex coniuge o ai figli in base a provvedimenti giudiziari; gli alimenti dovuti per legge a familiari; e in generale i debiti che non hanno attinenza con l’attività d’impresa del fallito e che sono di carattere personale (secondo l’art. 46 L.F. erano esclusi dal concorso i crediti alimentari, ma il debitore ne rimaneva obbligato). Tali obblighi non vengono cancellati dall’esdebitazione: il beneficiario (es. l’ex coniuge a cui sono dovute arretrati di mantenimento) potrà ancora pretendere le somme dovute. Si noti che questi crediti spesso non partecipano neppure al concorso fallimentare (perché estranei all’impresa), ma anche se partecipassero rimangono esclusi dal “perdono” finale.
- Debiti per risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale doloso, nonché sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie a debiti estinti. Ad esempio, se il debitore era tenuto a risarcire dei danni causati da un fatto illecito intenzionale (pensiamo ai danni per lesioni personali dolose, o una truffa), tale debito non viene cancellato dall’esdebitazione. Lo stesso vale per le multe, ammende e sanzioni penali o amministrative a carattere punitivo: contravvenzioni, sanzioni amministrative (es. una sanzione Antitrust), ammende penali, etc., restano dovute. La ratio è che non sarebbe accettabile esimere il colpevole dal risarcire le proprie vittime o dal pagare le multe per i reati commessi. Fanno eccezione le sanzioni accessorie a debiti estinti: ad esempio, se su un tributo poi estinto per prescrizione era caricata una sanzione amministrativa, essa non è più dovuta perché il debito principale non esiste più. Ma in generale, le sanzioni autonome restano escluse dal beneficio.
- Debiti dichiarati ineseguibili verso il debitore ma ancora azionabili verso terzi garanti o coobbligati. È bene ribadire che l’esdebitazione non si estende ai fideiussori, coobbligati o obbligati di regresso del debitore fallito. Quindi, ad esempio, se i debiti della ditta individuale di Tizio erano garantiti da un fideiussore (Caio), l’esdebitazione di Tizio libera lui ma non Caio: il creditore potrà ancora agire contro il fideiussore per l’intero importo dovuto. Analogamente, nel caso di obbligazioni solidali, la liberazione di uno dei condebitori (il fallito esdebitato) non toglie agli altri condebitori l’obbligo di pagare. Questo principio era espressamente sancito dall’art. 144 L.F. ed è confermato anche dalla disciplina attuale. In pratica, il beneficio ha carattere strettamente personale e non incide sulle garanzie fornite da terzi o sulle obbligazioni altrui.
Al di fuori delle predette categorie, tutti gli altri debiti concorsuali sono suscettibili di esdebitazione. Ciò include espressamente i debiti verso l’erario e gli enti previdenziali: tributi (compresa l’IVA), imposte, contributi INPS, ecc. Non essendo indicati tra le esclusioni di legge, tali debiti sono cancellati al pari degli altri. La questione dell’ammissibilità dell’esdebitazione sui debiti IVA è stata a lungo dibattuta, ma la Corte di Giustizia UE ha chiarito nel 2017 (caso Di Maura) che nulla osta, e la Corte di Cassazione ha recepito il principio per cui l’esdebitazione del fallito si applica anche ai debiti IVA, senza contrastare il sistema comunitario. Dunque oggi è pacifico che anche i debiti fiscali e contributivi rientrano nell’ambito del beneficio (ferma restando, beninteso, la necessità che il debitore non abbia frodato il fisco – ad es. occultando imponibile – perché in tal caso subentrerebbe un motivo ostativo di malafede).
Per completezza, va ricordato che l’esdebitazione incide solo sui rapporti tra creditori e debitore esdebitato. Restano inalterati i diritti dei creditori di far valere le garanzie reali eventualmente esistenti su beni di terzi. Ad esempio, se un terzo ha concesso un’ipoteca a garanzia di un debito del fallito, quell’ipoteca non è toccata dall’esdebitazione: il creditore potrà escutere il bene del terzo ipotecante. Se invece la garanzia reale (ipoteca, pegno) grava su un bene del debitore stesso e tale bene non è stato liquidato nella procedura (caso raro), la questione è più complessa: tecnicamente il credito residuo è inesigibile verso il debitore, ma il creditore potrebbe ancora agire in rem sul bene vincolato (tema oltre lo scopo di questa guida). In pratica però, nella maggior parte dei casi, tutti i beni del debitore sono stati liquidati o abbandonati liberi da vincoli durante la procedura, per cui questo problema si pone raramente.
Riassumendo, l’esdebitazione libera il debitore dai debiti concorsuali (chirografari e prelatizi per la parte non soddisfatta) ma non incide su: obblighi alimentari, debiti da illeciti dolosi, sanzioni pecuniarie, nonché obbligazioni e garanzie di terzi. La chiusura della procedura, dunque, segna il punto oltre il quale i creditori concorsuali non possono più perseguire il debitore esdebitato per i crediti pregressi (salvo le categorie escluse), mentre potranno ancora rivalersi su eventuali garanti o coobbligati non falliti per recuperare le somme loro dovute.
Procedura per l’ottenimento dell’esdebitazione
Il procedimento di esdebitazione è relativamente snello e, nel nuovo assetto, in parte automatizzato. Esso varia leggermente a seconda del tipo di procedura: liquidazione giudiziale, controllata o ricorso incapiente. Di seguito descriviamo i passaggi chiave riferiti al caso principale (liquidazione giudiziale), evidenziando le differenze rispetto alle altre fattispecie.
1. Istanza del debitore (se necessaria). Nel fallimento/liquidazione giudiziale, il debitore persona fisica può presentare ricorso per esdebitazione al tribunale competente. Tradizionalmente, la legge fallimentare prevedeva che l’istanza andasse depositata entro 1 anno dalla chiusura del fallimento, ma il CCII ha modificato tale tempistica: oggi l’istanza può essere proposta anche prima della chiusura (dopo 3 anni dall’apertura), come visto. In pratica, se la procedura è ancora aperta trascorso il triennio, il debitore può depositare un ricorso al tribunale chiedendo la pronuncia dell’esdebitazione anticipata. Se invece la procedura sta per chiudersi prima di 3 anni, il debitore meritevole non deve fare nulla: il tribunale provvederà d’ufficio con il decreto di chiusura a dichiarare l’inesigibilità dei debiti residui, senza bisogno di ricorso (ciò per espressa indicazione del correttivo 2024, eliminando l’atto di impulso in tal caso). Nella liquidazione controllata, addirittura, nessuna istanza è richiesta: l’esdebitazione discende dalla legge al terzo anno/chiusura, salvo che il debitore stesso rinunci formalmente al beneficio (ipotesi teorica ma difficilmente comprensibile). Nel ricorso incapiente, invece, l’iniziativa è necessariamente del debitore: il procedimento si avvia solo su sua domanda, da proporsi con ricorso contenente tutte le indicazioni e prove circa la propria condizione (insolvenza, assoluta incapienza, meritevolezza). In tutti i casi, il ricorso o l’istanza deve essere corredato dalla documentazione utile (ad esempio, nel fallimento: decreto di chiusura se già emesso, relazione del curatore, certificato penale del debitore per verificare eventuali condanne, ecc.).
2. Comunicazione ai creditori e relazione del curatore (o OCC). Nel procedimento di esdebitazione conseguente a liquidazione giudiziale, il CCII prevede che il curatore informi i creditori dell’istanza di esdebitazione presentata dal debitore. In pratica, una volta depositato il ricorso, il curatore comunica a tutti i creditori ammessi al passivo che il debitore ha richiesto l’esdebitazione, invitandoli a presentare eventuali osservazioni entro 15 giorni. Ciò consente ai creditori di segnalare al tribunale elementi rilevanti (ad es. se qualcuno ritiene che il debitore abbia commesso atti in frode, potrà farlo presente). Il curatore inoltre, se la procedura non è ancora chiusa, inserisce nella sua relazione riepilogativa finale (ex art. 235 CCII) una sezione dedicata ai fatti utili per la concessione o il diniego del beneficio. Ad esempio, il curatore riferirà se il debitore ha collaborato lealmente o se invece ha riscontrato criticità nel suo comportamento. Questa relazione funge da base informativa per il giudice. Nella liquidazione controllata, un ruolo analogo è svolto dall’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) se nominato, il quale al termine redige una relazione finale. Nel ricorso incapiente, il tribunale può chiedere all’OCC (ove costituito) o ad un esperto di relazionare sulla situazione economica del debitore. In ogni caso i creditori hanno facoltà di intervenire nel procedimento, opponendosi o formulando eccezioni entro i termini fissati (ad es. nel fallimento 15 giorni dalla comunicazione del curatore; nel sovraindebitamento 30 giorni per l’eventuale reclamo ex art. 282 co.3).
3. Udienza e decisione del tribunale. Il tribunale (in composizione collegiale) esamina l’istanza, la relazione del curatore/OCC e le eventuali osservazioni dei creditori. Può fissare un’udienza per sentire le parti o acquisire chiarimenti. Nel caso della liquidazione giudiziale, spesso non è necessaria un’udienza formale: il collegio decide in camera di consiglio sulla base degli atti. Qualora emerga una ragione ostativa (es: scoperta di un grave atto in frode o una condanna non nota), il tribunale può anche disporre un’istruttoria (audizione del debitore, assunzione di prove documentali, ecc.) prima di decidere. Alla fine, il tribunale emette un decreto motivato con cui accoglie o rigetta la domanda di esdebitazione. Tale decreto viene comunicato al debitore, ai creditori e al Pubblico Ministero. Attenzione: il CCII qualifica il provvedimento come decreto, quindi di natura non contenziosa; tuttavia, esso è soggetto a reclamo (vedi punto 5). Se il tribunale rileva cause ostative, nega il beneficio esplicitando le ragioni (ad es. “esdebitazione negata perché il debitore ha occultato beni durante la procedura”); se invece le condizioni risultano soddisfatte, dichiara l’esdebitazione, ossia attesta che tutti i debiti concorsuali non soddisfatti sono inesigibili verso il debitore.
4. Contenuto del provvedimento di esdebitazione. Nel decreto che concede l’esdebitazione, il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del debitore tutti i debiti concorsuali non integralmente soddisfatti nella procedura. Di norma viene fatto un riferimento generale (“dichiara inesigibili i debiti concorsuali anteriori non soddisfatti”), eventualmente indicando le esclusioni di legge (alimentari, risarcitori, sanzionatori come sopra elencati) e le eventuali condizioni. Nella liquidazione giudiziale e controllata standard, non vi sono condizioni successive: l’esdebitazione è immediatamente definitiva (fatta salva la possibilità di revoca per frodi scoperte in seguito, di cui si dirà). Invece, nel decreto di esdebitazione del debitore incapiente, il tribunale inserisce di regola le seguenti condizioni risolutive: l’obbligo per il debitore di informare tempestivamente circa eventuali sopravvenienze di reddito/patrimonio nei 4 anni successivi; l’obbligo di versare ai creditori (di solito tramite OCC) una parte di tali sopravvenienze fino alla concorrenza del 10% dei debiti originari; la previsione che, in caso di inadempimento di tali obblighi, l’esdebitazione sarà revocata. In molti tribunali i decreti specificano dettagliatamente queste condizioni (es: obbligo del debitore di relazionare annualmente all’OCC sulla propria situazione economica, pena revoca automatica). Importante: l’esdebitazione concessa non comporta la riabilitazione civile del debitore, che tuttavia nel nuovo sistema non è più necessaria: le cause di incapacità del fallito (perdita temporanea di capacità d’agire in ruoli imprenditoriali, interdizioni dai pubblici uffici, ecc.) cessano già con la chiusura della procedura o con la riabilitazione penale. Oggi il fallito esdebitato può tornare immediatamente a fare l’imprenditore o l’amministratore di società, non essendovi più preclusioni legali in tal senso. Resta naturalmente il tema della reputazione commerciale: il debitore esdebitato dovrà riconquistare la fiducia del mercato, ma dal punto di vista giuridico non ha ulteriori handicaps. Anche ai fini del merito creditizio, va detto, la sua posizione migliora (le Centrali Rischi segnalano le posizioni per pochi anni, dopodiché l’esdebitato può risultare “pulito” nella storia creditizia).
5. Impugnazioni e definitività. Contro il decreto che decide sull’esdebitazione è previsto il reclamo alla Corte d’Appello (ex art. 124 CCII) da proporsi entro 30 giorni dalla comunicazione. Possono reclamare sia il debitore (se la richiesta è stata rigettata), sia i creditori o il PM (se il beneficio è stato concesso e ravvisano qualche irregolarità). Il procedimento di reclamo si svolge davanti alla Corte d’Appello in camera di consiglio, con decreto motivato non oltre 60 giorni dal deposito del reclamo. Ulteriore ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge. In mancanza di reclami, o una volta esauriti gli eventuali gravami, il decreto di esdebitazione diviene definitivo. Da quel momento il debitore è legalmente liberato dai debiti pregressi e i creditori (salvo quelli per crediti esclusi) non potranno più agire contro di lui. Sotto la legge fallimentare previgente esisteva un’apposita norma (art. 144 L.F.) che consentiva la revoca dell’esdebitazione postuma, se entro 1 anno si scopriva che essa era stata ottenuta con dolo o mediante documenti falsi/incompleti (tipicamente se veniva fuori che il debitore aveva nascosto una condanna ostativa o parte dell’attivo). Il CCII non riproduce espressamente tale norma. Ciò nondimeno, la dottrina ritiene applicabili gli strumenti generali (es: revocazione straordinaria del decreto per dolo processuale, ex art. 395 c.p.c.) per rimediare a eventuali frodi scoperte dopo la chiusura del procedimento. Si può dunque affermare che, in via eccezionale, anche sotto il CCII un’esdebitazione già concessa potrebbe essere revocata se emerge successivamente una causa ostativa grave precedentemente ignota (p.es., si scopre che il debitore aveva falsificato le scritture contabili, quindi era meritevole solo in apparenza). Si tratta però di evenienze molto rare. Nella prassi concreta, una volta decorso il termine di reclamo senza impugnazioni, il provvedimento diventa stabile e intangibile e il debitore può confidare definitivamente nel suo fresh start. L’unico caso particolare è, come detto, quello dell’incapiente: in quel caso il decreto è definitivo sub condicione per 4 anni, periodo durante il quale se il debitore viola gli obblighi sulle sopravvenienze, i creditori possono chiedere al tribunale la revoca del beneficio. Fuori da tale ipotesi, l’esdebitazione concessa diviene irrevocabile e il debitore è definitivamente libero.
Giurisprudenza recente e orientamenti interpretativi
Nei primi anni di applicazione della nuova disciplina (2020-2025) si sono registrate significative pronunce sia di merito che di legittimità sul tema dell’esdebitazione. I filoni principali riguardano: la portata del requisito di pagamento parziale dei creditori (ora abolito), l’inclusione dei debiti fiscali nell’esdebitazione, e la vexata quaestio dell’applicabilità del CCII ai fallimenti pregressi (poi risolta normativamente).
Sul fronte del requisito oggettivo di soddisfacimento dei creditori, la Corte di Cassazione aveva già da tempo adottato una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 142 L.F., affermando che la condizione del pagamento “almeno parziale” si considera soddisfatta anche se alcuni creditori non siano stati pagati affatto, purché una parte non irrisoria dei debiti sia stata soddisfatta nella liquidazione. Le Sezioni Unite n. 24214/2011 e successive sentenze di legittimità avevano chiarito che solo il caso di credito totalmente insoddisfatto in toto per tutti i creditori fosse ostativo, mentre non era richiesta una soglia minima fissa di soddisfo, rimessa piuttosto alla valutazione del giudice caso per caso (purché non fosse una percentuale “affatto irrisoria”). Questo orientamento giurisprudenziale ha di fatto anticipato lo spirito della riforma, rendendo più accessibile il fresh start anche a fallimenti con riparti modestissimi. Nel solco di tale indirizzo, pronunce recentissime – Cass. civ. Sez. I, 6 novembre 2024 n. 28505 e 3 ottobre 2024 n. 25946 – hanno ribadito che la scarsa consistenza del patrimonio del fallito non può mai costituire di per sé motivo di esclusione dal beneficio, una volta verificate le altre condizioni. Viene così definitivamente archiviata ogni impostazione “punitiva” per cui chi non paga nulla non meriterebbe la liberazione: al contrario, si riconosce che l’esdebitazione ha senso specialmente nei casi di completa incapienza, se il debitore è meritevole. Oggi, come visto, il CCII ha eliminato formalmente il requisito di pagamento parziale, per cui tali dispute sono superate alla radice.
Quanto ai debiti tributari, si è già detto che non sono esclusi dall’esdebitazione per legge. In passato c’era incertezza in particolare sull’IVA, temendosi un conflitto con la normativa UE che vieta in linea di massima rinunce generalizzate al gettito IVA. La questione è stata risolta grazie all’intervento congiunto delle giurisdizioni: la Corte di Giustizia UE (sentenza 16 marzo 2017, causa C-493/15) ha affermato che il principio di neutralità IVA non impedisce agli Stati membri di introdurre una disciplina di esdebitazione applicabile anche all’IVA, purché siano rispettati determinati presupposti di buona fede. La Cassazione ne ha preso atto e, con sentenza Sez. I n. 11524/2022, ha sancito che l’esdebitazione del fallito si estende ai debiti IVA residui. Conseguentemente, oggi è pacifico che un decreto di esdebitazione possa liberare il debitore anche dal debito IVA non pagato, senza che ciò possa essere messo in discussione (Cass. civ. Sez. I, 7 aprile 2022 n. 11524). Si segnala che alcuni giudici di merito, nelle procedure incapienti, hanno inizialmente scrutinato con severità la presenza di grossi debiti fiscali per valutare la meritevolezza (ritenendo, ad esempio, che l’omesso versamento sistematico di imposte potesse integrare “malafede”). Tuttavia, le pronunce più aggiornate smentiscono un automatismo in tal senso: Tribunale di Torino, 23 aprile 2025 ha chiarito che la presenza di debiti IVA ingenti non costituisce di per sé indice di malafede, dovendosi indagare le cause (ad es. se dovuti a crisi di liquidità e non a frode). In altre parole, i debiti fiscali meritano lo stesso trattamento degli altri: sono esdebitabili, salvo vi siano condotte fraudolente sottostanti che casomai rileveranno come motivo ostativo.
Un capitolo interessante ha riguardato l’applicabilità della nuova disciplina ai fallimenti dichiarati sotto la legge anteriore ma ancora pendenti o chiusi dopo l’entrata in vigore del CCII. Prima dell’intervento normativo del 2022, la giurisprudenza si era divisa:
- Un primo orientamento riteneva che, essendo la procedura fallimentare regolata dalla legge vigente al momento del fallimento, anche l’istanza di esdebitazione dovesse seguire le vecchie regole, trattandosi di una semplice “propaggine” del fallimento stesso. In questo solco si collocavano ad es. Tribunale di Rimini 30.03.2023, Trib. Catania 02.03.2023, Corte d’Appello di Bologna 27.01.2023, che applicavano l’art. 142 L.F. (richiedendo quindi il requisito di parziale soddisfacimento, il limite di 10 anni, ecc.) ai fallimenti aperti prima del 15 luglio 2022.
- Un secondo orientamento, più favorevole al debitore, sosteneva invece che l’esdebitazione ha una sua autonomia rispetto al fallimento originario e configura un procedimento a sé stante. Di conseguenza, per le istanze presentate dopo l’entrata in vigore del CCII si sarebbero dovute applicare le norme nuove, più vantaggiose per il debitore, indipendentemente dalla legge sotto cui era nato il fallimento. Questa tesi, inizialmente minoritaria, è stata adottata da Tribunale di Verona 02.12.2022, Trib. Torino 17.03.2023, Trib. Pistoia 24.01.2023, e motivata anche in chiave costituzionale. Secondo tali pronunce, negare al fallito “ante 2022” il beneficio delle nuove regole avrebbe creato ingiustificate disparità di trattamento, mentre applicarle retroattivamente era più coerente con il favor espresso dalla normativa euro-unitaria verso la seconda chance.
La discussione si è protratta per tutto il 2023, finché il legislatore, con il secondo correttivo (D.Lgs. 83/2022), ha fatto chiarezza stabilendo che le nuove regole del CCII in tema di meritevolezza/esdebitazione valgono anche per le domande presentate dopo il 15 luglio 2022, ancorché relative a procedure aperte prima. Ciò ha di fatto recepito l’orientamento più favorevole al debitore. Alcune corti avevano già in precedenza anticipato tale soluzione facendo leva sul principio di applicazione immediata della norma più favorevole: ad esempio Tribunale di Urbino, 14 marzo 2024 ha osservato che l’opzione “innovativa” è la più coerente col favor debitoris di matrice comunitaria, evitando discriminazioni temporali. Tribunale di Firenze, 24 gennaio 2024, pur ritenendo in astratto non applicabile il CCII ai fallimenti pendenti, ha comunque riadattato la disciplina previgente in senso favorevole al debitore, proprio alla luce dei principi UE e nazionali sopravvenuti. Oggi, grazie alla norma di diritto transitorio introdotta, non vi è più incertezza: se la domanda di esdebitazione è presentata quando il CCII è in vigore (post 15/7/2022), si applicano i criteri nuovi più benevoli (niente soglia di pagamento, 5 anni per recidiva, ecc.), anche se il fallimento era stato aperto prima. Questa evoluzione garantisce parità di trattamento a tutti i debitori che chiedono il beneficio nel regime attuale.
In linea generale, la giurisprudenza di legittimità successiva al 2022 non ha ancora avuto modo di pronunciarsi diffusamente sulle nuove norme (anche perché molte istanze sono decise nei tribunali e si fermano lì, specie dopo l’armonizzazione legislativa). Tuttavia, dalle decisioni esaminate emerge un quadro improntato ad accentuare la funzione “di sollievo” dell’esdebitazione, in coerenza con la Direttiva UE: i giudici valutano rigorosamente la meritevolezza soggettiva (colpendo chi ha frodato o commesso reati), ma interpretano in senso estensivo e funzionale gli altri requisiti, senza introdurre ostacoli non voluti dalla legge. La Cassazione, dal canto suo, ha confermato l’indirizzo nomofilattico pro-debitore maturato sull’art. 142 L.F., che ora risulta per così dire assorbito dalla nuova normativa più chiara. Possiamo attenderci per il futuro pronunce della Suprema Corte sui punti ancora inediti (ad esempio l’esdebitazione incapiente, o questioni procedurali), ma allo stato attuale il diritto vivente sull’esdebitazione appare finalmente stabilizzato e unanime nel riconoscerne la natura di “strumento di reintegrazione” del debitore nel circuito economico.
Esempi pratici di esdebitazione (casi tipici)
Di seguito vengono presentati alcuni casi ipotetici, ispirati a situazioni reali, per illustrare in modo concreto il funzionamento dell’esdebitazione a seconda delle diverse categorie di debitori.
- Caso 1: Artigiano fallito senza attivo. Mario è un artigiano edile che viene dichiarato fallito (liquidazione giudiziale) nel 2023. La procedura accerta che Mario non possiede beni da liquidare: l’unico cespite era un furgone già pignorato dalla banca; non ci sono immobili né conti attivi. I creditori (banche e fornitori) pertanto non ricevono alcun pagamento dal fallimento. Mario però collabora pienamente col curatore, fornendo i documenti e spiegando che la sua insolvenza è dovuta al fallimento di alcuni clienti (che non l’hanno pagato). Non emergono frodi o condotte a lui imputabili. Nel 2024 il curatore propone la chiusura del fallimento per mancanza di attivo. Esdebitazione: In sede di decreto di chiusura, il tribunale – su istanza di Mario – concede l’esdebitazione nonostante i creditori non abbiano recuperato nulla, poiché tutte le condizioni soggettive sono rispettate (meritevolezza, nessun atto in frode, nessuna condanna, ecc.) e il CCII non richiede un pagamento minimo ai creditori. Da quel momento, Mario è libero dai debiti residuali verso banche e fornitori per circa €100.000 complessivi. Le banche non potranno più agire contro di lui (prima dell’esdebitazione avrebbero potuto riprendere le azioni esecutive individuali, ma ora no). Mario potrà dunque ripartire da zero; ad esempio, dopo la chiusura potrà aprire una nuova attività o essere assunto e il suo stipendio non sarà aggredibile per quei vecchi debiti. (N.B.: i debiti verso l’ex moglie per gli alimenti ai figli, se presenti, resterebbero invece dovuti perché esclusi per legge dall’esdebitazione.)
- Caso 2: Piccolo imprenditore con pagamento parziale ai creditori. Lucio gestiva un negozio di elettronica ed è fallito nel 2020 con €300.000 di debiti. La liquidazione giudiziale, durata fino al 2023, ha ricavato €60.000 dalla vendita delle merci in magazzino, somma distribuita ai creditori chirografari in misura del 20%. Lucio ha tenuto un comportamento corretto (ha consegnato i registri, non risultano irregolarità). Nel 2023, alla chiusura, Lucio chiede l’esdebitazione. Il tribunale verifica che non ci sono cause ostative e accoglie l’istanza, dichiarando inesigibili i debiti residui (~€240.000). Un creditore insoddisfatto potrebbe lamentarsi che lui ha recuperato solo il 20%, ma la legge non garantisce una soglia di recupero: come osservato anche dalla Cassazione, è sufficiente che i creditori siano stati soddisfatti non totalmente zero, e nel caso di Lucio hanno avuto il 20%, quindi ben oltre una soglia “non irrisoria”. L’esdebitazione è dunque correttamente concessa. Dopo il decreto, i creditori non potranno pretendere da Lucio il restante 80% dei loro crediti. (Da notare: se qualche creditore non si era insinuato al passivo, formalmente l’esdebitazione opera nei suoi confronti solo per la parte eccedente ciò che avrebbe preso se avesse partecipato. In pratica, se un creditore A non insinuato avrebbe avuto diritto al 20% in graduatoria, l’esdebitazione lo libera dell’80% residuo, ma potrebbe ancora esigere il 20% da Lucio. Tuttavia, poiché quell’attivo è stato distribuito agli altri creditori, A non potrà materialmente ottenerlo. Questa regola – detta esdebitazione relativa dei crediti non concorrenti, ex art. 144 L.F. – mira a evitare che i creditori rinuncino a insinuarsi contando sull’esdebitazione finale. Di fatto ha scarsa applicazione, specie ora che l’esdebitazione può arrivare anche ante chiusura.)
- Caso 3: Socio di società di persone fallita. La SNC “Alfa” (composta da due soci, Tizio e Caio) fallisce nel 2023 con debiti sociali per €500.000. La liquidazione giudiziale si conclude nel 2025, pagando ai creditori il 30%. In base all’art. 147 L.F. (ora art. 256 CCII) i soci illimitatamente responsabili sono stati automaticamente dichiarati falliti insieme alla società, quindi Tizio e Caio sono falliti in estensione. Al termine, la società Alfa ottiene l’esdebitazione ex art. 278 CCII: il tribunale la concede d’ufficio nel decreto di chiusura, stante la regolare condotta dei soci e l’assenza di atti in frode. Quali effetti produce ciò sui soci? Per il disposto dell’art. 278 co.4, anche i soci illimitati Tizio e Caio sono liberati dai debiti sociali rimasti insoddisfatti. Significa che i creditori sociali (fornitori, banche) non potranno chiedere a Tizio e Caio il 70% residuo dei debiti sociali. Se i soci avevano patrimonio personale, questo è già confluito nel fallimento in estensione; dopo la chiusura ed esdebitazione, i loro eventuali nuovi beni/redditi non saranno attaccabili per quei debiti. Nota: se uno dei soci avesse anche debiti personali estranei alla società (es. Tizio aveva un mutuo personale non pagato), tali debiti non sarebbero coperti dall’esdebitazione della società Alfa, ma Tizio potrebbe richiedere separatamente la propria esdebitazione personale nell’ambito del suo fallimento (che viaggia parallelo a quello sociale). In pratica, nel fallimento esteso ai soci si avrà un decreto di esdebitazione unico che copre sia i debiti sociali (per i quali Tizio e Caio sono coobbligati) sia gli eventuali debiti personali dei singoli soci. L’importante è che la società abbia soddisfatto i requisiti (meritevolezza dei suoi amministratori/soci) e che i singoli soci non abbiano cause ostative personali. In caso di socio accomandante di S.a.s. o socio di capitali, invece, la sua eventuale esdebitazione rileva solo per i debiti propri (poiché i debiti sociali eccedenti il capitale conferito non gravano su lui per legge, quindi non serve “liberarlo” da nulla in tal senso).
- Caso 4: Consumatrice sovraindebitata e liquidazione controllata. Anna è una consumatrice (impiegata part-time) che ha accumulato €50.000 di debiti personali (prestiti, carte di credito, bollette arretrate). Non essendo imprenditrice, Anna non può essere dichiarata fallita; si rivolge allora all’OCC e nel 2023 viene ammessa alla liquidazione controllata dei suoi beni ex L. 3/2012 (ora art. 268 CCII). Anna possiede una piccola auto usata e pochi risparmi, che vengono liquidati nella procedura, pagando ai creditori circa €5.000 (10%). La liquidazione controllata rimane aperta per qualche tempo per permettere ad Anna di versare ai creditori anche parte del suo stipendio mensile (al netto del minimo vitale) – cosa che Anna fa diligentemente, contribuendo con altri €2.000 in due anni. Trascorsi 3 anni dall’apertura (2026), scatta l’esdebitazione di diritto: il tribunale, verificata la meritevolezza di Anna (nessuna malafede nell’indebitarsi, nessuna violazione dei doveri nella procedura), dichiara l’inesigibilità di tutti i debiti residui. I creditori hanno avuto in totale circa il 14%, ma non potranno pretendere il restante 86%. Anna è dunque libera dai debiti e può ricominciare a gestire il proprio budget senza la spada di Damocle dei creditori. Questo risultato è stato ottenuto senza dover attendere la chiusura formale della liquidazione controllata – che magari richiederà ancora qualche mese per questioni burocratiche – perché la legge lo prevede automaticamente dopo il triennio. Da notare: l’esdebitazione in tal caso è praticamente automatica; i creditori possono al più fare reclamo se ritengono Anna non meritevole, ma se tutto è regolare il decreto viene confermato. I debiti esclusi (ad es. eventuali multe per violazioni stradali non pagate da Anna) restano comunque a suo carico, ma in questo caso Anna non ne aveva. Se Anna avesse avuto debiti per multa penale (es. ammenda da reato), quella obbligazione non sarebbe cancellata e il creditore (lo Stato) potrebbe ancora esigerla. I debiti fiscali di Anna (es. €5.000 di IRPEF non versata) invece sono stati cancellati, in quanto i debiti tributari non sono esclusi.
- Caso 5: Debitore incapiente (fresh start). Mario (diverso dal caso 1) è un debitore civile incapiente: disoccupato, vive in affitto, nessun bene di valore, e ha debiti per €30.000 verso varie finanziarie. La sua situazione è senza via d’uscita: non può accedere al piano del consumatore perché non ha reddito per pagare una quota ai creditori; non ha senso aprire una liquidazione controllata perché non c’è nulla da liquidare e i costi supererebbero i benefici. Mario però è in buona fede: i suoi debiti derivano dalla perdita del lavoro e non da spese frivole o mala gestio. Nel 2025, con l’aiuto di un OCC, Mario presenta un ricorso ex art. 283 CCII per esdebitazione del debitore incapiente. Il tribunale accerta che Mario è effettivamente privo di beni e redditi pignorabili, che non ha tenuto comportamenti fraudolenti e che la sua insolvenza non è dovuta a dolo o colpa grave (è semplicemente frutto di sfortuna e difficoltà economiche generali). Nessuno dei creditori si oppone (anche perché è evidente che non potrebbero comunque ottenere nulla). Il tribunale quindi accoglie il ricorso e concede a Mario l’esdebitazione integrale di €30.000 di debiti. Il decreto stabilisce però che per i 4 anni successivi Mario dovrà comunicare al referente OCC qualsiasi miglioramento rilevante della sua situazione economica (nuovi redditi, donazioni, vincite, eredità, ecc.) e che, in caso di sopravvenienze sufficienti a soddisfare almeno il 10% dei vecchi crediti (ossia almeno €3.000), Mario dovrà destinare tale importo ai creditori, a pena di revoca del beneficio. Cosa significa in pratica? Supponiamo che dopo 2 anni Mario trovi un buon lavoro o riceva un’eredità, ottenendo risorse aggiuntive. Se queste risorse sono tali da permettere di pagare una parte significativa dei creditori, allora Mario dovrà utilizzarle in parte per quel fine. Ad esempio, se Mario eredita €50.000 entro 2 anni, il tribunale (o l’OCC) gli chiederà di versare almeno €3.000 (10% dei 30.000 di debiti originari) ai creditori, ripartiti proporzionalmente. Se Mario adempie, l’esdebitazione resta valida e i creditori avranno ottenuto ex post quel 10%. Se Mario non adempie (magari nasconde l’eredità), i creditori possono chiedere la revoca dell’esdebitazione e Mario tornerebbe debitore per l’intero importo. Nel caso in esame, supponiamo però che Mario nei 4 anni successivi resti in una situazione di solo modesto miglioramento (trova un lavoretto part-time, ma nulla di eclatante). Egli comunica annualmente di non aver acquisito nuove sostanze se non quelle necessarie alla vita. Trascorsi i 4 anni, l’esdebitazione diventa definitiva e incondizionata: Mario non dovrà più rendere conto di eventuali aumenti di reddito futuri e i suoi vecchi creditori non potranno mai più avanzare pretese su di lui. Mario, liberato dal peso dei debiti, potrà così dedicarsi al reinserimento lavorativo senza la paura di vedersi pignorare subito ogni guadagno. Nota: l’esdebitazione incapiente è una misura molto potente, ma riservata a situazioni di vera indigenza. I creditori in questi casi difficilmente avrebbero recuperato qualcosa comunque; tuttavia la legge tutela le loro (residue) aspettative prevedendo il meccanismo della condizione risolutiva sulle sopravvenienze. In assenza di tale meccanismo, potrebbe sembrare ingiusto che un debitore esdebitato vinca alla lotteria l’anno dopo e i suoi ex creditori non abbiano nulla: invece, con la regola del 10%, se ciò accade entro 4 anni, i creditori avranno diritto a una parte di quella fortuna. Trascorsi i 4 anni, eventuali arricchimenti successivi restano invece interamente al debitore, perché si ritiene concluso il periodo di “osservazione”.
Questi esempi coprono alcune situazioni frequenti. Ovviamente, ogni caso concreto può presentare peculiarità ulteriori (ad es. debiti di natura mista, presenza di contestazioni su atti in frode, etc.), ma le dinamiche di base illustrate rimangono valide come guida generale.
Domande frequenti (FAQ)
D: Chi può ottenere l’esdebitazione?
R: Tutte le persone fisiche che siano state coinvolte in una procedura concorsuale liquidatoria possono aspirare all’esdebitazione, purché in possesso dei requisiti di legge. In particolare: gli imprenditori individuali dichiarati falliti (liquidazione giudiziale) e gli altri soggetti ad essa assoggettabili; i debitori civili ammessi a liquidazione controllata da sovraindebitamento (consumatori, piccoli imprenditori non fallibili, professionisti indebitati); e perfino i soci illimitatamente responsabili di società fallite (i quali beneficiano per legge dell’esdebitazione ottenuta dalla società). La novità del CCII è che anche le società e gli enti collettivi in liquidazione giudiziale possono ottenere l’esdebitazione dei debiti residui, sebbene ciò giovi in concreto solo ai soci con responsabilità illimitata (per le società di capitali l’effetto è più teorico, dato che i soci non rispondono dei debiti sociali). Sono invece esclusi i debitori persone giuridiche non soggetti a liquidazione giudiziale (es. enti pubblici) e, naturalmente, chi non è stato coinvolto in alcuna procedura concorsuale (salvo il caso incapienti). Va infine ricordato che l’esdebitazione spetta solo al debitore “meritevole” e non oltre determinate volte: un soggetto che abbia abusato del sistema o che abbia già fruito due volte del beneficio non potrà ottenerlo ulteriormente.
D: Quali debiti vengono cancellati con l’esdebitazione?
R: Tutti i debiti concorsuali del debitore nei confronti dei creditori che abbiano titolo anteriore all’apertura della procedura e che non siano stati soddisfatti in quella sede. In pratica, quasi tutti i debiti pregressi, compresi quelli bancari, commerciali, tributari (IVA inclusa) e previdenziali, vengono dichiarati inesigibili dopo l’esdebitazione. Se il creditore ha ricevuto solo una percentuale durante la procedura (es. 20%), non potrà agire per il restante 80%. Se non ha ricevuto nulla, perderà comunque il diritto di agire per l’intero (a meno che appartenga a una categoria di crediti esclusi). Sono esclusi, e quindi restano dovuti, soltanto: (i) gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni familiari); (ii) i debiti da risarcimento per fatti illeciti dolosi (es. danni da reato intenzionale); (iii) le sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie a debiti estinti (multe, ammende). Oltre a ciò, restano salvi i diritti dei creditori verso eventuali coobbligati o garanti terzi del debitore: l’esdebitazione ha effetto solo sul debitore che l’ottiene. In sintesi, tutti i debiti “fallimentari” (anche fiscali) del soggetto vengono estinti, tranne alimenti, risarcimenti da dolo e sanzioni.
D: È necessario pagare una parte dei creditori per avere l’esdebitazione?
R: No. Non è previsto alcun obbligo di soddisfare parzialmente i creditori come condizione per l’esdebitazione – diversamente da quanto si prevedeva un tempo. La legge fallimentare pre-2006 richiedeva addirittura il pagamento integrale di alcuni crediti per l’esdebitazione (fortunatamente quella versione fu subito superata); la versione 2006-2022 richiedeva un pagamento “almeno parziale” ai creditori concorsuali, che la Cassazione interpretò in modo estensivo (bastava non zero assoluto). Oggi il CCII non contempla alcun requisito di pagamento minimo: l’esdebitazione può essere concessa anche se i creditori non hanno ricevuto nulla dalla liquidazione (casi di totale incapienza dell’attivo). Ovviamente è più frequente che qualcosa sia stato ricavato (vendita di beni, ecc.), ma non vi è un “limite soglia” sotto il quale il beneficio è negato. Ciò che conta è la meritevolezza del debitore, non la percentuale pagata. Dunque anche un fallito il cui attivo è insufficiente a pagare i creditori può aspirare all’esdebitazione (anzi, è proprio per costui che il fresh start è più importante). Naturalmente, se emergesse che il motivo per cui nulla è stato pagato è una frode del debitore (es. ha nascosto dei beni), allora il problema sarebbe la sua malafede e l’esdebitazione verrebbe negata per quel motivo – non certo per la percentuale in sé.
D: Quante volte si può ottenere l’esdebitazione?
R: Al massimo due volte nella vita, e con almeno 5 anni di distanza tra una e l’altra. La regola attuale (art. 280 co.1 lett. d-e CCII) consente dunque un secondo fresh start dopo 5 anni dal primo. In passato (legge fallimentare) era consentito una volta ogni 10 anni, il che praticamente limitava il beneficio ad una singola occasione (è raro “fallire” due volte a più di 10 anni di distanza). Con la riforma si è voluto dare la chance di un secondo esdebitamento a distanza di tempo più breve, riconoscendo che un imprenditore sfortunato potrebbe incorrere di nuovo in difficoltà e non è giusto condannarlo a vita per il secondo fallimento. Però non più di due: “non può diventare uno stile di vita” ha osservato qualcuno. Quindi, ad esempio, se Tizio fallisce nel 2023 e ottiene l’esdebitazione, poi sfortunatamente fallisce di nuovo nel 2030 (7 anni dopo), potrà chiedere la seconda esdebitazione; ma se fallisse una terza volta nel 2035, non potrebbe più ottenerla perché ne ha già avute due. È irrilevante se la prima esdebitazione era avvenuta sotto la vecchia legge fallimentare o con il Codice: si sommano. Da notare che i 5 anni vanno calcolati dalla data in cui il debitore ha ottenuto (o avrebbe potuto ottenere) la precedente esdebitazione. Quindi, per applicare la norma transitoria: chi ha avuto un’esdebitazione nel 2018 (vecchia legge) e fallisce di nuovo nel 2024, tecnicamente sono passati 6 anni, ma il CCII è entrato in vigore nel 2022; in pratica però i tribunali stanno considerando valido il conteggio includendo i periodi precedenti (nel dubbio la seconda chance viene data se sono trascorsi almeno 5 anni effettivi dal decreto precedente).
D: Se il debitore ha commesso reati o irregolarità, può comunque ottenere l’esdebitazione?
R: Dipende dal tipo di reato/irregolarità: la legge individua alcune condotte che precludono il beneficio (vedi sezione meritevolezza). In particolare, se il debitore è stato condannato per bancarotta fraudolenta o altri reati concorsuali gravi (es. false comunicazioni sociali, frodi ai creditori), non potrà avere l’esdebitazione, a meno che non sia stato riabilitato in sede penale. Anche l’aver distratto beni dal fallimento, falsificato le scritture o aggravato dolosamente il dissesto impedisce di accedere al beneficio (pure senza condanna, se il tribunale accerta questi fatti). L’idea è che l’istituto è riservato ai debitori onesti e cooperativi. Reati non legati al fallimento (es. un vecchio precedente per altro genere di delitto) di regola non incidono, a meno che la pena comporti interdizioni che rendono il debitore “disonorevole” – ma non è previsto dal CCII un diniego per ciò. Conta ciò che attiene alla crisi e alla procedura. Se il debitore ha commesso irregolarità minori, ad esempio ha inizialmente omesso di dichiarare un creditore per dimenticanza ma poi ha rimediato, il giudice potrebbe valutare caso per caso se quell’atteggiamento configuri malafede oppure no. Tendenzialmente, piccoli errori o mancanze (non dolose) non precludono l’esdebitazione; diversamente, atti di frode conclamata sì. Da segnalare: se il debitore ha procedimenti penali in corso per bancarotta, il tribunale sospenderà la decisione sull’esdebitazione finché il processo penale non sia concluso. Solo dopo la sentenza penale (di assoluzione o condanna) si deciderà se dare o negare il beneficio. Questo per evitare di concedere l’esdebitazione a chi poi magari viene riconosciuto colpevole di bancarotta fraudolenta. Quindi in pratica, in caso di pendenza penale, il debitore dovrà aspettare l’esito prima di essere esdebitato.
D: Cosa succede se dopo l’esdebitazione il debitore eredita dei soldi o migliora la propria situazione economica?
R: In generale, nulla: l’esdebitazione non è condizionata al reddito futuro del debitore (salvo il caso incapienti). Quindi, per le esdebitazioni ordinarie (fallimento e sovraindebitamento), se il debitore dopo qualche anno dalla chiusura diventa ricco, i suoi ex creditori non possono più fargli causa per i vecchi debiti ormai inesigibili. L’idea è che, una volta concesso il fresh start, il debitore abbia diritto di tenere per sé i frutti del suo nuovo inizio, altrimenti verrebbe disincentivato a produrre reddito (sapendo che verrebbe aggredito dai vecchi creditori). L’unica eccezione è se si scopre che il debitore aveva nascosto quei beni in sede di procedura: in tal caso non si tratta di genuino “miglioramento successivo”, ma di frode pregressa, e quindi l’esdebitazione può essere revocata (tramite revocazione giudiziale) poiché ottenuta con dolo. Questo però riguarda beni/risorse già esistenti prima del decreto e occultati. Se invece dopo l’esdebitazione capita un evento fortunato imprevedibile (vincita, eredità, nuovo lavoro redditizio), non c’è strumento per far tornare in vita i vecchi crediti: il debitore esdebitato se ne giova legittimamente. Fa eccezione il caso dell’esdebitazione del debitore incapiente: qui la legge impone un periodo di 4 anni di condizionalità. Se in quei 4 anni il debitore incapiente ottiene “utilità rilevanti” che gli permetterebbero di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti, allora ha l’obbligo di destinare ai suoi creditori quella quota (o quanto stabilito dal giudice). Se non lo fa, i creditori possono chiedere la revoca dell’esdebitazione e tornare a esigerlo per intero. Passati i 4 anni, l’incapiente è come tutti gli altri: ulteriori miglioramenti post-quadriennio non comportano niente per i creditori. Dunque, ricapitolando: esdebitazione ordinaria – i successivi arricchimenti del debitore non spettano ai vecchi creditori (questione chiusa); esdebitazione incapiente – nei primi 4 anni post-decreto i creditori hanno un “diritto di prelievo” su eventuali arricchimenti importanti del debitore (fino a 1/10 dei crediti originari complessivi), dopodiché no.
D: L’esdebitazione cancella anche le ipoteche o le garanzie reali?
R: No, l’esdebitazione in sé non cancella le garanzie reali (ipoteche, pegni) esistenti sui beni. Tuttavia, occorre distinguere: se il bene gravato dalla garanzia è stato venduto nella procedura concorsuale, l’ipoteca/pegno si trasferisce sul ricavato e il creditore è soddisfatto in tutto o in parte; il debito residuo viene poi esdebitato e la garanzia non ha più oggetto. Se invece il bene gravato non è stato liquidato ed è rimasto al debitore, l’ipoteca in teoria rimane iscritta su quel bene. Il creditore ipotecario, però, dopo l’esdebitazione non può più escutere il debitore personalmente. Può tuttavia avviare o proseguire un’azione esecutiva sul bene ipotecato, perché la sua ipoteca è un diritto reale di sequela. Questo scenario è poco frequente perché di solito, se c’è un bene ipotecato, lo si vende nella liquidazione; ma poniamo che non si sia riusciti a venderlo (es. casa gravata da mutuo superiore al valore): in tal caso, chiusa la procedura, il bene torna al debitore ancora ipotecato. Il creditore (banca) potrà pignorare e mettere all’asta quel bene anche dopo l’esdebitazione, ma solo agendo in rem sul bene, senza aggredire altri beni o redditi del debitore. Se dalla vendita ottiene qualcosa, bene; se no, il debito residuo comunque non potrà chiederlo al debitore (che rimane liberato). Questa sottigliezza deriva dal fatto che la garanzia reale ha una vita propria. In nessun caso invece l’esdebitazione estingue le ipoteche su beni di terzi: ad esempio, se il padre del debitore aveva dato una ipoteca come garanzia di un debito, quell’ipoteca resta pienamente valida e il creditore potrà agire sull’immobile del padre (la liberazione riguarda solo il debitore). Dunque, semplificando: l’esdebitazione non cancella le ipoteche/pegni registrati, salvo che il bene sia stato liquidato; se il bene resta al debitore, la garanzia rimane ma il creditore potrà esercitarla solo sul bene stesso, non avendo più un titolo esecutivo personale contro il debitore.
D: L’esdebitazione libera anche i coobbligati e i fideiussori del debitore?
R: No. Il decreto di esdebitazione non riguarda i rapporti obbligatori dei terzi. Esso libera solo il debitore procedurale. Pertanto, un fideiussore che aveva garantito i debiti del fallito ne resta obbligato per intero (il creditore, non potendo più agire contro il debitore principale, si rivalrà sul fideiussore). Parimenti, in caso di debitori solidali, l’estinzione dell’obbligazione vale solo per il condebitore fallito esdebitato, ma gli altri coobbligati restano tenuti in solido verso il creditore. Anche il condebitore che aveva diritto di regresso verso il fallito (es. un coobbligato che paga l’intero debito al creditore comune) non può rivalersi sull’esdebitato: l’art. 279 CCII esclude il regresso contro il debitore liberato. Unica eccezione, come già visto, è quella dei soci illimitatamente responsabili: in quel caso, se la società ottiene l’esdebitazione, si considera liberato anche il socio illimitato, ma ciò perché egli era sostanzialmente assimilato al debitore principale. Diversamente, un socio di capitale o un garante esterno non beneficiano affatto del decreto emesso in favore del debitore. Dovranno eventualmente attivarsi a titolo personale (ad es. se anche il fideiussore persona fisica finisce insolvente, potrà a sua volta chiedere un’esdebitazione nella propria procedura di liquidazione).
D: Quali sono gli effetti dell’esdebitazione sulla posizione del debitore?
R: L’effetto principale e immediato è che il debitore viene liberato dai debiti pregressi non pagati. Ciò significa che i creditori concorsuali perdono il diritto di agire contro di lui per la parte rimasta insoluta. Ad esempio, se un creditore aveva un credito di €100 e ha ricevuto €20 in procedura, non potrà più chiedere i restanti €80 (li deve abbandonare). Se provasse a citarlo in giudizio o pignorarlo per quel credito, il debitore opporrebbe il decreto di esdebitazione e l’azione sarebbe bloccata. Dal punto di vista patrimoniale, dunque, il debitore esdebitato si vede “azzerare” i vecchi debiti: potrà destinare i suoi guadagni futuri a sé e alla propria famiglia, e non ai creditori passati. Dal punto di vista civile, vengono meno anche gli effetti interdittivi del fallimento: già la chiusura della liquidazione giudiziale fa cessare l’eventuale interdizione dall’esercizio di impresa (oggi peraltro molto attenuata rispetto al passato). Una volta esdebitato, il soggetto riacquista pienamente la capacità di contrarre obbligazioni, di gestire attività economiche, di partecipare a società, etc., senza le stigmate di “cattivo pagatore” legale (restano solo quelle commerciali, ma anch’esse si affievoliscono col tempo). In pratica, il debitore torna in bonis a tutti gli effetti. Ci sono alcuni riflessi specifici: l’esdebitazione non cancella le segnalazioni nelle banche dati creditizie riferite ai vecchi inadempimenti (p.es. Centrale Rischi), ma accanto al sofferto dovrebbe risultare che la posizione è chiusa/esdebitata. Il debitore può inoltre ottenere nuovamente finanziamenti, anche se in concreto le banche valuteranno il suo merito creditizio con prudenza (ma passato qualche anno dalla chiusura, le segnalazioni decadono). In ambito societario, un fallito non esdebitato avrebbe difficoltà a essere amministratore di società (per via di clausole statutarie o di reputazione); un fallito esdebitato, viceversa, può più facilmente dimostrare di essersi lasciato alle spalle il passato. Anche a livello psicologico e sociale, l’esdebitazione ha un impatto importante: rimuove quella sensazione di “essere perseguitato dai debiti” e permette al debitore di reinserirsi nel circuito economico ufficiale (banca, lavoro regolare, investimenti) senza temere che ogni sua mossa attiri i vecchi creditori. Questo è in fondo lo scopo ultimo dell’istituto: riabilitare economicamente il debitore onesto sfortunato, a beneficio suo e dell’intera collettività (che evita di avere persone condannate a lavorare in nero o a vivere ai margini a causa di debiti impagabili).
D: Cosa deve fare in pratica un debitore fallito per ottenere l’esdebitazione?
R: In una liquidazione giudiziale, il debitore persona fisica dovrebbe: assicurarsi innanzitutto di adempiere tutti i doveri durante la procedura (collaborazione con il curatore, niente atti in frode, etc.), così da risultare meritevole; monitorare i termini temporali – dopo 3 anni dall’apertura può valutare se presentare un’istanza anticipata, oppure attendere la chiusura se prevista a breve; presentare il ricorso per esdebitazione (se necessario) al tribunale fallimentare, preferibilmente con l’assistenza di un avvocato, allegando la documentazione utile (copia del decreto di chiusura se già emesso, relazione finale del curatore, certificato penale, attestazione di aver consegnato la corrispondenza al curatore, ecc.). Nel ricorso occorre dichiarare espressamente di possedere i requisiti di legge (nessuna condotta ostativa, nessun precedente esdebitazione recente). Se la chiusura della procedura è imminente, l’avvocato del debitore può anche chiedere al tribunale di inserire la dichiarazione di esdebitazione nel decreto di chiusura, evitando un atto separato. Il debitore dovrà poi attendere l’esito: in caso di richiesta ante chiusura, c’è da considerare il termine di 15 giorni per le eventuali osservazioni dei creditori, dopodiché il tribunale deciderà. È opportuno mantenere un dialogo con il curatore: spesso il suo rapporto è determinante, quindi il debitore può sollecitare una valutazione equilibrata. Se il decreto di esdebitazione tarda, nulla vieta di sollecitare il tribunale (tramite il proprio legale) perché provveda. In ogni caso, una volta chiusa la procedura o decorso il triennio, il debitore ha diritto all’esdebitazione se rispetta i requisiti: dunque può e deve insistere per far valere il proprio diritto. Nel sovraindebitamento, l’esdebitazione scatta d’ufficio a 3 anni, quindi il debitore deve solo attendere e comportarsi bene nel frattempo. È utile però che egli segnali all’OCC e al giudice, in prossimità del triennio, la scadenza, per assicurarsi che non vi siano ritardi burocratici. Nel caso del debitore incapiente, deve necessariamente attivarsi presentando il ricorso ex art. 283 CCII: qui è fondamentale farsi assistere dall’OCC o da un legale esperto, perché occorre preparare una relazione dettagliata sulla propria situazione patrimoniale e sulle ragioni della propria insolvenza, dimostrando di rientrare nei parametri di legge. Dato che l’istituto è relativamente nuovo, è consigliabile allegare più informazioni possibile per convincere il tribunale della propria meritevolezza (p.es. attestazioni ISEE che provino la condizione di povertà, documenti che escludano proprietà nascoste, etc.). In tutti i casi, il debitore dovrà infine partecipare all’eventuale udienza fissata e rispondere con sincerità alle domande del giudice. Se tutto è in ordine, riceverà il decreto di esdebitazione (spesso notificato via PEC al suo avvocato). È prudente conservarne copie autentiche: potrà esibirle se in futuro qualche vecchio creditore dovesse erroneamente tentare un recupero.
D: Quali fonti normative e giurisprudenziali regolano l’istituto?
R: Le indichiamo in dettaglio nella sezione seguente. In sintesi: la disciplina è contenuta negli artt. 278-283 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), come modificato dai decreti correttivi del 2020, 2022 e 2024. Si applicano, per i casi pregressi e per quanto compatibili, anche i principi già affermati sotto la Legge Fallimentare (R.D. 267/1942, art. 142 e seguenti) e la Legge 3/2012 sul sovraindebitamento (quest’ultima però abrogata dal CCII). Quanto alla giurisprudenza, ci sono state importanti sentenze della Corte di Giustizia UE (sul tema IVA), della Cassazione (es. SU 24214/2011; Cass. 11524/2022; Cass. 25946/2024 cit.) e numerose pronunce dei Tribunali fallimentari sul nuovo codice. Per approfondimenti dottrinali, si segnalano le relazioni e commentari al CCII e alcuni studi, tra cui un saggio del 2024 del Presidente di Sezione Monica Attanasio sulle esdebitazioni dei debitori incapienti.
Conclusioni operative
L’esdebitazione rappresenta oggi uno strumento fondamentale per il recupero di persone fisiche insolventi, in un equilibrio tra l’interesse del debitore al fresh start e quello dei creditori a non subire abusi. La nuova disciplina del CCII accentua il favor verso il debitore onesto: consente di ottenere la liberazione dai debiti in tempi più brevi (3 anni) e senza soglie di pagamento, ammette una seconda chance nella vita, e addirittura offre una via d’uscita anche a chi non ha nulla da liquidare (incapienti). Questo impianto normativo, integrato dai correttivi del 2020-24, è in linea con le migliori pratiche internazionali e con le indicazioni europee in materia di sovraindebitamento. Per un avvocato o professionista che assiste un debitore in crisi, è cruciale: valutare fin dall’inizio la meritevolezza del cliente (se emergono atti in frode o irregolarità, occorre sanarli o sapere che precluderanno l’esdebitazione); pianificare il percorso più adeguato (fallimento o sovraindebitamento? tentare un concordato o puntare direttamente alla liquidazione ed esdebitazione?); informare il cliente sui tempi e obblighi (ad es. collaborazione col curatore, eventuale attesa di 3 anni, etc.); infine, predisporre un’istanza motivata al tribunale evidenziando tutti gli elementi positivi (condotta leale, stato di bisogno, utilità sociale del suo reinserimento, ecc.). Dal punto di vista del debitore, il messaggio importante è: se ti trovi in una situazione di sovraindebitamento grave, non disperare – le norme attuali prevedono un percorso per uscire dal tunnel dei debiti, anche se non hai nulla da offrire ai creditori (purché tu sia in buona fede). Bisogna però affrontare la crisi in modo trasparente e responsabile: nascondere informazioni o fare i “furbi” con l’intento di farla franca porterà con ogni probabilità a perdere il beneficio. Viceversa, un debitore sincero, cooperativo e paziente potrà vedere cancellati i propri debiti entro un tempo relativamente breve, tornando economicamente libero.
In concreto, un imprenditore o privato “sommerso dai debiti” dovrebbe rivolgersi tempestivamente a un OCC o a un professionista esperto in crisi, valutare se sussistono i requisiti per accedere a una procedura liquidatoria e, una volta entrato in procedura, collaborare pienamente. Se la sua situazione è proprio irreversibile (nessun accordo o ristrutturazione possibile), concentrarsi sull’obiettivo finale dell’esdebitazione può essere la strategia migliore: significa sacrificare il patrimonio esistente (se c’è) per chiudere i conti con il passato e ripartire pulito. La legge oggi offre ampie garanzie che, al rispetto di certe condizioni, questo obiettivo sarà raggiunto.
Un ultimo spunto operativo: il debitore che abbia ottenuto l’esdebitazione dovrebbe comunque mantenere un atteggiamento prudente nella fase post-crisi. Anche se i vecchi debiti sono stati cancellati, ricadere subito in nuovi indebitamenti sarebbe imprudente (oltre che, in caso di nuovo fallimento entro 5 anni, inutile ai fini di un’ulteriore liberazione). Conviene quindi utilizzare la “seconda opportunità” in modo accorto: ricostruire la propria capacità economica passo passo, evitare il credito facile almeno finché non si è ristabilito un equilibrio, e sfruttare l’occasione per riposizionarsi nel mercato con maggiore esperienza. L’esdebitazione è un reset finanziario: sta poi al debitore ripartire con un percorso sostenibile.
In conclusione, la disciplina dell’esdebitazione del fallito nel CCII – aggiornata alle ultime novità – si configura come un sistema avanzato e maturo, che bilancia la tutela dei creditori con l’esigenza di non escludere definitivamente dal circuito produttivo chi è incappato in un insuccesso. Conoscere bene le regole del gioco è fondamentale per poterle sfruttare appieno: questa guida ha cercato di fornire un quadro completo e ragionato. Per ulteriori approfondimenti, si raccomanda di consultare il testo normativo vigente e le sentenze chiave menzionate.
Seguiranno, qui di seguito, l’elenco delle fonti normative e giurisprudenziali citate per un rapido riferimento.
Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali
- Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 – Legge Fallimentare, art. 142 (Esdebitazione del fallito) introdotto da D.Lgs. 5/2006, e artt. 143-144 (esclusioni e revoca). (Abrogata dal 15 luglio 2022).
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – Composizione delle crisi da sovraindebitamento, art. 14-terdecies (Esdebitazione del debitore civile), introdotto da D.L. 179/2012 e modificato da L. 176/2020 con introduzione esdebitazione incapiente. (Abrogata dal 15 luglio 2022).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio – sui quadri di ristrutturazione preventiva e sull’esdebitazione, in particolare considerando e art. 20 (esdebitazione completa entro 3 anni per imprenditori onesti).
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore dal 15 luglio 2022. Articoli rilevanti: 278 (Oggetto e ambito dell’esdebitazione), 279 (Condizioni temporali di accesso), 280 (Condizioni per l’esdebitazione), 281 (Procedimento), 282 (Esdebitazione di diritto nella liquidazione controllata), 283 (Esdebitazione del debitore incapiente). Modifiche integrative: D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo).
- Cassazione Civile, Sezioni Unite, 7 dicembre 2011 n. 24214: principio di diritto sul “parziale soddisfacimento” ex art. 142 L.F., interpretato in senso estensivo (basta che una parte oggettiva dei debiti sia stata pagata, anche se alcuni creditori nulla).
- Cass. Civ., Sez. I, 10 maggio 2012 n. 9767; 8 agosto 2016 n. 16620; 28 marzo 2018 n. 7550; 15 giugno 2018 n. 15586; 29 luglio 2020 n. 16263; 10 maggio 2022 n. 15246: pronunce (nomofilattiche) che confermano la linea SU 2011 sul requisito oggettivo, indicando che l’esdebitazione va concessa a meno che i creditori non siano stati soddisfatti neppure in minima parte.
- Cass. Civ., Sez. I, 7 aprile 2022 n. 11524: conferma applicabilità dell’esdebitazione anche ai debiti IVA, in conformità al diritto eurounitario.
- Cass. Civ., Sez. I, 3 ottobre 2024 n. 25946: ribadisce che la scarsa entità dell’attivo non legittima di per sé il rigetto dell’esdebitazione; il giudice non deve ancorarsi a soglie di soddisfo puramente quantitative.
- Cass. Civ., Sez. I, 6 novembre 2024 n. 28505: in linea con la precedente, sottolinea il favor legis per il debitore meritevole anche se totally bankrupt; richiama e sintetizza il consolidato orientamento sul requisito “parziale soddisfacimento” confermandone il superamento nel CCII.
- Corte di Giustizia UE, 16 marzo 2017 (causa C-493/15, Di Maura): la normativa italiana sull’esdebitazione (che include debiti IVA) non contrasta con il diritto UE, purché applicata a debitori non fraudolenti. Ha aperto la via alla giurisprudenza nazionale favorevole all’esdebitazione dei debiti IVA.
- Tribunale di Verona, 2 dicembre 2022: primo indirizzo applicativo del CCII a fallimento pregresso, considerata l’esdebitazione come istituto autonomo e applicate le norme nuove (no soglia parziale, ecc.).
- Tribunale di Torino, 17 marzo 2023: si allinea a Verona nel ritenere applicabile l’art. 280 CCII ad una procedura di esdebitazione successiva, evidenziando l’autonomia e la specialità dell’istituto.
- Corte d’Appello di Bologna, 27 gennaio 2023: opposto orientamento, ha ritenuto dover applicare la legge fallimentare ad un’istanza in procedura aperta ante 2022 (concezione propaggine del fallimento).
- Tribunale di Rimini, 30 marzo 2023; Trib. Catania, 2 marzo 2023: in linea con Bologna, esdebitazione soggetta a L.F. per fallimenti vecchi (poi superati dal correttivo).
- Tribunale di Pistoia, 24 gennaio 2023: favorevole ad applicare il CCII, segnala come già la legge delega 155/2017 esprimeva il favor verso la riduzione del termine di accesso (indicazioni recepite poi nel CCII).
- Tribunale di Urbino, 14 marzo 2024: importante pronuncia di merito che sposa l’orientamento pro-applicazione CCII a tutte le esdebitazioni post 2022, rimarcando il favor comunitario per la seconda chance e l’esigenza di eguaglianza tra debitori.
- Tribunale di Firenze, 24 gennaio 2024: pur affermando la non applicabilità diretta del CCII ai fallimenti pendenti, ha applicato la legge fallimentare in modo “adeguato” ai principi del nuovo Codice e della direttiva UE, ad esempio non negando l’esdebitazione anche se nessun creditore era stato soddisfatto parzialmente (contrariamente al dato letterale di art. 142 L.F.).
- Tribunale di Torino, 23 aprile 2025: decreto in tema di esdebitazione del debitore incapiente, ha ritenuto che la mera entità elevata dei debiti fiscali (IVA compresa) non integri di per sé malafede, se il debitore prova che l’indebitamento non è frutto di frode o colpa grave (esdebitazione incapiente concessa malgrado debiti erariali rilevanti).
Sei stato dichiarato fallito? Fatti aiutare da Studio Monardo
L’esdebitazione è lo strumento che consente all’imprenditore fallito di liberarsi dai debiti residui e ripartire senza pesi economici. Ma non è automatica: serve una richiesta formale e specifici requisiti.
Fatti aiutare da Studio Monardo.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Verifica se ricorrono i requisiti per ottenere l’esdebitazione dopo la chiusura del fallimento
📑 Redige e presenta l’istanza al tribunale competente con tutta la documentazione necessaria
⚖️ Ti rappresenta nel procedimento e risponde a eventuali opposizioni da parte dei creditori
✍️ Ti assiste nel dimostrare la buona fede e la cooperazione durante la procedura fallimentare
🔁 Ti segue anche dopo, per chiarimenti fiscali, bancari o eventuali segnalazioni residue
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto fallimentare e esdebitazione dell’imprenditore
✔️ Consulente per imprenditori, amministratori e soci usciti da procedure concorsuali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
L’esdebitazione è il passo finale per lasciarsi alle spalle un fallimento e tornare libero da obblighi verso i creditori.
Con una guida legale esperta puoi ottenere il risultato nel minor tempo possibile e senza ostacoli.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: