Debiti Verso Fornitori: Cosa Fare

Hai accumulato debiti verso fornitori e non riesci più a saldarli nei tempi previsti? Ti arrivano solleciti di pagamento, telefonate sempre più insistenti o minacce di sospensione delle forniture? Ti stai chiedendo come uscirne prima che la situazione peggiori?

I debiti verso fornitori sono tra i primi segnali di crisi aziendale. Quando non riesci più a pagarli regolarmente, il rischio di blocco operativo o perdita di fiducia commerciale è altissimo. Ma esistono soluzioni, purché si intervenga con tempestività.

Cosa puoi fare, concretamente, se non riesci a pagare i tuoi fornitori?

Il primo passo è non ignorare il problema. Saltare i pagamenti senza comunicare genera solo tensioni e chiusure. Invece, è fondamentale parlare subito con i creditori, spiegare la situazione e cercare una soluzione concordata. In molti casi, i fornitori accettano dilazioni o piani di rientro, se vedono buona fede e una proposta concreta.

Ma se i debiti sono numerosi o i creditori iniziano a minacciare azioni legali?

In questi casi è utile valutare strumenti più strutturati, come:

  • la composizione negoziata della crisi, che consente di trattare in via riservata con i creditori, con l’assistenza di un esperto indipendente;
  • un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologabile dal tribunale e vincolante anche per i creditori non aderenti;
  • il concordato minore, se la crisi è avanzata ma l’attività può essere salvata.

E se non si fa nulla?

Il rischio è che i fornitori ricorrano al decreto ingiuntivo o al pignoramento, compromettendo la continuità dell’impresa. O che ti segnalino alle banche, bloccando ogni possibilità di accesso al credito. Ecco perché è fondamentale agire subito e con l’aiuto di un professionista.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi, ristrutturazione aziendale e rapporti commerciali – ti spiega come affrontare i debiti verso fornitori, quali soluzioni adottare in base alla gravità della situazione e cosa possiamo fare per aiutarti a recuperare la fiducia dei creditori e rimettere in equilibrio la tua azienda.

Hai debiti aperti con fornitori e vuoi evitare contenziosi o interruzioni nei rapporti commerciali? Vuoi costruire un piano per saldare i debiti senza bloccare l’attività?

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Debiti verso fornitori: cosa fare

I debiti verso i fornitori costituiscono un problema ricorrente per molte imprese, specie in periodi di crisi economica. Dal punto di vista del debitore, è fondamentale conoscere i propri diritti e doveri civili, commerciali e le eventuali implicazioni penali connesse all’inadempimento delle obbligazioni di pagamento. La guida seguente, aggiornata a giugno 2025, offre un’analisi approfondita dei diversi profili e degli strumenti pratici di gestione del debito verso fornitori, con esempi concreti, tabelle comparative, FAQ tipiche e fac-simili operativi.

Profili civilistici dei debiti verso fornitori

In base all’art. 1218 c.c., il debitore è tenuto a eseguire l’obbligazione secondo le modalità convenute (ad es. pagamento di fatture alla scadenza stabilita). Un ritardo nel pagamento fa scattare di norma l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora (art. 1282 c.c. integrato dal D.Lgs. 231/2002), salvo che le parti abbiano pattuito termini diversi o tassi. In pratica, se il fornitore invia fattura e non viene contestata, il termine di pagamento decorre dalla sua ricezione e, dopo 30 o 60 giorni (a seconda del contratto e della normativa sui ritardi di pagamento), gli importi scaduti producono interessi legali. Dal punto di vista contrattuale, l’inadempimento del debitore (mancato pagamento) consente al fornitore, previo costituzione in mora, di esercitare il diritto di risoluzione del contratto per inadempimento (art. 1453 c.c.) o di richiedere in via giudiziale il pagamento, anche mediante decreto ingiuntivo. Come osserva SOS Debitori, la firma di un piano di rientro con riconoscimento del debito può essere usata dal fornitore per ottenere un decreto ingiuntivo in caso di mancato versamento delle rate.

In termini di adempimento dell’obbligazione, il debitore deve avere attenzione ai limiti formali: una fattura non contestata nei termini diventa “liquida ed esigibile” di pieno diritto (art. 1282 c.c.), e quindi il credito del fornitore è certo e può produrre interessi. Qualora vi sia contestazione del bene o servizio, il debitore può sospendere il pagamento fino alla soluzione della controversia, ma ciò non esonera dalla presenza di un accordo scritto in caso di ricognizione o nuova dilazione. In assenza di accordi (p.es. piano di rientro), il debitore resta obbligato al pagamento integrale, e il fornitore potrà agire giudizialmente (ing. o esecuzione forzata). Infine, il debitore deve tenere conto delle normative anti-ritardo (direttive UE recepite con i D.Lgs. 231/2002 e 192/2012) che impongono termini certi e interessi di mora maggiorati in caso di gravi ritardi (soprattutto nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, ma in parte applicabili anche a imprese).

Profili commerciali dei debiti verso fornitori

Sul piano commerciale e gestionale, i debiti verso fornitori rientrano nelle passività dello stato patrimoniale (voce “Debiti verso fornitori” ai sensi dell’art. 2424 c.c.) e inficiano la solidità finanziaria dell’azienda. Un eccessivo incremento di queste posizioni può essere indicativo di crisi d’impresa. Secondo il Codice della crisi (CCII, D.Lgs. 14/2019 e succ.), l’incapacità di far fronte alle obbligazioni ordinarie (come i pagamenti dei fornitori) è un indice di squilibrio economico-finanziario. In casi gravi, gli amministratori hanno l’obbligo di agire: ad es., in base all’art. 2476 c.c. comma 6, rispondono verso i creditori sociali (quindi anche i fornitori) se trascurano di preservare l’integrità del patrimonio aziendale tale da rendere insoddisfatti i creditori. Ciò significa che un continuo accumulo di debiti insoluti può obbligare gli amministratori a valutare soluzioni alternative (ristrutturazioni, ricorso a procedure concorsuali) per evitare il fallimento.

Sul piano contabile, ogni strumento di rientro del debito avrà un impatto specifico. Ad esempio, come vedremo, accordi di transazione che riducono il debito originano nel bilancio del debitore una “sopravvenienza attiva” (utile straordinario) pari allo sconto ottenuto. Il debitore dovrà quindi annotare la chiusura del debito ad un valore inferiore rispetto a quello iniziale. In sintesi, la gestione dei debiti commerciali incide direttamente sul bilancio aziendale, e ogni strumento applicato (dilazione, transazione, ecc.) richiede adeguate registrazioni contabili (es. si riduce il saldo del debito e si rileva la differenza nel conto economico o nel patrimonio netto).

Profili penali dei debiti verso fornitori

Il semplice ritardo nei pagamenti di per sé non è reato. Tuttavia, il comportamento del debitore può assumere rilevanza penale se accompagnato da condotte fraudolente o illecite. Come spiega AvvocatiCartelleSattoriali, alcuni esempi tipici di “debito che diventa penale” sono la truffa (art. 640 c.p.), quando si ottiene una fornitura o un finanziamento fingendo solvibilità, o l’insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.), quando si contraggono debiti senza la reale volontà di pagarli. In particolare, la truffa aggravata prevede 1-5 anni di reclusione, mentre l’insolvenza fraudolenta fino a 2 anni.

In ambito societario, se l’azienda fallisce, va valutata la banca rotta fraudolenta (artt. 216 e segg. L.F.): ad es., l’occultamento di beni, la distrazione di fondi o la falsificazione delle scritture contabili possono integrare il reato di bancarotta fraudolenta (pene fino a 10 anni). Anche atti come l’emissione di assegni scoperti (art. 116 R.D. 1736/1933) o la sottrazione fraudolenta di beni per sottrarsi a pignoramenti (art. 11 D.lgs. 74/2000) possono sanzionare penalmente comportamenti scorretti del debitore. È essenziale, quindi, agire sempre in buona fede: per esempio non falsificare documenti e non trasferire beni a prestanome per eludere i creditori. In conclusione, se il debitore dimostra onestà e collabora (per esempio proponendo soluzioni negoziali con i fornitori), difficilmente verrà coinvolto penalmente. Al contrario, comportamenti occultativi o dolosamente lesivi (intasare i fornitore senza pagare quando si poteva, nascondere ricavi, ecc.) possono dar luogo a denunce e indagini penali.

Strumenti di gestione del debito

Piano di rientro (dilazione) – Si tratta di un accordo transattivo con il creditore (fornitore) che rinegozia i termini di pagamento: il debitore propone di pagare il debito residuo con modalità rateali o posticipate diverse da quelle originarie. In pratica viene modificata la scadenza originaria dell’obbligazione (tipicamente spostandola in avanti con più rate). Il nuovo piano può essere formalizzato in una scrittura privata che contiene i dati delle parti, la descrizione del debito, l’ammontare complessivo, il numero e la scadenza delle rate concordate, nonché la clausola di rinuncia del creditore ad agire durante il piano. Il debitore riconosce quindi il debito storico (ricognizione) ma ottiene concessioni (es. sospensione del precetto, interessi più leggeri). Secondo la giurisprudenza, un piano di rientro può assumere natura transattiva se la nuova dilazione deriva da reciproche concessioni finalizzate a risolvere una controversia. In tal caso, il debitore rinuncia espressamente a far valere eccezioni precedenti: per esempio, “l’azione di ripetizione dell’indebito” diventa improponibile. Il piano può anche avere effetti novativi (estintivi dell’obbligazione originaria) se il nuovo accordo è incompatibile con il rapporto passato. Ad esempio, se il fornitore accetta di cancellare il debito residuo e il debitore paga una somma forfettaria, il contratto originario può considerarsi estinto e sostituito dal nuovo accordo.

Figura: Esempio di stipula di un accordo di dilazione (piano di rientro) tra debitore e creditore, con riconoscimento scritto del debito pregresso e nuova ripartizione in rate.

Vantaggi e svantaggi: il piano di rientro consente di evitare contenziosi e ritardi esecutivi (il creditore ottiene comunque le somme, benché differite) e di preservare il rapporto commerciale. È un atto volontario e flessibile. Tuttavia il creditore non è obbligato ad accettare qualsiasi proposta e il debitore deve essere certo di poter rispettare il nuovo piano: in caso contrario, il vantaggio viene meno (il creditore può revocare gli impegni e far rivivere le pretese originarie). Inoltre, le rate non pagate potranno comunque essere oggetto di ingiunzione giudiziaria da parte del fornitore. È consigliabile stilare il piano con l’assistenza di un professionista, soprattutto per crediti rilevanti o complessi.

Accordo transattivo – In senso generale, una transazione è il contratto con cui le parti fanno reciproche concessioni per porre fine o prevenire una lite (art. 1965 c.c.). Applicato al debito verso fornitori, significa che debitore e creditore concordano lo stralcio di una parte del debito (o un altro vantaggio) in cambio di un pagamento immediato o rateizzato della parte residua. In pratica, il fornitore accetta di rinunciare a una quota del credito originario, estinguendo definitivamente il rapporto debitorio con un quid differente. Dal punto di vista civilistico, come rileva Fisco&Tasse, “l’accordo transattivo produce l’estinzione delle rispettive partite (debito e credito), con conseguente rilevazione in bilancio di una sopravvenienza attiva per il cliente e di una perdita su crediti per il fornitore”. Dal lato del debitore, ciò si traduce in un utile straordinario (sopravvenienza attiva) pari alla differenza tra debito nominale e importo effettivamente pagato.

Vantaggi e svantaggi: l’accordo transattivo “a saldo e stralcio” permette al debitore di risparmiare una parte consistente del debito, e al fornitore di recuperare subito almeno qualcosa evitando procedure esecutive. La transazione chiude definitivamente il rapporto ed evita contenziosi. Tuttavia, anche qui serve consenso del fornitore; il debitore deve offrire una proposta credibile e “sostenibile” per convincere il creditore ad accettare il taglio. Occorre inoltre fare attenzione agli aspetti contabili e fiscali: il debitore registrerà un utile straordinario da riduzione di debito. Di regola la transazione è formalizzata per iscritto (anche verbali possono bastare, ma sempre meglio un contratto scritto) e si conclude con il pagamento concordato. Sottoscrivendo l’accordo, il debitore rinuncia irrevocabilmente a contestare ogni addebito riguardante il debito estinto tramite la transazione. Per il fornitore, dal punto di vista fiscale, la perdita su crediti subita può essere dedotta solo se sussistono “elementi certi e precisi” (ad esempio la dimostrazione della difficoltà economica del cliente).

Saldo e stralcio – Strumento affine alla transazione, il saldo e stralcio consiste nell’accordo con cui il debitore paga al creditore una somma inferiore al debito originario, con estinzione definitiva del debito medesimo. In pratica il debitore ottiene uno “sconto” sul debito complessivo. Il debitore estingue il debito pagando quanto concordato, e il creditore registra una perdita su crediti. Come descrive DebitConsulting, il saldo e stralcio è “un accordo tra debitore e creditore per il quale il debitore corrisponde al creditore una somma inferiore a quanto inizialmente dovuto, stralciando una parte dell’importo”.

Vantaggi e svantaggi: il vantaggio principale per il debitore è l’abbattimento del debito (spesso si risparmia il 30‑50% o più). Il creditore ottiene subito una somma e chiude la partita. Tuttavia, il debitore deve essere certo di poter pagare la somma concordata; in caso di mancato pagamento l’accordo perde efficacia e il creditore potrà rivalersi sul debito originario, come spiega DebitConsulting. Infatti, l’accordo di saldo e stralcio non ha novatività: se il debitore non rispetta i nuovi termini, il creditore può far tornare in vita l’intero credito originario e pretendere il saldo integrale. Inoltre, come per ogni transazione, serve il consenso del fornitore. Questo strumento va proposto nel momento giusto: spesso conviene solo quando il creditore vuole evitare le lungaggini legali e il debitore ha tempo di eseguire un pagamento ridotto, per esempio in prossimità della decadenza dei termini di prescrizione o ingiunzione.

Rinegoziazione dei termini contrattuali – In molti casi le parti possono semplicemente rivedere i termini del contratto originario con i fornitori. Ad esempio, modificare formalmente la data di pagamento del contratto di fornitura (con atto scritto integrativo), o prevedere penali contrattuali ridotte. Ciò avviene spesso in combinazione con i piani di rientro o accordi transattivi: ad esempio, un fornitore potrebbe accettare un nuovo tasso d’interesse sul debito scaduto o la dilazione extra senza chiudere definitivamente il credito (in attesa di futuro pagamento integrale). Questi accordi, se documentati, contribuiscono a evitare contenziosi e a migliorare il merito di credito aziendale. Tali modifiche contrattuali non richiedono procedure speciali, ma vanno sempre formalizzate per iscritto e annotate in contabilità.

Accordi di ristrutturazione del debito (strumenti concorsuali) – Sebbene spesso si cerchi di risolvere i debiti verso fornitori in modo stragiudiziale, in situazioni di crisi profonda esistono strumenti giuridici più strutturati: l’accordo di ristrutturazione dei debiti previsto dal Codice della Crisi d’Impresa (artt. 57-64 CCII). Si tratta di un contratto negoziale tra l’imprenditore in crisi e una parte qualificata dei creditori (di norma almeno il 60% dei debiti totali) che ristruttura i debiti dell’impresa. Una volta sottoscritto e omologato dal tribunale, vincola anche i creditori dissenzienti e dispone efficacemente la riorganizzazione dei debiti (rateizzazioni a lungo termine, sconti, conversioni di debito in equity, ecc.). Rispetto agli strumenti precedenti, l’accordo di ristrutturazione ha efficacia concorsuale (es. blocca le azioni esecutive dei creditori – automatic stay), ma lascia ampia autonomia alle parti. In pratica è un “concordato stragiudiziale” volto a salvare l’impresa garantendo la continuità aziendale. Dal punto di vista del debitore, richiede un piano industriale serio e il consenso (impegnativo) di una maggioranza qualificata dei creditori. Vantaggio: diluisce l’esposizione debitoria e spesso prevede il pieno pagamento dei creditori non aderenti entro termini certi, consentendo all’impresa di evitare il fallimento. Svantaggi: è complesso, serve consulenza legale/tecnica, richiede trasparenza contabile e la deliberazione del tribunale per l’omologazione; richiede l’adesione della maggioranza e talvolta l’intervento di un professionista attestatore.

Esempi e casi pratici

Per comprendere meglio, consideriamo alcuni casi ipotetici italiani.

  • Caso 1 (PMI manifatturiera). L’azienda Alfa S.r.l. ha debiti scaduti verso tre fornitori diversi: 50.000€, 30.000€ e 20.000€; il suo cash-flow mensile è modesto. Il titolare propone a ciascun fornitore un piano di rientro di 24 mesi senza interessi supplementari, ripartendo l’esposizione in rate minori. Il primo fornitore accetta lo schema e rinuncia a qualsiasi azione nei prossimi 2 anni. Gli altri due contestano parte della fornitura, quindi Alfa propone un’ulteriore transazione: al secondo fornitore paga 20.000€ subito e il residuo come rata unica dopo 1 anno (azzerando interessi), al terzo paga in 12 rate mensili di 1.800€ (scontando 3.600€). Tutti tre firmano accordi scritti (un contratto integrativo nel primo caso, due transazioni nel secondo e terzo caso). Grazie a questi accordi, Alfa evita decreti ingiuntivi e pignoramenti immediati. In contabilità registra: debiti verso fornitori ridotti (percorso conversivo) e sopravvenienze attive (utile straordinario) di 3.600€ (la parte stralciata).
  • Caso 2 (servizio in crisi). La società Beta S.p.A. fornisce servizi ai grandi clienti pubblici. A causa di ritardi nei pagamenti della PA, Beta si trova a sua volta in difficoltà a saldare i fornitori di materie prime (creditori comuni a più imprese). Beta attiva un piano di rientro con il suo principale fornitore, ottenendo una dilazione di 12 mesi sul debito di 100.000€. Il fornitore chiede come garanzia la cessione di un crediti verso la PA (compensazione); dopo un anno, la PA paga Beta che a sua volta estingue il debito residuo. Qui il piano di rientro si è trasformato anche in cessione di crediti (art. 1260 c.c.), ed è stato fondamentale documentarlo per evitare contestazioni (il debitore ha riconosciuto il debito originario ed è stato salvato dalla transazione).
  • Caso 3 (impresa agricola fallibile). La cooperativa agricola Gamma attraversa seri problemi di liquidità. Per non innescare la liquidazione giudiziale, presenta un accordo di ristrutturazione del debito (art. 57 CCII) con i propri fornitori di sementi e attrezzature. Con l’omologa del tribunale, ottiene un allungamento dei debiti e l’esclusione temporanea delle azioni esecutive dei creditori. I fornitori, stipulando l’accordo, rinunciano implicitamente a richiedere interessi di mora e accettano un pagamento a lungo termine. Grazie a questo strumento “concorsuale”, Gamma riesce a superare la crisi evitando il fallimento. (Questo esempio rispecchia scenari reali in cui agriturismi o cooperative italiane in stato di crisi hanno approfittato delle nuove discipline di ristrutturazione preventiva.)

Tabelle riepilogative degli strumenti

StrumentoDefinizioneEffetti principaliVantaggi (Debitore)Svantaggi / Rischi
Piano di rientroNuovo accordo scritto di dilazione tra debitore e fornitore, con rateazione dell’importo dovuto.Modifica temporanea (dilazione) del debito originario. Può includere riconoscimento del debito (ricognizione).Mantiene il debito “vivo” ma posticipa i pagamenti. Evita azioni giudiziali immediate.Se non rispettato, il fornitore può far rivivere il credito originario (decreto ingiuntivo). Richiede fiducia reciproca.
Transazione (contrattuale)Contratto ex art. 1965 c.c. con concessioni reciproche per estinguere il debito.Estinzione definitiva del debito, con stralcio di parte del credito. Produce utile straordinario (sopravv. attiva) per il debitore.Riduce l’esposizione complessiva (paghi meno). Chiusura certe delle posizioni.Necessita accordo del fornitore. Il debito ridotto è definitivo e non richiedibile. Può avere impatti fiscali sul reddito del debitore (utile da sopravvenienza).
Saldo e stralcioForma di transazione semplificata: il debitore paga meno del dovuto per estinguere il debito.Somma minore corrisposta, saldo completo del debito; l’accordo sostituisce l’originario ma non lo estingue formalmente.Consente grosse economie (es. 30-50% di riduzione del debito) e chiude immediatamente il rapporto.L’accordo non è novativo: se non paghi, il debitore resta obbligato come prima. Il creditore può rifiutare la proposta.
Rinegoziazione debitiGenerica revisione consensuale dei termini contrattuali (es. nuova scadenza, modifiche tassi).Modifica formale dei termini (p.es. nuovi piani di pagamento) mantenendo il contratto originario.Flessibile e realizzabile senza formalità complesse. Può ridurre oneri (es. sospensione penali)Serve comunque l’approvazione del fornitore. Il debito rimane tecnicamente intero, con obbligo di onorarlo.
Accordo di ristrutturazione (Art. 57 CCII)Procedura stragiudiziale con omologazione del tribunale per ridurre e ristrutturare i debiti.Riduce esposizione debitoria e ratifica un piano di pagamento. Blocca le azioni dei creditori aderenti (automatic stay).Protegge l’azienda da fallimento: consente piani finanziari pluriennali e impegni sui pagamenti.Complessa: richiede maggioranze qualificate (almeno 60% dei crediti totali). Necessita del coinvolgimento attivo del tribunale e, in genere, di tecnici (advisor, revisori).

FAQ – Domande frequenti dei debitori

  1. Cosa succede se non pago i fornitori? Se ometti il pagamento entro i termini, il fornitore può prima inviarti una diffida di pagamento e poi agire legalmente. Può ottenere un decreto ingiuntivo contro di te per far valere il credito (S.O.S Debitori conferma che, una volta firmato un piano di rientro, il creditore può usarlo per ottenere l’ingiunzione in caso di mancato pagamento). Il debitore deve pertanto sempre contattare i fornitori in difficoltà, per evitare di subire pignoramenti o protesti.
  2. Posso negoziare un accordo senza l’aiuto di un avvocato? Sì, è possibile trattare direttamente con il fornitore (specialmente se piccolo), ma si consiglia prudenza. Gli accordi scritti (piani di rientro, transazioni, ecc.) hanno effetto vincolante: qualsiasi clausola inserita (p.es. rinuncia alle eccezioni) opera con l’efficacia di un contratto. Affidarsi a un esperto legale assicura che l’accordo sia formulato correttamente e che i vostri diritti siano tutelati. In particolare, quando il debito è rilevante, il professionista eviterà clausole ingannevoli e garantirà che l’accordo non sia auto-danneggiante.
  3. Devo pagare gli interessi di mora? In genere sì: ogni giorno di ritardo vale un interesse supplementare stabilito dalla legge o dal contratto. Dal 2002 l’Italia ha normato gli interessi di mora (art. 1282 c.c. e D.Lgs. 231/2002): attualmente l’interesse di mora è il tasso BCE + 10 punti (salvo il limite superiore stabilito dai decreti ministeriali). I fornitori spesso inseriscono clausole penali o interessi ultralegali (p.es. 2% mensili). Il debitore può proporre la riduzione di questi interessi nel contesto di un piano di rientro, ma deve proporre una contropartita (es. garanzie o rate aggiuntive). Attenzione: l’inosservanza del pagamento degli interessi può far decadere i patti, ma solitamente il fornitore agisce subito solo sul capitale e dopo persistenza in mora chiede anche gli interessi.
  4. Cosa comporta firmare un piano di rientro o un accordo transattivo? Firmare un piano di rientro implica riconoscere il debito pregresso e accettare nuovi termini: il debitore viene vincolato a rispettare il nuovo piano. Se il piano è qualificato come transattivo, alcune eccezioni (es. nullità del contratto originario) vengono rinunciate definitivamente. Firmando un accordo transattivo a saldo e stralcio, il debitore si impegna a pagare la somma pattuita e – una volta assolte tutte le rate – estingue il debito residuo al netto dello sconto. In entrambi i casi, è consigliabile conservare le prove di pagamento e ogni comunicazione col fornitore per evitare contestazioni future.
  5. Cosa succede se l’azienda ha troppi debiti per reggere un accordo amichevole? Se l’esposizione supera le possibilità di rientro privatistico, l’impresa deve valutare strumenti di legge per la crisi d’impresa. Ad esempio, può valutare un accordo di ristrutturazione del debito (art. 57 CCII) con una parte dei creditori o, nel caso di impresa non soggetta a fallimento (piccole imprese, datori di lavoro o professionisti), piani di rientro stabiliti dal Tribunale ex Legge 3/2012. Questi percorsi hanno effetti “concorsuali” di protezione verso tutti i creditori, ma richiedono procedure complesse. Il consiglio è di attivarsi prima che lo stato di insolvenza si aggravi troppo, coinvolgendo eventualmente un professionista che esplori le soluzioni disponibili.
  6. Cosa può fare un fornitore se non mi paga? Il fornitore può innanzitutto inviare una richiesta formale di pagamento, poi ottenere un decreto ingiuntivo dal tribunale (sulla base di fatture e contratti) e infine procedere a pignoramenti (conto corrente, beni, stipendi). Può inoltre trattenere merci o servizi finché non viene soddisfatta la fattura. Se dimostra che l’azienda è in crisi, può anche chiedere che il tribunale disponga l’apertura di una procedura concorsuale (liquidazione giudiziale) per recuperare i propri crediti. Il debitore deve quindi evitare di accumulare troppi pagamenti scaduti, per non accelerare queste azioni da parte dei fornitori.
  7. Devo comunicare formalmente ai fornitori di essere in difficoltà? Non esiste un obbligo formale legale di informare i fornitori quando si è in crisi (tranne che il legislatore impone agli amministratori di segnalare la crisi al tribunale). Tuttavia, dal punto di vista pratico è saggio anticipare i problemi: una comunicazione trasparente può facilitare accordi bonari. Molte relazioni commerciali si basano su fiducia: un imprenditore che spiega ai fornitori di avere un temporaneo problema di liquidità e propone una soluzione (p.es. dilazioni) è più credibile di chi tace finché gli atti vengono spediti.
  8. Gli amministratori rischiano qualcosa penalmente o civilmente se non pago i fornitori? Dal punto di vista civilistico, gli amministratori non rispondono di per sé perché la società non paga (occorre un comportamento illecito). Ciononostante, secondo l’art. 2476 c.c. comma 6, i creditori (fornitori compresi) possono agire contro gli amministratori in solido se essi violano i doveri di conservazione del patrimonio, cagionando l’insufficienza patrimoniale. Significa che se i dirigenti hanno compiuto atti dolosi o colposi di dissipazione patrimoniale (ad es. distrazione di risorse, frodi) che hanno determinato il mancato pagamento dei creditori, possono essere chiamati a rispondere in solido. In campo penale, gli amministratori rischiano invece accuse di bancarotta fraudolenta o appropriazione indebita, ma solo se emergono evidenti condotte fraudolente (vedi la sezione penale). In sintesi, l’inerzia in caso di disastro economico può far scattare responsabilità verso i fornitori, ma è necessario un comprovato nesso di causalità tra mala gestione e danno al patrimonio aziendale.

Fac-simili e modelli utili

  • Proposta di piano di rientro (lettera al fornitore). Egregi Sig. [Nome Fornitore], con la presente desideriamo proporre un piano di rientro relativo al Vostro credito di €[importo] scaduto il [data]. La nostra società [Nome Debitore] si trova in una temporanea fase di difficoltà di liquidità a causa di [es. ritardo di incassi dai clienti/straordinaria imprevista]. Al fine di evitare ritardi esecutivi, proponiamo di onorare il debito residuo con [numero] rate mensili di €[quota] ciascuna, a partire da [data]. In allegato trovate il nostro piano di rientro con le scadenze dettagliate. In cambio ci impegniamo a saldare puntualmente le rate concordate; chiederemmo in tal senso la Vostra cortese rinuncia a procedure esecutive sino a [data finale di pagamento]. Restiamo a disposizione per ogni chiarimento. Confidando nella Vostra comprensione, porgiamo distinti saluti.
  • Accordo transattivo (a saldo e stralcio). CONTRATTO DI TRANSIZIONE TRA [Cliente/Debitore] E [Fornitore/Creditore]: Il giorno //__ in [luogo], tra [Debitore], C.F./P.IVA …, e [Fornitore], C.F./P.IVA …, si conviene quanto segue: 1) Il Debitore riconosce un debito di €[importo] scaduto il [data]. 2) Il Fornitore accetta di stralciare €[quota] di tale debito, riconoscendo come saldo la somma di €[importo-Quota] (pagabile come sotto). 3) Il Debitore si obbliga a versare l’importo residuo di €[importo-Quota] entro il [data unica / o n rate]. Al pagamento di tale somma si estingue definitivamente il debito. 4) Il Debitore rinuncia a ogni pretesa (compresa nullità o inesistenza del rapporto originario) riferita a questa posizione debitoria. Le parti dichiarano che questo accordo estingue ogni reciproca pretesa relativa al debito di cui sopra. In fede, [firme].
  • Lettera di rinegoziazione dei termini contrattuali. Gentile [Nome Fornitore], con la presente proponiamo formalmente di rinegoziare il contratto n. [x] del [data], modificando le scadenze di pagamento in modo seguente: la fattura di [importo] del [data] verrà saldata in [es. tre] rate mensili senza interessi aggiuntivi, alle seguenti date: [date]. Eventuali sconti o penali esistenti vengono modificati/revocati in base a questo piano. Confidiamo che tale soluzione consenta a entrambe le parti di proseguire proficuamente il rapporto. Rimaniamo in attesa di un Vostro riscontro e restiamo disponibili per un incontro chiarificatore. Cordiali saluti, [Firma].

Tutti i modelli di cui sopra devono essere adattati alla situazione specifica (nomi, cifre, date) e sottoscritti da entrambe le parti. È consigliabile allegare copia dei documenti che giustificano la proposta (es. bilanci, budget di cassa) per maggiore trasparenza.

Normativa di riferimento e giurisprudenza

  • Codice Civile: obbligazioni (artt. 1218 ss. adempimento), interessi (art. 1282 c.c. e D.Lgs. 231/2002), contratto di transazione (art. 1965 c.c.), compravendite/fornitura (art. 1470 e ss. c.c.), bilancio (art. 2424 c.c. – voce Debiti verso fornitori). Responsabilità degli amministratori verso i creditori (art. 2476 c.c., comma 6).
  • Legge Fallimentare/Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019): procedure di Accordo di Ristrutturazione del Debito (artt. 57-64 CCII), concordato preventivo, piani attestati (art. 56 CCII, già art. 67 L.F.), transazione fiscale (art. 182-bis L.F. ora art. 63 CCII).
  • Legge 3/2012 – Sovraindebitamento (ora in parte codificata nella parte speciale CCII): soluzioni liquidatorie/per ristrutturazione per soggetti non fallibili (piani consumatore, accordo 5 ter, liquidazione del patrimonio). Nota: questa legge si applica a imprese di minori dimensioni e persone fisiche, non alle società commerciali.
  • Normativa sui ritardi di pagamento: D.Lgs. 231/2002 (attua la Direttiva 2000/35/CE) e successive modifiche (D.Lgs. 192/2012) che disciplinano termini di pagamento e interessi moratori nelle transazioni commerciali (soprattutto rapporti PA-imprese, ma anche B2B).
  • Penale: art. 640 c.p. (truffa), art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta), art. 2 D.lgs. 74/2000 (sottrazione fraudolenta alle imposte), art. 116 R.D. 1736/33 (assegni scoperti), artt. 216-218 L.F. (bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale).
  • Giurisprudenza (aggiornata a 06/2025): fra le pronunce rilevanti citate vi sono la Sentenza del Trib. Napoli 18/09/2023 n.8483 (che ha esaminato la responsabilità degli amministratori per debiti verso fornitori) e la Sentenza Corte d’Appello di Venezia 06/02/2024 n.250 (che ha confermato la natura transattiva di un piano di rientro banca-cliente, rendendo improponibili le opposizioni esplicitamente rinunciate nel piano). Altre fonti minori (corti di merito e Cassazione) riconoscono validità ai piani di rientro purché convenuti da entrambe le parti e precisano i confini tra ricognizione del debito (atto riconoscitivo, art. 1988 c.c.) e vera transazione con rinuncia (art. 1965 c.c.).

Fonti

  • Tribunale di Napoli, sez. impresa, sentenza 18/09/2023 n.8483 (commento su DirittoBancario.it).
  • Corte d’Appello di Venezia 06/02/2024 n.250 – sentenza su piano di rientro: commento MFLaw, “Sulla natura transattiva del piano di rientro…”.
  • Ministero del Lavoro/Codice Civile, art. 2476 c.c., comma 6 (responsabilità degli amministratori verso i creditori).
  • Normativa europea: Direttiva 2011/7/UE e recepimento D.Lgs. 192/2012 sui termini di pagamento.

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