Hai avviato o stai affrontando una procedura concorsuale? Ti stai chiedendo chi viene pagato prima e cosa significa “credito in prededuzione”? Se sei un imprenditore o un professionista coinvolto in una crisi d’impresa, conoscere il concetto di prededuzione può fare la differenza nella gestione delle risorse residue e nelle scelte strategiche da prendere.
Ma cosa vuol dire esattamente prededuzione? E perché è così importante nel Codice della Crisi?
La prededuzione è un principio giuridico che stabilisce quali crediti devono essere pagati prima degli altri nelle procedure concorsuali. In pratica, certi debiti vengono messi in cima alla lista: sono quelli che nascono per effetto diretto o indiretto della procedura stessa, o che risultano essenziali per la sua gestione.
Quali sono i crediti prededucibili? E chi ne ha diritto?
Rientrano tra i crediti prededucibili:
- i compensi dei professionisti incaricati (avvocati, commercialisti, esperti negoziatori),
- i costi sostenuti per portare avanti la procedura (come canoni, forniture essenziali o spese di giustizia),
- i finanziamenti autorizzati dal tribunale per permettere all’impresa di continuare temporaneamente l’attività o per favorire un risanamento.
In sostanza, sono considerati “funzionali” al buon esito della procedura, e per questo motivo vengono pagati prima dei creditori ordinari, privilegiati o chirografari.
Come si fa a ottenere la prededuzione? Serve un’autorizzazione del giudice?
Non tutti i crediti possono essere considerati automaticamente prededucibili. In molti casi, serve una valutazione preventiva da parte del tribunale, o una specifica autorizzazione quando si tratta di atti che possono incidere sulla massa attiva. È importante quindi impostare correttamente la procedura fin dall’inizio, con assistenza legale, per evitare che costi o compensi fondamentali finiscano per essere trattati come crediti ordinari e non vengano mai pagati.
E se sei un professionista che ha seguito una procedura? Puoi rivendicare la prededuzione anche dopo la sua chiusura?
Sì, a certe condizioni. Se il tuo intervento è stato necessario e tracciabile all’interno della gestione della crisi, puoi chiedere al giudice la qualifica di credito prededucibile, e ottenere così un pagamento prioritario. Ma è fondamentale agire in modo tempestivo, con la documentazione corretta.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in procedure concorsuali, diritto della crisi e gestione del debito – ti spiega cosa significa prededuzione, quali crediti vi rientrano, come ottenerla legalmente e cosa possiamo fare per proteggere i tuoi interessi nella procedura.
Hai sostenuto spese per la procedura e temi che non ti vengano riconosciute? Oppure vuoi sapere come strutturare correttamente i costi in una crisi aziendale?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: valuteremo la tua posizione, analizzeremo i documenti necessari e ti aiuteremo a ottenere il giusto riconoscimento dei tuoi crediti e a muoverti in sicurezza nel contesto della nuova disciplina.
Introduzione
La prededuzione è un concetto cardine del diritto concorsuale italiano che riguarda l’ordine di soddisfacimento dei crediti nel contesto di procedure di crisi d’impresa e insolvenza. In termini semplici, un credito prededucibile è un credito che deve essere soddisfatto con precedenza rispetto agli altri (anche rispetto ai crediti privilegiati) nell’ambito di procedure concorsuali quali fallimento (ora liquidazione giudiziale), concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e altri strumenti regolati dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, di seguito CCII). Questa guida, aggiornata a giugno 2025, offre un’analisi approfondita e pratica della disciplina della prededuzione dal punto di vista del debitore, rivolta ad avvocati, imprenditori e privati che vogliano comprendere come funzionano i crediti prededucibili e quali strategie adottare. Il taglio sarà giuridico ma divulgativo, con frequenti richiami normativi, riferimenti a casi pratici e giurisprudenziali recenti (2022-2025), e strumenti utili come tabelle riassuntive, esempi numerici e una sezione FAQ.
Perché la prededuzione è importante per il debitore? Dal punto di vista di un’impresa in crisi (il debitore), comprendere quali debiti saranno considerati prededucibili è fondamentale per varie ragioni pratiche e strategiche. In un concordato preventivo, ad esempio, il debitore dovrà assicurarsi che tutti i crediti prededucibili vengano pagati integralmente, pena la mancata fattibilità o omologazione del piano. In una liquidazione giudiziale (ex fallimento), la presenza di molti crediti prededucibili può erodere l’attivo disponibile per soddisfare gli altri creditori, influenzando quindi le scelte del debitore nella fase pre-concorsuale (ad esempio, nel contrarre nuovi finanziamenti o nell’affidare incarichi professionali). Inoltre, il debitore deve conoscere i confini della prededuzione per evitare di incorrere in violazioni (come pagamenti preferenziali non autorizzati) e per pianificare correttamente la gestione della crisi (ad esempio, sapere che alcuni finanziamenti autorizzati potranno avere trattamento di favore può aiutare a reperire risorse fresche).
Nei paragrafi che seguono, esamineremo dapprima il quadro normativo della prededuzione nel Codice della Crisi d’Impresa, mettendo in luce le fonti normative più rilevanti (comprese le ultime modifiche intervenute) e confrontando la disciplina attuale con quella previgente della Legge Fallimentare (R.D. 267/1942). Successivamente, analizzeremo in dettaglio quali crediti sono prededucibili secondo l’art. 6 CCII e altre disposizioni specifiche, ricorrendo a tabelle schematizzate. Saranno discussi i principali orientamenti giurisprudenziali recenti (2022-2025), incluse pronunce della Corte di Cassazione (anche a Sezioni Unite) e decisioni di merito significative, che hanno chiarito aspetti applicativi della prededuzione (ad esempio, per i crediti dei professionisti, i finanziamenti durante le procedure, ecc.). Verranno affrontati anche gli aspetti fiscali e previdenziali legati alla prededuzione: pensiamo in particolare al trattamento dei debiti tributari e contributivi sorti durante le procedure di crisi, nonché alle novità normative come la “rottamazione” dei ruoli nelle procedure concorsuali (che ha previsto il trattamento prededucibile di certe somme dovute al Fisco).
Non mancheranno casi pratici e simulazioni numeriche, utili per capire come, all’atto pratico, i crediti prededucibili incidano sulle distribuzioni dell’attivo e sul soddisfacimento degli altri creditori. Ad esempio, vedremo come vengono ripartite le somme ricavate dalla liquidazione di un patrimonio quando vi siano spese di procedura prededucibili, crediti privilegiati (p.es. ipotecari) e chirografari, evidenziando la priorità accordata ai primi. Inoltre, offriremo una sezione di Domande Frequenti (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni (ad es. “Il compenso dell’avvocato che ha predisposto il concordato preventivo è sempre prededucibile?”, “Cosa succede se l’attivo non basta a pagare tutti i prededucibili?”, “I nuovi debiti fiscali maturati durante la procedura sono prededucibili?”, etc.).
Infine, la guida si conclude con un elenco completo e ordinato delle fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali utilizzate, per consentire al lettore di approfondire ulteriormente.
Prima di entrare nel vivo, sottolineiamo che il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) è entrato in vigore (dopo varie proroghe dovute anche all’emergenza Covid-19) nel luglio 2022 e ha subito diversi interventi correttivi: il decreto correttivo del 2020 (D.Lgs. 147/2020), quello del 2022 (D.Lgs. 83/2022, attuativo della direttiva UE 2019/1023) e il recente decreto correttivo-ter del settembre 2024 (D.Lgs. 136/2024, in vigore dal 28/09/2024). Queste modifiche hanno in parte inciso anche sulla disciplina della prededuzione, come vedremo (ad esempio, il correttivo-ter ha ampliato l’ambito della prededuzione per alcuni crediti professionali). La guida tiene conto di tutte queste novità, fornendo un quadro aggiornato a giugno 2025.
Struttura della guida: per facilità di consultazione, utilizzeremo intestazioni e sottosezioni ordinate per argomento. Inizieremo dal quadro generale e normativo, per poi approfondire i vari tipi di crediti prededucibili, le casistiche particolari, gli aspetti fiscali/previdenziali, gli esempi pratici, le FAQ e infine la raccolta delle fonti. L’obiettivo è fornire uno strumento organico e completo, che possa aiutare il debitore a orientarsi nel complesso tema della prededuzione nell’ambito delle procedure di crisi d’impresa.
Quadro Normativo: dal R.D. 267/1942 al Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019)
Evoluzione storica e confronto con la Legge Fallimentare
Per contestualizzare l’attuale disciplina, è utile richiamare brevemente l’evoluzione storica della prededuzione nel nostro ordinamento. Sotto la Legge Fallimentare del 1942 (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, L.Fall.), il termine “prededuzione” inizialmente non era espressamente definito ma era desumibile dall’art. 111 L.Fall. Tale articolo, nella versione originaria anteriore alla riforma del 2006, elencava l’ordine di distribuzione dell’attivo: in cima venivano “le spese e i debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, se autorizzato”. In altre parole, già si riconosceva priorità al pagamento dei costi della procedura stessa e di eventuali debiti assunti dal curatore per mandare avanti provvisoriamente l’azienda fallita. Tuttavia, non vi era ancora una nozione generale di credito prededucibile né una regola per i crediti sorti in procedure concorsuali diverse dal fallimento. Ad esempio, prima del 2006, la giurisprudenza in maniera quasi unanime escludeva che i crediti dei professionisti che avevano assistito un debitore in un concordato preventivo poi sfociato in fallimento potessero essere soddisfatti con preferenza sugli altri crediti nel fallimento successivo.
La riforma organica del diritto fallimentare a metà anni 2000 ha portato importanti novità. In particolare, con il D.Lgs. 169/2007 fu introdotto nell’art. 111 L.Fall. un comma 2 che forniva finalmente una definizione normativa di crediti prededucibili, estendendo il concetto anche ai crediti sorti nelle cosiddette procedure minori antecedenti il fallimento. Il nuovo testo disponeva infatti che «sono crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, nonché quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge». Questa formulazione – “in occasione o in funzione” – aveva l’intento di riconoscere natura prededucibile (nel successivo fallimento) a due categorie di crediti: (1) quelli espressamente dichiarati prededucibili da una norma (ad es., finanziamenti autorizzati dal tribunale ex art. 182-quater L.Fall. o crediti sorti per effetto di provvedimenti giudiziali nella procedura), e (2) quelli che si ricollegano causalmente alle procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare (quali il concordato preventivo, l’amministrazione controllata – poi soppressa – e l’amministrazione straordinaria). Si trattava di una norma di portata generale che colmava un vuoto, ma che inevitabilmente lasciava margini di discrezionalità: la prededucibilità dipendeva dalla verifica di un collegamento funzionale o occasionale tra il credito e la procedura concorsuale, valutazione spesso rimessa al giudice caso per caso. Proprio su questo terreno si sono sviluppate molte controversie giurisprudenziali nel decennio successivo, specie in tema di compensi di professionisti (avvocati, commercialisti, attestatori) che avessero aiutato l’imprenditore nella predisposizione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione poi non andato a buon fine.
Una pietra miliare in materia è stata la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 42093 del 31 dicembre 2021. Le Sezioni Unite – intervenendo a dirimere contrasti – hanno affermato il principio secondo cui, ai fini del riconoscimento del beneficio della prededuzione al credito professionale, «è necessario che la procedura di concordato sia stata dichiarata aperta con il conseguente coinvolgimento dei creditori». In altri termini, sotto la legge fallimentare si è stabilito che il professionista che assiste un debitore in un concordato preventivo non può aspirare alla prededuzione nel successivo fallimento se quel concordato non ha nemmeno superato la fase iniziale di ammissione (apertura) e coinvolgimento dei creditori. Se invece la procedura minore si è aperta regolarmente, il suo credito può essere considerato sorto “in funzione della procedura concorsuale” e quindi prededucibile, purché ovviamente vi sia quella strumentalità alle finalità della procedura richiesta dalla legge. Questa pronuncia delle SS.UU. ha “ristretto” l’ambito rispetto a interpretazioni più permissive e ha avuto un forte impatto sia pratico sia sul legislatore delegato che stava predisponendo il nuovo Codice della Crisi.
Passando infatti al Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), si può dire che il legislatore ha recepito molte delle problematiche emerse in giurisprudenza, fornendo una disciplina più dettagliata e specifica dei crediti prededucibili. L’art. 6 CCII – che approfondiremo tra poco – definisce in maniera elencativa quali crediti sono considerati prededucibili, superando la vaga dicotomia “in occasione o in funzione” con categorie più precise e condizioni ben definite (ad es. percentuali di limitazione del credito prededucibile e necessità dell’apertura della procedura o dell’omologazione, in linea col principio sancito dalle SS.UU. 2021 citate). In un certo senso, il CCII ha “codificato” la prededuzione, inserendola tra i principi generali (art. 6) e disciplinandone l’accertamento e la soddisfazione negli artt. 222-223. Ciò ha portato maggiore certezza in alcuni ambiti (ad esempio sul trattamento dei crediti dei professionisti e dei finanziatori), anche se l’esperienza applicativa ha mostrato la necessità di alcuni aggiustamenti, puntualmente arrivati con i decreti correttivi del 2022 e 2024.
Riassumiamo quindi il passaggio dalla vecchia disciplina alla nuova in una tabella comparativa, evidenziando le differenze chiave:
Come si evince dalla tabella, il Codice della Crisi ha sistematizzato la materia, introducendo un regime più chiaro e articolato. Nel prosieguo, analizzeremo analiticamente le singole categorie di crediti prededucibili individuate dall’art. 6 CCII e da altre disposizioni del Codice, per poi passare alle questioni applicative (giurisprudenza, esempi, ecc.). Ma prima di ciò, riepiloghiamo brevemente le principali fonti normative attualmente vigenti in tema di prededuzione:
- Art. 6 CCII (“Prededucibilità dei crediti”) – collocato tra i principi generali del Codice, definisce quali crediti sono prededucibili e al comma 2 sancisce la permanenza della prededuzione nelle procedure successive. Questo articolo ha subìto modifiche dal correttivo 2024 in particolare sulla lettera d), come vedremo.
- Art. 222 CCII (“Disciplina dei crediti prededucibili”) – regola le modalità di accertamento e soddisfazione dei prededucibili, in modo analogo al vecchio art. 111-bis L.Fall. (trattazione delle domande di ammissione, pagamento integrale di capitale, interessi e spese, ecc.).
- Art. 223 CCII – norma complementare che presumibilmente disciplina aspetti particolari (ad esempio, eventuale riparto di spese su beni oggetto di garanzia? In L.Fall., l’art. 111-ter prevedeva che alcune spese di procedura potessero gravare anche sui beni vincolati in misura proporzionale. Il corrispondente nel CCII va verificato; ne parleremo più avanti).
- Artt. 99-102 CCII – disposizioni specifiche in tema di finanziamenti e pagamenti durante il concordato preventivo o altre procedure di regolazione:
- Art. 100 CCII consente l’autorizzazione al pagamento di crediti pregressi indispensabili in un concordato in continuità (pagamento di fornitori strategici, ecc.), istituto già noto come “continuazione aziendale” che però non crea nuovi crediti prededucibili ma consente di pagarne alcuni privilegiati preesistenti per favorire la continuità.
- Art. 101 CCII disciplina i finanziamenti prededucibili in esecuzione di un concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione omologati. Quindi riguarda i prestiti attivati per attuare un piano già omologato, che saranno ripagati in prededuzione (in caso di successiva liquidazione giudiziale se il piano fallisce, oppure all’interno dello stesso concordato in esecuzione).
- Art. 102 CCII disciplina i finanziamenti prededucibili dei soci, stabilendo che anche i soci che finanziano l’impresa nell’ambito di un concordato o accordo omologato possano vedere il proprio credito in prededuzione, derogando alla regola generale di postergazione del loro credito (che in condizioni normali sarebbe trattato come capitale di rischio). Questo riprende quanto già previsto dall’art. 182-quater, comma 3 L.Fall.
- Disposizioni sulla Composizione Negoziata: introdotta col D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e poi integrata nel CCII (artt. 17-25 quinquies CCII), la composizione negoziata prevede la figura dell’esperto negoziatore e consente alcune misure protettive e autorizzazioni dal tribunale (art. 22 CCII). In tale contesto, assume rilievo la possibilità di autorizzare finanziamenti prededucibili durante le trattative: il tribunale può autorizzare il debitore a contrarre finanziamenti (o a pagare certa nuova finanza) che saranno prededucibili se la crisi si risolve in una procedura concorsuale. Questa è una novità extra CCII originario, proveniente dal D.L. 118/2021, per incentivare il salvataggio dell’impresa in crisi con risorse fresche. Ne parleremo dettagliatamente in seguito.
- Norme speciali in materia fiscale e previdenziale: ad esempio, la già citata Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, art. 1 commi 231-252) ha previsto la Definizione Agevolata (rottamazione-quater) applicabile anche alle imprese in procedura concorsuale, stabilendo che “alle somme occorrenti per aderire alla definizione… che sono oggetto di procedura concorsuale… si applica la disciplina dei crediti prededucibili”. Analoghe previsioni erano in precedenza contenute nel D.L. 119/2018 per la rottamazione-ter. Ciò vuol dire che se un’azienda ammessa a concordato intende beneficiare della rottamazione dei debiti fiscali iscritti a ruolo, l’importo da versare al Fisco (ridotto dalle sanzioni e interessi per effetto della definizione) dovrà essere considerato un debito prededucibile nell’ambito della procedura. Dal lato previdenziale, non vi sono norme ad hoc simili, ma i contributi dovuti all’INPS eventualmente inclusi in definizioni agevolate seguono la stessa logica, e in generale i contributi maturati durante la procedura sono considerati spese della procedura (quindi prededucibili come detto).
Nel complesso, il quadro normativo può sembrare complesso per il debitore non specialista, ma può essere ricondotto a poche idee chiave: i crediti prededucibili sono quelli che la legge (o un provvedimento del giudice ai sensi di legge) “promuove” in cima alla scala dei pagamenti, perché funzionali alla gestione della crisi o perché concessi per aiutare l’impresa a risanarsi. Nella sezione seguente entreremo nel dettaglio delle tipologie di crediti prededucibili delineate dall’art. 6 CCII, fornendo chiarimenti su requisiti, limiti e esempi per ciascuna di esse.
Quali crediti sono prededucibili secondo il Codice della Crisi?
L’art. 6 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è la norma cardine per identificare i crediti prededucibili. Esso, al comma 1, elenca quattro categorie principali di crediti che godono di prededuzione (oltre, naturalmente, a tutti quelli espressamente dichiarati prededucibili da specifiche disposizioni di legge). Di seguito riportiamo e spieghiamo queste categorie, utilizzando anche alcuni riferimenti puntuali al testo normativo per maggiore precisione:
- Crediti espressamente qualificati come prededucibili da una disposizione di legge – Prima di passare alle categorie specifiche a), b), c), d) elencate nell’art. 6, è bene ricordare che restano prededucibili tutti quei crediti che una legge qualifica come tali. Questo principio era già presente nella vecchia legge fallimentare e rimane valido. Alcuni esempi: il finanziamento autorizzato dal giudice in funzione di un concordato (ex art. 182-quinquies L.Fall., ora art. 22 CCII) è prededucibile per espressa previsione; oppure i crediti derivanti dalla continuazione di contratti essenziali autorizzata dal tribunale. Insomma, ogni volta che una norma (nel CCII o in leggi collegate) indica esplicitamente che un certo credito “è prededucibile”, ciò vincola il riconoscimento della prededuzione. In concreto, come vedremo, varie norme del CCII lo prevedono (ad es. i finanziamenti ex art. 101 e 102, le spese in certe procedure di sovraindebitamento, ecc.). L’art. 6, comma 1, apre proprio dicendo: “Oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili: …”. Passiamo dunque alle quattro lettere (a, b, c, d) dell’art. 6 comma 1 CCII, che costituiscono il cuore della disciplina della prededuzione:
- (a) Spese e compensi dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – Sono prededucibili “i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Questa previsione riguarda le procedure di soluzione della crisi da sovraindebitamento (debiti di consumatori, piccole imprese non fallibili, ecc., regolati dalla L. 3/2012, ora confluite nel CCII). L’OCC è un organismo terzo e indipendente nominato per assistere il debitore in quelle procedure (ad es. nei piani del consumatore, accordi di composizione, ecc.). Il suo compenso e le sue spese, proprio per la natura pubblicistica e imparziale dell’OCC, sono considerati prededucibili. Dunque, se un piccolo imprenditore o un privato accede a una procedura di composizione della crisi, dovrà mettere in conto che le spese dell’OCC (che sovrintende alla procedura) verranno pagate con priorità su tutte le altre passività. Questa regola garantisce che l’OCC, fondamentale per il buon esito di tali procedure, venga remunerato. Va sottolineato che l’ambito di applicazione è quello del sovraindebitamento (oggi nel CCII definito come procedure di “ristrutturazione dei debiti del consumatore”, “concordato minore” e “liquidazione controllata”). È una novità introdotta dal CCII, in quanto nella legge del 2012 non era esplicitamente previsto il rango prededucibile per i compensi dell’OCC, anche se era pratica riconoscerli tra le spese procedurali. Ora la legge lo sancisce espressamente.
- (b) Crediti professionali per la domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione o piani di ristrutturazione soggetti a omologazione – Si tratta dei crediti (tipicamente compensi di professionisti: avvocati, commercialisti, attestatori) “sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive”, nei limiti del 75% del credito accertato, a condizione che gli accordi o il piano siano omologati. Questa lettera (b) copre due istituti introdotti o modificati di recente:
- Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ARD) ex art. 57 e ss. CCII (corrispondenti all’art. 182-bis L.Fall.), che sono accordi tra debitore e una maggioranza qualificata di creditori, soggetti a omologazione da parte del tribunale.
- I piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (PRO), previsti dall’art. 64-bis CCII (introdotto col correttivo 2022 in recepimento della direttiva UE). Si tratta di piani di risanamento che, pur avendo natura negoziale, vengono presentati in tribunale per l’omologazione, con possibilità di estensione degli effetti ai creditori dissenzienti in certe condizioni.
- (c) Crediti professionali per la presentazione di una domanda di concordato preventivo – Questa categoria, simile alla precedente, copre i compensi dei professionisti (in primis avvocati e consulenti) “sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda”, nei limiti del 75% e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell’art. 47 CCII. Quindi, se un imprenditore presenta domanda di concordato preventivo, completa di piano e proposta ai creditori, i compensi dovuti ai professionisti che lo hanno assistito (compreso l’attestatore del piano ai sensi dell’art. 87 CCII) saranno prededucibili entro il 75% dell’importo, ma solo a condizione che il tribunale dichiari aperta la procedura di concordato (ex art. 47 CCII). L’apertura del concordato è il provvedimento con cui, verificati i presupposti, il tribunale ammette il debitore alla procedura, nomina gli organi (commissario giudiziale) e fissa le scadenze per votazione, ecc. Se il tribunale dichiara inammissibile la domanda o il debitore la ritira prima dell’apertura, i crediti dei professionisti non avranno diritto alla prededuzione (diventeranno crediti concorsuali normali nell’eventuale successivo fallimento). Anche qui ritroviamo il principio già evidenziato dalle Sezioni Unite 2021 e recepito dal legislatore: niente prededuzione “automatica” per le sole attività preparatorie se la procedura non decolla e non coinvolge i creditori. Lo scopo è evitare abusi, cioè evitare che un imprenditore magari presenti un concordato solo per generare parcelle prededucibili ai consulenti senza poi portarlo avanti seriamente. Con questa regola, la “funzionalità” della prestazione alla procedura è “certificata” dal decreto di apertura: se i giudici aprono la procedura, implicitamente riconoscono che l’attività svolta (piano, proposta, documentazione) era sufficientemente valida da dare avvio al concorso; dunque premio al professionista (prededuzione al 75%). Viceversa, se la procedura non supera il vaglio iniziale, significa che quell’attività non è giovata a una procedura concorsuale effettiva, e il professionista ne sopporta il rischio. Dal punto di vista pratico del debitore, è importante sapere che i costi di avvocati e commercialisti per predisporre un concordato preventivo entreranno di diritto tra i debiti prededucibili (al 75%) solo se si arriva all’ammissione. Nel piano di concordato stesso, tipicamente, si riserva il pagamento integrale (o meglio, al 100%) di tali compensi tra le spese prededotte. In caso di successivo fallimento, tuttavia, verrà riconosciuto solo il 75% prededucibile e il residuo 25% potrà essere ammesso come chirografo (salvo che il professionista accetti di rinunciare a quella differenza in sede di concordato, circostanza non insolita). Notiamo che qui si parla di presentazione di domanda, proposta e piano: quindi rientrano sia i casi di concordato “con riserva” (con presentazione di sola domanda ex art. 44 CCII e piano depositato in un secondo tempo) sia i casi di domanda completa. L’importante è che poi la procedura venga aperta. Un caso particolare: se la procedura viene aperta ma poi revocata per atti in frode (ex art. 48 o art. 94 CCII) o non omologata perché bocciata dai creditori o dal tribunale, i crediti dei professionisti restano prededucibili. La norma infatti non richiede la conclusione positiva (omologa) del concordato, ma solo l’apertura. Tuttavia, attenzione: se la procedura viene revocata per condotte fraudolente del debitore (come false attestazioni, pagamenti preferenziali non autorizzati, ecc.), potrebbe sorgere il dubbio se ciò possa far perdere il beneficio ai professionisti coinvolti nella frode. Su questo la Cassazione si è espressa: ad esempio, la Cass. ord. n. 34535 dell’11 dicembre 2023 (Pres. Ferro, Rel. Fidanzia) ha negato la prededuzione ai crediti di due professionisti che assistevano una società in concordato, poiché la procedura era stata revocata ex art. 173 L.Fall. per pagamenti illeciti fatti proprio a quei professionisti prima del concordato. In quel caso, la Corte ha ritenuto che non si potesse riconoscere “de plano” la prededuzione solo per l’attività prestata, essendosi la procedura interrotta repentinamente per causa imputabile ai professionisti stessi (pagati fuori dalle regole). Questo per dire che la condizione formale dell’apertura è necessaria ma potrebbe non essere sufficiente se intervengono fattori patologici gravi: il credito deve sempre essere coerente con le finalità procedurali e con la legalità. Ad ogni modo, in situazioni ordinarie, una volta aperto il concordato i professionisti possono confidare nel rango prededucibile (75%) anche se poi il concordato dovesse sfociare in liquidazione giudiziale.
- (d) Crediti sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio o la continuazione dell’attività – È la categoria che potremmo chiamare dei “debiti della massa” in senso lato. Testualmente, sono prededucibili “i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa, [nonché] il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi”. Questa lettera d) copre dunque:
- tutti i debiti contratti legalmente nel corso della procedura per le esigenze della procedura stessa o dell’eventuale esercizio provvisorio/continuato dell’impresa. Per “legalmente” s’intende: contratti dal curatore, commissario o dallo stesso debitore autorizzato, in conformità alle norme (es. dopo autorizzazione del GD per atti straordinari, ecc.). Esempi tipici: le forniture di beni o servizi richieste dal curatore per mantenere il valore dell’azienda in esercizio provvisorio; i costi di custodia e conservazione dei beni; le retribuzioni dei dipendenti per il lavoro prestato dopo l’apertura della procedura; le materie prime acquistate per completare commesse in corso, etc. Tutti questi crediti nascono dentro la procedura e sono funzionali a una migliore gestione o liquidazione, perciò hanno prededuzione assoluta (100%). Va evidenziato che tali crediti godono sì di prelazione massima, ma non possono essere soddisfatti col ricavato dei beni su cui insistono pegni o ipoteche, salvo che residui capienza oltre il soddisfacimento dei garantiti (cfr. art. 222, co.2 CCII). In pratica, se un curatore contrae un debito per custodire un immobile ipotecato, quel debito è prededucibile ma verrà pagato di regola dall’attivo generale, non intaccando la quota destinata all’ipotecario (salvo quanto previsto dall’art. 223 CCII, che può disciplinare la ripartizione di alcune spese tra tutti i creditori, inclusi i garantiti).
- i compensi degli organi della procedura: quindi il compenso del curatore nella liquidazione giudiziale, del commissario giudiziale e dell’attestatore eventualmente nominato nel concordato, del liquidatore giudiziale nel concordato liquidatorio, dei membri del comitato dei creditori se previsti, ecc. Questi compensi erano e restano prededucibili per definizione (sono costi di giustizia). Nessun concordato potrebbe essere omologato senza prevedere l’integrale pagamento del commissario e del giudice delegato (onorari liquidati a fine procedura), e nessun fallimento si chiude senza prima pagare il compenso del curatore (determinato dal tribunale).
- le prestazioni professionali richieste dagli organi della procedura: ad esempio, se il curatore incarica un avvocato di curare un’azione legale nell’interesse della massa, o se il commissario giudiziale assume un consulente per valutare un bene, i relativi crediti (onorari) sono prededucibili. La ratio è che sono spese sostenute su iniziativa degli organi concorsuali per il buon esito della procedura.
Riassumendo l’art. 6 CCII comma 1 in un elenco semplificato:
- Crediti prededucibili ex lege: tutti quelli che una legge specifica qualifica come tali (in ogni ambito concorsuale).
- (a) Compensi e spese dell’OCC nelle procedure da sovraindebitamento – Prededuzione piena (100%).
- (b) Compensi professionali per accordi di ristrutturazione o piani di risanamento omologati – Prededuzione 75%, condizionata all’effettiva omologazione.
- (c) Compensi professionali per presentazione di concordato preventivo (procedura aperta) – Prededuzione 75%, condizionata all’ammissione (apertura) della procedura.
- (d) Debiti sorti durante procedure concorsuali per gestione e continuità, compresi compensi organi e consulenti – Prededuzione piena (100%), includendo dopo il 2024 anche consulenti nominati dal debitore con finalità di procedura.
Infine, l’art. 6 comma 2 CCII, come già accennato, stabilisce che “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”. Ciò codifica espressamente il principio della consecuzione tra procedure: se un credito ha rango prededucibile in una procedura, lo mantiene in qualunque procedura successiva di regolazione della crisi o insolvenza. In pratica:
- Se un’azienda passa dal concordato preventivo alla liquidazione giudiziale (perché il concordato non va a buon fine), i crediti prededucibili nel concordato (es. parcelle del legale, forniture durante il concordato, etc.) verranno ammessi con preferenza nel fallimento successivo.
- Se un consumatore fallisce (liquidazione controllata) dopo aver tentato senza successo un piano del consumatore, i compensi dell’OCC e altri crediti prededucibili nel piano rimangono tali nella liquidazione.
- Se si susseguono due concordati (ipotesi rara, ma immaginiamo un concordato che ne sostituisce un altro), le spese prededucibili della prima procedura restano prededucibili nella seconda.
- Nota bene: “procedure esecutive o concorsuali” indica anche che se dopo una procedura concorsuale vi fosse un pignoramento (es. perché la procedura concorsuale viene chiusa senza soddisfare un prededucibile, quel creditore potrebbe agire esecutivamente), il rango di prededuzione dovrebbe essere riconosciuto. Ma di solito si rimane nell’ambito concorsuale.
Questo principio era implicito già prima (ex art. 111 L.Fall.), ma ora è nero su bianco. La Cassazione lo ha applicato, per esempio, riconoscendo che un finanziamento ponte erogato in funzione di un concordato preventivo poi sfociato in fallimento mantiene la prededuzione nel fallimento ai sensi dell’art. 182-quater L.Fall. (oggi art. 101 CCII).
Conoscere la regola della consecuzione è importante per il debitore, perché significa che le scelte fatte in una fase iniziale hanno effetti sulle fasi successive. Ad esempio, se durante una composizione negoziata il tribunale autorizza un prestito prededucibile e poi si arriva a un concordato preventivo, quel prestito (se non rimborsato prima) dovrà essere soddisfatto come prededucibile nel concordato; se anche il concordato fallisce e si va in liquidazione, continuerà a stare in cima. Ciò può incidere sul convenience di certe operazioni: un debitore deve valutare attentamente se valga la pena contrarre debiti prededucibili, perché questi avranno un “peso” prioritario in ogni scenario.
Abbiamo così delineato quali sono, in linea di principio, i crediti prededucibili. Nel prossimo paragrafo offriremo un prospetto riassuntivo sotto forma di tabella per fissare bene le categorie e i requisiti, e subito dopo passeremo ad analizzare come la prededuzione opera nelle varie procedure di crisi (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, composizione negoziata, sovraindebitamento), evidenziando le particolarità di ciascuna e gli orientamenti giurisprudenziali rilevanti.
Tabella riassuntiva delle categorie di crediti prededucibili (art. 6 CCII)
Per una visione di insieme, riportiamo una tabella che riassume le principali categorie di crediti prededucibili previste dall’art. 6 CCII, con l’indicazione delle condizioni richieste e dei riferimenti normativi:
Categoria di credito prededucibile | Descrizione e condizioni | Riferimento normativo |
---|---|---|
Crediti prededucibili ex lege (in generale) | Qualsiasi credito che una specifica disposizione di legge qualifica espressamente come prededucibile. Esempi: finanziamenti autorizzati dal tribunale in funzione di un piano di risanamento; somme dovute a seguito di definizione agevolata fiscali in procedure concorsuali. | Art. 6, co.1 CCII (incipit); es. art. 22, co.5 CCII (finanziamenti in composizione negoziata); Legge Bilancio 2023 art.1 co.248 (rottamazione nelle procedure). |
(a) Compensi OCC sovraindebitamento | Crediti per spese e compensi dell’Organismo di Composizione della Crisi nelle procedure di sovraindebitamento. Prededucibili al 100%. Nessuna condizione sospensiva (il solo fatto di maturare in tali procedure li qualifica). | Art. 6, co.1, lett. a) CCII; art. 10, co.5, L. 3/2012 (abrogata, ora CCII). |
(b) Compensi professionisti per ARD o PRO | Crediti dei professionisti (es. legali, attestatori) sorti in funzione di una domanda di omologazione di Accordo di Ristrutturazione dei debiti o di Piano di Ristrutturazione Omologato e per l’eventuale richiesta di misure protettive. Prededucibili entro il 75% dell’importo, solo se l’accordo/piano viene omologato dal tribunale. Il restante 25% del credito resta chirografario. | Art. 6, co.1, lett. b) CCII. (Introdotto dal D.Lgs. 83/2022 con art. 64-bis CCII). |
(c) Compensi professionisti per concordato preventivo | Crediti (per consulenze legali, finanziarie, attestazione) sorti in funzione della presentazione di una domanda di concordato preventivo, comprensiva di proposta e piano. Prededucibili al 75%, solo se la procedura di concordato viene dichiarata aperta dal tribunale (ammissione ex art. 47 CCII). Se la domanda è respinta o ritirata prima, niente prededuzione. | Art. 6, co.1, lett. c) CCII. (In parte modificato da D.Lgs. 83/2022 che ha aggiunto la soglia 75%). Vedi anche Cass. SS.UU. 42093/2021 (principio poi recepito). |
(d) Crediti sorti durante procedure concorsuali (debiti della massa) | Comprende: i debiti contratti legalmente durante lo svolgimento di una procedura concorsuale per le esigenze della gestione o per proseguire l’attività d’impresa; i compensi degli organi della procedura (curatore, commissario, liquidatore, ecc.); i compensi dei professionisti incaricati dagli organi della procedura. Prededucibili al 100%. – Novità 2024: includi ora anche i compensi di professionisti nominati dal debitore nell’interesse della procedura (es. consulenti per il buon esito del piano), grazie al correttivo-ter. | Art. 6, co.1, lett. d) CCII (come modificato da D.Lgs. 136/2024); prima della modifica v. art. 6 co.1 lett. d) vecchio testo. Norme correlate: art. 222 CCII (pagamento spese di procedura). |
Consecuzione: mantenimento del rango | (Non una categoria a sé, ma un principio generale) – Se un credito rientra in una delle voci di cui sopra ed è quindi prededucibile in una data procedura, conserverà lo stesso rango in ogni procedura successiva legata alla stessa insolvenza (fallimento successivo a concordato, ecc.). | Art. 6, co.2 CCII; già art. 111, co.2 L.Fall. Interpretato da giurisprudenza, es. Cass. 41772/2021, Cass. 23133/2024 (in tema di A. Straord.). |
Questa tabella permette di individuare rapidamente se un determinato credito potrà essere considerato prededucibile e a quali condizioni. Per esempio, se un imprenditore chiede: “Il finanziamento che un fornitore terzo mi concede durante la composizione negoziata sarà prededucibile?” – dovremo vedere se rientra in crediti ex lege (sì, se autorizzato ex art. 22 CCII, come spiegheremo tra poco) oppure se verrà considerato tra i crediti sorti durante la procedura concorsuale (la composizione negoziata non è una procedura concorsuale ma può sfociare in una, quindi serve autorizzazione). Oppure: “Il commercialista che mi ha preparato il piano di concordato sarà pagato prima degli altri creditori?” – Risposta: se il concordato viene ammesso, sì al 75% prededuzione; se non viene ammesso, no (il suo credito concorrerà con gli altri).
Nei prossimi paragrafi, contestualizzeremo queste regole generali nei diversi procedimenti della crisi d’impresa, evidenziando per ciascuno come operano i crediti prededucibili, quali obblighi ha il debitore e come sono trattati casi particolari dalla giurisprudenza recente.
Prededuzione nelle diverse procedure di regolazione della crisi d’impresa
La disciplina della prededuzione si applica trasversalmente a tutte le procedure concorsuali, ma con alcune peculiarità a seconda dello strumento utilizzato (concordato preventivo, liquidazione giudiziale/fallimento, accordi di ristrutturazione, composizione negoziata, sovraindebitamento). In questa sezione esamineremo ciascuna procedura dal punto di vista del debitore, mettendo in luce cosa comporta la presenza di crediti prededucibili, quali sono le regole da rispettare e le problematiche più comuni.
Concordato Preventivo
Il concordato preventivo è la procedura concorsuale di regolazione della crisi mediante un accordo con i creditori omologato dal tribunale. Può essere “in continuità” (l’azienda prosegue attività sotto il piano) o “liquidatorio” (prevede la liquidazione del patrimonio, eventualmente con continuità indiretta, affitto d’azienda, ecc.). Dal punto di vista del debitore proponente, la prededuzione rileva principalmente in due momenti:
- Nella predisposizione del piano e della domanda, come abbiamo visto: i costi professionali per la proposta e il piano, se la procedura viene ammessa, diventano prededucibili (75%). Il debitore deve includerli nel piano come spese da pagare integralmente (in realtà il 100% dell’importo concordato con il professionista, anche se formalmente 75% è prededuzione e 25% sarebbe chirografo; di solito si accorda una falcidia volontaria del 25% al professionista per evitare complicazioni). La giurisprudenza ha chiarito che il piano di concordato deve indicare la copertura integrale di tutti i crediti prededucibili, attuali e futuri, per essere fattibile e meritevole di omologa. Infatti, l’art. 84 CCII richiede la fattibilità economica e giuridica, e sarebbe giuridicamente inammissibile un piano che preveda di non pagare per intero un creditore prededucibile (a meno che questi rinunci espressamente al privilegio).
- Durante e dopo la procedura di concordato, in relazione ai nuovi debiti eventualmente sorti:
- Se il concordato è in continuità aziendale, l’imprenditore conserva (in forma attenuata, sotto vigilanza) la gestione dell’azienda. Egli potrà quindi contrarre debiti durante la procedura per l’ordinaria amministrazione o anche, se autorizzato, per atti di straordinaria amministrazione funzionali alla continuità (art. 94 CCII). Tutti questi debiti sorti dopo la presentazione della domanda di concordato, se regolarmente contratti, sono prededucibili in caso di successiva liquidazione giudiziale. Ad esempio, i fornitori che consegnano merci all’azienda durante il concordato in continuità, con regolari autorizzazioni, potranno essere pagati come spese prededucibili (il piano stesso di solito li paga durante la procedura; se così non fosse e l’azienda fallisce, essi sono prededucibili nel fallimento). Una precisazione: se il concordato è omologato e poi viene eseguito (quindi la procedura si chiude con successo), i debiti contratti nel frattempo dovrebbero essere stati pagati regolarmente. Se invece il concordato omologato non viene eseguito e l’azienda fallisce, quei debiti rimasti pendenti all’apertura del fallimento sono prededucibili per la regola della consecuzione. La Cassazione ha però aggiunto un filtro: occorre che quei debiti siano riferibili all’attività autorizzata dagli organi della procedura, non basta che siano cronologicamente nati durante il concordato. In una decisione relativa a un concordato omologato poi risolto, la Suprema Corte ha affermato che un credito sorto dopo l’omologazione era prededucibile solo se collegato all’attività svolta nel concordato dagli organi della procedura, e non per il solo fatto temporale di essere sorto “durante” il concordato. Nel caso concreto, un creditore (società di leasing) pretendeva la prededuzione solo per essere maturato dopo l’omologa, ma la Cassazione ha cassato la decisione che gliela aveva concessa senza verificare se quel credito fosse conseguenza di atti compiuti dal debitore sotto la supervisione del commissario o del giudice. Ciò significa che, in concordato in continuità, per avere prededuzione non è sufficiente che un credito nasca nel periodo concordatario: è necessario che nasca da attività coerenti con il piano e autorizzate. Dal lato pratico, il debitore deve: (i) astenersi dal contrarre debiti estranei o non autorizzati, pena la possibile esclusione dalla prededuzione e persino la revoca del concordato; (ii) se contrare debiti autorizzati (es. nuovi finanziamenti ponte in corso di concordato, pagamenti di forniture strategiche autorizzati ex art. 100 CCII), tenerne traccia per soddisfarli regolarmente.
- Se il concordato è liquidatorio (ossia l’azienda viene ceduta o liquidata senza proseguire l’attività), la gestione passa in mano a un liquidatore giudiziale nominato dal tribunale (figura introdotta dal CCII, art. 120). Questi organi potranno anch’essi far sorgere debiti di procedura (ad esempio, spese per vendere i beni, consulenze tecniche per stime, ecc.). Tali debiti rientrano nella lettera d) e saranno prededucibili. Il debitore in questa fase ha meno voce in capitolo poiché spossessato, ma è bene sappia che tutti i costi della liquidazione giudiziale del patrimonio concordatario vanno coperti prioritariamente. Il piano di concordato liquidatorio di norma prevede una stima di spese di procedura (compensi liquidatore, spese di realizzo) da accantonare.
- In entrambi i casi, va considerato il compenso del commissario giudiziale (e dell’eventuale liquidatore): questi sono prededucibili e devono essere integralmente soddisfatti. Nel concordato, diversamente dal fallimento, spesso tali compensi vengono pagati a conclusione della procedura con le somme accantonate a tal fine. Ad esempio, se un concordato preventivo arriva a omologa, il commissario presenta il conto e il debitore deve pagarlo subito o secondo le indicazioni del giudice.
- Un punto critico: eccesso di prededuzioni nel concordato. Se un concordato genera troppi costi prededucibili, rischia di non essere più conveniente per i creditori chirografari, poiché l’attivo verrebbe in gran parte consumato da essi. La legge non pone un limite quantitativo (oltre a quel 75% per i professionisti iniziali), ma il tribunale in sede di valutazione della fattibilità può tenere conto della proporzione tra costi prededucibili e utilità per i creditori. In pratica, se nel piano ci si accorge che l’attivo disponibile per i creditori è esiguo perché gran parte se ne va in compensi di advisor, è possibile che i creditori stessi non approvino il concordato. Un caso estremo: se l’attivo previsto basta appena a pagare le spese di procedura (prededucibili) e nulla ai chirografari, il concordato sarebbe inammissibile perché non rispetta il limite di soddisfacimento minimo dei chirografari (il CCII richiede che ottengano almeno il 20% salvo eccezioni). Quindi c’è un limite indiretto: troppe prededuzioni possono far fallire la fattibilità del concordato.
Nel concordato preventivo, un altro aspetto rilevante per il debitore è la disciplina dei pagamenti anteriori e dei finanziamenti interinali:
- Una volta presentata la domanda di concordato, scatta il divieto di pagamento dei creditori anteriori (stay), salvo appunto autorizzazioni specifiche ex art. 100 CCII (pagamento di crediti pregressi indispensabili in continuità) o art. 99 CCII (anticipazioni per spese di giustizia). Se il debitore, con il permesso del tribunale, paga ad esempio un fornitore critico prima dell’omologa, quell’anticipazione se autorizzata si considera una operazione permessa, ma non crea prededuzione aggiuntiva (ha pagato un creditore pregresso privilegiato in deroga al concorso, ma non nasce un nuovo credito). Se invece il tribunale autorizza un nuovo finanziamento in pendenza di concordato (ad esempio un finanziamento ponte per urgenze di cassa), occorre capire come viene inquadrato: di norma l’autorizzazione del tribunale prevede espressamente che tale nuovo credito sarà prededucibile in caso di successivo fallimento (questa era la previsione dell’art. 182-quinquies L.Fall., ora art. 22 CCII per la composizione negoziata e art. 100 per il concordato). Tuttavia, il CCII per il concordato preventivo in sé non contiene una norma equivalente all’182-quinquies (che riguardava la fase di pre-concordato). In pratica, oggi se uno ha già presentato un concordato preventivo “pieno”, può chiedere al giudice di autorizzare un finanziamento prededucibile? Il CCII sembra implicare di sì, in base ai principi generali e all’art. 99 (che consente l’urgenza). In ogni caso, tali crediti sarebbero poi prededucibili. Un recente sviluppo normativo: il correttivo-ter (D.Lgs. 136/2024) ha introdotto l’art. 92-bis CCII, che disciplina espressamente i finanziamenti durante il concordato in continuità aziendale, prevedendo condizioni e limiti per la loro ammissione e per la prededuzione. Questo per attuare la parte della direttiva europea che incoraggia i interim financing. Tale norma conferma che se autorizzati, i finanziamenti interinali sono prededucibili (nel successivo fallimento).
Giurisprudenza recente in ambito concordato: Abbiamo già menzionato i contributi fondamentali delle SS.UU. 2021 e di alcune pronunce del 2023:
- Cass. 12 aprile 2023 n. 9730 (Pres. Amendola, rel. Terrusi) – ha riguardato il concordato semplificato (procedura speciale introdotta nel 2021 per chi esce senza esito dalla composizione negoziata). La Cassazione in quell’occasione ha chiarito che il concordato semplificato ha natura concorsuale a tutti gli effetti, e benché non preveda il voto dei creditori, resta soggetto ai principi generali. Ciò significa anche che in difetto di specifiche previsioni, non c’è prededuzione per i professionisti del concordato semplificato, analogamente a quanto visto per i concordati normali. In effetti, l’art. 6 CCII non menziona il concordato semplificato, quindi attualmente (salvo futuri interventi legislativi) un professionista che assiste nel concordato semplificato non ha un diritto legale alla prededuzione. Questo è un piccolo “vulnus” normativo: dottrina e prassi lo hanno segnalato, ma finora non risulta corretta. Un commentatore ha osservato che “l’art. 6 CCII non prevede la prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato semplificato”. Pertanto, attenzione: il debitore che usufruisce di un concordato semplificato (ad esempio dopo composizione negoziata fallita) non può promettere ai suoi consulenti la prededuzione come incentivo; quei costi dovranno piuttosto trovare soddisfazione in sede concordataria come spese (se l’attivo lo consente) oppure restare a carico del debitore personalmente se non v’è attivo. Ciò differenzia il semplificato dal concordato ordinario.
- Cass. 30 ottobre 2023 n. 29999 (Pres. Ferro, rel. Fidanzia) – già citata, in tema di credito sorto in esecuzione di concordato omologato poi sfociato in fallimento: la Cassazione ha negato la prededuzione in assenza di un nesso funzionale con l’attività degli organi della procedura concordataria. Questo avvertimento è importante per i creditori: se vogliono la prededuzione perché hanno continuato a fare affari col debitore durante un concordato, devono provare che ciò era parte del piano o comunque avvenuto sotto l’ombrello della procedura.
- Cass. 11 dicembre 2023 n. 34535 (ord.) – ha riguardato la revoca del concordato per condotte scorrette e ha ribadito che i professionisti coinvolti non possono pretendere la prededuzione ipso facto. Questo conferma che la prededuzione non è mai automatica: va riconosciuta in sede di verifica del passivo e può essere contestata se mancano i presupposti. Il debitore deve cooperare fornendo al curatore tutti gli elementi per distinguere i crediti prededucibili (quali, quanti, perché) per evitare contestazioni.
In conclusione sul concordato: per un debitore che presenta un concordato è cruciale:
- Calcolare bene le spese prededucibili e accantonare risorse per esse (oneri procedura, commissario, eventuale attestatore, ecc.).
- Non far proliferare debiti durante la procedura senza autorizzazione, per non appesantire il carico prededucibile.
- In caso di consecuzione con fallimento, sapere che dovrà rispondere prioritariamente di quei debiti; ma se collabora con il curatore, potrebbe ottenere che la gestione post domanda di concordato gli eviti responsabilità personali (ad esempio, se il fallimento non ha attivo per i prededucibili, in linea di principio quei fornitori post-concordato rimangono insoddisfatti salvo garanzie, però al debitore persone fisica può essere negato l’esdebitamento per averli lasciati impagati, quindi attenzione).
Liquidazione Giudiziale (Fallimento)
La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale volta a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente e distribuire il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. È, in sostanza, l’equivalente del vecchio “fallimento”. In questa procedura la prededuzione assume la forma classica di costi della procedura che vengono pagati prima dei creditori concorsuali. Dal punto di vista del debitore, che in liquidazione giudiziale ha perso l’amministrazione dei beni (spossessamento), la prededuzione incide soprattutto ex post, ossia su come verranno distribuite le somme e sul fatto che alcuni debiti saranno soddisfatti integralmente prima di qualsiasi pagamento ai suoi creditori antecedenti.
I principali crediti prededucibili in una liquidazione giudiziale sono:
- Le spese di procedura: marche da bollo, contributo unificato, eventuale custodia di beni, affitto di magazzini per custodire merci, ecc.
- I compensi del curatore e degli altri organi (comitato dei creditori se spettano compensi, ausiliari del giudice delegato, ecc.).
- I finanziamenti ottenuti dal curatore per esigenze della massa (ad es., un anticipo bancario per pagare dipendenti dell’esercizio provvisorio).
- I debiti di esercizio provvisorio: se il giudice delegato autorizza l’esercizio provvisorio dell’impresa fallita (o di un ramo di essa) per un periodo, tutte le obbligazioni assunte in tale contesto (paghe dei dipendenti, forniture, utenze) sono considerati debiti prededucibili della procedura. L’art. 111 L.Fall. già lo prevedeva espressamente, e l’art. 222 CCII lo sottintende (essendo crediti legittimamente sorti per gestione e continuazione impresa). Cass. 7 giugno 2022 n. 18289 ha ad esempio stabilito che l’indennità dovuta dal fallimento al proprietario di un immobile per l’occupazione post-fallimentare (dopo la risoluzione del contratto di affitto) è prededucibile, dato che il curatore ha continuato a detenerlo per esigenze della massa.
- Gli oneri fiscali maturati durante la procedura: tipicamente l’IVA sulle vendite fallimentari (il curatore se vende beni deve addebitare l’IVA e versarla, quel debito IVA è un debito prededucibile che va pagato immediatamente, spesso viene trattenuto prima di distribuire il netto ai creditori) e le imposte sul reddito eventualmente generate durante la procedura (meno comuni, ma se l’esercizio provvisorio genera utile fiscale, le imposte dovute sul reddito sono debito della massa). Anche le imposte di registro su atti della procedura (es. decreto di trasferimento immobili) sono spese prededucibili. In pratica il Fisco – per i tributi nati DURANTE il fallimento – è un creditore prededucibile, alla pari degli altri costi.
- I contributi previdenziali e i premi assicurativi maturati durante la procedura: se il curatore gestisce temporaneamente l’attività e paga stipendi, dovrà versare i contributi a INPS e premi INAIL correnti; se non li versa per mancanza di liquidità, l’INPS avrà un credito prededucibile nella procedura per quegli importi (in genere però il curatore cerca di versarli, perché altrimenti potrebbe rispondere personalmente).
- Eventuali nuovi contratti: se il curatore stipula nuovi contratti (ad esempio ingaggia un avvocato per un’azione revocatoria, o un perito per una valutazione, o un’agenzia per vendere immobili), i crediti nascenti sono prededucibili.
In fase di verifica dello stato passivo, i crediti prededucibili vengono generalmente accertati ma non collocati fra le normali graduatorie di privilegio o chirografo. Il curatore, quando esamina le domande di ammissione, distingue i crediti prededucibili e li ammette in prededuzione. In realtà l’art. 222 CCII al comma 1 dice che “i crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo III … con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare”. In altre parole, se un credito prededucibile non è controverso né nell’importo né nel fatto che sia prededucibile, non serve nemmeno insinuarlo: il curatore può pagarlo direttamente. Questo è un punto importante: molti crediti prededucibili vengono soddisfatti in corso di procedura senza attendere il riparto finale. Ad esempio, i fornitori post-fallimento spesso vengono pagati via via con i fondi liquidi se l’attivo lo consente, anziché dover insinuarsi. L’art. 222 co.3 CCII consente infatti che “i crediti prededucibili sorti nel corso della procedura … che sono liquidi, esigibili e non contestati … possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto se l’attivo presumibilmente basta a soddisfarli tutti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori o dal giudice delegato”. Questo meccanismo evita di bloccare la procedura: il curatore, ad esempio, paga regolarmente le bollette dell’elettricità della sede fallimentare e le registra come spese, anziché far insinuare la società elettrica. Solo se c’è contestazione o insufficienza d’attivo si passa per il formale accertamento.
Se invece i crediti prededucibili non vengono pagati in corso d’opera, saranno poi soddisfatti con priorità nel piano di riparto finale. L’art. 222 co.2 CCII prescrive che i crediti prededucibili siano soddisfatti integralmente (capitale, interessi maturati post dichiarazione e spese) col ricavato, tenendo conto delle prelazioni (ovvero ad es. senza intaccare i beni oggetto di pegno/ipoteca destinati ai garantiti). Gli interessi, peraltro, cessano al momento del pagamento (stessa regola dei privilegiati).
Se l’attivo non è sufficiente a pagare tutti i prededucibili, come detto scatta la regola del pagamento proporzionale secondo l’ordine assegnato dalla legge. Generalmente tutti i prededucibili sono pari ordine, ma se ve ne fosse qualcuno sorto prima dell’apertura (es. professionista concordato precedente) e altri dopo, non c’è distinzione: concorrono insieme. Un dubbio sorto in passato era se i crediti sorti nel fallimento dovessero prevalere su quelli sorti prima (in un precedente concordato ad esempio). La risposta consolidata è che no, non esiste una “graduatoria tra prededuzioni” oltre a quella derivante da eventuali cause di prelazione intrinseche nei crediti (un creditore prededucibile potrebbe avere anche un privilegio speciale: es. il creditore pignoratizio che finanzia il debitore in esercizio provvisorio ottenendo pegno su merci future – ipotesi teorica – potrebbe far valere il pegno sull’incasso di quelle merci). In mancanza di prelazione, tutti i prededotti soffrono insieme l’eventuale insufficienza. La Cassazione nell’ordinanza n. 23133/2024 ha confermato che non c’è una “super prededuzione” per i crediti sorti nel corso del fallimento rispetto a quelli prededucibili sorti in procedure concorsuali antecedenti: se l’attivo non basta, ciascuno riceverà una percentuale. Ciò può sembrare penalizzante per chi ha fornito servizi direttamente al curatore rispetto a chi magari è un professionista del concordato fallito precedente; ma la logica è che entrambi hanno un titolo di prededuzione per legge e nessuna norma li subordina.
Dal punto di vista del debitore fallito, le decisioni sui prededucibili non sono più nelle sue mani (gestisce tutto il curatore), ma alcune considerazioni meritano di essere fatte:
- Il debitore può avere interesse che certi debiti vengano riconosciuti prededucibili perché così magari vengono pagati e non gravano su lui personalmente. Ad esempio, se un suo concordato preventivo è stato revocato e lui poi fallisce, magari ha un accordo morale con il professionista che lo ha assistito che cercherà di fargli riconoscere la prededuzione (sennò quel professionista potrebbe cercare di rivalersi su di lui, se aveva garanzie personali). Dunque il debitore può segnalare al curatore quali crediti secondo lui sono prededucibili. Tuttavia, sarà il curatore e il giudice a valutare; il debitore non ha poteri decisionali ma può cooperare.
- In caso di insufficienza di attivo per pagare i prededucibili, spesso la procedura viene chiusa in imperfezione (per incapienza). Ad esempio, se un fallimento ricava solo 5.000 euro e le spese di procedura sono 10.000, il giudice delegato può comunque chiudere il fallimento ripartendo pro-quota quei 5.000 tra le spese (i creditori concorsuali non vedranno nulla). Il curatore e gli altri creditori prededucibili rimasti insoddisfatti parzialmente in teoria potrebbero insinuarsi nei confronti del debitore come creditori chirografari residui una volta chiuso il fallimento (il fallito tornerebbe “in bonis” per quei debiti, salvo esdebitazione). Se il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione post-fallimentare, questa copre anche i debiti verso i creditori concorsuali rimasti insoddisfatti ma non quelli verso i creditori prededucibili per le spese di procedura (per espressa esclusione normativa). Infatti l’art. 278 CCII esclude dall’esdebitazione gli obblighi di mantenimento e le spese di giustizia (e i prededucibili rientrano tra queste ultime). Quindi un debitore persona fisica fallito non pagherà più i debiti concorsuali dopo l’esdebitazione, ma se ad esempio il suo fallimento non ha generato abbastanza attivo per pagare il compenso del curatore, quel compenso (o la parte non pagata) resta a suo carico come debito verso l’Erario (anticipazione di spese) o verso il curatore medesimo. In pratica, l’esdebitazione non “condona” le spese procedurali. Ciò spiega perché talvolta, in piccoli fallimenti incapienti, lo Stato se ne fa carico (anticipa il pagamento del curatore) e poi può iscrivere a ruolo quelle spese a carico del fallito. È un aspetto previdenziale/fiscale di rilevanza per il debitore: uscire da un fallimento senza aver pagato tutte le prededuzioni comporta comunque un peso economico residuo non scaricabile.
- Un tema spesso discusso era il concorso tra crediti prededucibili e crediti privilegiati speciali su uno stesso bene. Ad esempio: un bene ipotecato viene venduto, incasso 100, creditore ipotecario vantava 120, però il curatore aveva speso 10 per manutenzioni su quel bene. Il conflitto era: il curatore trattiene 10 come prededuzione e dà 90 all’ipotecario (lasciando 30 di ipoteca insoddisfatta) oppure l’ipotecario prende 100 e i prededucibili generali 0? La legge fallimentare (art. 111-ter) prevedeva che dal ricavato dei beni garantiti si detraessero le spese specificamente afferenti a quei beni (es. custodia, amministrazione e vendita) in proporzione. Il CCII dovrebbe contenere analoga regola all’art. 223. Non avendo qui il testo preciso, in generale vale: le spese sostenute per la liquidazione di un bene gravato da garanzia diminuiscono il ricavato disponibile per il garantito, nei limiti di spese strettamente funzionali e in misura equa. Quindi un po’ di prededuzione va a incidere anche sui garantiti. Ciò è equo perché altrimenti tutti i costi sarebbero a carico solo del patrimonio libero, penalizzando i chirografi.
In termini pratici, la liquidazione giudiziale è l’ambito dove la prededuzione mostra il suo volto più netto: prima si pagano i costi della procedura (prededuzioni), poi i privilegiati, poi gli eventuali chirografari. Il debitore, di fatto, subisce queste regole, ma dovrebbe averne consapevolezza almeno per sapere che:
- Non può aspettarsi che qualche attivo residuo vada a lui (ad es. l’utile di esercizio provvisorio non gli verrà certo consegnato se rimangono prededuzioni da saldare).
- Se ha fornitori o collaboratori di cui gli sta a cuore la sorte, deve capire che quelli pre-fallimento saranno soddisfatti poco o nulla se l’attivo va tutto in spese, mentre quelli post-fallimento (es. dipendenti che il curatore ha tenuto) saranno protetti dalla prededuzione.
- Soprattutto, come accennato, se spera nell’esdebitazione per ripartire pulito dai debiti, dovrà comunque farsi carico (eticamente o legalmente) dei costi prededucibili non coperti dall’attivo. Ad esempio, è capitato che tribunali condizionassero l’esdebitazione al pagamento di almeno una parte delle spese di procedura da parte del fallito, se questi ne aveva possibilità: questo perché altrimenti i costi sarebbero rimasti a carico della collettività.
Accordi di Ristrutturazione dei Debiti (ARD) e Piani di Risanamento Omologati
Gli accordi di ristrutturazione sono strumenti di soluzione negoziale della crisi che richiedono l’omologazione del tribunale, con l’adesione del 60% (in genere) dei crediti e vincolatività solo per i aderenti (salvo estensione ai non aderenti per alcune tipologie ex art. 61 CCII). I piani di risanamento soggetti a omologazione (PRO) sono una novità introdotta per consentire l’omologazione anche di piani con adesione individuale dei creditori ma efficacia interinale protetta.
In questi strumenti, formalmente, non c’è una procedura concorsuale aperta con spossessamento o organi (tranne l’attestatore che valida l’accordo e, nel caso di misure protettive, un commissario giudiziale può essere nominato su richiesta). Tuttavia, in caso di omologazione, la legge equipara molti effetti a quelli del concordato. Sul piano della prededuzione, l’art. 6 lett. b) CCII (già esaminata) copre i crediti sorti “in funzione” della domanda di omologazione degli accordi o piani, condizionandone la prededucibilità all’omologazione stessa. Ciò è stato spiegato: se un accordo non arriva in porto, quelle spese non avranno preferenza nel successivo fallimento; se arriva in porto ma poi l’impresa fallisce comunque (es. accordo omologato e dopo 1 anno l’azienda fallisce per inadempimento), allora sì, quei crediti professionali saranno prededucibili nel fallimento. Infatti l’art. 6 co.2 garantirà la prededuzione nella procedura successiva (fallimento) essendo crediti prededucibili nell’accordo omologato (che è uno strumento di regolazione ex lege).
Durante l’esecuzione dell’accordo di ristrutturazione, il debitore non è in procedura concorsuale: se contrarrà debiti nuovi, quelli non sono tecnicamente prededucibili (a meno che l’accordo stesso non li qualifichi come prededotti, ma non ha forza di legge). Tuttavia, spesso l’accordo prevede che certi nuovi finanziamenti entrino con privilegio: la legge consente di accordare ai nuovi finanziatori di un accordo omologato il trattamento prededucibile nel successivo fallimento, analogamente al concordato, tramite richiami all’art. 182-quater L.Fall. confluiti in art. 101 CCII. Dunque:
- Finanziamenti in esecuzione dell’ARD/PRO: se parte del piano di ristrutturazione omologato consiste nell’apporto di nuova finanza (da banche, soci, investitori) per pagare i creditori, la norma (art. 101 CCII) dice che i crediti di chi ha erogato tale finanza sono prededucibili qualora l’accordo/piano fallisca e intervenga un fallimento. Ciò serve a incoraggiare la concessione di credito fresh-start. Anche qui, condizione è che l’accordo/piano sia omologato e poi vi sia un fallimento consecutivo: nel fallimento, i finanziatori saranno soddisfatti prima degli altri creditori rimasti.
- Finanziamenti ponte o ad hoc prima dell’omologazione: Con la riforma 2022, è stato previsto che l’imprenditore che tratta un accordo può chiedere misure protettive e, contestualmente, chiedere al tribunale di autorizzarlo a contrarre finanziamenti prededucibili. L’art. 18 CCII (sospensione esecuzioni) e art. 54 CCII (misure protettive) lavorano insieme. Nella prassi, se c’è un accordo quasi definito e serve liquidità immediata per traghettare l’azienda sino all’omologazione, i creditori possono fornire “finanza ponte” con autorizzazione del tribunale e quella viene considerata prededucibile se poi si omologa l’accordo (e ancorché poi l’accordo fallisca e si vada in liquidazione giudiziale). Questo meccanismo ricalca l’art. 182-quinquies L.Fall. ed è esteso anche alla composizione negoziata (art. 22 CCII) come vedremo. Il tribunale valuta la necessità del finanziamento e può subordinarlo ad alcune condizioni (ad es. non alterare le pari opportunità dei creditori, ecc.).
In sintesi, per un debitore che va verso un ARD:
- Deve sapere che i costi di consulenza (avvocati, attestatore) li recupererà come prededuzione solo se riesce ad ottenere l’omologa. Quindi c’è un incentivo a portare a termine con successo l’accordo.
- Se l’accordo non va a buon fine e viene convertito in fallimento su istanza di creditori, quei consulenti si ritroveranno in coda (salvo che possano essere ricondotti ad altra voce).
- I nuovi finanziamenti che ottiene nel periodo protetto dell’accordo, se autorizzati, lo aiutano a superare la crisi ma in caso di fallimento verranno prima degli altri debiti (prededuzione).
- Durante l’esecuzione dell’accordo, se tutto va bene, i prededucibili vengono pagati man mano e non c’è procedura concorsuale. Se però l’accordo entra in crisi (inadempimento) e si finisce in liquidazione, i creditori rimasti dell’accordo che avessero titoli prededucibili (es. il finanziatore che ha erogato i fondi per l’accordo) faranno valere quel rango.
Composizione Negoziata della Crisi e Concordato Semplificato
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, introdotta nel 2021, è una procedura volontaria non giudiziale (seppur con alcuni innesti giudiziari) in cui l’imprenditore, affiancato da un esperto indipendente, tenta di negoziare con i propri creditori una soluzione concordata della crisi. Non è una procedura concorsuale: l’imprenditore mantiene la gestione e non c’è apertura di concorso né spossessamento, però può richiedere al tribunale misure protettive e cautelari (per bloccare azioni esecutive) e talora autorizzazioni specifiche. Se la composizione negoziata non porta a soluzioni (come un accordo stragiudiziale, un ARD o un concordato ordinario), il debitore può accedere al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, un particolare concordato senza voto dei creditori, basato solo su omologa tribunale (art. 25-sexies CCII).
Per quanto riguarda la prededuzione:
- Durante la composizione negoziata, l’obiettivo del legislatore è di favorire nuovi apporti e preservare l’operatività. Pertanto il D.L. 118/2021 (art. 10, comma 1) prevedeva che i finanziamenti erogati all’impresa durante la composizione negoziata, se autorizzati dal tribunale, sarebbero stati prededucibili in eventuale successiva procedura concorsuale. Questa previsione è confluita nel CCII all’art. 22, comma 1, lett. a): l’imprenditore in composizione negoziata, ottenute le misure protettive, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti con la qualifica di prededucibilità (sempre nel successivo eventuale concorso). Ad esempio, se durante le trattative ho bisogno di 200.000 euro di liquidità per pagare fornitori essenziali, una banca potrebbe concedermeli se ottiene dal giudice il decreto che qualifica quel credito come prededucibile ex art. 22 CCII. Così se poi finisco in concordato o fallimento, la banca sarà rimborsata prima degli altri creditori. Una decisione interessante è Tribunale di Savona, 9 febbraio 2023: ha chiarito che l’autorizzazione ai finanziamenti prededucibili deve avere durata limitata alla durata della composizione negoziata e cessa se questa viene revocata o termina senza sbocchi. Ciò per evitare che il debitore, ottenuto il finanziamento, poi lasci decadere la composizione portando quel credito come prededuzione in un fallimento immediato. In pratica, il giudice può condizionare la prededucibilità al fatto che il percorso di risanamento rimanga in corso e fattibile.
- La composizione negoziata comporta anche la possibile autorizzazione a pagare crediti pregressi strategici (art. 22, c.1, lett. b) CCII) e a cedere beni aziendali (lett. c) fuori dall’ordinario. Se autorizzati, i crediti pagati non creano prededuzione (si pagano e basta), mentre se si cedono beni con continuità indiretta, chi acquista può essere tutelato ma non c’entra con prededuzione.
- L’esperto indipendente che assiste (nominato dalla Camera di Commercio) ha diritto a un compenso, ma qui c’è una particolarità: non essendo una procedura concorsuale, il suo compenso non è prededucibile in senso tecnico. Esiste un fondo statale per contribuire al compenso dell’esperto nelle piccole aziende, e il resto è a carico dell’imprenditore. Se poi l’impresa fallisce, l’esperto potrebbe insinuare il suo credito nel fallimento come chirografario (non c’è norma di prededuzione al riguardo). Alcuni ipotizzano potesse considerarsi spesa di giustizia, ma non essendo organo nominato dall’autorità giudiziaria (a differenza dell’OCC) probabilmente no. Quindi attenzione: il costo dell’esperto è fuori prededuzione.
- Se la composizione negoziata ha esito positivo, magari si conclude con un accordo stragiudiziale (nessun problema, prededuzione non rileva poiché non c’è concorso) oppure con l’accesso a uno strumento concorsuale (concordato, ARD). In tal caso, si entra nelle regole generali: es. se dal percorso negoziato si passa a concordato ordinario, i finanziamenti autorizzati durante la CN concorreranno come prededuzione nel concordato/fallimento grazie al decreto che li aveva qualificati.
- Nel caso in cui la composizione negoziata non riesca e l’imprenditore attivi il concordato semplificato (liquidatorio) ex art. 25-sexies CCII, come già notato, la legge non ha previsto espressamente prededuzioni per i professionisti di questa fase. L’art. 25-sexies stesso al comma 5 richiama solo poche norme del concordato preventivo (non l’art. 6) e quindi i crediti del legale che predispone la proposta di concordato semplificato, o dell’esperto che magari aiuta a trovare l’acquirente per gli asset, non risultano nominati. La dottrina (ad esempio un articolo su Diritto della Crisi, febbraio 2024) ha evidenziato che “i compensi dei professionisti del concordato semplificato non sono prededucibili (così come quelli per l’accesso alla liquidazione giudiziale)”. Dunque, paradossalmente, chi assiste un’azienda in concordato “semplificato” è meno tutelato di chi lo fa in un concordato ordinario. Questa potrebbe essere un’area di futuro intervento legislativo. Dal lato pratico, il debitore in concordato semplificato dovrà prevedere nel decreto di omologa il pagamento dei professionisti come costi (il tribunale in sede di omologa può disporlo), ma se poi segue un fallimento (perché il concordato semplificato non raggiunge gli obiettivi), quei professionisti non avranno prededuzione nella liquidazione successiva se non per altra via (ad esempio, se uno di essi è nominato liquidatore ausiliario ex art. 25-septies, il suo compenso in quanto ausiliario sarebbe prededucibile).
- Qualora il concordato semplificato venga omologato, un liquidatore (ausiliario del giudice) gestisce la liquidazione: il suo compenso è prededucibile (viene di solito prelevato prima di distribuire ai creditori). Dunque almeno gli organi nominati dal tribunale in concordato semplificato (ausiliario, eventuali altri) sì, rientrano in spese di giustizia. Ma i consulenti scelti dal debitore per predisporre la domanda no.
In conclusione, per la composizione negoziata e concordato semplificato, dal punto di vista del debitore:
- È uno strumento flessibile che consente di reperire credito fresco con la carota della prededuzione (buono per il debitore che ha bisogno di soldi subito). Attenzione però a chiedere le autorizzazioni giuste, perché se prende soldi senza autorizzazione, quei creditori faranno la fila normale.
- I costi dell’esperto e dei consulenti per eventuale concordato semplificato dovrà sopportarli tendenzialmente come uscite ex ante (non confidare in pagamenti prededucibili futuri se non espressamente garantiti). Quindi potrebbe doverli pagare cash o accordarsi.
- Se la comp. negoziata degenera in fallimento senza passare per concordato semplificato, i finanziamenti autorizzati restano prededucibili in fallimento comunque, per virtù del provvedimento ex art. 22 CCII.
- Un riflesso fiscale: supponiamo che durante la comp. negoziata ottenete un finanziamento prededucibile e lo usate per pagare fornitori; poi fallite. Quel finanziatore prededucibile sarà pagato prima e integralmente, quindi in sostanza quei soldi li ha “messi in sicurezza” – potenzialmente creando minor soddisfazione per Fisco e altri privilegiati. Non a caso qualche commentatore temeva che l’uso intensivo di finanziamenti prededucibili potesse erodere la base per i crediti fiscali, ma la legge bilancia ciò con l’intervento del giudice (deve autorizzare solo se funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori in prospettiva di risanamento).
Procedure di Sovraindebitamento (Crisi da sovraindebitamento)
Il CCII ha assorbito anche le procedure prima regolate dalla Legge 3/2012 per soggetti non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, consumatori). Abbiamo visto che l’art. 6 lett. a) tutela il compenso dell’OCC, mentre altre prededuzioni possibili:
- Nella composizione della crisi minore (accordo di ristrutturazione per piccoli) e piano del consumatore, i costi procedurali (OCC, eventuali ausiliari) sono prededucibili e vanno pagati prima di ogni pagamento ai creditori. Spesso questi costi sono saldati dallo stesso debitore in via anticipata o sono contenuti.
- Nella liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio, analoga al fallimento ma per sovraindebitati), tutte le spese della procedura, compenso del liquidatore e OCC, spese di giustizia sono prededucibili come in un fallimento. Niente di diverso, salvo la scala ridotta.
- Non esiste qui il concetto di finanziamenti prededucibili, perché raramente un consumatore in sovraindebitamento otterrà finanziamenti durante la procedura. È più un contesto di smaltimento passivo che di risanamento attivo. Quindi le prededuzioni sono essenzialmente le spese e i compensi.
Una particolarità: nei piani del consumatore a volte la giurisprudenza discuteva se le spese dell’OCC dovessero essere pagate prima o potessero essere falcidiate. Con il CCII è chiaro: vanno pagate integralmente (prededuzione), dunque i piani devono prevedere la loro integrale soddisfazione.
Aspetti Fiscali e Previdenziali della Prededuzione nelle Crisi d’Impresa
Passiamo ora ad esaminare specificamente come interagiscono le norme fiscali e contributive con la prededuzione, un tema che interessa molto sia il debitore sia i professionisti che lo assistono, perché coinvolge Fisco, INPS ed altri enti.
1. Debiti fiscali e contributivi sorti PRIMA della procedura: questi non sono prededucibili (sono crediti concorsuali, spesso privilegiati). Ad esempio, IVA non versata o contributi INPS arretrati al momento dell’apertura del fallimento vanno in privilegio ex art. 2752 c.c. (nel fallimento concorreranno come privilegiati, non come prededotti). Nel concordato, tali debiti fiscali e contributivi possono essere trattati tramite la transazione fiscale e contributiva (art. 63 CCII, ex art. 182-ter L.Fall.) e possono anche essere falcidiati, tranne l’IVA e le ritenute che richiedono il pagamento almeno integrale del capitale (secondo le attuali norme). Quindi, prededuzione non c’entra per questi: o li paghi come privilegiati nel piano, oppure li stralci col voto dell’Erario se possibile.
2. Debiti fiscali e contributivi sorti DURANTE la procedura: questi, come già detto, sono prededucibili in virtù dell’art. 6 lett. d) CCII. Esempi:
- IVA sulle operazioni di liquidazione: se il curatore fallimentare vende un immobile, dovrà versare l’IVA sulla vendita. Generalmente, dal prezzo incassato trattiene l’IVA dovuta e la versa all’Erario come spesa di procedura. L’importo dell’IVA non entra proprio nel riparto ai creditori: è prededotto prima. Quindi per il Fisco è ottimo perché riceve quell’IVA integralmente e subito. In un concordato liquidatorio con cessione beni, parimenti il liquidatore dovrà pagare l’IVA sulle vendite come costo prededotto (infatti l’IVA generata da atti della procedura non può essere falcidiata, essendo debito di massa).
- Ritenute IRPEF su salari pagati dal curatore: se il curatore paga stipendi ai dipendenti dell’esercizio provvisorio, effettua le ritenute fiscale e contributive per legge. Quelle somme trattenute (che andranno a Erario e INPS) sono debiti prededucibili. Di solito, vengono versate ai rispettivi enti mensilmente: se il curatore non le versasse, quei enti avrebbero un prededotto. Fortunatamente, la legge fallimentare e il CCII contengono norme penali che obbligano gli organi a pagare regolarmente contributi e ritenute post-petition, per cui raramente restano insoluti.
- Imposte sui redditi generati dal concordato/fallimento: se l’impresa in concordato produce utili (raro per un concordato, ma possibile in continuità) o se un fallimento ha un saldo attivo che genera “reddito” tassabile (alcune componenti come plusvalenze su cessioni di beni aziendali), in teoria il fallimento dovrebbe pagare IRES/IRAP su quell’utile come soggetto IRPEF/IRES (nel fallimento la massa fallimentare è soggetto passivo ai fini IRPEG/IRAP? È tema tecnico: attualmente, l’impresa fallita continua a esistere fiscalmente e i redditi maturati durante la procedura sono dichiarati dal curatore per conto del fallito). Comunque, se c’è imposta dovuta, anch’essa rientra tra le spese di procedura (prededuzione). Tuttavia, la legge fiscale prevede importanti esenzioni:
- L’art. 88, comma 4-ter TUIR esenta da imposizione le sopravvenienze attive derivanti da concordati preventivi e accordi di ristrutturazione omologati, per la parte che eccede le perdite fiscali pregresse. In parole povere, la riduzione di debiti per stralcio in un concordato di risanamento non genera reddito tassabile. Dunque il debitore non si trova a dover pagare tasse sul debito condonato. Questo favorisce le procedure e di riflesso riduce possibili debiti prededucibili. Se ciò non ci fosse, un concordato che abbatte 1 milione di debiti potrebbe generare 1 milione di utile tassabile e decine di migliaia di euro di IRES prededucibile da pagare, paradossale. Fortunatamente, c’è l’esenzione.
- Attenzione però: l’esenzione vale per concordati di risanamento (cioè in continuità o comunque volti a proseguire l’attività). Se è un concordato liquidatorio puro con cessione beni, quell’esenzione non si applica se non erro (in passato vi era dibattito, ma poi la norma è stata interpretata restrittivamente: solo concordato con continuità e accordi di ristrutturazione godono di detassazione completa delle sopravvenienze; nel liquidatorio, per favorire la par condicio, la sopravvenienza è tassata ma l’aliquota IRPEF è ridotta perché viene considerata reddito d’impresa su basi particolari, comunque va oltre lo scopo dettagliare). Comunque, ipotizziamo un concordato liquidatorio: se per caso produce un saldo attivo superiore ai debiti pagati (difficile, di solito c’è deficit), quell’eccedenza sarebbe tassabile. In fallimento, l’art. 86 TUIR prevede esenzione delle plusvalenze realizzate in sede concorsuale limitatamente a quanto distribuito ai creditori (resta imponibile l’eventuale parte che va al debitore). In sintesi, nella maggior parte dei casi la procedura concorsuale non deve pagare imposte sui redditi ordinari.
- Tasse di registro, ipotecarie, catastali: atti come i decreti di trasferimento immobili o l’ammissione a procedure concorsuali sono talora esenti da imposte in virtù di norme speciali (il concordato preventivo, ad esempio, sconta solo 200€ fissi di registro per l’omologa). Invece la vendita di immobili in fallimento comporta il pagamento delle imposte di registro/ipocatastali come qualsiasi vendita (salvo agevolazioni). Il curatore deve prelevarle dal prezzo e versarle allo Stato. Anche questo è prededuzione ovviamente. Dunque i crediti dell’Agenzia Entrate per registro su vendite fallimentari non compaiono mai nello stato passivo: vengono detratti prima.
- Rottamazione e definizioni agevolate: questo è un punto focale recente. Le “rottamazioni” delle cartelle esattoriali sono procedure di condono parziale dei debiti fiscali affidati all’agente della riscossione. In passato, i tribunali avevano dubbi se un fallimento potesse aderire a una rottamazione, perché temevano che il pagamento preferenziale delle somme all’Erario violasse la par condicio. Il legislatore è intervenuto più volte per chiarire. Ad esempio, il D.L. 119/2018 (rottamazione-ter) all’art. 3, comma 18 ha stabilito che nelle procedure concorsuali pendenti le somme da versare per la rottamazione si considerano crediti prededucibili. La ratio: se un fallimento decide di aderire alla rottamazione (perché magari conviene alla massa pagare quel 50% di debito fiscale ed eliminare sanzioni), quelle somme vanno pagate integralmente prima di distribuire agli altri creditori. Ciò tutela l’Erario (che incassa ciò che ha pattuito) e rassicura il curatore che può pagarle senza timore di incorrere in revoche, essendo prededotte. La Legge di Bilancio 2023 ha fatto analoga previsione per la rottamazione-quater (anni 2000-2017): i commi 248-249 stabiliscono che nelle procedure concorsuali regolate dal CCII, alle somme dovute per la definizione agevolata si applica la disciplina dei crediti prededucibili. Così, se un concordato preventivo pendente include l’adesione alla rottamazione delle cartelle, i pagamenti delle rate della rottamazione avranno rango prededotto nel concordato. Il che implica, ad esempio, che il piano di concordato deve prevedere di pagare quelle rate come costi prededotti prima di dare qualcosa ai chirografari, e se si passa a fallimento, quelle rate (o saldo residuo se non pagate) saranno in prededuzione. Un chiarimento: dire che sono prededucibili “ai sensi degli artt. 111 e 111-bis L.Fall.” (vecchia norma) o art. 6 e 222 CCII (nuova) significa appunto che hanno priorità di pagamento. Non significa invece che li devi pagare subito e fuori concorso in ogni caso, c’è una differenza: nel concordato, ad esempio, potresti prevedere di pagarle dilazionate come da rottamazione (entro 5 anni) – l’importante è che quando vengono pagate, escono dall’attivo prima dei creditori concorrenti. Questo non contrasta con la par condicio perché c’è norma di legge che lo consente, ed evita che l’adesione alla definizione agevolata sia considerata un indebito favoritismo al Fisco (anche perché, va detto, la definizione agevolata in sé comporta un “favore” al debitore riducendo sanzioni e interessi, non un favoritismo all’Erario).
- Sul fronte previdenziale, le definizioni agevolate spesso includono anche i debiti INPS iscritti a ruolo. Le stesse norme valgono: se un fallimento aderisce, i pagamenti verso INPS per la definizione sono prededucibili ex lege.
- Esonero dal DURC: non è un tema di prededuzione strettamente, ma di frequente un debitore in concordato ha problemi col DURC (documento regolarità contributiva) perché ha debiti contributivi. La legge fallimentare e ora il CCII prevedono che l’ammissione al concordato consente di ottenere un DURC regolare ai fini di partecipare a gare pubbliche, nonostante ci siano debiti contributivi non pagati (dilazionati nel piano). Questo perché quei debiti contributivi sono concorsuali e saranno soddisfatti secondo il concordato. Questo aspetto è più procedurale, però rileva: ad esempio, un’azienda edile in concordato in continuità può continuare a operare grazie a questa norma.
3. Aspetti fiscali particolari legati a perdite e utili di procedura:
- Il debitore deve anche considerare che eventuali minusvalenze sui beni ceduti in ambito concorsuale possono essere deducibili fiscalmente e generare perdite. Queste perdite possono compensare eventuali future imposte. Questo rientra nella pianificazione fiscale del concordato: es. se riduco debiti, genero (in contabilità) una sopravvenienza attiva enorme, ma il TUIR me la rende esente nei limiti delle perdite pregresse. Se ho perdite pregresse, tanto meglio. Questa è un’ottica diversa, ma menzioniamo: il Fisco agevola i risanamenti non tassando le remissioni di debito oltre le perdite pregresse.
- Un altro punto: la Cassazione (Sez. Trib.) ha chiarito che le prededuzioni in ambito concorsuale, essendo spese necessarie, sono deducibili dal reddito d’impresa. Non che serva molto al fallimento, ma per un concordato in continuità, le spese di commissario, ecc., riducono l’utile fiscale. Giusto citare che c’è coerenza tra contabilità concorsuale e fiscale.
In generale, si può affermare che il legislatore fiscale coordina le sue mosse con il concorsuale per:
- Permettere al debitore di non essere gravato da imposte durante il risanamento (esenzione sopravvenienze, DURC provvisorio).
- Garantire all’Erario che se il debitore vuole sfruttare certi benefici (rottamazione) nella procedura concorsuale, le relative somme hanno uno statuto di protezione (prededuzione).
- Evitare che le procedure fallimentari ostacolino l’incasso dei tributi correnti (prededucibilità IVA, ecc.).
Per il debitore imprenditore, la consapevolezza di questi aspetti è utile per:
- Pianificare se aderire o no a definizioni agevolate durante la procedura (sapendo che dovrà reperire quelle somme come prededuzioni, ma ne trae il vantaggio di riduzione sanzioni).
- Capire che i debiti erariali post-petition non li potrà mai trattare al pari degli altri: vanno sempre pagati integralmente, prima o poi, salvo che i crediti disponibili non bastino (ma allora potrebbero risultare a suo carico).
- Considerare la possibilità di transazioni fiscali integrative: in concordato può proporre di pagare parzialmente i privilegiati fiscali e contributivi pregressi, ma i debiti fiscali prededucibili (quelli futuri) non sono negoziabili – deve pagarli per forza.
- Conoscere i riflessi sanzionatori: il mancato versamento di IVA o ritenute durante la procedura concorsuale, anche se considerato debito prededucibile, espone comunque il responsabile (curatore o debitore in continuità) a possibili sanzioni anche penali (es. omesso versamento). Quindi c’è doppio incentivo a pagare: rango legale e responsabilità personale.
Abbiamo dunque visto che la prededuzione permea anche la sfera tributaria e previdenziale delle procedure di crisi, con norme speciali finalizzate ad un bilanciamento tra recupero erariale e interessi degli altri creditori.
Casi Pratici e Simulazioni Numeriche sulla Prededuzione
Dopo tanta teoria, è utile vedere come funzionano i principi di prededuzione in situazioni concrete, con qualche numero. Presentiamo di seguito alcuni casi pratici ipotetici, con relativa simulazione di distribuzione dell’attivo, per illustrare l’impatto dei crediti prededucibili.
Caso 1: Fallimento con attivo insufficiente per prededuzioni
La società Alfa Srl è dichiarata insolvente e si apre una liquidazione giudiziale. L’attivo realizzato dal curatore, al netto dell’IVA e delle spese di vendita, è di €50.000. I debiti del fallimento sono:
- Compenso del curatore: €10.000 (prededucibile).
- Spese legali per azioni recuperatorie eseguite su autorizzazione: €5.000 (prededucibile).
- Finanziamento prededucibile concesso durante una precedente composizione negoziata, autorizzato dal tribunale: residuo €10.000 (prededucibile in virtù di art. 22 CCII).
- Crediti privilegiati (INPS, dipendenti pregressi, banca ipotecaria su immobile venduto): totali €30.000 di cui €20.000 ipotecari (coperti dall’immobile venduto a €20k) e €10.000 privilegiati vari.
- Crediti chirografari: €100.000.
Vediamo il riparto:
- Prededucibili totali: €10k + €5k + €10k = €25.000. L’attivo generale è €50.000, quindi in teoria può coprirli. Ma attenzione: €20.000 dell’attivo derivano da un immobile ipotecato venduto, che il curatore destinerebbe in primis alla banca ipotecaria. L’art. 222 co.2 CCII dice che dai beni con pegno/ipoteca si esclude la parte destinata ai garantiti. Significa che i €20.000 ricavati dall’immobile andranno alla banca (creditore ipotecario) integralmente, salvo eventuali spese specifiche. Dunque rimangono €30.000 di attivo generale disponibile per prededuzioni e altri crediti.
- I prededucibili ammontano a €25.000; l’attivo generale disponibile è €30.000: c’è capienza per pagarli integralmente. Il curatore quindi soddisferà integralmente tutti i prededucibili (compenso, avvocato, finanziatore). Dopo aver accantonato €25k per loro, restano €5.000.
- Ora i crediti privilegiati: la banca ipotecaria prende i €20.000 ricavati dal suo immobile (rimane con €0 su €20k, soddisfatta al 100%). Gli altri privilegiati (€10.000, es INPS e TFR dipendenti) attingono ai €5.000 residui dell’attivo generale, ottenendo così il 50% (5k su 10k). Purtroppo l’attivo generale è stato in gran parte assorbito dalle spese, quindi i privilegiati generali non vengono soddisfatti integralmente.
- I crediti chirografari non ricevono nulla, perché non è rimasta alcuna somma oltre a quelle andate ai privilegiati.
Risultato: tutti i prededucibili 100% pagati; privilegiati ipotecari 100% fino concorrenza bene; privilegiati generali 50%; chirografi 0%. Questo scenario mostra come le spese prededotte assorbono la maggior parte dell’attivo, riducendo drasticamente quanto resta per gli altri. Dal punto di vista del debitore, questo significa anche che se fosse persona fisica e avesse chiesto esdebitazione, quelle spese già pagate non gravano su lui; i privilegiati insoddisfatti e chirografi verrebbero esdebitati; ma la parte di compenso curatore eventualmente rimasta scoperta (in questo caso nulla) non sarebbe comunque esdebitabile.
Caso 2: Concordato preventivo in continuità con esercizio dell’attività
La società Beta sta eseguendo un concordato preventivo in continuità omologato. Nel corso di 1 anno di esecuzione del piano, Beta ha:
- contratto debiti verso fornitori post-concordato per €100.000 (beni acquistati per mandare avanti l’attività secondo il piano).
- onorato regolarmente i pagamenti di queste forniture ad eccezione di un saldo di €10.000 rimasto dovuto (perché il piano ha avuto un temporaneo problema di liquidità).
- maturato debiti fiscali correnti per €20.000 (IVA e ritenute) che però ha versato regolarmente grazie alle vendite effettuate.
- pagato il compenso del commissario (€15.000) e le spese di procedura iniziali come da piano.
Tuttavia, a metà del secondo anno Beta subisce un nuovo calo e il concordato viene risolto per inadempimento, aprendo la via alla liquidazione giudiziale.
Nella successiva liquidazione giudiziale:
- I fornitori post-concordato (quelli dei €10.000 residui) chiederanno di essere ammessi in prededuzione. Il curatore valuterà: sono crediti sorti durante la procedura di concordato per la continuazione dell’impresa, quindi sì, prededucibili, a condizione che fossero necessari e autorizzati dal piano. Essendo in esecuzione di concordato omologato, l’impresa aveva libertà ordinaria; questi fornitori rientravano nell’attività ordinaria, per cui sono prededucibili. Riceveranno soddisfazione prima degli altri crediti nel fallimento (possono insinuarsi come prededuzione).
- I debiti fiscali correnti erano stati pagati, dunque non ne residuano; se ne residuassero (ad es. ultima liquidazione IVA prima di fallire non versata), quell’importo sarebbe prededuzione anch’esso (debito per IVA maturata durante concordato).
- I creditori anteriori di Beta (parte del concordato) tornano in scena come concorsuali nel fallimento, in virtù della risoluzione del concordato. Essi tuttavia troveranno l’attivo eroso dal pagamento in prededuzione prima dei fornitori post-concordato. Se l’attivo è piccolo, rischiano di non vedere nulla.
Questo caso mette in luce la consecuzione di procedure: i creditori post-concordato scavalcano i creditori del concordato originari una volta che si finisce in fallimento. Per il debitore Beta, ciò implica che ha privilegiato (legittimamente, per legge) chi lo ha aiutato a portare avanti l’attività durante la crisi, mentre chi era creditore prima è rimasto ulteriormente penalizzato dal fallimento successivo. È un effetto voluto dalla norma per incoraggiare i partner commerciali a supportare l’impresa in concordato, sapendo che non perderanno quanto fornito (o almeno avranno prelazione in caso di fallimento).
Caso 3: Esempio di riparto fallimentare con beni vincolati e art. 223 CCII
Immaginiamo il fallimento Gamma, con:
- 1 immobile ipotecato venduto a €100.000;
- 1 magazzino di beni mobili (liberi) venduti a €50.000;
- Prededucibili totali €30.000, di cui €5.000 spese specifiche per custodia e vendita dell’immobile ipotecato (spese legali e di custode) e €25.000 altre spese generali.
- Credito ipotecario: €120.000 (banca).
- Altri creditori: €30.000 privilegiati su mobili, €50.000 chirografi.
Distribuzione ipotetica applicando il principio (vecchio art. 111-ter L.Fall., ora presumibilmente art. 223 CCII):
- Dai €100.000 ricavati dall’immobile, si pagano prima le spese specifiche attinenti a quel bene (€5.000 custodia e vendita). Rimangono €95.000 per la banca ipotecaria, che tuttavia ha credito €120.000, quindi resterà in parte insoddisfatta (€25.000 residuo, che diventa chirografo).
- I restanti prededucibili generali (€25.000) e i crediti privilegiati su mobili (€30.000) e chirografi (€50.000 + €25.000 residuo banca) concorrono sui €50.000 del magazzino.
- Prededucibili generali €25k su attivo €50k: li paghiamo integralmente, restano €25k.
- Privilegiati mobili €30k vs residuo attivo €25k: non c’è capienza piena, dunque prendono pro-quota (circa 83%). Precisamente, se privilegio su mobili ha prelazione sul magazzino (supponiamo riguardi TFR dipendenti, art. 2751-bis n.1 c.c.), allora prendono prima loro su quei €25k rimasti. In realtà i privilegiati su mobili vengono prima dei chirografi quindi prenderanno tutti i €25k rimasti, soddisfacendosi all’~83% e lasciando €0 per i chirografi (compreso il residuo banca ipotecaria).
Risultato: la banca ipotecaria ha avuto €95k (79%), i dipendenti €25k (83%), prededucibili tutti €30k (100%), chirografi zero. In questo esempio abbiamo visto come una parte delle spese prededucibili (i €5k) è stata prelevata dalla vendita del bene ipotecato, riducendo il ricavato per la banca: è la logica che anche i creditori garantiti sopportino una parte delle spese di gestione e liquidazione dei beni che li interessano. Se quell’immobile non avesse generato spese (mai il caso, ma ipotizziamo), la banca avrebbe preso €100k. Poiché ha richiesto custodia e perizia, quel costo è stato dedotto. Dunque, la prededuzione incide su tutti in modo equo: sui beni generali incide per i creditori chirografari e privilegiati generici, sui beni gravati incide sui creditori garantiti per la quota di spese specifiche.
Caso 4: Concordato con definizione agevolata ruoli
La società Delta presenta un concordato preventivo liquidatorio offrendo il 30% ai chirografari. Ha €1.000.000 di debiti col fisco (ruoli esattoriali), di cui €200.000 di capitale e €800.000 tra sanzioni e interessi. Decide di aderire alla rottamazione-quater durante la procedura: ciò le consentirà di pagare solo il capitale senza sanzioni e interessi. Quindi dovrà pagare €200.000, in 18 rate in 5 anni. Nel piano di concordato, Delta inserisce l’adesione e destina parte dei ricavi alla rottamazione.
Secondo la L. 197/2022 (Bilancio 2023), quei €200.000 da pagare alla riscossione si considerano crediti prededucibili. In pratica:
- Delta nel piano classifica i €200k come spesa prededotta, li paga in 5 anni parallelamente all’esecuzione del concordato (le scadenze rate combaceranno magari col piano di riparto ai creditori).
- Questo impatta sui creditori chirografari: se l’attivo liquidabile è, ad esempio, €500.000, prima di tutto Delta accantonerà €200.000 per pagare l’Agenzia Entrate-Riscossione (prededucibile ex lege), i restanti €300.000 andranno ai creditori secondo il piano (privilegiati, poi chirografari). I chirografari ottengono così meno di quanto avrebbero se la definizione non fosse stata fatta, ma in teoria la definizione ha ridotto il debito del fisco da €1.000.000 a €200.000, rendendo fattibile il concordato. Quindi c’è un beneficio complessivo.
- Se Delta non rispettasse il concordato e fallisse, i €200.000 residui non ancora pagati della rottamazione sarebbero insinuati dall’ADER in prededuzione nel fallimento. E dovrebbero essere saldati prima di ogni altra cosa, pena la decadenza dalla definizione (la legge sulla rottamazione prevede che se non paghi le rate perdi il beneficio e rivivono gli importi originari). Questo scenario è complicato: in fallimento decadrebbe l’agevolazione se non paghi, quindi l’Agenzia potrebbe insinuare l’intero importo originario (forse con privilegi) o chiedere al commissario di pagare velocemente il residuo in prededuzione entro le scadenze. Non c’è una risposta univoca perché non abbiamo molti casi concreti ancora, ma la logica prededuttiva serve proprio a far sì che il curatore paghi quelle rate prima di distribuire ad altri.
Caso 5: Credito del professionista e apertura procedura
Un piccolo imprenditore presenta nel 2023 domanda di concordato “in bianco” (prenotativo) con l’assistenza di un advisor finanziario. La domanda viene però dichiarata inammissibile dal tribunale per mancanza dei presupposti e l’imprenditore finisce in liquidazione giudiziale subito dopo su istanza di un creditore. L’advisor aveva un accordo di compenso di €50.000, di cui €20.000 già pagati ante deposito (acconto) e €30.000 da pagare. Come verrà trattato il suo credito?
- Poiché il concordato non è stato aperto, l’attività dell’advisor non ricade nella prededuzione ex art. 6 lett. c) (manca la condizione della procedura aperta). Inoltre, l’acconto di €20k che ha ricevuto poco prima della domanda potrebbe addirittura essere considerato un pagamento preferenziale sospetto (se pagato mentre l’impresa era già insolvente, a ridosso del concordato, potrebbe innescare una revoca ex art. 167 L.Fall. vecchio o art. 49 CCII se non autorizzato). Difatti, la Cassazione nel caso di Salerno (v. ord. 34535/2023) censurava il fatto che i professionisti si fossero pagati in anticipo prima del concordato non dichiarandolo.
- Nel fallimento, l’advisor potrà insinuarsi solo come creditore chirografario per €30.000 (il residuo, perché i €20k già ricevuti potrebbe doverli restituire se revocati), non godrà di prededuzione. In base ai principi esaminati, l’assenza dell’apertura del concordato gli fa perdere quel beneficio. Così i creditori concorsuali “normali” non verranno scavalcati dalla sua parcella.
- Questo esempio illustra come la scelta del tribunale di non ammettere la procedura incide sui professionisti: un elemento dissuasivo da presentare domande manifestamente inammissibili solo per generare prededuzioni. E dal lato debitore indica che se la domanda è debole, nemmeno i propri consulenti verranno protetti – il che in teoria riduce il rischio di comportamenti opportunistici (nessun consulente serio lavorerebbe solo per depositare una domanda inconsistente, sapendo di non essere pagato se va male).
Questi casi pratici potrebbero continuare, ma quelli presentati coprono le situazioni più significative: insufficienza di attivo, impatto sui privilegiati, continuità e consecuzione, definizioni col Fisco, e implicazioni per i professionisti.
Domande Frequenti (FAQ) sulla Prededuzione
Vediamo ora alcune delle domande più frequenti in materia di prededuzione, con risposte concise e riferimenti dove opportuno:
Q1: Cosa significa in concreto “credito prededucibile”?
A1: Significa che quel credito verrà soddisfatto con precedenza su tutti gli altri crediti nell’ambito di una procedura concorsuale. In concreto, nel riparto dell’attivo, i crediti prededucibili si collocano al primo posto: vengono pagati integralmente (se c’è attivo sufficiente) prima di passare a pagare i creditori privilegiati e, poi, eventuali chirografari. Se l’attivo non basta nemmeno per i prededucibili, questi vengono pagati parzialmente e null’altro viene distribuito ai creditori concorsuali. Il fondamento è che tali crediti sono sorti in funzione o durante la procedura stessa, o sono dichiarati tali dalla legge, quindi sono considerati “costi della procedura” o comunque funzionali al miglior esito della gestione della crisi.
Q2: Quali sono i principali esempi di crediti prededucibili?
A2: Alcuni esempi tipici:
- Le spese legali e i compensi del professionista attestatore per presentare un concordato preventivo (ammesso dal tribunale) – prededucibili al 75%.
- Il compenso del curatore fallimentare, del commissario giudiziale, del liquidatore o degli altri organi nominati dal tribunale – prededucibili 100% (spese di giustizia).
- I debiti contratti dal curatore per continuare temporaneamente l’impresa fallita (utenze, materie prime, affitti) – prededucibili 100%.
- Un prestito bancario erogato, con autorizzazione del giudice, durante una composizione negoziata o un concordato, per pagare stipendi o fornitori essenziali – prededucibile (in caso di successivo fallimento) per intero.
- Le somme dovute al Fisco per IVA e altre imposte maturate durante la procedura – prededucibili 100% (vengono pagate subito dal curatore prima di distribuire il netto ai creditori).
- Il compenso dell’Organismo di Composizione della Crisi nel sovraindebitamento – prededucibile 100%.
- In generale, i crediti previsti dall’art. 6 CCII lettere a), b), c), d) analizzati prima (OCC, professionisti concordato/ARD, debiti di procedura).
Q3: I crediti prededucibili hanno bisogno di insinuazione al passivo?
A3: Dipende. Se il credito è sorto prima dell’apertura della procedura successiva (es. compenso avvocato concordato precedente, da insinuare nel fallimento), allora il titolare deve presentare domanda di ammissione al passivo indicando che chiede il rango prededucibile. Sarà il giudice a riconoscerlo tale in sede di stato passivo. Se invece il credito sorge durante la procedura in corso (es. compenso curatore, fattura fornitore del curatore), in teoria non deve essere insinuato tramite il normale procedimento: il curatore/commissario lo registra nelle spese e lo paga direttamente se possibile. L’art. 222 CCII infatti esclude dall’accertamento formale i prededucibili non contestati per ammontare e collocazione. In pratica però, per sicurezza, alcuni professionisti presentano ugualmente domanda di ammissione in prededuzione (soprattutto in fallimenti) per “prenotare” il diritto se sanno che non verranno pagati subito. Ad esempio, il legale che ha assistito il debitore nel concordato precedente, quando il debitore fallisce, farà domanda di ammissione in prededuzione nel fallimento entro il termine, così che il suo credito compaia nello stato passivo. Se il curatore non contesta, lo ammette in prededuzione; se contesta, si discute davanti al giudice. Quindi: non vanno insinuati i prededucibili “interni” pagabili a strettissimo giro (il curatore li paga e basta), vanno insinuati quelli anteriori o non immediatamente pagati, per essere certi di rientrare nei riparti futuri.
Q4: In un concordato preventivo, devo pagare per intero i crediti prededucibili? Posso chiedere ai titolari di rinunciare a qualcosa?
A4: La regola generale è che nel concordato preventivo tutti i crediti prededucibili devono trovare integrale soddisfazione (100% dell’importo prededucibile). Questa è condizione di fattibilità giuridica: un concordato che non preveda di pagare per intero un prededucibile sarebbe inammissibile o non omologabile. Tuttavia, nulla impedisce che il titolare del credito prededucibile rinunci volontariamente a una parte del suo credito o del privilegio. Ad esempio, spesso i professionisti concordatari, i cui crediti sarebbero prededucibili al 75%, accettano di limitare il loro compenso (rinunciare al 25% non prededucibile, o anche ridurre il 75% stesso) per migliorare la percentuale ai creditori e agevolare l’omologazione. Lo fanno su base volontaria, magari per senso etico o per contratto col debitore. Ma se il titolare insiste per avere tutto, il piano deve dargli tutto in prededuzione. Un’altra eccezione: il CCII prevede esplicitamente per i crediti dei professionisti ante apertura concordato e ante omologa accordi solo il 75% come prededucibile; quindi quel 25% non è a carico del piano se il professionista non lo vuole condonare verrà in chirografo. In sintesi, non si può imporre una decurtazione su un prededucibile, ma si può contrattare col soggetto. Ad esempio, negli accordi di ristrutturazione spesso l’Agenzia Entrate, pur avendo crediti prededucibili per IVA corrente, accetta di dilazionarli (ma non di ridurli). Nei concordati, i fornitori post-petition di solito esigono il pagamento integrale o non forniscono. Quindi è un vincolo rigido.
Q5: Se l’attivo non basta a coprire tutti i prededucibili, chi decide chi viene pagato?
A5: Come detto, di norma tutti i prededucibili concorrono pro-quota se l’attivo è insufficiente. Non c’è un potere discrezionale del giudice di preferirne uno rispetto a un altro (ad es. non si può dire “pago prima i dipendenti poi il finanziatore prededotto”: o c’è differenza di prelazione in re o altrimenti vanno paritariamente). Il giudice delegato e il curatore predisporranno un piano di riparto finale in cui, supponendo di avere attivo X e prededuzioni totali >X, distribuiranno X proporzionalmente agli importi di ciascuna prededuzione riconosciuta. Unico caso di scelta: se parte di attivo deriva da beni gravati, come visto, una porzione di prededuzioni (spese specifiche) viene imputata su quei beni, quindi in un certo senso si privilegia quelle spese su quell’attivo. Ma entro quell’ambito, ancora, proporzione. Dunque non c’è arbitrio: vige la par condicio creditorum anche tra prededucibili, salvo cause legittime di prelazione. Ci sono state situazioni ove il tribunale ha autorizzato il pagamento immediato di alcuni prededucibili urgenti prima di altri (es. pagare dipendenti per evitare scioperi in esercizio provvisorio). Ma se poi a fine procedura i soldi mancano per altri prededotti, il curatore o lo Stato dovrà farsene carico. Tecnicamente, se un curatore paga un prededotto e poi non riesce a pagare un altro di pari grado, quest’ultimo potrebbe contestare la scelta. Perciò i curatori sono cauti a pagare anticipatamente solo se stimano di poter pagare tutti.
Q6: Un creditore privilegiato (es. banca ipotecaria) può opporsi a pagare le spese prededucibili sul bene dato in garanzia?
A6: No, non può opporsi se si tratta di spese necessarie alla conservazione o vendita del bene. La legge (prima art. 111-ter L.Fall., ora articoli 222-223 CCII) prevede che certe spese sostenute dalla procedura a beneficio anche del creditore garantito gravino sul ricavato prima di soddisfarlo. Il classico esempio: la custodia di un immobile ipotecato, le tasse immobiliari durante la procedura o le spese d’asta. Queste sono prededuzioni e vengono detratte dal prezzo di vendita dell’immobile prima di pagare la banca. La banca non può farci nulla, è la condizione di partecipare alla procedura concorsuale: accetta che una piccola parte serva a pagare i costi, altrimenti il bene non si sarebbe valorizzato. Di solito i creditori ipotecari vigilano affinché tali spese siano contenute (ad esempio, se un curatore spende troppo in custodia, il creditore ipotecario può lamentarsi al giudice). Ma se sono spese legittime e proporzionate, restano a suo carico. Diverso sarebbe se il curatore usasse il ricavato del bene ipotecato per pagare prededuzioni non afferenti quel bene: questo in teoria non deve avvenire (infatti art. 222 co.2 lo esclude). Se accadesse (perché magari la contabilità separata non è rigorosa), la banca potrebbe opporsi al riparto.
Q7: I crediti dei lavoratori hanno prededuzione?
A7: Bisogna distinguere:
- I salari e stipendi maturati PRIMA della procedura concorsuale (fallimento o concordato) non sono prededucibili, ma hanno privilegio generale ex art. 2751-bis c.c. Quindi verranno pagati dopo i prededotti ma prima degli altri chirografi, solitamente. Nel concordato sono spesso falcidiati ma con minimo 20% se chirografo.
- I salari maturati DURANTE la procedura (ad es. il curatore mantiene i dipendenti per 2 mesi in esercizio provvisorio, o la società in concordato in continuità continua a pagare gli stipendi) – questi stipendi sono debiti della massa e come tali prededucibili. In genere il curatore li paga mese per mese. Se non li paga, i dipendenti avranno titolo prededotto nello stato passivo. Stessa cosa per il TFR maturato durante la procedura (es. curatore licenzia i dipendenti, il TFR per il periodo post apertura è prededotto).
- I trattamenti di fine rapporto e le altre spettanze di lavoro maturate interamente prima restano privilegiati, non prededotti.
- Compensi di co.co.co. o collaboratori autonomi: se sono prestazioni rese durante la procedura su incarico degli organi, rientrano in prededuzione come prestazioni professionali richieste dagli organi. Se erano crediti antecedenti (es. parcella consulente del lavoro per lavoro fatto prima), no prededuzione ma privilegio se rientra in 2751-bis n.2 (professionisti 1 anno).
- Una questione: i dipendenti spesso sono pagati dal Fondo di Garanzia INPS per TFR e ultime 3 mensilità in caso di fallimento. L’INPS poi si insinua al posto loro. Ma il Fondo paga solo crediti da lavoro ante procedura. Le retribuzioni per attività durante l’esercizio provvisorio non le paga il Fondo, deve pagarle il curatore come prededuzione (ed è giusto perché sono “spese” dell’impresa in esercizio provvisorio). Quindi c’è un meccanismo di tutela: prima durante la procedura li paga il curatore prededucendoli; se non riesce, quei lavoratori hanno comunque diritto al Fondo per i loro crediti da lavoro di gestione? Non credo, perché il Fondo copre solo periodo pre-insolvenza. Perciò è cruciale che il curatore non faccia lavorare persone se non può pagarle – altrimenti diventano prededotti insoddisfatti e quei lavoratori restano beffati (anche se potrebbero rivalersi col privilegio speciale sul fondo di esercizio provvisorio, ma spesso quell’attivo non c’è). In pratica i tribunali autorizzano esercizio provvisorio solo se prevedono di poter pagare i dipendenti correnti.
Q8: Il professionista attestatore ha sempre diritto alla prededuzione?
A8: Soltanto a certe condizioni. Se parliamo dell’attestatore del piano di concordato preventivo o dell’accordo ex art. 57 CCII:
- Deve esserci stata l’apertura del concordato o l’omologazione dell’accordo. In caso affermativo, il suo credito è prededucibile (75% in concorso). Ad esempio, attestatore concordato: se il concordato è ammesso, sì (75% preded.); se inammissibile, no.
- Nel dubbio, ci sono state pronunce contrarie nel passato quando la procedura falliva subito: prima delle SS.UU. 2021, c’era conflitto su attestatore concordato non ammesso: alcune corti davano prededuzione se comunque la domanda era stata presentata – ora non più, serve apertura.
- L’attestatore del piano di risanamento non soggetto a omologa (piano art. 56 CCII, ex art. 67 L.Fall.) non ha prededuzione perché quella non è procedura concorsuale. Se il piano fallisce e l’azienda fallisce, il suo credito è chirografo semplice.
- L’attestatore nominato dal tribunale in alcune procedure (es. nelle misure protettive dell’ADR può essere nominato un ausiliario per attestare qualcosa) invece sì, avrebbe prededuzione perché nominato organo ausiliario (ma è evenienza rara).
- Dunque, l’attestatore deve sperare che la procedura vada avanti abbastanza da riconoscergli il rango. In caso di comportamento scorretto (false attestazioni) addirittura può perdere ogni diritto e subire azioni di responsabilità, quindi figurarsi prededuzione: non la vedrà.
Q9: Se un concordato preventivo non paga tutti i debiti prededucibili, cosa succede?
A9: Non dovrebbe succedere perché il tribunale non lo omologherebbe se vede che alcune prededuzioni rimangono scoperte. Mettiamo però che un concordato sia stato omologato prevedendo di pagare le prededuzioni al 100%, ma poi in esecuzione il debitore non riesce a pagarne qualcuna (es. non versa per intero il compenso del commissario). In quel caso, molto probabilmente i creditori pretermessi (il commissario non pagato) chiederanno la risoluzione del concordato per inadempimento. Una volta risolto, si aprirà la liquidazione giudiziale e quel credito del commissario rimasto impagato sarà ammesso come prededucibile lì. In sintesi, la mancata soddisfazione dei prededotti porta al fallimento (nel concordato liquidatorio c’è addirittura una norma, art. 119 CCII, che dice che se non vengono depositate le somme per i crediti prededucibili e privilegiati entro certi termini, scatta la risoluzione di diritto). Quindi succede che il concordato viene meno e si apre la fase liquidativa dove comunque i prededotti dovranno essere pagati prima di tutto il resto. Il debitore quindi in pratica non evita di pagarli: o li paga durante il concordato come promesso, o fallisce e li dovrà pagare il curatore con prelazione su quell’attivo che magari era destinato ai chirografari.
Q10: La prededuzione garantisce il pagamento integrale e tempestivo?
A10: Garantisce la priorità, non la certezza assoluta del pagamento. Se l’attivo è sufficiente, sì saranno pagati integralmente. Se l’attivo è scarso, i prededucibili potrebbero ricevere solo un pagamento parziale proporzionale. Inoltre sul quando: avere un credito prededucibile non significa che vieni pagato subito (tranne alcune eccezioni). Di solito devi attendere che il curatore/liquidatore raccoglia l’attivo e poi, al momento opportuno (spesso verso la fine, quando c’è liquidità sufficiente), paga. Molte spese di procedura però sono via via anticipate: es. spese vive, fornitori continuativi vengono pagati periodicamente col consenso degli organi, come visto con l’art. 222 co.3 CCII. Quindi dipende: un finanziatore prededucibile di solito attende la fine per rientrare, un fornitore prededucibile può chiedere pagamenti interim. In fallimento, il curatore può fare riparti parziali se ha incassato molto: in quei riparti, prima soddisfa eventuali prededuzioni maturate. Quindi direi: la prededuzione garantisce di stare davanti agli altri in fila, non di essere pagato domani (anche se chi eroga finanziamenti DIP spesso contratta anche che il curatore paghi gli interessi periodicamente, ma rientra nelle condizioni specifiche).
Q11: In caso di più procedure consecutive (consecuzione), il creditore prededucibile deve insinuarsi in ciascuna?
A11: Se la procedura cambia, conviene insinuarsi nella nuova per far valere la prededuzione lì. Esempio: ho credito prededucibile nel concordato A che fallisce e passa a liquidazione giudiziale B. Devo presentare domanda nel fallimento B per ottenere lo stato prededotto lì, altrimenti rischio di essere dimenticato. La legge dice che il carattere prededuttivo permane, ma è bene attivarsi. In genere, i commissari giudiziali o liquidatori trasmettono al giudice delegato del fallimento l’elenco di eventuali prededuzioni non soddisfatte della procedura precedente. Ma per sicurezza, l’interessato fa istanza di ammissione in prededuzione nel fallimento, allegando la documentazione della procedura precedente (decreto di omologa, ecc.). Dunque, sì, ogni procedura ha il suo rito di accertamento, non c’è passaggio automatico di stati passivi. A volte però le normative transitorie prevedono passaggi di consegna: per es. in un concordato preventivo non omologato che vira in fallimento su domanda del debitore stesso, il commissario può trasmettere al fallimento le domande di crediti arrivate nel concordato (art. 48 CCII). E in quelle potrebbero esserci crediti prededucibili. Sta poi al curatore riconoscerli.
Q12: Un creditore chirografario può diventare prededucibile?
A12: Non per i crediti che aveva già. Ma se durante la procedura concorsuale fa nuove forniture o concede nuovo finanziamento, quelle nuove operazioni possono generare un credito prededucibile. In altre parole, un creditore originario chirografario può “convertire” parte del suo rischio accettando di dare nuova finanza dietro garanzia prededuzione. Ad esempio, un fornitore non pagato (chirografo) in concordato potrebbe accettare di continuare a fornire beni durante il concordato, perché i nuovi fornimenti saranno prededucibili e pagati. Così recupera almeno su quella parte. Oppure una banca creditrice chirografa concede un “refresh” di liquidità su autorizzazione, ottenendo prededuzione su questo nuovo prestito (mentre il vecchio credito resta chirografo soggetto a falcidia). Non c’è modo invece che un credito già esistente, di colpo, diventi prededucibile (a meno di una legge speciale come la rottamazione che trasforma un debito fiscale concorsuale in prededotto per la parte definita, ma è un caso peculiare e normato). Quindi il cambio di rango riguarda solo nuovi crediti.
Q13: I crediti per finanziamenti dei soci sono prededucibili?
A13: Di regola, i finanziamenti soci fatti quando la società era in crisi sono postergati (quindi ultimi). Ma il CCII e prima il L.Fall. hanno introdotto un’eccezione: se il socio finanzia l’azienda nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione omologato e ciò è previsto dal piano, quel finanziamento può essere considerato prededucibile. Ciò serve per incentivare i soci a mettere soldi freschi nel risanamento senza paura di perderli dietro tutti. L’art. 102 CCII lo conferma. Condizioni: deve essere un finanziamento effettuato in esecuzione del concordato o ADR omologato, oppure anche in funzione se autorizzato (oggi non so se consente in funzione, il vecchio 182-quater L.Fall. sì). Se invece il socio aveva versato soldi prima spontaneamente, resta postergato. Quindi: sì, i soci possono avere prededuzione solo se seguono la procedura prevista, altrimenti no (normalmente i soci sono in fondo).
Q14: Nel concordato semplificato i professionisti sono prededucibili?
A14: Purtroppo no, non automaticamente. Come discusso, l’art. 6 CCII non menziona il concordato semplificato e il correttivo-ter 2024 non ha inserito tale riferimento. Ciò significa che il creditore professionista che ha aiutato a redigere la proposta di concordato semplificato non rientra nelle lett. b) o c) dell’art. 6. Quindi il suo credito non è prededucibile per legge. In sede di omologa del concordato semplificato, il tribunale può riconoscergli un pagamento come costo, ma quel pagamento avviene all’interno del concordato stesso (che è una procedura concorsuale: se c’è attivo, perché no). Però se poi segue un fallimento consecutivo, quel credito non ha il “marchio” per essere prededotto nella liquidazione, se non appunto usando l’escamotage che fu nominato ausiliario (ma normalmente non è nominato). Dunque è una lacuna normativa. Anche i crediti dei professionisti che assistono per l’accesso al fallimento non sono prededucibili (se un imprenditore paga un avvocato per presentare istanza di propria liquidazione giudiziale, quell’avvocato è un creditore come gli altri, di solito chirografo privilegiato 2751-bis c.c.). Non c’è norma per prededurlo. E infatti in quell’articolo citato li accomunano: “non prededucibili i compensi dei professionisti del concordato semplificato né quelli per l’accesso alla liquidazione giudiziale”. Il legislatore ha ritenuto di non dover incentivare con prelazione queste attività “di accesso” probabilmente per timore di aumentare i costi a carico delle masse modeste. Sta di fatto che ciò può disincentivare i professionisti a prendere incarichi di questo tipo. Quindi la risposta: no, e andrebbe colmata in futuro.
Q15: Che cos’è la “super-prededuzione”?
A15: In termini strettamente legali, non esiste una “super-prededuzione” codificata. È un termine colloquiale usato talvolta per indicare ipotetiche situazioni di prelazione ancora più forte all’interno dei prededucibili. Ad esempio, si parlava di “super-prededuzione” per i crediti sorti durante il fallimento rispetto a quelli in funzione di procedure precedenti. Ma, come ha chiarito Cass. 23133/2024, non è ammissibile creare gerarchie ulteriori: i crediti prededucibili formano un’unica classe privilegiata. L’unica eccezione è se uno di essi gode di una prelazione ulteriore (es. creditore prededucibile con privilegio speciale su un bene: in tal caso su quel bene viene prima). Ma questo non è “super” è semplicemente l’intersezione di due cause di prelazione (prededuzione + privilegio). Quindi, possiamo dire che la super-prededuzione è un’espressione impropria. Forse inizialmente fu usata per i finanziamenti prededucibili ex art. 182-quinquies L.Fall. che in caso di consecuzione di procedure avevano un regime di favore, ma alla fine si è ricondotto tutto alla regola generale.
Q16: La transazione fiscale nel concordato incide sulla prededuzione?
A16: La transazione fiscale di per sé riguarda i crediti tributari e contributivi anteriori e il loro trattamento nel concordato (possibilità di stralcio, dilazione, etc.). Non tocca i crediti prededucibili. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate in transazione fiscale può accettare il 50% del suo credito IVA pregresso (che è privilegiato), ma ciò non riguarda l’IVA maturanda durante la procedura. Quella va pagata 100%. Dunque la transazione fiscale non può includere un credito prededucibile (per definizione, la transazione fiscale si fa su crediti concorsuali tributari e contributivi). Semmai, come visto, c’è il discorso definizione agevolata ruoli: quella non è transazione fiscale giudiziaria, è un provvedimento di legge generalizzato, e lo gestiamo via prededuzione. Quindi, in sintesi, no: prededuzione e transazione fiscale operano su piani diversi. Al limite, se grazie alla transazione fiscale riduco molto i debiti privilegiati, rendo più facile pagare i prededucibili (perché c’è meno concorrenza sull’attivo). Notare: il correttivo-ter 2024 ha aggiunto che l’omologa del concordato preventivo produce gli effetti esdebitatori anche per l’Erario dopo la transazione fiscale (prima c’era dibattito se servisse anche l’adesione formale dell’Agenzia, ora chiarito di no). Ma di nuovo, la prededuzione esula da questo.
Q17: Che differenza c’è tra crediti prededucibili e crediti privilegiati?
A17: Sono due categorie distinte e cumulabili. Un credito privilegiato è un credito sorto prima della procedura, garantito da pegno, ipoteca o privilegio generale ex lege, che dunque ha priorità rispetto ai chirografari sui beni su cui insiste (i privilegi generali su tutto, i speciali su specifici beni). Un credito prededucibile invece è tale per la sua natura funzionale/procedurale: si colloca prima di tutti, anche prima dei privilegiati. Quindi la prededuzione è un grado superiore al privilegio. Può accadere che un credito sia sia prededucibile sia privilegiato: ad esempio, una banca concede durante il concordato un finanziamento prededucibile e contestualmente ottiene un pegno sui macchinari acquistati con quei soldi. Se poi la società fallisce, la banca per il capitale godrà di prededuzione, e in più potrà escutere il pegno sui macchinari. In pratica prenderà soddisfazione probabilmente dal ricavato dei macchinari come creditore prededucibile con prelazione speciale (una combinazione fortissima). Ma normalmente i prededucibili non hanno altre garanzie perché sono costi e spese (il curatore non dà pegno al fornitore di cancelleria!). Un creditore privilegiato preesistente può perdere il privilegio se rinuncia, ma non può “guadagnare” prededuzione a meno di operazioni nuove. In sede di distribuzione: si pagano prima i prededucibili (anche se chirografari di origine) e solo dopo i privilegiati pre-concorsuali, anche se questi sarebbero venuti prima dei chirografari normali. Ecco perché per i privilegiati il peso delle prededuzioni è sofferto: riduce la capienza dei beni su cui vantano prelazione.
Q18: Un creditore prededucibile può rinunciare al privilegio della prededuzione e farsi pagare come gli altri?
A18: Teoricamente sì, un creditore può sempre rinunciare a un proprio diritto di prelazione. Ad esempio, potrebbe dire al curatore “paga prima i lavoratori privilegiati e a me come chirografo”. Ma è un caso accademico: perché mai dovrebbe farlo? Potrebbe farlo se è anche azionista dell’azienda e vuole favorire i creditori per concordare un esito migliore, ma è raro. Comunque, nulla lo vieta in astratto: la prededuzione, come ogni privilegio, non è di ordine pubblico inderogabile: il titolare può decidere di accontentarsi. Tuttavia, attenzione: la rinuncia di uno non avvantaggia un altro in pari grado prededotto – avvantaggia i successivi. Ad esempio, se un professionista prededotto dicesse “non prendete in considerazione il mio 75% prededotto”, quell’importo rimarrebbe disponibile per privilegio e chirografo poi. I lavoratori non beneficiano perché comunque sarebbero venuti dopo prededuzione. Forse il professionista per ragioni etiche (lui stesso creditore in concordato come chirografo per residuo?) potrebbe rinunciare. Comunque è un’ipotesi molto teorica.
Q19: Che effetti ha la prededuzione sul piano fiscale dell’impresa?
A19: Dal lato dell’impresa in crisi:
- I costi prededucibili (compensi legali, del curatore, etc.) sono normalmente deducibili come costi d’esercizio (se l’impresa prosegue) o sono portati a riduzione del patrimonio. Ad esempio, i compensi pagati in concordato abbassano il reddito di esercizio (se c’è).
- Le sopravvenienze attive da stralcio di debiti in concordato o accordo, come detto, sono esenti da tassazione nei limiti delle perdite fiscali pregresse (art. 88 co.4-ter TUIR). Ciò è una sorta di contraltare: non tassiamo i tagli di debito per facilitare il risanamento.
- L’IVA sulle cessioni in procedura non ha effetti particolari se non che va versata (prededotta). Per i creditori, la legge IVA consente l’emissione di note di variazione IVA a loro favore quando il loro credito viene falcidiato in procedure concorsuali (art. 26 DPR 633/72): ciò permette ai fornitori di recuperare l’IVA sulle somme non incassate. Non riguarda il debitore ma i creditori, ed è agevolazione per evitare che paghino IVA su ricavi mai incassati. Quindi in concordato omologato i creditori chirografi emetteranno nota di variazione per la parte falcidiata (tranne che per crediti verso debitori con esdebitazione se l’IVA l’ha già portata a detrazione, ma entriamo nel tecnico fiscale).
- Se il curatore paga prededuzioni, ai fornitori farà fattura e il fallimento detrarrà quell’IVA (se era soggetto IVA). Nei fallimenti l’attività caratteristica cessa, ma se svolge operazioni imponibili il curatore può registrarle (c’è un regime IVA speciale per procedure concorsuali).
- Un riflesso previdenziale: se non vengono pagati contributi prededucibili (perché attivo non sufficiente) non c’è un parallelo del fondo di garanzia INPS per quell’omissione. In teoria l’INPS potrebbe perseguire il curatore per omissione contributiva (ma se non c’erano fondi, dubito lo faccia). Diciamo, in prededuzione i contributi vanno pagati prima di dare soldi a creditori, quindi la situazione di incapienza di solito non li riguarda (altrimenti il curatore non doveva nemmeno far lavorare i dipendenti). In effetti, non conosco casi di contributi prededucibili rimasti impagati – sicuramente l’INPS li reclamerebbe come creditore prededotto residuo e sarebbero spese di giustizia non esdebitabili, come detto.
Q20: Dove posso trovare elencati tutti i crediti prededucibili?
A20: Nell’art. 6 del Codice della Crisi, come abbiamo visto, c’è l’elenco principale. Inoltre, le singole norme del Codice o leggi speciali fanno riferimento alla prededuzione per casi specifici:
- Art. 22 CCII per i finanziamenti durante composizione negoziata.
- Art. 100-102 CCII per concordato e accordi (pagamenti autorizzati e finanziamenti prededucibili).
- Leggi come L. 197/2022 (commi su definizione agevolata).
- Anche alcune disposizioni della vecchia Legge Fallimentare restano applicabili per procedure pendenti, e parlavano di prededuzione (es. art. 182-quater, art. 182-quinquies).
- Sentenze di Cassazione forniscono interpretazioni, ma per la “lista” si parte sempre dall’art. 6 CCII. Lo stesso CCII in articoli come 222 definisce l’accertamento, e 223 presumibilmente corollari.
- Dottrina e commentari (come il Codice della crisi commentato) spesso riportano tabelle riepilogative (ad esempio, su riviste specializzate).
Q21: È possibile che un creditore venga ammesso sia in prededuzione sia come privilegiato/chirografo per parti diverse del suo credito?
A21: Sì, succede. Un caso tipico: il professionista del concordato ha un credito di €100.000; l’art. 6 ne rende prededucibile il 75%, cioè €75.000, mentre per il restante 25% (€25.000) non c’è prededuzione. Quindi se poi va in fallimento, quel professionista verrà ammesso con due “quote”: €75k prededuzione, €25k chirografo. Oppure, se aveva anche un pegno su qualcosa (caso raro, ma ipotizziamo un consulente che aveva un privilegio generale da 2751-bis c.c.), potrebbe avere: €75k prededotto, €25k privilegiato 2751-bis. Il curatore e il giudice devono stare attenti a questi doppio binario. Altro esempio: una banca concede un finanziamento prededucibile di €1 milione e inoltre aveva un credito pregresso chirografario di €2 milioni. Nel fallimento, la banca avrà €1M prededotto e €2M chirografo. Quindi sì, la stessa entità può comparire in più vesti. Anche l’Erario: può essere prededucibile per IVA post, privilegiato per IVA pre, chirografo per interessi sanzioni.
Q22: Se un creditore prededucibile non viene soddisfatto integralmente in una procedura e l’impresa ne apre un’altra, può far valere residuo?
(Questa domanda è simile alla consecuzione, ma ipotizza un residuo dopo riparto.)
A22: Tecnicamente, se in fallimento hai preso il 50% come prededotto, per il restante 50% sei come creditore chirografo insoddisfatto e quel debito verso di te del debitore fallito viene estinto dall’esdebitazione? Dilemma: i prededotti non soddisfatti integralmente nel fallimento non sono concorsuali per definizione (erano prededotti!). Quindi potrebbero non essere coperti da esdebitazione (che riguarda i crediti concorsuali e quelli equiparati). In effetti l’art. 278 CCII esclude dall’esdebitazione “le spese di giustizia” (cioè prededuzioni) non pagate. Dunque il creditore prededotto che ha preso metà potrebbe, in linea teorica, agire contro il debitore persona fisica per il resto. Questo raramente avviene perché spesso il debitore è società poi estinta, o il creditore lascia stare. Ma in linea di principio, la parte non soddisfatta di un prededotto rimane a carico del debitore non esdebitata. Se poi quell’impresa riaprisse un’altra procedura (scenario strano: una società fallisce, si chiude per insufficienza di attivo, e poi dopo anni i soci trovano asset e rifanno fallimento? Non succede, la società è estinta… Al massimo persona fisica fallisce di nuovo?), direi di no, non c’è una seconda opportunità se la procedura è chiusa. L’Erario a volte iscrive a ruolo i residui di spese di giustizia non coperte dal fallimento e li riscuote (ad esempio contro l’ex fallito). Il creditore privato potrebbe fare causa civile per il suo residuo (ha un titolo? La sentenza di esdebitazione esclude quel debito, quindi resta titolo di credito). Concludendo: no, se la procedura è terminata, il residuo prededotto impagato non è più “prededucibile” in un’altra procedura (non c’è altra procedura), è un debito post-fallimentare a carico del debitore. Solo in consecuzione immediata (concordato->fallimento) c’è trasmigrazione del rango.
Queste domande frequenti chiariscono molti dubbi pratici. Ovviamente ulteriori quesiti possono sorgere, ma lo spirito del regime della prededuzione dovrebbe ora essere più comprensibile: è un meccanismo di prioritizzazione di taluni crediti per favorire la gestione ordinata e il buon esito delle procedure concorsuali. Dal punto di vista del debitore, la prededuzione è un’arma a doppio taglio: da un lato permette di attrarre risorse (professionisti, finanziatori, fornitori) promettendo loro tutela preferenziale; dall’altro riduce le risorse destinate a pagare i debiti “vecchi” e può lasciare scoperti il debitore stesso se l’attivo non copre neanche i prededucibili (ricordiamo, ad esempio, l’esdebitazione non copre le spese di giustizia). È dunque essenziale usarla con criterio, sotto controllo giudiziale.
Conclusioni
Abbiamo percorso in dettaglio l’istituto della prededuzione nell’ambito della crisi d’impresa, evidenziandone la disciplina normativa aggiornata al 2025, le interpretazioni giurisprudenziali più recenti e gli aspetti pratici e strategici dal punto di vista del debitore. La prededuzione rappresenta un elemento di fondamentale importanza nell’economia delle procedure concorsuali, fungendo da incentivo per coloro che supportano l’impresa nella fase di crisi (dandogli credito, fornendo servizi, assumendo ruoli procedurali) e nel contempo assicurando che le procedure possano svolgersi (grazie alla copertura prioritaria dei relativi costi). Tuttavia, il suo utilizzo non è privo di delicatezze: occorre un bilanciamento affinché la massa dei creditori “ordinari” non venga eccessivamente compressa dai crediti prededucibili – bilanciamento perseguito dal legislatore con misure come il limite del 75% per i professionisti e le condizioni di omologazione/ammissione per riconoscere il beneficio.
Dal punto di vista del debitore:
- In fase di scelta della procedura (concordato, negoziazione, ecc.), deve considerare quali crediti genererà e come questi impatteranno la soddisfazione degli altri: ad esempio, sapere che se opta per un concordato avrà i costi prededotti del commissario e dell’attestatore, mentre se va in liquidazione fallimentare i costi del curatore e vendita incideranno forse di più.
- Nella predisposizione del piano o dell’accordo, deve accantonare risorse per le prededuzioni e trattarle come debiti incomprimibili (salvo rinunce spontanee). Un errore di sottostima può portare al fallimento del piano.
- Nel corso di un procedimento di composizione negoziata, può utilizzare l’istituto con accortezza, magari contrarre finanziamenti prededucibili solo se c’è ragionevole prospettiva di risanamento (perché altrimenti caricherà la procedura successiva di ulteriori oneri).
- Sul piano fiscale e contributivo, deve essere al corrente delle possibilità di definizione agevolata e transazione fiscale ma anche degli obblighi di versamento su quanto maturerà in prededuzione (mai pensare di “saltare” IVA o contributi durante la procedura).
- Infine, in caso di insuccesso del risanamento e apertura di una liquidazione giudiziale, deve sapere che i crediti prededucibili allora verranno soddisfatti con precedenza e quelli rimasti eventualmente a suo carico non saranno cancellati dall’esdebitazione. Questo può incidere anche sul suo patrimonio personale (es. un socio che ha finanziato in prededuzione la società, se non viene integralmente soddisfatto, può insinuarsi poi contro i soci fideiussori, ecc.).
Da questa analisi emerge la necessità per il debitore (e i suoi consulenti) di pianificare la crisi tenendo sempre presente la “gerarchia” dei pagamenti: in ogni scenario, i prededotti vengono prima. Ciò potrà influenzare scelte come: chi pagare subito e chi far attendere, quali impegni prendere durante la procedura, come negoziare con eventuali nuovi partner (sapendo di poter offrire la prededuzione come garanzia).
In conclusione, la prededuzione è uno strumento giuridico di grande utilità per gestire le crisi d’impresa, ma richiede attenzione e consapevolezza nell’uso. Grazie ad una normazione più chiara nel Codice della Crisi e ai recenti interventi correttivi e interpretativi, oggi disponiamo di linee guida più definite su cosa sia (e cosa non sia) prededucibile. Questo aiuta a ridurre il contenzioso e a dare certezze agli attori in gioco (debitori e creditori). Rimane qualche zona grigia (ad es. concordato semplificato), ma presumibilmente la prassi e magari ulteriori interventi legislativi colmeranno anche quelle.
Per chiudere questa guida, forniamo qui di seguito un elenco completo delle fonti – normative, giurisprudenziali e dottrinali – citate nel testo o utilizzate, ordinato per tipologia, in modo che il lettore possa approfondire ulteriormente gli aspetti di interesse.
Fonti Normative, Giurisprudenziali e Dottrinali Utilizzate
Fonti Normative (leggi e articoli):
- R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge Fallimentare) – Art. 111 (ordine di distribuzione attivo, introduzione prededuzione nel 2007) e art. 111-bis (modalità accertamento prededuzione); art. 182-quater L.Fall. (finanziamenti prededucibili in concordato); art. 182-quinquies L.Fall. (finanziamenti interinali in pre-concordato); art. 111-ter L.Fall. (riparto beni con garanzie).
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) – Particolarmente rilevanti:
- Art. 6 CCII – Prededucibilità dei crediti: definisce le categorie prededotte (lett. a, b, c, d) e la permanenza nelle procedure successive. Modificato dal D.Lgs. 83/2022 (introduzione piani di risanamento omologati, limiti 75%) e dal D.Lgs. 136/2024 (ampliamento lett. d ai professionisti del debitore).
- Art. 22 CCII – Misure protettive e finanziamenti nella composizione negoziata: comma 1, lett. a) consente autorizzazione a finanziamenti prededucibili durante la composizione negoziata.
- Art. 25-sexies CCII – Concordato semplificato per la liquidazione: disciplina il nuovo concordato senza voto. (Non prevede espressamente prededuzioni per i professionisti).
- Art. 47 CCII – Apertura del concordato preventivo: condizione cui l’art. 6 lett. c) subordina la preded. dei crediti professionali.
- Art. 57-60 CCII – Accordi di ristrutturazione dei debiti: strumenti il cui successo (omologa) condiziona la preded. ex art. 6 lett. b).
- Art. 64-bis CCII – Piani di ristrutturazione soggetti a omologazione: introdotto nel 2022, anch’essi rilevanti per art. 6 lett. b).
- Art. 99-102 CCII (Titolo sul concordato preventivo in continuità) – in particolare:
- Art. 100 (Autorizzazione al pagamento di crediti pregressi per continuazione attività) – non direttamente preded., ma connesso a gestione.
- Art. 101 CCII – Finanziamenti prededucibili in esecuzione di concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione: assegna prededuzione ai finanziamenti effettuati in attuazione di un concordato/accordo omologato.
- Art. 102 CCII – Finanziamenti prededucibili dei soci: deroga alla postergazione e riconoscimento preded. se in esecuzione di concordato/accordo (riprende art. 182-quater co.3 L.Fall.).
- Art. 222 CCII – Disciplina dei crediti prededucibili: modalità di accertamento (esclusione se non contestati), pagamento di capitale, interessi e spese in prededuzione, possibilità di pagamento extra-riparto su autorizzazione, criterio proporzionale se attivo insufficiente. Corrisponde al vecchio art. 111-bis L.Fall.
- Art. 223 CCII – (Presumibilmente) disciplina rapporto prededuzioni e crediti con garanzia (erede art. 111-ter L.Fall.).
- Art. 231-235 CCII – Norme transitorie e di coordinamento su definizioni agevolate fiscali (da verificare se recepiscono le leggi di bilancio sul punto).
- Art. 277 CCII – Esdebitazione: esclude la liberazione per le spese di giustizia (quindi i crediti prededucibili insoddisfatti restano dovuti).
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (Composizione crisi da sovraindebitamento) – Oggi abrogata e confluita nel CCII (artt. 65-73 CCII e art. 268-277 CCII per liquidazione controllata). Da essa derivano i concetti di OCC (art. 15 L.3/2012) e compensi OCC (DM 202/2014) ora prededucibili ex art. 6 lett. a) CCII.
- Decreti “correttivi” del CCII:
- D.Lgs. 147/2020 (c.d. Correttivo bis) – modifiche minori ante entrata in vigore;
- D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021 – introdotto composizione negoziata e concordato semplificato (art. 2 e 18-20 L.147/21, trasfusi in CCII). Art. 10 D.L. 118/21, comma 1, stabiliva prededucibilità finanziamenti in CN.
- D.Lgs. 83/2022 (attuazione direttiva UE 2019/1023, c.d. Correttivo) – ha inserito, tra l’altro, il piano di ristrutturazione omologato e dettagli su prededuzione: ad es. introdotto lett. b) art.6 CCII e limite 75% per lett. b) e c).
- D.Lgs. 136/2024 (c.d. Correttivo-ter) – ha modificato art. 6 lett. d) CCII ampliando preded. a professionisti del debitore; ha aggiunto norme su concordato semplificato, ma non sulle sue preded.; ha reso omogenee alcune regole (es. misure protettive in concordato semplificato, irrilevanti qui).
- Leggi di Bilancio e norme tributarie:
- Legge 30 dicembre 2018 n.145 (Bilancio 2019) art. 1 co. 993 e segg.: definizione agevolata (rottamazione-ter) – vedi D.L. 119/2018 infra.
- D.L. 23 ottobre 2018 n.119 conv. L.136/2018 – Art. 3 comma 18: rottamazione-ter dei ruoli, prevede prededuzione per somme occorrenti ad aderire se impresa in procedura.
- Legge 29 dicembre 2022 n.197 (Bilancio 2023) – commi 231-252: “Definizione agevolata debiti affidati AdER” (rottamazione-quater). Il comma 248 stabilisce che per aderire nelle procedure concorsuali CCII, alle somme dovute si applica la disciplina crediti prededucibili.
- D.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 (TUIR) – Art. 88 comma 4-ter: esenzione tassazione sopravvenienze attive da concordato o ADR omologati; Art. 86 co.5: regime plusvalenze in fallimento.
- D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 (IVA) – Art. 26: note di variazione IVA per procedure concorsuali.
- D.Lgs. 14 settembre 2015 n.147 (decr. crescita e internaz.) – Art. 16: ha introdotto comma in art. 88 TUIR su esdebitazione e sopravvenienze (norma interpretata in interpello ADE 222/2024 per piano risanamento).
- Codice Civile – Art. 2751-bis c.c.: privilegi per crediti professionisti e dipendenti (non prededuzione ma citato per differenza); Art. 2467 c.c.: postergazione finanziamenti soci (derogata da art.102 CCII).
- Legislazione emergenziale Covid-19 – D.L. 34/2020 ecc. (per eventuali impatti su proroghe procedure, poco attinenti qui).
Fonti Giurisprudenziali (sentenze e provvedimenti):
- Cass., Sez. Unite civ., 31 dicembre 2021, n. 42093 – Principio di diritto: per la prededuzione del credito professionale (attestatore o altri) è necessario che la procedura di concordato sia stata aperta con coinvolgimento dei creditori; in mancanza (rinuncia prima dell’apertura), niente prededuzione.
- Cass., Sez. I, 28 dicembre 2021, n. 41772 – Riconosce la prededuzione ex art. 182-quater L.F. nel fallimento consecutivo per finanziamenti erogati in funzione ed in esecuzione di un concordato preventivo.
- Cass., Sez. I, 31 gennaio 2022, n. 2899 – Caso di amministrazione straordinaria: ammissibile richiedere prededuzione dopo il deposito progetto stato passivo ma prima udienza, come “emendatio libelli” (non incide sul merito qui, ma cita come giurisprudenza).
- Cass., Sez. I, 7 giugno 2022, n. 18289 – Insolvenza, contratto di affitto risolto ante-fallimento, curatore continua detenzione del bene: il credito risarcitorio del locatore (indennità di occupazione) va considerato prededucibile ex art. 111 L.F. (perché sorto durante procedura per gestione patrimonio).
- Cass., Sez. I, 15 luglio 2022, n. 18289
- Cass., Sez. I, 30 ottobre 2023, n. 29999 – In tema di concordato preventivo omologato e successivo fallimento: stabilisce che un credito sorto dopo l’omologazione ha natura prededucibile ex art.111 L.F. solo se il fatto generatore è riferibile all’attività degli organi della procedura (non basta il criterio cronologico). Ha cassato la decisione di merito che aveva riconosciuto preded. a un credito di leasing sorto durante il concordato senza verificarne la funzionalità.
- Cass., Sez. I, 11 dicembre 2023, n. 34535 (ord.) – Caso di concordato preventivo revocato ex art.173 L.F. per atti in frode (pagamenti non autorizzati a professionisti): la Suprema Corte nega la prededuzione ai crediti dei due professionisti, censurando la decisione del Tribunale che li aveva ammessi “de plano” in prededuzione nonostante l’interruzione della procedura fosse dovuta a loro condotta. Ordinanza riportata da Ex Parte Creditoris (Pres. Ferro, Rel. Fidanzia).
- Cass., Sez. I, 26 agosto 2024, n. 23133 (ord.) – Riguarda amministrazione straordinaria: la Cassazione afferma che non si configura una “super-prededuzione” a vantaggio dei crediti prededucibili sorti in corso di procedura rispetto a quelli sorti nel corso di procedure antecedenti; tutti concorrono in parità ex lege.
- Cass., Sez. I, 13 agosto 2024, n. 22772 – In tema di consecuzione procedure concorsuali e finanziamenti in funzione di concordato:
- Tribunale di Salerno (decreto/opposizione in fallimento) – la vicenda poi decisa da Cass 34535/2023 riguardava Trib. Salerno che erroneamente aveva ammesso preded. un credito prof. solo perché aveva lavorato a un concordato poi revocato, ignorando la causa di revoca.
- Tribunale di Savona, 9 febbraio 2023 – Composizione negoziata – Finanziamenti prededucibili ex art.6 D.Lgs.14/2019 – Autorizzazione ex art.22 – Durata: ha stabilito che l’estensione temporale dell’autorizzazione a finanziamenti prededucibili coincide con la durata della composizione negoziata e viene meno se cessano le misure protettive o la prospettiva di risanamento (evitando maturazione di prededuzioni se lo scenario viene meno).
- Tribunale di Milano, ordinanza 22 marzo 2023 – Avrebbe deciso che i crediti sorti in composizione negoziata (non espressamente prededotti da legge) non sono prededucibili in caso di successivo fallimento, confermando il principio di legalità della prededuzione.
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