Cosa Rischiano I Soci Di Una SRL In Liquidazione?

Hai una partecipazione in una SRL in liquidazione e ti stai chiedendo cosa comporti per te, come socio? Hai il timore che i debiti della società possano ricadere sul tuo patrimonio personale, oppure che ci siano rischi legali anche se non sei l’amministratore?

Quando una società a responsabilità limitata entra in fase di liquidazione, non significa automaticamente che tutto sia perduto. Ma è essenziale sapere quali rischi corrono i soci, quali tutele esistono e in quali casi la responsabilità può oltrepassare i confini “limitati” della SRL.

Cosa succede ai soci quando la SRL entra in liquidazione?

In linea generale, i soci non rispondono personalmente dei debiti della società. La responsabilità resta confinata al capitale sociale sottoscritto. Tuttavia, questo principio ha delle eccezioni, soprattutto quando emergono comportamenti scorretti, distribuzioni illegittime o irregolarità nella gestione.

E allora: in quali casi i soci rischiano davvero?

  • Se hanno ricevuto anticipazioni o acconti su utili non realmente esistenti;
  • se hanno deliberato o approvato distribuzioni di riserve in presenza di perdite non coperte;
  • se, in fase di liquidazione, hanno incassato somme mentre la società aveva ancora debiti impagati verso Fisco, dipendenti o fornitori.

In questi casi, il rischio è di dover restituire quanto indebitamente ricevuto, oppure – nei casi più gravi – di essere chiamati a rispondere con il proprio patrimonio per danni causati ai creditori.

E i soci non amministratori? Rischiano comunque?

Anche chi non ha gestito direttamente può essere coinvolto, soprattutto se ha approvato bilanci irregolari, votato decisioni dannose per i creditori o ha beneficiato in modo evidente della cattiva gestione. L’essere “socio silenzioso” non è sempre una protezione sufficiente.

Cosa si può fare per mettersi al sicuro?

Prima di tutto, è importante verificare con un avvocato esperto se la liquidazione è stata avviata correttamente, se sono state rispettate le priorità nei pagamenti, e se esistono profili di rischio collegati alla posizione del socio.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in liquidazioni societarie, responsabilità dei soci e tutela patrimoniale – ti spiega cosa rischiano davvero i soci di una SRL in liquidazione, quali comportamenti evitare e come possiamo aiutarti a proteggerti da richieste di risarcimento o responsabilità postume.

Hai ricevuto somme dalla tua SRL in liquidazione e temi possibili contestazioni? Vuoi sapere se ci sono responsabilità a tuo carico e come prevenirle?

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Introduzione

La SRL (Società a Responsabilità Limitata) è una società di capitali che garantisce in linea di massima ai soci una responsabilità limitata al capitale conferito. In pratica, se la SRL fallisce o entra in liquidazione, i soci non perdono di solito patrimonio personale oltre a quanto già investito. Tuttavia, in fase di scioglimento e liquidazione (volontaria o giudiziale) e soprattutto dopo la cancellazione dal Registro delle Imprese, l’autonomia patrimoniale può essere messa in discussione. Secondo l’art. 2495 c.c., infatti, i creditori sociali insoddisfatti possono agire contro gli ex soci fino a concorrenza delle somme da loro riscosse in liquidazione. In altre parole, i soci subentrano “per successione” nei debiti residui della società, ma solo entro certi limiti. Dobbiamo quindi valutare con attenzione i profili di responsabilità civile, fiscale, penale e concorsuale che possono investire il socio “debitore”, soprattutto quando la società ha debiti pendenti al momento della chiusura. Il presente approfondimento, aggiornato a giugno 2025, passa in rassegna la normativa e la giurisprudenza recente (Cassazione e Corti territoriali) sul tema, includendo esempi pratici e tabelle di sintesi.

1. Quadro normativo e fasi della liquidazione

La liquidazione di una SRL può essere volontaria (decisa dai soci con causa di scioglimento ex art. 2484 c.c.) oppure giudiziale (liquidazione coatta o concordataria ex Codice della Crisi). In entrambi i casi, l’iter terminato porta alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese. La procedura ordinaria prevede vari step: accertamento della causa di scioglimento, nomina dei liquidatori (che sostituiscono gli amministratori nelle funzioni di chiusura), realizzazione dell’attivo (vendita beni), pagamento dei debiti, redazione del bilancio finale e distribuzione del residuo ai soci. Importante è che non si può distribuire alcuna somma ai soci fino a completo soddisfacimento dei creditori sociali (o fino ad aver accantonato le somme necessarie). Solo al termine, il bilancio finale viene depositato, comunicato ai soci e – se approvato – determina quanto ogni socio ha percepito in liquidazione.

Dall’iscrizione della cancellazione al Registro (art. 2495 c.c.), la società smette di esistere come ente giuridico, ma ciò non estingue automaticamente i suoi debiti. In caso di debiti ancora insoluti, si verifica un fenomeno “di successione” nei rapporti giuridici: i debiti si trasferiscono sugli ex soci (nei limiti della responsabilità societaria). Tale principio è paragonabile all’eredità: i creditori insoddisfatti possono far valere i crediti – sia civili che tributari – nei confronti dei soci, ma solo fino all’ammontare di quanto questi hanno effettivamente ricevuto in liquidazione. Se un socio non ha percepito nulla (ad esempio perché l’attivo è stato tutto assorbito dai debiti), in linea di principio non può essere costretto a pagare nulla al di fuori del suo conferimento, fatte salve eccezioni come l’«abuso della personalità giuridica» (vedi oltre).

Nota sulla liquidazione coatta (giudiziale): se la SRL è sottoposta a liquidazione coatta amministrativa o a liquidazione giudiziale (ex Codice della Crisi, art. 236 e segg.), gli organi sono nominati dall’autorità giudiziaria o amministrativa. Anche in tali casi valgono i principi generali sulla responsabilità dei liquidatori e dei soci, anche se possono intervenire norme specifiche (ad es. in alcune liquidazioni coatte il Commissario ha doveri speciali). Il presente approfondimento si concentra soprattutto sulla liquidazione volontaria perché di più comune applicazione, ma i principi di fondo restano analoghi anche se cambia il contesto procedurale.

2. Responsabilità civile dei soci nel regime ordinario e straordinario

Nel regime ordinario di liquidazione volontaria, la responsabilità dei soci verso i creditori residui è disciplinata dall’art. 2495 c.c. In base al testo, «dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione». Ciò significa che il patrimonio personale del socio può essere aggredito solo nella misura corrispondente all’attivo che egli ha già incassato al termine della liquidazione. Ad esempio, se un socio ha ricevuto 10.000€ dal riparto finale e la società ha un debito di 15.000€, potrà essere chiamato a contribuire fino a 10.000€ (oltre interessi), ma non oltre. Se invece non ha ricevuto alcuna somma, in linea di principio non dovrà pagare nulla di tasca sua.

Le Sezioni Unite della Cassazione del 12 febbraio 2025 (n. 3625) hanno confermato questo orientamento «intermedio» in caso di debiti tributari: i soci non sono debitori illimitati dei crediti residui, ma rispondono solo «fino alla concorrenza dell’attivo percepito». Anzi, la stessa Cassazione ha precisato che, per esigere dal socio il pagamento di debiti fiscali, occorre prima notificargli un atto motivato specifico. In altri termini, non basta proseguire la pretesa iniziata contro la società estinta, ma si deve coinvolgere formalmente ogni singolo ex socio. Gli Ermellini affermano infatti che la responsabilità patrimoniale effettiva del socio “esiste solo se si dimostra” la percezione di somme. L’onere di provare tale ricezione ricade sull’Amministrazione finanziaria: in mancanza di prove (bilancio finale, accertamenti specifici, ecc.), il socio potrà difendersi invocando di non aver conseguito alcun beneficio dalla liquidazione.

In riepilogo, in ambito civile (debitore privato): i soci di una SRL liquidata non rispondono personalmente di un debito a meno che non abbiano incassato somme di liquidazione. Questo principio richiede di verificare il bilancio finale di liquidazione e gli effettivi pagamenti effettuati dalla società. Se emergono attivi distribuiti ai soci, i creditori insoddisfatti potranno esigere da questi la quota spettante, nel rispetto dell’ordine e dei privilegi di pagamento. In assenza di distribuzioni, in linea di massima il socio rimane estraneo al debito residuale (salvo abusi particolari).

3. Responsabilità tributaria e fiscale dei soci

Sul fronte tributario, il rapporto socio-società estinta è regolato da norme speciali, in particolare l’art. 36 del DPR n.602/1973. Tale norma sancisce che i soci (o associati) che hanno ricevuto, negli ultimi due esercizi precedenti la liquidazione o durante la stessa, somme o beni sociali in assegnazione sono responsabili per le imposte dovute dalla società, entro il limite del valore dei beni ricevuti. In pratica, per evitare che i soci “svuotino” la SRL di denaro subito prima della liquidazione, il Fisco considererà anche i prelievi di patrimonio effettuati nei due anni antecedenti allo scioglimento, includendoli nel calcolo delle quote di competenza tributaria. Ciò significa che se una SRL familiare ha distribuito dividendi o restituito riserve ai soci nell’ultimo biennio, tali somme potranno rientrare nelle poste di cui devono rispondere i soci per i debiti tributari residui.

Nell’interpretazione recente, la Cassazione a Sezioni Unite del 12/2/2025 (n.3625) ha chiarito che anche per i debiti fiscali vale l’impostazione “limitativa”: gli ex soci rispondono dei debiti tributari solo nei limiti delle somme effettivamente ricevute durante la liquidazione. Anche sotto il profilo fiscale vale dunque l’esigenza di provare il danno subito dall’Amministrazione finanziaria: senza la dimostrazione che un ex socio ha effettivamente incassato attivo di liquidazione, la sua responsabilità non può essere stabilita. Tuttavia, va ricordato che l’art.36 estende l’arco temporale di riferimento fino a due anni prima dello scioglimento. Dunque, in sede di contenzioso tributario, l’Agenzia delle Entrate potrà recuperare dal socio sia quanto ricevuto in liquidazione sia gli eventuali importi distribuiti nei due anni precedenti, fermo restando il rispetto del “limite” patrimoniale residuo.

Da segnalare poi alcune fattispecie giurisprudenziali particolari. In SRL a base ristretta o familiare (pochi soci o consanguinei), la Corte di Cassazione ha ammesso la possibilità di presumere un beneficio indiretto per i soci anche in assenza di formale liquidazione. Ad esempio, con ordinanza n. 20840/2023 la Cassazione ha sostenuto che, se gravi indizi indicano che i soci hanno goduto di profitti occulti attraverso l’evasione della società, essi possono essere chiamati a pagare i debiti tributari anche se il bilancio finale non mostra alcuna distribuzione. In questi casi, l’onere probatorio si inverte: il socio deve provare di non aver beneficiato dei redditi non dichiarati. Tuttavia, la recente pronuncia del 2025 ha ribadito che in linea di principio rimane necessario dimostrare l’effettivo incasso di utili per fondare la responsabilità.

Infine, un punto spesso trascurato: le sanzioni tributarie. In base alla legge (art.7 D.L. 269/2003 conv. L.326/2003 e art.2 D.Lgs. 472/97) e alla giurisprudenza consolidata, le multe fiscali irrogate alla società non si trasmettono ai soci o ai successori. Le Sezioni Unite hanno confermato che le sanzioni pecuniarie “muoiono” con la società estinta. In altre parole, i soci rispondono di imposte, interessi e contributi non pagati, ma non delle sanzioni amministrative legate a tali violazioni.

4. Altri profili di responsabilità: penale e concorsuale

Dal lato penale, i soci non incorrerebbero in reati semplicemente per la loro condizione di tali. Tuttavia, se un socio è stato di fatto amministratore o ha compiuto condotte illecite, può essere chiamato a rispondere secondo le comuni norme penali. Ad esempio: – Abuso della personalità giuridica (art. 2331 c.c. previgente, oggi richiamata da interpretazioni di Cassazione): se il socio di controllo usa la SRL per scopi personali fraudolenti, spostando debiti o crediti fuori dalla società, potrebbe rispondere del danno ai creditori. La dottrina parla di “piercing the corporate veil” quando i soci perseguono i propri interessi in danno dei creditori. – Reati fallimentari e fiscali: se la società fallisce in modo fraudolento, chi ha determinato o consentito il dissesto (anche occultamente) può essere indagato per bancarotta fraudolenta (art. 216 L.Fall., ora 2465 c.c. nel Codice della Crisi) o per frode fiscale. Ad esempio, l’art. 2635 c.p. punisce l’uso di artifici contabili o occultamenti finalizzati a frodare i creditori. Un socio prestanome che finge di essere terzo responsabile mentre agevola l’evasore può rispondere di falsità ideologica o altro. – Società di fatto e prestanome: la Cassazione ha chiarito che chi agisce come socio di fatto di una società, senza essere formalmente iscritto, è solidalmente responsabile come un socio di una società di persone. In questo senso, un “prestanome” venuto a fondare una SRL per coprire il vero titolare può essere equiparato al socio di fatto. Se emerge che la SRL era in realtà una forma di società di fatto, la responsabilità illimitata tipica delle società di persone può essere estesa ai soci nominali per i debiti, compresi quelli tributari. In sostanza, le tutele di risparmio personale non proteggono il prestanome davanti ai creditori della società di fatto.

Sul fronte concorsuale/fallimentare, il socio di SRL non è soggetto alla procedura concorsuale dell’impresa (al contrario del socio di SNC o accomandatario di S.a.p.a. che fallisce), ma potrebbero restare applicabili principi indiretti della legge fallimentare. Ad esempio, in caso di malagestio degli amministratori, il curatore può promuovere azioni di responsabilità ex art. 2486 c.c. (oggi 2476 c.c. / 255 CCII) contro chi ha cagionato l’insolvenza. Se un socio ha concorso al dissesto (ad es. come gestore occulto), egli può essere trascinato nella lite rispondendo del danno patrimoniale causato ai creditori. Comunque, non esiste nel nostro ordinamento una “responsabilità fallimentare” automatica del socio di SRL, se non nei limiti normali di cui si è detto.

5. Mala gestio e obblighi dei soci-amministratori

Il concetto di mala gestio riguarda tipicamente gli amministratori (e i liquidatori) che gestiscono la liquidazione in modo negligente o fraudolento. Tuttavia, un socio che assume incarichi gestionali (amministratore o liquidatore) entra nel novero dei soggetti responsabili. Ad esempio, i liquidatori rispondono personalmente se la liquidazione insolvente è causata da loro colpa grave: se hanno distribuito somme ai soci nonostante esistessero debiti sociali (violando art. 2491 c.c.), hanno favorito creditori senza rispettare l’ordine legale di privilegio o hanno occultato l’insolvenza, possono dover risarcire i creditori pregiudicati (fra cui l’Erario). Allo stesso modo, gli amministratori in carica prima della liquidazione sono tenuti a non aggravare la crisi: hanno l’obbligo di convocare l’assemblea per lo scioglimento non appena l’impresa diventa insolvente, e, dopo lo scioglimento, possono compiere solo atti di conservazione dell’integrità patrimoniale. Se persistono nell’attività imprenditoriale pur essendo venuti meno i presupposti (art. 2486 c.c.) o se omettono gli adempimenti di liquidazione, possono essere chiamati a rispondere dei danni conseguenti. Va ricordato, comunque, che la responsabilità degli amministratori e liquidatori sorge solo per colpa o dolo nell’esercizio dei loro doveri, e non automaticamente per il solo fatto della chiusura.

Un tema specifico riguarda il pagamento dei debiti fiscali da parte di liquidatori e amministratori: l’art.36 DPR 602/1973 estende l’obbligo anche a loro. In base a questa norma, il liquidatore (e, negli ultimi due anni, gli amministratori) che, durante la liquidazione, non adempie ai debiti tributari pur disponendo di risorse sufficienti, è personalmente responsabile in solido fino alla concorrenza di quei debiti residui. Ad esempio, se il liquidatore decide di distribuire utili ai soci anziché versare l’IVA o le imposte sui redditi dovuti, l’Agenzia delle Entrate potrà rivalersi anche su di lui oltre che sui soci. Tuttavia, la Cassazione SS.UU. del 2025 ha chiarito che ciò non significa considerare il liquidatore “successore” dei debiti, ma piuttosto responsabile per inadempimento degli obblighi di legge: in giudizio, spetta al liquidatore dimostrare di non aver colpa (ad es. perché non c’erano attivi disponibili o perché ha rispettato l’ordine dei pagamenti). In pratica, la sua responsabilità scatta soprattutto se viola la par condicio creditorum (ad es. paga debiti postergati anziché crediti tributari preferenziali).

6. Cancellazione con debiti pendenti e contenzioso con il fisco

La cancellazione della SRL dal Registro non estingue le obbligazioni tributarie. Come visto, il D.Lgs. 175/2014 (art.28, c.4) ha introdotto la c.d. sopravvivenza fiscale quinquennale: agli effetti di accertamento e riscossione dei tributi (e relative sanzioni e interessi), la società liquidata è considerata “ancora esistente” per cinque anni dopo la richiesta di cancellazione. In altri termini, l’Agenzia delle Entrate può notificare atti impositivi alla società estinta entro cinque anni (fingendola viva presso l’ultimo domiciliatario conosciuto). Lo stesso 5 anni vale per l’avvio di un’eventuale procedura concorsuale postuma (fallimento o liquidazione giudiziale) se la società era insolvente prima della cancellazione. Questo regime è stato confermato costituzionalmente e bilancia l’esigenza di certezza dei soci con la tutela dei creditori pubblici.

Negli anni la Cassazione ha delineato più orientamenti su come si traduce questa disciplina sulla responsabilità dei soci. Prima delle Sezioni Unite del 2025, prevaleva l’idea che i soci (anche non ricevendo nulla) potessero essere chiamati a rispondere per i debiti fiscali pregressi (ex Cass. SS.UU. 6070/2013). Tuttavia, le SS.UU. del 2025 hanno riequilibrato la questione con chiari principi: come detto, i soci rispondono soltanto fino a concorrenza di quanto hanno percepito e non subiscono un’estensione illimitata del debito. Inoltre, hanno imposto l’obbligo per l’Amministrazione di rivolgersi a ciascun socio con atto dedicato e motivato (per garantire il contraddittorio). Questo significa che, anche per i crediti tributari, non è più ammissibile pretendere somme a un socio senza avergli contestato formalmente la cifra a suo carico.

Per quanto riguarda i debiti privati, la cancellazione non cancella i diritti dei creditori. Come osserva una guida pratica, «l’estinzione non equivale a rinuncia ai crediti dei creditori: questi potranno ancora agire […] contro soci o liquidatori». Anche sul piano civilistico, quindi, rimane valido il dovere di soddisfare i creditori sociali, ora esercitabile sui soci nei limiti di legge. In particolare, ai creditori insoddisfatti resta sempre aperta la via del giudizio civile di responsabilità ex art. 2495 c.c. e, se del caso, anche azioni di regresso fra condebitori. Ad esempio, se un socio pagato indebitamente versa ai creditori tributari una quota eccedente la sua partecipazione, potrà rivalersi sui coinvestitori.

7. Simulazioni pratiche di casi tipici

Caso 1 – SRL con patrimonio negativo in liquidazione: Immaginiamo una SRL con capitale sociale conferito di 100.000€, attivo liquidabile di soli 20.000€ e debiti per 80.000€. Si procede alla vendita parziale del patrimonio e alla ripartizione: ogni socio riceve la sua quota dell’attivo (ad es. il 50% di 20.000€ = 10.000€ a testa). Le imposte residue ammontano a 50.000€. Secondo art.2495 c.c. e Cass. SU 2025, ciascun socio risponderà al massimo di 10.000€ (quanto incassato) per i debiti sociali. Se uno dei due soci ha ricevuto 0€ (ad es. perché l’altro ha preso tutto l’attivo), solo il socio che ha incassato potrà essere aggredito fino a 10.000€. L’altro socio potrà dimostrare (in giudizio) di non aver ricevuto nulla, estinguendo così la sua posizione.

Caso 2 – Liquidazione con debiti fiscali rilevanti: Una SRL familiare presenta imposte non pagate per 100.000€ al momento dello scioglimento. Nell’ultimo bilancio di liquidazione i soci hanno incassato complessivamente 30.000€. L’Agenzia delle Entrate tenta di recuperare il residuo. Secondo l’art.36 DPR 602/73, l’Agenzia può includere anche i dividendi del biennio precedente. Se nei due anni anteriori la società ha distribuito altri 20.000€ ai soci, tali somme vengono aggiunte al montante di attivo da loro percepito, per un totale di 50.000€ di “base imponibile”. Quindi i soci potranno essere chiamati a rispondere fino a 50.000€ dei debiti tributari, fermo restando che ciascun socio è tenuto solo per la propria quota di utili incassati. Oltretutto, dopo le SS.UU. 2025 il Fisco dovrà notificare un avviso a ogni socio indicando quanto gli viene richiesto, e spetterà all’Amministrazione dimostrare che il socio specifico è stato effettivamente arricchito da tali somme.

Caso 3 – Presenza di soci prestanome: Supponiamo che il vero imprenditore “A” costituisca una SRL intestandola formalmente al “socio” B, per occultare le proprie responsabilità. La società contrae debiti e poi chiude in liquidazione, ma A si è nel frattempo intascato gli utili societari. Se emerge questa finzione, i giudici potrebbero configurare una società di fatto: secondo la Cassazione (es. sent. 21286/2016), i soci di una società di fatto sono solidalmente responsabili per tutti i debiti, tributari e non. In pratica, B non potrà sottrarsi ai debiti (nemmeno limitandoli a 0 ricevuto), perché A agiva in sua vece. Allo stesso modo, A potrebbe essere considerato come socio di fatto con responsabilità illimitata. Questo caso esemplifica come l’alter ego del vero socio possa aggirare la limitazione legale: a fronte di un uso abusivo, il cosiddetto “velo societario” può essere sollevato dalla Corte. In altre parole, il prestanome rischia di essere trattato come socio illimitato di una società di persone.

8. Tabelle riepilogative delle responsabilità

Profilo di responsabilitàSoggetto coinvoltoPresupposti/limitiResponsabilitàRimedi/difese
Civilistica (art.2495 c.c.)Ex soci (SRL di capitali)Società estinta con debiti non saldati, attivo distribuitoRispondono fino alla concorrenza delle somme percepite in liquidazioneDimostrare di non aver percepito utili; eccezioni per socio di fatto
Tributaria (art.36 DPR 602/73)Ex soci, liquidatori, amministratoriDebiti tributari residui dopo liquidazione; utili percepiti ultimi 2 anniSoci: solidale fino al valore di beni ricevuti (incl. utili ultimi 2 anni); Liquidatori/Admin: solidali per tributi non versati, se hanno destinato somme ad altri creditiNotifica di atto motivato a ciascun socio; prova positiva su benefici tratti (o assenza di colpa per liquidatori)
PenaleSoci in qualità di amministratori o prestanomeViolazioni dolose di norme (falsi bilanci, malversazione, fallimento fraudolento ecc.)Se concorrono a reati societari/fiscali/bancarotta: imputazione come chi commette il fatto illecitoEstraneità a eventuali condotte fraudolente; esimenti (errore incolpevole)
Concorsuale/FallimentareSoci di fatto (in caso di impresa di fatto)Esecuzione di comportamenti elusivi di crisi o bancarottaIn linea di principio, i soci di SRL non rispondono illimitatamente;se società di fatto, entra in gioco la responsabilità illimitata solidale (Cass. 21286/2016)Configurare la natura di persona giuridica autonoma; eccezione del “socio di fatto” non applicabile a SRL regolare

9. Domande frequenti (FAQ)

  • I soci rischiano di pagare con i propri beni se la SRL fallisce o è liquidata con debiti? In linea di principio i soci di SRL non rispondono coi propri beni personali dei debiti sociali; pagano al massimo quanto hanno conferito. Tuttavia, dopo la liquidazione i creditori possono rivalersi sulle somme ricevute dai soci in fase di riparto (art. 2495 c.c.). Se non è rimasto nulla da distribuire, il socio non paga nulla. Esistono infine casi di “abuso di società” o di socio di fatto che possono inficiare questa regola.
  • Se la SRL ha debiti fiscali, i soci devono pagarli? Sì, ma entro i limiti delle somme ricevute. Ai sensi dell’art. 36 DPR 602/1973, i soci rispondono solidalmente per le imposte non pagate, includendo anche gli utili ricevuti nei 2 esercizi precedenti lo scioglimento. La Cassazione 2025 ha però ribadito che i soci possono essere chiamati a pagare solo per l’ammontare effettivamente incassato in liquidazione. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate deve notificare l’azione a ciascun socio e dimostrare che quel socio ha effettivamente percepito utili non tassati.
  • Cosa succede se un socio non ha ricevuto nulla in liquidazione? In linea generale, se un socio non ha ricevuto alcuna somma (ad es. perché l’attivo copre a malapena i debiti), non può essere obbligato a pagare debiti sociali personali. Nel contenzioso dovrà però fornire la prova di non aver ottenuto nulla. Solo in presenza di validi indizi, come in una SRL familiare dove si presume che l’evasione abbia favorito i soci, un giudice potrebbe comunque ritenere che abbiano in realtà beneficiato indirettamente. Ma tali situazioni sono l’eccezione e sono state in parte superate dalle SS.UU. 2025.
  • Il socio può essere ritenuto responsabile delle multe (sanzioni) della società? No. Le sanzioni tributarie (multe amministrative) imputate alla società estinta non si trasmettono ai soci. Sono di responsabilità personale di chi ha commesso la violazione. Pertanto, se una SRL viene sanzionata (ad es. per una violazione IVA) e poi si estingue, i soci non ereditano tali sanzioni. Questo principio è ben stabilito in dottrina e giurisprudenza (Cass. 24316/2023 e prima) e riflette il principio di personalità della sanzione tributaria.
  • E se il socio era anche amministratore o liquidatore, cambia qualcosa? Sì. In questo caso il socio-amministratore/liquidatore può incorrere in responsabilità aggiuntive per mala gestio o violazione degli obblighi legali. Ad esempio, se da amministratore non ha convocato l’assemblea di liquidazione all’insorgere dell’insolvenza, o come liquidatore ha indebitamente distribuito attivo ai soci trascurando il pagamento delle imposte, può rispondere con il proprio patrimonio per il danno causato. Rimane però escluso l’effetto “coobbligatorio” automatico semplicemente per il suo ruolo: è necessario dimostrare la colpa o il dolo nella gestione.
  • I debiti residui restano a carico della società cancellata? Formalm­ente la società estinta non esiste più, quindi i creditori non possono rimettersi direttamente a essa. Tuttavia, i creditori insoddisfatti (incluso il fisco) hanno tempo fino a 5 anni dalla cancellazione per agire come se la società fosse ancora esistente ai fini fiscali. Se invece vogliono esigere il proprio credito da soci o liquidatori, potranno farlo immediatamente, nei limiti di legge. In sostanza, i creditori vanno assistiti dalle norme sulla successione nei debiti (art.2495 c.c.) piuttosto che considerare “perduto” il credito per la sola cancellazione.
  • Quali rimedi può adottare il socio “a rischio”? Il primo rimedio del socio è provare in giudizio di non aver percepito niente dalla liquidazione, se richiesto di pagare un debito. Può altresì verificare formalmente il bilancio di liquidazione e contestare eventuali voci. Se viene chiamato ingiustamente a pagare più di quanto spettante, può esercitare azioni di regresso verso gli altri soci (ex art.1289 c.c.). Infine, il socio che ritiene errato l’avviso di accertamento può impugnare quel provvedimento, facendo valere le proprie ragioni in sede tributaria (anche alla luce della nuova giurisprudenza che pone oneri specifici in capo all’Agenzia).

10. Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali

  • Norme del Codice Civile: art. 2484–2495 c.c. (scioglimento, liquidazione, responsabilità dei soci), art. 2394 c.c. (azioni di responsabilità), art. 1289 e 2055 c.c. (contributo tra condebitori, concorso di colpa).
  • Norme tributarie: art. 36 D.P.R. 602/1973 (responsabilità dei soci e liquidatori per tributi residui), art. 2495 c.c. come richiamato in D.Lgs. 175/2014, art.7 D.L. 269/2003 conv. L.326/2003 e art.2 D.Lgs. 472/1997 (personalità della sanzione).
  • Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019): artt. 236, 2486 c.c. e 255 CCII (azioni di responsabilità nella liquidazione giudiziale).
  • Cassazione Civile: SS.UU. 12 febbraio 2025, n.3625 (responsabilità patrimoniale degli ex soci per debiti tributari); SS.UU. 21 giugno 2013, n.6070 (old orientation sui debiti fiscali, superata); Cass. ord. 20840/2023 (società familiare, utili occulti); Cass. 24316/2023 (sanzioni non trasmesse); Cass. ord. 21286/2016 (società di fatto e solidarietà tributaria); Cass. ord. 23341/2024 (successione nei debiti di SRL estinta); Cass. ord. 22432/2020 (cancellazione società e crediti pendenti); altre pronunce sulla responsabilità dei liquidatori (Corte di Cass. SS.UU. 2025 evidenziate nelle fonti citate).

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Conclusione

I soci di una SRL in liquidazione non sono automaticamente al riparo: errori nella gestione o nella chiusura possono comportare responsabilità anche personali.
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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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