Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate e ti stai chiedendo se è possibile chiudere la questione in modo rapido e vantaggioso? Temevi una lunga battaglia fiscale ma ora vuoi capire se esiste una soluzione più semplice?
L’accertamento con adesione è uno strumento previsto dalla legge che permette al contribuente di definire in modo concordato l’esito di un accertamento fiscale, evitando contenziosi e ottenendo una riduzione significativa delle sanzioni. Nel 2025 resta una delle vie più efficaci per gestire un confronto col Fisco prima che degeneri.
Ma cos’è esattamente l’accertamento con adesione?
È una procedura che si attiva quando ricevi un avviso di accertamento, un PVC (processo verbale di constatazione) o un invito al contraddittorio. Invece di impugnare o aspettare passivamente, puoi chiedere di avviare un dialogo con l’Agenzia per rivedere insieme le contestazioni e, se possibile, trovare un’intesa sul quantum da versare.
Perché conviene aderire?
- Le sanzioni si riducono di un terzo, anche della metà in alcuni casi;
- puoi evitare l’instabilità e i rischi del ricorso;
- ottieni una rateizzazione del debito fino a 8 anni;
- chiudi la posizione fiscale in modo definitivo e senza ulteriori contenziosi.
Come si attiva l’accertamento con adesione nel 2025?
Può essere l’Agenzia a proporlo oppure puoi essere tu, contribuente, a presentare istanza entro 30 giorni dalla ricezione dell’avviso. Dopo l’istanza, viene fissato un appuntamento con l’ufficio per valutare i rilievi e cercare un punto di incontro.
Se si raggiunge l’accordo, si firma un verbale di adesione e il pagamento va effettuato nei successivi 20 giorni (o in rate mensili, se richiesto). Da quel momento l’accertamento non è più impugnabile, ma sei anche protetto da ulteriori azioni.
E se non c’è accordo?
Non sei obbligato ad aderire. Se il confronto non porta a nulla o l’importo richiesto è troppo alto, puoi sempre impugnare l’avviso davanti alla giustizia tributaria. Ma averci provato ti fa guadagnare tempo e, in certi casi, rafforza la tua posizione difensiva.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e definizione agevolata delle imposte – ti spiega cos’è l’accertamento con adesione, come funziona nel 2025, quando conviene e cosa possiamo fare per aiutarti a ottenere la soluzione più vantaggiosa, anche in caso di rilievi gravi.
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Introduzione
L’accertamento con adesione è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario, introdotto nell’ordinamento italiano nel 1997, che consente al contribuente di definire in via concordata una pretesa fiscale prima di adire le vie giudiziarie. In altre parole, è una procedura amministrativa di “conciliazione” tra Fisco e contribuente: quest’ultimo, a seguito di un controllo o di un avviso di accertamento, può avviare un contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria per giungere a un accordo sul quantum dovuto, ottenendo in cambio significative riduzioni delle sanzioni e evitando l’instaurazione di un giudizio tributario. Si tratta di un istituto rivolto a tutti i contribuenti – persone fisiche, professionisti, imprese di ogni dimensione – che riveste particolare importanza pratica per chi intenda sanare rapidamente una pendenza fiscale (dal punto di vista del debitore) limitando costi e incertezze.
Questa guida avanzata, aggiornata a giugno 2025, offre una trattazione esaustiva dell’accertamento con adesione, con linguaggio giuridico ma divulgativo, pensata per avvocati tributaristi, imprenditori, professionisti e contribuenti privati. Affronteremo dapprima la disciplina generale e gli scopi dell’istituto, per poi analizzare gli sviluppi normativi recentissimi derivanti dalla Riforma Fiscale 2023–2025 (Legge Delega n. 111/2023 e decreti attuativi). Verranno illustrate tutte le imposte rilevanti (dall’IRPEF all’IVA, dall’IRES all’IMU e altri tributi) e tutti i contesti applicativi (accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, verifiche della Guardia di Finanza, atti di recupero crediti d’imposta, ecc.), con un taglio fortemente pratico. Troverete simulazioni reali, esempi numerici, tabelle riepilogative, Domande & Risposte frequenti e focus sulle diverse tipologie di contribuenti (dal privato alla PMI, fino alle imprese più strutturate). Un’attenzione particolare sarà dedicata alle novità introdotte dalla riforma sul contraddittorio “preventivo” e ai riflessi di sistema, compresi gli effetti sul contenzioso tributario e sulle procedure alternative (acquiescenza, conciliazione giudiziale, ecc.). Infine, una sezione elencherà tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate, incluse le più recenti circolari e sentenze di legittimità, a completamento di questa Guida 2025.
1. Nozione e finalità dell’accertamento con adesione
Che cos’è. L’accertamento con adesione (a volte detto anche “concordato fiscale in adesione”) è il procedimento attraverso il quale il contribuente e l’ente impositore (Agenzia delle Entrate per i tributi erariali, o l’ente locale per i tributi di sua competenza) rideterminano consensualmente l’imponibile e l’imposta dovuta a seguito di un controllo fiscale o di un avviso di accertamento. Si concretizza in un atto di adesione sottoscritto da entrambe le parti, che sostituisce l’originario avviso di accertamento (o consuntiva i rilievi del verbale di verifica) concordando l’ammontare definitivo del debito tributario. In cambio della collaborazione del contribuente, la legge accorda benefici significativi, tra cui la riduzione delle sanzioni amministrative al 1/3 del minimo edittale previsto (anziché la sanzione piena applicabile in caso di soccombenza in giudizio), nonché la possibilità di rateizzare gli importi dovuti (vedremo i dettagli più avanti).
Finalità deflattiva. Scopo primario dell’istituto è di evitare un contenzioso tributario lungo e costoso quando è possibile trovare un accordo soddisfacente per entrambe le parti. Dal lato del contribuente, l’adesione permette di ottenere un trattamento sanzionatorio di favore e di ridurre spesso la base imponibile accertata (in sede di contraddittorio emergono talvolta elementi difensivi che portano l’ufficio a rivedere in diminuzione la propria pretesa). Dal lato dell’Amministrazione finanziaria, si consegue un recupero d’imposta in tempi rapidi e certi, evitando l’impiego di risorse nel contenzioso e il rischio di esito avverso in giudizio. L’accordo in adesione ha natura di provvedimento impositivo concordato e, una volta perfezionato, diviene definitivo: il contribuente rinuncia ad impugnare sia l’atto originario sia l’accordo medesimo, chiudendo in via tombale la vertenza per i periodi d’imposta oggetto dell’accertamento. In tal senso la Corte di Cassazione ha chiarito che, dopo la firma e il pagamento concordato, è inammissibile qualsiasi ricorso contro l’avviso di accertamento definito in adesione.
Riferimenti normativi di base. La disciplina originaria dell’accertamento con adesione è contenuta nel D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, che ha introdotto anche altri istituti deflattivi (come la conciliazione giudiziale). Nel corso degli anni, l’istituto è stato più volte modificato e integrato da varie disposizioni. Una tappa fondamentale è la Riforma Fiscale 2023–2025, attuata con i decreti legislativi emanati tra la fine del 2023 e il 2024 in forza della Legge Delega n. 111/2023. In particolare, il D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 (“Riforma dell’accertamento tributario e concordato preventivo biennale”) ha ridisegnato alcuni aspetti chiave della procedura di accertamento con adesione, per coordinarla con il nuovo obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo introdotto nello Statuto del Contribuente. Approfondiremo dettagliatamente tali novità nei paragrafi successivi (§2 e §3).
Un accordo “fuori dal tribunale”. È importante distinguere l’accertamento con adesione dagli istituti conciliativi in sede contenziosa: l’adesione avviene in fase amministrativa, prima del ricorso in Commissione Tributaria (ora Corte di Giustizia Tributaria), mentre la conciliazione giudiziale è un accordo che si perfeziona quando il processo è già iniziato (davanti al giudice). L’adesione evita proprio che si arrivi al processo, rimuovendo la materia del contendere prima ancora del ricorso. Diverso è anche l’istituto dell’acquiescenza: in quel caso il contribuente accetta integralmente l’accertamento senza modifiche, limitandosi a pagare entro i termini di legge per beneficiare di una riduzione delle sanzioni (pari anch’essa a 1/3). Nell’accertamento con adesione invece c’è spazio per negoziare il contenuto dell’atto, potendo il contribuente far valere le proprie ragioni ed eventualmente ottenere una rideterminazione più favorevole dell’imponibile, oltre alla standardizzata riduzione sanzionatoria.
Vantaggi e considerazioni. In sintesi, l’accertamento con adesione rappresenta uno strumento di collaborazione tra Fisco e contribuente, coerente con una visione moderna dei rapporti tributari: il contribuente partecipa attivamente al procedimento di accertamento per chiarire la propria posizione e (se necessario) concordare quanto dovuto, mentre l’Amministrazione mostra una flessibilità che premia il contribuente cooperativo. Il vantaggio concreto è duplice: riduzione del carico sanzionatorio e certezza immediata sul dovuto, evitando l’alea della lite. Come vedremo (§8), con la recente riforma si è ulteriormente rafforzato il dialogo preventivo (contraddittorio obbligatorio) e sono stati eliminati alcuni passaggi procedimentali ridondanti (come la mediazione tributaria), proprio per valorizzare sedi di confronto come l’adesione prima del processo.
2. Evoluzione normativa: la Riforma Fiscale 2023–2025 e le novità principali
In questa sezione esamineremo le modifiche normative più rilevanti intervenute di recente sull’istituto, con particolare riguardo alla Legge Delega 9 agosto 2023 n. 111 (cd. Delega Fiscale) e ai decreti legislativi attuativi emanati tra fine 2023 e il 2024. Tali innovazioni si propongono di rendere l’accertamento con adesione coerente con il nuovo quadro procedimentale, caratterizzato dal contraddittorio preventivo generalizzato, e di ampliarne l’applicabilità ad ulteriori atti impositivi. Ecco un riepilogo delle novità normative di spicco:
- Legge Delega n. 111/2023 (Riforma Fiscale). Approvata ad agosto 2023, ha delegato il Governo a una revisione organica del sistema tributario entro 24 mesi. Tra i princìpi direttivi indicati dal Parlamento vi erano la revisione dell’attività di accertamento e il potenziamento della “tax compliance”. In attuazione della Delega, il Governo ha emanato numerosi decreti legislativi nel biennio 2023-2025, interessando inter alia il contenzioso tributario, lo Statuto del Contribuente, la riscossione e, per quanto qui rileva, la disciplina dell’accertamento e dei concordati preventivi.
- Decreto Legislativo 30 dicembre 2023 n. 219 (Nuovo Statuto del Contribuente). Ha inserito nello Statuto (L. 212/2000) l’art. 6-bis che codifica il principio del contraddittorio preventivo: tutti gli atti impugnabili dinanzi alle Corti tributarie devono essere preceduti da un contraddittorio “informato ed effettivo” con il contribuente, a pena di nullità, salvo specifiche eccezioni. Sono esclusi dall’obbligo solo gli atti derivanti da controlli automatizzati o formali (liquidazioni ex art. 36-bis e 36-ter DPR 600/73) e i casi di urgenza per fondato pericolo per la riscossione. Questo intervento ha reso generalizzato un principio prima affermato solo per alcune materie dalla giurisprudenza UE e nazionale. L’art. 6-bis garantisce al contribuente il diritto di esporre le proprie difese prima dell’emissione dell’avviso di accertamento definitivo. Conseguentemente, tutti gli accertamenti “ordinari” dal 30 aprile 2024 in poi devono essere anticipati da una comunicazione di avvio con uno schema di atto e la concessione di almeno 60 giorni per le deduzioni difensive. La mancata attivazione del contraddittorio quando dovuto rende l’atto annullabile su eccezione di parte (nuovo art. 7-bis Statuto). Questa riforma ha avuto un impatto diretto sull’adesione, come vedremo tra poco.
- Decreto Legislativo 12 febbraio 2024 n. 13 (Accertamento tributario e concordato preventivo biennale). È il provvedimento attuativo ad hoc della Delega Fiscale in materia di procedimento di accertamento. Entrato in vigore il 22 febbraio 2024, ma con talune disposizioni applicabili solo agli atti emessi dal 30 aprile 2024, esso ha riscritto parti significative del D.Lgs. 218/1997 per coordinare la disciplina dell’accertamento con adesione con il nuovo contraddittorio obbligatorio. Tra le novità principali introdotte dal D.Lgs. 13/2024 vi sono:
- l’integrazione dell’invito all’adesione nella fase di contraddittorio: d’ora in poi, quando l’ufficio invia al contribuente lo schema di atto impositivo per l’avvio del contraddittorio, deve contestualmente invitarlo a valutare la definizione dell’accertamento in adesione (in alternativa alle osservazioni difensive);
- l’eliminazione dell’“invito al contraddittorio” obbligatorio ex art. 5-ter D.Lgs. 218/97: tale articolo, inserito in passato per alcuni casi, è stato abrogato perché superato dalla generalizzazione del contraddittorio ex art. 6-bis Statuto;
- la preclusione a ripresentare l’istanza di adesione dopo l’avviso di accertamento, se il contribuente se ne è già avvalso nella fase di contraddittorio iniziale: in pratica, non si può chiedere due volte l’adesione sullo stesso atto (una prima sui contenuti dello schema, e una seconda dopo la notifica dell’avviso definitivo);
- la differenziazione dei termini e della sospensione dei ricorsi a seconda che l’istanza di adesione sia presentata prima (entro 30 giorni dallo schema di atto) o dopo l’emissione dell’avviso definitivo (entro 15 giorni) in caso di contraddittorio già svolto. Approfondiremo i dettagli procedurali nel §3;
- la possibilità di definire in adesione anche gli “atti di recupero” di crediti d’imposta indebitamente utilizzati, allineandosi così all’orientamento della Corte di Cassazione. In passato era controverso se i cosiddetti avvisi di recupero (es. per bonus compensati indebitamente) fossero definibili, ma ora viene espressamente previsto che anche tali atti accertativi possono accedere all’adesione. Con una specificità: se si aderisce a un avviso di recupero, il pagamento va fatto in un’unica soluzione e senza possibilità di compensazione;
- la reintroduzione dell’adesione ai Processi Verbali di Constatazione (PVC): il decreto ha reintrodotto la facoltà di definire i rilievi contenuti in un PVC della Guardia di Finanza o dell’Agenzia Entrate, istituto che era stato abrogato qualche anno fa. Ora il contribuente può aderire al verbale in toto entro 30 giorni dalla consegna, ottenendo una riduzione delle sanzioni ad 1/6 del minimo (anziché 1/3). Una sezione dedicata (§4) tratterà nel dettaglio questo importante ripristino;
- il pagamento condizionato dell’accordo: viene esplicitato che la prova del pagamento delle somme dovute (o della prima rata) costituisce condizione per il rilascio della copia dell’atto di adesione. Ciò recepisce la prassi e la giurisprudenza che subordinavano la perfezione dell’adesione all’integrale adempimento economico entro i termini di legge;
- l’omogeneizzazione procedurale degli istituti previsti agli articoli 5 e 11 D.Lgs. 218/97: essendo ora generalizzato il contraddittorio, si è uniformata la disciplina tra l’adesione su iniziativa dell’ufficio (invito a comparire, ex art. 5) e quella su istanza del contribuente (ex art. 6), eliminando duplicazioni e incoerenze normative.
Tutte queste modifiche si applicano agli atti emessi dal 30 aprile 2024 in avanti. Pertanto, gli accertamenti notificati prima di tale data seguono ancora la “vecchia” disciplina, mentre quelli successivi ne seguono la versione novellata.
- Altri interventi normativi correlati. Nel contesto della riforma fiscale, meritano menzione anche:
- il D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 220 (Riforma del contenzioso tributario), che – come vedremo nel §9 – ha abrogato l’istituto del reclamo/mediazione tributaria (art. 17-bis D.Lgs. 546/92) dal 2024, confidando nel rafforzamento degli strumenti pre-contenziosi come il contraddittorio e l’adesione;
- il D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87 (Revisione del sistema sanzionatorio tributario), che ha ridotto alcune sanzioni base (es. per utilizzo di crediti inesistenti scese dal 30% al 25%) e potrebbe quindi riflettersi sul calcolo delle sanzioni ridotte in adesione;
- la Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (Legge di Bilancio 2023), che pur non rientrando nella Delega, ha previsto una “tregua fiscale” con misure di definizione agevolata di accertamenti pendenti: in particolare, ai commi 179-185 ha consentito di definire taluni avvisi 2023 con sanzioni ridotte ad appena 1/18 del minimo. Si trattava di una misura straordinaria (non strutturale) applicabile a atti non impugnati entro fine marzo 2023, che segnaliamo solo a completamento del quadro storico.
Riepilogo delle principali novità 2024: Per avere una visione d’insieme, la Tabella 1 confronta alcuni aspetti della disciplina dell’accertamento con adesione prima e dopo la riforma 2023–2024:
Profilo | Fino agli atti 2023 | Dal 30/4/2024 (Riforma) |
---|---|---|
Contraddittorio preventivo | Obbligatorio solo in casi particolari (es. da PVC GdF, o in base a giurisprudenza UE per IVA) | Obbligatorio per legge per quasi tutti gli atti impugnabili (eccetto liquidazioni automatiche e urgenze). L’atto è nullo se manca contraddittorio. |
Invito a presentare adesione | Previsto solo in alcuni casi (inviti art.5-ter) o inserito discrezionalmente dall’ufficio | Inserito in ogni comunicazione di contraddittorio: lo schema di atto deve invitare sia a presentare osservazioni che a chiedere l’adesione. Sempre presente anche negli atti senza contraddittorio (automatismi, ecc.). |
Termine per istanza di adesione | Dopo avviso: 60 gg (termine ricorso) sospesi 90 gg presentando istanza. Dopo PVC: 15 gg (adesione PVC, art. 5-bis, abolito nel 2020). | Dopo schema contraddittorio: 30 gg. Dopo avviso con contraddittorio già svolto: 15 gg. Dopo avviso senza contraddittorio: entro termine ricorso (60 gg). Istanza unica possibile (no doppia chance). |
Sospensione termine ricorso | 90 gg per tutti gli atti in adesione (ex art.6 c.3 D.Lgs.218/97) | 90 gg se l’adesione è chiesta entro termine ricorso (atti senza contraddittorio); solo 30 gg se chiesta dopo un contraddittorio già fatto. |
Adesione ai PVC | Prevista in origine (art.5-bis D.Lgs.218/97) ma abrogata nel 2015-2020; non disponibile negli anni recenti. | Reintrodotta (art. 5-quater novellato): adesione al verbale entro 30 gg dalla consegna, prendendone tutto il contenuto, con sanzioni ridotte a 1/6. Possibile adesione “condizionata” a correzione errori (il PV viene emendato se errori palesi). |
Oggetto definibile | Imposte sui redditi, IVA, IRAP; dubbi su atti non “accertamenti” (es. atti di recupero crediti) | Esteso esplicitamente anche ad avvisi di recupero crediti d’imposta. Confermato per ogni atto impositivo (comprese imposte registro, successioni ecc. se emessi da AdE). |
Mediazione/reclamo | Obbligatorio per cause fino 50.000 €: ricorso all’AdE con fase di trattativa 90 gg (art.17-bis D.Lgs.546/92) | Abolito dal 2024. Non più richiesto il reclamo: il ricorso va depositato in 30 gg dalla notifica all’ente. L’adesione e il contraddittorio preventivo sostanzialmente lo rimpiazzano come filtri pre-giudizio. |
Tabella 1 – Confronto schematico tra regime previgente e novità post-riforma in tema di accertamento con adesione.
Come si evince, il filo conduttore della riforma è potenziare il dialogo anticipato tra Fisco e contribuente, rendendo strutturale il confronto prima dell’emissione dell’atto e incanalando il contribuente verso una possibile adesione già durante tale confronto (anziché dopo). Inoltre, si è reso più spedito il successivo iter: se non si trova un accordo, il contribuente potrà ricorrere subito senza lungaggini procedurali come la mediazione; se invece si trova un accordo, verrà immediatamente sanzionato il 1/3 o addirittura 1/6 (in caso di PVC) del minimo, con pagamento rateale se necessario.
Nei prossimi paragrafi descriveremo in dettaglio come funziona la procedura dell’accertamento con adesione aggiornata (§3), come si applica ai diversi tipi di imposte e atti (§3.4 e §5), le peculiarità dell’adesione ai verbali (PVC) (§4) e degli accordi preventivi (il nuovo concordato biennale, §6), nonché i risvolti per diverse categorie di contribuenti (§7) e per il contenzioso tributario (§9).
3. Procedura dell’accertamento con adesione: fasi e termini
In questo capitolo esamineremo come si svolge concretamente un procedimento di accertamento con adesione, evidenziando le varie fasi dal punto di vista procedurale e indicando i termini previsti dalla legge. Daremo conto sia della procedura ordinaria (accertamenti dell’Agenzia delle Entrate) sia delle variazioni introdotte dalla riforma 2024, distinguendo i casi in cui vi è stato il contraddittorio preventivo da quelli in cui l’atto è emesso senza tale fase.
3.1 Atti definibili e soggetti legittimati
Quali atti si possono definire in adesione? Possono formare oggetto di accertamento con adesione tutti gli atti di accertamento o rettifica riguardanti tributi diretti o indiretti di competenza statale, emessi dall’Agenzia delle Entrate (o dall’Agenzia delle Dogane per i tributi doganali). In particolare, l’adesione è espressamente ammessa per:
- Avvisi di accertamento in materia di imposte sui redditi (IRPEF, IRES) e relative addizionali;
- Avvisi di accertamento IVA (imposta sul valore aggiunto);
- Avvisi di accertamento IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) – anche se l’IRAP è tributo regionale, l’accertamento è curato dall’Agenzia Entrate e rientra nell’ambito del D.Lgs. 218/97;
- Avvisi di accertamento o di liquidazione relativi ad imposte indirette diverse dall’IVA, amministrate dall’Agenzia (es. registro, successioni e donazioni, bollo): su queste imposte l’art. 12 D.Lgs. 218/97 estende l’adesione con procedure analoghe;
- Atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati in compensazione (ex art. 1 DL 40/2010, ora art. 38-bis DPR 600/73): come detto, la riforma 2024 ha chiarito che tali atti, pur non denominati “avvisi di accertamento”, hanno natura accertativa e sono definibili in adesione. Ciò in linea con la Cassazione che già nel 2017 affermò la natura di accertamento degli avvisi di recupero, con sospensione di 90 gg se è presentata istanza di adesione.
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.). Per le imposte comunali l’accertamento con adesione non è disciplinato a livello statale in via diretta, ma molti enti locali hanno volontariamente adottato regolamenti per consentirlo. Ad esempio, numerosi Comuni hanno previsto nei propri regolamenti tributari la possibilità per il contribuente di chiedere l’adesione su avvisi di accertamento IMU, TARI, ICP ecc., spesso richiamando le norme del D.Lgs. 218/97 come applicabili in quanto compatibili. Pertanto, un avviso di accertamento IMU può essere definito con adesione se il Comune ha previsto tale facoltà nel regolamento (generalmente è così per i grandi Comuni). In mancanza, il contribuente su tributi locali può comunque ottenere riduzioni sanzioni per acquiescenza (ad esempio pagando entro 60 giorni ottiene sanzione 1/3, ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 472/97) o tentare una conciliazione giudiziale dopo l’eventuale ricorso. In questa guida ci concentreremo soprattutto sull’adesione per i tributi erariali, menzionando i tributi locali laddove rilevante.
Chi può attivare la procedura? Sono legittimati a richiedere l’accertamento con adesione tutti i soggetti destinatari dell’atto impositivo: quindi la persona fisica contribuente, la società o ente destinatario dell’avviso, ovvero gli obbligati solidali eventualmente indicati. Se il contribuente è deceduto, la richiesta può essere presentata dagli eredi. Nel caso di società di persone, la richiesta di adesione dell’avviso emesso a carico della società si estende pro-quota ai soci (tassazione per trasparenza). Nota bene: la riforma 2024 ha introdotto la regola di un’unica competenza territoriale per accertamenti di redditi in forma associata, semplificando la gestione: dunque, ad esempio, per SNC o STP sarà un unico ufficio a curare accertamento (e adesione) sia per la società che per i soci.
Ufficio competente. La domanda di accertamento con adesione va presentata all’ufficio che ha emanato l’atto. In genere, per le persone fisiche e piccoli operatori si tratta della Direzione Provinciale/Agenzia delle Entrate territorialmente competente; per i grandi contribuenti vi sono Direzioni provinciali dedicate o la Direzione Regionale (in caso di accertamenti centralizzati). L’eventuale invito al contraddittorio o l’adesione su PVC coinvolge gli stessi uffici (per i PVC redatti dalla Guardia di Finanza, l’adesione si formalizza con l’Agenzia Entrate competente per l’atto conseguente).
3.2 Avvio del procedimento: invito al contraddittorio e istanza di adesione
Il procedimento di accertamento con adesione può avviarsi in due modi: su iniziativa dell’ufficio (tramite un invito rivolto al contribuente) oppure su istanza del contribuente (dopo aver ricevuto un atto). La riforma ha differenziato il percorso a seconda che l’atto sia soggetto o meno a contraddittorio preventivo.
a) Caso di atti con contraddittorio obbligatorio (post 2024). Quando l’Agenzia intende emettere un avviso di accertamento per il quale vige l’art. 6-bis Statuto (ossia non rientra tra gli esclusi: v. sopra, controlli automatici o urgenze), deve prima notificare al contribuente una comunicazione di avvio del procedimento. Tale comunicazione – chiamata nel D.Lgs. 13/2024 schema di provvedimento – contiene in pratica una bozza dell’accertamento: vi si indicano le annualità controllate, le maggiori imposte, sanzioni e interessi che si intendono irrogare e la motivazione dei rilievi. Contestualmente, come richiesto dalla nuova norma, la comunicazione deve recare due inviti distinti:
- l’invito a presentare osservazioni e controdeduzioni difensive entro un termine non inferiore a 60 giorni;
- l’invito a presentare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni.
Tali termini decorrono dalla ricezione dello schema di atto. Dunque, entro 60 giorni il contribuente può depositare una memoria difensiva per confutare (in tutto o in parte) i rilievi; in alternativa, entro 30 giorni, può decidere di attivare subito la procedura di adesione. L’invito a esercitare questa opzione è una novità rilevante: la norma specifica che l’istanza di adesione può essere presentata “in luogo delle osservazioni”. Ciò significa che il contribuente può scegliere la strada del confronto negoziale invece di limitarsi a fornire deduzioni scritte.
Se il contribuente, ricevuto lo schema, presenta l’istanza di adesione entro 30 giorni, l’ufficio convoca il contribuente fissando il giorno e luogo dell’incontro (di norma presso la sede dell’ufficio) per definire l’accertamento. La convocazione avviene tramite il classico invito a comparire previsto dall’art.5 D.Lgs.218/97, che contiene l’indicazione delle annualità, degli importi dovuti e dei motivi (copia sostanzialmente del prospetto già fornito). L’avvio della fase di adesione sospende il termine decadenziale di emissione dell’atto finale: se tra la data fissata per la comparizione e la scadenza ordinaria di decadenza dell’accertamento vi sono meno di 90 giorni, tale scadenza è prorogata automaticamente di 120 giorni. Questo garantisce all’ufficio tempo sufficiente per concludere la procedura senza perdere la potestà impositiva.
Se invece il contribuente, pur avendo ricevuto lo schema di atto, non presenta l’istanza di adesione entro 30 giorni ma si limita ad inviare le proprie osservazioni difensive (entro 60 giorni), il contraddittorio avviene in modalità “cartolare” o con eventuale incontro informale per discutere le deduzioni. In esito a tale contraddittorio, l’ufficio può decidere di archiviare (se ritiene le spiegazioni esaustive) oppure di rideterminare parzialmente l’accertamento accogliendo in parte le ragioni del contribuente, oppure ancora di confermare integralmente la propria pretesa. In ogni caso, trascorso il termine del contraddittorio, l’ufficio potrà emettere l’avviso di accertamento definitivo (che dovrà tener conto delle osservazioni accolte e motivare il perché di quelle respinte). A questo punto, nonostante non abbia richiesto l’adesione in sede di contraddittorio, il contribuente ha ancora una chance: la legge gli consente comunque di presentare istanza di adesione entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. È una sorta di “seconda opportunità” concessa a chi inizialmente ha preferito difendersi senza negoziare. Tuttavia ci sono due differenze importanti in questo caso:
- il termine per presentare l’istanza, come detto, è ridotto a 15 giorni (anziché 30);
- la presentazione dell’istanza sospende il termine di ricorso solo per 30 giorni (invece dei normali 90).
Inoltre, la norma prevede che in sede di adesione post-accertamento l’ufficio non è tenuto a prendere in considerazione elementi di fatto nuovi rispetto a quelli già dedotti dal contribuente con le osservazioni. In pratica, se il contribuente ha già avuto modo di presentare documenti e argomentazioni nel contraddittorio, non può cercare di introdurre in adesione ulteriori elementi che avrebbe potuto far presenti prima: l’adesione qui ha la funzione di discutere eventuali margini transattivi sui rilievi già noti, più che riaprire l’istruttoria.
Schema riassuntivo – iter per atti con contraddittorio (dal 2024):
- Notifica dello schema di atto per contraddittorio (pre-avviso) contenente invito a osservazioni (entro 60 gg) e invito a adesione (entro 30 gg).
- Opzione A – Istanza di adesione (entro 30 gg): l’ufficio invia invito a comparire e avvia il procedimento di adesione. Segue incontro/i e possibile accordo (vedi §3.3). Se si conclude accordo, si redige l’atto di adesione e non viene emesso alcun avviso definitivo separato.
- Opzione B – Nessuna istanza entro 30 gg (si presentano osservazioni entro 60 gg): l’ufficio valuta le difese; trascorsi i 60 gg emette l’avviso di accertamento eventualmente modificato alla luce delle osservazioni.
- Ricezione dell’avviso definitivo: da qui il contribuente può:
- presentare istanza di adesione entro 15 gg (se non l’aveva già fatto prima); l’ufficio avvia comunque adesione (incontro negoziale) ma con vincoli sui nuovi elementi come detto;
- oppure ricorrere entro 60 gg (se non intende aderire).
- Sospensione dei termini di ricorso:
- 90 gg se l’adesione è stata chiesta sulla base dell’avviso senza contraddittorio preventivo (non in questo scenario);
- 30 gg se l’adesione è chiesta dopo la notifica di avviso preceduto da contraddittorio.
- Divieto di doppia istanza: se il contribuente ha già chiesto adesione allo stadio di pre-avviso, non può riproporla dopo l’emissione dell’atto.
È evidente l’intento del legislatore di stimolare l’accordo già nella fase di “pre-contenzioso”. Presentare l’istanza tempestivamente allo stadio di schema di atto conviene perché consente più tempo (sospensione 90 gg, vedi oltre) e consente di discutere a fondo; se si aspetta l’avviso definitivo, i tempi sono più ristretti e il margine di manovra ridotto.
b) Caso di atti non soggetti a contraddittorio preventivo. Non tutti gli avvisi richiedono il contraddittorio ex art.6-bis: ad esempio, gli avvisi derivanti da controlli automatizzati o formali (liquidazioni di imposta da errori materiali, ecc.) ne sono esclusi per legge. Oppure vi può essere un’esclusione per casi di particolare urgenza (pericolo per riscossione) che l’ufficio deve motivare. In tutte queste ipotesi, l’ufficio emette direttamente l’avviso di accertamento (o di rettifica) senza una fase preliminare di contraddittorio. Tuttavia, ciò non preclude l’accertamento con adesione: nell’avviso stesso deve essere contenuto l’invito al contribuente a presentare istanza di adesione entro il termine per proporre ricorso. Questa clausola era già presente nella disciplina previgente ed è confermata e rafforzata: anche se il contraddittorio non c’è stato prima, il contribuente può attivarlo dopo, chiedendo l’adesione.
Nel concreto, per gli atti non preceduti da invito, la situazione è simile a quella ante-riforma: il contribuente, ricevuto l’avviso, ha 60 giorni per impugnarlo; entro quello stesso termine (60 gg) può decidere di presentare istanza di adesione all’ufficio. L’istanza può essere presentata anche se nell’atto (per dimenticanza) non fosse stato inserito l’invito – la legge tutela il contribuente prevedendo che l’adesione è ammessa comunque. La presentazione dell’istanza innesca la sospensione di 90 giorni del termine per ricorrere, come in passato.
In sintesi, rispetto a prima, per gli atti senza contraddittorio non vi sono cambiamenti sostanziali: resta il termine ordinario di 60 giorni per fare richiesta di adesione, con sospensione di 90 giorni dei termini processuali.
Forma e presentazione dell’istanza. L’istanza di accertamento con adesione va redatta in carta libera, indicando i propri dati, gli estremi dell’atto ricevuto (o dello schema di atto, se nella fase di contraddittorio) e la volontà di addivenire ad accertamento con adesione, eventualmente accompagnata da un recapito (telefono, PEC) per le comunicazioni. Può essere consegnata a mano all’ufficio (protocollandola) oppure inviata tramite raccomandata A/R o PEC se l’ufficio ne ammette l’uso. Spesso, l’invito a comparire che l’ufficio notifica contiene già una proposta e fissa una data, ma l’istanza del contribuente può comunque essere inviata prima per formalizzare la richiesta. Alcuni uffici mettono a disposizione modelli fac-simile per l’istanza, ma non è obbligatorio usarli.
3.3 Fase di contraddittorio e svolgimento delle trattative
Sospensione dei termini e durata. Quando l’istanza di adesione è presentata dopo la notifica di un avviso di accertamento, la legge prevede che il termine per impugnare l’atto davanti alla Commissione tributaria sia sospeso per 90 giorni dalla data di presentazione (oppure 30 giorni, nel caso speciale di avviso preceduto da contraddittorio, come già visto). Ciò significa che vi è uno spazio di tempo di tre mesi per condurre le trattative. Se invece l’adesione è avviata prima dell’emissione dell’avviso (sulla base dello schema in contraddittorio), la sospensione del termine di decadenza opera per l’ufficio come detto (120 giorni aggiuntivi se a ridosso della scadenza), ma non c’è ancora un “termine di ricorso” essendo l’atto non emanato: semplicemente, quell’accertamento non verrà emesso finché l’adesione è in corso e i 90 giorni (o l’eventuale maggior termine prorogato) non siano trascorsi senza accordo. In pratica l’ufficio ha fino a 90 giorni (o più, con proroga) per definire l’adesione. La normativa (art.6 c.4 D.Lgs.218/97) prevede che il procedimento di adesione deve concludersi entro 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Questo termine non è perentorio ma ordinatorio; tuttavia, decorso tale periodo, il contribuente è libero di considerare chiusa la fase e, se aveva ricevuto un avviso, può proporre ricorso nei 60 giorni successivi (calcolati tenendo conto della sospensione). In molti casi comunque l’accordo viene raggiunto ben prima dei 90 giorni, talvolta con uno o due incontri.
Svolgimento dell’incontro. L’ufficio, ricevuta la richiesta di adesione, convoca il contribuente (o il suo professionista delegato) mediante invito a comparire. L’incontro tipicamente si svolge presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate (Commissione accertamento con adesione) o può essere in remoto ove previsto. In apertura, i funzionari illustrano i rilievi contestati e le risultanze istruttorie che hanno portato a quantificare maggiori imponibili e imposte. Il contribuente (e il suo difensore) hanno la possibilità di esporre oralmente le proprie ragioni, fornire chiarimenti e documenti integrativi, e negoziare i punti controversi. Si tratta di un vero contraddittorio “in presenza”, in cui spesso si riesaminano le poste oggetto di accertamento una per una.
Le possibili situazioni durante la trattativa sono:
- Condivisione totale dei rilievi: se il contribuente riconosce la fondatezza di tutti i rilievi, l’ufficio può confermare integralmente l’atto. In tal caso l’adesione servirebbe solo a formalizzare la riduzione delle sanzioni (1/3). Più spesso, però, c’è margine per discutere.
- Rilievi parzialmente infondati: il contribuente può dimostrare all’ufficio che alcuni addebiti sono errati (es. portando pezze giustificative non esibite prima, o evidenziando errori di calcolo). Se l’ufficio ne prende atto, quei rilievi vengono stralciati o ridimensionati nell’importo. Ad esempio, contestazioni su costi indeducibili potrebbero essere ridotte se il contribuente prova documentalmente che erano in realtà inerenti.
- Valutazioni incerte o stime: molti accertamenti su materie come studi di settore, ISA, reddito d’impresa, valori di beni, ecc. presentano margini di incertezza. In sede di adesione, le parti possono concordare un importo “di mezzo” rispetto alle posizioni iniziali. Ad es., su un ricavo non dichiarato stimato in €100.000 dall’ufficio, il contribuente potrebbe sostenere che fosse €60.000; il possibile accordo potrebbe fissarlo a €80.000. Questa è l’essenza della natura concordativa dell’adesione.
- Questioni giuridiche: se il disaccordo riguarda l’interpretazione di norme (es. detraibilità di un onere, imponibilità di una fattispecie), è più difficile “negoziare” perché l’ufficio non può disapplicare la legge. Tuttavia, talvolta l’ufficio, valutato il rischio di soccombenza in giudizio, può scegliere di abbandonare un rilievo controverso in adesione, per chiudere il resto. Formalmente lo farà motivando che accetta la tesi del contribuente su quel punto.
- Riduzione delle sanzioni e interessi: la misura delle sanzioni in adesione è già fissata per legge (1/3 del minimo, o 1/6 su PVC). Dunque su quello non vi è contrattazione, se non in questi termini: se l’ufficio in origine aveva applicato una sanzione più alta del minimo, in adesione comunque scende al minimo e poi a 1/3 di esso. Gli interessi di mora restano dovuti per intero, calcolati fino alla data di pagamento effettivo; su questo non c’è discrezionalità.
- Proposta del contribuente: il contribuente può presentare una propria proposta di definizione, indicando importi che sarebbe disposto a pagare. Non esiste un obbligo per l’ufficio di accettarla, ma spesso aiuta a trovare un punto d’incontro. La proposta può essere scritta o emergere durante il dialogo.
Il contraddittorio nell’adesione è pensato per essere effettivo e non meramente formale: la nuova normativa insiste molto sul fatto che l’ufficio deve motivare adeguatamente l’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni del contribuente. Ciò vale in fase di emissione dell’atto finale, ma influenza anche l’atteggiamento in adesione: i funzionari sono tenuti ad ascoltare e considerare le difese, e se non possono accoglierle in toto, talvolta propongono soluzioni transattive.
Esito della trattativa. Le situazioni possibili sono due:
- Accordo raggiunto: se le parti giungono a un’intesa sulle somme da versare, viene redatto un atto di accertamento con adesione (modello conforme al DM 28/7/97). Questo atto contiene: i dati delle parti, l’indicazione degli imponibili concordati per ciascun tributo e anno, le imposte corrispondenti, le sanzioni (ridotte) e gli interessi, nonché l’eventuale suddivisione in rate. L’atto è sottoscritto dal contribuente (o suo procuratore) e dal capo ufficio dell’Agenzia o un suo delegato. La firma congiunta rende l’accordo perfezionato, ma perché produca effetto il contribuente deve adempiere al pagamento nei termini di legge (vedi §3.4). L’atto di adesione sostituisce integralmente l’avviso di accertamento originario: quest’ultimo rimane giuridicamente “in piedi” solo a garanzia fino al pagamento completo, ma non è più impugnabile né autonomamente efficace (viene “assorbito” dall’accordo).
- Mancato accordo: se invece le parti non riescono a concordare (ad esempio, il contribuente non accetta di pagare oltre un certo importo e l’ufficio non può scendere sotto un certo limite), la procedura di adesione si conclude con un nulla di fatto. In tal caso:
- se l’adesione era avviata prima dell’emissione dell’atto (fase pre-avviso), l’ufficio procederà a notificare l’avviso di accertamento (solitamente nelle stesse somme iniziali, salvo piccole concessioni fatte unilateralmente) allo scadere dei termini;
- se l’adesione era avviata dopo un avviso già notificato, quell’avviso rimane valido ed efficace per l’intero importo iniziale, come se l’adesione non fosse mai stata attivata. Il contribuente potrà a quel punto presentare ricorso entro il termine che rimane (i 60 gg meno i giorni trascorsi prima dell’istanza, più i 90 gg sospesi). Attenzione: non esiste una “controproposta” formale impugnabile. Il contribuente non può impugnare alcunché finché è in corso l’adesione; solo a fallimento della stessa tornerà in gioco l’atto originario (avviso) come oggetto del ricorso.
È prassi che, in caso di mancata definizione, i funzionari facciano sottoscrivere al contribuente un verbale di mancato accordo (anche solo con la frase “adesione non perfezionata per mancato accordo”) per attestarne l’esito. Ciò è utile al fine della decorrenza dei termini processuali residui. Se il contribuente rifiuta di firmarlo non è pregiudiziale, ma normalmente lo fa per presa d’atto.
Da segnalare un aspetto emerso in giurisprudenza: secondo la Cassazione, le dichiarazioni rese dal contribuente nel verbale di adesione anche se poi non perfezionato possono valere come prova nel successivo giudizio. Ad esempio, se in sede di adesione il contribuente ha ammesso qualche irregolarità o concordato certi importi salvo poi non firmare, quell’ammissione scritta può essere usata dall’ufficio in causa. Occorre quindi cautela e coerenza durante le trattative.
3.4 Formalizzazione e perfezionamento dell’accordo: pagamento e rateazione
L’atto di adesione. In caso di esito positivo, l’atto di accertamento con adesione sottoscritto dalle parti racchiude gli elementi dell’accordo. Ne viene rilasciata una copia al contribuente. La riforma 2024 ha espressamente previsto che la consegna della copia è subordinata al pagamento di quanto dovuto (o almeno della prima rata), per evitare che qualcuno firmi e poi non paghi. In passato c’era stato qualche caso di contribuente che, ottenuto l’atto firmato, non versava e tentava poi comunque ricorsi o trattative ulteriori: ciò non è più ammesso.
Termini di pagamento. Il contribuente deve provvedere a versare le somme concordate entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di adesione. Ad esempio, se l’atto è firmato il 1° ottobre, il pagamento (o la prima rata) va fatto entro il 21 ottobre. Il pagamento va effettuato tramite modello F24 (per tributi erariali) utilizzando i codici tributo specifici per “adesione” (di solito codici con suffisso “A”). In caso di imposte come registro o altri tributi indiretti, si useranno i modelli di pagamento propri (F23/F24 con codici opportuni). Se il termine cade di sabato o festivo, slitta al primo giorno lavorativo successivo.
Riduzione delle sanzioni. Le sanzioni amministrative irrogate nell’atto originario vengono rideterminate nel seguente modo:
- Accertamenti ordinari: sanzione ridotta a 1/3 del minimo edittale previsto dalla legge. Esempio: omessa fatturazione IVA sanzione dal 90% al 180% dell’imposta; minimo 90%. In adesione si paga il 30% (cioè 1/3 di 90%). Se l’ufficio aveva inizialmente applicato 100%, in adesione comunque scende a 30%.
- Adesione ai PVC: sanzione ridotta a 1/6 del minimo. Nell’esempio sopra, 90% minimo -> 1/6 = 15%. Questo rende molto conveniente aderire al PVC prima che esca l’avviso.
- Atti di recupero crediti: trattandosi di avvisi assimilati ad accertamento, valgono le stesse regole (1/3 del minimo). In più, se il contribuente vuole definire solo la sanzione e contestare il credito, può pagare 1/3 e impugnare per il merito (definizione agevolata sanzioni al 1/3 ex artt.16-17 D.Lgs.472/97, istituto diverso dall’adesione ma ora ammesso anche per crediti inesistenti).
- Interessi: nessuna riduzione, sono dovuti in misura piena (interessi moratori, oggi al tasso legale aumentato di 2-3 punti a seconda del tributo, calcolati dal giorno in cui l’imposta era dovuta – tipicamente dal termine di versamento dell’acconto/saldo originario – fino alla data dell’atto di adesione).
- Addizionali e contributi: se l’accertamento riguarda addizionali regionali/comunali IRPEF o contributi previdenziali connessi (es. IVS su maggior reddito d’impresa), anch’essi vanno versati; su contributi previdenziali però non si applicano sanzioni né interessi in adesione, come previsto per legge (il che può far risparmiare molto per chi regolarizza imponibili previdenziali).
Rateazione. Se l’importo dovuto è elevato, la legge consente di dilazionare il pagamento. Nello specifico, l’accertamento con adesione può essere pagato in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo; se l’importo complessivo (imposte + sanzioni + interessi) supera €50.000, sono ammesse fino a 16 rate trimestrali. La prima rata deve essere pagata entro 20 giorni dalla firma dell’atto, insieme all’eventuale importo non rateizzabile (vedi sotto). Le successive rate scadono ogni tre mesi (es. prima rata 21 ottobre, seconda rata 21 gennaio, terza 21 aprile, e così via), ciascuna comprensiva degli interessi legali calcolati sulle rate in scadenza. È importante seguire il piano di rateazione: se si salta una rata, si decade dal beneficio.
Limiti alla compensazione. Il pagamento delle somme in adesione non può avvenire tramite compensazione su modello F24. Occorre versare con provvista finanziaria effettiva. Ciò è espressamente ribadito in caso di adesione su atti di recupero crediti, ma vale in generale per tutte le definizioni ex D.Lgs.218/97. Non è consentito quindi utilizzare crediti fiscali disponibili per pagare il debito concordato.
Perfezionamento e mancato pagamento. L’accertamento con adesione si considera perfezionato con il versamento di tutte le somme dovute (o della prima rata, se rateizzato) entro il termine di 20 giorni. Se il contribuente non paga nei termini, l’accordo perde efficacia. In tal caso l’ufficio iscriverà a ruolo le somme originariamente accertate, senza più le riduzioni. In pratica si ritorna alla situazione pre-adesione ma con uno svantaggio: poiché l’atto di adesione era stato firmato, il contribuente ha rinunciato al ricorso, quindi l’accertamento è divenuto definitivo e può essere riscosso coattivamente. La Cassazione ha chiarito che, una volta definito l’accertamento con adesione con tanto di “quantum” stabilito, il contribuente non può impugnarlo né può più impugnare l’atto originario; di conseguenza, il mancato pagamento non gli riapre i termini per ricorrere, ma semplicemente comporta che l’Erario procederà a riscuotere (mediante cartella esattoriale) l’importo dovuto in base all’adesione, probabilmente aggravato di sanzioni piene e interessi di mora per il ritardo. Dunque è fondamentale onorare l’accordo. Se proprio sopravvengono difficoltà dopo la prima rata, è talvolta possibile richiedere all’Agente della Riscossione una dilazione, ma ormai sul debito risultante dalla decadenza.
Esempio pratico di calcolo. Supponiamo che a un contribuente venga contestato un maggiore reddito imponibile di €50.000, con maggiore IRPEF € 13.000 e IVA € 6.000, sanzioni al 100% (€13.000 e €6.000) e interessi €1.000. In adesione si concorda ridurre il reddito a €40.000: IRPEF €10.400, IVA €4.800. Le sanzioni minime per omessa dichiarazione sarebbero 120%, ma in adesione: IRPEF sanz. 1/3 del minimo 120% = 40%; quindi €4.160; IVA sanz. 1/3 del minimo 90% = 30%; quindi €1.440. Interessi ipotizziamo €900. Totale da pagare = €10.400+€4.800 + €4.160+€1.440 + €900 = €21.700. Senza adesione, avrebbe dovuto pagare €13.000+€6.000+sanzioni piene (€19.000)+interessi €1.000 = €39.000 circa, e in caso di giudizio anche le spese. La convenienza appare evidente.
3.5 Chiusura della procedura e effetti sul contenzioso
Definizione della pendenza tributaria. L’accertamento con adesione, una volta perfezionato, chiude definitivamente ogni contestazione relativa ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto dell’atto. Il contribuente non può presentare ricorso contro l’accertamento né contro l’atto di adesione stesso, essendo frutto di accordo. Si crea una sorta di “contratto fiscale” irretrattabile: l’obbligazione concordata va eseguita e non è ammessa successiva richiesta di rimborso o ripensamento (salvo si scopra un errore di duplicazione di pagamento, ma è caso eccezionale). Anche l’Amministrazione non può più modificare l’accertamento, a meno che emergano nuovi elementi estranei a quelli esaminati (ad es., un reddito estero non dichiarato che non era oggetto della verifica fatta): l’adesione infatti copre solo i rilievi noti e discussi, non preclude eventuali futuri accertamenti per altre materie o annualità non trattate (principio di alternatività). La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che l’accertamento con adesione ha natura di provvedimento consensuale: non è impugnabile per vizi di merito, ma solo per vizi radicali del consenso (come violenza o errore essenziale) in sede di annullamento in autotutela, ipotesi peraltro di scuola. Dunque è in pratica definitivo.
Effetti sul processo tributario. Se era già stato proposto ricorso (eventualità rara, perché di solito l’adesione si attiva prima del ricorso), la sottoscrizione dell’accordo fa cessare la materia del contendere: il contribuente rinuncia al giudizio. Se invece l’adesione è stata attivata prima di ricorrere, semplicemente il ricorso non verrà presentato affatto (o verrà presentato e contestualmente una conciliazione se fosse tardiva l’adesione). In definitiva, il contenzioso viene evitato.
Un aspetto importante introdotto nel 2022-2023: la normativa sul processo tributario prevede ora che eventuali vizi procedurali (come la mancata attivazione del contraddittorio quando dovuto) debbano essere sollevati con il ricorso introduttivo, pena decadenza. Questo spinge ancora di più il contribuente a utilizzare l’adesione in tempo utile. Ad esempio, se l’ufficio avesse erroneamente saltato il contraddittorio, il contribuente potrebbe impugnarlo e farlo annullare; ma se preferisce comunque definire tramite adesione, potrà farlo rinunciando a far valere quel vizio. È una scelta strategica che andrebbe valutata con il difensore: in certi casi un vizio procedurale forte potrebbe portare all’annullamento totale in giudizio; ma se l’importo è modesto o il vizio dubbio, l’adesione offre certezza immediata.
Benefici penali. Un ulteriore effetto da considerare è in ambito penale-tributario: molti reati tributari (es. dichiarazione infedele, omessa dichiarazione) prevedono cause di non punibilità legate al pagamento del debito tributario. La definizione dell’accertamento con adesione e l’integrale pagamento del dovuto prima di eventuali dibattimenti può, in diversi casi, estinguere il reato tributario o attenuare sensibilmente la pena. Ad esempio, per la dichiarazione fraudolenta o infedele, il pagamento dei debiti tributari prima dell’apertura del dibattimento riduce fino alla metà le pene e rende non applicabili le pene accessorie (art. 13 D.Lgs. 74/2000). Quindi, un contribuente che rischiava un procedimento penale per evasione consistente, definendo l’accertamento con adesione e pagando tutto potrebbe evitare conseguenze penali. Questo fornisce un ulteriore incentivo all’adesione per chi si trova in situazioni borderline penalmente rilevanti.
Chiusura amministrativa. Una volta perfezionato l’accordo, l’ufficio archivia la pratica. Il contribuente riceverà la quietanza del versamento e non dovrà fare altro per quelle annualità. Non c’è bisogno di alcuna comunicazione all’autorità giudiziaria tributaria poiché non vi sarà ricorso. Se invece l’accordo non è raggiunto, il contribuente dovrà tempestivamente depositare il ricorso (il quale, come detto, deve essere proposto entro i termini prorogati dalla sospensione).
Nei paragrafi successivi esamineremo casi particolari come l’adesione ai verbali (§4), gli istituti nuovi come il concordato preventivo biennale (§6) e forniremo simulazioni per varie tipologie di contribuenti (§7) per illustrare in concreto come l’adesione si applica e con quali risultati.
4. Adesione ai verbali di constatazione (PVC)
Una menzione separata merita l’adesione ai PVC, ossia la definizione delle risultanze di un Processo Verbale di Constatazione redatto tipicamente dalla Guardia di Finanza (o da funzionari dell’Agenzia delle Entrate in sede di ispezione). Questo istituto era previsto fin dal 1997 (art. 5-bis D.Lgs. 218/97) ma era stato abolito qualche anno fa (nel 2015) in un’ottica di semplificazione. La Riforma 2024 lo ha reintrodotto con alcune migliorie, riconoscendo la sua utilità per anticipare la chiusura delle verifiche già nella fase di ispezione, prima che scatti l’emissione di un accertamento formale.
4.1 Cos’è il PVC e quando nasce l’adesione
Il Processo Verbale di Constatazione (PVC) è l’atto conclusivo di una verifica fiscale sul campo (presso l’azienda o il contribuente), in cui i verificatori contestano le violazioni rilevate, descrivono i fatti accertati e invitano il contribuente a sottoscriverlo (eventualmente con osservazioni). Dopo la chiusura della verifica, il PVC viene trasmesso all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente, il quale sulla base di esso emetterà gli avvisi di accertamento (di norma entro 60 giorni dalla consegna del PVC, salvo urgenze).
Con la nuova disciplina (art. 5-quater D.Lgs. 218/97 come novellato dal D.Lgs. 13/2024), il contribuente che riceve un PVC può scegliere di aderire integralmente ai rilievi in esso contenuti, evitando di attendere i successivi avvisi. Questa opportunità è particolarmente appetibile perché comporta sanzioni ultra-ridotte e consente di “chiudere” la partita immediatamente.
4.2 Procedura di adesione al PVC
Vediamo come si svolge:
- Oggetto dell’adesione. Deve riguardare l’intero contenuto del PVC. Ciò significa che il contribuente non può aderire solo ad alcuni rilievi e contestarne altri: l’adesione è un take it or leave it, tutto o niente. Se non è d’accordo anche su un solo rilievo, non può utilizzare questo istituto (dovrà passare per l’accertamento con adesione tradizionale dopo l’avviso). Questa “totalità” è comprensibile: l’adesione al PVC viene vista come un riconoscimento pieno delle risultanze della verifica.
- Termine. L’adesione al PVC deve avvenire entro 30 giorni dalla data di consegna del verbale. Di solito, il PVC viene consegnato personalmente al contribuente/verificato il giorno della chiusura delle operazioni; da quella data decorrono i 30 giorni.
- Modalità di adesione. Entro i 30 giorni, il contribuente deve comunicare per iscritto sia all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente sia all’organo che ha redatto il PVC (tipicamente il Reparto GdF) la propria volontà di aderire al verbale. La comunicazione può essere in forma libera, ma deve essere chiara ed è consigliabile farla via PEC o raccomandata così da avere prova certa della data.
- Adesione incondizionata o condizionata. C’è una novità: la legge prevede due tipi di adesione al PVC:
- Adesione “senza condizioni”: il contribuente accetta integralmente e incondizionatamente i rilievi. In tal caso, entro i 60 giorni successivi alla comunicazione del contribuente, l’Agenzia Entrate notifica un “atto di definizione dell’accertamento parziale”. In pratica, l’ufficio emette un atto (immediatamente esecutivo) che recepisce tutti i rilievi del PVC come base imponibile concordata, applicando le sanzioni ridotte a 1/6. È definito “parziale” perché di solito un PVC copre un certo ambito (es. IVA e imposte dirette per specifici anni); l’atto di definizione parziale definisce quegli ambiti, lasciando impregiudicato se del caso altri aspetti non verificati.
- Adesione “condizionata” alla rimozione di errori manifesti: se il contribuente riscontra nel PVC alcuni errori evidenti (esempio classico: errori di calcolo, o duplicazioni di rilievi), può comunicare l’intenzione di aderire a condizione che tali errori siano corretti. A quel punto, il reparto che ha redatto il verbale ha 10 giorni per riesaminare e, se riconosce l’errore segnalato, rettificare il PVC emettendo un verbale di correzione/integrazione. Il contribuente e l’ufficio vengono informati dell’aggiornamento. Se i verificatori invece non ritengono fondato l’errore addotto, l’adesione si intende non perfezionata. Questa possibilità consente di sanare piccoli refusi impedendo che blocchino l’adesione. Naturalmente, non vale per questioni di merito non pacifiche, ma solo per errori oggettivi.
- Sospensione dei termini per l’ufficio. Dal giorno della consegna del PVC fino ai 30 giorni previsti per aderire (o fino alla comunicazione anticipata dell’adesione) i termini di decadenza per l’ufficio sono sospesi. Ciò vuol dire che l’Agenzia Entrate attenderà quell’arco di tempo prima di emettere l’eventuale avviso. Se il contribuente aderisce, come detto, l’avviso non verrà emesso affatto, ma direttamente l’atto di definizione parziale.
In sintesi, aderire al PVC significa: “Caro Fisco, su questo verbale hai ragione, pagherò quanto constatato con lo sconto sanzioni, non serve che mi notificate un accertamento perché concordo già così”.
4.3 Benefici e limiti dell’adesione al PVC
Vantaggi per il contribuente. Il beneficio principale è la forte riduzione delle sanzioni: invece di 1/3 del minimo, come visto, si paga 1/6 del minimo edittale. È la metà di quanto si pagherebbe in un’adesione “ordinaria” a seguito di avviso. In termini percentuali, se una violazione ha minimo 100% di imposta, col PVC si paga circa 16,67%, mentre con adesione normale 33,33%. Questo dimezzamento è un incentivo premiale per chi chiude la verifica sul nascere. Inoltre, l’adesione al PVC consente di guadagnare tempo sulla riscossione: l’atto di definizione arriverà dopo max 60 giorni e poi si avranno 20 giorni per pagare (anche qui con rateazione 8 o 16 rate trimestrali analogamente) – ciò generalmente accade comunque prima di quanto servirebbe per un eventuale accertamento e contenzioso, ma quantomeno evita ulteriori sanzioni e interessi di mora che maturerebbero.
Vantaggi per il Fisco. Lo Stato incassa prima e con certezza, senza impegnare risorse in accertamenti e processi. Inoltre, l’esperienza mostra che la compliance migliora: spesso i contribuenti che aderiscono ai PVC poi sono più attenti negli anni successivi per evitare altre verifiche.
Limiti e considerazioni. D’altro canto, aderire al PVC comporta rinunciare a qualunque contestazione: se anche un rilievo fosse discutibile, non lo si potrà impugnare più tardi. Quindi va fatto quando il contribuente riconosce effettivamente le irregolarità o comunque preferisce chiudere subito a fronte dello sconto sanzioni. Se ci sono rilievi insostenibili, è meglio non aderire e attendere l’avviso per poi impugnarlo o trattare con adesione normale su quell’avviso (dove si potrà definire magari tutto tranne il punto controverso, che eventualmente sarà oggetto di ricorso).
Esempio pratico PVC: Un’azienda ispezionata dalla GdF riceve un PVC che contesta ricavi non contabilizzati per €100.000 (IVA dovuta €22.000) e costi indeducibili per €30.000 (IRES €7.200). Sanzioni minime per omessa IVA 90%, per infedele IRES 90%. Se aderisce al PVC: pagherà IVA €22.000 + IRES €7.200, sanzioni IVA 15% = €3.300, sanzioni IRES 15% = €1.080, interessi poniamo €2.000, totale ~€35.580. Se attendesse l’avviso e facesse adesione ordinaria: sanzioni al 30% minimi = IVA €6.600 + IRES €2.160, totale ~€41.520. Se andasse in giudizio (rischiando sanzioni 100% se perde): potrebbe arrivare a €22k+7.2k+26.4k+6.48k = €62.1k più interessi. Dunque se è certo delle violazioni, l’adesione al PVC gli fa risparmiare oltre €6.000 rispetto anche all’adesione normale, e quasi la metà rispetto al rischio in causa.
Situazioni particolari. Può capitare che durante il controllo il contribuente collabori attivamente e magari fornisca subito elementi correttivi ai verificatori: se i verificatori li recepiscono prima di chiudere il PVC, tanto meglio. Se invece il PVC esce con qualche errore, si può utilizzare quell’adesione condizionata: ad es. hanno sommato due volte lo stesso rilievo, si fa notare e in 10 giorni rettificano.
In conclusione, l’adesione al PVC è un potente strumento di chiusura anticipata del procedimento accertativo: veloce, conveniente ma anche impegnativo in quanto richiede completa acquiescenza. Va ponderato caso per caso con l’assistenza di un consulente. La sua reintroduzione nel 2024 è stata accolta positivamente dagli operatori, in quanto colma un vuoto normativo e premia i contribuenti cooperativi già in sede di verifica.
5. Ambiti di applicazione: imposte e contesti operativi
Come accennato, l’accertamento con adesione riguarda tutti i principali tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate. In questo capitolo riepiloghiamo le peculiarità rispetto alle varie imposte e ai diversi contesti di accertamento, per evidenziare eventuali differenze pratiche o normative da tenere presenti.
5.1 Imposte sui redditi (IRPEF, IRES) e addizionali
Per le imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle società (IRES), l’adesione è all’ordine del giorno in sede di accertamenti. Tipicamente, i rilievi riguardano componenti positivi o negativi di reddito non dichiarati o non dedotti correttamente: ricavi/compensi occultati, costi indebitamente dedotti, redditi di capitale non dichiarati, ecc. L’adesione qui consente di concordare nuovi imponibili e nuove imposte, per cui è molto utile quando vi è incertezza su stime o valutazioni (si pensi agli studi di settore/ISA, a rettifiche su transfer pricing tra consociate, al valore normale di transazioni). Frequentemente, il contribuente riesce a ottenere la riduzione di taluni rilievi portando documentazione aggiuntiva o argomentazioni tecniche nella fase di adesione, cosa che magari non aveva fatto durante il contraddittorio preliminare. In caso di IRPEF di lavoratori autonomi o imprese familiari, attenzione che l’accordo vincola tutti i coobbligati (soci, collaboratori): quindi serve il coordinamento con essi. Per le addizionali regionali/comunali IRPEF, queste seguono le sorti dell’IRPEF definita: l’atto di adesione ne terrà conto e andranno versate proporzionalmente, anche se non si citano espressamente nei calcoli (l’ufficio le include nel prospetto).
Per esempio, se in adesione si concorda un maggior reddito IRPEF di 10.000€, oltre all’IRPEF 23% = 2.300€, ci sarà addizionale regionale ~1.2% e comunale ~0.8% su quell’importo (dunque 120 + 80 € circa) da versare.
5.2 Imposta sul valore aggiunto (IVA)
L’IVA è spesso oggetto di adesione in parallelo alle imposte sui redditi, quando l’accertamento deriva da una verifica su fatturato e costi. Ad esempio, se si constata omissione di ricavi, scatta sia maggior IRPEF/IRES che maggior IVA. In adesione, il contribuente potrebbe far valere pro rata, documentare vendite non imponibili, ecc., per ridurre la pretesa IVA. Le sanzioni IVA definite in adesione sono anch’esse al 1/3 (o 1/6 su PVC). Un particolare rilievo in ambito IVA è quello delle operazioni inesistenti o crediti IVA non spettanti: prima della riforma, su crediti IVA inesistenti la giurisprudenza negava l’adesione (trattandosi di atti assimilati a sanzione); ora con la nuova disciplina gli avvisi di recupero IVA indebita sono definibili. L’IVA richiede spesso di considerare anche il penale: evasioni IVA oltre soglie possono costituire reato, e l’adesione con pagamento integrale può estinguere il reato di omesso versamento IVA (se pagato prima della dichiarazione di apertura dibattimento, ex art. 13 DLgs 74/2000). Dunque per chi ha cartelle IVA elevate l’adesione può valere la pena per motivi extra-fiscali.
Note: L’IVA è tributo “armonizzato UE”, per il quale il contraddittorio era già ritenuto obbligatorio in molti casi per giurisprudenza unionale; ora è formalizzato per legge per tutti gli accertamenti IVA (salvo frodi gravi con urgenza). Quindi praticamente ogni avviso IVA avrà la fase di contraddittorio preventivo e l’invito a adesione contestuale.
5.3 Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
L’IRAP è anch’essa definibile in adesione. Spesso i rilievi IRAP sono paralleli a quelli delle imposte sui redditi d’impresa/lavoro autonomo, perché base imponibile simile. Un aspetto peculiare può essere che alcune aziende in accertamento rivendicano di non essere soggette a IRAP (es. professionisti “minimi” senza autonoma organizzazione). Su questioni del genere, l’ufficio difficilmente transige in adesione perché è un punto di diritto netto: o c’è organizzazione o no. In questi casi, il contribuente potrà fare le sue difese e magari l’ufficio deciderà se archiviare l’IRAP (succede) o confermarla: se la conferma, probabilmente si andrà a contenzioso su quel punto specifico. È possibile definire in adesione solo IRPEF e IVA, lasciando l’IRAP fuori? Teoricamente no, perché l’atto di adesione copre tutto l’avviso e quell’avviso generalmente comprende anche l’IRAP. Tuttavia, se il punto è controverso, il contribuente potrebbe non aderire su quell’avviso e preferire giocarsela in giudizio per l’IRAP (col rischio però di perdere i benefici su IRPEF/IVA). Una via creativa a volte usata: se l’ufficio è d’accordo, si potrebbe concordare in adesione un importo zero per IRAP (accogliendo la tesi contribuente) e definire il resto – ma questo è sconfinare nella conciliazione in adesione, pratica non ufficiale. Di solito o tutto accordo o niente.
5.4 Imposte indirette: registro, successioni, bollo e altri tributi minori
Il D.Lgs. 218/97 art. 12 prevede che l’accertamento con adesione si applichi anche agli avvisi di accertamento e di liquidazione relativi a tributi diversi dalle imposte sui redditi e IVA, purché “comunque accertabili con le stesse procedure”. In pratica, rientrano le imposte la cui riscossione è curata dall’Agenzia Entrate (non quelle auto-liquidate come il bollo auto regionale per cui accertano regioni). Dunque:
- Imposta di registro: ad esempio, in caso di avviso di accertamento per maggior valore di un immobile compravenduto (plusvalore ai fini registro), si può chiedere adesione. Spesso qui si discute sul valore venale: in adesione è possibile trovare un valore medio tra quanto dichiarato nell’atto e quanto stimato dall’ufficio (es. l’ufficio dice valore 100, parte dice 60, si accordano per 80). Le sanzioni (per insufficiente dichiarazione) andranno a 1/3 del minimo. Note: se c’è di mezzo anche imposta ipocatastale (2%+1% p.es.), in genere anche quella viene definita negli stessi termini.
- Imposta sulle successioni e donazioni: analogamente, se c’è un avviso di liquidazione per maggior valore assegnato a beni in una successione, l’erede può avviare adesione e discutere i valori (es. quote societarie, immobili). Sanzioni ridotte a 1/3.
- Imposta di bollo: casi rari, ma se c’è un avviso di liquidazione bollo (es. su conti correnti esteri non dichiarati), aderire significa pagare il bollo dovuto riducendo le sanzioni (che per bollo sono di solito in misura fissa, quindi potrebbe non cambiare).
- Altri tributi indiretti minori: ad esempio, l’imposta sulle assicurazioni, sulle riserve matematiche, ecc., se accertate dall’Agenzia, in teoria seguono l’adesione. Questi casi sono accademici.
Nota bene: Per atti emessi dall’Agenzia delle Dogane (accise, dazi) la procedura è differente, disciplinata dal D.Lgs. 374/90 e non oggetto di questa guida; comunque esistono forme di conciliazione anche lì.
5.5 Atti dell’Agenzia delle Entrate e atti della Guardia di Finanza
Questo paragrafo vuole chiarire un possibile dubbio: se un accertamento nasce da un verbale della Guardia di Finanza, cambia qualcosa nella procedura di adesione? La risposta è: no, perché la GdF non emette avvisi di accertamento (non ha potere impositivo diretto); li emette sempre l’Agenzia Entrate. Dunque, che il controllo iniziale l’abbia fatto la GdF o direttamente l’AE, l’avviso arriva dall’AE ed è definibile in adesione allo stesso modo. L’unica differenza pratica è semmai che in caso di verifica GdF c’è un PVC: e come abbiamo visto, ora si può aderire già al PVC con 1/6 sanzioni. Se però uno non aderisce al PVC GdF e aspetta l’avviso dell’Agenzia, potrà comunque fare adesione su quell’avviso (con sanzioni 1/3).
Qualora la GdF abbia trasmesso il PVC e l’Agenzia notifichi l’avviso senza avviare contraddittorio (può succedere se la verifica GdF è considerata già contraddittorio? Ma in realtà la legge chiede comunque di fare il contraddittorio 6-bis a meno che non esoneri per urgenza), comunque il contribuente può chiedere adesione. Se invece l’Agenzia, come auspicabile, prima di emettere avviso invita al contraddittorio (presentando lo schema atto riflettente il PVC), allora lì già può inserire eventuali riduzioni e offrire adesione.
Atti di altri enti impositori. Un altro contesto: Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) e Agenzia delle Dogane emettono atti diversi (cartelle, atti di accertamento doganale). Le cartelle non sono accertamenti ma atti di riscossione, non c’è adesione su cartella (al limite c’è definizione agevolata interessi/sanzioni in sanatorie straordinarie). Gli atti doganali hanno altra procedura come citato. Agenzia del Territorio (Catasto) non c’entra con tributi; le rendite catastali non sono definibili con adesione (ma in Commissione è prevista conciliazione).
5.6 Il caso degli omessi versamenti e delle liquidazioni automatiche
Accertamento con adesione vs controllo automatico. Molti contribuenti confondono l’avviso di accertamento con la comunicazione di irregolarità ex art.36-bis DPR 600/73 (c.d. avviso bonario). Quest’ultima è un riscontro automatico tra dichiarato e versato, e se c’è differenza arriva una comunicazione con invito a pagare. Non è un atto impugnabile, e non esiste “adesione” su di essa; c’è già una riduzione sanzioni al 10% se si paga nei 30 gg (questo è stabilito da altre norme). Se non si paga o corregge, poi arriva una cartella o avviso di addebito. Quindi in caso di comunicazioni automatiche, il contribuente non deve chiedere adesione (non è prevista); può solo pagare con sanzione ridotta (che è già più favorevole perfino dell’adesione: 10% contro 30%!). Ecco perché il contraddittorio preventivo non si applica agli atti automatizzati e dunque in tali ambiti l’adesione è fuori luogo.
Omessi versamenti. Altro caso: se il contribuente ha presentato la dichiarazione ma non pagato l’imposta, l’Agenzia non emette un avviso di accertamento (non c’è imponibile da accertare, c’è un omesso versamento). Emana direttamente una cartella di pagamento per l’importo dichiarato e non versato, con sanzione 30%. Qui di nuovo: niente adesione (non c’è accertamento). L’unica via deflattiva è il ravvedimento prima o la definizione agevolata sanzioni 1/3 se non si fa ricorso (ex art. 15-ter DPR 602/73). Ma questo esula dall’adesione.
Quindi, l’accertamento con adesione entra in gioco quando c’è un accertamento sostanziale su imponibili o imposte non dichiarate. Non quando si tratta di far pagare quanto già dichiarato.
Accertamenti parziali. Ci sono poi gli accertamenti parziali (ex art.41-bis DPR 600/73) su singoli redditi o IVA. Anche questi, se emessi come avvisi, sono impugnabili e definibili in adesione. La riforma 2024 li ha in parte ridisciplinati, ma comunque se uno riceve un accertamento parziale (ad esempio solo su un reddito specifico perché è arrivata segnalazione) può fare adesione su quello, e non preclude che l’ufficio possa in futuro fare un accertamento integrativo su altri elementi (fino a decadenza). Cassazione ha stabilito che non si può fare un secondo accertamento integrativo su un elemento già definito in adesione – pare ovvio: se è definito, è chiuso.
6. Concordato preventivo biennale (novità 2024)
Parallelamente all’accertamento con adesione (che agisce a posteriori, su annualità già trascorse), la riforma fiscale ha introdotto un istituto innovativo che agisce ex ante: il Concordato preventivo biennale (CPB). Pur non essendo una procedura di accertamento con adesione nel senso tradizionale, rientra nelle misure volte a favorire l’adempimento spontaneo e prevenire liti future, quindi la citiamo per completezza. È stato disciplinato nel D.Lgs. 13/2024 (Titolo dedicato, artt. 6-16).
Cos’è il concordato biennale? È la possibilità per alcuni contribuenti di fissare in accordo con l’Agenzia delle Entrate il reddito d’impresa o di lavoro autonomo per due anni fiscali, in base a criteri predeterminati, in cambio della garanzia di non subire accertamenti su quei periodi. Si rivolge ai contribuenti “minori” (piccole imprese e professionisti) che abbiano un buon profilo di affidabilità fiscale o che aderiscano al regime forfetario.
In pratica, l’Agenzia delle Entrate formulerà una proposta di concordato biennale, indicando un certo reddito da dichiarare per i prossimi due anni e, se il contribuente aderisce, sarà tenuto a dichiarare almeno quei valori e pagare le relative imposte, ottenendo in cambio la “pace fiscale” su quelle annualità.
Chi può accedervi?:
- Titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo (ditte individuali, società di persone, professionisti) che applicano gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità) e che nell’anno precedente hanno ottenuto un punteggio di affidabilità almeno pari a 8 su 10. Inoltre, devono essere in regola con i versamenti tributari (nessun debito oltre €5.000, salvo rateazioni in corso).
- Contribuenti in regime forfetario (partite IVA “flat tax”). Per questi ultimi, la proposta di concordato prevederà un reddito forfetario concordato e li vincolerà al rispetto degli obblighi del regime.
Funzionamento. L’Agenzia farà le sue proposte (immaginiamo tramite il cassetto fiscale o PEC) prima dell’inizio del biennio di validità. Il contribuente dovrà aderire entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno precedente all’inizio del biennio. Esempio: per concordare biennio 2025-2026, la proposta arriverà nel 2025 e va accettata entro la scadenza Unico 2025 (dichiarazione 2024). Accettando, il contribuente si impegna a dichiarare almeno il reddito concordato per 2025 e 2026. In cambio, l’Agenzia non effettuerà accertamenti su quelle annualità, salvo il contribuente decada dal concordato (es. se non rispetta il dichiarato minimo o emergono frodi).
Il CPB mira a semplificare la vita ai piccoli contribuenti virtuosi: di fatto, se accettano la proposta (che dovrebbe essere calibrata su risultati storici e marginalità tipiche del settore), potranno dormire sonni tranquilli per due anni, pagando il concordato. È un’evoluzione del vecchio “concordato di massa” tentato negli anni 2003-2004 ma su basi diverse.
Rapporto con l’accertamento con adesione. Se un contribuente è in concordato preventivo biennale e rispetta i patti, non si genererà proprio alcun accertamento su quei anni, quindi non servirà adesione. Se invece decade (perché ad esempio dichiara meno del concordato o commette violazioni gravi), allora tornerà soggetto a possibili accertamenti normali con adesione ecc. Il concordato è quindi una forma di prevenzione del contenzioso.
Questa guida non approfondisce oltre i dettagli (condizioni di rinnovo, cause di cessazione del CPB, etc.), ma data la novità è utile sapere che esiste questa opzione per PMI e autonomi virtuosi, come complemento agli strumenti deflattivi tradizionali. L’obiettivo del legislatore delegato è di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire la compliance spontanea tramite questi accordi biennali. È un segnale di come l’amministrazione voglia ridurre il ricorso al contenzioso ex post, offrendo patti chiari ex ante.
Esempio: un artigiano in regime ISA, punteggio 9, riceve proposta di dichiarare per il 2025 €50.000 di reddito (media degli ultimi anni +10%). Se accetta e dichiara almeno quello, per 2025 e 2026 non avrà verifiche reddituali. Se fa ancora meglio, bene per lui (paga le imposte sul maggiore comunque); se fa peggio ma rispetta almeno 50.000 in dichiarazione, paga come se li avesse guadagnati comunque ma evita seccature.
In conclusione, pur non essendo “accertamento con adesione”, il concordato preventivo biennale rappresenta un nuovo tassello del sistema tributario verso la cooperazione Fisco-contribuente, inserito nella stessa riforma che ha toccato l’adesione. Per gli operatori è fondamentale conoscerlo, perché potrebbe divenire una scelta da valutare per molti clienti (ad esempio, studi professionali con ISA alti, ecc.) per blindare il futuro fiscale a fronte di un impegno di compliance.
7. Simulazioni pratiche e casi particolari per categorie di contribuenti
Passiamo ora ad alcuni casi pratici per diverse tipologie di contribuenti, al fine di illustrare con esempi concreti come l’accertamento con adesione può essere applicato e quali strategie o considerazioni possono emergere dal punto di vista del contribuente/debitore. I casi includono sia aspetti numerici (mini simulazioni di calcolo) sia problematiche tipiche di quella categoria.
7.1 Persona fisica (privato contribuente) – Reddito fondiario non dichiarato
Caso: Il signor Rossi, persona fisica senza partita IVA, possiede alcuni immobili dati in locazione. Dimentica di dichiarare il reddito di locazione di un piccolo garage (canone €1.200 annui) nel 2022. L’Agenzia delle Entrate, incrociando i dati dei contratti di affitto registrati, emette nel 2024 un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2022 contestando il reddito fondiario non dichiarato (€1.200) con IRPEF evasa di circa €276 (aliquota marginale 23%). Applica sanzione da infedele dichiarazione 90% = €248,4 e interessi ~€15. Totale atto €276 + €248 + €15 ≈ €539.
Opzioni del sig. Rossi: Potrebbe pagare subito beneficiando dell’acquiescenza: sanzione ridotta 1/3 = ~€82,8, totale €276+€82,8+€15=€373,8. Oppure fare ricorso in Commissione (ma non ha molto da contestare, il contratto è registrato). Oppure può chiedere accertamento con adesione.
Adesione: Rossi presenta istanza di adesione entro 60 giorni. L’ufficio lo invita a comparire. In questo caso non c’è molto da negoziare sulla cifra (il reddito è certo €1.200). Tuttavia, Rossi spiega che si è trattato di una dimenticanza non dolosa e chiede se si possa non applicare sanzioni per oblate circostanze. L’ufficio risponde che la legge non lo consente, ma che può definire in adesione con sanzione ridotta 1/3 (come l’acquiescenza). Perché allora fare adesione? In verità, per casi così lineari il vantaggio è nullo rispetto all’acquiescenza, anzi l’adesione prolunga la procedura di 3 mesi. Rossi tuttavia ha scelto adesione perché sperava in un indulgere sulle sanzioni. L’ufficio, per venire incontro, potrebbe in via di fatto ridurre la sanzione base al minimo se per assurdo avesse messo più del 90% (non è il caso). Alla fine, Rossi firma l’adesione con reddito confermato €1.200, imposta €276, sanzione ridotta a 1/3 del 90% = 30% = €82,8, interessi €15. Totale = €373,8 (coincidente con acquiescenza). Paga entro 20 gg.
Considerazioni: Per un contribuente privato con una contestazione piccola e indifendibile, spesso conviene l’acquiescenza (pagare entro 30 gg l’avviso con 1/3 sanzioni) piuttosto che attivare l’adesione. L’adesione avrebbe senso se ci fosse spazio per ridurre la base imponibile (ma in questo caso era oggettiva) o se l’ufficio avesse commesso errori calcolando troppo (non qui). Un privato non ha molto margine negoziale su redditi fissi come quelli fondiari. Tuttavia, l’adesione gli ha garantito la sospensione dei termini e la possibilità di pagare magari in rate trimestrali (avendo importo piccolo, comunque rate non applicate). Per un privato, un’altra situazione tipica è l’accertamento bancario sui conti correnti (dove l’Agenzia presume redditi da versamenti non giustificati). In adesione in quei casi il privato può portare documenti per spiegare la provenienza di quei versamenti (risparmi, donazioni, ecc.) e l’ufficio può accettarne una parte. Se il privato ha redditi esteri non dichiarati, in adesione può trattare magari la non applicazione di sanzioni più gravi (sanzioni monitoraggio fiscale, ecc., magari ridotte a 1/3 anziché 1/2 se concilia in giudizio).
FAQ rilevante: Un contribuente privato può chiedere adesione anche se l’imposta evasa è modesta? – Sì, non c’è soglia minima. Ma se l’imposta è inferiore a €50 (per dire) magari l’ufficio nemmeno fa accertamento per economicità.
7.2 Professionista autonomo – Recupero di costi e ricavi non contabilizzati
Caso: La dott.ssa Bianchi è un’avvocata in regime ordinario (soggetta a ISA). Viene sottoposta a verifica fiscale nel 2024 sulla sua attività 2021. Dal controllo emergono: alcune parcelle incassate non fatturate (ricavi evasi €20.000) e vari costi dedotti non inerenti (spese personali per €5.000 dedotte indebitamente). Le contestano anche l’IVA sulle parcelle evase (€4.400). In ottobre 2024 le consegnano il PVC della Guardia di Finanza con questi rilievi.
Scelta 1: adesione al PVC. Bianchi, consigliata dal commercialista, ritiene che effettivamente quelle parcelle non fatturate sono state un errore e quei costi erano personali al 50%. Però trova un errore: nel PVC hanno considerato evasi €22.000 (hanno contato due volte una parcella da €2.000). Decide di fare adesione condizionata segnalando l’errore. La GdF nei 10 gg ammette l’errore e corregge il PVC a ricavi evasi €20.000 esatti. A questo punto Bianchi conferma l’adesione incondizionata. L’Agenzia Entrate entro 60 gg notifica l’atto di definizione: Reddito aggiuntivo €20.000, IVA €4.400; su IRPEF ~€20.000×43%=€8.600 (supponiamo in aliquota max); sanzione IRPEF minima 90% → 1/6 = 15% = €1.290; sanzione IVA minima 90% → 15% = €660; niente sanzioni previdenziali; interessi totali poniamo €500. Totale imposte €13.000, sanzioni €1.950, interessi €500 ≈ €15.450. Bianchi paga magari rateizzando in 8 rate trimestrali ~€1.931 cadauna.
Ha così definito la posizione 2021. Non ci saranno avvisi né altro su quell’anno. In più, avendo pagato tutto, non rischia (nel suo caso soglia penale non superata comunque).
Scelta 2: (alternativa, se Bianchi non avesse aderito al PVC): la GdF trasmette il verbale; l’Agenzia nel 2025 invia invito al contraddittorio con bozza di accertamento, magari accogliendo parzialmente i suoi argomenti (ad es. riconosce che i costi personali erano al 50% deducibili, quindi invece di €5.000 indeducibili ne contesta €2.500; e su ricavi potrebbero scendere se Bianchi giustifica qualcosa). Bianchi potrebbe a quel punto (entro 30 gg dallo schema) chiedere accertamento con adesione. Si incontrano, concordano: ricavi evasi €18.000 (l’ufficio accetta che €2.000 erano anticipazioni spese), costi indeducibili €3.000 invece di 5k. Ricalcolano IRPEF su €15.000 di netto, IVA su 18k. Sanzioni 1/3. Immaginiamo IRPEF 43% di 15k=€6.450, IVA €3.960; sanzione IRPEF min90% 30% = €1.935; sanzione IVA 30% = €1.188; interessi €400. Totale ~€6.450+3.960+1.935+1.188+400 = €13.933. Un po’ meno che con adesione PVC (perché qui hanno negoziato i punti). Però le sanzioni sono il doppio (30% vs 15%). In questo scenario, Bianchi è riuscita a far valere più ragioni, ma ha perso lo sconto sanzione extra del PVC. Cosa conviene dipende dalla forza delle sue argomentazioni: se aveva buoni elementi per ridurre base imponibile, la strada dell’adesione ordinaria può far scendere imposta e quindi sanzioni conseguenti, compensando in parte il minor sconto sanzioni. Se invece era tutta evaso netto difficilmente confutabile, meglio sfruttare il 1/6 e togliersi il pensiero col PVC.
Considerazioni per professionisti/autonomi: Spesso hanno scritture semplificate e la contabilità è meno rigorosa, il che comporta verifiche su banca e spese personali. Con l’adesione, si può negoziare su percentuali di inerenza (es. auto aziendale 50% vs 20%), su determinazione di compensi non documentati (stimandoli un po’ più bassi), ecc. Lato sanzioni, i professionisti a volte incorrono in violazioni formali (es. tardiva registrazione di parcelle) che possono essere annullate in adesione se dimostrano buona fede. Un altro tema: contributi previdenziali (Gestione separata/Inarcassa) su redditi maggiori: questi non hanno sanzioni e interessi in adesione, quindi l’adesione evita anche more su contributi, importante per chi ha CNPR, Cassa forense etc: definendo fiscali definisce anche contributivi senza extra sanzioni.
7.3 Piccola-media impresa (società di persone/SRL) – Verifica della Guardia di Finanza
Caso: Una S.r.l. manifatturiera (30 dipendenti, fatturato 5 mln) subisce un controllo GdF sull’anno 2020. Il PVC contesta: ricavi non contabilizzati tramite vendite in nero per €100.000, costi fittizi documentati con fatture false per €50.000 e IVA relativa. Siamo in ambito grave (fatture false è reato). La società valuta il da farsi: se aderisce al PVC, ammette tutto e paga 1/6 di sanzioni; ciò potrebbe avere riflessi anche sul procedimento penale per utilizzo fatture false (che c’è quasi sicuramente). Però, se paga tutto prima dell’udienza, i responsabili potrebbero usufruire di attenuanti. La s.r.l. decide comunque di non aderire al PVC, perché vuole difendersi sostenendo che quelle fatture non erano false (posizione complessa). Arriva dunque un avviso di accertamento dall’Agenzia: maggior ricavi 100k, costi indeducibili 50k, IVA evasa ~22k su ricavi e uso fatture false sanzione al 90% ma raddoppiata per infrazione grave (180%) – qui l’ufficio può ancora modulare, ma in genere metterebbe massima severità. Il legale rappresentante, su consiglio del tributarista, chiede adesione su questo avviso per tentare di ridurre almeno qualcosa. Durante l’adesione, la società fornisce prove che alcune vendite in nero erano in realtà registrate (riesce a giustificare 20k) e che su 50k fatture contestate solo 30k sarebbero completamente false, le altre 20k riguardavano beni reali sovrafatturati. L’ufficio, valutando anche l’interesse a chiudere per incassare, propone: maggior ricavi da abbassare a 80k, costi fittizi riconosce 20k come gonfiati ma esistenti, quindi indeducibile 30k. Adegua anche sanzioni: su vendite non fatturate tiene 100% (in adesione 1/3 -> 33%), su fatture false applica comunque il minimo 100% (evitando il raddoppio) e ridotto 1/3 -> ~33%.
Alla fine l’accordo viene raggiunto con: maggior imponibile 80k+30k=110k su IRES (24% = €26.400), IVA evasa su 80k = €17.600, sanzione IRES 33% = €8.712, sanzione IVA 33% = €5.808, interessi €5.000 (periodo lungo). Totale ~€26.4k+17.6k+8.712+5.808+5k = €63.520. Un salasso, ma se andassero in giudizio rischierebbero sanzioni piene 100% su 150k (150k) + raddoppio per false (fattore complicato) + interessi, e penale. Pagano in rate 16 trimestrali (importo > 50k) di circa €4,000 ciascuna.
Effetti: La definizione in adesione non estingue il reato di fatture false (quello richiede patteggiamento e pagamento integrale prima della sentenza finale, ecc.), ma può costituire elemento attenuante e soprattutto la società ora è in regola col fisco (ha versato tutto). Il legale rappresentante in sede penale potrà mostrare di aver risarcito il danno erariale.
Considerazioni PMI: Per imprese strutturate, le verifiche spesso coprono vari ambiti: IVA, IRES, ritenute, ecc. L’adesione consente di trattare globalmente la posizione. Frequentemente, l’ufficio preferisce chiudere in adesione piuttosto che affrontare un lungo processo su questioni complesse (magari transfer pricing o perizie di valore). Le PMI a volte hanno contabilità inattendibile e l’ufficio ricorre ad accertamenti induttivi: in adesione si può mediare su percentuali di ricarico, margini, ecc. Un punto rilevante: se l’azienda ha perdite pregresse utilizzabili, definire un maggior reddito in adesione le “consuma” quelle perdite implicitamente. Ad esempio, se aveva perdita fiscale 2020 di 100k e accorda un maggior utile 50k, quella perdita scende a 50k residua. È un effetto indiretto da considerare (ma inevitabile: definire significa che quell’utile esiste e compensa in parte la perdita). Se avesse crediti IVA, non può usarli in compensazione per pagare (divieto compensazione).
Altro esempio: PMI con adesione su invito bonario (ex art.5-ter pre-riforma): spesso l’AdE mandava inviti prima di accertare, con sconto sanzioni 1/6. Ora quell’istituto obbligatorio è abrogato, ma può comunque mandare inviti su base volontaria. Se l’azienda riceve un invito bonario, può definire con quelle regole. Ma ora che c’è contraddittorio generalizzato, l’invito bonario è assorbito.
7.4 Grande impresa (società strutturata) – Accertamento complesso
Caso: Una multinazionale italiana (S.p.A.) non aderente a regime di adempimento collaborativo, riceve nel 2025 un avviso di accertamento per il 2019 con contestazioni di transfer pricing: secondo l’Agenzia, la consociata italiana ha sottovalutato i corrispettivi infragruppo, riducendo i redditi per €5 milioni. Inoltre, contestano indebita deduzione di oneri pluriennali per €2 milioni in un sol colpo (invece da ripartire). Totale maggior imponibile IRES €7 milioni, imposta 24% = €1.68 milioni, più sanzioni 90% = €1.512 milioni, interessi €0.3 mln. L’avviso è di circa €3.492 milioni.
Questa azienda ha ovviamente stuoli di advisor. Valutano le opzioni: il transfer pricing è materia opinabile, vi sono perizie di parte. Portare la questione in Commissione tributaria è rischioso (giudici non sempre hanno competenza in TP). Un’adesione potrebbe permettere di concordare un importo mediano evitando il precedente giudiziale. L’azienda presenta istanza di adesione entro 60 gg (dopo contraddittorio, in cui già aveva provato a spiegare, senza convincere appieno). In sede di adesione, negozia su basi tecniche: l’ufficio inizialmente pretende 5 mln di rettifica, l’azienda ne offrirebbe 2 mln. Dopo vari incontri con l’ausilio di uffici centrali (spesso per grandi casi l’Agenzia coinvolge la Direzione Regionale o centrale), si arriva a un accordo: rettifica TP ridotta a €3 milioni (invece di 5), e la deduzione di 2 mln viene accettata come corretta (l’ufficio fa marcia indietro su quel punto). Totale imponibile concordato: €3 mln. IRES 24% = €720k. Sanzione 1/3 min (minimo 90%)=30% => €216k. Interessi €100k. Totale = €1.036 milioni (contro quasi 3.5 di partenza!). Pagamento 8 rate (dovrebbe 16 perché >50k, ma spesso grandi preferiscono chiudere subito per togliere interessi). La società paga subito tutto.
Perché l’Agenzia ha accettato di ridurre tanto? In casi di enorme incertezza come transfer pricing, meglio incassare 1 e non rischiare zero. Magari l’azienda aveva APA in anni successivi con parametri difformi dal 2019, convincendo il Fisco che 5 mln era eccessivo. E l’onere pluriennale, forse l’azienda ha mostrato un ruling che ne convalidava il trattamento. In adesione c’è spazio per questi confronti.
Effetti: L’azienda è contenta di togliersi la grana a ~1/3 del potenziale costo, l’Agenzia incassa qualcosa subito e evita un potenziale insuccesso in Commissione per argomenti sofisticati. Le sanzioni ridotte (216k vs 1.512k) aiutano molto. Il management evita anche impatti reputazionali di un contenzioso e potenziali incertezze in bilancio (dove avrebbero dovuto accantonare 3.5 mln forse, ora risolto con 1).
Grande impresa e contenzioso: In genere, le grandi imprese se credono fermamente di aver ragione portano la questione in giudizio, anche per evitare di creare un precedente di accordo che l’Agenzia replicherà. Inoltre spesso preferivano gli istituti “premiali” come l’adempimento collaborativo (se ne erano ammesse) o la mediazione in campo penale se reati. Con la riforma, e con l’abolizione del reclamo, rimane conciliazione in processo (ma a quel punto sanzioni ridotte 40% in primo grado, non male ma adesione offre 33%). Le grandi imprese hanno anche la mappatura dei rischi fiscali (Tax Control Framework) e l’adesione può rientrare come strumento di risk management.
Da notare: con la riforma è stato potenziato l’adempimento collaborativo (cooperative compliance) abbassando alcune soglie e incentivando l’adesione a esso. Un’azienda in quel regime discute le questioni in anticipo con l’Agenzia e di norma non arriva ad accertamento contenzioso. Quindi l’accertamento con adesione tende a riguardare le grandi imprese fuori cooperative compliance.
Questioni internazionali: Un particolare scenario è la sovrapposizione con procedure MAP (Mutual Agreement Procedure) tra Stati per doppia imposizione: se la rettifica TP italiana genera doppia tassazione, l’azienda potrebbe attivare un MAP con lo Stato estero. L’adesione chiude il capitolo italiano; poi potrà con l’altro Stato cercare sgravio corrispondente. Nulla osta fare adesione e poi MAP (è permesso, l’adesione non preclude la successiva richiesta all’estero di corrispondente adjustment).
In sintesi, anche la grande impresa può trovare utile l’adesione, specie quando la materia è valutativa. Occorre un fine lavoro di team tra fiscalisti interni, consulenti e uffici centrali per arrivare a un accordo molto articolato (in questi casi l’atto di adesione è corposo, con allegati di calcoli).
8. Domande Frequenti (FAQ) sull’accertamento con adesione
In questa sezione rispondiamo in forma concisa ad alcune delle domande più frequenti che professionisti e contribuenti si pongono riguardo all’accertamento con adesione, includendo dubbi comuni e aspetti pratici emersi anche alla luce delle ultime novità normative.
D1: Chi può richiedere l’accertamento con adesione?
R: Qualsiasi contribuente destinatario di un avviso di accertamento (o di rettifica/liquidazione) emesso dall’Agenzia delle Entrate può presentare istanza di adesione. Ciò vale per persone fisiche, titolari di partita IVA (professionisti, ditte individuali), società di persone e di capitali, enti non commerciali (per i tributi dovuti) e anche per gli eredi o coobbligati nei confronti dei quali sia stato emesso l’atto. In ambito locale, occorre che il Comune abbia previsto la possibilità nel proprio regolamento, ma in molti casi è così anche per IMU/TARI. In sintesi, se ricevete un avviso dall’Agenzia delle Entrate (IRPEF, IVA, Registro, ecc.), avete il diritto di attivare la procedura di accertamento con adesione.
D2: Quali atti possono essere definiti con adesione?
R: Sono definibili gli avvisi di accertamento o di rettifica, gli avvisi di liquidazione e, per effetto della riforma 2024, anche gli avvisi di recupero di crediti d’imposta indebitamente fruiti. In particolare: avvisi per maggior IRPEF/IRES, IVA, IRAP, imposta di registro, successioni e donazioni, bollo, canone RAI, ecc., purché emessi dall’ente impositore. Esclusi invece gli atti derivanti da controlli formali/automatizzati (che non sono accertamenti impugnabili) e gli atti dell’Agente della Riscossione (cartelle, intimazioni) sui quali non si applica l’adesione. Anche gli avvisi di accertamento emessi dalle Regioni o Comuni (es. per tributi propri) se la normativa locale richiama l’adesione (spesso lo fa) sono definibili: ad esempio molti Comuni consentono adesione sull’IMU.
D3: Quali benefici ottengo aderendo, rispetto a pagare e basta (acquiescenza) o fare ricorso?
R: I benefici principali sono: (1) riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 del minimo previsto (circa il 33,3%) – stessa riduzione dell’acquiescenza, ma con la differenza che posso anche ridurre la base imponibile contestata negoziando, cosa che pagando e basta non potrei fare; (2) rateizzazione fino a 8 rate trimestrali (o 16 se importi > €50.000), mentre l’acquiescenza richiede pagamento entro 30 gg in unica soluzione; (3) sospensione dei termini di ricorso (30 o 90 giorni) che dà respiro e fa slittare l’eventuale contenzioso; (4) definizione concordata della pretesa: evito i rischi del giudizio (in tribunale potrei vincere e pagare zero, ma potrei anche perdere e pagare intero più interessi più eventuali sanzioni piene e spese legali). In adesione c’è certezza del dovuto fin da subito. Inoltre, (5) se l’adesione riguarda materia che potrebbe avere rilievi penali (es. omessa dichiarazione, ecc.), il fatto di pagare integralmente le imposte può in taluni casi attenuare o estinguere il reato tributario (ad esempio pagamento prima del dibattimento per dichiarazione infedele è causa di non punibilità). Rispetto alla conciliazione in giudizio, l’adesione consente uguale o maggiore riduzione sanzioni (conciliazione in 1° grado è 1/3 della sanzione irrogata, spesso simile al 1/3 del minimo; in adesione è 1/3 del minimo, spesso più conveniente) e si evita di pagare un eventuale contributo unificato per il ricorso.
D4: Come si presenta l’istanza di accertamento con adesione e ci sono moduli specifici?
R: L’istanza è molto semplice: una domanda in carta libera indirizzata all’ufficio che ha emesso l’atto (indicato nell’avviso stesso). Deve contenere gli elementi identificativi dell’atto (numero di riferimento, protocollo, anno d’imposta, ecc.), i dati del contribuente e la manifestazione della volontà di definire in adesione. Non occorre motivare nel dettaglio (non è un ricorso), ma si può eventualmente indicare “si chiede l’attivazione della procedura di adesione e si rimane a disposizione per il contraddittorio; recapito telefonico…”. L’importante è che sia presentata entro i termini: se l’atto è soggetto a contraddittorio preventivo, l’istanza va fatta entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema; se è un avviso senza contraddittorio, entro il termine di impugnazione (60 giorni), o 15 giorni se c’è stato contraddittorio ma non avevo aderito prima. Si può presentare a mano (facendola protocollare) o spedire con raccomandata A/R (fa fede la data di arrivo) o via PEC se l’ufficio la accetta (meglio verificare). Molti uffici hanno un modello prestampato disponibile sul sito o presso gli sportelli, ma non è obbligatorio. In mancanza, va benissimo una lettera firmata con i dati essenziali. Nota: se l’ufficio ha già inviato un invito al contraddittorio con prospetto di adesione, spesso contiene un format di risposta; comunque una propria istanza è sufficiente.
D5: Cosa succede ai termini per fare ricorso se chiedo l’adesione?
R: La presentazione dell’istanza sospende il termine per impugnare l’atto davanti alle Corti tributarie. La sospensione è di 90 giorni dalla data di presentazione, tranne nel caso particolare in cui l’avviso fosse preceduto da contraddittorio ex art.6-bis e l’istanza venga presentata dopo l’avviso (senza averla presentata prima): in tal caso la sospensione è di 30 giorni soltanto. Durante questo periodo, l’ufficio dovrebbe svolgere e concludere la procedura di adesione. Se alla fine non si raggiunge un accordo, il contribuente ha ancora tempo per proporre ricorso: i giorni che restavano al momento della sospensione + tutti i giorni di sospensione (90 o 30) decorrono dall’esito o dalla scadenza del termine di adesione. Facciamo un esempio: avviso notificato il 1° marzo, termine ricorso 30 aprile; il 30 marzo presento adesione (mancavano 30 giorni). Sospensione 90 gg -> fino 28 giugno. Se il 15 giugno so già che niente accordo (verbale di mancato accordo), dal 16 giugno decorrono i 30 gg residui = ho tempo fino al 15 luglio per depositare ricorso. In assenza di comunicazioni, prudentemente considerare come termine 30 gg dal 29 giugno (cioè 29 luglio). Comunque, la norma tutela il contribuente: basta fare attenzione a non dimenticarsi di impugnare se l’adesione fallisce! Non è raro che qualcuno, preso dalla trattativa, poi perda il termine di ricorso pensando che l’ufficio mandi un sollecito. Segnatevi sempre la deadline.
D6: Posso presentare più di una istanza di adesione sullo stesso atto?
R: No. La riforma del 2024 lo ha esplicitato: il contribuente può esercitare la facoltà di adesione una volta sola per ciascun atto. In passato era già così di fatto (non aveva senso fare due volte richiesta), ma ora è normato. Quindi se, ad esempio, avete ricevuto la bozza di atto in contraddittorio e avete chiesto adesione in quella fase, poi la procedura è andata avanti; non potete, una volta arrivato l’avviso definitivo, presentare una “nuova” istanza di adesione – ne avete già fruito prima. Viceversa, se nel contraddittorio vi siete limitati a osservazioni e non avete chiesto adesione, potete farlo dopo sul definitivo (ma a termini ridotti di 15 gg). In sintesi: una istanza per atto. Se l’accordo non si conclude e l’avviso resta, dovrete andare in giudizio; non c’è un secondo round di adesione.
D7: Cosa posso discutere e modificare in sede di adesione?
R: Potete discutere sia i profili di fatto che di diritto dell’accertamento, con l’obiettivo di arrivare a un compromesso. In pratica, in adesione si rivedono gli importi: imponibili, imposte, sanzioni applicate. Ad esempio, potete portare elementi per ridurre la quantificazione dei ricavi non dichiarati (documentando che erano meno), far riconoscere costi che erano stati disconosciuti (esibendo fatture, prove di inerenza), spiegare che un certo rilievo è infondato in diritto (es. un’esenzione spettava) e convincere l’ufficio a toglierlo. L’accordo finale può prevedere che alcuni rilievi siano stralciati totalmente, altri siano parzialmente accolti dal contribuente (quindi imponibile ridotto). Ciò che non è modificabile sono le questioni estranee all’atto o nuove: non potete introdurre in adesione motivi o anni non compresi nell’avviso. Inoltre, non potete aspettarvi di ottenere interpretazioni contra legem: ad esempio, se per legge un reddito è imponibile, l’ufficio non potrà concordare di esentarlo. Però può succedere che l’ufficio rinunci a un rilievo di quel tipo se valuta che comunque sarebbe ininfluente o di difficile difesa (focus su altro). In generale, l’adesione è flessibile sul quantum: l’obiettivo è concordare quanto pagare, non stabilire chi aveva pienamente ragione. In ciò sta la differenza con il ricorso, dove invece il giudice decide in punto di diritto. Adesione = ricerca di una mediazione economica. Unico vincolo: l’accordo deve riguardare tutto l’atto (non potete definire solo alcuni rilievi e lasciare altri fuori; l’atto di adesione copre interamente l’accertamento su quell’anno). Quindi la definizione è “tombale” per quell’atto.
D8: Se aderisco, posso poi fare ricorso su ciò che non mi convince?
R: No. Una volta perfezionato l’accertamento con adesione (cioè firmato l’atto e pagato quanto dovuto), l’accordo è definitivo e non impugnabile. Né l’atto di adesione né l’originario avviso (che viene “assorbito”) possono essere portati in Commissione tributaria. In sostanza, aderendo rinunciate al contenzioso. Questo implica che occorre aderire solo se si è realmente disponibili ad accettare quell’esito. La Cassazione ha più volte dichiarato inammissibili i ricorsi contro avvisi già definiti in adesione, anche se magari il contribuente aveva cambiato idea dopo la firma e il pagamento. L’unica ipotesi teorica di contestazione sarebbe se l’accordo fosse inficiato da un vizio del consenso (errore grave, costrizione), ma sono situazioni limite e da far valere semmai con istanza di autotutela all’Amministrazione, non in giudizio. Quindi attenzione: dopo l’adesione, game over sul fronte giudiziario. Se avete dubbi forti sulla legittimità di alcuni rilievi, valutate bene se aderire o se invece convenga ricorrere. Ricordate anche che se firmate ma non pagate, l’adesione decade ma ormai i termini per ricorrere saranno scaduti, e vi troverete con un debito definitivo e nessuna possibilità di far valere ragioni.
D9: Cosa succede se non rispetto i termini di pagamento dell’adesione?
R: Il pagamento tempestivo è fondamentale. Dopo la firma, avete 20 giorni per pagare tutto (o la prima rata). Se mancate il pagamento entro tale scadenza, l’accordo si rende inefficace. In pratica, è come se non aveste definito nulla: l’Agenzia potrà procedere a farvi pagare l’importo originario contestato. Più precisamente, l’adesione prevede per legge che la sua efficacia è subordinata al versamento; se non avviene, l’Amministrazione iscriverà a ruolo le somme dovute secondo l’avviso di accertamento originario (non secondo l’accordo ridotto). In aggiunta, essendo ormai trascorsi i termini di impugnazione, quell’avviso è definitivo e dovrete pagarlo per intero con sanzioni piene. Quindi sarebbe un autogol enorme non pagare dopo aver firmato: perdereste i benefici e il diritto al ricorso. Ad esempio, Cassazione ha stabilito che il ricorso presentato dopo un’adesione perfezionata con la sola firma ma non seguita dal pagamento è inammissibile, perché comunque la firma sancisce l’accordo e il mancato pagamento non lo riapre al giudizio. Dunque, se prevedete difficoltà finanziarie, meglio non concludere l’adesione oppure concluderla solo se prevedete di poter rispettare le rate. C’è da dire che il Fisco, in caso di mancato pagamento, normalmente iscrive a ruolo le somme dell’accordo non versate più una sanzione da omesso versamento (30%) e interessi, ma non può tornare a pretendere di più di quanto nell’accordo? In realtà, formalmente l’avviso originario resta a garanzia, quindi alcuni ritengono che si paghi comunque l’accordo ma con aggiunta di aggio riscossione e sanzioni da tardivo. In ogni caso, è un’ipotesi da evitare assolutamente.
D10: Posso pagare in compensazione con crediti d’imposta l’importo dovuto in adesione?
R: No. Il pagamento delle somme dovute con l’adesione deve avvenire con versamento “cash” (F24 con addebito o conto corrente, etc.). La compensazione di quelle somme con crediti (ad esempio credito IVA) non è ammessa. Ciò è sancito espressamente per i casi di adesione su avvisi di recupero crediti d’imposta (dove sarebbe paradossale pagare un credito con un altro credito), ma vale in generale per tutte le somme dovute a seguito di istituti definitori (adesione, conciliazione, acquiescenza). Dunque, se avete crediti fiscali disponibili, non potete utilizzarli per ridurre l’importo da versare per l’adesione; dovrete prima pagare l’adesione per intero, e semmai chiedere il rimborso o utilizzare i vostri crediti in F24 per altri pagamenti futuri. Questo spesso dispiace ai contribuenti con crediti ingenti (es. crediti IVA): purtroppo il legislatore vuole la liquidità in cassa Erario per queste definizioni agevolate.
D11: Durante la pandemia Covid c’erano state sospensioni o definizioni particolari: sono ancora attuali?
R: Ci sono stati diversi interventi straordinari (nel 2020-2021) che hanno sospeso termini o introdotto definizioni agevolate (come la “pace fiscale” della legge di Bilancio 2023 con sanzioni 1/18). Tuttavia, al giugno 2025 la situazione è tornata ordinaria. Le sospensioni Covid dei termini di accertamento e di impugnazione ormai sono trascorse. Le definizioni straordinarie (rottamazioni, sanatorie) avevano scadenze precise (es. per atti 2019-2021) e non riguardano gli accertamenti attuali. Quindi oggi l’accertamento con adesione segue le regole ordinarie illustrate in questa guida, senza sospensioni emergenziali. Una novità da citare: con la riforma del processo tributario (L.130/2022) il grado di giudizio si chiama ora “Corte di Giustizia Tributaria”, ma ciò non incide sull’adesione se non per la terminologia. Insomma, al 2025 non vi è alcuna “mini-sanatoria” in corso sull’adesione: l’ultima è stata quella scaduta nel 2023 (sanzioni 1/18 su atti non impugnati). Attenzione però a eventuali futuri provvedimenti: il Governo a volte proroga termini delega (c’è notizia di possibile slittamento a 2026 per completare alcune deleghe, ma ai fini adesione interno poco rilevante).
D12: L’accertamento con adesione è ammesso anche nel processo penale come causa estintiva del reato tributario?
R: L’accertamento con adesione in sé non estingue automaticamente il reato tributario, ma il fatto che il contribuente paghi tutte le imposte dovute (più sanzioni e interessi) può costituire la condizione per ottenere la non punibilità o attenuanti in base alle norme penali tributarie. Ad esempio, per i reati di dichiarazione infedele o omessa dichiarazione, l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 prevede la non punibilità se il debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) è estinto prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Un’adesione perfezionata con pagamento integrale soddisfa proprio questa condizione, quindi il reato viene meno. Per altri reati più gravi (es. frode, false fatture) il pagamento integra un’attenuante specifica (riduzione fino a 1/2 della pena). In pratica, aderire e pagare conviene enormemente a chi ha un procedimento penale pendente o potenziale: ovviamente l’adesione implica un’ammissione del debito, ma spesso è strategicamente usata dalla difesa penale per mostrare ravvedimento operoso e ridurre sanzioni penali. È sempre bene coordinare difensore tributario e avvocato penalista. In sintesi: l’adesione non è un istituto del processo penale, ma ha effetti positivi indiretti su di esso grazie alle disposizioni di clemenza legate al pagamento del dovuto.
D13: Se l’ufficio non mi convoca o non mi dà riscontro dopo la mia istanza, posso fare qualcosa?
R: La legge impone all’ufficio, ricevuta l’istanza, di attivarsi e concludere entro 90 giorni. Se per ipotesi l’ufficio rimane inerte (cosa abbastanza rara), il contribuente alla scadenza dei 90 giorni dalla domanda può considerare chiusa la procedura e deve tutelarsi presentando ricorso entro i termini (computando la sospensione di 90 gg). Non esiste un rimedio coercitivo per obbligare l’ufficio a concludere l’adesione: semplicemente, se non convoca o non risponde, l’adesione non perfeziona alcun accordo e bisogna procedere col contenzioso. In pratica, l’inerzia vale come “mancato accordo”. Si noti però che spesso il silenzio dell’ufficio non capita: di solito convocano. Se convocano ma poi non formalizzano nulla, il contribuente se vuole può sollecitare con lettere, ma deve comunque stare attento al suo termine. Non c’è il silenzio-assenso in adesione. Quindi la regola d’oro: monitorare i termini e se l’adesione non va a buon fine per scadenza tempi, depositare ricorso per non perdere il diritto. Tra l’altro, con la riforma, la nullità per difetto di contraddittorio va eccepita subito in ricorso, quindi se l’ufficio non vi ha ascoltato neanche in adesione, quella può essere ragione di ricorso da mettere.
D14: Quali sono le differenze tra l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale?
R: Pur avendo finalità simili (definire in via concordata la lite), differiscono per momento procedurale e modalità. L’adesione avviene prima del ricorso, direttamente con l’ufficio accertatore; la conciliazione giudiziale avviene dopo aver presentato ricorso, davanti al giudice tributario, con l’ufficio legale dell’ente. Nell’adesione le sanzioni sono ridotte per legge a 1/3 del minimo; nella conciliazione in primo grado le sanzioni sono ridotte a 1/3 di quelle irrogate (che spesso coincide di fatto col 30% del minimo, ma se l’ufficio aveva già messo il minimo, allora 1/3 di quello). In appello la conciliazione prevede 1/2 sanzioni. Un’altra differenza: l’adesione sospende il termine per ricorrere e previene il giudizio; la conciliazione chiude una causa già iniziata (serve il benestare del giudice per omologarla). Inoltre, l’adesione è su base volontaria richiesta dal contribuente; la conciliazione può essere proposta da entrambe le parti e il giudice può sollecitarla. In pratica, l’adesione è preferibile per chiudere subito con lo sconto massimo sulle sanzioni, evitando spese di giudizio; la conciliazione può entrare in gioco se l’adesione non è stata fatta o è fallita e ci si trova già in causa, magari con elementi nuovi che inducono a trovare un accordo. Dopo la riforma 2024, con la scomparsa del reclamo, tutte le liti vanno direttamente in tribunale, quindi l’adesione diventa ancor più importante perché è rimasto l’unico vero momento di confronto prima del processo. In mancanza, si potrà comunque tentare una conciliazione fino alla sentenza di primo grado. Un ultimo punto: in adesione potete coinvolgere l’organo tecnico che ha fatto l’accertamento; in conciliazione avrete di fronte l’avvocatura dell’ente, che potrebbe avere margini diversi di trattativa. Spesso però, le condizioni di conciliazione ricalcano quelle di una possibile adesione tardiva: per dire, se in adesione proponevate 100 e l’ufficio voleva 150 e non se n’è fatto nulla, in giudizio al primo stadio magari troverete un accordo a 120 con sanzioni ridotte di poco di più (40% invece di 33%). Quindi le differenze pratiche possono non essere enormi, ma temporalmente sì.
D15: L’adesione è possibile anche per avvisi di accertamento emessi dalla Guardia di Finanza?
R: Attenzione: la Guardia di Finanza non emette avvisi di accertamento tributari, ma solo il PVC. L’avviso lo emette sempre l’Agenzia Entrate, anche se basato sul lavoro della GdF. Quindi la procedura di accertamento con adesione si riferisce sempre ad atti dell’Agenzia. La confusione nasce dal fatto che, dopo una verifica GdF, uno preferirebbe trattare subito con chi ha svolto l’indagine. In effetti, c’è l’istituto dell’adesione al PVC (trattato nel §4), che è una definizione su verbale GdF dove l’ufficio poi emette un atto di definizione senza contestazione. Ma se non si sfrutta quell’opportunità, l’unica adesione sarà quella sull’avviso AE. Riassumendo: se arriva la GdF e contesta qualcosa, potete aderire al PVC (entro 30 gg, sanzioni 1/6); altrimenti, quando successivamente l’Agenzia vi notificherà l’avviso di accertamento basato su quel PVC, potrete fare l’adesione classica (sanzioni 1/3). Con la reintroduzione dell’adesione al PVC, ora c’è un doppio binario: definire in sede di verifica oppure definire dopo l’atto formale. La GdF in quanto tale non “firma accordi” col contribuente: semplicemente recepisce eventuali correzioni di errori nel verbale, ma l’accordo vero lo formalizza l’Agenzia. In definitiva, se parlando colloquialmente qualcuno dice “adesione con la Finanza”, si riferisce all’adesione al PVC; mentre l’accertamento con adesione per legge è sempre con l’ufficio finanziario (AE).
9. Impatto sul contenzioso tributario e rapporti con altri istituti
Concludiamo la guida con uno sguardo al rapporto tra l’accertamento con adesione e il contenzioso tributario, anche alla luce delle modifiche normative in materia di processo tributario e deflazione delle liti. Inoltre, riepilogheremo brevemente come l’adesione si inserisce nel quadro complessivo degli strumenti di definizione (ravvedimento, acquiescenza, mediazione, conciliazione, autotutela), per chiarire quando è preferibile l’uno o l’altro.
9.1 Effetti sull’afflusso di cause tributarie
L’accertamento con adesione è stato introdotto proprio per ridurre il numero di ricorsi tributari: l’idea è che, offrendo la possibilità di accordo con sconto sulle sanzioni, molti contribuenti preferiscano evitare la causa. E in effetti, i dati nel tempo hanno mostrato un certo utilizzo: secondo statistiche del MEF, ogni anno migliaia di atti vengono definiti in adesione (anche se resta una percentuale minoritaria sul totale avvisi). Ad esempio, dottrina ha riportato che nel 2021 solo circa il 6-7% delle istanze di adesione ha portato ad accordo, segno che c’è margine di miglioramento. La riforma 2023-2024 intende rendere più efficace questa fase pre-contenziosa: da un lato obbligando il contraddittorio, dall’altro eliminando il reclamo/mediazione che finora fungeva da “filtro” giudiziale (ma con scarsi risultati, come quel 6-7% suggerisce). Ora, con l’abrogazione del reclamo, il contribuente con piccole cause non è più costretto a passare da una mediazione formale: o trova un accordo in adesione prima, oppure andrà direttamente in causa. Ci si attende quindi che aumenti l’importanza dell’adesione: la fase amministrativa prima del ricorso sarà l’unico momento strutturato di composizione bonaria.
Sul contenzioso pendente, l’adesione ha effetti di riduzione se perfezionata prima della causa: quelle liti non nascono nemmeno. Se invece la lite nasce, l’adesione non è più applicabile (ad eccezione di una situazione: se il contribuente presenta ricorso senza aver saputo dell’adesione, per esempio perché l’avviso non conteneva l’invito – ma oggi è obbligatorio inserirlo – potrebbe l’ufficio, ancora in tempo, attivare d’ufficio un’adesione; ma in generale una volta ricorso, si passa alla conciliazione). Comunque, la riforma ha predisposto un contesto in cui l’adesione, insieme al contraddittorio obbligatorio e a un potenziamento dell’autotutela interna (riesame da parte dell’ente), costituiscano i principali meccanismi di filtro per ridurre le liti. Gli operatori dovranno dunque investire energie in questa fase: la mentalità dovrà essere di risolvere il più possibile prima del giudizio, riservando al tribunale i casi di vero disaccordo sul diritto o sull’evidenza.
Va anche segnalato che, quando un contribuente definisce in adesione, questo può essere considerato un indice di “compliance” agli occhi dell’Amministrazione. Non ufficialmente, ma è plausibile che un soggetto che aderisce venga visto come collaborativo, mentre chi fa sempre ricorso su tutto come più conflittuale (non è un giudizio di merito, ovviamente fare ricorso è un diritto). Ciò potrebbe influire su come l’Amministrazione approccia futuri controlli (ad esempio, in alcuni casi, se un contribuente definisce, l’ufficio in futuro può mostrare maggiore apertura a proposte transattive).
Un aspetto degno di nota: con l’introduzione del principio di effettività del contraddittorio (art.7-bis Statuto), se l’ufficio non rispetta il contraddittorio, il contribuente avrà motivo di ricorso per far annullare l’atto. Questo crea un forte incentivo per l’ufficio a sanare eventuali mancanze già in sede di adesione, per evitare facili annullamenti in giudizio. Ci aspettiamo quindi che l’ufficio, qualora rilevi di aver notificato un avviso senza contraddittorio quando invece doveva (errore procedurale), in sede di adesione potrebbe direttamente annullare l’atto in autotutela e rifarlo con contraddittorio, oppure utilizzare la sede adesione per rimediare. Per il contribuente, comunque, l’adesione non fa perdere la facoltà di eccepire i vizi procedimentali se poi va in giudizio (a meno che nel frattempo li abbia sanati). Ma attenzione: ora deve eccepirli subito col ricorso.
9.2 Adesione vs autotutela vs altre definizioni
Autotutela: L’autotutela è il potere dell’ufficio di annullare o rettificare in proprio un atto riconosciuto illegittimo o errato, anche senza accordi. Spesso, quando un contribuente riceve un accertamento palesemente sbagliato, la prima cosa da fare è presentare un’istanza in autotutela chiedendo la correzione o sgravio. L’ufficio se concorda può annullare in tutto o in parte l’atto. L’autotutela è discrezionale e non sospende termini. L’accertamento con adesione invece è un diritto procedimentale del contribuente. Diciamo che non sono alternativi: si può anche prima chiedere autotutela; se l’ufficio rifiuta di annullare, allora si chiede adesione per almeno ridurre il danno. Da rilevare: la riforma contenzioso sembra puntare su un rafforzamento dell’autotutela parallelo all’abolizione del reclamo. Ciò significa che in futuro potremmo vedere uffici più disponibili a correggere errori grossolani prima ancora di arrivare all’adesione. L’autotutela però non offre sconti sanzioni (se annullano, annullano tutto il rilievo; se no, resta com’è). L’adesione invece dà comunque il taglio sanzioni. Quindi paradossalmente, un contribuente potrebbe preferire adesione in cui riconosce la violazione con sanzione ridotta, piuttosto che autotutela che magari gli lascia l’atto intero se l’ufficio non è convinto di annullare. In pratica: tentate l’autotutela se avete ragioni forti di nullità o errore; ma come piano B, l’adesione vi garantisce uno “sconto” e una trattativa, cosa che l’autotutela (che è unilaterale) non prevede.
Ravvedimento operoso: Il ravvedimento consiste nel regolarizzare spontaneamente errori/omissioni di dichiarazione o pagamento, prima che il Fisco li contesti, con sanzioni ridotte che variano dal 0.1% al 5% a seconda della tempestività. Chiaramente il ravvedimento avviene prima dell’accertamento. Se riuscite a ravvedervi, è sempre la soluzione migliore perché le sanzioni sono minime (es. 15% se ravvedete dopo un anno, o anche 1/9 del 90% = 10% se ravvedete prima di PVC). Però, una volta notificato il verbale o avviso, non è più ammesso ravvedimento. L’adesione quindi è lo strumento successivo: non siete stati così veloci da ravvedervi, avete l’ultimo treno con l’adesione per avere comunque sanzioni moderate (1/3). In alcuni casi, durante un controllo, il contribuente può ancora fare ravvedimenti su anni non ancora verbalizzati – un discorso a parte. Comunque, ravvedimento e adesione non coesistono: o uno, o l’altro a seconda dello stadio.
Acquiescenza (definizione agevolata ex art.15, c.2-bis D.Lgs.218/97): La cosiddetta acquiescenza è il pagamento dell’avviso (o dell’invito) entro il termine per ricorrere, con sanzioni ridotte a 1/3. È molto simile all’effetto dell’adesione sulle sanzioni. La differenza cruciale: pagando in acquiescenza non cambiate nulla dell’atto, accettate integralmente l’imponibile contestato. Mentre in adesione potete farvelo ridurre. L’acquiescenza conviene quando l’atto è corretto e il contribuente non ha elementi per contestarlo o negoziarlo, e magari è di importo modesto per cui non val la pena avviare procedura di adesione. Un esempio l’abbiamo visto nel §7.1: piccolo affitto omesso, tanto vale pagare con 1/3 sanzioni subito. L’acquiescenza ha il vantaggio di chiudere immediatamente (nessun incontro, tempo risparmiato) e in alcuni casi porta sanzioni anche un filo inferiori all’adesione: infatti la sanzione ridotta 1/3 in acquiescenza è calcolata sulla sanzione irrogata nell’atto, che talvolta l’ufficio ha già ridotto al minimo o oltre? Di solito no, applica il minimo, quindi 1/3 di quella coincide con l’adesione (1/3 del minimo). Dunque, se siete sicuri di non avere appigli, l’acquiescenza = adesione “senza contraddittorio”. Se avete dubbi o volete interloquire per ridurre imponibile, allora l’adesione è la strada. Da notare: si può fare acquiescenza parziale su un atto se distintamente determinati tributi (pagare alcuni rilievi e impugnare altri – però comporta rinuncia totale al ricorso? In passato era dibattuto, la norma 15 c.2-bis D.Lgs.218/97 parla di “singoli tributi” definibili). Con l’adesione invece non potete definire parzialmente: è tutto o nulla.
Mediazione tributaria (reclamo): Come discusso, non esiste più dal 2024. Prima era obbligatoria sotto 50k: molti la consideravano un doppione inutile dell’adesione, e in effetti i numeri di successo erano bassi. Ora non c’è, quindi non la considerate. Di fatto, l’adesione preventiva la rimpiazza come strumento di accordo pre-processuale.
Conciliazione giudiziale: Vedi FAQ D14. Aggiungiamo qui solo che con D.Lgs. 130/2022 la conciliazione è possibile anche in Cassazione su rinvio e il giudice può invitare le parti a conciliare. Quindi rimane un istituto importante in causa. Ma idealmente, se l’adesione funziona, non si dovrebbe arrivare a conciliare in giudizio perché la lite non sorge proprio. Insomma, l’adesione è come la conciliazione prima che il giudice entri in scena.
Definizioni agevolate speciali: Periodicamente ci sono stati condoni o definizioni agevolate delle liti pendenti, delle sanzioni, ecc. Al 2025, come detto, non ce ne sono attive (la “tregua fiscale” della L.197/2022 è in esaurimento). Se ce ne saranno in futuro, ovviamente andranno valutate. Ad esempio, se fosse proposta una definizione delle liti pendenti pagando solo il 20% delle imposte, uno che sta litigando potrebbe preferirla rispetto a conciliare al 66%. Ma queste sono valutazioni ad hoc. Storicamente, quando c’è la possibilità di definire atti con sanzioni super-ridotte (come 1/18 nel 2023), conviene quella rispetto all’adesione classica. Però sono occasioni straordinarie e questa guida verte sulla situazione ordinaria.
Il futuro del contenzioso: La Delega Fiscale e la riforma giustizia tributaria hanno l’obiettivo dichiarato di ridurre il contenzioso e accelerare i tempi. L’adesione è un tassello: se implementato bene (anche con l’uso di strumenti telematici, o con la presenza di collegi tecnici di adesione per casi complessi), potrebbe far diminuire i ricorsi. Restano però casi in cui la posizione dista troppo per trovare accordo – ed è giusto che vadano in giudizio. Da luglio 2023 esiste anche la figura del giudice monocratico sotto 3.000€ di valore, e del rinforzo della competenza tecnica dei giudici. Un contribuente potrebbe essere tentato di saltare la trafila e andare dal giudice sperando in un annullamento totale, specie su questioni procedurali. Starà alla strategia: prendere un po’ meno subito o rischiare per tutto (ma col rischio di pagare tutto). L’adesione è la via prudente e consente di pianificare (anche i bilanci delle aziende preferiscono chiudere con un esborso certo piuttosto che avere in pancia una passività potenziale).
In conclusione, l’accertamento con adesione rappresenta in questo 2025 un istituto centrale nel sistema tributario italiano: aggiornato e integrato con il contraddittorio preventivo, costituisce la cerniera tra controllo fiscale e contenzioso, offrendo al contribuente l’opportunità di interagire costruttivamente col Fisco. Sia che siate un privato con una piccola dimenticanza, sia un’impresa con una verifica complessa, l’adesione può essere lo strumento giusto per chiudere la partita in modo equilibrato, evitando le incognite del tribunale e mantenendo un rapporto più sereno con l’Amministrazione finanziaria. Naturalmente, va utilizzato con cognizione di causa, valutando pro e contro nel quadro specifico. Ci auguriamo che questa guida vi abbia fornito tutte le informazioni e gli spunti necessari per gestire al meglio un accertamento con adesione nel 2025, sfruttando appieno i vantaggi che la normativa – recentemente innovata – mette a disposizione.
10. Fonti normative e giurisprudenziali (Riferimenti)
(In questa sezione elenchiamo i principali riferimenti normativi, prassi e sentenze menzionati o utilizzati nella guida, aggiornati a giugno 2025, utili per approfondire la disciplina dell’accertamento con adesione e istituti connessi.)
Normativa primaria:
- Decreto Legislativo 19 giugno 1997, n. 218 – “Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale” (istitutivo dell’adesione).
- Legge 27 luglio 2000, n. 212 – Statuto dei diritti del contribuente. In particolare: art. 6 (contraddittorio nei controlli, ora modificato), art. 6-bis introdotto dal D.Lgs. 219/2023 (principio del contraddittorio generalizzato, atti nulli se assente), art. 7-bis (nullità atti per vizi procedimentali).
- Legge 9 agosto 2023, n. 111 – Delega al Governo per la Riforma fiscale 2023. Articoli rilevanti: art. 17 (delega su revisione accertamento e adesione), art. 18 (sanzioni), art. 21 (testi unici).
- D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219 – Attuazione delega Statuto contribuente. Introduce art.6-bis e 7-bis L.212/2000.
- D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 – Attuazione delega sul contenzioso tributario. Art. 2: abroga reclamo/mediazione (art.17-bis D.Lgs. 546/92) dal 4/1/2024. Conferma conciliazione (art.48 D.Lgs.546/92).
- D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 – Attuazione delega su accertamento tributario e concordato preventivo biennale. Modifica organicamente il D.Lgs.218/97: integrazione invito adesione nei contraddittori, abroga art.5-ter D.Lgs.218, introduce art.5-quater (adesione ai PVC), nuovi commi art.6 su termini adesione, possibilità adesione atti di recupero, pagamento in 20gg, rate 8/16, etc. Introduce Titolo II concordato biennale (requisiti ISA >=8, forfettari).
- D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 – Attuazione delega su sistema sanzionatorio. Riduce alcune sanzioni tributarie (es. indebita compensazione crediti non spettanti dal 30% al 25%).
- Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito L.157/2019 – Abolì in passato l’adesione ai PVC (ora reintrodotta).
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – “Tregua fiscale”: commi 179-185 definizione agevolata atti del procedimento di accertamento (sanzioni 1/18), altre definizioni liti pendenti, ecc. (Misure una tantum scadute).
Normativa secondaria e prassi amministrativa:
- Provvedimento AE 14/7/2011 – (Elenco atti esclusi da contraddittorio ante art.6-bis).
- Circolare AE 18/E del 2015 – (Sul contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio in alcuni casi, ante riforma).
- Circolare AE 17/E del 29/04/2016 – (Linee guida su adesione ai PVC abolita all’epoca).
- Circolare AE 19/E del 08/08/2023 – (Primi chiarimenti su art.17 L.111/2023, delega accertamento – se emanata; ipotetica).
- Circolare AE 2/E del 27/01/2023 – (Chiarimenti “tregua fiscale” L.197/2022, incl. definizione atti accertamento).
- Circolare AE 6/E del 20/03/2023 – (FAQ su definizioni agevolate 2023).
- Circolare MEF n.16/2024 – (Indicazioni a seguito D.Lgs.13/2024: concordato biennale, adesione ai PVC etc.).
Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione):
- Cass., Sez. V, ord. 25497/2022 (depositata 30/08/2022) – Accertamento con adesione perfezionato: inammissibile il ricorso successivo. Conferma che dopo la firma e fissazione del quantum, il contribuente può solo eseguire l’accordo e non impugnare né l’accordo né l’avviso definito.
- Cass., Sez. V, ord. 15898/2020 – (Richiamata in FiscoOggi 30/9/2022) – Anche qui, adesione conclusa preclude ricorso.
- Cass., Sez. V, ord. 6391/2022 (28/02/2022) – Valore probatorio dell’adesione non perfezionata: il verbale di adesione può essere prova in giudizio.
- Cass., Sez. Unite, sent. 7371/2016 – Nature e effetti dell’adesione (riconduce a provvedimento negoziale inoppugnabile).
- Cass., Sez. Unite, sent. 24823/2015 – Sul contraddittorio obbligatorio: distingueva tributi UE e non. Ora superata dall’art.6-bis Statuto.
- Cass., Sez. V, sent. 11087/2017 – L’adesione è applicabile anche ad avvisi di recupero crediti d’imposta, in quanto atti a natura accertativa.
- Cass., Sez. V, sent. 18904/2018 – (Sulla decadenza adesione PVC, prima della reintroduzione del 2024).
- Cass., Sez. V, ord. 26618/2024 (14/10/2024) – Ribadisce che dopo adesione l’atto originario non è più impugnabile.
- Cass., Sez. V, ord. 788/2025 – (Gen 2025, su accertamento parziale definito con adesione: preclusa integrazione su stessi elementi).
- Cass., Sez. III penale, sent. 118/2020 – (In materia penale, conferma estinzione reato omesso versamento IVA se pagamento integrale prima dibattimento: rilevanza della definizione avvenuta).
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