Differenza Tra Concordato Minore E Concordato Semplificato

Ti stai chiedendo qual è la differenza tra concordato minore e concordato semplificato? Hai un’impresa in crisi o sei un professionista in difficoltà e vuoi capire quale procedura scegliere per sistemare i debiti ed evitare il fallimento?

Nel Codice della Crisi d’Impresa ci sono diversi strumenti per affrontare il sovraindebitamento, ma ogni procedura ha regole, requisiti e obiettivi differenti. Capire le differenze è fondamentale per non commettere errori e scegliere la strada più adatta alla tua situazione.

Cos’è il concordato minore?

Il concordato minore è una procedura riservata a imprenditori sotto soglia, professionisti, artigiani, start-up o società che non superano certi limiti dimensionali. Serve a ristrutturare i debiti e proporre un pagamento parziale e dilazionato ai creditori, con l’obiettivo di continuare l’attività o gestire la liquidazione in modo ordinato.

Il debitore presenta un piano, con l’aiuto dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi), e chiede l’omologazione al tribunale. I creditori votano: se approvano, il piano viene confermato dal giudice e diventa vincolante per tutti, anche per chi ha votato contro.

E il concordato semplificato? Cos’ha di diverso?

Il concordato semplificato, invece, è una procedura eccezionale e residuale, pensata quando la composizione negoziata fallisce. Può essere richiesta solo in assenza di alternative concrete, e non richiede il voto dei creditori. Il piano viene proposto direttamente al giudice, che decide se omologarlo tenendo conto dell’interesse dei creditori nel loro insieme, senza trattativa né maggioranza.

In pratica, è una sorta di “ultima spiaggia”, pensata per ridurre il danno nei casi in cui non c’è più margine per la ristrutturazione classica.

Quindi qual è la vera differenza tra i due?

  • Il concordato minore è negoziato, partecipato dai creditori, adatto a chi vuole ancora salvare l’attività o gestire un rientro sostenibile.
  • Il concordato semplificato è imposto, accessibile solo dopo un tentativo fallito di composizione, adatto a situazioni gravi e senza vie d’uscita.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in procedure di sovraindebitamento, diritto della crisi e ristrutturazione del debito – ti spiega le differenze tra concordato minore e semplificato, quando conviene l’uno o l’altro, e cosa possiamo fare per aiutarti a scegliere e impostare correttamente la procedura.

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Introduzione

Il panorama normativo italiano in materia di crisi d’impresa ha introdotto negli ultimi anni nuovi istituti per facilitare il risanamento delle imprese e la composizione delle crisi. In particolare, sono stati introdotti il concordato minore e il concordato semplificato, affiancati al tradizionale concordato preventivo ordinario. Il presente approfondimento – aggiornato a giugno 2025 – illustra in dettaglio le caratteristiche di ciascuna procedura, con un linguaggio giuridico avanzato ma di agevole lettura, rivolto ad avvocati, imprenditori e privati interessati.

Verranno analizzate le differenze sostanziali tra concordato minore e semplificato dal punto di vista del debitore, con continui confronti con il concordato preventivo ordinario. La guida include tabelle riepilogative, sezioni di domande e risposte frequenti, simulazioni pratiche (nel contesto italiano), approfondimenti sui settori economici principali coinvolti (edilizia, commercio, artigianato, ecc.), nonché l’analisi delle prassi e delle sentenze più recenti. Le fonti normative e giurisprudenziali citate sono elencate in calce.

Quadro normativo di riferimento

Le procedure analizzate si inseriscono nell’ambito del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – “CCII”), entrato in vigore il 15 luglio 2022 e successivamente modificato dai decreti correttivi (D.Lgs. 149/2022 e D.Lgs. 136/2024) e da interventi urgenti (D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021). In particolare:

  • Il concordato minore è disciplinato dagli artt. 74 e ss. CCII, nell’ambito delle “procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Requisiti, effetti e modalità applicative sono richiamati dalla normativa del concordato preventivo ordinario, purché compatibili.
  • Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è stato introdotto dall’art. 25-sexies CCII (introdotto dal D.L. 118/2021) e seguenti. Esso disciplina una particolare procedura liquidatoria cui può accedere l’imprenditore solo dopo il tentativo di composizione negoziata della crisi (artt. 17-25 CCII) senza trovare soluzioni concordate praticabili.
  • Il concordato preventivo ordinario, invece, rimane regolato dagli artt. 84 e ss. CCII, attuando il consolidato regime di ristrutturazione del debito d’impresa (evoluzione del previgente art. 161 e seguenti della Legge fallimentare).

Fra gli interventi normativi rilevanti si ricordano altresì: le modifiche introdotte dal Decreto Correttivo Ter (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), che hanno ad esempio ampliato la disciplina del concordato semplificato (eliminando la formula “trattative non hanno avuto esito positivo” dall’art. 25-sexies e confermando la possibilità di misure protettive ex art. 54 CCII). Inoltre, il DL 118/2021 (conv. L.147/2021) ha reso strutturali sia la procedura di composizione negoziata che il concordato semplificato (art. 18 DL 118/21).

Le fondamenta giuridiche richiamate saranno evidenziate nel testo con adeguate citazioni. In appendice si riepilogano le fonti normative specifiche (leggi, decreti) utilizzate e le principali sentenze di merito emerse di recente.

Il Concordato Minore: cos’è e come funziona

Definizione e destinatari

Il concordato minore è una procedura concorsuale introdotta dal Codice della crisi (art. 74 e ss. CCII) per la ristrutturazione dei debiti dei “debitore non fallibile”. In termini pratici, si rivolge a:

  • Imprenditori individuali sotto soglia e professionisti: soggetti che esercitano attività imprenditoriale o professionale, ma non consumatori e non rientranti nei parametri dimensionali della fallibilità (art. 2 CCII). Si tratta dunque di titolari di impresa o professionisti con limiti patrimoniali, di fatturato e di debiti: ad esempio, impresa individuale con un attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000 e debiti ≤ €500.000 (parametri che definiscono l’“imprenditore minore” ai sensi dell’art. 2, lett. d) CCII).
  • Imprenditore agricolo: anche espressamente ammesso dalla norma, pur essendo tradizionalmente escluso dal fallimento.
  • Startup innovative di diritto (D.L. 179/2012).
  • Debitori non soggetti a fallimento/CRL/altre procedure concorsuali: ad esempio chi non può accedere a liquidazione coatta.

Il consumatore è in linea di massima escluso dall’accesso al concordato minore (salvo casi particolari familiari).

Questa procedura riprende e modifica l’istituto dell’“accordo di composizione della crisi” previsto dalla previgente Legge 3/2012, trasformandolo in un vero e proprio rito concorsuale. In particolare, il legislatore ha rimodulato la procedura avvicinandola alle regole del concordato preventivo ordinario, pur mantenendone alcune peculiarità che tutelano le specificità del piccolo imprenditore o professionista. Il concordato minore può procedere con la continuità dell’attività, ma in molti casi è assimilabile a un concordato liquidatorio (si rinvia alle tabelle riepilogative).

Procedura e forma della proposta

Il debitore deve presentare al Tribunale competente una proposta di concordato minore, corredata dalla documentazione richiesta (piano, inventario dei beni, elenco dei creditori, bilanci, ecc.). Tale proposta può avere contenuto libero (secondo quanto stabilito dall’art. 74 CCII), ma deve indicare chiaramente tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. Essa può prevedere qualunque forma di soddisfazione dei crediti (pagamenti in denaro, trasferimenti di beni, ecc.) e anche la suddivisione dei creditori in classi. La formazione delle classi è obbligatoria solo per i creditori muniti di garanzie prestate da terzi.

Una volta depositata la domanda (di norma tramite l’Organismo di Composizione della Crisi, OCC), il Tribunale verifica l’ammissibilità. Se la domanda è completa e rispetta i requisiti di legge, il giudice emette un decreto di apertura della procedura. In tale decreto vengono stabiliti termini e modalità per raccogliere il voto dei creditori e, se del caso, vengono disposte misure protettive. Queste ultime – analogamente al concordato preventivo – consistono nel divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore durante la procedura. In pratica si realizza un automatic stay che tutela il debitore dal rischio di aggressioni patrimoniali (pignoramenti, sequestri, azioni esecutive individuali) fino all’omologa o alla chiusura della procedura.

Organi della procedura

Nel concordato minore non sono previsti organi gestori particolari come il commissario giudiziale o il giudice delegato del concordato preventivo ordinario. Il Tribunale unico provvede infatti a nominare l’OCC (già coinvolto nell’ammissione) o eventuali gestori, e a fissare il decreto di apertura. Successivamente, tocca all’OCC notificare la proposta ai creditori, raccogliere le dichiarazioni di voto entro i termini fissati (normalmente 20-30 giorni) e vigilare sul corretto svolgimento del procedimento. In genere non si tiene un’assemblea fisica: la votazione avviene per iscritto o tramite sistemi telematici, con l’OCC che invia a ciascun creditore il modulo di voto o le istruzioni per votare telematicamente.

Maggioranze e criteri di omologazione

L’art. 79 CCII stabilisce che la proposta di concordato minore è approvata se ottiene il voto favorevole dei crediti che rappresentino almeno il 51% del valore totale dei crediti ammessi al voto. Ciò equivale a una maggioranza in valore (per il concordato minore non è previsto il voto per “teste” né classi numeriche aggiuntive come nel concordato ordinario). Non votano i creditori integralmente soddisfatti dalla proposta. I crediti privilegiati votano per la parte falcidiata (ovvero trasformata in chirografo se il piano non li paga per intero). In particolare, i creditori erariali e previdenziali fanno parte dei crediti privilegiati ed hanno il diritto di voto solo sulla porzione dei loro crediti che venga eventualmente tagliata dal piano.

Se il quorum del 51% è raggiunto, il Tribunale può omologare il concordato. L’omologazione (prevista all’art. 80 CCII) verifica che siano rispettati i requisiti di legge: correttezza formale, sufficiente vantaggio per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria e fattibilità del piano. In omologa il giudice può imporre vincoli ulteriori, ad esempio consentire agli obbligati garanti di effettuare versamenti entro termine, o condizionare l’efficacia all’adempimento di determinate condizioni. Una volta omologato, il concordato minore è vincolante per tutti i creditori antecedenti, anche per quelli dissenzienti (farà fede il piano omologato come unico schema di soddisfazione). L’esdebitazione del debitore (estinzione del debito residuo eccedente quanto pagato ai creditori) si consegue, come nelle altre procedure di sovraindebitamento, una volta adempiuti integralmente i pagamenti previsti dal piano.

In sintesi, il concordato minore offre al debitore la possibilità di ottenere un omologato vincolante anche per i creditori non d’accordo (c.d. effetto modificativo dei contratti), comportando, se le condizioni di legge sono soddisfatte, la completa o parziale liberazione dai debiti residui.

Il Concordato Semplificato: cos’è e come funziona

Contesto e natura della procedura

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è una procedura concorsuale di secondo livello, accessibile solo dopo aver tentato invano la composizione negoziata della crisi. Introdotto dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e recepito nel CCII (artt. 25-sexies e seguenti), il concordato semplificato si definisce come “una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione” (art. 18 CCII). In pratica, si tratta di un concordato liquidatorio cui ricorre il debitore quando, esaurite tutte le trattative stragiudiziali e le possibili soluzioni di risanamento, l’unica via percorribile è liquidare l’attivo per soddisfare i creditori.

Il legislatore ha concepito il concordato semplificato come strumento di “extrema ratio”: viene utilizzato quando è ormai chiaro che non esistono soluzioni alternative concordate, e quindi la procedura mira essenzialmente alla liquidazione ordinata del patrimonio dell’impresa. Pertanto, a differenza del concordato preventivo tradizionale, nel concordato semplificato non esiste la fase deliberativa dei creditori (non si tiene voto in assemblea) e l’impresa non può proseguire autonomamente l’attività imprenditoriale oltre quanto necessario per effettuare la liquidazione.

Presupposti soggettivi e oggettivi

Chi può chiedere il concordato semplificato? Sono ammessi tutti gli imprenditori, di qualunque dimensione e natura giuridica (società di capitali, società di persone, imprese individuali, artigiani, aziende agricole, ecc.), purché abbiano preliminarmente seguito l’iter della composizione negoziata previsto dagli artt. 17-25 CCII. In particolare:

  • Imprenditori commerciali di qualsiasi dimensione, inclusi quelli normalmente “non fallibili” (sotto soglia). Questo significa che anche artigiani o piccole p.iva soggette a fallimento escluso (ad es. con attivo patrimoniale ≤ €300.000) possono ricorrere al concordato semplificato dopo aver tentato la composizione negoziata. Ciò amplia notevolmente la platea di soggetti rispetto al concordato preventivo ordinario (riservato agli imprenditori “fallibili” con determinati requisiti).
  • Imprenditori agricoli, espressamente inclusi dalla normativa CCII, tradizionalmente esclusi dalle procedure concorsuali ordinarie.
  • Imprenditori in stato di crisi, cioè in condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da rendere probabile la crisi o l’insolvenza futura. Non è richiesto di essere già formalmente insolventi (a differenza del concordato preventivo).
  • Esito negativo della composizione negoziata: il debitore deve aver concluso le trattative assistite dall’esperto nominato senza raggiungere un accordo risolutivo. Il D.Lgs. 136/2024 ha chiarito che oggi è sufficiente che le trattative siano concluse, indipendentemente dall’esito; in pratica significa che non si è trovato un accordo valido ex art. 23 CCII, né altra soluzione (accordo con creditori, piano di risanamento, concordato ordinario, ecc.).
  • Buona fede del debitore: l’esperto della composizione negoziata deve attestare che le trattative si sono svolte con correttezza e buona fede secondo i principi di legge (art. 25-sexies CCII). In caso di comportamenti opportunistici, il tribunale può inibire l’accesso alla procedura (cfr. il Tribunale di Napoli che ha negato o revocato l’ammissione per mala fede del debitore).

In sintesi, il concordato semplificato è riservato agli imprenditori onesti che abbiano tentato ogni altra via di risanamento: solo quando tutte le opzioni concordate si siano esaurite, il debitore può presentare la domanda di concordato semplificato, la quale deve essere accompagnata dalla relazione finale dell’esperto che ne giustifichi la necessità.

Caratteristiche del piano di concordato

Nel concordato semplificato il piano concordatario deve prevedere la liquidazione dei beni (anche mediante cessione dell’azienda o di un ramo) e il riparto del ricavato ai creditori secondo percentuali e modalità diverse per classi. Non esistono vincoli di continuità o piani attestati di risanamento: l’orientamento legislativo punta esclusivamente al realizzo delle attività aziendali. Se esiste un acquirente già individuato per l’azienda (o parte di essa), il piano può prevederne la cessione anche prima dell’omologa, dietro il relativo prezzo base.

A differenza del concordato preventivo ordinario (che in certi casi imponeva percentuali minime ai chirografari – es. il 20% nel liquidatorio), nel concordato semplificato non esistono percentuali minime obbligatorie per i pagamenti. Tuttavia, come ha evidenziato la prassi (es. Trib. Bergamo 6 dicembre 2023), ogni classe di creditori deve ricavare almeno qualche utilità concreta rispetto a una liquidazione fallimentare; proporre a un creditore zero in assenza di fondi sufficienti può rendere il piano inammissibile. In linea di principio, se il patrimonio è insufficiente a soddisfare integralmente creditori privilegiati (Erario, INPS, ecc.), la parte eccedente può essere falcidiata come credito chirografario, purché gli enti erariali/contributivi ricevano almeno quanto avrebbero ottenuto in caso di liquidazione ordinaria. Numerose pronunce confermano questa logica di “cram-down fiscale”: ad esempio il Tribunale di Lecce (30/10/2023) ha omologato un piano che riconosceva solo il 5% dei crediti erariali, ritenendo inevitabile la falcidia data l’insufficienza dell’attivo.

Procedura e organi della procedura

Il debitore presenta la domanda di concordato semplificato al Tribunale competente entro 60 giorni dalla conclusione della composizione negoziata (termine estensibile di ulteriori 60 giorni per giustificati motivi). Nella domanda (depositata telematicamente) si allegano la proposta di concordato, il piano di liquidazione e gli altri documenti (inventario, bilanci, elenco creditori, ecc.). È facoltà del debitore chiedere al Tribunale l’autorizzazione alle misure protettive ex art. 54 CCII (suspensive of executive actions) anche per il concordato semplificato. La normativa emendata del 2024 ha infatti confermato che le misure protettive possono essere disposte anche in questo contesto, così come aveva ritenuto il Tribunale di Lecce con decreto del 4 maggio 2023.

Nel concordato semplificato non è previsto il commissario giudiziale né il voto assembleare: il Tribunale decide sull’omologazione in base agli elementi documentali, coadiuvato da un ausiliario (un esperto indipendente) che può essere nominato per valutare il piano. In pratica, dopo la fase di deposito, il giudice fissa un’udienza di omologa (di solito entro poche settimane) e le eventuali opposizioni dei creditori. I creditori non partecipano alla decisione con un voto di maggioranza; possono però, entro i termini prescritti (di norma 10 giorni prima dell’udienza), costituirsi in opposizione motivando le ragioni di contrasto (ad es. scarsa convenienza del piano o irregolarità nelle trattative). Il Tribunale esamina le opposizioni, ascolta eventualmente il debitore e poi decide se omologare. In sostanza, l’assenza di voto assembleare rende il semplificato procedura più rapida, ma il giudice effettua un controllo analitico: se riscontra che il piano danneggia in modo ingiustificato i creditori (es. trascurando un significativo recupero di IVA che sarebbe stato ottenuto in liquidazione), può rigettare l’omologa.

Una volta pronunciata l’omologa (decorso il termine delle opposizioni), il concordato semplificato diventa efficace e vincolante: da quel momento i creditori non possono più aggredire il patrimonio del debitore e il piano omologato governerà la liquidazione. Da questo punto in poi si apre la fase esecutiva del concordato: generalmente viene nominato un liquidatore giudiziale che procede alla vendita e alla distribuzione dei beni secondo le modalità approvate. Al termine dell’esecuzione e del soddisfacimento parziale dei creditori, l’eventuale residuo di debito del debitore verrà esdebitato (estinzione del debito residuo), analogamente a quanto avviene nelle altre procedure liquidatorie.

Confronto: Concordato Minore vs Concordato Semplificato vs Concordato Ordinario

Di seguito si mette a confronto, dal punto di vista del debitore, i tratti salienti delle tre procedure, evidenziando differenze chiave:

  • Destinatari (soggetti ammessi):
    • Concordato minore: riservato ai debitori non soggetti fallibili (art. 2 CCII, lett. c) – professionisti e imprenditori minori con limiti patrimoniali/ricavi e debiti). Esclusi i consumatori.
    • Concordato semplificato: aperto a qualsiasi imprenditore (di qualunque dimensione e forma, incl. agricoli e sotto soglia) purché abbia tentato la composizione negoziata.
    • Concordato ordinario: riservato agli imprenditori commerciali fallibili, che superino i limiti dimensionali di fallibilità (art. 1 LF/121 CCII) e si trovino in stato di insolvenza. Tradizionalmente escluse le imprese di modeste dimensioni (ad es. con attivo o fatturato sotto i parametri).
  • Requisito di crisi/insolvenza:
    • Minore: il debitore si trova in stato di sovraindebitamento (crisi) tale da richiedere composizione dei debiti. Non è richiesta la formale insolvenza legale (come nel fallimento).
    • Semplificato: il debitore deve trovarsi in crisi o insolvenza probabile dopo il fallimento delle trattative. In pratica, pur senza essere (ancora) dichiarante fallito, l’azienda è in difficoltà grave.
    • Preventivo ordinario: il debitore deve essere formalmente insolvente (art. 5 LF) e in grave squilibrio patrimoniale.
  • Percorso procedurale e vincoli:
    • Minore: è una procedura autonoma avviata direttamente dal debitore tramite l’OCC (ex art. 76 CCII) senza passaggi preliminari obbligatori. Prevede decreto di apertura, coinvolgimento dell’OCC, voto dei creditori e omologa. Resta flessibile: può prevedere sia continuità sia cessione di azienda.
    • Semplificato: è una procedura post-composizione; il debitore può proporla solo dopo l’impossibilità di accordo nella negoziazione e con relazione finale che attesti trattative non risolutive. L’istanza è depositata con “con riserva” o senza il piano completo, e può richiedere misure protettive. Non è preceduta da fase di ammissione o voto obbligatorio.
    • Preventivo ordinario: è un rito complesso che può prevedere fase di ammissione (art. 92 CCII), nomina di commissario giudiziale, assemblea dei creditori, votazione per classi. Richiede la presentazione del piano completo al deposito o entro termine del tribunale. È prevista l’approvazione formale dei creditori in assemblea e poi l’omologa.
  • Organi della procedura:
    • Minore: il Tribunale apre la procedura e nomina l’OCC; non si nominano commissari o curatori. L’OCC assiste il debitore e raccoglie i voti.
    • Semplificato: in apertura il Tribunale può nominare un ausiliario (esperto) per valutare il piano, ma non si istituisce subito curatore o commissario. Dopo l’omologa, il Tribunale designa un liquidatore giudiziale per eseguire la vendita.
    • Preventivo ordinario: nel concordato preventivo vi sono obbligatoriamente il giudice delegato e il commissario giudiziale nominati dal Tribunale, per sorvegliare la regolarità e la gestione della procedura. Tale struttura (e il voto assembleare) rende il percorso più articolato.
  • Voto dei creditori:
    • Minore: i creditori votano. Serve il 51% in valore (attribuito ai crediti ammessi), secondo quanto previsto dall’art. 79 CCII. Non è richiesto voto per classi se non per i privilegiati da terzi.
    • Semplificato: non c’è assemblea né voto dei creditori. Il concordato semplificato si omologa direttamente dal Tribunale; i creditori non esprimono voto, ma possono fare opposizione motivata all’omologa.
    • Preventivo ordinario: è necessario il voto favorevole delle maggioranze previste (art. 112 CCII): normalmente la maggioranza in valore di ogni classe di creditori ammessa. In assenza di voti favorevoli, il piano non può essere omologato senza restrizioni (salvo particolari cram-down con limiti).
  • Finalità e contenuto del piano:
    • Minore: può essere liquidatorio o con continuità. Il piano può prevedere sia pagamenti rateali sia cessioni di azienda o cessione di beni, e anche mantenimento dell’attività. Spesso si privilegia la prosecuzione dell’attività per recuperare valore.
    • Semplificato: è esclusivamente liquidatorio. Il piano consiste in vendite dei beni (anche unità d’azienda) e ridistribuzione del ricavato. Non è ammesso alcun piano di continuità dell’impresa (in linea con lo scopo di liquidare in fretta il patrimonio).
    • Preventivo ordinario: può essere sia di continuità (con riconversione o rilancio dell’attività) sia liquidatorio (cessione, affitto, ecc.), a discrezione del debitore e della maggioranza. La legge incentiva la continuità aziendale, ma lascia aperte entrambe le opzioni.
  • Effetti sui debiti e sui creditori:
    • In tutti e tre i casi l’omologazione rende vincolante il piano per tutti i creditori (tranne gli esclusi dal voto) e produce effetto di estinzione dei debiti residui (esdebitazione) nei limiti di quanto concordato. Le differenze sono nel dettaglio delle garanzie e delle eventuali pratiche di revoca per mala fede. In particolare, nel concordato minore e nel semplificato si applica l’art. 80 CCII (revoca dell’omologa in caso di malafede, ammissione fraudolenta, ecc.), analogamente al concordato ordinario.

Le seguenti tabelle riassumono i punti principali del confronto:

AspettoConcordato Minore (sovraindeb.)Concordato SemplificatoConcordato Preventivo Ordinario
Debitori ammessiDebitori non fallibili (imprenditori minori, professionisti; esclusi i consumatori)Qualsiasi imprenditore (incl. sotto soglia e agricoli) che ha esaurito la composizione negoziataImprenditori fallibili (commerciali) con requisiti dimensionali (art. 121 CCII); formale insolvenza
Stato del debitoreCrisi da sovraindebitamento (importi contenuti); attivo ≤500k debitiCondizioni di squilibrio (probabile insolvenza) dopo composizione negoziata fallitaInsolvenza conclamata (art. 5 LF/CCII)
Percorso di accessoPresentazione diretta al Tribunale (previo contatto OCC)Solo dopo composizione negoziata (art. 25-sexies CCII); non si accede direttamenteFacoltativa, ma spesso dopo accertamento di insolvenza o con ordinanza trib. di autorizzazione (art. 161 L.Fall.)
Organi designatiSolo Tribunale (monocratico) e OCC; no commissarioTribunale (collegiale/monocratico), nomina eventuale ausiliario; dopo omologa nomina liquidatoreTribunale (collegiale con giudice delegato); nominati giudice delegato e commissario giudiziale (fino a omologa)
Voto assembleareSì, occorre ≥51% crediti ammessi al votoNo, non è previsto voto; i creditori possono solo opporsi motivatamenteSì, serve approvazione delle maggioranze legali in assemblea creditori (per classi)
Misure protettiveImposte dal Tribunale con decreto di apertura (sospensione azioni esecutive)Possono essere richieste e disposte (DLgs. 136/2024 ha confermato la loro applicazione anche al semplificato)Prevista già dalla domanda di concordato (art. 54 CCII, come in ogni procedura concorsuale)
Contenuto del pianoLibero (liquid. o continuità); soddisfacimento crediti anche parzialeSolo liquidatorio: proposta di cessione di beni con piano di liquidazionePuò essere di continuità (ristrutturazione) o liquidatorio; solitamente con piano attestato e votazione
Percentuali di pagamentoNessuna minima legale per chirografari; si applicano regole generali della convenienzaNessuna percentuale minima obbligatoria; i pagamenti possono essere anche molto bassi (ma ogni creditore deve ricevere un minimo utile)In alcuni casi previsti (es. concordato liquidatorio obbligatorio di ≥20% per chirografari); regola generale in base all’offerta
EsdebitazioneSì, alla fine dell’esecuzione se pianificato (art. 80 CCII)Sì, come effetto finale del concordato (resa del debitore libera dai debiti residui)Sì, se previsto dal piano approvato (in genere riservato alle proposte con paga parziale dei crediti)
Tempo medio proceduraGeneralmente più breve del concordato ordinario; ottenimento omologa in alcuni mesiMolto rapido: dall’avvio alla omologa in pochi mesi (in assenza di opposizioni significative), seguito da liquidazione in 6-12 mesiTipicamente lungo: oltre un anno solo per l’omologa; poi liquidazione complessa (anche anni)

Prassi giurisprudenziale dei tribunali

La recente applicazione pratica di questi istituti ha determinato l’emergere di prassi interpretative da parte dei Tribunali. Alcune decisioni chiave confermano e precisano i principi sopra esposti:

  • Buona fede nelle trattative: il Tribunale di Napoli (25 ottobre 2023) ha revocato l’ammissione al concordato semplificato qualora venga meno la condotta corretta del debitore durante la composizione negoziata. In altri termini, la procedura semplificata non può divenire una scorciatoia abusiva: se l’esperto attestatore segnala gravi omissioni o menzogne, il Tribunale può dichiarare la decadenza. In linea con questo principio, il Trib. Milano (15 aprile 2025) ha sottolineato l’“extrema ratio” del concordato semplificato: la continuità aziendale è esclusa se non finalizzata immediatamente alla liquidazione, ribadendo la necessità di liquidare subito ed evitare il prolungamento di un’attività insostenibile.
  • Misure protettive: il Tribunale di Lecce (4 maggio 2023) ha riconosciuto l’applicabilità delle misure protettive ex art. 54 CCII anche al concordato semplificato, nonostante l’assenza di richiamo esplicito nella norma ante-correttivo. Successivamente tale orientamento è stato confermato dalla modifica legislativa (D.Lgs. 136/2024) e da altri Tribunali (ad es. Forlì 28/3/2024). Ciò significa che, sin dall’inizio dell’istanza, il debitore può ottenere il blocco delle azioni esecutive nei confronti dei creditori anche in questa procedura.
  • Utilità minima ai creditori: vari Tribunali hanno evidenziato l’obbligo di garantire un minimo beneficio a ciascun creditore. Il Tribunale di Bergamo (6 dicembre 2023) ha dichiarato inammissibile un piano semplificato in cui alcuni creditori non ricevevano alcun vantaggio rispetto alla liquidazione fallimentare. Anche in questo caso un piccolo “guadagno” (magari anticipazione dell’incasso) è considerato indispensabile, in coerenza con l’esame di convenienza operato dal giudice.
  • Modifiche alla proposta pre-omologa: il Tribunale di Mantova (19 ottobre 2023) ha ammesso che il debitore possa migliorare o integrare la proposta di concordato semplificato prima dell’udienza di omologa, facendo applicazione analogica delle norme del concordato preventivo. In sostanza, il giudice ha ritenuto possibile correggere errori formali o aumentare il pagamento ai creditori debitamente informati, purché ciò avvenga nei tempi processuali. Anche in tema di esecuzione post-omologa, lo stesso Tribunale ha affermato che sono applicabili i principi di trasparenza e concorrenza tipici del concordato ordinario (es. artt. 114 e 118 CCII).
  • Altre pronunce sul concordato minore: sebbene meno numerosi, alcuni tribunali si sono espressi sul concordato minore. Ad esempio il Tribunale di Cuneo (11 ott. 2022) ha stabilito che il debitore non è obbligato ad essere assistito da un avvocato nella domanda (contrariamente alla prassi abituale), mentre il Tribunale di Ancona (11 gen. 2023) ha precisato che la cancellazione dell’impresa individuale dal Registro delle Imprese non impedisce di accedere al concordato minore, in assenza di particolari disposizioni contrarie.

Queste decisioni testimoniano che i giudici italiani valutano con attenzione le condizioni di ammissibilità e di convenienza delle proposte, ma in generale confermano la validità degli istituti previsti dal legislatore. Resta fondamentale un comportamento onesto del debitore e una puntuale assistenza professionale per evitare sorprese in sede di omologa.

Settori economici di applicazione prevalente

L’adozione di concordato minore o semplificato riflette anche le dinamiche settoriali dell’economia. Gli Osservatori più recenti indicano che piccole imprese e professionisti in difficoltà, soprattutto nei settori manifatturiero, del commercio e delle costruzioni, stanno ricorrendo a queste procedure. In particolare, il Rapporto Unioncamere 2024 rileva che le aziende che hanno proposto il concordato semplificato sono tipicamente realtà sottodimensionate rispetto a quelle che hanno tentato la sola composizione negoziata: in media presentano 15 addetti e un fatturato di circa 4 milioni di euro. I settori più rappresentati sono il manifatturiero (23,8%), il commercio al dettaglio e all’ingrosso (19%), e le costruzioni (16,7%). Analogamente, la composizione negoziata coinvolge prevalentemente imprese manifatturiere (25,9%), commercio (23,3%) e costruzioni (12,2%).

Ciò significa che tipicamente piccole imprese artigiane, negozi al dettaglio, imprese edili si trovano nelle condizioni operative per utilizzare il concordato minore o semplificato. Ad esempio, un artigiano edile o un commerciante locale con debiti verso fornitori e fisco può accedere al concordato minore per ottenere lo sblocco di tali posizioni debitorie con piani di pagamento flessibili. Se l’impresa è leggermente più grande ma ha già esaurito altre soluzioni concordate, potrà utilizzare il concordato semplificato (dopo la composizione negoziata) per liquidare l’attivo in modo ordinato.

Va comunque notato che anche imprese di medio-grandi dimensioni (es. nell’industria manifatturiera o nel commercio con organico limitato) possono accedere al concordato semplificato, a patto di aver seguito l’iter negoziato. Al contrario, il concordato preventivo ordinario è oggi un fenomeno meno diffuso rispetto al passato, con aperture molto inferiori (ad esempio 762 domande nel 2024) concentrate su aziende di più alto valore e dimensioni.

Infine, imprese agricole e artigiane spesso non superano i parametri per il fallimento e fanno dunque ricorso agli istituti di sovraindebitamento. Il concordato minore è stato studiato proprio per queste realtà: il legislatore lo definisce come “procedura concorsuale per il soggetto non fallibile”, ponendo particolare enfasi sulla tutela delle specificità dell’imprenditore minore (artigiani, piccoli commercianti) rispetto agli imprenditori di maggiori dimensioni.

In sintesi, i principali settori coinvolti sono quelli dove abbondano piccole e medie imprese con flussi ciclici e debiti erariali: l’edilizia (dove si segnalano frequenti ritardi nei pagamenti), il commercio e l’artigianato (settori a basso margine e soggetti a crisi locali). Queste imprese possono beneficiare sia del concordato minore, per regolarizzare i debiti attraverso piani flessibili, sia del concordato semplificato, se la situazione lo richiede dopo un tentativo infruttuoso di accordo.

Domande e risposte frequenti

D: Chi può accedere al concordato minore?
R: Possono presentare il concordato minore i debitori in stato di sovraindebitamento che siano imprese o professionisti di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) CCII. In pratica: professionisti e imprenditori individuali “minori” (con attivo ≤300k, ricavi ≤200k, debiti ≤500k), imprenditori agricoli, società di persone e start-up innovative. Il consumatore è escluso (salvo casi familiari eccezionali).

D: Chi può accedere al concordato semplificato?
R: Chiunque sia imprenditore (società di capitali, società di persone, ditta individuale, artigiano, agricoltore, ecc.) e abbia già esaurito le soluzioni concordate. In concreto, l’imprenditore deve aver tentato la composizione negoziata con un esperto e trovarsi ancora in crisi al termine di tale percorso. Non ci sono limiti dimensionali: anche un piccolo artigiano sotto soglia può usarlo dopo la negoziazione. È richiesto che l’esperto certifichi il buon esito (positività) delle trattative: se l’accordo con i creditori non si è raggiunto, il debitor potrà proporre il concordato semplificato entro 60 giorni.

D: Quali maggioranze servono per approvare il piano?
R (Minore): Il concordato minore richiede l’approvazione dei creditori. Serve il voto favorevole dei crediti che rappresentino almeno il 51% del valore totale dei crediti ammessi al voto (norma art. 79 CCII). Non si richiede una maggioranza per teste. I crediti privilegiati votano solo per la parte falcidiata.
R (Semplificato): Nel concordato semplificato non c’è assemblea di voto. Il piano non deve essere “approvato” dai creditori: spetta al Tribunale decidere sulla omologazione. Tuttavia i creditori possono opporsi all’omologa (entro termini prestabiliti) se ritengono la proposta ingiusta. In pratica, se molti creditori si oppongono, il giudice potrà rigettare la domanda; se quasi nessuno protesta, l’omologa sarà più agevole.

D: Qual è il ruolo dell’avvocato e dell’OCC?
R: Per il concordato minore l’assistenza dell’OCC è obbligatoria fin dal deposito della domanda (legge ex art. 76 CCII). La legge non impone espressamente la presenza dell’avvocato, ma quasi tutti gli Occ e i tribunali richiedono la rappresentanza legale del debitore per la complessità degli atti. Anche nel concordato semplificato il supporto di un legale è fortemente consigliato, ma non obbligatorio per legge (l’istanza viene comunque depositata mediante PEC con avvocati abilitati). L’OCC non interviene nel semplificato, perché questo è un procedimento giudiziale vero e proprio (analogamente al concordato preventivo).

D: Cosa succede dopo l’apertura della procedura di concordato minore?
R: Dopo il decreto di apertura, l’OCC o il gestore incaricato comunica l’apertura ai creditori e raccoglie i voti entro i termini indicati (tipicamente 20-30 giorni). Viene automatico uno stay: i creditori non possono proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore finché non si decide sull’omologa. Una volta scaduto il termine di voto, il Tribunale fissa l’udienza di omologa. Se il piano supera il vaglio di convenienza, fattibilità e percentuali legali, il giudice omologa il concordato minore con decreto.

D: I creditori possono bloccare il piano?
R (Minore): Non c’è opposizione formale prevista come nel semplificato; i creditori esprimono la propria adesione o dissenso col voto. Se manca la maggioranza del 51%, la proposta non si approva e il piano cade.
R (Semplificato): I creditori non votano, ma possono presentare opposizione entro 10 giorni dall’udienza di omologa motivando la propria contrarietà. Ad esempio, potrebbero sostenere che il piano offre risorse inferiori a quelle ottenibili in fallimento o che il debitore è stato infedele. Il giudice esamina le opposizioni; se ritiene che i creditori siano danneggiati, può negare l’omologa. È quindi fondamentale presentare piani equi: anche nel semplificato si deve fornire un “minimo utile” a ogni creditore.

D: Si può continuare l’attività durante il concordato?
R: Nel concordato minore l’impresa può continuare normalmente (finché è redditizia) fino all’omologa, sotto la vigilanza dell’OCC e del Tribunale. Nel concordato semplificato invece l’impresa si prepara a “chiudere bottega”. Durante la fase pre-omologa l’azienda può mantenere un’attività minima sotto la supervisione del Tribunale, ma di solito l’attività è già ridotta (viene nominato solamente un liquidatore in sede di esecuzione). Non viene immediatamente nominato un curatore: l’imprenditore continua la gestione ordinaria fino all’udienza. Dopo l’omologa, se il piano prevede la cessione dell’azienda a terzi, l’impresa “ceduta” potrebbe continuare con un nuovo proprietario, ma l’impresa originaria cessa di operare. In generale, al termine del concordato semplificato la società finisce la propria attività (a meno che non vi sia un acquisto ad hoc).

D: Che fine fanno i dipendenti?
R: Sia nel concordato minore sia in quello semplificato i dipendenti sono creditori privilegiati per stipendi arretrati e TFR. Nel piano questi crediti devono essere soddisfatti per primi (fino alla capienza dell’attivo). Spesso, se il piano prevede la vendita dell’azienda, il compratore subentra e può decidere di riassumere parte del personale (come in un concordato preventivo). I lavoratori assunti continuano con il nuovo datore; quelli non assunti vengono licenziati: essi riceveranno dai fondi del concordato l’erogazione del TFR e degli arretrati rimanenti (in caso di risorse insufficienti, entro i limiti del Fondo di garanzia INPS). Se non c’è acquirente, l’attività cessa e tutti i dipendenti vengono licenziati, ma in ogni caso saranno pagati – entro i limiti di legge – per i crediti privilegiati. Da un punto di vista legale, l’esito per i dipendenti è analogo a quello di un fallimento (cessazione dell’attività, salvo eventuali riassunzioni da terzi), ma la procedura semplificata tende a favorire una cessione rapida che può salvare posti di lavoro.

D: E i debiti verso Fisco e INPS?
R: Anche i debiti tributari e previdenziali possono essere oggetto di ristrutturazione nel piano semplificato o minore. Essi sono privilegiati sui beni aziendali, quindi in teoria il piano dovrebbe pagare almeno fino alla capienza del privilegio (IVA, ritenute, contributi). Tuttavia, se l’attivo è insufficiente, la parte eccedente può essere falcidiata (stralciata) come credito chirografario. Ad esempio, se l’Erario ha €100.000 di credito privilegiato ma i beni disponibili ne coprono solo €30.000, il concordato può offrire quei €30.000 (30%) e esdebitare i rimanenti €70.000. Numerosi tribunali (es. Trib. Lecce, 2023) hanno omologato piani che pagavano una piccola percentuale ai creditori pubblici, quando non c’erano altre risorse. In definitiva, nel concordato semplificato il giudice valuta caso per caso: può permettere un “cram-down fiscale” se è impossibile fare di più senza liquidazione, sempre nell’interesse generale di salvare il più possibile i posti di lavoro e l’azienda.

D: Quanto dura la procedura?
R: Dipende dai casi, ma in linea di massima si tratta di procedure relativamente brevi. Nel concordato minore l’omologa può giungere nel giro di pochi mesi (tipicamente 4-6 mesi dal deposito, escluse eventuali opposizioni), essendo procedure meno complesse. Nel concordato semplificato si aggiunge prima la fase negoziata (max 6 mesi), poi il percorso giudiziale: indicativamente 2-4 mesi per l’omologa dall’avvio della procedura, seguiti da circa 6-12 mesi per la fase di liquidazione dei beni. In totale si può concludere tutto in circa 1 anno (1-2 anni nei casi più complessi), assai meno dei tempi ordinari di una procedura fallimentare o di un concordato preventivo.

D: Quali costi comporta per il debitore?
R: Ci sono diverse voci di costo da considerare:

  • OCC / Esperto: il compenso dell’esperto nominato dall’OCC nella composizione negoziata (fissato dai parametri ministeriali) e del gestore OCC nel concordato minore. Spesso gravano sul debitore (che può chiedere comunque l’anticipazione al Tribunale). Nel concordato semplificato non c’è un intervento dell’OCC in fase giudiziale, ma prima bisogna pagare l’esperto di negoziazione.
  • Avvocati: è pratica consolidata farsi assistere da uno o più avvocati specializzati (il cui costo varia in base all’impegno e alla tariffa professionale). La legge non prevede tariffe imposte per l’avvocato in queste procedure (salvo compensi del commissario nel concordato ordinario), ma il debitore dovrà comunque sopportare la parcella legale.
  • Tributi pubblici: vanno corrisposti i diritti di segreteria e contributo unificato per il deposito delle istanze in tribunale (ad esempio, nel concordato minore circa €366 nel Registro delle Imprese). Nel semplificato il contributo unificato si applica anch’esso sull’istanza al tribunale.
  • Liquidatore giudiziale: dopo l’omologa il Tribunale nomina un liquidatore (per il semplificato) o un curatore (per il minore se occorre), il cui compenso è normalmente sostenuto dalla procedura (cioè dalle somme ricavate dalla liquidazione). Il debitore di regola non paga ulteriormente per questo ruolo.

Nel complesso i costi di un concordato semplificato o minore sono inferiori rispetto a un concordato ordinario (che prevede commissario e assemblee), ma richiedono comunque risorse professionali adeguate. Molte imprese ricorrono a finanziamenti ponte (ad es. da soci o terzi) per coprire tali oneri nell’attesa che la procedura produca esiti positivi.

Simulazioni pratiche (casi esemplificativi)

Per rendere tangibile l’applicazione delle procedure, vediamo alcuni casi tipo in ambito italiano.

  1. Artigiano edile individuale (concordato minore). Mario Rossi è un carpentiere (imprenditore individuale) con un debito di €200.000 verso banche e fornitori e un attivo di beni mobiliari strumentali di €250.000. I suoi ricavi annui sono di circa €150.000. Mario non può fallire (sotto soglia) ma è in sovraindebitamento. Dopo aver richiesto il piano del consumatore, decide di accedere al concordato minore. In collaborazione con l’OCC, presenta al Tribunale un piano di pagamento triennale: offre il 50% del proprio attivo (125k) per coprire i debiti, con rate semestrali e eventuali contributi non monetari (fideiussioni). La proposta, debitamente motivata e documentata (inventario, bilanci, relazioni), ottiene l’approvazione dei creditori perché rappresenta un risultato migliore della liquidazione immediata. Il Tribunale omologa il concordato: da quel momento i creditori devono astenersi da pignoramenti e Mario può ristrutturare l’attività. Al termine, riceve l’esdebitazione per la parte residua dei debiti (circa €75.000), che viene cancellata ex art. 80 CCII.
  2. Società di commercio (concordato semplificato). “Commercio & Co. S.r.l.” ha 10 dipendenti e ricavi per €8 milioni. Subisce perdite da tre anni, accumula debiti verso fornitori e fisco per €1,5 milioni. Viene nominato un esperto per la composizione negoziata. Dopo 6 mesi le trattative con i creditori (banche, fornitori) falliscono: non si trova accordo di ristrutturazione. L’esperto rilascia relazione finale attestando che Mario ha agito con buona fede ma non ha trovato soluzioni praticabili (art. 25-sexies CCII). A questo punto la società non può presentare un concordato preventivo direttamente (perché non è formalmente insolvente), ma avvia il concordato semplificato per liquidazione del patrimonio. In tribunale deposita il ricorso ex art. 25-sexies CCII: allega la proposta concordataria consistente nella vendita dell’intera azienda “chiavi in mano” ad un terzo interessato, con il pagamento dei debiti come segue: 20% all’Erario (imposte arretrate), 20% all’INPS (contributi), 30% ai fornitori privilegiati, 30% ai fornitori chirografari (dei 1,5M complessivi). I creditori vengono informati e il Tribunale, valutata la ragionevolezza del piano (assicurata la minima utilità a ciascun creditore), fissa l’udienza di omologa. Poiché nessun creditore si opponeva con argomenti solidi (fornitori d’accordo sulla certezza di pagamento immediato), il Tribunale omologa il concordato. Dopo l’omologa, l’acquirente subentra e continua l’attività (acquisendo tutti i beni). I dipendenti (alcuni riassunti) ricevono il TFR dal fondo aziendale, e gli eventuali debiti residue pagati in parte dall’Erario (che perde il 80% del credito, ma non può pretendere di più per l’insufficienza dei beni). La società viene radiata dopo la liquidazione, ma gli amministratori ottengono l’esdebitazione per gli 1,5M di debiti, diventati definiti e parzialmente soddisfatti.
  3. Imprenditore artigiano in attività sociale (simulazione comparativa). Immaginiamo che l’artigiano di cui al caso 1 fallisca nell’intento di raggiungere un accordo semplice con i creditori. Si pone la scelta fra: (a) avviare una composizione negoziata/accordo di ristrutturazione preventiva o (b) depositare subito domanda di concordato minore. Con la composizione negoziata c’è il rischio che i creditori più forti respingano la proposta bilateralmente. Il concordato minore, al contrario, obbliga i creditori ad uniformarsi all’accordo se passa in Tribunale. I professionisti dell’impresa possono quindi consigliare di andare rapidamente a concordato minore per «congelare» le azioni esecutive (misure protettive) e assicurare un risultato certezza di risanamento approvato dal giudice, evitando lungaggini di trattative private.

In ogni simulazione rimane cruciale la presenza di consulenti esperti (commercialisti, legali, OCC). Il rispetto della buona fede negoziale, la preparazione di un piano realistico (con previsioni di realizzo dei beni conservatrici della continuità ove possibile) e la collaborazione con i creditori aumentano significativamente la probabilità di omologa. Le cifre di percentuali e durate qui riportate sono indicative e variano caso per caso, ma riflettono le prassi consolidate (p.es. Trib. Lecce 30/10/23: 5% all’Erario) e i limiti normativi (art. 25-sexies CCII).

Fonti normative e giurisprudenziali

Normativa: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, CCII), artt. 2, 17-25 (composizione negoziata), 25-sexies–25-octies (concordato semplificato), 74–83 (concordato minore), 78–80 (omologazione del concordato minore). D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (conv. L. 147/2021), art. 18 (introduzione del concordato semplificato); D.Lgs. 12 ottobre 2022, n. 149 (primo decreto correttivo CCII); D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (secondo decreto correttivo CCII, modifica art. 25-sexies e art. 54 CCII). L. 3/2012 (ex accordi di composizione della crisi) e L. 221/2012 (start-up innovative) in regime precedente; R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge Fallimentare), art. 161 c.2 (richiamato in art. 18 CCII).

Giurisprudenza selezionata: Trib. Firenze, Sez. V, 31.08.2022 (criteri di controllo ammissibilità buona fede nel concordato semplificato); Trib. Lecce, 4.05.2023 (ammissione misure protettive art. 54 CCII al concordato semplificato); Trib. Napoli, 25.10.2023 (revoca concordato semplificato per mala fede del debitore); Trib. Mantova, 19.10.2023 (ammissibile modifica proposta semplificato pre-omologa; applicazione degli artt.114,118 CCII in esecuzione); Trib. Lecce, 30.10.2023 (omologa concordato semplificato con cessione azienda e pagamento parziale a creditori privilegiati, in caso di attivo insufficiente); Trib. Bergamo, 6.12.2023 (inammissibilità concordato semplificato privo di “utilità minima” per alcuni creditori rispetto alla liquidazione); Trib. Milano, 23.04.2024 (Pres. De Simone; sindacato formale sulla buona fede del debitore nella negoziazione) e 15.04.2025 (Pres. De Simone; conferma natura “extrema ratio” del concordato semplificato, senza alcuna continuità aziendale). Trib. Cuneo, 11.10.2022 (non è necessaria assistenza legale per concordato minore); Trib. Ancona, 11.01.2023 (cessazione impresa individuale non preclude concordato minore). Altre pronunce dei tribunali ordinari sono continuamente prodotte, anche su concordato minore e composizione negoziata, e confermano i principi sopra descritti.

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Conclusione

Il concordato minore è una procedura volontaria rivolta ai debitori in bonis, mentre il concordato semplificato è riservato ai casi in cui la composizione negoziata fallisce.
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