Come Funziona La Piattaforma Telematica Nazionale Per La Composizione Negoziata Crisi d’Impresa

La tua impresa sta attraversando un momento critico? Temi che i debiti, la mancanza di liquidità o i rapporti con i fornitori possano portare al blocco dell’attività? Se vuoi evitare il fallimento e trovare una via d’uscita legale, la Composizione Negoziata è uno strumento da attivare subito. E oggi puoi farlo direttamente online, grazie alla Piattaforma Telematica Nazionale.

Ma cos’è esattamente questa piattaforma? A cosa serve? E come si utilizza per aprire una Composizione Negoziata?

La Piattaforma Telematica è il portale ufficiale messo a disposizione dallo Stato per aiutare gli imprenditori in difficoltà ad accedere a una procedura guidata e protetta, attraverso cui proporre ai creditori un piano di ristrutturazione prima che sia troppo tardi.

È attiva sul sito di composizionenegoziata.camcom.it, e consente – passo dopo passo – di:

  • caricare i dati contabili e finanziari dell’impresa,
  • ottenere l’elaborazione automatica degli indicatori di squilibrio,
  • inviare la domanda per la nomina dell’esperto indipendente che guiderà la trattativa,
  • comunicare in modo formale con i creditori e con il tribunale.

Serve avere già un piano pronto? O si può accedere anche solo con i bilanci e la contabilità aggiornata?

Non è necessario avere tutto definito: l’accesso alla piattaforma è pensato proprio per aiutarti a costruire, insieme all’esperto nominato, un piano realistico e credibile di risanamento. È sufficiente inserire:

  • gli ultimi tre bilanci o la situazione economico-patrimoniale aggiornata,
  • i dati sui debiti e creditori principali,
  • un primo quadro degli obiettivi di risanamento.

Il sistema calcolerà in automatico se ci sono segnali di allerta e ti permetterà di proseguire con la domanda.

E dopo l’invio cosa succede? Come si avvia la Composizione Negoziata?

Una volta completata la richiesta, viene nominato un esperto indipendente, che ti affiancherà nel confronto con i creditori e potrà – se necessario – chiedere al tribunale misure protettive, cioè lo stop a pignoramenti, fermi e azioni esecutive. Da quel momento, l’impresa entra in una fase di trattativa controllata, con l’obiettivo di salvare l’attività, ristrutturare i debiti e ripartire.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in composizione negoziata, crisi d’impresa e tutela del patrimonio aziendale – ti spiega come funziona la Piattaforma Telematica Nazionale, cosa devi preparare per accedere, quali sono i passaggi successivi e come possiamo aiutarti a costruire un piano efficace e a gestire tutto il percorso con sicurezza.

La tua impresa ha difficoltà economiche e vuoi intervenire prima che la crisi esploda? Vuoi usare la piattaforma per proteggere l’azienda e trattare con i creditori?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo i dati della tua azienda, ti guideremo nell’accesso alla piattaforma e ti accompagneremo in ogni fase della Composizione Negoziata, per proteggere l’impresa e costruire un futuro sostenibile.

Introduzione

La Composizione Negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è uno strumento introdotto nell’ordinamento italiano a fine 2021 per aiutare imprenditori in difficoltà a risanare la propria azienda attraverso trattative assistite da un esperto indipendente, evitando procedure concorsuali giudiziarie. Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale, previsto inizialmente dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (convertito con modificazioni dalla L. 147/2021) e confluito nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, come modificato). La finalità della composizione negoziata è consentire alle imprese – commerciali o agricole – che versano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, di tentare un risanamento con l’aiuto di un esperto, cercando un accordo con i creditori senza ricorrere subito a procedure concorsuali formali. Questo istituto, nato anche per fronteggiare gli effetti economici della pandemia da Covid-19, è operativo dal 15 novembre 2021 e rappresenta oggi (maggio 2025) uno strumento cardine di regolazione anticipata della crisi d’impresa, integrato a pieno titolo nel sistema normativo.

Dal 15 luglio 2022 infatti la composizione negoziata è disciplinata nel Titolo II della Parte Prima del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Tale Codice, in attuazione della riforma organica della materia, ha assorbito la procedura introdotta dal D.L. 118/2021, sottoponendola a ulteriori modifiche ed aggiornamenti nel 2022 e 2024 per adeguarla alla normativa UE e all’esperienza applicativa. In particolare, da settembre 2024 sono in vigore le novità del D.Lgs. 13 ottobre 2024, n. 136 (decreto correttivo e integrativo) che hanno chiarito alcuni aspetti dubbi e potenziato l’istituto. Nel complesso, la composizione negoziata si configura oggi come un percorso assistito e riservato, in cui l’imprenditore, pur mantenendo la gestione ordinaria dell’impresa, si avvale della supervisione di un esperto indipendente per condurre trattative con i creditori e altri soggetti interessati, potendo usufruire, ove necessario, di misure protettive temporanee accordate dal Tribunale.

Di seguito verrà fornita una guida avanzata, ma dal taglio pratico e divulgativo, su come funziona la piattaforma telematica nazionale dedicata a questa procedura e su tutti gli aspetti normativi, operativi e applicativi della composizione negoziata della crisi d’impresa, aggiornata a maggio 2025. La guida è rivolta ad avvocati, consulenti d’azienda e imprenditori, con l’obiettivo di illustrare in maniera completa ma accessibile la disciplina vigente (norme, prassi e giurisprudenza), gli adempimenti richiesti, i ruoli dei vari attori coinvolti e le possibili soluzioni che si possono ottenere attraverso questo istituto.

Quadro Normativo di Riferimento (aggiornato a maggio 2025)

Elenchiamo anzitutto le principali fonti normative italiane che disciplinano la composizione negoziata e la relativa piattaforma telematica, evidenziando i più recenti aggiornamenti:

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) – Particolarmente rilevanti sono le disposizioni del Titolo II della Parte Prima (artt. 12-25-sexies) introdotte o modificate nel 2021-2022 per disciplinare la composizione negoziata. L’art. 12 CCII definisce l’istituto, indicando che possono accedervi imprenditori commerciali e agricoli sia in squilibrio economico-finanziario (anche senza essere ancora in crisi conclamata) sia in stato di crisi o insolvenza reversibile. In deroga agli strumenti concorsuali tradizionali, quindi, la composizione negoziata è aperta anche a chi si trova semplicemente in difficoltà e vuole giocare d’anticipo. L’art. 13 CCII ha istituito formalmente la piattaforma telematica nazionale gestita da Unioncamere sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia e del Ministero dello Sviluppo Economico (oggi MIMIT), e regola la nomina dell’esperto. Gli articoli successivi disciplinano lo svolgimento della procedura: dall’accesso (art. 17 CCII), alle misure protettive (art. 18 CCII) e cautelari (art. 19 CCII), fino agli esiti conclusivi (artt. 23-25-sexies). Da segnalare: l’art. 20 CCII consente all’imprenditore, all’atto dell’accesso, di sospendere gli obblighi civilistici di ricapitalizzazione per perdite rilevanti e le cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale, così da congelare temporaneamente tali vincoli durante le trattative. L’art. 25-bis CCII prevede “misure premiali” di natura fiscale e finanziaria per le imprese che fanno ricorso alla composizione negoziata (si vedano i dettagli oltre, nella sezione fiscale), l’art. 25-ter CCII disciplina il “compenso dell’esperto” e introduce la possibilità di composizione negoziata di gruppo per imprese appartenenti al medesimo gruppo, mentre l’art. 25-quinquies CCII fissa i limiti di accesso (preclusioni in caso di altre procedure in corso). Infine, l’art. 25-sexies CCII istituisce il “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”, procedura speciale attivabile dall’imprenditore come extrema ratio se la composizione negoziata non produce esito positivo (vedi oltre).
  • Decreto-Legge 24 agosto 2021, n. 118 (convertito in L. 147/2021) – Provvedimento originario che ha introdotto in via d’urgenza la composizione negoziata. Oltre a delineare l’istituto (poi confluito nel Codice), il D.L. 118/2021 ha previsto una disciplina transitoria per la sua immediata applicazione dal 15/11/2021, anticipando alcune parti della riforma sulla crisi d’impresa. Ha inoltre istituito le Commissioni regionali per la nomina degli esperti e previsto la redazione di apposite linee guida, checklist e test pratico per supportare imprenditori ed esperti (elaborati da una Commissione ministeriale presso il Ministero della Giustizia). Molte previsioni di questo D.L. sono state poi trasposte negli artt. 12-25 CCII.
  • Decreti Legislativi correttivi del Codice della Crisi – Il legislatore è intervenuto più volte per perfezionare la disciplina:
    • D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83: ha adeguato il CCII alla direttiva UE 2019/1023 (insolvency directive), mantenendo ed affinando l’istituto della composizione negoziata all’interno del Codice, che è divenuto pienamente efficace dal 15 luglio 2022.
    • D.Lgs. 13 ottobre 2024, n. 136: rappresenta il secondo decreto correttivo del Codice, in vigore dall’autunno 2024. Tra le novità rilevanti in materia di composizione negoziata vi sono: chiarimenti sui presupposti di accesso (esplicitando che l’accesso è possibile anche in stato di insolvenza già conclamata, se vi è prospettiva di risanamento); nuove regole per agevolare la profilazione e scelta dell’esperto (es. obbligo per gli esperti di aggiornare il curriculum e indicare le procedure seguite con esito); semplificazioni documentali in sede di istanza (possibilità di autocertificare temporaneamente la richiesta di alcuni certificati); poteri di revoca e sostituzione dell’esperto più snelli (ora è sufficiente istanza motivata dell’imprenditore e di due creditori, non più di tutti); precisazioni sulle proroghe (l’estensione di ulteriori 180 giorni del termine di negoziazione può essere richiesta dall’imprenditore o dalla maggioranza dei creditori in trattativa, con il consenso dell’esperto); indicazione del contenuto della relazione finale dell’esperto secondo il decreto dirigenziale ministeriale (v. infra) e obbligo di notificarla ai creditori partecipanti in caso di esito negativo; miglior definizione degli effetti delle misure protettive verso banche e terzi (vedi oltre); integrazioni sulle misure premiali fiscali (es. estensione piani di rateazione fino a 10 anni); e modifiche alla determinazione del compenso dell’esperto (imponendo fasce di compenso anche nei casi di chiusura anticipata, e vietando accordi sul compenso prima di 120 giorni). Questi interventi normativi mirano a incoraggiare il ricorso alla composizione negoziata e ad evitare abusi o incertezze applicative.
  • Decreto dirigenziale Ministero Giustizia 28 settembre 2021 – Ha adottato le prime linee guida operative per la composizione negoziata, incluse la checklist (lista di controllo particolareggiata) con indicazioni per la redazione del piano di risanamento e il test pratico per valutare la perseguibilità del risanamento. Questo decreto ha anche definito i programmi formativi obbligatori per gli esperti (55 ore di formazione specifica). Tali linee guida – destinate sia agli imprenditori sia agli esperti – forniscono un quadro metodologico per condurre le trattative, analizzare le cause della crisi e individuare possibili strategie di risanamento. Il decreto del 2021 è stato successivamente integrato e aggiornato dal successivo:
  • Decreto dirigenziale Ministero Giustizia 21 marzo 2023 – Ha rivisto e aggiornato le checklist e il test pratico alla luce dell’entrata in vigore del CCII. In particolare, la checklist (richiamata dall’art. 13, c.2 CCII) è stata adeguata per tenere conto delle PMI e microimprese, e definisce puntualmente le voci che un progetto di piano di risanamento dovrebbe contenere (es. analisi della situazione aziendale, diagnosi delle cause di difficoltà, misure di ristrutturazione proposte, proiezioni finanziarie). Il decreto del 21/03/2023 detta anche il formato della relazione finale dell’esperto, uniformando le prassi su contenuti e modalità di deposito.
  • Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 10 marzo 2022 – Ha istituito i diritti di segreteria per la procedura telematica di composizione negoziata, fissando l’importo dovuto per ogni istanza di nomina dell’esperto a € 252,00, oltre marca da bollo da € 16. Questo importo (totale € 268,00) va pagato tramite piattaforma (circuito PagoPA) al momento del deposito dell’istanza. Il decreto ha effetto dal 16/06/2022 e garantisce alle Camere di Commercio copertura dei costi amministrativi legati alla gestione della piattaforma.
  • Norme previgenti e disciplina transitoria – Per completezza, si ricorda che fino al 14 luglio 2022 convivevano la nuova composizione negoziata e la vecchia disciplina della crisi d’impresa: Legge Fallimentare R.D. 267/1942 (ancora applicabile per procedure di fallimento/liquidazione giudiziale avviate prima) e Legge 3/2012 sul sovraindebitamento (per piccoli imprenditori non fallibili e debitori civili). Dal 15 luglio 2022 il CCII ha abrogato queste normative previgenti, unificando la disciplina. In particolare le “imprese minori” (non soggette al fallimento secondo i limiti ex art. 1 L.F.) ora rientrano anch’esse nel campo della composizione negoziata, pur con alcune semplificazioni procedurali (si veda oltre). Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi previste originariamente dal CCII (artt. 12-15 del testo originario) sono state di fatto sostituite dalla composizione negoziata introdotta dal D.L. 118/2021.

Oltre a queste fonti normative, esistono numerosi documenti interpretativi e prassi operative che aiutano a comprendere l’istituto. Tra essi: le Circolari esplicative del Ministero della Giustizia e di Unioncamere, le Linee di indirizzo adottate da alcuni Tribunali (es. protocolli per la gestione delle istanze di misure protettive), nonché i “Massimari” di giurisprudenza sulla composizione negoziata pubblicati periodicamente da Unioncamere (raccolte delle principali massime giurisprudenziali sul tema, utili per orientarsi tra le interpretazioni dei giudici). Si segnala, ad esempio, che Unioncamere ha pubblicato a maggio 2025 la quarta edizione del Massimario contenente gli estratti di sentenze e decreti emessi dai tribunali italiani in materia di composizione negoziata. I riferimenti giurisprudenziali più significativi emersi sinora saranno richiamati nel prosieguo di questa guida, a corredo dei vari argomenti.

La Piattaforma Telematica Nazionale: accesso e funzionamento

Cuore operativo della procedura è la Piattaforma Telematica Nazionale per la composizione negoziata, gestita dal sistema camerale per il tramite di Unioncamere. Questa piattaforma, attiva dal 15 novembre 2021, è raggiungibile all’URL https://composizionenegoziata.camcom.it e anche tramite i siti istituzionali di ciascuna Camera di Commercio. È uno strumento digitale innovativo, concepito per semplificare e standardizzare l’accesso alla composizione negoziata su tutto il territorio nazionale, garantendo al contempo riservatezza e tracciabilità del procedimento.

La piattaforma è suddivisa in due aree principali:

  • Area pubblica (informativa) – Sezione liberamente accessibile, contenente materiali e tool di supporto. Qui l’imprenditore può reperire informazioni generali sull’istituto, scaricare documentazione (normativa di riferimento, guide operative, FAQ) e soprattutto effettuare in via riservata un “test pratico” di autodiagnosi sulla perseguibilità del risanamento. Questo test, basato su indicatori economico-finanziari e ideato dalla commissione ministeriale, permette all’imprenditore (ed eventualmente ai suoi consulenti) di valutare preliminarmente le chance di risanamento aziendale: in pratica, inserendo alcuni dati di bilancio e andamento, il sistema restituisce un esito indicativo sull’opportunità di accedere alla composizione negoziata (esito positivo, intermedio o negativo circa la ragionevole possibilità di risanamento). Il test è facoltativo e il suo risultato non preclude l’accesso alla procedura, ma serve come strumento di orientamento. Nell’area pubblica è disponibile anche la lista di controllo dettagliata (checklist) elaborata dal Ministero, che suggerisce le analisi e le informazioni da includere nel piano di risanamento. La presenza di questi strumenti nella piattaforma aiuta le micro, piccole e medie imprese ad approcciarsi in modo consapevole e preparato al percorso di composizione.
  • Area riservata (operativa) – È la sezione ad accesso sicuro dedicata alla gestione delle istanze e dello svolgimento della procedura. Vi si accede tramite credenziali digitali forti (sistema SPID, CNS o CIE per l’imprenditore o il rappresentante legale). Tramite l’area riservata l’imprenditore può presentare l’istanza di nomina dell’esperto compilando un modulo online e caricando tutti i documenti richiesti (v. oltre). Sempre in questa area, una volta avviata la procedura, si svolge la comunicazione telematica tra l’esperto, l’imprenditore e (in parte) i creditori: la piattaforma consente infatti di scambiare documenti, fissare incontri, tenere traccia di ogni passaggio e, in generale, costituisce il “luogo” virtuale dove l’esperto caricherà verbali e relazioni (ad es. la relazione finale). L’accesso alla piattaforma per gli utenti avviene in modo profilato: imprenditore (o suo delegato) per caricare l’istanza e dialogare con l’esperto; esperto (una volta nominato, ottiene credenziali) per consultare la documentazione, interagire col debitore e inserire esiti; commissione di nomina per gestire l’assegnazione degli esperti; segretariato/OCC per compiti di amministrazione. Tutte le operazioni avvengono con connessioni cifrate e firma digitale dei documenti chiave, assicurando data certa e integrità degli atti caricati.

Dal punto di vista tecnico, la piattaforma garantisce l’archiviazione centralizzata e sicura dei dati della procedura, nel rispetto della riservatezza: i creditori e le altre parti coinvolte non hanno accesso diretto alla piattaforma, ma ricevono comunicazioni dall’esperto o dal Tribunale per vie ordinarie (PEC) quando necessario. La piattaforma dunque non è un data-room aperto ai creditori, bensì uno strumento di lavoro riservato a imprenditore ed esperto, che favorisce la collaborazione e la condivisione tempestiva di informazioni. In caso di richiesta di misure protettive, la piattaforma genera la ricevuta di avvenuta pubblicazione dell’istanza nel Registro delle Imprese, passaggio fondamentale affinché quelle misure abbiano effetto legale (come vedremo in seguito).

È importante sottolineare che l’uso della piattaforma è obbligatorio per attivare la composizione negoziata (salvo il caso particolare delle imprese “sotto soglia” che si rivolgono a un OCC, come si dirà). Non sono ammessi canali alternativi: l’istanza deve essere presentata tramite la piattaforma nazionale, che uniforma le modalità di accesso su tutto il territorio. Questo telematizzazione integrale rientra nella strategia di digitalizzazione della giustizia e delle procedure concorsuali. Per l’utilizzo, Unioncamere e le Camere di Commercio hanno reso disponibili manuali utente e helpdesk di assistenza. Di fatto, la piattaforma rappresenta la “porta” d’ingresso del percorso di composizione negoziata: attraverso di essa l’imprenditore compie il primo passo formale per tentare il risanamento negoziato della propria azienda.

Presupposti e Requisiti di Accesso alla Composizione Negoziata

Vediamo ora chi può accedere alla composizione negoziata e a quali condizioni, nonché quali informazioni e documenti sono richiesti per l’ammissione sulla piattaforma.

Soggetti ammessi e condizioni soggettive

Sono legittimati a richiedere la composizione negoziata tutti gli imprenditori iscritti nel Registro delle Imprese, siano essi imprenditori commerciali (società di capitali, di persone, ditte individuali commerciali) o anche imprenditori agricoli. Non vi sono limiti dimensionali: possono accedervi sia PMI e microimprese sia grandi imprese, purché non soggette a discipline speciali. Restano infatti escluse dal perimetro le categorie di imprese per cui vigono procedure di crisi ad hoc (ad es. banche, intermediari finanziari, assicurazioni, per i quali la legge prevede autorità di vigilanza e procedure speciali di risoluzione). In tutti gli altri casi, l’accesso è volontario e su iniziativa esclusiva dell’imprenditore (non dei creditori): non esiste un obbligo legale di ricorrere alla composizione negoziata, ma è una facoltà che l’imprenditore può esercitare se ritiene di trovarsi nelle condizioni previste.

La condizione oggettiva per poter presentare istanza è che l’impresa si trovi in “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza”, oppure già in stato di crisi o di insolvenza (purché reversibile). In altri termini, la legge consente l’accesso sia in situazioni di incipiente difficoltà (quando l’impresa non è ancora insolvente ma mostra segnali di tensione finanziaria o patrimoniale), sia in situazioni di crisi conclamata o perfino di insolvenza (incapacità di pagare regolarmente i debiti), a patto che vi sia ancora una ragionevole prospettiva di risanamento dell’impresa. Proprio la presenza di concrete chance di risanamento è il criterio centrale: l’imprenditore deve infatti autocertificare che “risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. Questo requisito – la ragionevole perseguibilità – è volutamente formulato in modo elastico: non richiede la certezza del risanamento, ma la plausibilità di un salvataggio aziendale attraverso trattative. Come si vedrà, già in sede di istanza l’imprenditore dovrà allegare un primo progetto di piano e avvalersi eventualmente del test di verifica, in modo da dimostrare la sussistenza di prospettive di recupero. Le modifiche del 2024 hanno eliminato ogni dubbio interpretativo: oggi è chiaro che anche un’impresa temporaneamente insolvente può accedere (ad es. con debiti scaduti non onorati), se esistono margini per ristrutturarla. Si è inoltre ribadito che la composizione negoziata è praticabile anche in caso di mera situazione di squilibrio (quindi prima che scatti lo stato di crisi vero e proprio), a differenza degli strumenti concorsuali tradizionali che richiedono quantomeno la crisi o l’insolvenza. Ciò in linea con l’obiettivo di favorire interventi precoci di risanamento.

Non costituisce ostacolo l’eventuale forma giuridica dell’impresa (sono ammesse società di persone, capitali, cooperative, consorzi con attività esterna, imprese individuali, start-up innovative, ecc.) né la procedura in cui l’impresa si trova: rilevante una pronuncia che ha chiarito come possa accedere alla composizione negoziata anche un’impresa già in liquidazione volontaria (che magari voglia tentare un ultimo accordo con i creditori invece di andare in liquidazione giudiziale). Secondo il Tribunale di Perugia, infatti, l’espressione “risanamento dell’impresa” va intesa in senso ampio, comprendendo anche ipotesi in cui il risanamento avviene tramite liquidazione concordata dell’attivo e soddisfacimento dei creditori (non necessariamente con prosecuzione dell’attività). Dunque, anche società in stato di scioglimento o liquidazione possono sfruttare lo strumento per gestire la fase liquidatoria in maniera negoziata e più vantaggiosa.

Sono invece escluse o precluse dal poter accedere:

  • Imprese che abbiano già avviato altre procedure di regolazione della crisi: la legge, per evitare sovrapposizioni, stabilisce che non può utilizzare la composizione negoziata l’imprenditore che abbia già depositato ricorso per concordato preventivo, accordo di ristrutturazione o piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO). In sostanza, se l’impresa ha formalmente imboccato la strada di una procedura concorsuale giudiziale, non può parallelamente attivare la composizione negoziata (che è alternativa e preliminare rispetto a quelle). Invece, è ora chiarito che la pendenza di un’istanza di fallimento/liquidazione giudiziale presentata da terzi non preclude l’accesso: ad esempio, se un creditore ha chiesto al tribunale il fallimento dell’impresa, quest’ultima può comunque avviare la composizione negoziata per tentare il salvataggio (e in tal caso, come vedremo, la domanda di fallimento resta sospesa in attesa dell’esito delle trattative, purché siano state attivate le misure protettive). L’importante è che l’imprenditore stesso non abbia già scelto un percorso concorsuale alternativo. In sede di domanda l’imprenditore deve anzi dichiarare (con autocertificazione ex art. 47 DPR 445/2000) di non avere presentato altre domande di procedure di regolazione della crisi o insolvenza né di avere istanze di fallimento pendenti a proprio carico. Questa doppia dichiarazione è un allegato obbligatorio, volto a garantire che la composizione negoziata non sia utilizzata strumentalmente in contesti non appropriati (ad esempio per prendere tempo quando già si è in concordato preventivo).
  • Soggetti non fallibili e consumatori: la composizione negoziata è pensata per le imprese, non per i debitori civili. Un consumatore sovraindebitato o un professionista non imprenditore non può accedervi, dovendo semmai ricorrere alle procedure da sovraindebitamento (piani del consumatore, ecc., ora “piani di ristrutturazione per soggetti non fallibili” nel CCII). Anche l’imprenditore minore (sotto le soglie di fallibilità) in realtà può accedere alla composizione negoziata, ma qualora l’esito sia negativo potrà poi essere avviato a procedure semplificate (liquidazione controllata, concordato minore) analoghe alle vecchie procedure della L.3/2012. Dunque la non fallibilità non è esclusiva, ma comporta alcune differenze procedurali (vedi infra Imprese sotto soglia).

In sintesi, l’imprenditore che intende avvalersi della composizione negoziata deve trovarsi in uno scenario di crisi incipiente o conclamata, ma con speranza di risanamento, e non deve avere già intrapreso soluzioni concorsuali alternative. Deve inoltre essere disposto ad affrontare con trasparenza il confronto con i creditori, perché la buona fede e la collaborazione sono presupposti essenziali: il CCII (art. 4) impone a debitore e creditori di comportarsi secondo buona fede e correttezza nelle trattative di composizione.

Imprese “sotto soglia” (piccolissime imprese)

La normativa prevede un regime particolare per le imprese di minori dimensioni, dette anche imprese “sotto-soglia”, ossia quelle che soddisfano congiuntamente i requisiti dimensionali dell’art. 1, comma 2 della vecchia Legge Fallimentare. Tali parametri, rimasti come riferimento pratico, sono: attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi lordi annui ≤ €200.000 e debiti ≤ €500.000. Un’impresa individuale o società che rimanga entro tutti e tre questi limiti è considerata di piccolissima dimensione (non fallibile secondo la previgente legge) e può accedere alla composizione negoziata con alcune semplificazioni:

  • Innanzitutto, per le imprese sotto-soglia la nomina dell’esperto non è demandata alla Commissione regionale ma è effettuata direttamente dal Segretario Generale della Camera di Commercio competente per territorio. Ciò consente una maggiore rapidità (evitando di convocare la commissione) e una gestione più snella. In pratica, l’istanza andrà comunque inserita in piattaforma, ma sarà il Segretario generale della CCIAA (spesso coincidente con il responsabile locale dell’Organismo di Composizione della Crisi, OCC) a designare subito un esperto dall’elenco, verificata la sussistenza dei requisiti.
  • In secondo luogo, la documentazione da allegare all’istanza è parzialmente ridotta: per le imprese sotto soglia non è obbligatorio allegare la relazione dettagliata sulla situazione economico-patrimoniale né il progetto di piano di risanamento secondo la check-list ministeriale (allegati che invece sono richiesti alle imprese sopra soglia). Ciò tiene conto della minore complessità di queste realtà. Resta comunque fortemente consigliato che anche le piccole imprese predispongano almeno una bozza di piano semplificato e una chiara descrizione delle difficoltà e prospettive, sia per convincere l’esperto sia per dialogare con i creditori.
  • Inoltre, per importi così ridotti, spesso la composizione negoziata funge da ponte verso le procedure di sovraindebitamento (ora concordato minore o liquidazione controllata nel CCII). In effetti, la Camera di Commercio di Firenze ad esempio avvisa che, qualora le trattative non vadano a buon fine, l’imprenditore sotto-soglia può rivolgersi all’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) per accedere a una procedura ex L.3/2012 (oggi abrogata e sostituita, ma il concetto è il medesimo).
  • Da ultimo, la liquidazione del compenso dell’esperto per le imprese sotto-soglia è effettuata dal responsabile dell’OCC o dallo stesso Segretario Generale che ha nominato l’esperto, e presumibilmente tiene conto delle ridotte dimensioni (anche se l’attuale art. 25-ter CCII fissa comunque soglie minime).

Le imprese sotto soglia, pur beneficiando di tali snellimenti, seguono la stessa procedura generale: presentano istanza sulla piattaforma, ottengono un esperto e conducono le trattative. L’idea è di non escludere i piccoli da questo strumento solo perché “non fallibili”: anzi, spesso sono proprio le microimprese ad aver bisogno di supporto per ristrutturare pochi debiti ed evitare il collasso. I dati Unioncamere confermano un buon numero di accessi da parte di microaziende. Va aggiunto che per i debiti di modesta entità la composizione negoziata può sfociare in un semplice accordo stragiudiziale con i 2-3 creditori principali, oppure – se fallisce – l’imprenditore potrà liberarsi dei debiti residui con l’esdebitazione (prevista dal CCII anche per imprenditori minori).

Documenti e informazioni richieste (istanza di accesso)

Per attivare formalmente la procedura, l’imprenditore deve presentare un’istanza di nomina dell’esperto indipendente attraverso l’area riservata della piattaforma. Tale istanza consiste nella compilazione di un modulo standardizzato e soprattutto nel caricamento di una serie di documenti obbligatori previsti dalla norma (art. 17 CCII, che recepisce in parte l’art. 5 D.L.118/2021). L’insieme della documentazione è volto a fotografare la situazione aziendale e a fornire all’esperto (e potenzialmente ai creditori) gli elementi necessari per valutare la fattibilità del risanamento. In base al Decreto Dirigenziale 21/3/2023 e alle indicazioni di Unioncamere, i principali documenti da allegare all’istanza sono i seguenti:

  • Relazione aggiornata sulla situazione dell’impresa – Un documento redatto dall’imprenditore (o dai suoi consulenti) che illustri de maniera chiara e sintetica lo stato dell’azienda e della crisi. Deve includere: descrizione dell’impresa e del modello di business; tipologia delle difficoltà finanziarie o patrimoniali incontrate; un piano finanziario a 6 mesi (cash flow projection a breve termine) per evidenziare le necessità di liquidità; le iniziative strategiche o industriali che si intendono adottare per invertire la rotta (es. riduzione costi, ricerca nuovi mercati, dismissione di rami d’azienda inefficienti, ecc.). Questo documento serve a presentare in modo narrativo e prospettico la situazione aziendale, orientando l’esperto sin dal principio.
  • Situazione patrimoniale-economica aggiornata – Un prospetto contabile (stato patrimoniale e conto economico) aggiornato a non oltre 60 giorni prima della presentazione dell’istanza. Se l’ultimo bilancio approvato è datato, occorre dunque fornire una situazione infrannuale recente, in modo da dare contezza dell’evoluzione più recente (es. bilancino gestionale, situazione contabile aggiornata al mese precedente). Ciò è fondamentale per capire la traiettoria della crisi.
  • Progetto di piano di risanamento (bozza) – Si richiede un abbozzo di piano di risanamento redatto seguendo la checklist ministeriale (almeno per i punti principali). In particolare, devono essere affrontati almeno i paragrafi 1, 2.8 e 3 della lista di controllo, che corrispondono grosso modo a: analisi delle cause della crisi; misure e strategie di intervento; proiezioni economico-finanziarie del piano di risanamento. Non occorre un piano definitivo né attestato, ma una bozza ragionata che l’esperto e l’imprenditore poi potranno affinare. Questo documento dimostra che l’imprenditore ha una strategia in mente e non si presenta “a mani vuote”. (N.B.: Per le imprese sotto-soglia, come detto, questo progetto non è formalmente obbligatorio, ma la sua predisposizione è comunque raccomandabile.)
  • Ultimi tre bilanci – Vanno allegati gli ultimi tre bilanci d’esercizio approvati (se non già depositati al Registro Imprese). Per imprese non tenute al bilancio (es. ditte individuali, società di persone in contabilità semplificata) si possono allegare le ultime tre dichiarazioni dei redditi e IVA. Se un bilancio recente non è stato approvato (es. crisi in corso, bilancio non chiuso), si può allegare il progetto di bilancio oppure, in mancanza, una situazione contabile provvisoria (anche qui aggiornata a max 60gg pre-istanza). Questi dati storici servono per comprendere l’andamento pregresso dell’impresa e la dimensione del business.
  • Elenco dei creditori – Una lista completa di tutti i creditori dell’impresa, distinguendo importi scaduti e a scadere per ciascuno. È preferibile (ed è prassi) suddividere i creditori per categoria: banche e istituti finanziari; fornitori commerciali; dipendenti e collaboratori; Fisco (Agenzia Entrate) e agente della riscossione; enti previdenziali (INPS, casse) e altri. Vanno indicati inoltre eventuali garanzie reali o personali che assistono i debiti (ipoteche, pegni, fideiussioni). Questo elenco è cruciale per mappare con chi occorrerà trattare e quali sono le posizioni più rilevanti.
  • Autodichiarazioni ex DPR 445/2000 – Come accennato sopra, l’imprenditore deve allegare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui attesta: (a) l’assenza di ricorsi pendenti per la propria liquidazione giudiziale (fallimento) o per l’accertamento dello stato di insolvenza; (b) di non aver presentato domanda di accesso ad altri strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza (inclusi concordati semplificati ex art. 44, co.1 lett. a) CCII, concordati in continuità minore ex art. 74 CCII, o istanze di omologazione di accordi di ristrutturazione ex art. 54, co.3 CCII). In pratica, dichiara di non essere già “impegnato” altrove. La veridicità di questa dichiarazione è importante: se emergesse il falso, l’accesso potrebbe essere revocato e vi sarebbero anche profili di illecito.
  • Certificazione debitoria verso Fisco ed enti – Il legislatore richiede di allegare tre specifici documenti attestanti l’esposizione debitoria “ufficiale”: (i) il Certificato Unico dei Debiti Tributari rilasciato dall’Agenzia delle Entrate (art. 364 CCII), che riepiloga tutti i debiti tributari iscritti a ruolo o comunque accertati; (ii) la Situazione debitoria complessiva verso l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione), ottenibile mediante modello RD1 (sostanzialmente l’estratto dei carichi affidati a riscossione, con importi e status); (iii) il Certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi (art. 363 CCII), rilasciato dall’INPS (e dall’INAIL per la parte assicurativa), che attesta la posizione contributiva dell’azienda. Questi documenti forniscono un quadro attendibile dell’indebitamento fiscale-previdenziale, fondamentale sia per l’esperto sia per coinvolgere l’Erario in eventuali trattative. Nella pratica, ottenere tali certificazioni richiede tempo (diversi giorni). Pertanto la norma – anche a seguito delle modifiche del 2023 – consente che, nelle more dell’ottenimento di questi certificati, l’imprenditore possa intanto allegare un’autocertificazione di averli richiesti almeno 10 giorni prima dell’istanza. Ciò evita ritardi: l’imprenditore dichiara di aver presentato richiesta ai vari enti (ADE, AER, INPS) e poi depositerà i certificati ufficiali appena disponibili. Questa flessibilità, originariamente introdotta in via temporanea dal D.L. 13/2023, è ora a regime grazie al correttivo 2024.
  • Estratto della Centrale Rischi – Bisogna allegare un estratto della Centrale dei Rischi della Banca d’Italia aggiornato a non oltre 3 mesi. Si tratta del report che riporta l’esposizione dell’azienda verso il sistema bancario (affidamenti, sofferenze, sconfinamenti, garanzie). È utile per far conoscere all’esperto la “reputazione creditizia” dell’impresa e l’eventuale presenza di insoluti verso banche. L’imprenditore può scaricarlo autonomamente dal Portale Banca d’Italia con SPID, oppure richiederlo in filiale.
  • Quietanze di pagamento diritti e bolli – Infine, vanno allegate le ricevute che comprovano l’avvenuto versamento del diritto di segreteria (€252) e dell’imposta di bollo (€16), pagate tramite la piattaforma PagoPA integrata.
  • Eventuali allegati facoltativi – La piattaforma consente di aggiungere altri documenti ritenuti utili. In particolare, può essere allegata copia della richiesta di applicazione di misure protettive (qualora l’imprenditore intenda richiederle sin dall’istanza) e la relativa dichiarazione circa eventuali procedimenti esecutivi o cautelari in corso. Inoltre, se l’imprenditore ha deciso di avvalersi da subito della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e delle cause di scioglimento ex art.20 CCII, può allegare la delibera o dichiarazione di voler fruire di tale sospensione. Altri allegati possibili: ad es. lettere attestanti l’interesse di un investitore, bozze di accordi già discusse informalmente con taluni creditori, perizie sul valore di asset aziendali, etc. Tutto ciò che può supportare l’esperto nella comprensione del caso è benvenuto.

È evidente come la mole di documenti sia significativa, specie per imprese strutturate. Tuttavia, la completezza delle informazioni è ciò che permette all’esperto di partire con un quadro chiaro. La presentazione dell’istanza e degli allegati avviene interamente online: il rappresentante dell’impresa (legale rappresentante o procuratore munito di delega) compila i campi e carica i file in formato elettronico (PDF/A). Al termine, firma digitalmente il tutto e invia. La piattaforma, verificata la presenza degli allegati obbligatori, protocolla la domanda con data e ora certa.

Tabella 1 – Principali requisiti e documenti per l’accesso alla composizione negoziata

Requisiti SoggettiviCondizioni OggettiveDocumenti e Allegati Obbligatori
– Imprenditore commerciale o agricolo iscritto al Registro Imprese (società o impresa individuale). – Impresa attiva (non già cessata) anche se in liquidazione volontaria. – Possesso congiunto dei requisiti “sotto soglia” solo per procedura semplificata (nomina esperto via CCIAA).Squilibrio patrimoniale o finanziario che rende probabile la crisi o insolvenza, oppure stato di crisi/insolvenza conclamati ma con prospettiva di risanamento. – Ragionevole perseguibilità del risanamento, da attestare con test facoltativo e progetto di piano. – Nessuna procedura concorsuale già avviata dall’imprenditore (no concordato preventivo, accordo di ristrutturazione o piano omologando pendente). – (Possibile pendenza di istanza di fallimento da terzi: ammessa l’accesso comunque).Istanza di nomina compilata via piattaforma e firmata digitalmente. – Relazione descrittiva sulla situazione aziendale e iniziative prospettate. – Situazione patrimoniale aggiornata (≤60 gg). – Bozza di piano di risanamento (secondo checklist) . (facoltativa per micro-imprese)Bilanci ultimi 3 esercizi (o dichiarazioni fiscali se niente bilanci). – Elenco creditori con importi scaduti/a scadere e garanzie. – Autodichiarazione su assenza di altre procedure e di istanze di fallimento pendenti. – Certificati debiti fiscali, contributivi, riscossione (o autocertificazione di richiesta). – Estratto Centrale Rischi Bankitalia (≤3 mesi). – Ricevuta pagamento €268 (diritti + bollo). – (Facoltativi: Richiesta misure protettive; dichiarazione sospensione obblighi ex art.20; ulteriori doc. utili.)

(N.B.: per le imprese sotto soglia non sono obbligatori la relazione dettagliata né il progetto di piano ex checklist, e la nomina esperto avviene via Segretario CCIAA invece che da Commissione.)

Una volta inviata l’istanza completa, la piattaforma rilascia una ricevuta di avvenuta presentazione. A questo punto la “palla” passa alla fase di valutazione e nomina dell’esperto indipendente, come vedremo nella sezione successiva. È importante sapere che la mera presentazione dell’istanza non produce effetti protettivi immediati sui creditori (a meno che non si attivi la richiesta di misure protettive, trattata più avanti). Dunque, l’imprenditore deve arrivare alla presentazione ben preparato ma anche celere, se ha urgenza di bloccare azioni esecutive: tutti i documenti indicati dovrebbero essere predisposti prima di trovarsi in emergenza. In ogni caso, la procedura di nomina dell’esperto è abbastanza rapida, così da entrare nel vivo delle trattative quanto prima.

Nomina dell’Esperto Indipendente

La figura centrale della composizione negoziata è l’esperto indipendente, un professionista terzo incaricato di affiancare l’imprenditore nel percorso di risanamento e di facilitare le trattative con i creditori. L’esperto non è un commissario che sostituisce l’imprenditore, bensì un facilitatore e supervisore imparziale, dotato di competenze in materia di crisi d’impresa, negoziazione e ristrutturazione aziendale. La sua nomina avviene subito dopo la presentazione dell’istanza, secondo le modalità stabilite dalla legge:

  • Commissione Regionale di Nomina: Per le imprese sopra-soglia (la grande maggioranza dei casi), la scelta dell’esperto è affidata a una commissione istituita presso la Camera di Commercio del capoluogo di regione (o delle Province autonome di Trento e Bolzano). Questa commissione, designata dal D.L. 118/2021, è composta da 3 membri: un magistrato nominato dal Presidente della sezione imprese del Tribunale del capoluogo regionale, un rappresentante camerale nominato dal Presidente della CCIAA regionale e un rappresentante della Prefettura nominato dal Prefetto competente. I commissari restano in carica 2 anni. Ricevuta tramite la piattaforma l’istanza dell’imprenditore (trasmessa automaticamente alla CCIAA capofila), la commissione procede a individuare, nel relativo elenco regionale degli esperti, il profilo più adatto al caso concreto. La scelta dell’esperto deve tenere conto della natura e dimensione dell’impresa, del settore in cui opera e delle specifiche problematiche emerse dall’istanza. Per questo, la piattaforma mette a disposizione della commissione i curricula degli esperti iscritti nell’elenco, comprensivi delle loro competenze ed esperienze. Le recenti modifiche impongono infatti agli esperti di mantenere aggiornato il proprio CV sulla piattaforma, indicando anche le composizioni negoziate eventualmente già seguite e con quale esito. Ciò consente una sorta di “match” più accurato tra impresa ed esperto. La commissione, deliberando in tempi rapidi (di solito entro pochi giorni), nomina l’esperto e ne dà comunicazione al Segretario Generale della Camera di Commercio competente per l’impresa, il quale provvede a formalizzare la nomina e a invitare l’esperto designato ad accettare l’incarico. L’accettazione dell’esperto viene anch’essa caricata in piattaforma (con firma digitale). Da quel momento l’esperto ottiene le credenziali per accedere all’area riservata relativa a quella procedura e potrà consultare tutti i documenti caricati dall’imprenditore. La piattaforma avvisa l’imprenditore dell’avvenuta nomina. In genere tra l’istanza e la nomina trascorrono pochi giorni lavorativi, compatibilmente con la necessità di riunire (anche telematicamente) la commissione regionale. Questo meccanismo collegiale garantisce una scelta imparziale e competente dell’esperto, evitando che sia il debitore a scegliersi un professionista “di fiducia” (che sarebbe meno terzo rispetto ai creditori).
  • Nomina semplificata per imprese sotto-soglia: Come già accennato, se l’impresa richiedente è di dimensioni ridotte (sotto i parametri di legge), la procedura di nomina si semplifica: in questi casi la designazione dell’esperto è fatta direttamente dal Segretario Generale della Camera di Commercio del luogo in cui l’impresa ha la sede legale. Il Segretario attinge comunque all’elenco regionale degli esperti, ma può decidere in autonomia il nominativo, probabilmente consultandosi con il responsabile locale dell’OCC. Anche in tal caso l’esperto nominato deve accettare e l’iter prosegue come sopra. L’idea è che per piccole realtà locali possa bastare una nomina rapida senza coinvolgere tutta la commissione, snellendo i tempi.
  • Elenco degli esperti: Vale la pena chiarire chi sono e come vengono selezionati gli esperti indipendenti. Il D.L. 118/2021 ha previsto che presso ciascuna Camera di Commercio capoluogo di regione venga formato un Elenco regionale degli esperti della composizione negoziata. Possono iscriversi a tale elenco:
    • professionisti iscritti da almeno 5 anni all’albo dei Dottori Commercialisti o Esperti Contabili, che documentino esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e crisi d’impresa;
    • professionisti iscritti da almeno 5 anni all’albo degli Avvocati, con analoghe esperienze documentate nel campo delle crisi aziendali;
    • professionisti iscritti da almeno 5 anni all’albo dei Consulenti del lavoro, che abbiano partecipato con ruolo significativo ad almeno 3 accordi di ristrutturazione o piani attestati o concordati con continuità aziendale omologati;
    • soggetti non iscritti ad albi professionali, che però abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione o controllo in imprese oggetto di operazioni di ristrutturazione sfociate in piani attestati, accordi di ristrutturazione o concordati con continuità andati a buon fine (e senza poi fallimento).
    Inoltre, per poter essere iscritti, occorre aver completato uno specifico corso di formazione sulla composizione negoziata (della durata di 55 ore) organizzato dagli Ordini professionali o dalla Scuola di Alta Formazione indicata dal Ministero. L’iscrizione all’elenco è tenuta aggiornata e validata dagli Ordini (per i professionisti) o dalle Camere di Commercio (per gli altri). L’elenco regionale è pubblico e consultabile (anche via piattaforma). In ogni caso, il singolo imprenditore non interagisce direttamente con l’elenco: è la Commissione o il Segretario a scegliere l’esperto attingendo da lì.
  • Indipendenza e incompatibilità: L’esperto, al momento di accettare l’incarico, deve dichiarare di essere indipendente rispetto all’impresa e alle parti coinvolte. Non deve cioè avere conflitti di interesse, rapporti di consulenza in corso né aver prestato negli ultimi anni attività professionale per l’imprenditore o per soggetti ad esso legati. Se emergono situazioni di incompatibilità, l’esperto ha il dovere di astenersi. L’indipendenza è un pilastro: i creditori devono poter confidare che l’esperto non parteggi per l’imprenditore, e viceversa l’imprenditore che l’esperto non sia troppo vicino a qualche creditore. Qualora dopo la nomina si scoprano conflitti o il venir meno dei requisiti, l’esperto può essere sostituito su segnalazione. La riforma 2024 ha reso più agevole la sostituzione: ora basta l’istanza motivata dell’imprenditore (o di almeno due creditori coinvolti) per attivare la procedura di revoca e nomina di un nuovo esperto. Ciò può avvenire in caso di gravi inadempienze, parzialità o sopravvenuta incompatibilità dell’esperto. La decisione spetta alla Commissione o al Segretario (a seconda dei casi), che valuterà le ragioni e procederà a nuova nomina. Nella prassi però queste sostituzioni sono state finora rare.

Nomina l’esperto, la piattaforma telematica invia notifica all’imprenditore e rende visibili i dati di contatto dell’esperto. Da questo momento la composizione negoziata entra nel vivo: l’esperto e l’imprenditore dovranno collaborare strettamente. È bene evidenziare che l’esperto è terzo e imparziale, ma al contempo ha interesse a cercare soluzioni che soddisfino i creditori, senza però pregiudicare la continuità aziendale. La sua figura funge da “lubrificante” nelle trattative: grazie al suo prestigio e ruolo ufficiale, le parti sono incentivate a dialogare in modo più costruttivo. Nel prosieguo vedremo come si svolge concretamente l’attività dell’esperto durante la procedura. Prima, riepiloghiamo sinteticamente in tabella gli attori principali e i loro ruoli.

Tabella 2 – Attori della composizione negoziata e loro ruoli principali

AttoreRuolo nel procedimentoResponsabilità e compiti
Imprenditore (debitore)Richiede la composizione negoziata e rimane alla guida dell’impresa durante le trattative.– Mantiene l’amministrazione ordinaria dell’azienda (salvo autorizzazioni del tribunale per atti straordinari). – Partecipa personalmente agli incontri negoziali (coadiuvato dai suoi consulenti) e conduce in prima persona le trattative con i creditori. – Fornisce all’esperto tutte le informazioni richieste, documentazione veritiera e aggiornata; ha un obbligo generale di trasparenza e buona fede. – Può proporre soluzioni di risanamento (piani, accordi) e adeguarle secondo le indicazioni emerse. – Se necessario, può richiedere misure protettive al tribunale (e deve attivarsi per la conferma). – Può chiedere la proroga del termine di negoziazione (massimo altri 180 giorni) se le trattative sono in corso promettente. – Ha la facoltà di rinunciare alla procedura in qualsiasi momento (ad esempio se trova soluzioni alternative), depositando apposita comunicazione. – Risponde di eventuali atti in frode ai creditori compiuti durante la composizione; un comportamento in malafede può portare alla revoca delle misure protettive e pregiudicare l’esito.
Esperto indipendenteFacilitatore nominato per affiancare l’imprenditore e favorire il buon esito delle trattative.Analizza la situazione aziendale: esamina i documenti allegati, richiede eventuali integrazioni, verifica la veridicità dei dati. – Programma gli incontri: convoca l’imprenditore e i principali creditori a riunioni (anche separate) per avviare le negoziazioni. – Media tra le parti: stimola soluzioni, suggerisce concessioni reciproche, prospetta possibili accordi (senza però vincolare le parti). – Monitora la condotta delle parti: segnala scorrettezze o ostacoli; se l’imprenditore non collabora o la situazione si rivela irrecuperabile, può decidere di chiudere anticipatamente la procedura. – Redige eventuali relazioni intermedie per il Tribunale (es. parere in sede di udienza di conferma delle misure protettive). – Può richiedere al tribunale misure cautelari (es. provvedimenti per garantire l’attuazione delle protettive) o segnalare necessità di provvedimenti urgenti. – Conclude la procedura con una relazione finale motivata, indicando le attività svolte, le soluzioni individuate (se raggiunte) oppure le cause che hanno impedito l’accordo, e valutando la ragionevole perseguibilità del risanamento con altri strumenti. – Deve rispettare l’obbligo di riservatezza: tutte le informazioni acquisite sono coperte da confidenzialità e non divulgabili. – Indipendenza: non rappresenta né l’imprenditore né i creditori; opera nell’interesse generale della composizione della crisi. – Il suo compenso verrà liquidato al termine dal soggetto nominante (commissione/CCIAA) secondo i criteri di legge (di norma a carico dell’imprenditore).
Consulenti dell’imprenditore (advisor)Professionisti incaricati dall’impresa per assisterla (es. avvocati, commercialisti, consulenti finanziari).– Aiutano l’imprenditore a predisporre i documenti (piani, relazioni) e a valutare la strategia di risanamento. – Partecipano alle trattative come consulenti tecnici al fianco dell’imprenditore, fornendo supporto nelle negoziazioni complesse (es. ristrutturazione di debiti bancari, aspetti legali dei contratti). – Cooperano con l’esperto, fornendo chiarimenti e dati su richiesta. Devono evitare contrapposizioni sterili e tenere un atteggiamento costruttivo, allineato al principio di buona fede. – Possono aiutare a redigere proposte di accordo formalmente corrette (es. stesura di accordi di moratoria, term sheet con banche, bozze di concordato se servirà). – In pratica, fungono da “registi” tecnico-giuridici del risanamento, lasciando però all’imprenditore le decisioni finali. Non hanno un ruolo previsto dalla legge, ma nella prassi sono spesso indispensabili, specie nelle aziende medio-grandi.
Commissione di nomina / Segretario Generale CCIAAOrgano deputato alla designazione dell’esperto e alla vigilanza sul corretto avvio della procedura.Esamina l’istanza e la documentazione presentata dall’imprenditore (soprattutto per verificarne la completezza e regolarità formale). – Seleziona un esperto idoneo dall’elenco regionale, valutando settore, dimensione e complessità del caso. – Nomina formalmente l’esperto e ne raccoglie l’accettazione. – In caso di segnalazioni di incompatibilità o richieste di sostituzione, decide sulla revoca e provvede a nuova nomina se necessario. – Nelle imprese sotto soglia, il Segretario Generale esercita in prima persona questi poteri, eventualmente d’intesa con l’Organismo di Composizione della Crisi locale.
Tribunale (sezione imprese)Interviene limitatamente, solo per concessione di misure protettive/cautelari o per omologare eventuali esiti giudiziali (es. concordati).Riceve l’istanza di misure protettive dell’imprenditore (depositata presso il tribunale competente) e fissa un’udienza entro 30 giorni. – Conferma, modifica o revoca le misure protettive richieste, emettendo un decreto motivato (dopo aver sentito l’esperto e le parti eventualmente opponenti). – Può concedere misure cautelari specifiche a tutela delle trattative (es. sospensione di determinati contratti o azioni, autorizzazione a finanziamenti urgenti) se richieste. – Vigila sul rispetto delle condizioni delle misure protettive: su segnalazione dell’esperto o dei creditori, può revocare le misure in caso di abuso da parte del debitore o venir meno dei presupposti. – Autorizza, su istanza dell’imprenditore durante la procedura, eventuali atti straordinari di particolare urgenza e utilità (es. contrarre finanziamenti prededucibili, cedere azienda o rami d’azienda) se funzionali al risanamento. Tali autorizzazioni ex art.22 CCII offrono protezione ai terzi contraenti e al debitore (prededucibilità dei crediti finanziatori, esenzione da revocatoria, ecc.). – Non interviene nelle trattative di merito, né gestisce attivamente la procedura (a differenza di un concordato, non c’è un giudice delegato fisso). Il suo ruolo è di garanzia e intervento puntuale quando richiesto. – Se la composizione negoziata porta a un esito formale (accordo omologato, concordato, ecc.), il tribunale competente curerà l’omologazione di tali atti secondo le norme proprie di ciascun istituto. Nel caso di concordato semplificato post-negoziazione, ad esempio, il tribunale valuterà il piano liquidatorio e potrà omologarlo (o rigettarlo) senza voti dei creditori.
Creditori (banche, fornitori, Fisco, ecc.)Controparti negoziali dell’imprenditore. Partecipano su base volontaria alle trattative, se disponibili.– Una volta contattati dall’esperto o dall’imprenditore, possono aderire al tavolo negoziale, designando a loro volta referenti. Non hanno obbligo giuridico di partecipare, ma la procedura crea un contesto favorevole al dialogo. – Valutano le proposte di risanamento dell’imprenditore (ad esempio piani di rientro, riduzioni parziali del credito, conversione di crediti in capitale) e formulano eventuali controproposte. – Devono comportarsi secondo buona fede: la legge vieta atti puramente ostruzionistici e prevede, se sono concesse misure protettive, il divieto per i creditori di peggiorare la posizione del debitore (es. revocare fidi o risolvere contratti in essere) solo a causa dell’avvio della procedura. – Possono richiedere al tribunale interventi (es. revoca delle misure protettive) se ritengono che il debitore stia abusando del percorso o pregiudicando le loro garanzie. – Se si raggiunge un accordo, i creditori aderiscono formalmente sottoscrivendolo. Se invece si va verso un concordato o accordo omologato, parteciperanno secondo le regole di voto/adesione previste da tali procedure. – I creditori pubblici (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione, INPS) seguono regole interne per aderire ad eventuali transazioni: ad es. possono acconsentire a piani di dilazione o a stralcio di sanzioni/interessi solo se la proposta è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (principio di maggior beneficio). La composizione negoziata consente anche a loro di sedersi al tavolo con l’impresa.

Svolgimento della Procedura: Fasi e Attività

Una volta nominato l’esperto e accettato l’incarico, inizia la fase operativa della composizione negoziata, che possiamo suddividere in varie fasi cronologiche: avvio e primo incontro; analisi e gestione delle trattative; eventuale ricorso a misure protettive; conclusione (con successo o insuccesso). Vediamole in dettaglio.

Avvio delle trattative e primo incontro

Dopo la nomina, l’esperto prende immediatamente contatto con l’imprenditore. Di norma l’esperto convoca l’imprenditore per un primo incontro entro pochi giorni (spesso entro 5 giorni dall’accettazione). Questo incontro preliminare ha lo scopo di:

  • stabilire un calendario di lavoro e le modalità delle interazioni (incontri periodici, scambio documenti via piattaforma o mail, ecc.);
  • consentire all’esperto di porre eventuali richieste integrative di informazioni o chiarimenti sull’istanza e sui dati ricevuti;
  • discutere con l’imprenditore delle prime linee di azione: quali sono i creditori critici da coinvolgere, se l’imprenditore intende chiedere misure protettive subito, se sono in atto azioni esecutive urgenti, ecc.;
  • ricordare all’imprenditore i doveri cui è tenuto (ad es. tenere l’esperto informato di ogni trattativa condotta anche senza di lui, non assumere nuovi debiti se non concordati, mantenere la riservatezza, ecc.);
  • se presente, fare conoscenza anche con gli advisor dell’imprenditore e instaurare un clima collaborativo.

Durante questo primo incontro, l’esperto verifica la sussistenza iniziale delle condizioni: ad esempio, controlla che l’impresa non sia in uno stato di decozione troppo avanzato che renda inutile la procedura (in casi estremi, l’esperto potrebbe già ravvisare l’assenza totale di prospettive e proporre una chiusura anticipata). In genere però, se l’istanza è stata ammessa, vuol dire che almeno formalmente i presupposti c’erano. L’esperto può anche istruire l’imprenditore su eventuali iniziative urgenti da prendere: ad esempio, se taluni fornitori essenziali minacciano di interrompere le forniture, l’esperto può suggerire di negoziare subito un accordo provvisorio di forniture; oppure se c’è un’asta immobiliare fissata a breve su un bene dell’azienda, valutare se presentare subito al tribunale un ricorso per misure protettive urgenti.

Dopo questa riunione iniziale, l’esperto tipicamente contatta i principali creditori (quelli più rilevanti in termini di importo o importanza strategica) per annunciare l’avvio della composizione negoziata e invitarli a partecipare a successivi incontri. La legge tutela la riservatezza: l’esperto deve ottenere dall’imprenditore l’elenco completo di chi contattare e tutte le parti coinvolte sono tenute a non divulgare a terzi la notizia che l’impresa è in composizione negoziata. In assenza di misure protettive pubblicate, la procedura resta confidenziale. Dunque l’esperto contatta i creditori in modo riservato (di solito via PEC o telefono) spiegando loro la situazione e richiedendo disponibilità al dialogo. Molti creditori conosceranno già le difficoltà dell’impresa (specie banche o fornitori in sofferenza), quindi la chiamata dell’esperto chiarisce che l’azienda sta seguendo un percorso istituzionale per risolverle.

Spesso viene fissato un incontro collegiale tra l’imprenditore, l’esperto e i creditori più significativi. In imprese piccole ciò può avvenire in un’unica tavola rotonda; in imprese complesse, l’esperto può preferire incontri separati per categorie (es. prima con le banche, poi con i fornitori, ecc.). In ogni caso, è buona prassi che entro 2-3 settimane dall’inizio si tengano i primi confronti sostanziali. L’esperto redige brevi verbali interni di questi incontri, annotando le posizioni emerse.

Parallelamente, l’esperto effettua un’analisi approfondita dei dati aziendali: esamina i bilanci per capire l’evoluzione storica, verifica la situazione finanziaria a breve (cassa, fidi disponibili), studia il progetto di piano di risanamento e lo discute con l’imprenditore e i suoi consulenti. Uno scopo essenziale è valutare se effettivamente il risanamento è perseguibile: cioè se, ipotizzando certe misure (nuove risorse, taglio di debiti, ristrutturazione del business), l’impresa possa tornare in equilibrio economico e finanziario. Questa valutazione ovviamente è soggettiva, ma l’esperto deve tenerne conto costantemente, poiché se durante la procedura emergesse che in realtà non c’è chance di risanare, sarebbe inutile proseguire oltre (in tal caso l’esperto dovrebbe interrompere la composizione e consigliare l’accesso a procedure liquidatorie).

Un tema importante nelle prime fasi è la gestione corrente dell’impresa: l’imprenditore può continuare l’attività ordinaria, ma deve astenersi da operazioni straordinarie non autorizzate (alienazioni rilevanti, nuovo indebitamento, ecc.). Tuttavia, la legge consente di svolgere operazioni utili al risanamento previa autorizzazione del Tribunale (art. 22 CCII): ad esempio, ottenere finanziamenti prededucibili o trasferire l’azienda o rami d’azienda se funzionale alla continuità. Se l’imprenditore ha bisogno di effettuare un atto del genere, già nelle prime settimane lo segnalerà all’esperto e insieme predisporranno un ricorso al Tribunale competente per ottenere l’autorizzazione. Per la concessione, il giudice valuta che l’operazione sia nel migliore interesse dei creditori e favorisca il risanamento. Ad esempio, un finanziamento ponte da un socio o da una banca potrà essere autorizzato e dichiarato prededucibile (cioè prioritario in un eventuale fallimento successivo) così da rassicurare il finanziatore. Oppure, la cessione di un asset non strategico potrà essere autorizzata esentandola da revocatoria, purché il ricavato sia destinato ai creditori e l’esperto attesti che è a valori congrui. Questi strumenti aiutano a dare ossigeno all’impresa durante le trattative.

Richiesta e gestione delle misure protettive (stay degli esercizi)

Le misure protettive sono uno snodo cruciale della composizione negoziata. Si tratta, essenzialmente, della sospensione temporanea delle azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori, ossia di un “ombrello protettivo” che mette al riparo l’impresa da pignoramenti, fallimenti e altre aggressioni durante il periodo di negoziazione. Sono paragonabili al “automatic stay” delle procedure concorsuali, ma qui vengono attivate su richiesta dell’imprenditore e sono confermate dal tribunale. Ecco come funzionano:

  • Richiesta di misure protettive: L’imprenditore può presentare sin dall’inizio (contestualmente all’istanza di nomina) oppure anche dopo l’avvio delle trattative, un’istanza al Tribunale per ottenere l’applicazione delle misure protettive. In pratica è un ricorso (depositato via PEC o portale PCT presso il Tribunale competente, di solito quello del luogo in cui l’impresa ha sede) in cui il debitore chiede che, per la durata della composizione negoziata, i creditori non possano iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul suo patrimonio. Contestualmente, la legge richiede di pubblicare nel Registro delle Imprese sia la notizia dell’avvenuta presentazione dell’istanza di misure protettive sia la dichiarazione di accettazione dell’esperto. Questa pubblicazione è fondamentale: da quel momento (giorno di iscrizione) decorrono gli effetti protettivi erga omnes. Dunque, diversamente da un concordato preventivo dove serve il decreto del tribunale, qui lo stay inizia subito appena pubblicata l’istanza. La logica è dare un “congelamento” immediato per evitare che i creditori corrano alle esecuzioni appena sanno delle trattative.
  • Effetti delle misure protettive: In generale, le misure protettive impediscono ai creditori di procedere in via esecutiva o cautelare. In concreto: non si possono iniziare nuovi pignoramenti o sequestri; quelli in corso non possono proseguire (sono sospesi); non può essere pronunciata sentenza di fallimento (liquidazione giudiziale) nei confronti dell’imprenditore durante la vigenza dello stay. La legge ha però previsto alcune eccezioni: i creditori lavoratori (dipendenti per stipendi, collaboratori per compensi) non sono soggetti allo stay, nel senso che possono iniziare o proseguire azioni per i loro crediti retributivi. Questo per tutela sociale dei salari. Tuttavia, come ha chiarito la Corte d’Appello di Potenza, sebbene i lavoratori possano agire per ottenere decreti ingiuntivi o pignoramenti, essi comunque non possono ottenere la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro durante la composizione negoziata. Il “favor” verso i crediti di lavoro non arriva a consentire loro di far fallire l’azienda mentre c’è un tentativo di risanamento in corso. Altra eccezione: le misure protettive non sospendono gli obblighi di pagamento di debiti maturati durante la composizione (ad es. l’impresa deve continuare a pagare forniture via via consegnate o i contributi che maturano). Semplicemente proteggono da azioni relative ai debiti pregressi. Inoltre, per legge le misure protettive non possono riguardare i debiti fiscali per IVA o ritenute dovute: l’impresa deve continuare a versare IVA corrente e ritenute, pena sanzioni (non è ammessa una moratoria su questi adempimenti). Una massima, ad esempio, ha chiarito che non è accoglibile come “misura protettiva” la richiesta di sospendere i pagamenti fiscali e contributivi dovuti nel periodo di negoziazione. Lo stay insomma non è un salvacondotto per non pagare il nuovo, ma solo per congelare il vecchio e guadagnare tempo. Altro effetto delle misure protettive, previsto dall’art. 18 CCII, è il divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione (garanzie) durante la composizione negoziata. Ciò impedisce che un creditore “furbo” pretenda, in cambio di attendere, di ottenere nuove garanzie sull’attivo (peggiorando la posizione degli altri). Inoltre – importantissimo – la legge stabilisce che i creditori non possono unilaterlamente modificare o sciogliere i rapporti contrattuali pendenti in essere con l’impresa durante lo stay, solo in ragione del mancato pagamento di pregresse obbligazioni o dell’avvio della composizione negoziata. Ad esempio, una banca non può revocare un fido o chiudere unilateralmente un conto per il solo fatto che l’impresa è entrata in composizione negoziata; un fornitore essenziale non può interrompere le forniture invocando una clausola di “decadenza del termine” dovuta a ritardi precedenti. Tale protezione, simile a quanto accade nel concordato preventivo, serve a garantire la continuità aziendale durante le trattative: se fornitori e partner contrattuali abbandonassero l’azienda in questa fase, ogni sforzo di risanamento sarebbe vano. Ovviamente resta possibile per un creditore interrompere un contratto se ha cause diverse e legittime (ad es. inadempienze anche durante la composizione). La disciplina è pensata per evitare reazioni a catena: l’apertura delle trattative non deve innescare panico tra i creditori. Per le banche, in particolare, si è specificato che la semplice adesione alla composizione negoziata o la pendenza di trattative non può far scattare automaticamente riclassificazioni a sofferenza del credito (dovrà essere valutata la concreta prospettiva di risanamento). Ciò per evitare che regole prudenziali bancarie irrigidiscano le banche, inducendole a revocare affidamenti.
  • Durata e conferma da parte del Tribunale: Lo stay che scatta con la pubblicazione dell’istanza di misure protettive è, in prima battuta, temporaneo e provvisorio. Il Tribunale deve fissare apposita udienza entro 30 giorni per sentire il debitore, l’esperto ed eventuali creditori opponenti, e decidere se confermare, modificare o revocare le misure protettive. Se l’imprenditore ha chiesto misure protettive fin dall’inizio, questa udienza di norma si terrà a circa un mese dall’avvio. L’esperto, almeno qualche giorno prima dell’udienza, deposita una relazione per il giudice in cui riferisce sullo stato delle trattative e sulla fattibilità del risanamento. Se riscontra che l’impresa non sta seriamente trattando o non vi sono possibilità di accordo, potrà segnalarlo. Il Tribunale, con decreto motivato, conferma le misure (lasciandole quindi in vigore), eventualmente limitandone la portata per evitare eccessivi pregiudizi ai creditori, oppure può revocarle se ritiene che non ricorrano i presupposti (ad es. se l’impresa non merita tutela). Può anche modificarle parzialmente: ad esempio escludere dallo stay alcuni creditori particolari, oppure subordinare la protezione al pagamento di forniture essenziali in corso. È possibile richiedere misure protettive “selettive”, ossia rivolte solo verso alcuni creditori e non verso tutti, ma occorre motivare bene questa scelta (indicare perché si vogliono proteggere solo certi rapporti e altri no). Il giudice valuterà la non discriminatorietà della selezione. Una volta confermate, le misure protettive restano in vigore per un periodo massimo di 120 giorni (4 mesi) dall’iscrizione iniziale, con possibilità di proroga per altri 60 giorni su richiesta motivata (in modo da coprire i 180 giorni complessivi della procedura standard). Se la composizione negoziata viene prorogata oltre i 6 mesi, l’imprenditore può chiedere al tribunale di estendere di conseguenza le misure protettive, ma non oltre il termine finale delle trattative. In nessun caso comunque lo stay può superare la durata effettiva della composizione: se, ad esempio, la procedura viene chiusa anticipatamente, le misure protettive decadono immediatamente (il giudice ne prende atto dichiarandone la cessazione). Va notato che le misure protettive non impediscono ai creditori di maturare interessi di mora o altri effetti legali (salvo diversa contrattazione), semplicemente li sospendono dal poter agire.
  • Violazione dello stay e rimedi: Se un creditore, ignorando la pendenza della composizione negoziata e dello stay, intraprende o prosegue un’azione esecutiva, quell’atto è inefficace per legge. Ad esempio, un pignoramento notificato durante le misure protettive è colpito da improcedibilità e dovrà essere dichiarato tale dal giudice dell’esecuzione. Nella pratica però, l’imprenditore (o più probabilmente il suo legale) dovrà segnalare al giudice competente l’esistenza della misura protettiva e chiedere la sospensione immediata dell’azione esecutiva. Non esiste un meccanismo sanzionatorio particolare contro il creditore che tenta di violare lo stay: la sua azione è semplicemente congelata, e potrà riprenderla solo a misure cessate (senza perdere granché, se non tempo). Va segnalato al Tribunale della composizione se un creditore agisce in spregio alla protezione: il giudice potrà ordinare provvedimenti per far rispettare lo stay (in genere attraverso i canali ordinari: es. comunicazione al giudice dell’esecuzione). Nel massimario si menziona ad esempio che un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. presentato contro l’impresa mentre questa ha attivato misure protettive, dev’essere dichiarato improcedibile perché la legge non prevede la “sospensione” di quel procedimento ma la sua improseguibilità finché dura lo stay. Insomma, le tutele si estendono a ogni forma di aggressione giudiziale.
  • Revoca anticipata delle misure: Qualora durante il periodo protetto emerga che l’imprenditore stia abusando della situazione (ad esempio dilapida beni, non coopera, o le trattative sono palesemente fallite), i creditori o lo stesso esperto possono rivolgersi al Tribunale per chiedere la revoca immediata delle misure protettive. Il giudice, valutate le circostanze, può emettere decreto di cessazione dello stay, restituendo ai creditori la possibilità di agire subito. Uno dei casi tipici è se l’esperto redige una relazione in cui dichiara “assenza di prospettive di risanamento”: a quel punto è interesse di tutti non protrarre la protezione, e i creditori potranno attivare istanze di fallimento o esecuzioni.

In sintesi, le misure protettive offrono all’imprenditore uno spazio temporale di respiro dalle pressioni dei creditori, simile a un congelamento delle posizioni. Questo consente di negoziare “a mente fredda”, evitando che qualche creditore precipitoso agisca distruggendo sul nascere ogni chance di risanamento. Dal lato dei creditori, però, lo stay rappresenta un sacrificio (perdono temporaneamente azione e prelazione) giustificato solo se davvero c’è un tentativo serio di accordo. Per questo la legge bilancia l’ombrello protettivo con la vigilanza del giudice e con la breve durata, oltre che con le possibilità di revoca. L’esperienza del primo anno di applicazione ha mostrato che molti imprenditori ricorrono alle misure protettive, specialmente quando gravano minacce immediate (pignoramenti, segnalazioni di default bancario, istanze di fallimento). Giurisprudenza concorde (Trib. Palermo 26/11/2021, App. Firenze 21/3/2023) ha precisato che solo chiedendo le misure protettive l’imprenditore ottiene tutela contro dichiarazioni di fallimento: se non le chiede, il tribunale potrebbe dichiararlo fallito anche se ha avviato la composizione negoziata (perché la pendenza della sola procedura negoziale, senza misure, non blocca i fallimenti a istanza di creditori). Dunque la scelta di attivare lo stay va ponderata, ma è spesso necessaria per impedire iniziative individuali durante i sei mesi circa di negoziazione.

Svolgimento delle trattative e ruolo attivo dell’esperto

Con o senza misure protettive, la fase centrale della composizione negoziata consiste nelle trattative tra l’imprenditore e i creditori (eventualmente anche investitori, soci, ecc.) sotto la regia dell’esperto. Questa fase, di durata ordinariamente fino a 180 giorni (prorogabile una volta di altri 180 se necessario e richiesto), è un processo dinamico e su misura, che può avere sviluppi diversi a seconda del caso.

In generale, l’esperto dopo aver raccolto il quadro completo, può adottare varie strategie:

  • Convocare riunioni congiunte periodiche tra l’impresa e tutti (o i principali) creditori per discutere situazioni e possibili soluzioni. In tali incontri spesso l’imprenditore presenta un abbozzo di piano di ristrutturazione, e i creditori esprimono il loro punto di vista (cosa sarebbero disponibili ad accettare, cosa no).
  • Trattative separate bilaterali: in alcuni casi è più proficuo per l’esperto incontrare singolarmente certi creditori chiave (ad es. la banca principale) per esplorare possibili concessioni che quella parte può fare, prima di un tavolo generale. L’esperto funge da mediatore: riferisce poi all’imprenditore e agli altri creditori le aperture ottenute, cercando un equilibrio complessivo.
  • Raccolta di proposte e contropartite: L’esperto può chiedere ai creditori di formulare per iscritto proposte di ristrutturazione alternative o di indicare quali condizioni accetterebbero (es: “la banca X è disposta a prorogare di 5 anni il mutuo abbassando il tasso se l’azionista inietta almeno 100mila euro e se gli altri creditori chirografari rinunciano al 20% del credito”). Spesso il ruolo dell’esperto è fare sintesi tra varie aspettative e costruire una proposta condivisa.
  • Valutazione asset e garanzie: Qualora il piano di risanamento preveda dismissioni di beni o nuovi finanziamenti, l’esperto potrebbe chiedere perizie o stime (se non già fornite) per dimostrare ai creditori la realisticità delle cifre in gioco. Ad esempio, se l’imprenditore conta di vendere un immobile per pagare i creditori, l’esperto vorrà un’indicazione del valore di mercato attendibile.
  • Monitoraggio cassa: L’esperto tiene d’occhio la situazione finanziaria corrente. Se l’azienda continua l’attività in continuità, sarà necessario che paghi regolarmente le forniture essenziali e i dipendenti durante la negoziazione. L’esperto può consigliare l’imprenditore su come gestire la cassa (cash management) e, se emerge un fabbisogno, potrà sollecitare contributi (es. anticipazioni da soci o factoring di crediti futuri).
  • Aggiornamento delle strategie: Le trattative possono portare a modificare inizialmente il piano di risanamento proposto. L’imprenditore magari aveva ipotizzato di tagliare il 30% dei debiti chirografari, ma i creditori potrebbero chiedere che il taglio sia del 20% e in cambio i soci mettano equity. L’esperto aiuta a ricalibrare la proposta in modo da massimizzare il consenso.
  • Coinvolgimento di terzi: In alcuni casi, l’esperto potrebbe suggerire di coinvolgere nelle trattative altri soggetti: ad esempio, se c’è un potenziale investitore interessato a rilevare l’azienda o a entrarvi, potrebbe farlo partecipare (con la dovuta riservatezza) ai colloqui, perché la sua presenza potrebbe rassicurare i creditori (sapere che qualcuno apporta capitali freschi è spesso decisivo). Oppure coinvolgere i garanti/fideiussori dell’imprenditore, se il loro impegno può aiutare (a volte i creditori potrebbero chiedere, per accettare l’accordo, che i garanti personali rinuncino a opporre alcune eccezioni o partecipino allo sforzo).
  • Rispetto dei doveri: L’esperto controlla che l’imprenditore rispetti gli obblighi legali: ad esempio, l’art. 17 CCII impone che l’imprenditore partecipi di persona alla procedura, non può delegare tutto agli advisor e scomparire. Se l’imprenditore non si presenta agli incontri senza motivo o tenta di tenere nascosti fatti rilevanti, l’esperto può richiamarlo formalmente. Un’assenza ingiustificata al primo incontro addirittura legittima l’esperto a chiudere subito la procedura (e ora la norma prevede un compenso ridotto in tal caso, per evitare perdite di tempo).
  • Crescita del debito: L’esperto deve vigilare che durante i mesi di trattativa l’impresa non accumuli ulteriori debiti verso lo Stato o i dipendenti. Se emergono criticità (es. l’impresa smette di pagare contributi dovuti nel frattempo), l’esperto ne tiene conto perché ciò riduce le possibilità di successo e la buona fede.

Durante questa fase, l’esperto periodicamente farà il punto con l’imprenditore su quale percorso di soluzione si sta delineando. Se appare possibile raggiungere un accordo stragiudiziale (puro), bene: si lavorerà per formalizzarlo. Se invece emerge che servirà un intervento dell’autorità giudiziaria (ad esempio un concordato preventivo per imporre una ristrutturazione a dissenzienti, o un accordo di ristrutturazione da omologare perché non tutti aderiscono), l’esperto aiuterà l’imprenditore a prepararsi a tale esito (ad esempio predisponendo un piano più dettagliato e l’attestazione necessaria). La composizione negoziata può fungere anche da “preludio” ad una procedura concorsuale più complessa, organizzandone il terreno.

Esempio di conduzione delle trattative: supponiamo un caso con debiti bancari e debiti verso fornitori. L’esperto potrebbe inizialmente tenere separate le trattative: incontra le banche (magari in un tavolo con tutte le banche creditrici) e discute con loro la rinegoziazione dei mutui o delle linee di credito – le banche potrebbero chiedere un piano industriale credibile e magari garanzie aggiuntive (es. ipoteca su un immobile libero). Poi incontra i fornitori principali, che premono per incassare gli arretrati: discute possibili piani di rientro in percentuale. Nel frattempo, l’imprenditore (su consiglio dell’esperto) contatta un socio o un investitore per vedere se possono mettere liquidità nuova. Dopo qualche settimana, l’esperto riunisce tutti in un incontro congiunto e presenta uno schema di accordo: ad esempio, propone che i fornitori accettino un pagamento parziale del 70% sui loro crediti (con stralcio 30%) da eseguirsi in 12 mesi, le banche allunghino le scadenze e rinuncino a una parte di interessi, e l’azionista conferisca una somma che sarà utilizzata interamente per pagare i primi acconti dovuti ai creditori. I creditori valuteranno lo schema: se c’è consenso di massima, l’esperto guiderà la messa nero su bianco dell’accordo finale (che potrà essere un unico accordo plurilaterale firmato da tutti, oppure accordi bilaterali speculari con ciascuno, a seconda dei casi). Se invece emergono dissensi forti da qualcuno, l’esperto verificherà se quell’adesione è strettamente necessaria o si può procedere anche senza (es. se c’è un fornitore minoritario che non ne vuole sapere, ma gli altri 95% sono d’accordo, si può decidere di proseguire magari pianificando di pagare integralmente quel piccolo dissenziente per toglierlo di mezzo, oppure valutare se conviene utilizzare uno strumento legale per imporgli la soluzione).

Durante le trattative, l’esperto può convocare più volte le parti e si comporta quasi come un mediatore professionale, con la differenza che ha anche competenze tecniche e può esprimere valutazioni nel merito. Ad esempio, se un creditore chiede troppo (es: pagamento integrale subito, quando l’impresa non può), l’esperto può far notare che “in caso di fallimento voi recuperereste magari il 20%, mentre con questa proposta ve ne diamo 70%, quindi è nell’interesse di tutti accettare una riduzione”. Oppure all’imprenditore, se questi offre troppo poco, può dire che “la proposta non è sostenibile per i creditori, va migliorata”. Questo ruolo di cuscinetto è prezioso.

Un punto fermo: le trattative sono volontarie e consensuali. L’esperto non ha poteri coercitivi: non può obbligare un creditore ad aderire né imporre all’imprenditore di accettare una condizione sgradita. Tuttavia, il contesto creato dalla procedura e la presenza di una figura terza spesso portano le parti ad essere più ragionevoli. L’esperto può comunque certificare la disponibilità di taluni e l’eventuale irragionevolezza di talaltri: ad esempio, se uno solo dei creditori ha impedito l’accordo pur a fronte di sacrifici accettati da tutti, nella relazione finale questo emergerà, e potrà avere riflessi (es: il debitore potrebbe poi proporre un concordato preventivo in cui a quel creditore dissenziente viene imposto il trattamento che aveva rifiutato, evidenziando al giudice la sua irragionevole opposizione).

Conclusione della procedura: esiti e soluzioni

La composizione negoziata può concludersi in due modi fondamentali: o con un esito positivo, cioè l’individuazione di una soluzione di regolazione della crisi, oppure con un esito negativo, ossia senza accordo. Vediamo queste due macro-ipotesi e le sottosoluzioni possibili.

Esito positivo – raggiungimento di una soluzione: Si parla di successo della composizione negoziata quando, entro la durata della procedura (6 mesi, salvo proroga), l’imprenditore e le sue controparti riescono a concordare una o più misure che risolvono o comunque affrontano la crisi d’impresa. L’art. 23 CCII elenca le possibili “soluzioni” che possono scaturire dalle trattative. In pratica, i principali esiti virtuosi sono:

  • Accordo stragiudiziale con i creditori: È l’ipotesi in cui l’imprenditore e tutti o buona parte dei creditori trovano un accordo privato, senza necessità di coinvolgere il tribunale se non per la chiusura formale della composizione. Può trattarsi di un unico accordo firmato da tutti i creditori interessati (specie se sono pochi), oppure di accordi bilaterali plurimi (es. con ciascuna banca separatamente, con i fornitori singolarmente). Ad esempio, l’imprenditore potrebbe stipulare con le banche atti di rinegoziazione dei mutui, con i fornitori patti di saldo e stralcio al X%, con i locatori intese per ridurre il canone, e così via. L’importante è che dopo ciò la situazione economico-finanziaria dell’impresa risulti riequilibrata. Questi accordi privati non richiedono omologa giudiziaria: la loro efficacia è contrattuale. Tuttavia, va tenuto presente che se non tutti i creditori aderiscono, l’imprenditore rimane esposto alle pretese dei dissenzienti. Spesso dunque, se si procede stragiudizialmente, si tende a coinvolgere tutti i principali creditori, lasciando fuori magari solo i minori pagati per intero (così da non creare sacche di dissenso).
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti (omologato): Se i creditori sono numerosi e non tutti pronti a firmare spontaneamente, una soluzione intermedia è convertire le intese raggiunte in un accordo ex art. 57 CCII (ex art.182-bis L.F.) da sottoporre all’omologazione del Tribunale. Questo strumento richiede l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali e consente di chiedere al giudice l’omologazione, rendendo vincolante l’accordo anche per eventuali creditori non aderenti (salvo diritto di questi di essere pagati integralmente). La composizione negoziata può agevolare la formazione di un simile accordo: l’esperto certifica il contenuto, i creditori rappresentanti la maggioranza lo sottoscrivono e poi si deposita il tutto in Tribunale per l’omologa. Esistono anche varianti potenziate, introdotte dalla riforma 2022, come gli accordi ad efficacia estesa ai creditori finanziari dissenzienti (se aderisce il 75% delle banche, l’accordo può essere esteso per legge anche alle banche dissenzienti, art. 61 CCII) e i piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (PRO) che consentono, con alcune maggioranze, di superare il veto di intere classi di creditori. Sono strumenti tecnici, ma l’importante è che la composizione negoziata può condurre a predisporre uno schema di accordo che poi viene finalizzato e portato in omologazione giudiziale per acquisire forza esecutiva verso tutti. In tal caso il ruolo dell’esperto termina comunque con la sua relazione finale positiva, e l’iter prosegue nelle mani del tribunale per la fase di omologa (con eventuale nomina di un commissario giudiziale se previsto).
  • Piano di risanamento attestato (art. 56 CCII): Un altro esito possibile è che l’imprenditore, con l’ausilio dell’esperto, elabori un piano di risanamento attestato e ottenga dalle banche o da altri creditori chiave il sostegno su di esso. Il piano attestato è uno strumento privatistico consistente in un piano di risanamento redatto dall’impresa e attestato da un professionista indipendente (diverso dall’esperto) quanto alla sua fattibilità, che viene poi eseguito privatamente. Ad esempio, si può costruire un piano a 5 anni con rientri scadenzati e capitalizzazione dell’azienda, farlo attestare, e convincere i creditori a non agire confidando in quel piano (moratoria di fatto). La differenza dall’accordo è che qui non c’è un contratto vincolante con i creditori, ma questi si astengono dall’agire confidando nel piano attestato che se funziona li soddisferà. È uno strumento rischioso se non c’è adesione formale, ma in alcuni casi può essere usato specie con creditori frammentati (che se vedono l’attestazione positiva e la presenza dell’esperto possono “dare tempo” all’impresa).
  • Convenzione di moratoria: Prevista dalla direttiva UE, in Italia è recepita come accordo di moratoria ex art. 62 CCII. In pratica, i creditori (specialmente finanziari) possono accordarsi per sospendere/rinviare le scadenze di pagamento per un certo periodo, impegnandosi a non agire. Questo accordo richiede l’adesione di almeno il 75% per essere esteso agli eventuali finanziatori dissenzienti dello stesso tipo. È un altro possibile esito: la composizione negoziata può portare le banche a firmare una convenzione di moratoria, congelando i debiti per il tempo necessario a implementare altre misure (vendite asset ecc.). Anche questa convenzione va omologata.
  • Accordo su crediti fiscali e contributivi (transazione fiscale): Un capitolo a parte è la transazione fiscale e contributiva che l’Agenzia delle Entrate e l’INPS possono accettare in sede di accordo o concordato. Nel contesto della composizione negoziata, se l’impresa ha debiti col Fisco, la soluzione dovrà comprendere anche il trattamento di questi ultimi. Spesso ciò avverrà tramite un accordo o un concordato in cui si include la transazione fiscale ai sensi degli artt. 63-64 CCII: l’Erario può, ad esempio, accettare di stralciare sanzioni e interessi e dilazionare l’imposta, purché riceva almeno quanto otterrebbe in caso di liquidazione fallimentare. Durante la composizione negoziata, l’esperto può aiutare l’imprenditore a predisporre la proposta da fare all’Agenzia Entrate e a discuterla con la stessa (l’agenzia ha delegati che partecipano a tavoli tecnici). Se c’è accordo, sarà formalizzato poi in un atto (omologato se parte di una procedura). Un segnale positivo: le norme recenti (D.L. 13/2023 e D.Lgs. 136/2024) hanno introdotto misure premiali fiscali extra: ad es. la possibilità per l’impresa in composizione negoziata di ottenere un piano di rateazione straordinario fino a 120 rate (10 anni) per i debiti tributari iscritti a ruolo, se si dimostra una grave situazione di difficoltà. Inoltre sono previste agevolazioni IVA (ad esempio, il creditore che aderisce a un accordo e riduce il suo credito può emettere nota di credito IVA per recuperare l’IVA sul credito stralciato subito, senza attendere il fallimento). Queste misure rendono più conveniente includere il Fisco negli accordi.
  • Continuità aziendale indiretta: In alcuni casi, l’esito può essere la cessione dell’azienda (o di suoi rami) ad un terzo, individuato durante la composizione negoziata, che proseguirà l’attività sana, mentre il ricavato va a soddisfare i creditori. Ad esempio, un imprenditore può trovare un investitore disposto a rilevare l’intera azienda e farsi carico dei debiti (o pagarne una parte). Si formalizzerà allora un contratto di cessione d’azienda a quell’investitore, con liberazione parziale dai debiti originali secondo accordi. Questa è una soluzione “di mercato” che evita fallimenti e salva i posti di lavoro. La composizione negoziata consente di condurre una tale operazione in modo vigilato e più sicuro (anche con eventuale autorizzazione del tribunale ex art.22, come detto). Se la cessione avviene con l’accordo dei creditori (ad es. il terzo paga loro una certa percentuale), il risanamento si concretizza con il passaggio di mano.

Qualunque sia la formula adottata, quando si arriva ad una soluzione, l’esperto provvede a redigere la relazione finale positiva, indicando che si è raggiunto uno degli esiti previsti dall’art. 23 CCII e quindi la composizione negoziata può considerarsi conclusa con successo. La relazione finale viene inserita in piattaforma e comunicata alle parti (e al giudice se c’erano misure protettive, per dichiararne la cessazione). La Camera di Commercio annoterà l’archiviazione della procedura. Da quel momento l’esperto cessa il suo ruolo. L’implementazione concreta degli accordi raggiunti spetta all’imprenditore e ai creditori: se è un accordo stragiudiziale, semplicemente ognuno eseguirà le obbligazioni come pattuite (pagamenti nelle scadenze concordate, ecc.). Se è un accordo omologato, si aprirà la relativa fase in tribunale (dove comunque l’esperto potrebbe essere chiamato come attestatore o consulente, ma non più come esperto ex lege).

Secondo i dati pubblicati da Unioncamere, circa il 20% delle composizioni negoziate avviate si conclude con un esito positivo di questo tipo, percentuale in aumento col tempo, segno che lo strumento sta iniziando a funzionare. I settori dove si sono registrati più casi di successo includono manifattura, commercio e costruzioni.

Esito negativo – mancato accordo: Purtroppo, non in tutti i casi si riesce a trovare una soluzione. Se entro i 180 giorni (o il periodo prorogato) le trattative non portano ad alcun accordo o piano, la composizione negoziata si chiude con esito negativo. Ciò può accadere per vari motivi: rigidità dei creditori, peggioramento improvviso della situazione dell’impresa, mancanza di proposte credibili, ecc. L’esperto, quando ritiene che non vi siano più margini, stende la relazione finale negativa in cui attesta l’impossibilità di raggiungere un accordo e spiega le ragioni. Ad esempio: “non è stato possibile trovare un accordo perché la maggioranza dei creditori chirografari ha rifiutato ogni proposta, ritenendo più conveniente l’azione individuale”, oppure “l’imprenditore non è stato in grado di reperire la finanza esterna necessaria e dunque il piano presentato è risultato non attuabile”. La relazione finale negativa viene caricata in piattaforma e notificata. Da quel momento, se c’erano misure protettive, decadono immediatamente (il tribunale ne prende atto con decreto) e i creditori riacquistano libertà d’azione. La procedura è formalmente archiviata.

Tuttavia, l’esito negativo della composizione negoziata non significa necessariamente la fine di ogni speranza. Possono aprirsi altre strade, questa volta giudiziali, per la regolazione della crisi. In particolare:

  • L’imprenditore può decidere di presentare comunque un concordato preventivo (ordinario) o una domanda di liquidazione giudiziale (fallimento volontario). Questo avverrà se, pur non avendo trovato accordo, l’imprenditore ritiene di poter sottoporre ai creditori un piano concordatario da votare, magari confidando che il tribunale conceda misure cautelari o che in sede giudiziale i creditori possano preferire un concordato al fallimento. Di sicuro la fase di trattative avrà fornito all’imprenditore molte informazioni utili per predisporre un eventuale piano concordatario (es. saprà quali creditori potrebbero votare contro, a quali condizioni sono disposti a cedere, ecc.).
  • Se l’impresa è piccola (sotto soglia), l’imprenditore può rivolgersi all’OCC per attivare un concordato minore o una liquidazione controllata (nuove procedure del CCII analoghe al piano del consumatore o alla liquidazione del patrimonio ex L.3/2012). Ad esempio, potrebbe proporre un concordato minore offrendo ai creditori dissenzienti più o meno quanto aveva offerto in composizione negoziata (sperando nell’omologa giudiziale).
  • Concordato semplificato per la liquidazione: Questo è uno strumento speciale e innovativo, previsto proprio dal D.L. 118/2021 (ora art. 25-sexies CCII), che consente all’imprenditore, se la composizione negoziata non ha avuto successo, di richiedere al tribunale l’omologazione di un concordato senza il voto dei creditori, avente ad oggetto la sola liquidazione del patrimonio. In altre parole, se le trattative falliscono ma l’imprenditore vuole evitare il fallimento liquidando comunque i beni in modo ordinato, può – entro 60 giorni dalla chiusura della composizione negoziata – presentare un ricorso per concordato semplificato. In tale procedura, il debitore propone di liquidare tutto l’attivo (magari con già acquirenti individuati grazie all’esperto durante le trattative) e ripartire il ricavato tra i creditori, secondo l’ordine legale, eventualmente con l’aggiunta di risorse esterne. Non c’è voto dei creditori: il tribunale fissa udienza, i creditori possono fare osservazioni, ma decide il giudice se omologare valutando che il piano non li pregiudichi rispetto a un fallimento. Questo concordato speciale è pensato come “valvola di sfogo” per i casi in cui la composizione negoziata non può salvare l’impresa come attività funzionante, ma c’è comunque l’opportunità di evitare il fallimento mediante una liquidazione concordata (ad esempio vendendo l’azienda in blocco a un soggetto disponibile emerso durante le trattative). Il vantaggio è di saltare i tempi lunghi di un fallimento e magari spuntare valori migliori vendendo in continuità. Nella pratica, questo istituto è stato poco usato finora, ma rimane una possibilità a disposizione.
  • Naturalmente, se tutto fallisce, i creditori rimasti insoddisfatti potranno presentare istanze di fallimento (liquidazione giudiziale) e a quel punto l’impresa verrà verosimilmente posta in procedura concorsuale liquidatoria. L’esperto potrebbe in tal caso mettere a disposizione del curatore fallimentare le informazioni raccolte (non c’è formalmente obbligo, ma nulla vieta di cooperare per ridurre asimmetrie informative).

Si può concludere che un esito negativo della composizione negoziata non pregiudica l’accesso ad altre procedure, anzi spesso ne getta le basi. L’importante è che l’imprenditore si muova con tempestività (ricordiamo che in Italia vige l’obbligo degli amministratori di attivarsi senza indugio quando la crisi è irreversibile, per non aggravare il buco). Va segnalato infine che un imprenditore che abbia lasciato scadere il termine di 180+180 giorni senza accordo non può attivare immediatamente una nuova composizione negoziata: se nulla è cambiato, sarebbe un abuso. La legge non fissa un divieto esplicito di reiterazione, ma in sede di nuova istanza bisognerebbe dimostrare elementi nuovi (es. un differente assetto, nuovi creditori disposti, etc.), altrimenti la commissione di nomina potrebbe considerarla inammissibile per mancanza di genuinità (in pratica, non c’è perseguibilità del risanamento se è già fallito prima a parità di condizioni).

L’esperto, nella relazione finale, può suggerire quali siano gli strumenti più adeguati da intraprendere dopo. Se, ad esempio, ritiene che un concordato preventivo in continuità potrebbe comunque riuscire (magari perché mancavano due creditori ma con la falcidia forzata si potrebbe fare), lo potrà consigliare. Oppure se l’impresa è insolvente senza rimedi, segnalerà la necessità di attivare la liquidazione giudiziale. Tale relazione finale viene comunicata anche al Pubblico Ministero presso il tribunale competente, il quale potrebbe usarla per decidere se presentare istanza di fallimento (nell’ottica di evitare aggravamenti). Dunque la composizione negoziata, se fallisce, comunque produce un fotogramma aggiornato della situazione utile a tutti gli stakeholder.

Profili Fiscali e Tributari nella Composizione Negoziata

Gli aspetti fiscali rivestono un ruolo di primo piano nella gestione della crisi d’impresa. Spesso l’impresa in difficoltà presenta significativi debiti verso l’Erario (IVA, ritenute, IRES/IRAP) e verso gli enti previdenziali (contributi INPS) o l’agente di riscossione (cartelle esattoriali). Affrontare questi debiti è cruciale per il successo di qualsiasi piano di risanamento. La composizione negoziata fornisce un contesto per coinvolgere anche il Fisco nelle trattative, sebbene con alcune peculiarità:

  • Coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione: L’imprenditore, tramite l’esperto, può invitare l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della Riscossione (ADER) al tavolo negoziale, soprattutto se i debiti fiscali sono rilevanti. In linea di principio, gli enti pubblici creditori possono aderire ad accordi di ristrutturazione o concordati accettando una certa falcidia o dilazione dei propri crediti, ma entro limiti e condizioni fissati dalla legge (transazione fiscale). Nel contesto extra-giudiziale puro, gli spazi sono limitati: l’Agenzia Entrate, ad esempio, non può “perdonare” il debito fiscale al di fuori di quanto previsto dalla normativa (in assenza di una omologazione da parte di un tribunale). Tuttavia, può valutare la concessione di piani di rateazione straordinari. Il D.L. 13/2023 (convertito con L. 31/2023) ha introdotto una misura premiale: in caso di composizione negoziata, il Fisco può concedere fino a 120 rate mensili (10 anni) per il pagamento dei debiti tributari, in presenza di comprovata grave difficoltà. Questo è molto al di là delle 72 rate standard. È un incentivo importante: se durante le trattative l’impresa propone all’Agenzia di pagare tutto il debito fiscale ma spalmato in 10 anni, l’Agenzia ha base legale per accettare (purché dimostri la difficoltà e rispetti i criteri interni).
  • Stralcio di sanzioni e interessi: Nell’ambito di un accordo di ristrutturazione o concordato, è prassi che l’Agenzia Entrate rinunci a sanzioni e interessi sui tributi, chiedendo almeno il pagamento integrale dell’imposta (salvo eccezioni se l’imposta stessa non sarebbe recuperabile integralmente in fallimento). In sede di composizione negoziata, l’Agenzia può manifestare l’intenzione di aderire ad una transazione fiscale in un successivo concordato o accordo omologato. Non potrà formalmente sottoscrivere un taglio del tributo fuori dalle procedure, ma potrà indicare: “se presentate un concordato con pagamento del 30% dell’IVA e zero sanzioni, noi aderiamo”. Questa indicazione orienta l’imprenditore su come strutturare una eventuale proposta formale successiva.
  • Sospensione cartelle esattoriali: Con le misure protettive attive, anche l’Agente della Riscossione è bloccato nel poter avviare nuove esecuzioni (fermi amministrativi, pignoramenti) e sospende quelle in corso. Tuttavia, le scadenze di versamento di piani rateali preesistenti non sono automaticamente sospese, a meno che non si negozi con ADER una revisione. L’impresa dunque deve stare attenta: se aveva già in atto una rateizzazione fiscale e smette di pagare le rate durante la composizione, al termine potrebbe decadere dalla rateazione. Sarebbe opportuno coordinare con ADER una moratoria temporanea (che potrebbe rientrare in accordi informali).
  • Crediti IVA nelle transazioni: La normativa consente ai creditori (ad es. fornitori) che accettano riduzioni di credito in accordi di ristrutturazione di emettere nota di credito per l’IVA corrispondente non incassata, recuperandola immediatamente. Recenti interventi hanno esteso questa facoltà anche in alcune ipotesi di accordi della composizione negoziata, rendendo meno oneroso per i fornitori aderire (perché non restano a dover versare IVA su somme mai incassate).
  • Trattamento fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitazione: Normalmente, se un debitore ottiene una remissione di debito da un creditore, contabilmente matura una sopravvenienza attiva tassabile (un “ricavo” straordinario). Tuttavia, l’art. 88 TUIR esclude da tassazione le sopravvenienze derivanti da accordi di ristrutturazione o concordati preventivi omologati. Ciò significa che se l’impresa riduce i propri debiti tramite un accordo formalmente omologato, il “guadagno” derivante dal debito cancellato non genera IRES/IRAP. In un accordo meramente stragiudiziale, invece, quella riduzione sarebbe tassabile. Questo è un forte incentivo a passare da un accordo privato ad un accordo omologato, se le cifre sono importanti. L’imprenditore dovrà tenerne conto: l’esperto e i consulenti valuteranno il risparmio fiscale globale delle varie opzioni.
  • Eventuali pendenze fiscali e penali: Se l’impresa ha debiti verso l’Erario, spesso potrebbe avere anche violazioni tributarie (omessi versamenti IVA o ritenute) di rilevanza penale. La composizione negoziata di per sé non estingue reati tributari, a differenza di un concordato con pagamento integrale del debito tributario che può estinguere il reato di omesso versamento. Va dunque pianificato con attenzione: l’imprenditore se possibile dovrebbe saldare ritenute e IVA non versata (magari grazie a un accordo e nuova finanza) per evitare conseguenze penali. Se ciò non è fattibile, dovrà considerare che l’accordo dovrà comunque prevedere il pagamento almeno delle soglie penali entro certi termini per non incorrere in condanne. Questi aspetti vanno coordinati con eventuali procedure di pena patteggiata se in corso.
  • Fiscalità durante la procedura: Durante i mesi di composizione, l’impresa continua ad avere i consueti obblighi: versamento dell’IVA corrente, delle ritenute, dei contributi, pagamento delle imposte se cadono scadenze (es. saldo imposte). Lo stay non autorizza a saltare dichiarazioni o F24. Se l’impresa proprio non è in grado, dovrà includere quei debiti negli accordi. Un esempio: se a novembre è dovuto l’acconto IVA e l’impresa non lo paga perché è in crisi, quell’omesso pagamento genererà un nuovo debito che andrà trattato nel pacchetto di ristrutturazione. È buona norma cercare di contenere la crescita del debito fiscale durante le trattative, anche perché il Fisco guarda negativamente a chi continua ad accumulare arretrati mentre negozia.
  • Contributi previdenziali: La gestione dei debiti verso INPS avviene in parallelo: nelle trattative, l’INPS potrà aderire ad analoghe transazioni contributive (con dilazioni lunghe, abbuono di sanzioni civili, ecc., secondo art. 63 CCII). Ci sono anche qui misure premiali: possibile spalmare fino a 120 rate contributi e premi (parallelamente all’Agenzia). L’INPS di solito richiede che per omologare un accordo le rate correnti contributive siano pagate e i dipendenti in regola, quindi l’imprenditore dovrà considerare di non sospendere i contributi correnti.

In definitiva, l’aspetto fiscale nella composizione negoziata è duplice: da un lato occorre includere i debiti fiscali nel piano di risanamento (non si può ignorarli), dall’altro lo Stato mette a disposizione alcuni incentivi normativi per favorire la riuscita: dilazioni extra, agevolazioni IVA, esenzioni da tasse sulle remissioni, ecc. Un imprenditore ben consigliato saprà sfruttare queste opportunità. Ad esempio, potrebbe prevedere nel piano che il carico fiscale sarà ripagato in 10 anni senza interessi, cosa che riduce il fabbisogno immediato e rende più facile trovare liquidità per altri creditori. Oppure, se deve vendere un immobile come parte del risanamento, potrebbe beneficiare dell’esenzione dall’imposta di registro che spesso accompagna gli atti in procedure concorsuali (questo aspetto dipende da normativa fiscale specifica per atti di concordato, etc.).

Un altro elemento: l’adesione del Fisco ad un piano di ristrutturazione qualifica il piano stesso. Se la composizione negoziata riesce a ottenere l’assenso dell’Agenzia Entrate (magari in sede di accordo ex art.182-bis CCII), significa che il piano proposto rispetta il test di convenienza (lo Stato accetta perché ottiene almeno quanto avrebbe in fallimento). Ciò è spesso un segnale positivo anche per altri creditori e per il tribunale che dovrà omologare. Quindi, portare il Fisco a bordo è un obiettivo chiave.

In conclusione, la gestione dei debiti fiscali e contributivi nella composizione negoziata richiede coordinamento con l’Agenzia delle Entrate e gli enti pubblici, sfruttando gli strumenti della transazione fiscale e le norme premiali introdotte. Un esito positivo passa quasi sempre da una soluzione sul fronte fiscale, poiché lo Stato spesso è tra i creditori maggiori. Fortunatamente, l’evoluzione normativa sta andando verso una maggiore flessibilità e collaborazione del Fisco nei piani di risanamento negoziati.

Simulazioni Pratiche per Tipologia d’Impresa

Per illustrare con concretezza come la composizione negoziata si adatta a differenti realtà, proponiamo tre casi esemplificativi, corrispondenti ad una micro-impresa, a una PMI e a una grande impresa (anche in forma di gruppo). Queste simulazioni, pur semplificate, mostrano passo passo il possibile svolgimento della procedura e le soluzioni individuate in ciascun contesto.

Caso 1: Micro-impresa familiare (esempio di impresa sotto soglia)

Situazione iniziale: Alfa SNC è una piccola azienda familiare che gestisce da decenni un negozio di abbigliamento. Ha 5 dipendenti. Negli ultimi anni le vendite sono calate e Alfa ha accumulato debiti: €50.000 con fornitori di merce, €30.000 di affidi bancari (castelletto per anticipo fatture) quasi esauriti, €20.000 di arretrati di locazione e circa €25.000 di debiti verso Fisco e INPS (IVA non versata e contributi). In totale circa €125.000 di esposizione. Il patrimonio è modesto: un magazzino di merce e arredi, nessun immobile di proprietà. I due soci non hanno risorse liquide significative, ma possiedono la casa di abitazione in comunione (non ipotecata). L’azienda è ancora attiva, ma la tensione di cassa è altissima: alcuni fornitori hanno iniziato a sospendere le consegne, il proprietario dei locali minaccia sfratto per morosità, e la banca ha preannunciato revoca degli anticipi. Alfa si trova quindi in stato di crisi conclamata, a rischio insolvenza. I soci, preoccupati di perdere l’attività di famiglia, decidono di tentare la composizione negoziata.

Accesso alla procedura: I soci amministratori, con l’aiuto del loro commercialista, preparano l’istanza sulla piattaforma. Essendo Alfa SNC sotto soglia (attivo e ricavi sotto i limiti), l’istanza è relativamente agile: allegano una situazione contabile aggiornata, l’elenco dei debiti e una sintetica relazione in cui spiegano che la crisi è dovuta al calo vendite e accumulo di stock invenduto. Propongono come idea di risanamento di ridurre l’assortimento del negozio (meno costi acquisto), cercare un socio finanziatore tra i parenti e magari ottenere uno sconto sui debiti pregressi di fornitori e locatore. Nella relazione indicano che la ragionevole perseguibilità del risanamento deriva dal fatto che, riducendo i costi e con un po’ di taglio debiti, il negozio potrebbe tornare a produrre utili (allegano un prospetto che mostra come, con 3 dipendenti invece di 5 e affitto ridotto del 20%, tornerebbero in utile). Presentano l’istanza e pagano i €268 diritti. Non chiedono all’inizio misure protettive, sperando di negoziare rapidamente.

La nomina dell’esperto avviene nel giro di 3 giorni a cura del Segretario Generale della CCIAA locale (trattandosi di impresa sotto soglia): viene designato il dott. Bianchi, commercialista con esperienza di piccole aziende al dettaglio. Il dott. Bianchi accetta e convoca i soci per un incontro.

Fase di trattativa: Al primo incontro, l’esperto Bianchi esamina la situazione: vede che la società è in crisi di liquidità acuta. Chiede: “Avete urgenze immediate? sfratti, pignoramenti?”. I soci riferiscono che una fornitura di nuova collezione è bloccata perché il fornitore storico non consegna finché non saldi almeno metà del debito (€10k su €20k dovuti), e che l’udienza di sfratto per morosità dell’affitto è fissata tra un mese. L’esperto comprende che serve agire in fretta: propone di richiedere subito misure protettive mirate per bloccare lo sfratto (che è una procedura esecutiva) e per tutelare il magazzino da eventuali decreti ingiuntivi. I soci concordano.

Bianchi li aiuta a predisporre il ricorso per misure protettive: chiedono al Tribunale di inibire fino alla durata della composizione qualunque azione esecutiva, inclusa la convalida di sfratto. Deposita il ricorso e lo iscrive al registro imprese; così scatta lo stay su Alfa. Il proprietario dell’immobile, con l’istanza pubblicata, non può ottenere la convalida immediata e dovrà attendere l’udienza davanti al giudice della composizione.

Intanto, l’esperto convoca i principali creditori di Alfa: il fornitore di abbigliamento (credito €20k), il locatore (€20k di affitti arretrati), e la banca. Organizza un incontro presso la CCIAA. Spiega loro che Alfa ha avviato la composizione negoziata e li invita a collaborare per trovare una soluzione migliore di un eventuale fallimento, in cui – sottolinea – recupererebbero forse 20 centesimi per via (poiché Alfa non ha immobili né grandi asset).

Negoziazione:

  • Con il fornitore principale: all’incontro, l’imprenditore propone di pagare al fornitore €10k (il 50%) in 12 mesi e, in cambio, chiede di poter ricevere ancora merce (fondamentale per continuare l’attività). Il fornitore, seccato dalle precedenti inadempienze, inizialmente vorrebbe il 100% magari in 6 mesi. L’esperto media ricordandogli che se Alfa chiude, lui non vedrà quasi nulla e perderà anche un cliente storico. Dopo trattative separate, si orientano verso un accordo: Alfa pagherà €5k entro un mese (forse con l’aiuto di un parente), e il restante €10k (quindi 75% del debito) in rate su 18 mesi; il fornitore concederà uno sconto del 25% (perdendo €5k) ma in cambio manterrà Alfa come cliente fornendo merce in conto vendita (cioè forniture future con pagamento solo a vendita avvenuta, per non esporre ulteriormente Alfa). Questa intesa viene formalizzata in un accordo scritto bilaterale.
  • Con il locatore: all’inizio era molto aggressivo (aveva già avviato sfratto). L’esperto gli fa notare che sfrattando il negozio rischierebbe di non recuperare nulla degli arretrati (perché Alfa andrebbe in fallimento probabilmente). Propone allora: il locatore rinuncia a metà degli affitti arretrati (€10k su €20k) e li considera sanati; i restanti €10k saranno pagati a fine piano se le cose migliorano. Inoltre i canoni futuri vengono ridotti del 20% per i prossimi 2 anni, poi torneranno al livello originario se il fatturato riprende. Il locatore, anche grazie alla moral suasion dell’esperto e considerando di preferire un negozio aperto che paga ridotto piuttosto che uno sfittìo, accetta. Sottoscrivono un accordo di moratoria: per 2 anni canone ridotto e arretrati congelati; se Alfa si riprende, pagherà gli arretrati ridotti dopo 2 anni, altrimenti li perderà.
  • Con la banca: Alfa ha affidamenti per €30k garantiti da nulla (solo firma). La banca ha già segnalato difficoltà. L’esperto va a parlare col direttore locale. Propone di non revocare le linee e anzi concedere 6 mesi in più, perché se la banca chiude i fidi Alfa muore e la banca incasserebbe nulla (chirografo in eventuale fallimento). La banca concorda nel mantenere il fido, però chiede in cambio una garanzia personale dei soci su eventuali future insolvenze. I soci (d’accordo con i coniugi) offrono un’ipoteca di 2° grado sulla casa (c’è già un mutuo residuo, ma c’è capienza). In piattaforma, su input dell’esperto, viene ottenuta in pochi giorni l’autorizzazione dal giudice per concedere questa ipoteca durante la composizione (considerata atto strumentale al risanamento, perché garantisce la continuità del credito bancario). La banca dunque proroga il fido e firma un accordo in cui si impegna a non chiedere il rientro per 1 anno.
  • Fisco e contributi: L’esperto contatta l’Agenzia Entrate (che ha un ruolo minore qui, €15k di IVA arretrata) e l’INPS (€10k). Propone loro un piano di rateazione lungo: grazie alle norme premiali, in composizione può chiedere 120 rate. In realtà la cifra è piccola, quindi propone 60 rate (5 anni) senza sanzioni. L’Agenzia attende di vedere se Alfa regge, ma acconsente di non procedere con fermi o ipoteche (anche perché c’è lo stay in corso). In pratica, si decide che se Alfa regge i primi 6 mesi di risanamento, formalizzeranno una transazione fiscale nel concordato minore (se necessario) o con accordo. Per ora, ADER sospende le azioni.
  • Dipendenti: Hanno 2 mensilità arretrate. L’esperto incontra anche loro brevemente: i soci si impegnano a pagarne almeno una entro 1 mese (magari usando i €5k prestati dal parente) e l’altra entro 3 mesi. I dipendenti, vedendo uno sforzo e volendo mantenere il posto, si fidano. Si concorda però di ridurre l’organico tramite 2 prepensionamenti volontari (già c’erano 2 dipendenti vicini alla pensione) che saranno incentivati con una piccola buonuscita (rateizzata). Ciò riduce i costi futuri.

Conclusione: Nel giro di 4 mesi, grazie all’opera paziente dell’esperto Bianchi, Alfa SNC ha:

  • ottenuto che i fornitori principali e il locatore firmassero accordi stragiudiziali di ristrutturazione (taglio debito e dilazioni);
  • mantenuto aperto il negozio, anzi con canoni ridotti temporaneamente;
  • preservato il fido bancario (con concessione di garanzia ipotecaria autorizzata e nessun esborso immediato);
  • ricapitalizzato un minimo l’azienda con l’ingresso di un cugino che ha prestato €10k (usati per onorare i primi pagamenti concordati);
  • dimezzato il personale (passato da 5 a 3) riducendo il costo fisso, senza conflitti sindacali (i due escono volontariamente con buonuscita a rate).

L’esperto redige la relazione finale dichiarando che la composizione negoziata ha portato al raggiungimento di accordi che appaiono idonei ad assicurare il risanamento di Alfa (gli accordi conclusi rientrano tra le soluzioni ex art. 23 CCII). La CCIAA archivia la procedura. Le misure protettive decadono ma non servono più perché il clima è disteso: il locatore revoca lo sfratto, i fornitori proseguono i rapporti.

6 mesi dopo, Alfa torna in equilibrio: il fatturato, grazie al nuovo assortimento e all’assenza di pressione dei debiti passati, permette di rispettare le rate pattuite. A fine anno, con sorpresa positiva, Alfa ottiene un piccolo utile operativo, segno che il negozio può sopravvivere. La composizione negoziata è stata lo strumento che ha evitato un fallimento praticamente certo, con soddisfazione di tutte le parti (creditori che recuperano più del probabile in caso di chiusura e continuano rapporti; soci che non perdono l’azienda; dipendenti che in gran parte mantengono il lavoro).

Caso 2: PMI manifatturiera (esempio di società sopra soglia)

Situazione iniziale: Beta S.r.l. è un’azienda metalmeccanica (50 dipendenti) specializzata nella produzione di componenti per auto. Negli ultimi due anni ha subito un calo di ordini e problemi di liquidità a causa di ritardi di pagamento di alcuni grossi clienti. Ha debiti finanziari per circa €5 milioni: due banche hanno erogato mutui e anticipi su fatture (esposizione €3M garantiti da ipoteche su capannone e pegno su macchinari; un’altra banca €1M chirografo); fornitori commerciali vari per €2M (di cui €500k scaduti da oltre 90gg); debiti verso Erario e INPS per €800k (IVA e contributi di 6 mesi non versati); inoltre, ci sono leasing su macchinari per €1M residui e TFR dipendenti accumulato per €400k. Beta S.r.l. possiede un capannone industriale (valore stimato €2,5M, ipotecato per €2M) e vari macchinari (valore €1M, alcuni in leasing). La crisi di liquidità ha portato Beta a saltare rate di mutui e leasing: le banche hanno iniziato a inviare richiami, un fornitore strategico (acciaio) ha ridotto le forniture a vista, e l’Agenzia Entrate Riscossione ha iscritto ipoteche legali per IVA non pagata. L’azienda è in stato di crisi avanzato, ma ha ancora un portafoglio ordini significativo e know-how, quindi c’è speranza se si ristrutturano i debiti e entra nuova finanza. I soci (due famiglie) decidono di attivare la composizione negoziata per evitare di perdere tutto.

Accesso alla procedura: Beta S.r.l. predispone con i suoi advisor (un legale e un advisor finanziario) un’istanza completa: allega bilanci, situazione aggiornata (che evidenzia pesanti perdite), un draft di piano di risanamento dettagliato. Nel piano ipotizza: la conversione in equity di parte dei debiti bancari (una banca sarebbe disponibile a diventare socia al 30% condonando 50% del credito), il ri-finanziamento di scorte e crediti tramite un nuovo investitore, la cessione di un ramo d’azienda non core, la dilazione decennale dei debiti fiscali e il pagamento parziale (40%) dei debiti fornitori. È un piano ambizioso, ma potenzialmente convincente: prevede che i soci attuali accettino di diluirsi, che arrivi un investitore e che con queste risorse Beta torni redditizia entro 2 anni, mantenendo 40 dipendenti (10 esuberi da gestire con cassa integrazione). Beta chiede subito le misure protettive: teme azioni dei creditori, in particolare l’escussione delle ipoteche da parte di banca e Fisco. Deposita l’istanza in piattaforma e l’istanza di misure protettive in tribunale. Verso i crediti di lavoro Beta è in regola (stipendi pagati, solo TFR accantonato non versato al fondo).

La Commissione regionale nomina come esperto la dott.ssa Rossi, consulente aziendale con esperienze di ristrutturazioni industriali. Scatta la protezione automatica al momento della pubblicazione (nessun creditore potrà iniziare o proseguire esecuzioni, compresa una istanza di fallimento che un fornitore minacciava).

Fase iniziale: L’esperto Rossi studia il piano e la documentazione. Capisce che Beta ha ancora mercato e soprattutto intravede l’interesse di un investitore (nel piano c’è menzione di un fondo locale che valuterebbe investire €2M se i debiti vengono ridotti). Convoca subito l’imprenditore e i suoi advisor per chiarimenti. Poi organizza un incontro con i due principali banche creditrici, l’Agenzia Entrate e un rappresentante dei fornitori (che hanno creato un comitato informale tra loro). Convoca anche un funzionario della Regione perché Beta è azienda importante nel territorio e potrebbero esistere incentivi o ammortizzatori regionali.

Trattative con le banche:

  • La banca A (credito €2M ipotecario) è disposta a ragionare: Beta propone di consolidare il debito in un nuovo mutuo decennale e ridurre il tasso, oppure convertire €500k in quote societarie. La banca A preferisce non entrare nel capitale, ma potrebbe accettare un taglio di debito se riceve equity liquidabili più avanti.
  • La banca B (credito €1M chirografo) è più dura, vuole garanzie o minaccia di opporsi a qualunque concordato. Rossi tratta: fa capire che se Beta fallisce, la banca B prenderebbe forse 20%, mentre con il piano proposto potrebbe recuperare 50% in forma di strumenti partecipativi (come azioni privilegiate o un earn-out legato ai futuri utili). Banca B alla fine accetta di incassare subito €300k (che verrebbero dal nuovo investitore) e trasformare il residuo €700k in un contratto di partecipazione agli utili decennale (un meccanismo per cui la banca riceverà il 10% degli utili di Beta per 10 anni, stimati valere il 50% nominale del credito).

Trattative con Fisco ed enti: L’Agenzia Entrate presente all’incontro dichiara la disponibilità a transare: Beta dovrà pagare almeno il valore di liquidazione (che calcolano intorno al 30% dei loro crediti) e potrà spalmare in 120 rate. Beta propone di pagare il 40% del debito fiscale in 5 anni (grazie anche a un contributo dei nuovi investitori) e chiede abbuono totale di sanzioni e interessi. L’Agenzia è favorevole in linea di massima, subordinando all’omologa in un concordato o accordo. INPS similmente chiede almeno il 40% contributi in 4 anni. Rossi prende nota e sa che questo potrà confluire in un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Trattative con fornitori: I fornitori (che aggregati hanno €2M crediti, di cui $500k scaduti) sono preoccupati di perdere il cliente Beta che è importante nel distretto. Prospettano di poter accettare una falcidia (uno sconto) ma minima, magari del 20%, purché Beta saldi il resto entro 2 anni e continui a ordinar loro materiali. Dopo negoziati, con l’intervento di un rappresentante di categoria e la garanzia che Beta manterrà volume ordini stabili, i principali fornitori accettano un trattamento: 80% del credito pagato – 20% subito (anche qui grazie alla finanza esterna attesa), il resto 60% su 24 mesi. Il residuo 20% di debito sarà stralciato. Alcuni fornitori strategici chiedono però garanzia che Beta rispetti i pagamenti futuri: si studia di offrire loro cambiali o un maintenance agreement dove se Beta ritarda di oltre 30 gg scatta la decadenza dei termini per tutti. L’esperto fa da garante morale che Beta rispetterà.

Nuovo investitore e cessione asset: Il fondo regionale interessato ad investire partecipa a un incontro riservato con Beta e l’esperto. Conferma interesse a mettere €2M di equity nuova, ma a condizione di arrivare al 60% delle quote (diluzione soci) e che i debiti residui post-ristrutturazione non superino €3M. L’esperto vede che i conti tornano: se banche convertissero parzialmente e creditori stralciassero, Beta rimarrebbe con circa €3M di debiti finanziari (mutui rifinanziati) e €0.8M di debito fornitori residuo a rate, più i debiti leasing e lavoratori da onorare. Sembra sostenibile con i €2M di equity fresca (che andranno in buona parte a pagare creditori nell’immediato). Il fondo chiede anche che l’azienda decida per 10 esuberi per snellirsi: Beta aveva già ipotizzato ciò con CIGS, quindi concordano l’intervento del Fondo di Garanzia e di un incentivo all’esodo (la Regione si dichiara pronta a finanziare la formazione di ricollocamento per quei 10 lavoratori).

Formalizzazione degli esiti: Dopo 5 mesi intensi di lavoro, l’esperto Rossi riesce a far convergere tutti su un accordo quadro:

  • Le banche firmano un accordo di ristrutturazione finanziaria: rifinanziamento mutuo A (€1.5M su 10 anni, ipoteca confermata), incasso parziale e strumenti partecipativi per banca B.
  • I fornitori firmano singoli accordi transattivi per saldo al 80% in 24 mesi.
  • Il fondo di investimento firma un term sheet vincolante per l’aumento di capitale di Beta di €2M in cambio del 60% quote, condizionato all’omologa di un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII che riduca l’indebitamento secondo le intese.
  • Beta, su suggerimento dell’esperto, decide di formalizzare tutto tramite un Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII) da omologare in tribunale, perché non tutti i piccoli creditori hanno aderito (un 10% di fornitori minori non hanno risposto, e c’è il tema transazione fiscale da far omologare). Viene quindi redatto con l’aiuto legale un accordo unico contenente: la transazione fiscale (40% in 5 anni), la transazione contributiva (40% in 4 anni), l’elenco di creditori aderenti con relativo trattamento (banche e fornitori principali), e l’indicazione che i creditori estranei saranno pagati integralmente (in realtà rimangono pochi trade creditors fuori accordo per €100k, Beta li pagherà in corso di esecuzione accordo per tacitarli). L’esperto, al termine dei 6 mesi, redige la sua relazione finale dove attesta che Beta ha raggiunto un accordo con la maggioranza dei creditori, il quale sarà sottoposto a omologazione (strumento di regolazione della crisi ex art. 23 lett. e CCII).

La composizione negoziata viene dichiarata conclusa con successo: l’esperto invia la relazione al tribunale (che così revoca le misure protettive, oramai non più necessarie perché l’accordo prevede la moratoria per i creditori). Beta, dopo pochi giorni, deposita al Tribunale la domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione con le adesioni ottenute (oltre 75% dei crediti). Il tribunale nomina un commissario per verificare il rispetto delle formalità. In circa 2 mesi, senza voto dei creditori ma sentito il parere del commissario, il tribunale omologa l’accordo ritenendolo conveniente per i creditori e rispettoso delle regole (il 10% di creditori estranei viene comunque pagato al 100%, quindi nessuno è pregiudicato).

L’accordo così omologato diviene vincolante anche per quell’eventuale 10% di dissenzienti (che comunque erano irrilevanti), e Beta S.r.l. entra nella fase di esecuzione del piano di risanamento: arrivano i €2M del fondo (che assume la maggioranza in CDA), vengono versati i primi importi concordati a banche e fornitori, l’attività continua e anzi grazie alla reputazione di essere “salvata” Beta ottiene nuovi ordini. I 10 esuberi vengono accompagnati all’uscita con gli strumenti pubblici e senza contenziosi.

Dopo un anno, Beta torna ad avere flussi di cassa positivi. I creditori finanziari e fiscali incassano regolarmente le rate concordate. Senza la composizione negoziata e la regia dell’esperto, difficilmente si sarebbe arrivati a questo complesso intreccio di soluzioni: la probabilità di un fallimento dispersivo era molto alta, con danno per tutti (banche ipotecarie avrebbero sì venduto il capannone ma probabilmente a valore ribassato; fornitori avrebbero visto briciole; 50 famiglie disoccupate). Invece con uno sforzo negoziale coordinato si è arrivati a un concordato “di fatto” extragiudiziale omologato, senza passare per il lungo e incerto iter di un concordato preventivo con voto.

Caso 3: Grande impresa di gruppo

Situazione iniziale: Gamma Holding S.p.A. è la capogruppo di un conglomerato che opera nel settore delle costruzioni e infrastrutture, con 5 società controllate operative (Gamma Build, Gamma Transport, Gamma Engineering ecc.). Il gruppo ha 500 dipendenti totali e progetti in corso in tutta Italia. Purtroppo, a causa di errori gestionali e del blocco di alcuni pagamenti pubblici, si trova in grave crisi di liquidità: Gamma Holding e alcune controllate non riescono a pagare puntualmente fornitori e banche. L’indebitamento complessivo consolidato è enorme (circa €100 milioni): include linee di credito bancarie per €40M (con garanzie ipotecarie su cantieri e fideiussioni incrociate tra società), debiti obbligazionari per €15M (un minibond emesso dalla holding), fornitori per €30M, debiti fiscali e previdenziali per €10M e altri oneri. Siamo di fronte a un gruppo che rischia di trascinare a catena vari subfornitori e appaltatori in fallimento se crolla. La direzione, anche su pressione delle banche e del socio pubblico (c’è Cassa Depositi e Prestiti azionista al 20%), decide di tentare una composizione negoziata di gruppo per evitare il collasso.

Accesso alla procedura: Ai sensi dell’art. 13 CCII, imprese dello stesso gruppo possono richiedere congiuntamente la nomina di un unico esperto e svolgere trattative coordinate. Gamma Holding presenta dunque un’unica istanza per sé e per le 5 controllate (tutte sopra soglia). L’istanza è molto corposa, con bilanci consolidati, piani industriali, e una bozza di piano di ristrutturazione di gruppo: propone di cedere una divisione intera del gruppo (Gamma Transport) per fare cassa, di convertire il bond €15M in equity, di chiedere ai fornitori un grosso taglio del 50% sui crediti e alle banche di allungare i finanziamenti a 15 anni con garanzie statali. Insomma, un piano di salvataggio complesso, magari con l’ingresso di un nuovo investitore straniero interessato ad alcune commesse. Viene richiesta immediatamente la sospensione di ogni azione esecutiva (diverse società del gruppo hanno decreti ingiuntivi dai fornitori e un paio di istanze di fallimento depositate da creditori minori).

La Commissione regionale nomina un collegio di tre esperti date le dimensioni (la legge consente di nominare più esperti per la trattativa se opportuno). Vengono scelti un esperto principale, il dott. Verdi (manager esperto in ristrutturazioni di grandi imprese), affiancato da un avvocato esperto in diritto fallimentare e da un ingegnere gestionale per valutare piani industriali. Questo team accetta l’incarico. La notizia finisce sulla stampa finanziaria, ma formalmente la procedura è riservata (solo le misure protettive sono pubblicate). Il tribunale concede misure protettive plurime: sospende per 4 mesi qualsiasi esecuzione contro Holding e società controllate, con efficacia estesa a tutti i creditori tranne i lavoratori (che però al momento non hanno scioperato, confidando nel salvataggio).

Trattative: Il caso Gamma coinvolge una platea vastissima: oltre 200 fornitori, 6 banche principali (riunite in pool), obbligazionisti (tra cui fondi), enti pubblici, oltre a soggetti come committenti di appalti (alcuni dei quali pubblici). Gli esperti impostano una procedura molto strutturata:

  • Creano sulla piattaforma e off-platform una data room dove i creditori qualificati (sotto accordo di riservatezza) possono accedere ai dati di Gamma e al piano proposto, in modo da valutare.
  • Costituiscono un “comitato dei creditori” volontario con rappresentanti delle principali categorie: 2 banche capofila, 2 grandi fornitori, 1 rappresentante bondholders, 1 rappresentante dell’Agenzia Entrate. Questo comitato funge da interlocutore ristretto per velocizzare le discussioni di massima.
  • Pianificano con il comitato una serie di riunioni plenarie: la prima per illustrare il piano di gruppo e ascoltare le posizioni; poi tavoli separati (ad es. tavolo finanziatori, tavolo trade creditors, tavolo enti pubblici).
  • Misure urgenti: durante la trattativa emergono necessità di liquidità per portare avanti i cantieri (senza, tutto si fermerebbe). Gli esperti consigliano a Gamma di chiedere al tribunale un’autorizzazione ad ottenere finanziamenti prededucibili immediati: grazie a Garanzia Stato “Urgenti liquidità”, due banche accordano un finanziamento ponte di €5M, autorizzato dal giudice come prededucibile. Questo consente di pagare stipendi e comprare materiali per non bloccare i lavori dei progetti in corso (questo era un punto di allarme per i committenti pubblici).
  • Cessione asset: Gamma Transport (ramo redditizio) suscita l’interesse di una società estera. Gli esperti seguono da vicino la trattativa di cessione. Viene chiesto e ottenuto dal Tribunale il permesso di procedere alla vendita del ramo d’azienda anche prima di un eventuale concordato, ritenendola funzionale alla continuità del resto del gruppo. Una gara rapida viene condotta e l’acquirente offre €10M, che saranno destinati a pagare parte dei creditori finanziari secondo accordo.
  • Coinvolgimento socio pubblico: Cassa Depositi e Prestiti (azionista 20%) viene sensibilizzata: viene richiesto di valutare una ricapitalizzazione insieme ad eventuali altri investitori. CDP si mostra disponibile a mettere altri €5M ma solo se anche i creditori fanno sacrifici e se il gruppo resta in piedi per progetti futuri di interesse nazionale. Questa disponibilità viene segnalata ai creditori come segno di fiducia.

Le trattative sono durissime:

  • Le banche vogliono evitare perdite, ma capiscono di dover forse rinunciare a parte degli interessi e allungare i piani di rientro. Propongono di convertire alcune linee a breve in strumenti a lungo termine e di ottenere garanzie statali (Fondo Centrale) su nuovi eventuali prestiti post-risanamento.
  • I fornitori organizzati chiedono almeno il 50% dei crediti in tempi certi, perché molti di loro rischiano la crisi a loro volta.
  • Gli obbligazionisti (molti fondi internazionali) premono per una soluzione di mercato: potrebbero accettare un concambio del bond in equity (diventare azionisti) se vedono prospettive di rilancio, altrimenti puntano a liquidare.
  • Lo Stato (Erario) vuole garanzie sui crediti IVA e contributi, magari accetterà lo stralcio di sanzioni ma vuole un piano di rientro decennale.
  • I committenti pubblici preoccupati per i cantieri minacciano di escutere le polizze cauzionali se Gamma non garantisce continuità nelle opere. L’esperto deve mediare anche con loro: li convince a non rescindere i contratti, promettendo che con la ristrutturazione Gamma potrà finirli.

Dopo 5 mesi di intensi negoziati e decine di meeting, si delineano i punti di un possibile accordo quadro di gruppo:

  • Tutte le società del gruppo confluiranno in un concordato preventivo di gruppo con continuità (nuovo strumento previsto dal CCII) oppure un accordo di ristrutturazione con estensione inter-gruppo. Si preferisce la strada dell’accordo di ristrutturazione ad adesione qualificata: banche, bondholder e fornitori principali lo firmerebbero, e si chiederà l’estensione ai pochi finanziatori dissenzienti ex art. 61 CCII.
  • Taglio del debito fornitori: i fornitori chirografari accettano il 50% di taglio, quindi recupereranno il 50% dilazionato in 2 anni (parte con i soldi della cessione Gamma Transport, parte con un finanziamento che CDP si impegna a garantire).
  • Taglio del bond: gli obbligazionisti acconsentono a convertire l’intero bond €15M in azioni di Gamma Holding (di nuova emissione) fino al 40% del capitale. Questo significa rinunciare a una parte (si stima recupereranno a valore attuale il 30-40% del nominale, ma sperano in risalita valore azioni).
  • Banche: ottengono il ricavato della vendita Gamma Transport (10M) da distribuire, più nuove garanzie e rifinanziamento del residuo credito su 15 anni. Le banche con ipoteche forti su cantieri completati preferiscono escutere parzialmente: vendere un paio di immobili non strategici di Gamma per incassare (il tribunale ha autorizzato vendite mirate di asset non essenziali, es. una vecchia sede) – recuperando magari un 70% su quei crediti; il rimanente lo diluiscono.
  • Fisco/INPS: transazione su 100% imposte principali e contributi in 6 anni, zero sanzioni, zero interessi.
  • CDP e nuovo partner: CDP mette €5M equity fresco; inoltre si individua un nuovo partner industriale (un grande gruppo rivale) che, interessato ad alcune commesse, entra con €10M per rilevare il 30% di Holding. In pratica, post-risanamento la compagine sarà: CDP 25%, Obbligazionisti convertiti 20%, nuovo partner 30%, vecchi azionisti 25%.
  • Dipendenti: purtroppo previsto un piano di esuberi di 50 unità (10%) da gestire con mobilità e incentivi, ma la gran parte resta al lavoro. Vengono assicurati i pagamenti degli arretrati stipendi e TFR (grazie a un finanziamento post-omologa garantito dallo Stato destinato proprio ai dipendenti).
  • Struttura legale: si opta per un accordo di ristrutturazione dei debiti di gruppo (ai sensi del CCII, che consente di trattare più società in un unico accordo), soggetto a omologazione. I creditori finanziari costituiscono la stragrande maggioranza che aderisce formalmente (>75%), quindi l’accordo può prevedere l’estensione degli effetti ai pochi non aderenti (sfruttando le norme introdotte dalla direttiva). In parallelo, per la parte di debito commerciale l’accordo sarà presentato come concordato minore in continuità per quelle controllate dove i fornitori dissenzienti sono in maggioranza (casi minori).

L’esperto Verdi e il suo team scrivono una relazione finale ponderosa che spiega in dettaglio il percorso e afferma che è stata individuata e sottoscritta dai principali creditori una soluzione concordata di gruppo ex art. 23 CCII (accennando all’accordo di ristrutturazione e agli aumenti di capitale predisposti). La composizione negoziata di gruppo si chiude dopo 6 mesi e mezzo con questo schema definito.

Segue la fase giudiziale di omologa: il tribunale competente (uno specializzato per grandi imprese, in accordo di programma col Ministero) esamina l’accordo, sente eventuali opposizioni (qualche piccolo obbligazionista retail contesta la conversione bond, ma viene rigettato perché la maggioranza ha aderito e la proposta è equa). Alla fine, dopo qualche mese, l’accordo di gruppo viene omologato. Gamma esce dalla procedura col peso dei debiti drasticamente ridimensionato (da €100M a circa €45M effettivi da pagare in anni, e col capitale rafforzato da €15M new equity). I cantieri riprendono a pieno regime, i creditori incassano secondo accordo e alcuni diventano anche nuovi azionisti (partecipando dunque ad eventuale futura crescita).

In questo caso, la composizione negoziata ha evitato uno scenario di fallimento plurimo (6 procedure separate con danni enormi) e ha permesso di salvare un gruppo importante mediante una combinazione di strumenti finanziari sofisticati (debt-equity swap, vendite asset, accordi intercreditor). Certo, il procedimento è stato assai complesso e ha richiesto tutte le competenze dell’esperto e l’intervento sinergico di attori istituzionali (CDP, governo locale). Ma senza l’ombrello normativo della composizione negoziata, difficilmente si sarebbe potuto mettere tutti a un tavolo in tempi rapidi e con la protezione necessaria. Questo esempio mostra anche come la composizione negoziata di gruppo consenta di trattare con un approccio unitario più imprese legate, evitando soluzioni scoordinate.

Domande Frequenti (FAQ) sulla Composizione Negoziata

  • Domanda: Qual è la differenza tra la composizione negoziata e un concordato preventivo?
    Risposta: La composizione negoziata è una procedura stragiudiziale e volontaria, in cui l’imprenditore mantiene la gestione e cerca un accordo con i creditori assistito da un esperto indipendente. Non comporta l’apertura di una procedura concorsuale né l’intervento diretto del Tribunale (se non per misure protettive mirate). In pratica è un percorso di negoziazione assistita e confidenziale. Il concordato preventivo, invece, è una procedura concorsuale giudiziale: richiede il deposito di un ricorso in Tribunale, l’apertura formale della procedura, la nomina di organi (commissario giudiziale), il voto dei creditori sulla proposta di concordato e l’omologazione finale del giudice. Nel concordato l’azienda opera sotto la supervisione del tribunale e ogni atto rilevante è regolato dalla legge fallimentare (o dal CCII). In sintesi: la composizione negoziata è più flessibile e informale, mirata a trovare soluzioni concordate fuori dal tribunale (anche se poi può sfociare in un concordato o accordo omologato); il concordato è un procedimento formale che serve a regolare la crisi con effetti vincolanti anche sui dissenzienti, ma è più oneroso e pubblico.
  • Domanda: Chi paga l’esperto indipendente? Quali sono i costi della procedura?
    Risposta: L’esperto viene retribuito dall’impresa debitrice. Il suo compenso è stabilito al termine della procedura dal decreto di liquidazione emesso dalla Commissione di nomina o dal Segretario Generale (per imprese sotto soglia), secondo criteri fissati dal MISE/Min.Giustizia (art. 25-ter CCII). Solitamente il compenso è variabile in base alla dimensione dell’impresa e all’attività svolta, con un minimo e un massimo (ad esempio da €4-5.000 per i casi semplici fino a cifre più alte per casi complessi). Le recenti modifiche hanno previsto che se la procedura si chiude molto presto (dopo il primo incontro per mancanza di prospettive o mancata comparizione), l’esperto riceve un compenso ridotto (tra €500 e €5.000), mentre se segue l’intera negoziazione riceve in proporzione di più. In ogni caso, oltre al compenso dell’esperto, i costi diretti sono minimi: bisogna pagare un diritto di segreteria di €252 + bollo €16 per presentare l’istanza, e farsi carico di eventuali consulenze dei propri professionisti (se l’impresa si avvale di avvocati, consulenti contabili, ecc., quelli sono a suo carico come in qualunque ristrutturazione). Non ci sono spese di giustizia come nel concordato (ad es. non c’è un commissario da pagare o bolli su domande al tribunale a parte il contributo unificato eventuale per ricorsi di misure protettive, comunque modesto). In sintesi: la procedura in sé è poco costosa rispetto a un concorsuale; il costo principale è il compenso dell’esperto, che va negoziato (non preventivamente, la legge vieta accordi sul compenso prima di 120 giorni per evitare conflitti di interesse) e liquidato a fine procedura, e naturalmente i costi dei propri advisor se coinvolti.
  • Domanda: L’accesso alla composizione negoziata viene pubblicizzato? I miei clienti/concorrenti lo verranno a sapere?
    Risposta: La composizione negoziata è concepita come riservata. L’istanza e i documenti sono depositati solo in piattaforma e non sono pubblici. Anche la nomina dell’esperto di per sé non viene iscritta nel Registro delle Imprese (a differenza dei vecchi “avvisi di allerta” previsti in passato e poi aboliti). Tutti i soggetti coinvolti – imprenditore, esperto, creditori – sono tenuti alla confidenzialità sulle informazioni acquisite. L’unico caso in cui c’è pubblicità è quando l’imprenditore richiede misure protettive: in tal caso, per legge, l’istanza di misure protettive e l’accettazione dell’esperto vengono iscritte nel Registro delle Imprese, così che tutti possano sapere (è necessario perché le misure abbiano efficacia verso i terzi). Tuttavia, questa pubblicazione generalmente indica solo che l’impresa ha presentato un’istanza di composizione negoziata con misure protettive in data X – non entra nei dettagli. Se non si chiedono misure protettive, nulla viene reso pubblico ufficialmente. Ovviamente l’imprenditore dovrà rivelare la situazione ai creditori coinvolti nelle trattative, ma di norma ciò avviene in modo controllato. Dunque, clienti, concorrenti e il pubblico in generale potrebbero non venire a conoscenza della procedura se gestita con discrezione (a meno di “rumors” o fuga di notizie, che però violerebbero l’obbligo di riservatezza). Molte composizioni negoziate si sono svolte sotto traccia, con esito positivo, senza clamore pubblico. Va detto però che se si attivano misure protettive, i fornitori e terzi possono accorgersi della pubblicazione e interpretare che l’impresa è in difficoltà. Ma è comunque meno pubblicizzato di un concordato, che comporta decreto di tribunale pubblicato.
  • Domanda: La composizione negoziata mi protegge dai creditori? Possono comunque portarmi i libri in tribunale o pignorarmi beni?
    Risposta: Dipende. Se l’imprenditore non fa richiesta di misure protettive, l’avvio della composizione negoziata di per sé non blocca le iniziative dei creditori. Questi potrebbero teoricamente continuare a notificare decreti ingiuntivi, pignoramenti o chiedere il fallimento. In pratica, molti creditori una volta informati che è in corso la procedura, tendono ad attendere l’esito (anche perché sperano di ottenere più da un accordo che da un’azione giudiziale). Ma legalmente non sarebbero impediti. Viceversa, se si chiedono le misure protettive al Tribunale, allora sì: scatta un divieto temporaneo per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e di ottenere la dichiarazione di fallimento. Quindi durante quel periodo (massimo 4+2 mesi, estendibile se proroga composizione) l’impresa è “protetta”. Importante: perché il blocco valga anche sull’istanza di fallimento è necessario aver attivato le misure protettive. Se, ad esempio, un creditore chiedesse il fallimento mentre la composizione è pendente senza misure protettive, il tribunale potrebbe comunque dichiarare il fallimento (ci sono stati casi). Con misure protettive pubblicate, invece, nessun fallimento può essere dichiarato fino a fine trattative. Quindi per rispondere: la composizione negoziata può offrire uno “scudo” se l’imprenditore attiva formalmente lo strumento delle misure protettive. Senza quello, la protezione è solo informale e di buona volontà delle parti. Da notare comunque che alcune azioni urgenti come la riscossione di stipendi da parte dei dipendenti non sono fermate (i lavoratori possono agire per il dovuto, anche se la dichiarazione di fallimento resta bloccata).
  • Domanda: Cosa succede se non si raggiunge un accordo? Sono obbligato a fallire?
    Risposta: No, l’imprenditore non è automaticamente destinato al fallimento se la composizione negoziata fallisce, ma dovrà valutare altre opzioni a quel punto. Quando la composizione negoziata termina senza accordo, l’esperto archivia la procedura e decadono eventuali protezioni. A quel punto i creditori riacquisiscono libertà di azione: potrebbero riprendere le esecuzioni e presentare istanze di fallimento. L’imprenditore, dal canto suo, può decidere di ripiegare su una procedura concorsuale: ad esempio può presentare concordato preventivo entro 60 giorni (specialmente se durante le trattative ha messo a punto un piano, magari con qualche adesione che può portare in concordato). Oppure, se non vede alternative, può lui stesso chiedere il fallimento (liquidazione giudiziale) per chiudere ordinatamente. Esiste anche la possibilità del concordato semplificato (liquidatorio) entro 60 giorni dalla composizione fallita, che consente di evitare il voto dei creditori e liquidare gli asset sotto controllo del tribunale. Quindi, l’esito “negativo” non implica un dovere di fallire, ma bisogna agire con tempestività: se la situazione è insolvente e irreversibile, non si può restare inerti troppo a lungo perché si rischia responsabilità per aggravamento del dissesto. In pratica, se la composizione negoziata non produce soluzione e l’impresa è insolvente, è probabile che su pressione dei creditori o dovere degli amministratori si passi a una procedura concorsuale per regolare la crisi. L’esperto nella relazione finale spesso suggerisce cosa fare (es: “non essendo emerse soluzioni concordate, appare necessario l’accesso a liquidazione giudiziale”). Sta poi all’imprenditore decidere: potrebbe anche tentare un’ultima carta di nuova composizione dopo qualche mese se cambiano le condizioni (anche se farne due di seguito non è usuale). Riassumendo: non c’è un automatismo di fallimento, ma finisce la moratoria e riprendono i rischi normali di insolvenza.
  • Domanda: Posso scegliere io l’esperto? Ad esempio nominare un mio consulente di fiducia?
    Risposta: No, l’esperto è nominato dall’organismo pubblico (commissione o CCIAA) in modo terzo. L’imprenditore non può scegliersi l’esperto, né indicarne uno di preferenza. Questo per garantire l’imparzialità. Gli esperti provengono da un elenco regionale formato con requisiti stringenti. Detto ciò, l’imprenditore può ovviamente continuare ad avvalersi dei propri consulenti (avvocato, commercialista, advisor finanziario) che collaboreranno con l’esperto, però l’esperto indipendente deve essere autonomo e non legato all’imprenditore. Se, ad esempio, venisse nominato un professionista che ha lavorato per l’imprenditore in passato (raro, perché dovrebbe dichiararlo), l’imprenditore può segnalarlo e chiederne la sostituzione per possibile conflitto. In casi estremi, se l’imprenditore reputa l’esperto inadeguato o in conflitto, può chiedere formalmente la revoca motivata: con la riforma 2024 basta una sua segnalazione insieme a due creditori per avviare la sostituzione. Ma non può nominare egli stesso un altro. Quindi, la regola è: accettare l’esperto designato, cercando di collaborare al meglio. Nella maggior parte dei casi la scelta è stata giudiziosa e l’esperto assegnato possiede competenza nel settore dell’impresa.
  • Domanda: Quanto dura la composizione negoziata?
    Risposta: La durata ordinaria è 6 mesi (180 giorni) dall’accettazione dell’esperto. Su richiesta motivata, può essere prorogata una sola volta fino ad ulteriori 180 giorni, arrivando dunque al massimo a circa 12 mesi complessivi. La proroga va concordata: può chiederla l’imprenditore con il consenso dell’esperto, oppure le parti in trattativa (la maggioranza dei creditori) sempre col consenso dell’esperto, e deve essere accordata formalmente dalla commissione. Se erano state concesse misure protettive, bisogna chiedere al tribunale di estenderle per la durata aggiuntiva. In pratica, se dopo 6 mesi c’è del lavoro di trattativa ancora in corso e buone prospettive, l’esperto di solito domanda la proroga e continua l’opera (è nel suo e nell’interesse di tutti portare a casa il risultato). Se invece le trattative stagnano o non c’è margine, può chiudere anche prima di 6 mesi. Non c’è un minimo legale di durata: se in 2 mesi si trova un accordo, la procedura può concludersi prima. Ci sono esempi di composizioni negoziate chiuse in 2-3 mesi con successo, e altre protratte oltre i 6 con proroga. In sintesi: 6 mesi standard, estensibili a 12 in casi complessi. Dopo di che, se non si è risolto nulla, difficilmente ulteriori proroghe avrebbero senso, perciò si archivierà.
  • Domanda: Durante la composizione negoziata posso contrarre nuovi debiti o devo congelare l’attività?
    Risposta: L’impresa continua la sua attività ordinaria durante la composizione negoziata. Anzi, l’obiettivo è proprio mantenere la continuità aziendale. Quindi può continuare a fornire beni/servizi ai clienti, incassare crediti, pagare fornitori correnti, etc. Può anche contrarre nuovi debiti di ordinaria amministrazione se funzionali all’attività (acquistare materia prima, assumere personale se serve, ecc.). Deve però evitare operazioni straordinarie non concordate: ad esempio, non dovrebbe vendere beni importanti, né gravare l’azienda di nuovi debiti rilevanti senza consenso dell’esperto e (in certi casi) del tribunale. La legge (art. 22 CCII) prevede che per atti di straordinaria amministrazione che possano pregiudicare i creditori o alterare la situazione (es. ottenere un nuovo finanziamento garantito da ipoteca, cedere l’azienda o un ramo, concedere garanzie su beni liberi) l’imprenditore debba chiedere autorizzazione al Tribunale, sentito l’esperto. Se autorizzato, quel finanziamento o atto gode poi di protezioni (prededuzione del credito, esclusione da revocatoria etc.). Quindi, nuovi debiti per gestione corrente sì (purché ci si accerti di poterli onorare), nuovi debiti straordinari (come un maxi-prestito per ripianare debiti) solo con ok del giudice. Da notare che i nuovi fornitori che hanno rapporti con l’impresa durante la composizione negoziata rimangono estranei: i loro crediti non possono subire stralci nel piano, vanno pagati regolarmente (salvo inserirli in accordi successivi se anche questi diventano problematici, ma in linea di massima quell’area rimane “fresca” e va gestita con puntualità). L’esperto vigila che l’impresa non peggiori la sua esposizione inutilmente: se vedesse che l’impresa continua a prendere merci a credito sapendo che non pagherà, lo considererebbe atto in frode e potrebbe tirarsi indietro. In conclusione, l’attività prosegue e l’impresa può fare ciò che serve per il normale esercizio (nel rispetto degli obblighi di correttezza), ma deve astenersi dal compiere azioni che possano danneggiare i creditori o alterare la par condicio senza la necessaria autorizzazione.
  • Domanda: Se i creditori non vogliono aderire, posso obbligarli in qualche modo?
    Risposta: Nell’ambito strettamente negoziale, no: la composizione negoziata si basa sul consenso volontario. Non c’è potere per l’imprenditore né per l’esperto di imporre a un creditore di accettare uno stralcio o dilazione se non vuole. Questo è il limite ma anche la natura “gentleman agreement” della procedura. Tuttavia, se alcuni creditori fondamentali rifiutano ogni accordo, l’imprenditore ha come opzione quella di passare a uno strumento giudiziale (concordato o accordo omologato) che, se approvato secondo la maggioranze di legge, diventerà vincolante anche per le minoranze dissenzienti. Ad esempio: in composizione negoziata 8 creditori su 10 accettano di ridurre i crediti, ma 2 no. L’imprenditore può predisporre un concordato preventivo in cui, ottenuto il voto favorevole dell’85% (gli 8 su 10), trascina dentro anche i 2 contrari: se il tribunale omologa, quei 2 saranno obbligati alle stesse condizioni. Quindi, in pratica, se pochi creditori dissenzienti impediscono l’accordo, l’esperto e l’imprenditore possono decidere di chiudere la composizione e farne prosecuzione con un concordato “forzoso”. Esiste anche l’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (per le banche) che permette di obbligare alcune banche dissenzienti se altre, rappresentanti il 75%, hanno aderito. Questi meccanismi sono possibili solo nella fase successiva giudiziale, non dentro la composizione negoziata informale. In composizione, l’unico incentivo per far aderire reticenti è far leva sulla convenienza (mostrare che è nel loro interesse, perché la soluzione proposta è migliore del fallimento). L’esperto spesso evidenzia: “se non aderite, finiamo in liquidazione e recupererete meno”, questo può convincere. Ma non c’è costrizione legale in quella sede. Quindi, se un creditore chiave non vuole proprio saperne, le scelte sono o trovargli un compromesso diverso (magari pagarlo integralmente per farlo fuori) oppure, se non fattibile, procedere con uno strumento concorsuale per superare il suo veto.
  • Domanda: E se l’imprenditore si comporta scorrettamente durante la procedura?
    Risposta: L’imprenditore deve rispettare precisi obblighi di lealtà e informazione. Se non lo fa, ci sono conseguenze. In dettaglio: l’imprenditore deve cooperare con l’esperto, fornire dati veritieri, non occultare atti di straordinaria amministrazione, e non aggravare di proposito il dissesto. Se l’esperto rileva comportamenti scorretti – ad esempio l’imprenditore distrae beni, favorisce qualche creditore di nascosto, o omette informazioni chiave – può segnalarlo al Tribunale. Il giudice può allora revocare le misure protettive (se in vigore) e di fatto la procedura fallisce. L’esperto nella relazione finale darà atto di eventuali condotte in mala fede. Inoltre, tali comportamenti potrebbero costituire reati (ad esempio bancarotta preferenziale se paga un creditore a scapito di altri in vista dell’insolvenza). Anche la semplice mancata comparizione ingiustificata alle convocazioni è considerata grave: se l’imprenditore non partecipa ai lavori, l’esperto può chiudere subito per “mancata collaborazione”. In quel caso, come accennato, il compenso dell’esperto viene comunque liquidato (anche se ridotto) e l’impresa avrà perso credibilità. Quindi c’è un forte interesse dell’imprenditore a comportarsi correttamente. Infine, gli amministratori restano soggetti alle azioni di responsabilità se aggravano il buco: partecipare a una composizione negoziata non li esonera dall’agire con professionalità. Se giocassero solo per dilatare i tempi e la situazione peggiorasse, potrebbero poi risponderne. In conclusione, la procedura funziona solo con fiducia e correttezza reciproca: l’imprenditore deve mantenere questo patto, altrimenti i creditori (e l’esperto) faranno venir meno ogni supporto.
  • Domanda: In caso di accordo, i creditori pubblici (Fisco, INPS) possono aderire?
    Risposta: Sì, oggi la legge consente anche ai creditori pubblici di partecipare agli accordi di ristrutturazione, seppur con paletti. L’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali possono sottoscrivere la cosiddetta transazione fiscale e contributiva (artt. 63-64 CCII) nell’ambito di un accordo omologato o di un concordato preventivo. Ciò significa che possono accettare, ad esempio, un pagamento parziale dei tributi (non inferiore a quanto otterrebbero in liquidazione) e una dilazione fino a 10 anni, con stralcio integrale di sanzioni e interessi. In sede di composizione negoziata stricto sensu (quindi prima di omologhe), i funzionari del Fisco possono prendere parte alle trattative e pre-approvare uno schema di transazione da formalizzare poi in sede di omologa. Difficilmente firmeranno un accordo puramente privato senza omologa – per ragioni di contabilità pubblica – ma è successo che abbiano convenuto moratorie temporanee in attesa del perfezionamento dell’accordo omologato. L’importante è coinvolgerli presto, presentando una proposta seria e corredata dei documenti necessari (servono il famoso certificato unico del debito tributario e altri). La riforma ha poi aggiunto misure premiali fiscali: ad esempio, l’estensione a 120 rate per i piani di rientro, e la possibilità per i creditori di recuperare subito l’IVA delle fatture non incassate grazie all’accordo. Quindi il Fisco può e vuole partecipare se vede che la proposta è vantaggiosa rispetto al fallimento. In pratica, le statistiche mostrano che nelle composizioni negoziate concluse positivamente, le transazioni fiscali sono frequenti e l’Erario ha collaborato attivamente.
  • Domanda: Se ho già presentato concordato o sono già fallito, posso usare la composizione negoziata?
    Risposta: No, c’è incompatibilità con procedure concorsuali già in corso. Se hai già un concordato preventivo pendente o un accordo di ristrutturazione depositato, la legge ti preclude l’accesso alla composizione negoziata. L’idea è evitare doppio binario. Se invece sei già stato dichiarato fallito (liquidazione giudiziale aperta), la composizione negoziata non si applica (ormai l’impresa è insolvente in procedura). È pensata come strumento preventivo o parallelo alternativo, non successivo. Caso diverso: se un creditore ha chiesto il tuo fallimento ma la sentenza non è ancora arrivata, puoi avviare la composizione negoziata (come chiarito dalle norme correttive). Ciò sospenderà la decisione sul fallimento finché durano le trattative (con misure protettive attivate). Ma se il fallimento è già dichiarato, ormai la parola è del curatore. Quindi, ricapitolando, non si può avviare la composizione negoziata dopo un concordato o liquidazione giudiziale; si deve scegliere prima: o segui la strada negoziale o quella concorsuale. Se hai seguito la negoziale ma non ha funzionato, poi puoi passare al concorsuale, ma non viceversa.
  • Domanda: La composizione negoziata è applicabile anche alle aziende agricole e alle startup?
    Risposta: Sì. A differenza del vecchio fallimento, la composizione negoziata è aperta agli imprenditori agricoli, i quali anzi spesso non avevano strumenti adeguati prima (potevano usare la L.3/2012 per sovraindebitamento, ma ora possono percorrere questa via con un esperto e le stesse regole). Anche le startup innovative o PMI innovative possono accedere – non vi sono esclusioni per settore o età dell’impresa. L’unico limite, come detto, è per categorie regolamentate da leggi speciali (banche, assicurazioni) che hanno loro procedure di crisi. Ma per tutte le altre imprese iscritte, comprese cooperative, consorzi, ecc., la composizione negoziata è utilizzabile. Questo strumento è pensato per essere universale nel mondo delle imprese.

Conclusioni e Riferimenti Normativi e Giurisprudenziali

La Composizione Negoziata rappresenta oggi, nel panorama italiano, un istituto cardine per la gestione anticipata e consensuale delle crisi d’impresa. La sua efficacia dipende in larga misura dalla volontà collaborativa delle parti e dalla professionalità con cui è condotta. Abbiamo visto come la piattaforma telematica e la figura dell’esperto indipendente siano elementi chiave per dare struttura e credibilità alle trattative. L’evoluzione normativa fino a maggio 2025 ha affinato molto la disciplina, integrando l’istituto nel Codice della Crisi d’Impresa e introducendo correttivi utili (sulle misure protettive, sul profilo degli esperti, sulle misure premiali fiscali, ecc.). La giurisprudenza italiana, seppur recente, ha già fornito chiarimenti determinanti: ad esempio ha confermato che la protezione contro i fallimenti opera solo con misure protettive attive; ha ammesso l’accesso all’istituto anche per imprese in liquidazione volontaria; ha sancito l’inefficacia di atti esecutivi compiuti in violazione dello stay; ha disciplinato la possibilità di coinvolgere i garanti esterni e altro ancora.

Per completare la guida, forniamo qui di seguito un elenco di fonti normative, documentali e giurisprudenziali rilevanti, che possono essere consultate per approfondimento e riscontro:

Fonti Normative principali:

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 12-25-sexies (disciplina della composizione negoziata e concordato semplificato).
  • D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (conv. in L.147/2021) – Misure urgenti in materia di crisi d’impresa (istitutivo della composizione negoziata).
  • D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 – Primo decreto correttivo CCII (recepimento Dir. UE 2019/1023, mantenimento composizione negoziata).
  • D.Lgs. 13 ottobre 2024, n. 136 – Secondo decreto correttivo CCII (novità su art. 12, 13, 17, 18, 25-bis, 25-ter, 25-quinquies CCII).
  • D.M. Ministero Sviluppo Economico 10 marzo 2022 – Fissazione diritti di segreteria per composizione negoziata (€252).
  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28 settembre 2021 – Linee guida, check-list e test pratico (I edizione).
  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 21 marzo 2023 – Aggiornamento Linee guida e check-list (II edizione, requisiti art. 13 CCII).
  • Art. 1, comma 2 R.D. 267/42 – Definizione imprese sotto soglia (attivo ≤300k, ricavi ≤200k, debiti ≤500k) (richiamato ora dall’art. 2, c.1, lett.d CCII).
  • Articoli 63-64 D.Lgs.14/2019 – Transazione fiscale e contributiva nell’ambito di accordi e concordati.

Documenti di prassi e dottrina:

  • Portale Unioncamere “Composizione Negoziata” – sezione normativa e massimario. Contiene schede pratiche, modulistica (es. lista documenti obbligatori) e osservatori semestrali con dati statistici e analisi delle novità.
  • Massimario Composizione Negoziata – IV edizione (2025) – Raccolta di oltre 100 massime di Tribunali e Corti d’Appello relative alla composizione negoziata. Utile per conoscere l’orientamento dei giudici su misure protettive, ruolo dell’esperto, accesso delle imprese in liquidazione ecc.
  • Circolare Unioncamere 22 dicembre 2021 – Prime indicazioni operative alle Camere di Commercio sulla gestione piattaforma e nomine esperti.
  • Linee guida CNDCEC (commercialisti) e CNF (avvocati) – Documenti non vincolanti ma di commento alla composizione negoziata pubblicati dalle categorie professionali, con focus sul ruolo dell’esperto e sul contenuto del piano.
  • Articoli di dottrina: es. M. Fabiani, “La composizione negoziata: natura e finalità”, in Diritto della Crisi (2022); F. Lamanna, “Le misure protettive nel Codice della Crisi”, in Il Fallimentarista (2023). Approfondiscono aspetti critici.

Giurisprudenza rilevante:

  • Tribunale di Perugia, 15 luglio 2024 – Ha stabilito che anche un’impresa in liquidazione volontaria può accedere alla composizione negoziata, interpretando il “risanamento” in senso lato (inclusivo di soluzione liquidatoria concordata).
  • Tribunale di Palermo, 26 novembre 2021 – Ha chiarito che solo con istanza di misure protettive pubblicata si sospende la dichiarazione di fallimento ex art.6 co.4 D.L.118/21. Se l’imprenditore non le richiede, la procedura fallimentare può proseguire parallela.
  • Corte d’Appello di Firenze, Sez. II civ., 21 marzo 2023 – Conferma il principio che la preclusione al fallimento opera unicamente se è stata presentata domanda di misure protettive unitamente alla composizione.
  • Tribunale di Roma, 3 febbraio 2022 – Ha affermato che il divieto di dichiarare fallimento opera già dal momento dell’iscrizione dell’istanza di misure protettive, anche prima della conferma del giudice, non essendo necessaria la pronuncia sul punto per avere efficacia.
  • Corte d’Appello di Potenza, 27 dicembre 2022 – Ha sancito che la protezione dal fallimento si estende anche a istanze presentate dai lavoratori: la legge esclude le misure protettive sui crediti di lavoro ma ciò non autorizza i lavoratori a chiedere il fallimento durante la negoziazione.
  • Tribunale di Treviso, 18 luglio 2022 – Ha dichiarato improcedibile un ricorso ex art.700 c.p.c. presentato contro un imprenditore dopo l’attivazione delle misure protettive e cautelari, chiarendo che la legge non prevede la sospensione del procedimento cautelare ma la sua estinzione perché incompatibile con lo stay.
  • Tribunale di Milano, 30 marzo 2023 (Massimario Unioncamere) – Ha ritenuto inammissibile estendere le misure protettive a favore di coobbligati e garanti dell’impresa debitrice (es. fideiussori), poiché la normativa non lo contempla: la protezione riguarda solo il debitore che accede.
  • Tribunale di Nola, 15 maggio 2025 – In un decreto (RG 877/2025) ha precisato che le misure protettive concesse non si trasformano automaticamente in misure cautelari alla scadenza, né possono essere prorogate sine die: servono specifici ricorsi se si vuole ottenere misure cautelari ulteriori (es. obbligo contrattuale di esecuzione).
  • Tribunale di Firenze, 29 dicembre 2021 – Ha evidenziato l’importanza di notificare correttamente il ricorso per misure protettive e il decreto di fissazione udienza a tutti i creditori interessati (esclusi i lavoratori), per garantire il contraddittorio.
  • Tribunale di Bergamo, 15 marzo 2022 – Ha escluso l’ammissibilità della composizione negoziata qualora il piano presentato sia a prevalente scopo liquidatorio e non di continuità, salvo che sia finalizzato a risanare l’esposizione debitoria (quindi ok se liquidazione dei beni è funzionale a soddisfare i creditori evitando fallimento). Massima utile per capire i limiti.

Sei un imprenditore in difficoltà? Fatti aiutare da Studio Monardo

Dal 2022 è attiva una piattaforma online per avviare la composizione negoziata della crisi: uno strumento concreto per evitare il fallimento e salvare l’impresa.
Fatti aiutare da Studio Monardo.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Ti guida nell’accesso alla piattaforma telematica nazionale tramite il portale istituzionale
📑 Ti assiste nella compilazione del test pratico per valutare la continuità aziendale
⚖️ Redige la richiesta di nomina dell’esperto indipendente e ti segue nel caricamento dei documenti richiesti
✍️ Ti rappresenta nelle interlocuzioni con banche, creditori e istituzioni durante tutto il percorso
🔁 Ti supporta nel raggiungimento di accordi e nella gestione degli effetti legali della procedura

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa e strumenti di composizione negoziata
✔️ Difensore in trattative complesse con banche, fornitori ed enti pubblici
✔️ Consulente per PMI e ditte individuali in squilibrio economico-finanziario
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

La composizione negoziata online è uno strumento rapido e protetto per gestire la crisi d’impresa prima che degeneri.
Con l’assistenza giusta puoi sfruttarla in modo efficace e salvaguardare il futuro della tua attività.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!