Cancellazione Cartelle Esattoriali 2025

Hai ricevuto una cartella esattoriale e ti stai chiedendo come ottenerne la cancellazione nel 2025? Temi che impatti credito, fido, pignoramenti o segnalazioni?

La buona notizia è che esistono vie legali per chiedere l’annullamento della cartella, soprattutto se è viziata da errori, prescritta o illegittima. Ma serve conoscere quali sono i motivi validi e le procedure corrette per agire in tempo.

Cosa può far cadere una cartella nel 2025?

  • Prescrizione: se il debito fiscale è vecchio enough (per esempio 5 anni per tasse, contributi INPS, IVA), puoi chiedere l’annullamento per decorrenza termini.
  • Vizi formali: come errori sul destinatario, valori errati, mancanza di notifiche. Anche piccoli errori burocratici possono valere una cancellazione.
  • Intervento delle Autorità: a volte entrate o riscossione legittimano cartelle sbagliate o con ricalcoli errati. Un reclamo o istanza può bloccarle.

Ma non basta dire “è vecchia”: serve saperlo dimostrare. E soprattutto rispettare i tempi per l’azione.

Come si procede per ottenerla?

  1. Verifica della situazione: quando è stata emessa la cartella, se ci sono sospensioni o rateazioni in corso.
  2. Invio di istanza di autotutela all’Agenzia Entrate o Riscossione, evidenziando vizi o prescrizione.
  3. Eventuale reclamo formale, se la prima richiesta viene respinta.
  4. Opposizione giudiziale, entro 60 giorni dalla notifica, se il credito è ingiusto o non riconosciuto.
  5. Mediazione o transazione, per abbattere sanzioni o interessi e chiudere definitivamente.

E se il problema è già diventato esecutivo?

Non cambia la strategia: con la consulenza giusta puoi comunque impugnare la cartella, chiedere sospensione o rateizzazione e ottenere la cancellazione anche intervenendo “in corsa”.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e cancellazione cartelle – ti spiega come chiedere la cancellazione delle cartelle esattoriali nel 2025, qual è la strada giusta se hai un debito vecchio o illegittimo, e cosa possiamo fare per aiutarti a risolvere la questione senza blocchi sul tuo conto, tra segnalazioni o i provvedimenti del Fisco.

Hai cartelle aperte che vorresti eliminare ma non sai come muoverti? Vuoi sapere se puoi evitare pignoramenti e riaprire la tua posizione?

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Introduzione

La presente guida fornisce un’analisi approfondita e aggiornata a giugno 2025 sulla cancellazione delle cartelle esattoriali in Italia, dal punto di vista del debitore. È pensata per un pubblico composto sia da professionisti legali (avvocati, consulenti fiscali) sia da privati cittadini e imprenditori interessati a capire come liberarsi (in tutto o in parte) dei debiti iscritti a ruolo. Il linguaggio utilizzato è tecnico-giuridico ma divulgativo, in modo da coniugare il rigore normativo con la chiarezza espositiva.

Che cosa intendiamo per “cancellazione delle cartelle esattoriali”? In questo contesto il termine si riferisce a qualsiasi strumento o situazione che conduca all’annullamento totale o parziale di un debito iscritto in una cartella di pagamento. Ciò include:

  • Condoni o “stralci” di legge, ovvero provvedimenti normativi che prevedono l’annullamento d’ufficio di certe cartelle (tipicamente di importo o anzianità limitata);
  • Definizioni agevolate (rottamazioni), che consentono al debitore di estinguere i carichi pagando solo una parte del dovuto (ad esempio solo il capitale, senza sanzioni né interessi);
  • Saldo e stralcio, ovvero misure speciali rivolte a contribuenti in difficoltà che permettono di pagare solo una percentuale ridotta del debito, con esonero dal restante;
  • Cause di estinzione legale del debito come la prescrizione (decorso del tempo senza atti interruttivi) e la decadenza (mancato rispetto da parte dell’ente dei termini per notificare atti o cartelle) – meccanismi che, se riconosciuti, comportano la perdita del diritto di riscossione;
  • Annullamenti per via giudiziale o amministrativa: ad esempio una cartella può essere “cancellata” se il contribuente vince un ricorso in Commissione Tributaria oppure se l’ente annulla in autotutela un ruolo erroneo.

Questa guida analizzerà ciascuno di questi aspetti e strumenti. Particolare attenzione sarà data alle novità normative del 2025, incluse le disposizioni della Legge di Bilancio 2025 (Legge 30 dicembre 2024, n. 207) e di altri provvedimenti rilevanti (come il Decreto Milleproroghe 2024 convertito a febbraio 2025), che hanno introdotto cambiamenti in materia di riscossione e gestione dei debiti fiscali.

Struttura della guida: inizieremo con una panoramica delle principali novità 2023-2025 in tema di “pace fiscale” e cancellazione di cartelle. Successivamente esamineremo in dettaglio gli strumenti di definizione agevolata (rottamazioni), il saldo e stralcio, la prescrizione e decadenza dei debiti tributari. Approfondiremo poi gli effetti della cancellazione delle cartelle su eventuali contenziosi in corso e sulle procedure esecutive o cautelari (pignoramenti, ipoteche, fermi). Non mancheranno casi pratici e simulazioni, utili a contestualizzare le regole, e una sezione Domande e Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più frequenti. In chiusura, troverete l’elenco di fonti normative e giurisprudenziali citate, per un rapido riferimento alle leggi, ai decreti e alle sentenze menzionate.

Nota terminologica: sebbene Equitalia non esista più dal 2017 (sostituita dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, AdER), nel linguaggio comune si parla ancora di “cartelle esattoriali” o “cartelle Equitalia”. Formalmente oggi si tratta delle cartelle di pagamento emesse da AdER per la riscossione coattiva di crediti tributari o di altra natura (multe, contributi, etc.). In questa guida useremo indifferentemente il termine “cartella esattoriale” o “cartella di pagamento” per indicare l’atto con cui l’Agente della Riscossione richiede al debitore il pagamento di somme iscritte a ruolo.

Novità normative 2023-2025 sulla cancellazione delle cartelle

Negli ultimi anni il legislatore italiano è intervenuto più volte per alleggerire il carico dei debiti fiscali e contributivi, introducendo misure di “pace fiscale”. Qui riepiloghiamo le novità principali che hanno inciso sulla possibilità di cancellare (in tutto o in parte) le cartelle esattoriali:

Stralcio dei mini-debiti fino a 1.000€ (Legge di Bilancio 2023)

La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha previsto l’annullamento automatico – il cosiddetto “stralcio” – di tutti i debiti di importo residuo fino a 1.000 euro affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. In pratica, le “vecchie” cartelle di piccolo importo (fino a mille euro di importo residuo al 1° gennaio 2023 per singolo carico) sono state condonate per volontà di legge. Alcune precisazioni importanti su questa misura:

  • Stralcio parziale vs integrale: lo stralcio è stato parziale per i carichi provenienti da enti creditori diversi dallo Stato, Agenzie fiscali ed enti previdenziali, mentre è stato integrale per i carichi delle amministrazioni statali, agenzie fiscali ed enti previdenziali. Ciò significa che:
    • Per le cartelle di enti statali (es. debiti con l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, etc.) sotto i 1.000€, l’annullamento automatico ha riguardato l’intero importo dovuto (capitale, interessi, sanzioni);
    • Per le cartelle di enti locali o altri enti (Comuni, multe stradali, tributi locali, ecc.), l’annullamento automatico ha riguardato solo gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, le sanzioni e gli interessi di mora, mentre restavano dovuti il capitale, le spese di procedimento e i diritti di notifica. In altre parole, per i debiti locali sotto 1.000€ sono stati azzerati interessi e sanzioni, ma la quota capitale è rimasta in essere salvo diversa decisione dell’ente.
    • Eccezione facoltativa: gli enti non statali avevano comunque facoltà di concedere lo stralcio integrale dei propri crediti fino a 1.000€, includendo anche il capitale. La legge ha infatti permesso a tali enti di adottare, entro il 31 marzo 2023, uno specifico provvedimento per estendere l’annullamento anche alla quota capitale e alle spese residue. Molti Comuni hanno deliberato in tal senso, altri invece hanno preferito mantenere esigibile la quota capitale.
  • Tempistica: inizialmente la data fissata per l’annullamento automatico era il 31 marzo 2023. Successivamente, con la legge di conversione del Decreto Milleproroghe 2023 (L. 14/2023), il termine è slittato al 30 aprile 2023. Entro tale data l’Agente della Riscossione ha provveduto a cancellare d’ufficio i carichi rientranti nello stralcio e, fino a quella data, le attività di riscossione riguardanti quei debiti sono rimaste sospese.
  • Ambito oggettivo: lo stralcio 2023 ha riguardato tutti i tipi di debito entro la soglia indicata (tributi erariali, tributi locali, sanzioni amministrative) ad eccezione di alcune categorie escluse per legge, come:
    • Debiti per il recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con l’UE;
    • Crediti europei (ad esempio da fondi UE) e dazi doganali;
    • Multe stradali: in questo caso, la legge ha previsto che per le sanzioni del Codice della Strada lo stralcio riguardasse solo gli interessi e le maggiorazioni, ma non la sanzione principale (considerata “capitale”).
  • Conseguenze per il debitore: i debiti fino a 1000€ condonati sono stati cancellati automaticamente senza necessità di domanda da parte del contribuente. L’Agente Riscossione ha dovuto aggiornare i propri estratti di ruolo eliminando i carichi annullati. Attenzione: le somme già versate prima dell’annullamento sono rimaste definitivamente acquisite dall’ente creditore. In altre parole, se il contribuente aveva già pagato in tutto o in parte una cartella poi rientrata nello stralcio, non ha diritto a rimborso per quanto versato. Lo stralcio opera solo sui residui non pagati al 30/4/2023.

Lo Stralcio dei mini-debiti è stato un intervento una tantum mirato a “pulire” dai ruoli milioni di vecchie piccole posizioni, alleggerendo tanto i debitori (per importi modesti) quanto gli uffici riscossione dal gravame di crediti di difficile esazione. Nel biennio 2024-2025 non sono stati approvati ulteriori stralci generalizzati: attualmente, dunque, non è prevista alcuna cancellazione automatica di cartelle per importi superiori o per anni successivi a quelli coperti dallo stralcio 2023. Il Governo ha più volte accennato a possibili nuove “sanatorie”, ma finora senza concreti sviluppi, anche a causa dei vincoli di bilancio (condonare interessi e sanzioni su larga scala comporta un mancato gettito significativo).

Definizione agevolata 2023 (Rottamazione-quater)

Accanto allo stralcio, la stessa Manovra 2023 ha lanciato una nuova edizione della “Definizione agevolata” delle cartelle, denominata Rottamazione-quater. Questa misura – in continuità con le tre precedenti “rottamazioni” degli anni 2016-2018 – consente ai debitori di estinguere i carichi iscritti a ruolo con uno sconto su sanzioni e interessi, pagando quindi solo la parte di capitale e pochi oneri di riscossione. Ecco i punti chiave della rottamazione-quater introdotta dalla L. 197/2022:

  • Ambito temporale dei debiti: sono rottamabili i carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Si tratta di un intervallo molto ampio, che copre di fatto oltre 20 anni di cartelle (inclusi molti debiti già in riscossione da tempo). Restano esclusi ovviamente i carichi affidati dopo il 30/6/2022, per i quali in futuro potrà essere prevista un’altra definizione (v. infra possibili sviluppi 2025).
  • Beneficio: aderendo alla definizione agevolata, il contribuente paga solo l’importo residuo del debito “base” (imposte, contributi, multa), con azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora e delle eventuali somme aggiuntive per ritardata iscrizione a ruolo. Rimangono invece dovuti l’aggio di riscossione (compenso di AdER) e le spese di notifica della cartella. In pratica, la cartella viene “ripulita” da tutte le penalità, interessi e maggiorazioni, consentendo un risparmio significativo. Ad esempio, una cartella da €10.000 comprensiva di €4.000 di sanzioni e €1.000 di interessi verrebbe definita pagando circa €5.000 (capitale + aggio/spese).
  • Modalità e termini di adesione: la rottamazione-quater richiedeva la presentazione di una domanda di adesione entro il 30 aprile 2023 (inizialmente 30 giugno, poi anticipato al 30/4 in fase di approvazione definitiva della legge). La domanda si presentava online sul portale AdER, specificando le cartelle che si intendeva definire. Entro il 30 giugno 2023, l’Agente Riscossione avrebbe dovuto inviare ai richiedenti la “Comunicazione delle somme dovute” con il conteggio dell’importo agevolato da pagare e i bollettini delle rate.
  • Pagamento rateale fino a 5 anni: era possibile pagare in un’unica soluzione (entro 31 luglio 2023) oppure in un massimo di 18 rate distribuite in 5 anni. Il piano decennale era così strutturato: 1ª e 2ª rata ciascuna pari al 10% del dovuto, in scadenza 31 luglio e 30 novembre 2023; a seguire le restanti 16 rate semestrali, con scadenza 28 febbraio e 31 luglio di ogni anno dal 2024 al 2027. Sulle rate dal 2024 in poi si applica un interesse ridotto del 2% annuo.
  • Effetti sul contenzioso e sulla riscossione: la presentazione della domanda di definizione ha comportato la sospensione automatica di eventuali procedure esecutive in corso e il blocco di nuovi pignoramenti per i debiti rottamati. AdER, dal momento della domanda e in costanza del piano, non può intraprendere azioni esecutive o cautelari (fermi amministrativi, ipoteche) né atti di recupero come fermi o pignoramenti. Fanno eccezione solo le procedure esecutive già in fase avanzata (es.: asta già tenuta, crediti già assegnati al creditore – v. oltre). Per quanto riguarda gli eventuali giudizi pendenti relativi alle cartelle rottamate, l’adesione alla definizione non richiedeva una rinuncia formale al ricorso (a differenza di altre sanatorie sulle liti); tuttavia, una volta perfezionato il pagamento agevolato, la controversia viene di fatto meno (il debito si estingue). Se il contribuente, invece, intendeva proseguire il contenzioso confidando magari nell’annullamento totale del debito in sede giudiziaria, poteva scegliere di non aderire alla rottamazione per quella cartella. Insomma, rottamare una cartella significa accettarne sostanzialmente la legittimità ma godere di uno sconto su interessi e sanzioni in cambio del pagamento del capitale.
  • Decadenza e sanzioni in caso di mancato pagamento: se il contribuente non paga anche solo una rata della rottamazione (oppure paga in ritardo oltre i 5 giorni di tolleranza), perde il beneficio (decade dalla definizione agevolata). In tal caso, i versamenti eventualmente già effettuati vengono considerati acconti sul debito e l’Agente della Riscossione riprende le azioni ordinarie di recupero per l’intero importo originario, senza più sconti. Dunque è fondamentale rispettare le scadenze: la rottamazione non ammette ritardi, pena la reviviscenza delle cartelle in forma piena.

La rottamazione-quater è stata accolta da un’altissima adesione: centinaia di migliaia di contribuenti hanno presentato domanda entro aprile 2023 per regolarizzare la propria posizione in modo agevolato. Questa misura ha rappresentato un sollievo per molti debitori, ma non tutti sono poi riusciti a rispettare i pagamenti previsti nel 2023-2024, anche a causa delle difficoltà economiche diffuse. Proprio per venire incontro ai “decaduti”, è intervenuta ad inizio 2025 una norma di riapertura.

Riammissione alla Definizione agevolata (Milleproroghe 2025)

Con la conversione del Decreto Milleproroghe 2024 (DL 198/2024) nella Legge 26 febbraio 2025 n. 15, il legislatore ha concesso una seconda chance a coloro che erano incorsi nella decadenza dalla rottamazione-quater. In particolare, l’art. 3 bis del Milleproroghe ha previsto che i contribuenti i quali al 31 dicembre 2024 avevano perso i benefici della definizione agevolata (per mancato, insufficiente o tardivo pagamento di una o più rate 2023-2024) potessero essere riammessi alla rottamazione. Ecco i dettagli della misura:

  • Chi può essere riammesso: soltanto i debiti già inclusi in originarie dichiarazioni di adesione alla rottamazione-quater per i quali si è verificata decadenza entro il 2024. In pratica, la riammissione riguarda chi aveva presentato domanda nel 2023 ed ottenuto un piano di definizione, ma non è riuscito a pagare regolarmente le rate con scadenza fino a dicembre 2024. Sono due le ipotesi coperte:
    • Rate della definizione non pagate del tutto (una o più);
    • Rate pagate in parte o in ritardo (oltre i 5 giorni di tolleranza).
    Se invece il contribuente era in regola con tutte le rate fino al 31/12/2024, non rientra nella riammissione – semplicemente proseguirà il suo piano originario, versando la successiva rata in scadenza.
  • Domanda entro il 30 aprile 2025: per usufruire della riammissione era necessario presentare una istanza online ad AdER entro il 30 aprile 2025. La domanda, da inviare tramite il portale AdER (area riservata o area pubblica), doveva indicare le cartelle da “recuperare” nella definizione e scegliere il nuovo piano di pagamento.
  • Nuovo piano di pagamento: ai riammessi è stato concesso un nuovo calendario di versamenti, con facoltà di scegliere tra:
    • Un’unica soluzione entro il 31 luglio 2025, oppure
    • Rate fino a 10 mensilità di pari importo, con scadenze: 31 luglio 2025 e 30 novembre 2025 (prime due rate), poi 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre degli anni 2026 e 2027 (in totale altre 8 rate).
    Su queste somme si applica l’interesse del 2% annuo, decorrente dal 1° novembre 2023 (in sostanza si prosegue il meccanismo agevolato). Entro il 30 giugno 2025 AdER comunicherà ai debitori riammessi il nuovo piano con importi e scadenze. Anche in questo caso, il mancato pagamento di una sola rata comporterà la decadenza definitiva.
  • Sospensione pignoramenti: la presentazione della domanda di riammissione 2025 produce effetti analoghi a quelli di una nuova adesione: blocco delle azioni esecutive in corso (pignoramenti, fermi) – a parte le solite eccezioni per procedure già in fase finale – e divieto di nuove azioni su quei debiti. In particolare, è stato chiarito che i pignoramenti presso terzi in essere (es. pignoramento del conto corrente) sono sospesi dal momento della domanda, ma per ottenere lo sblocco definitivo delle somme occorre attendere il pagamento almeno della prima rata del nuovo piano. Dunque, chi è sotto esecuzione ha interesse a presentare l’istanza di riammissione (che congela la procedura) e poi a versare tempestivamente la prima scadenza per far revocare gli atti esecutivi.

Questa riammissione (“ripescaggio” dei decaduti) rappresenta una novità del 2025 molto rilevante per i debitori: consente di non vanificare i versamenti già fatti nel 2023 e di non perdere l’agevolazione, offrendo una via d’uscita a chi per difficoltà contingenti era rimasto indietro. Va sottolineato che non si tratta di una riapertura generale della rottamazione-quater a nuovi debiti: chi non presentò affatto la domanda nel 2023, o ha debiti affidati dopo giugno 2022, non può aderire ora (dovrà attendere eventualmente nuove edizioni). La misura è circoscritta a sanare le posizioni di chi aveva aderito ma era decaduto.

La Legge di Bilancio 2025 e le nuove regole sulla riscossione

Arriviamo così alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024). Contrariamente alle aspettative di alcuni, nella Manovra 2025 non sono state previste nuove edizioni di rottamazione o condoni generalizzati. Le esigenze di gettito e le pressioni anche internazionali (l’UE da tempo critica le continue sanatorie fiscali italiane) hanno portato il legislatore a non replicare immediatamente una “rottamazione-quinquies” per i carichi 2023-2024. Ciò significa che, al momento, non è in vigore alcuna definizione agevolata per cartelle affidate dopo il 30/6/2022. Tuttavia, la storia recente insegna che le rottamazioni hanno una cadenza quasi periodica (vi sono state edizioni nel 2016, 2017, 2018-19, 2023…), per cui molti osservatori ritengono probabile una rottamazione-“quinquies” in uno dei prossimi provvedimenti finanziari. Il Governo stesso ha ventilato la possibilità di nuove misure di pace fiscale, magari mirate ai soggetti in difficoltà economica in modo più selettivo.

Pur senza nuovi condoni, la Legge di Bilancio 2025 ha comunque introdotto importanti novità in materia di riscossione e gestione dei debiti fiscali, che indirettamente aiutano i debitori. In sintesi:

  • Rafforzamento delle rateizzazioni ordinarie: dal 2025 è diventato ancora più facile dilazionare le cartelle. In particolare, il limite per ottenere una rateizzazione automatica senza necessità di documentare lo stato di difficoltà è stato elevato a 120.000 € di debito. Ciò significa che fino a tale importo l’Agente Riscossione concede piani fino a 72–84 rate (6–7 anni) su semplice richiesta del contribuente. Inoltre, per i debiti superiori, è ora possibile ottenere piani di dilazione fino a 120 rate (10 anni) in presenza di requisiti di comprovata difficoltà economica (valutata con specifici indici per persone fisiche e imprese). In altre parole, la rateizzazione ordinaria è divenuta più lunga e accessibile: si può spalmar il debito in 10 anni (prima erano max 6 anni), alleviando l’onere delle singole rate. È prevista persino una graduale estensione: domande presentate nel 2027-2028 potranno arrivare a 96 rate, dal 2029 in poi a 108 rate, e a regime 120 rate per tutti. Queste modifiche sono volte a rendere strutturale una forma di “pace fiscale” permanente, offrendo vie di rientro sostenibili senza dover condonare il debito.
  • Snellimento delle procedure di riscossione: la riforma 2025 ha previsto che AdER tenti la notifica delle cartelle più tempestivamente rispetto al passato. L’obiettivo è di ridurre il ritardo tra l’affidamento a ruolo e la notifica effettiva al contribuente (in passato potevano passare anche anni, generando incertezza). Ora, l’Agente dovrà di norma tentare la notifica entro 9 mesi dall’affidamento. Resta ferma la decadenza legale già esistente (art. 25 DPR 602/1973), che impone comunque termini massimi a pena di decadenza per la notifica delle cartelle (come vedremo, 2-3-4 anni a seconda dei casi). La novità organizzativa dei 9 mesi serve a rendere la riscossione più “in tempo reale” e a evitare cartelle che giungono al contribuente molti anni dopo l’origine del debito.
  • Maggiori tutele sul fronte notifiche: sempre in ottica pro-contribuente, sono state ampliate le possibilità di impugnare cartelle mai notificate. La legge ha chiarito che il contribuente può rivolgersi al giudice per far valere l’omessa o irregolare notifica di una cartella, anche a distanza di tempo, senza dover attendere ulteriori atti esecutivi. Questo recepisce l’orientamento giurisprudenziale che ammette il ricorso contro l’estratto di ruolo quando si scopre l’esistenza di una cartella sconosciuta. Insomma, chi “scopre” una vecchia cartella pendente (magari da un controllo in banca dati) ha strumenti più chiari per tutelarsi subito, chiedendone l’annullamento se non gli era stata notificata secondo legge.
  • Vantaggi per imprese in crisi: la Manovra 2025 ha incentivato l’uso di procedure concorsuali o para-concorsuali per risolvere il debito fiscale. Ad esempio, per le aziende che accedono alla composizione negoziata della crisi, sono previsti benefici come la sospensione delle azioni esecutive e la possibilità di ottenere dilazioni straordinarie. Inoltre, sono state ulteriormente agevolate le transazioni fiscali nell’ambito di concordati preventivi o accordi di ristrutturazione: l’Agenzia delle Entrate può accettare stralci di imposta anche significativi se inseriti in un piano di risanamento omologato dal tribunale, allo scopo di salvare imprese e posti di lavoro. Addirittura è stato creato un “Fondo per l’esdebitazione dei soggetti incapienti 2025”, destinato ad aiutare i casi più disperati di sovraindebitamento civile (persone fisiche nullatenenti), finanziando le procedure di liquidazione che permettono di cancellare i debiti residui.

In sintesi, nel 2025 non abbiamo visto nuovi condoni generalizzati, ma una serie di riforme volte a facilitare la gestione e l’estinzione dei debiti in modo ordinario: rate più lunghe, riscossione più efficiente ma anche più prevedibile, incentivi alle soluzioni concordate. Questo equilibrio riflette l’intento di ridurre il ricorso a sanatorie “eccezionali” dotando il sistema di strumenti permanenti per prevenire l’accumulo di arretrati insostenibili.

Nei prossimi capitoli analizzeremo nel dettaglio i principali strumenti di cancellazione o riduzione del debito a disposizione del contribuente, tenendo conto delle regole vigenti nel 2025 e delle evoluzioni normative sopra descritte.

Definizione agevolata delle cartelle (Rottamazione)

La definizione agevolata, comunemente chiamata “rottamazione delle cartelle”, è uno strumento introdotto originariamente nel 2016 e riproposto più volte, che consente al debitore di estin­guere i debiti iscritti a ruolo con uno sconto su sanzioni e interessi. Si tratta, in sostanza, di una sanatoria: l’ente rinuncia a una parte del credito (appunto sanzioni e interessi) purché il contribuente versi la parte restante in tempi concordati.

Caratteristiche comuni delle rottamazioni: tutte le edizioni finora varate – dalla prima rottamazione del 2016/17 fino alla rottamazione-quater del 2023 – condividono alcuni tratti fondamentali:

  • Eliminazione di sanzioni e interessi di mora: il debitore paga solo il capitale originario del tributo (o della multa) più gli oneri accessori incomprimibili (aggio di riscossione e spese vive di notifica), ma non paga alcuna sanzione né gli interessi di mora maturati. In alcune rottamazioni erano azzerati anche gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo. L’effetto è una riduzione significativa del montante dovuto, specialmente per cartelle risalenti nel tempo dove le sanzioni e gli interessi potevano quasi raddoppiare l’importo.
  • Accesso volontario su istanza del contribuente: la definizione agevolata non è automatica (salvo il caso particolare dello stralcio mini-debiti visto sopra). Occorre che il debitore presenti un’apposita domanda entro la scadenza fissata dalla legge. Senza istanza, la cartella segue il suo corso ordinario.
  • Sospensione di procedure esecutive e nuovi atti: dalla data di presentazione della domanda di rottamazione e per tutta la durata del piano di pagamento, l’Agente della Riscossione non può avviare nuove azioni esecutive né cautelari sui debiti oggetto di definizione. Anche eventuali pignoramenti già in corso vengono sospesi, a meno che non siano giunti a uno stadio troppo avanzato (ad es. se un immobile è già stato venduto all’asta, la procedura non si annulla). Questa sospensione offre respiro al contribuente e tutela il suo patrimonio mentre sta cercando di regolarizzare. (Più avanti vedremo nel dettaglio cosa accade in caso di pignoramenti e ipoteche in corso).
  • Decadenza in caso di mancato pagamento: la rottamazione è uno strumento “fragile” dal punto di vista del debitore: basta un pagamento mancato o tardivo per far saltare l’intero beneficio. Non sono ammesse rate morose (oltre la tolleranza di pochi giorni prevista) né importi parziali: l’ente è tenuto a decadere il contribuente inadempiente e a riprendere la riscossione coattiva come se la rottamazione non ci fosse mai stata. Questo rigore, confermato a più riprese nelle norme, serve a incentivare il rispetto puntuale degli impegni.
  • Rapporto con i ricorsi tributari: aderire alla rottamazione non richiede di rinunciare formalmente ai contenziosi pendenti relativi ai carichi in definizione. Tuttavia, la logica dello strumento implica che il contribuente riconosce il debito (almeno nella misura del capitale) e sceglie la via agevolata invece di proseguire la lite. Per le precedenti rottamazioni, era prassi che, una volta perfezionati i pagamenti, il contribuente rinunciasse tacitamente al ricorso o ne chiedesse l’estinzione per cessata materia del contendere. In ogni caso, durante la dilazione le cause erano sospese su istanza di parte. Va distinto il caso di “definizione delle liti pendenti” (misura diversa, che condona i tributi in causa pagando solo una frazione in base all’esito del giudizio): quella richiede la rinuncia al ricorso per perfezionarsi, mentre la rottamazione delle cartelle no.
  • Esclusioni oggettive: ogni rottamazione ha escluso alcune tipologie di debito per motivi di opportunità: tipicamente IVA riscossa all’importazione (dazi doganali), recuperi da decisioni UE sugli aiuti di Stato, e altre categorie “protette” da norme europee, che non possono essere condonate. Inoltre, come già detto, le multe stradali nelle definizioni agevolate beneficiano solo dell’azzeramento degli interessi di mora e delle maggiorazioni, ma la sanzione base va comunque pagata per intero. Queste esclusioni sono confermate anche per la rottamazione-quater del 2023.

Oltre ai punti comuni, ciascuna edizione ha avuto proprie finestra temporali di riferimento e scadenze specifiche. Abbiamo già illustrato nel capitolo precedente le caratteristiche della rottamazione-quater 2023-27. Ricordiamo brevemente che in passato vi sono state:

  • Rottamazione 2016-17 (D.L. 193/2016 conv. L. 225/2016) – copriva i ruoli 2000-2016, pagamento in max 5 rate fino al 2018;
  • Rottamazione-bis 2017 (L. 205/2017) – estesa ai ruoli fino a settembre 2017 e riapertura per chi era decaduto dalla prima;
  • Rottamazione-ter 2018-19 (D.L. 119/2018 conv. L. 136/2018) – ruoli fino a fine 2017, rateizzazione più lunga (18 rate in 5 anni al 2% interesse);
  • Saldo e stralcio 2019 (L. 145/2018) – caso particolare rivolto a persone in difficoltà, che trattiamo a parte.

Le definizioni agevolate sono dunque diventate parte integrante (e ricorrente) del sistema tributario italiano, al punto che molti contribuenti attendono le “rottamazioni” per regolarizzare la propria posizione. Questo ha risvolti positivi (riscossione di crediti altrimenti inesigibili, minor contenzioso) ma anche negativi (rischio di minare la compliance spontanea e la percezione di equità). È anche per questo che l’Unione Europea ha espresso preoccupazioni per l’abuso di sanatorie, considerandole potenzialmente lesive della regolarità fiscale.

Situazione attuale (2025): come evidenziato, al momento non è attiva alcuna nuova rottamazione successiva alla “quater”. Chi ha cartelle notificate nel 2023 o 2024, o nuovi debiti in arrivo, può soltanto:

  • Aspettare un’eventuale rottamazione-quinquies futura (non garantita, ma possibile in prospettiva);
  • Oppure utilizzare gli strumenti ordinari: rateizzazione ordinaria (ora potenziata fino a 10 anni), istituti deflativi del contenzioso (acquiescenza, mediazione, ecc. se ancora in fase di accertamento) e, nei casi estremi, le procedure di composizione delle crisi debitorie.

Nel prossimo paragrafo analizziamo proprio il saldo e stralcio, un meccanismo affine alla rottamazione ma ancora più favorevole al debitore in termini di sconto sul dovuto.

Saldo e Stralcio dei debiti tributari

Con saldo e stralcio si intende comunemente una misura di definizione agevolata in cui al contribuente viene chiesto di pagare solo una parte ridotta del debito a titolo di saldo, e la restante parte viene stralciata (cancellata) definitivamente. È quindi un condono più spinto rispetto alla rottamazione standard (che richiede comunque il pagamento integrale del capitale). In pratica, saldo e stralcio = pago poco, il resto non lo pago affatto.

Lo strumento del saldo e stralcio non è sempre disponibile nell’ordinamento: è stato previsto in casi particolari tramite leggi ad hoc. La più rilevante è stata la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018), che ha introdotto un saldo e stralcio per contribuenti persone fisiche in comprovata difficoltà economica. Le caratteristiche di quella misura (ormai conclusa) furono:

  • Beneficiari con ISEE basso: potevano accedere solo le persone fisiche con ISEE del nucleo familiare ≤ 20.000 €, segno che il legislatore voleva limitare il condono ai soggetti economicamente vulnerabili.
  • Tipologia di debiti inclusi: riguardava i carichi affidati dal 2000 al 2017 derivanti da omessi versamenti dovuti in autoliquidazione (es. imposte dichiarate ma non pagate) e da saldo IRPEF risultante da dichiarazioni integrative. Erano escluse altre tipologie come gli accertamenti.
  • Percentuale di pagamento: a seconda della fascia ISEE, il contribuente pagava solo una percentuale del debito: ad esempio il 16% per ISEE fino a 8.500 €, il 20% per ISEE fino a 12.500 €, il 35% per ISEE fino a 20.000 €. Il resto veniva condonato.
  • Rateazione: era consentito dilazionare in 5 rate fino al 2021.
  • Effetti: analoghi alla rottamazione per sospensione delle procedure e decadenza in caso di mancato pagamento.

In sostanza, il saldo e stralcio 2019 permetteva a chi aveva gravi difficoltà economiche di regolarizzare i debiti fiscali pagando solo una frazione (dal 16% al 35%) del dovuto e vedendosi annullare il restante 84-65%. È stata una misura eccezionale e, per certi versi, controversa (perché introduceva una disparità di trattamento basata sull’ISEE e perché assai premiale verso i debitori, seppur bisognosi).

Esistono oggi misure di saldo e stralcio? Attualmente (2025) non è attivo alcun saldo e stralcio generalizzato per le cartelle esattoriali. La Legge di Bilancio 2023 non ha riproposto un saldo e stralcio basato sull’ISEE (si è limitata alla rottamazione-quater e allo stralcio dei mini-debiti). Anche nella Manovra 2024 e 2025 non vi è traccia di un nuovo saldo e stralcio. Dunque, a differenza del passato, al momento tutti i contribuenti devono pagare almeno il capitale dei tributi dovuti: non c’è una norma che consenta di pagare solo una percentuale simbolica.

Tuttavia, l’espressione “saldo e stralcio” è talora usata in modo più ampio per indicare accordi transattivi con i creditori per chiudere un debito con uno sconto. In questo senso, fuori dall’ambito dei condoni di massa, esistono alcune possibilità di saldo parziale del debito pubblico:

  • Transazione fiscale nelle procedure concorsuali: imprese e partite IVA in procedura di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione possono proporre all’Erario un pagamento parziale dei debiti tributari (stralciando una parte). Dal 2022, a seguito della riforma del Codice della crisi, anche l’IVA e le ritenute possono essere falcidiate in questi accordi (cosa prima vietata). Se l’accordo è approvato, il debito residuo viene cancellato. Si tratta di un saldo e stralcio negoziato, riservato però a situazioni di crisi conclamata e soggetto al voto/assenso dell’ente creditore.
  • Piani del consumatore e liquidazione del sovraindebitato: per persone fisiche sovraindebitate (non fallibili), la legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012, ora assorbita nel Codice della crisi) consente di proporre al giudice un piano in cui i debiti – inclusi quelli fiscali – siano pagati solo in parte, in proporzione alle capacità economiche, con esdebitazione finale. In tali procedure, spesso l’erario finisce per incassare solo una percentuale modesta e il resto viene stralciato per provvedimento giudiziale. È un saldo e stralcio “giudiziario” che richiede però la meritevolezza e l’incapacità del debitore di pagare integralmente.
  • Accordi extra-giudiziali con l’Agente della Riscossione: fuori dai casi previsti dalla legge, non è possibile “trattare” liberamente con AdER uno sconto sul debito. L’Agente della Riscossione, infatti, applica le leggi e non ha poteri discrezionali di ridurre importi (a meno di inesigibilità riconosciute in procedure di discarico, ma è un altro tema). Quindi il classico saldo e stralcio bonario che avviene tra privati creditori e debitori (ti pago subito il 50% e chiudiamo) non è attuabile con le cartelle esattoriali, se non appunto mediante gli strumenti legali citati (definizioni agevolate o procedure concorsuali).

In prospettiva, il Governo potrebbe valutare un nuovo saldo e stralcio mirato per alleggerire i carichi delle famiglie in difficoltà, anche alla luce dell’aumento del costo della vita e dei riflessi economici post-pandemia. Al momento però nulla di concreto è stato approvato. Vale la pena sottolineare che un saldo e stralcio indiscriminato (per tutti) sarebbe difficilmente compatibile con i vincoli di bilancio e con il messaggio di rigore che si vuole dare; più probabile, se mai, un intervento mirato su categorie deboli.

Differenze tra saldo e stralcio e rottamazione: riassumendo, nella rottamazione il debitore deve comunque pagare tutto il tributo “netto”, ottiene solo l’abbuono di sanzioni e interessi; nel saldo e stralcio, invece, paga solo una frazione anche del tributo e il resto viene condonato. Il saldo e stralcio è quindi più conveniente ma per ovvie ragioni viene riservato a situazioni eccezionali (come grave difficoltà economica) e non può essere concesso a tutti senza discriminanti. Entrambi gli istituti comportano la definitiva cancellazione delle cartelle a conclusione dei versamenti dovuti.

Prescrizione e Decadenza delle cartelle esattoriali

Tra gli strumenti di “cancellazione” del debito a disposizione del contribuente rientrano anche le cause di estinzione legale dell’obbligazione, in particolare la prescrizione e la decadenza. Si tratta di due concetti giuridici distinti:

  • La decadenza attiene ai termini per l’ente impositore per compiere un atto (ad esempio, notificare un accertamento o una cartella). Se l’ente lascia trascorrere il termine di decadenza, perde il potere di emanare quell’atto e, conseguentemente, di riscuotere tramite esso. Nel nostro contesto, i termini di decadenza più importanti sono quelli entro cui va notificata la cartella di pagamento a pena di decadenza. Attenzione: la decadenza concerne il potere di procedere con quello strumento, ma non estingue il debito in sé. In teoria, un credito non riscosso per decadenza della cartella potrebbe ancora essere recuperato per vie ordinarie (es. decreto ingiuntivo), salvo casi particolari; nella pratica, comunque, ciò è raro per i tributi, e la decadenza “protegge” il contribuente dall’azione di ruolo.
  • La prescrizione attiene invece al diritto del creditore di esigere il pagamento, che si estingue se non viene esercitato entro un certo tempo dall’ultima attività valida. Se il termine di prescrizione decorre senza che il creditore compia atti interruttivi, il debito diviene naturalmente inesigibile: il contribuente, in giudizio, può eccepire l’intervenuta prescrizione e ottenere l’annullamento della pretesa. Diversamente dalla decadenza, la prescrizione estingue proprio il diritto di credito (non solo lo strumento). Inoltre, la prescrizione può essere interrotta o sospesa: un atto di intimazione o una richiesta di pagamento notificata al debitore riporta il conteggio a zero, facendo decorrere un nuovo periodo di prescrizione. La decadenza, invece, non è interruttibile: o l’atto viene compiuto entro il termine o il potere decade, senza salvezze.

In ambito di cartelle esattoriali, i due istituti operano così:

Decadenza – Termini per la notifica delle cartelle

I termini di decadenza per la notifica della cartella sono fissati principalmente dall’art. 25 del DPR 602/1973 (per i ruoli relativi a imposte dirette, IVA, sostituti d’imposta) e da norme analoghe per altri tipi di entrate. Riassumiamo i principali termini decadenza per le cartelle fiscali:

  • Cartelle da controlli automatici (liquidazione ex art. 36-bis DPR 600/1973): entro il 31 dicembre del 3° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Esempio: dichiarazione dei redditi 2022 presentata nel 2023 → cartella per controllo automatico deve essere notificata entro il 31/12/2026. (Nota: per le dichiarazioni dei sostituti d’imposta, il termine è il 4° anno per alcuni controlli sui modelli 770, ma sono casi particolari).
  • Cartelle da controlli formali (art. 36-ter DPR 600/1973): entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Esempio: dichiarazione redditi 2022 → eventuale cartella da controllo formale deve arrivare entro il 31/12/2027.
  • Cartelle da accertamenti divenuti definitivi: quando l’Agenzia delle Entrate effettua un accertamento, quest’ultimo può diventare definitivo (per mancata impugnazione o per esito del giudizio). Se l’atto non è “immediatamente esecutivo” di suo, l’ente iscrive a ruolo le somme dovute in base all’accertamento. La cartella conseguente deve essere notificata entro il 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. (Da notare: dal 2011 molte tipologie di accertamento sono esecutive senza cartella; ad esempio, oggi gli avvisi di accertamento per imposte erariali valgono essi stessi come titolo esecutivo dopo 60 giorni, senza bisogno di cartella. In tali casi si parla di “accertamenti esecutivi”, e i termini di decadenza per il ruolo si applicano solo all’eventuale affidamento in carico ad AdER, ma la cartella come atto separato non viene emessa. La trattazione di decadenze per gli accertamenti esecutivi esula però da questa guida, che è focalizzata sulle cartelle di pagamento tradizionali).

A questi termini generali si affiancano quelli previsti per altre entrate:

  • IVA all’importazione e dazi doganali: seguono regole proprie doganali (in genere 5 anni).
  • Tributi locali (IMU, TARI, ecc.): di solito l’ente locale notifica direttamente un avviso di accertamento entro 5 anni e poi, se necessario, il ruolo. Per la cartella da tributi locali derivanti da rendite o omessi versamenti, il termine di decadenza è spesso lo stesso 3° anno (se c’è dichiarazione) o 5° anno (se non c’è). Molti enti locali però dal 2020 utilizzano l’ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910) in alternativa alla cartella, con propri termini.
  • Contributi previdenziali INPS: i contributi hanno termini di accertamento e notifica propri (in generale 5 anni ex L.335/1995). Dal 2011 l’INPS notifica direttamente Avvisi di Addebito esecutivi (senza cartella), che devono comunque rispettare il termine di 5 anni dall’anno di riferimento.

È importante sapere che il mancato rispetto di questi termini rende la cartella illegittima per decadenza. Il contribuente che si vede notificare una cartella “fuori termine” deve impugnarla davanti al giudice tributario (o giudice del lavoro per contributi) eccependo la decadenza. Il giudice, verificato il superamento dei termini, annullerà la cartella. In altri termini, la decadenza è una difesa del debitore: non è che dopo la scadenza la cartella sparisce da sola, ma il contribuente può farla annullare sollevando l’eccezione.

Va anche evidenziato che la decadenza non è “recuperabile” tramite atti interruttivi: se l’ente si accorge di star sforando il termine, non può fare nulla se non notificare la cartella prima che scada. Non valgono istanze o solleciti: se ad esempio la cartella da controllo formale arriva dopo il 4° anno, è irrimediabilmente tardiva.

Esempio: Dichiarazione dei redditi 2018 presentata nel 2019, controllo formale nel 2020 che rileva un’imposta aggiuntiva di €1000. L’Agenzia ha tempo fino al 31/12/2023 per affidare il ruolo e notificare la cartella. Se la cartella viene notificata a gennaio 2024, il contribuente potrà farla annullare dal giudice per intervenuta decadenza dell’azione di riscossione.

Prescrizione – Tempi oltre i quali il debito si estingue

La prescrizione delle cartelle esattoriali è tema di grande importanza pratica e ha avuto evoluzioni giurisprudenziali significative. Come regola generale, nel diritto tributario non esiste un termine di prescrizione unico valido per tutti i crediti. Occorre fare riferimento alle singole leggi che disciplinano i tributi o, in mancanza, applicare i termini del codice civile.

In linea molto generale possiamo distinguere:

  • Tributi erariali principali (IRPEF, IRES, IVA, IRAP, ecc.): non avendo un termine speciale di legge, si applica la prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.. La Corte di Cassazione ha ribadito di recente (ordinanza n. 4385 del 19/02/2025) che i crediti fiscali derivanti da imposte non sono “prestazioni periodiche” e dunque non si prescrivono in 5 anni ma in 10 anni dal momento in cui il debito è divenuto definitivo. Questo principio si basa sul fatto che l’obbligazione tributaria di ciascun anno è autonoma e non assimilabile a una rendita periodica continuativa. Dunque, ad esempio, un debito IRPEF da dichiarazione o da accertamento, una volta divenuto definitivo (e notificata la cartella), si prescrive in 10 anni salvo atti interruttivi.
  • Contributi previdenziali (INPS): qui c’è una legge specifica – l’art. 3, co. 9, L. 335/1995 – che stabilisce la prescrizione quinquennale per tutti i contributi pensionistici obbligatori, salvo atti interruttivi. In passato c’era incertezza (si dibatteva se la cartella non opposta facesse “giudicato” e allungasse a 10 anni), ma la giurisprudenza prevalente e le Sezioni Unite (sent. n. 23397/2016) hanno chiarito che anche dopo la cartella i contributi restano soggetti a 5 anni di prescrizione, non essendo il mancato ricorso equiparabile a sentenza passata in giudicato. Quindi per INPS/INAIL il termine è 5 anni.
  • Sanzioni per violazioni tributarie: l’art. 20, co.3, D.Lgs. 472/1997 prevede espressamente che il diritto alla riscossione delle sanzioni tributarie si prescrive in 5 anni (così come c’è un termine di decadenza di 5 anni per notificarle). La Cassazione ha costantemente confermato questa prescrizione quinquennale delle sanzioni irrogate con cartella, anche dopo la notifica, salvo il caso in cui intervenga una sentenza di condanna definitiva (in tal caso, dal passaggio in giudicato della sentenza, opera la prescrizione “lunga” per actio iudicati ex art. 2953 c.c.). Ma se la cartella non è basata su un titolo giudiziale, resta il termine breve di 5 anni.
  • Multe stradali e altre sanzioni amministrative non tributarie: per le contravvenzioni del Codice della Strada vige la prescrizione quinquennale (ex art. 28 L. 689/81), così come in genere per le sanzioni amministrative pecuniarie. Dunque le cartelle per multe si prescrivono in 5 anni (interrompibili da intimazioni, atti di pignoramento, ecc.).
  • Altri crediti iscritti a ruolo: ogni categoria ha le sue regole. Ad esempio, le tariffe rifiuti (TARI) o l’IMU comunale si prescrivono in 5 anni (trattandosi di tributi locali periodici). Le entrate patrimoniali dello Stato hanno prescrizioni variabili (in assenza di norme, spesso 10 anni).

In sintesi: il termine ordinario è 10 anni, ma molti crediti minori o sanzionatori hanno termini brevi di 5 anni per espressa previsione. Va ricordato che fa sempre fede la norma speciale: se c’è una legge che dice 5 anni, vale quella; se non c’è, si ricade nei 10 anni del codice civile.

Dies a quo (inizio del decorso): la prescrizione di un debito da cartella inizia a decorrere dal giorno in cui il creditore può esigere il pagamento. Tipicamente:

  • Se la cartella non è stata impugnata, dal 61° giorno dopo la notifica (ossia quando la cartella è definitiva e l’importo esigibile).
  • Se il contribuente ha chiesto una dilazione, la prescrizione decorre dall’eventuale decadenza della dilazione (per le somme ancora dovute) o dall’ultima rata pagata.
  • Se pende un ricorso, la prescrizione è sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza (come previsto per le sanzioni tributarie, art. 20 cit., e analogicamente per il tributo sottostante). In caso di giudizio, a esito definitivo la cartella viene annullata o confermata: se confermata, decorre da allora l’eventuale termine decennale di actio iudicati (se il giudice decide sul merito del tributo).

Interruzione della prescrizione: qualsiasi atto con cui l’Agente della Riscossione manifesta al debitore la volontà di riscuotere interrompe la prescrizione, facendo ripartire il conteggio da capo. Esempi di atti interruttivi: una intimazione di pagamento (art. 50 DPR 602/73), un pignoramento notificato, un sollecito o lettera di messa in mora formale, ecc. Anche un atto interruttivo può essere impugnato dal contribuente per altri motivi, ma intanto interrompe i termini.

Riconoscimento del debito da parte del contribuente: attenzione anche a quello che fa il debitore. Se il debitore chiede una rateizzazione o comunque riconosce il debito (es. con una richiesta scritta di proroga), ciò ha valore di riconoscimento di debito ex art. 2944 c.c. e interrompe la prescrizione immediatamente. La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27504/2024 ha sancito che la domanda di rateizzazione di una cartella costituisce atto di riconoscimento del debito e quindi interrompe la prescrizione. Inoltre, implica che il contribuente ha piena contezza della cartella e del suo importo, ragion per cui non potrà poi eccepire di non averla saputa o tentare di farla cadere in prescrizione mentre stava pagando ratealmente. Dalla data della richiesta di dilazione decorre un nuovo termine di prescrizione (spesso si discute se decennale per tutti o secondo la natura del debito; la Cassazione tende a ritenere che l’atto di riconoscimento conservi il termine proprio del debito, ma certamente azzera il conteggio in corso).

Controversie sulla durata della prescrizione: in passato c’è stata molta litigiosità su quale termine applicare a certi debiti. Un nodo era: una cartella NON opposta entro 60 giorni equivale a un “titolo giudiziale” (quindi prescrizione 10 anni ex art. 2953 c.c.) oppure mantiene il termine breve originario? Le Sezioni Unite della Cassazione nel 2016 (sent. n. 23397/2016) hanno risolto che il mancato ricorso non equipara la cartella a un giudicato se per quel credito esiste un termine di prescrizione breve fissato dalla legge. Quindi, ad esempio, una cartella per contributi INPS non opposta rimane con prescrizione 5 anni (non diventa 10); una cartella per sanzione tributaria non opposta resta 5 anni. Invece, se contro una cartella si fa causa e c’è una sentenza passata in giudicato che afferma il diritto, da quel momento il credito si prescrive in 10 anni (actio iudicati). La giurisprudenza più recente (2020-2025) è ormai consolidata nel ritenere: “i crediti di imposta sono in generale soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, salvo che la legge disponga un termine speciale più breve; se c’è termine breve, non opera la finzione del giudicato per mancata opposizione”. Abbiamo citato l’ordinanza Cass. 4385/2025 che conferma proprio questo: IRPEF/IVA = 10 anni, contributi ex L.335 = 5 anni, sanzioni tributarie ex D.Lgs.472 = 5 anni, ecc..

Verifica della prescrizione e onere della prova: la prescrizione non è rilevata d’ufficio dall’Agente Riscossione; spetta al contribuente farla valere. Se pensate che la vostra cartella sia prescritta, dovrete eccepirlo in sede di ricorso o opposizione all’esecuzione. L’onere di dimostrare eventuali atti interruttivi spetta poi al creditore: ad esempio, se il contribuente afferma che sono passati oltre 5 anni senza alcun atto e la cartella è prescritta, sarà AdER a dover dimostrare (esibendo relate di notifica, ecc.) di aver compiuto atti interruttivi nel frattempo. Se l’Agente non prova nulla, il giudice dichiarerà estinto il debito per prescrizione.

Esempio: una cartella per contributi INPS notificata nel 2015 (e mai pagata né rateizzata). Nel 2023 il contribuente riceve un nuovo atto di intimazione su quella cartella. Se tra 2015 e 2023 non sono mai stati notificati avvisi di intimazione o altri atti, è trascorso oltre 5 anni e dunque il debito contributivo è prescritto. Il contribuente impugnerà l’intimazione eccependo la prescrizione; se AdER non esibisce atti interruttivi tra le date, il ricorso sarà accolto e la cartella dichiarata estinta.

In conclusione, la prescrizione è un potentissimo strumento di tutela per far “cancellare” cartelle ormai vecchie e non più inseguite dall’esattore. Bisogna però attivarsi per farla valere nelle sedi opportune. Molti debitori non conoscono questa possibilità e pagano, magari dopo 10-15 anni, somme che giuridicamente non sarebbero più dovute. D’altro canto, non bisogna fare affidamento su presunte prescrizioni senza verificare: spesso l’Agente Riscossione invia atti interruttivi (magari un’intimazione ad un vecchio indirizzo) e quindi il termine riparte. È bene richiedere l’estratto di ruolo e la documentazione delle notifiche per ricostruire la cronologia degli atti ed accertare se vi sono stati periodi di inerzia superiori al termine di legge.

Prescrizione e definizioni agevolate: da ultimo, notiamo che aderire a una rottamazione non fa venir meno la prescrizione. Durante il piano i termini sono sospesi ex lege, ma se la rottamazione decade, il conteggio riprende (tenendo conto però che il contribuente ha riconosciuto il debito, quindi l’atto di adesione funge comunque da interruttivo). In altre parole, se per ipotesi un debito aveva 5 anni di prescrizione e ne erano già passati 4, la presentazione della domanda di rottamazione nel 5° anno interrompe e fa ripartire i 5 anni da capo.

Effetti della cancellazione del debito su contenzioso e procedure esecutive

In questa sezione esaminiamo cosa accade quando una cartella esattoriale viene annullata o “stralciata” rispetto a eventuali cause pendenti e alle azioni esecutive o cautelari intraprese dall’Agente della Riscossione. Dal punto di vista pratico, il debitore si chiede: se il mio debito viene cancellato (per legge, per definizione o per sentenza), che ne sarà del pignoramento in corso? E del ricorso che avevo presentato? L’ipoteca sulla casa verrà eliminata? Vediamo le varie situazioni.

Contenzioso tributario pendente

Se su una cartella (o sul tributo sottostante) è in corso un ricorso presso la Giustizia Tributaria e nel frattempo il debito viene annullato o definito bonariamente, gli scenari possibili sono:

  • Cartella annullata per legge (stralcio): è il caso, ad esempio, dello stralcio dei mini-debiti. Poniamo che un contribuente avesse impugnato una cartella da 800 € e il giudizio sia ancora pendente al 2023; se quella cartella rientra nello stralcio automatico (debito residuo <1000 € periodo 2000-15), al 30 aprile 2023 il debito è stato annullato ex lege. In tal caso, viene meno l’oggetto del contendere: il ricorrente (o l’ente) può comunicare al giudice che il debito è stato azzerato e chiedere l’estinzione del processo per cessata materia del contendere. Di norma la Commissione emette un’ordinanza che dichiara il processo estinto perché sopravvenuta carenza di interesse. Ciascuna parte di solito sopporta le proprie spese (trattandosi di causa chiusa senza soccombenti). È sempre consigliabile, comunque, informare la segreteria della Commissione dell’intervenuto stralcio, allegando documentazione (es. estratto di ruolo aggiornato che evidenzi l’annullamento).
  • Definizione agevolata della cartella (rottamazione): se la cartella oggetto di ricorso viene rottamata e il contribuente poi la paga nei termini agevolati, anche qui il debito si estingue. La giurisprudenza ha affermato che il pagamento integrale della definizione agevolata comporta l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno il debito contestato. Talora viene richiesto al contribuente di rinunciare formalmente al ricorso una volta perfezionato il pagamento rottamatorio, ma spesso basta depositare la prova del pagamento e chiedere l’estinzione. Importante: durante il periodo tra domanda di rottamazione e ultima rata pagata, il processo può essere sospeso su richiesta del ricorrente, in attesa di vedere se il condono va a buon fine. Una volta concluso positivamente, si chiude la causa. Se il contribuente invece non completa i pagamenti e decade, il processo riprende come se nulla fosse (per questo di solito conviene chiedere una sospensione e non l’estinzione immediata dopo la domanda).
  • Transazione fiscale o saldo e stralcio in concordato: se il debito è oggetto di una procedura concorsuale omologata dal tribunale (con falcidia del credito fiscale), l’ente non può più pretenderlo e quindi un eventuale ricorso su quella pretesa diventa privo di scopo. Anche qui si va verso un’estinzione per cessata materia del contendere, sulla base del provvedimento di omologa che ha ridefinito il debito.
  • Annullamento in autotutela dall’ente creditore: capita che durante un contenzioso l’ente riconosca un errore (o recepisca modifiche normative) e annulli esso stesso la cartella impugnata. L’Agente Riscossione invia un provvedimento di sgravio. In tal caso, il contribuente può presentare istanza di cessata materia del contendere in giudizio, allegando lo sgravio. Il processo si chiuderà per sopravvenuta carenza di interesse, con vittoria sostanziale del ricorrente (in genere le spese vengono compensate o talora attribuite al fisco, a seconda di quando è avvenuto l’annullamento).

In generale, quando il debito contestato viene meno, il contenzioso diventa privo di oggetto. È però onere del contribuente attivarsi per far valere l’evento nel giudizio, altrimenti il giudice potrebbe dover decidere su un debito che nel frattempo non esiste più (spreco di tempo per tutti). Le Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria) hanno spesso trattato istanze di cessata materia del contendere proprio in seguito a rottamazioni o condoni.

Un caso particolare: definizione agevolata delle liti pendenti (L. 197/2022) – questa misura (distinta dalla rottamazione cartelle) permetteva di chiudere le cause fiscali in essere al 2023 pagando una percentuale del valore (ad es. 100% se perso in primo grado, 40% se vinto in primo grado, 15% se vinto in secondo grado, etc.). Se il contribuente ha optato per definire la lite in questo modo e paga quanto dovuto, la sentenza o l’accertamento oggetto della causa si consolidano nella misura pagata e la cartella eventualmente emessa in esecuzione viene ridotta a quei importi. Anche qui, la chiusura bonaria fa cessare il contendere.

Riassumendo: il contribuente non rischia di pagare due volte (in giudizio e col condono). Se ottiene la cancellazione del debito tramite uno strumento agevolativo, il processo tributario si chiude perché non c’è più nulla da discutere.

Pignoramenti e azioni esecutive in corso

Diverso è il piano delle procedure esecutive o cautelari già avviate dall’Agente della Riscossione: parliamo di pignoramenti presso terzi (conto corrente, stipendio), pignoramenti mobiliari o immobiliari, fermi amministrativi su veicoli e ipoteche. Cosa accade a queste misure se la cartella sottostante viene cancellata o definita?

1. Sospensione immediata con la definizione agevolata o la rateizzazione: come già accennato, per legge la presentazione di una domanda di rottamazione o di rateizzazione impedisce di proseguire le azioni esecutive in corso per i debiti oggetto di domanda, a condizione che la procedura non sia in uno stato ormai conclusivo. In concreto:

  • Se è in atto un pignoramento presso terzi (es.: banca o datore di lavoro), AdER sospende la procedura non appena riceve la domanda di definizione. Ci sono però tre situazioni in cui il pignoramento non si sospende perché troppo avanti: (a) se l’asta dell’eventuale bene pignorato si è già tenuta con esito positivo, (b) se è già stata presentata istanza di assegnazione di crediti pignorati, (c) se il giudice ha già emesso provvedimento di assegnazione nel pignoramento presso terzi. Queste eccezioni sono previste dall’art. 6, c.5, D.L. 193/2016 e replicati nelle rottamazioni successive.
  • Se il pignoramento è sospeso (perché non ancora a quei punti avanzati), allora il terzo custode (banca, datore) non deve più versare le somme ad AdER. La procedura rimane in stallo in attesa dell’esito della definizione. Una volta che il contribuente completa i pagamenti agevolati, AdER dovrà rinunciare definitivamente all’esecuzione e liberare le somme eventualmente bloccate in eccesso.
  • Cosa succede se alcune somme erano già state versate dal terzo pignorato? Una circolare AdER (Telefisco 2018) ha chiarito che se la procedura era non sospendibile (perché troppo avanti) e dunque i versamenti del terzo continuano, quelle somme intanto vengono imputate prioritariamente alle rate della definizione. Se dovessero risultare eccedenti rispetto al dovuto in rottamazione, l’eccedenza va restituita al debitore. Ad esempio: debito originario €50.000, definizione agevolata €30.000; c’è un pignoramento su conto per €50.000 che la banca ha già parzialmente eseguito versando €50.000. In questo caso, il contribuente ha diritto al rimborso dei €20.000 versati in eccedenza, perché il suo debito definito è solo €30.000. Questo meccanismo evita che il Fisco trattenga più di quanto gli spetterebbe in virtù del condono.
  • Se invece la procedura esecutiva viene sospesa tempestivamente, in genere il terzo trattiene le somme ma non le gira, in attesa di indicazioni. A definizione completata, AdER comunicherà la chiusura della procedura e il terzo sbloccherà il resto.

2. Cancellazione delle ipoteche e dei fermi amministrativi: durante il periodo di rottamazione o rateizzazione, le ipoteche e i fermi già iscritti rimangono formalmente in essere, ma sono congelati negli effetti (il fermo auto, ad esempio, resta iscritto al PRA ma se l’Agente acconsente, potrebbe emettere un provvedimento di sospensione per permettere la circolazione; l’ipoteca resta sul bene come garanzia finché non si finisce di pagare). Completato il pagamento del piano, l’Agente ha l’obbligo di procedere alla cancellazione del fermo e dell’ipoteca entro 30 giorni dal saldo. In verità, la legge (art. 6, c. 6 DL 193/2016 per rottamazioni) dice che l’ipoteca o il fermo non possono essere avviati su debiti rottamati e, se già avviati, devono essere revocati a definizione perfezionata. Quindi il contribuente, una volta pagato tutto, dovrà ottenere la liberazione dei beni. Spesso AdER provvede d’ufficio a inviare al PRA la revoca del fermo e a comunicare alla Conservatoria l’estinzione dell’ipoteca. È bene comunque, per sicurezza, verificare che ciò avvenga ed eventualmente sollecitare.

  • Ipoteca e stralcio debiti: se il debito viene annullato automaticamente per legge, l’ipoteca perde il suo oggetto. In particolare, va ricordato che l’art. 77 del DPR 602/73 prevede che AdER non può iscrivere ipoteca per debiti sotto 20.000 € (soglia attuale). Quindi, se grazie a uno stralcio il debito residuo scende sotto 20.000 €, l’ipoteca non può più sussistere legalmente. La Commissione Tributaria ha affermato che quando i ruoli vengono annullati ex lege (nel caso citato, stralcio DL 119/2018), l’ipoteca si intende automaticamente cessata per i debiti condonati. In pratica, se avevo un’ipoteca per 10 cartelle da €500 ciascuna (totale 5.000 €) e tutte quelle cartelle vengono stralciate, l’ipoteca non ha più efficacia e va cancellata. AdER dovrebbe curare la formalità della cancellazione nei registri immobiliari. Se non lo fa spontaneamente, il contribuente potrà richiederla mostrando che il debito è stato annullato. (La cancellazione richiederà un atto formale di assenso di AdER ex art. 2888 c.c., ma trattandosi di ipoteca esattoriale la procedura è semplificata e esente da imposte ipotecarie).
  • Fermo amministrativo: analogamente, se il debito viene condonato, il fermo auto va rimosso. Durante la pendenza della definizione agevolata, come detto, il fermo è sospeso: l’auto risulta ancora con fermo al PRA ma, a richiesta, AdER può rilasciare una comunicazione di sospensione che consente ad esempio di utilizzare il veicolo. Solo a pagamento completato si ottiene la cancellazione definitiva del fermo. La legge prevede che il fermo non possa essere iscritto su debiti definiti e che quelli esistenti debbano decadere a saldo effettuato.

3. Pignoramenti immobiliari: se era in corso un pignoramento immobiliare (es. casa all’asta) e interviene la definizione o l’annullamento:

  • Se l’asta non si è ancora tenuta o non c’è aggiudicazione, AdER sospenderà la procedura esecutiva. Il tribunale su istanza del creditore potrà dichiarare l’estinzione della procedura per rinuncia del creditore, una volta perfezionata la definizione.
  • Se invece l’immobile è già stato aggiudicato prima della domanda, purtroppo non c’è molto da fare: la legge esclude la sospensione in caso di incanto avvenuto. Quindi quella vendita andrebbe a concludersi. Questo è un caso limite, perché in genere un debitore con casa all’asta difficilmente non paga e poi all’ultimo aderisce al condono: se aveva liquidità avrebbe cercato di fermare prima. Ma può capitare. Diciamo che la tutela non copre le aste già svolte.

4. Effetti dei provvedimenti di sgravio giudiziario: se la cartella viene annullata da una sentenza passata in giudicato, qualsiasi pignoramento o garanzia collegata a quel debito deve essere eliminata. Il contribuente, ottenuta la sentenza favorevole, la notificherà ad AdER chiedendo lo sgravio del ruolo e la liberazione dei beni pignorati o ipotecati. AdER amministrativamente emetterà un provvedimento di sgravio e comunicherà la cancellazione di ipoteche/fermi al PRA e Conservatoria. Qualora AdER non ottemperi, si può agire in giudizio con ottemperanza. In sostanza, quando il debito non esiste (perché annullato dal giudice), anche le azioni esecutive cadono necessariamente.

5. Somme già versate e rimedi restitutori: come visto nell’esempio del pignoramento presso terzi, può accadere che il contribuente abbia già pagato delle somme (volontariamente o tramite esecuzione) prima che il debito venga “cancellato”. Qui distinguiamo:

  • Se la cancellazione avviene per condono legislativo, la legge (come nel mini-stralcio 2023) ha stabilito che le somme versate prima restano acquisite. Quindi niente rimborso.
  • Se la cancellazione avviene per definizione agevolata, è previsto il rimborso di quanto eventualmente incassato in eccesso durante le procedure esecutive, come visto.
  • Se l’annullamento avviene per sentenza, il contribuente ha diritto a chiedere il rimborso di quanto pagato in pendenza di giudizio (ad esempio, se aveva pagato un terzo in ottemperanza della sentenza di primo grado poi ribaltata). Presentando istanza all’ente impositore o all’Agente Riscossione, otterrà la restituzione delle somme indebitamente pagate, maggiorate di interessi legali.

Conclusione su pignoramenti/ipoteche: la regola fondamentale è che nessuna azione esecutiva può proseguire se il debito non esiste più o è in via di definizione agevolata. Le cautele già iscritte (fermi, ipoteche) vengono meno quando il debito è saldato o annullato. La difficoltà pratica a volte sta nel completare le formalità di cancellazione (per l’ipoteca serve atto di consenso, per il fermo la comunicazione al PRA, ecc.). Il debitore dovrà seguire la pratica e, se necessario, sollecitare l’Agente a eseguire le cancellazioni. In casi di urgenza (ad es. necessità di vendere un immobile), si può anche ricorrere al giudice per ottenere provvedimenti d’urgenza, ma spesso non serve: AdER è tenuta per legge a cancellare spontaneamente entro 30 giorni dal saldo del debito. È utile conservare le quietanze di pagamento e presentarle con istanza per accelerare la rimozione di ipoteche o fermi.

Infine, ricordiamo che durante una rateizzazione ordinaria (non condono), le azioni esecutive sono sospese ma le garanzie restano fino all’ultima rata pagata. Ad esempio, un fermo auto può essere sospeso durante il piano di dilazione, ma verrà cancellato solo dopo il pagamento dell’ultima rata. Quindi se uno ha urgenza di togliere un fermo prima di finire di pagare, l’unica via è pagare il debito residuo in unica soluzione.

Casi pratici e simulazioni

Vediamo ora alcuni esempi concreti che illustrano l’applicazione delle regole e degli strumenti descritti, per capire come un debitore può ottenere la cancellazione (o la riduzione) delle proprie cartelle esattoriali in situazioni tipiche.

Esempio 1: Stralcio automatico di vecchie cartelle sotto 1.000€

Mario, un privato cittadino, aveva diverse cartelle esattoriali risalenti agli anni 2005-2010, relative a multe stradali e tributi comunali minori (TARI, bollo auto). L’importo residuo di ciascuna cartella era inferiore a 1.000 € (ad esempio: una multa del 2008 con €300 di sanzione e €200 di interessi/maggiorazioni; una TARI 2010 con €150 di tributo e €50 di sanzioni per tardivo pagamento, ecc.). Mario non ha mai pagato queste cartelle e alcune le aveva anche dimenticate.

Nel 2023, grazie alla norma sullo Stralcio dei mini-debiti (della L. 197/2022), tutte queste cartelle di Mario sono state annullate d’ufficio al 30 aprile 2023. In particolare:

  • Per le cartelle delle multe stradali: lo stralcio ha eliminato tutti gli interessi di mora e le maggiorazioni, mentre la sanzione base è rimasta dovuta. Tuttavia, il Comune di Mario ha deliberato l’adesione allo stralcio integrale, quindi anche le sanzioni stesse sotto 1.000 € sono state cancellate (caso molto favorevole per Mario).
  • Per le cartelle di TARI/bollo: essendo tributi locali, si è applicato lo stralcio parziale. Il capitale (tributo evaso) è rimasto dovuto. In teoria Mario dovrebbe ancora pagare quella parte, ma attenzione: se il Comune non ha attivato altre procedure, potrebbe anche scegliere di discaricare quei residui come inesigibili (visto il tempo trascorso). In ogni caso Mario si è visto recapitare da AdER una comunicazione che gli annunciava l’avvenuto annullamento delle cartelle ex L.197/22 per la parte di interessi e sanzioni. Il suo estratto di ruolo ora segnala quei carichi come annullati e non più esigibili.

Cosa ha ottenuto Mario? In sostanza, una cancellazione totale di alcuni debiti (multe) e una forte riduzione di altri (tributi locali) senza dover fare nulla, per effetto della legge. Mario ha verificato nell’area riservata AdER che quelle cartelle non compaiono più come importi dovuti. Inoltre, eventuali fermi amministrativi che il Comune aveva iscritto sulle sue vecchie cartelle (ad esempio un fermo auto per multe) devono essere rimossi, poiché i debiti sono stati condonati o drasticamente ridotti (anche sotto la soglia di legge per i fermi). Mario, a scanso di equivoci, ha presentato un’istanza al Comune chiedendo la revoca del fermo, allegando la comunicazione AdER di avvenuto stralcio. Il Comune ha confermato e AdER ha provveduto a cancellare il fermo al PRA.

Questo esempio mostra come un debitore può beneficiare di un annullamento ex lege, ritrovandosi alleggerito da molti piccoli debiti. Va però notato che, per i residui di capitale non stralciati, Mario tecnicamente è ancora debitore: se il Comune volesse, potrebbe insistere per riscuoterli (magari tramite ingiunzione). Spesso però, per importi risibili, gli enti rinunciano, soprattutto dopo aver già incassato parte (interessi) grazie allo Stato che li ha ristorati.

Esempio 2: Rottamazione-quater di cartelle e sospensione del pignoramento

Alfa Srl è una piccola impresa che nel 2023 aveva vari debiti fiscali: IVA 2018 non versata (€20.000 di imposta, con cartella notificata nel 2020), ritenute IRPEF 2019 non pagate (€5.000), contributi INPS dipendenti 2020 (€8.000), più sanzioni e interessi su ciascuna di queste voci. L’Agente Riscossione nel 2022 ha avviato un pignoramento presso terzi sui conti correnti di Alfa Srl per un totale di circa €40.000 (comprensivo di sanzioni e interessi). Alfa Srl, trovandosi i conti bloccati, nel gennaio 2023 decide di aderire alla Definizione agevolata (rottamazione-quater) per tutti questi debiti.

Cosa succede:

  • Alfa Srl presenta la domanda di rottamazione entro il 30/4/2023 includendo tutte le sue cartelle. L’importo dovuto in via agevolata, calcolato da AdER, è ad esempio €30.000 (capitali + aggio) rispetto ai €40.000 originari.
  • Impatto sul pignoramento: poiché la domanda di definizione è stata presentata prima che il giudice assegnasse le somme pignorate, il pignoramento viene sospeso in base alla legge. La banca di Alfa Srl aveva congelato €40.000 sul conto ma, ricevuta notizia della sospensione, trattiene i fondi in attesa.
  • Alfa Srl inizia a pagare le rate: versa la 1ª rata a luglio 2023 (€3.000), la 2ª a novembre 2023 (€3.000). A questo punto ha versato €6.000. Gli restano €24.000 in 16 rate semestrali.
  • Nel frattempo il giudice dell’esecuzione, preso atto della sospensione per rottamazione, rinvia qualsiasi decisione. AdER non chiede assegnazione delle somme perché non può proseguire l’azione coattiva.
  • Alfa Srl prosegue regolarmente i pagamenti per tutti il 2024, 2025, 2026 e 2027 e conclude la rottamazione pagando €30.000 entro luglio 2027.
  • A definizione completata, l’Agente Riscossione rinuncia al pignoramento. Dato che sul conto c’erano €40.000 bloccati e Alfa Srl doveva pagarne solo €30.000, i €10.000 eccedenti vengono sbloccati e restituiti alla disponibilità di Alfa Srl. Infatti, quelle somme in più non sono più dovute.

In questo scenario, Alfa Srl ha salvato la liquidità che rischiava di essere prelevata coattivamente e ha ridotto il suo debito del 25% circa grazie all’abbattimento di sanzioni/interessi. Il pignoramento è stato congelato durante i pagamenti e infine revocato. Se per caso Alfa Srl non avesse pagato qualche rata e fosse decaduta nel 2024, il pignoramento sarebbe tornato attivo e il giudice avrebbe potuto disporre l’assegnazione di quanto bloccato alla riscossione. Ma rispettando il piano, l’azienda ha messo al sicuro i suoi conti.

Da notare: finché il piano non era concluso, formalmente i €40.000 restavano vincolati. Se Alfa Srl avesse avuto bisogno di utilizzare quei €10.000 extra prima del 2027, avrebbe potuto valutare di pagare in anticipo il residuo della definizione per chiudere prima la procedura e far liberare le somme. Oppure poteva chiedere al giudice uno svincolo parziale, ma non è garantito.

Esempio 3: Cartella prescritta dopo anni di inerzia

Giulia riceve nel 2025 una “intimazione di pagamento” dall’Agente Riscossione che le intima di pagare €5.000 entro 5 giorni per una cartella relativa a IRPEF 2014. Giulia però non ricordava questa cartella. Cercando tra i documenti, trova che in effetti le fu notificata nel 2018. Giulia non fece ricorso, ma neanche pagò (per difficoltà economiche). Da allora, non aveva più ricevuto nulla per quel debito.

Siamo nel 2025: sono passati 7 anni dalla notifica della cartella. L’IRPEF è un tributo erariale, dunque a regime avrebbe prescrizione decennale. Tuttavia, Giulia consulta un avvocato che verifica l’estratto di ruolo: in effetti AdER non ha mai notificato atti dal 2018 al 2025 su quel ruolo. Nemmeno comunicazioni interruttive. Nel frattempo però è stata approvata la rottamazione-quater nel 2023, a cui Giulia avrebbe potuto aderire per abbattere sanzioni/interessi. Giulia però non lo ha fatto perché, non ricevendo avvisi, quella cartella le era uscita di mente.

A questo punto, il termine di prescrizione decennale (per IRPEF) non è ancora trascorso – scadrebbe nel 2028. Quindi, se la legge applicabile è quella (e lo è, perché non c’è termine breve per IRPEF), Giulia non può eccepire prescrizione. Dovrà pagare o eventualmente dilazionare quei €5.000. Se invece fosse stato un credito con prescrizione quinquennale (mettiamo fosse stata una cartella per una multa stradale del 2014, notificata nel 2018), allora nel 2025 sarebbero passati 7 anni e la prescrizione di 5 anni sarebbe maturata. In tal caso, Giulia potrebbe fare opposizione all’intimazione davanti al giudice di pace (trattandosi di sanzione amministrativa) e far valere la prescrizione. AdER dovrebbe provare eventuali atti interruttivi: se non ne ha, la pretesa verrebbe annullata.

Facciamo un altro esempio in variante: se la cartella di Giulia fosse stata per contributi INPS 2014 (prescrizione 5 anni) e notificata nel 2018, a inizio 2025 sarebbero decorsi oltre 6 anni senza atti → debito prescritto. Giulia potrebbe impugnare l’intimazione in Commissione Tributaria (competente per ruoli INPS ora) e far dichiarare estinto il debito.

Questo esempio evidenzia due cose:

  1. L’importanza di conoscere il termine prescrizionale del proprio debito (per IRPEF è lungo, per multe e contributi è breve);
  2. L’importanza di verificare gli atti notificati. Giulia era convinta di non aver più ricevuto nulla: ma se AdER avesse inviato anche solo un sollecito nel 2022 (magari andato a vuoto), la prescrizione sarebbe stata interrotta. Bisogna fare attenzione perché a volte l’Agente Riscossione notifica atti tramite posta o PEC che il contribuente può non aver visto.

In sintesi, Giulia nel caso IRPEF 2014 deve pagare (magari chiedendo una rateazione ordinaria). Nel caso multa o contributi potrebbe farla franca con l’eccezione di prescrizione. Se fosse incerta sulla presenza di atti interruttivi, può fare istanza di accesso agli atti per ottenere copia delle relate di eventuali notifiche successive al 2018.

Esempio 4: Rottamazione e ipoteca sulla casa

Luca ha una casa di proprietà su cui nel 2021 è stata iscritta una ipoteca esattoriale da 50.000 €, a garanzia di vari debiti (IVA, IRAP e IRPEF degli anni 2015-2016). Nel 2023 Luca aderisce alla rottamazione-quater su tutte quelle cartelle, ottenendo un piano di pagamento di €35.000 in 18 rate. Chiede all’Agente: “Mi togliete l’ipoteca subito?”. La risposta di AdER è negativa: l’ipoteca, una volta iscritta validamente, rimane finché il debito non è estinto. Tuttavia, AdER non avvierà l’espropriazione dell’immobile durante la dilazione, perché la procedura esecutiva è sospesa.

Dunque Luca per il momento ha l’ipoteca ancora sull’immobile, ma è tranquillo che la casa non verrà messa all’asta purché paghi le rate. Dopo 3 anni, nel 2026, Luca vende la casa per acquistare un’altra abitazione. Per poter rogitare, deve cancellare l’ipoteca. Poiché sta ancora pagando la rottamazione (dovrebbe finire nel 2027), l’unico modo è estinguere anticipatamente il debito residuo. Con l’aiuto del notaio, calcola l’importo residuo da versare in definizione agevolata, usa parte del prezzo di vendita per pagare in un’unica soluzione tutto il dovuto, e AdER in pochi giorni gli rilascia il certificato di cancellazione dell’ipoteca (consenso alla cancellazione). A questo punto la vendita può perfezionarsi senza gravami.

Se Luca non avesse venduto, avrebbe semplicemente continuato le rate e una volta pagata l’ultima AdER avrebbe dovuto occuparsi di far cancellare l’ipoteca (di solito ciò avviene mediante comunicazione dell’estinzione del debito all’Agenzia del Territorio – Serv. Pubblicità Immobiliare, ex Conservatoria). Esiste anche la procedura di cancellazione semplificata ex art. 2886 c.c., ma qui è tecnica notarile: ciò che conta è che pagato il debito, l’ipoteca non ha più ragione di esistere.

Questo caso insegna che:

  • se c’è un’ipoteca e fate una rottamazione, dovrete concludere i pagamenti prima di vedere l’ipoteca sparire;
  • durante i pagamenti, l’ipoteca è dormiente: non potete vendere liberamente senza soddisfare il creditore, ma almeno l’Agente non procede oltre (non può iscriverne un’altra nuova su altri beni né eseguire sul bene ipotecato, salvo decadenza del piano);
  • nell’ipotesi in cui, grazie a un condono legislativo, il debito scendesse sotto la soglia di ipotecabilità (20k) o fosse annullato, l’ipoteca perderebbe efficacia. Ad esempio, se Luca avesse avuto un debito di 1.000€ ipotecato e quello fosse stato stralciato, l’ipoteca sarebbe nulla e potrebbe farla cancellare legalmente.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito una serie di domande comuni in tema di cartelle esattoriali, con risposte sintetiche che riepilogano quanto esposto nella guida.

D: Quali cartelle esattoriali sono state cancellate automaticamente nel 2023?
R: La Legge di Bilancio 2023 ha disposto l’annullamento automatico dei debiti fino a 1.000 € affidati dal 2000 al 2015. Lo stralcio è avvenuto il 30 aprile 2023 e ha riguardato tutte le cartelle sotto la soglia, con cancellazione integrale per i crediti erariali e parziale per i crediti di enti locali (capitale escluso dallo stralcio, salvo diversa delibera). In pratica sono state “cancellate” milioni di piccole cartelle di vecchia data. Quelle sopra 1.000 € non hanno beneficiato dello stralcio.

D: Ho una cartella del 2010 per 800 €. Come posso sapere se è stata stralciata?
R: Puoi verificare tramite l’estratto conto online dell’Agenzia Entrate-Riscossione (area riservata) se quella cartella risulta con stato “annullato art. 1 c.227 L.197/2022” oppure chiedere assistenza ad AdER. In generale, se il residuo era ≤ 1.000 € al 1/1/2023, molto probabilmente è stata stralciata d’ufficio (tranne casi esclusi, es. multe con sola cancellazione interessi). AdER ha anche inviato comunicazioni ai contribuenti interessati, ma può darsi che all’epoca non ti sia arrivata. Controlla il tuo cassetto fiscale della riscossione.

D: Cos’è la rottamazione-quater e quali vantaggi offre?
R: La rottamazione-quater (Definizione agevolata 2023) permette di pagare i debiti a ruolo dal 2000 al 30/6/2022 senza sanzioni né interessi di mora. In sostanza paghi solo le imposte o le multe originarie + spese. Si aderiva con domanda entro il 30/4/2023 e si può pagare in massimo 18 rate fino al 2027. Il vantaggio è un risparmio notevole su sanzioni e interessi, e la sospensione di pignoramenti e azioni esecutive una volta accettata la domanda. Bisogna però essere puntuali nei pagamenti, altrimenti si decade e il beneficio si perde.

D: Non ho fatto in tempo a chiedere la rottamazione-quater. Posso aderire ora (2025) in qualche modo?
R: Purtroppo no, le adesioni si sono chiuse il 30 aprile 2023. Non c’è al momento una finestra aperta per nuovi ingressi. L’unica eccezione è se avevi aderito ma sei decaduto, in tal caso la legge Milleproroghe 2025 ti ha permesso di presentare domanda di riammissione entro il 30/4/2025. Se non rientri in questa casistica, dovrai attendere un’eventuale nuova rottamazione (quinquies) futura oppure gestire il debito con rateizzazione ordinaria. Tieni d’occhio le prossime manovre finanziarie: spesso queste definizioni vengono riproposte.

D: Qual è la differenza tra rottamazione e saldo e stralcio?
R: Entrambe sono sanatorie, ma la differenza è nella quota di debito che devi pagare:

  • Con la rottamazione paghi tutto il capitale del debito (imposte, contributi, multe) ma non paghi sanzioni e interessi. Quindi lo “sconto” riguarda solo le penalità aggiuntive.
  • Con il saldo e stralcio paghi solo una percentuale del debito (anche del capitale) e il resto viene condonato. Ad esempio, nel saldo e stralcio 2019 alcune persone hanno pagato solo il 16%–35% delle somme dovute. È quindi più vantaggioso, ma riservato a situazioni di comprovata difficoltà (ISEE basso) o a procedure concorsuali. Attualmente non c’è un saldo e stralcio generalizzato in vigore.

D: Ho aderito alla rottamazione-quater ma non sono riuscito a pagare le prime rate del 2023, quindi sono decaduto. Posso fare qualcosa per rimediare?
R: Sì. Grazie alla legge di conversione del Milleproroghe 2024 (L.15/2025), è stata prevista la riammissione per chi è decaduto al 31/12/2024 dalla rottamazione-quater. Dovevi presentare una domanda di riammissione entro il 30 aprile 2025. Se l’hai presentata, potrai riprendere il beneficio pagando le somme dovute in un nuovo piano (unica soluzione entro 31/7/2025 o max 10 rate fino al 2027). Se non hai presentato la domanda entro la scadenza, purtroppo hai perso questa opportunità e il debito torna esigibile per intero con sanzioni e interessi.

D: Un debito con cartella può “sparire” per il passare del tempo?
R: Sì, se interviene la prescrizione. Ogni cartella ha un termine di prescrizione oltre il quale il debitore può rifiutarsi di pagare perché il diritto si è estinto. Ad esempio: cartella per contributi INPS – prescrizione 5 anni; cartella per IRPEF – prescrizione 10 anni. È fondamentale però che in quel periodo l’Agente non abbia notificato atti (intimazioni, solleciti, pignoramenti) che interrompono la prescrizione. Quindi il debito “sparisce” se l’esattore si dimentica di te per tutto il tempo previsto dalla legge. Per sapere se un tuo debito è prescritto bisogna verificare l’ultimo atto notificato e quanti anni sono trascorsi. E attenzione: la prescrizione non opera automaticamente, va eccepita dall’interessato in sede di ricorso o opposizione.

D: Quali sono i termini di prescrizione per i vari tipi di debito a ruolo?
R: Riassumendo i principali:

  • Imposte erariali (IRPEF, IVA, ecc.): 10 anni.
  • Contributi previdenziali INPS: 5 anni (salvo interruzioni).
  • Sanzioni tributarie: 5 anni.
  • Multe stradali: 5 anni (dal momento in cui il verbale è definitivo).
  • Tributi locali (es. IMU): generalmente 5 anni (essendo annuali).
    Ricorda che un atto interruttivo fa ripartire da capo il termine. Inoltre, se un credito è oggetto di una sentenza passata in giudicato, allora dal giudicato il termine è 10 anni (actio iudicati).

D: Che differenza c’è tra prescrizione e decadenza?
R: La decadenza riguarda il termine entro cui l’ente deve emettere/notificare l’atto (es: cartella entro 2-3-4 anni dall’evento). Se non lo fa in tempo, perde il potere di farlo (atto nullo). La prescrizione riguarda il tempo entro cui, dopo che l’atto è valido, il credito può essere riscosso; trascorso tale tempo senza azioni, il diritto di credito si estingue. In breve: decadenza = limite per formare la cartella; prescrizione = limite per riscuotere il denaro. La decadenza non è interruttibile (a meno di fare l’atto), la prescrizione sì.

D: Ho un pignoramento sullo stipendio in corso. Se aderisco alla definizione agevolata, me lo sospendono?
R: Sì, presentando la domanda di rottamazione (o di riammissione) l’Agente Riscossione deve sospendere le azioni esecutive in corso. Quindi il pignoramento dello stipendio viene “congelato”: il datore di lavoro non versa più le trattenute al creditore dal momento in cui riceve la sospensione. Tuttavia, se il pignoramento era già in fase avanzata con una ordinanza di assegnazione emessa dal giudice, potrebbe essere troppo tardi per sospendere: in tal caso le somme assegnate verranno però imputate al tuo debito definito, e se risultano superiori al dovuto ti saranno restituite. Comunque, nella maggioranza dei casi la domanda di definizione blocca le trattenute. Una volta pagato tutto il dovuto in rottamazione, il pignoramento viene revocato definitivamente.

D: Avevo un’ipoteca per dei debiti, ora condonati. Va rimossa automaticamente?
R: Un’ipoteca iscritta a garanzia di cartelle poi annullate deve essere cancellata. La legge (art. 77 DPR 602) dice che non può persistere ipoteca per debiti sotto 20.000 € o per debiti annullati. Di norma AdER, constatato l’annullamento del ruolo, invia un assenso alla cancellazione d’ipoteca senza spese per il debitore. Se ciò non avviene in tempi ragionevoli, conviene sollecitare con un’istanza allegando la prova dell’annullamento. In caso di inerzia protratta, si può anche ricorrere al giudice competente (commissione tributaria o giudice ordinario a seconda dei casi) per ottenere un ordine di cancellazione. Ma spesso non è necessario: quando il debito sparisce, l’ipoteca perde efficacia e AdER provvede.

D: Cosa succede se aderisco a una definizione agevolata e poi non pago?
R: In questo caso decadi dal beneficio. La conseguenza è che la cartella torna interamente dovuta con sanzioni e interessi come se la definizione non ci fosse mai stata. I versamenti che avevi fatto vengono tenuti come acconto. L’Agente della Riscossione potrà riprendere le azioni esecutive sospese. In sintesi: se non riesci a rispettare i pagamenti del condono, perdi lo sconto e il debito “resuscita” per intero. (Nota: nel caso della rottamazione-quater 2023, come visto, è stata data una seconda chance coi termini del 2025, ma non è garantito che ciò accada sempre).

D: La legge di Bilancio 2025 ha introdotto qualche nuovo condono?
R: No, la L. 207/2024 (Manovra 2025) non ha previsto nuove rottamazioni o stralci. Si è concentrata piuttosto sull’estensione delle rateizzazioni ordinarie (piani fino a 10 anni) e su misure per facilitare la riscossione e i concordati preventivi. C’era stata l’ipotesi di una “rottamazione-quinquies”, ma non è entrata nella legge. Ciò non esclude che nel corso del 2025 possano essere approvati altri provvedimenti (anche extra bilancio) con misure di pace fiscale settoriali. Ad esempio, si parla della possibilità di sanatorie per i debiti fiscali delle società sportive dilettantistiche o per casi particolari, ma al momento nulla di concreto a carattere generale.

D: Come posso eliminare un fermo amministrativo se sto pagando a rate le cartelle?
R: Durante la rateizzazione ordinaria, l’Agente Riscossione in genere mantiene il fermo iscritto fino al pagamento dell’ultima rata. Però il fermo viene considerato sospeso (non dovresti circolare, ma a volte viene tollerato, e comunque AdER non procederà con ulteriori azioni sul veicolo). Se hai necessità urgente (es. vendere l’auto), l’unico modo è estin­guere anticipatamente il debito residuo oppure talvolta AdER acconsente a revocare il fermo in cambio di adeguate garanzie o cauzione. Nella rottamazione, invece, il fermo non può essere iscritto ex novo e quelli esistenti devono essere sospesi; tuttavia la cancellazione definitiva avviene solo dopo il pagamento integrale di quanto dovuto in definizione.

D: Sto vincendo un ricorso in Commissione, mi conviene rottamare comunque?
R: Dipende. Se sei molto fiducioso di ottenere un annullamento totale del debito in giudizio, potresti non aver bisogno della rottamazione (che impone di pagare il capitale). Tuttavia considera i tempi e rischi del contenzioso: a volte definire bonariamente conviene per chiudere presto la questione. La rottamazione non richiede rinuncia al ricorso immediata, quindi potevi eventualmente aderire con riserva: se poi avessi vinto in giudizio prima di pagare, avresti potuto non dar seguito alla rottamazione. In generale è una valutazione caso per caso: rottamare dà certezza (paghi X e finisce), il ricorso dà la speranza di non pagare nulla ma anche il rischio di pagare tutto. Spesso molti, anche con cause pendenti, scelgono di definire per evitare ulteriori aggravi. Importante: se hai una sentenza favorevole definitiva, non hai nulla da rottamare perché il debito viene annullato dal giudice.

Fonti normative e giurisprudenziali

Elenco delle principali disposizioni di legge e delle pronunce giurisprudenziali citate o richiamate nella guida:

Normativa:

  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – art. 1 commi 231-252 sulla Definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater) e commi 227-229 sullo Stralcio automatico dei debiti fino a 1.000 €.
  • Decreto-Legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Decreto Milleproroghe 2023), convertito dalla Legge 24 febbraio 2023, n. 14 – art. 5, commi 13-14 che prorogano al 30/4/2023 il termine per lo stralcio e consentono ai comuni di deliberare lo stralcio integrale.
  • Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Legge di Bilancio 2025) – art. 1 commi 159-166 sulla rateizzazione fino a 120 rate e soglie 120.000 €, commi 144-153 sul rafforzamento riscossione (notifica entro 9 mesi, impugnabilità cartelle non notificate, ecc.).
  • Decreto-Legge 29 dicembre 2024, n. 202 (Decreto Milleproroghe 2024), convertito dalla Legge 26 febbraio 2025, n. 15 – art. 3-bis che introduce la riammissione alla rottamazione-quater per i decaduti al 2024.
  • Decreto-Legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito dalla Legge 1° dicembre 2016, n. 225 – art. 6 (Definizione agevolata 2016). Contiene la disciplina madre delle rottamazioni, incluso l’art. 6 co.5 sulle sospensioni di pignoramenti.
  • Decreto-Legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito dalla Legge 17 dicembre 2018, n. 136 – art. 3 (rottamazione-ter) e art. 4 (Stralcio debiti fino 1000€ 2000-2010). Da quest’ultimo deriva l’art. 77 co.1-bis DPR 602/73 sulla cessazione delle ipoteche per debiti stralciati.
  • Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019) – art. 1 commi 184-199 (Saldo e stralcio 2019 per persone fisiche con ISEE <20.000).
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – art. 25 (notifica cartella, termini di decadenza); art. 77 (ipoteca esattoriale, soglia 20.000 € e cancellazione); art. 50 (intimazione di pagamento prima di esecuzione).
  • Codice Civile: art. 2946 (prescrizione ordinaria 10 anni); art. 2948 n.4 (prescrizione 5 anni per obblighi periodici); art. 2953 (trasformazione in giudicato, non applicabile a cartelle non impugnate secondo Cass. SS.UU.); art. 2935 e 2943 (decorrenza e interruzione prescrizione); art. 2944 (riconoscimento di debito interrompe).
  • L. 8 agosto 1995, n. 335 – art. 3 co.9 (prescrizione quinquennale contributi previdenziali).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – art. 20 (decadenza 5 anni e prescrizione 5 anni delle sanzioni tributarie).
  • Codice della Strada (D.Lgs. 285/1992) – art. 206 (ruolo per sanzioni); L. 689/1981 art. 28 (prescrizione 5 anni sanz. amm.).
  • Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) – art. 63 (transazione fiscale nel concordato, falcidia IVA), art. 74 (esdebitazione del debitore civile).

Giurisprudenza:

  • Cass., Sez. Unite Civili, 17 novembre 2016, n. 23397: principio di diritto sulla prescrizione dei crediti tributari: il mancato ricorso contro la cartella non comporta applicazione dell’art. 2953 c.c. se esiste un termine di prescrizione speciale. Conferma la prescrizione quinquennale per contributi e sanzioni nonostante la definitività amministrativa.
  • Cass., Sez. V, 23 ottobre 2024, n. 27504: ha stabilito che la richiesta di rateizzazione interrompe la prescrizione e costituisce riconoscimento del debito da parte del contribuente.
  • Cass., Sez. V, 19 febbraio 2025, n. 4385 (ordinanza pubblicata il 19/03/2025): ha confermato che i crediti erariali (IRPEF, IVA) hanno prescrizione decennale e non quinquennale, ribadendo la non applicabilità del termine breve delle prestazioni periodiche. Richiama Cass. 9906/2018, 32308/2019, 25716/2020 sullo stesso tema.
  • Cass., Sez. Trib., 24 gennaio 2023, n. 2044: ha affrontato il tema della prescrizione delle sanzioni tributarie, confermando il termine di 5 anni ex art. 20 D.Lgs.472/97 e l’applicabilità dell’art.2953 c.c. solo a seguito di sentenza passata in giudicato (in linea con SU 2016).
  • Cass., Sez. Unite, 30 novembre 2005, n. 25790: (richiamata a proposito dei termini art.25 DPR 602) – ha sancito la retroattività dei nuovi termini di notifica cartella introdotti nel 2005.
  • CTR Molise, 1º ottobre 2020, n. 204/3/20: ha stabilito che l’ipoteca esattoriale viene meno automaticamente se, a seguito di annullamento dei ruoli ex DL 119/2018, il debito scende sotto soglia legale.
  • Cass., Sez. III Civ., 22 settembre 2017, n. 22094: sul diritto al rimborso dell’eccedenza pignorata rispetto a quanto dovuto in sede di definizione agevolata (confermando che le somme eccedenti vanno restituite al contribuente, in analogia a quanto poi chiarito da AdER a Telefisco 2018).
  • Cass., Sez. Unite, 5 ottobre 2004, n. 19854: (in tema di condoni) – ha affermato che la rinuncia al giudizio per definizione agevolata costituisce causa di cessazione materia del contendere, principio applicato analogicamente anche alle rottamazioni.

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