Non Riesco Più A Pagare Il Mutuo: Cosa Fare

Le rate del mutuo stanno diventando insostenibili? Hai già saltato qualche pagamento e temi che la banca possa pignorare la casa? Se ti trovi in questa situazione, sappi che non sei solo. E soprattutto, ci sono soluzioni legali per evitare il peggio.

Ma cosa fare quando non si riesce più a pagare il mutuo? È possibile bloccare la banca? Esiste un modo per salvare la casa?

Quando il mutuo diventa un peso insostenibile, aspettare è l’errore peggiore. Ogni rata non pagata si trasforma in interessi, more e, nei casi peggiori, in una procedura di esecuzione immobiliare. Ma prima che questo accada, ci sono strade percorribili.

Puoi chiedere alla banca una rinegoziazione del contratto, una sospensione temporanea o una surroga. In alcuni casi, se ci sono difficoltà oggettive, può intervenire anche il Fondo di solidarietà per i mutui prima casa. Ma se la situazione è più grave – e i debiti si sono accumulati anche al di fuori del mutuo – allora potrebbe essere il momento di valutare una procedura di sovraindebitamento.

Cos’è il sovraindebitamento e come può aiutarti a non perdere l’immobile?

Si tratta di una procedura legale prevista per chi non riesce più a pagare i debiti ma vuole risolvere la situazione in modo ordinato e trasparente. Se hai un mutuo in corso ma non puoi più rispettare le scadenze, puoi proporre un piano del consumatore: un piano personalizzato, basato sul tuo reddito attuale, che può bloccare l’azione della banca e impedire il pignoramento della casa.

E se la banca ha già avviato una procedura esecutiva? È troppo tardi?

No, non è mai troppo tardi finché la casa non è stata venduta all’asta. La presentazione del piano può sospendere la procedura esecutiva e riaprire una trattativa protetta. Ma è fondamentale muoversi con tempestività, con il supporto di un avvocato esperto.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, diritto bancario e tutela della prima casa – ti spiega cosa fare se non riesci più a pagare il mutuo, quali soluzioni esistono e come possiamo aiutarti a evitare il pignoramento e riprendere il controllo della tua vita economica.

Hai saltato qualche rata e temi di perdere la casa? Vuoi sapere se puoi ancora fermare la banca e rimettere in ordine i tuoi debiti?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo il tuo contratto di mutuo, valuteremo la possibilità di accedere a una procedura di sovraindebitamento e ti accompagneremo in ogni passo per difendere la tua casa e la tua serenità.

Introduzione

Con il mutuo ipotecario l’istituto di credito concede un finanziamento garantito da ipoteca sull’immobile acquistato. Il debitore ha l’obbligo di restituire capitale e interessi secondo il piano di ammortamento pattuito. In caso di ritardo nei pagamenti, la banca può prima far decadere il termine (art. 1184 c.c. per i mutui non fondiari) e quindi ottenere via decreto ingiuntivo il pignoramento dell’immobile (art. 480 e ss. c.p.c.). L’esecuzione mobiliare e immobiliare può durare anche oltre due anni, con vendita forzata dell’abitazione all’asta per soddisfare il credito residuo.

Tuttavia, la legge prevede strumenti (giudiziali e stragiudiziali) per tutelare il debitore in difficoltà. Ad esempio, esistono misure statali di sospensione del mutuo (il c.d. Fondo Gasparrini prima casa) e procedure concorsuali (codice della crisi) che consentono di ristrutturare o estinguere parzialmente i debiti. Questa guida analizza in dettaglio tutti gli strumenti – aggiornati a giugno 2025 – utili a chi non riesce più a pagare il mutuo, con esempi pratici, tabelle di sintesi e domande frequenti.

Conseguenze del mancato pagamento

In assenza di soluzioni concordate, l’inadempimento attiva la procedura esecutiva: la banca ottiene un decreto ingiuntivo, notifica atto di pignoramento immobiliare e ottiene “il visto per la vendita” dell’immobile. L’asta giudiziaria può portare alla vendita anche al di sotto del debito residuo, esponendo il debitore alla responsabilità della differenza (anche se spesso la banca rinuncia al credito residuo). Sul piano fiscale, la perdita dell’abitazione può far decadere le agevolazioni “prima casa” (che richiedono il possesso continuativo per almeno 5 anni). Importante: la giurisprudenza recente ha ribadito che la tutela anti-pignoramento della “prima casa” vale solo per il fisco, non per i creditori privati. La Cassazione (ord. 32759/2024) ha confermato che un unico immobile adibito ad abitazione principale è impignorabile dall’Agenzia delle Entrate se il debito fiscale è inferiore a 120.000€. Non esiste invece un divieto di pignoramento da parte di banche o creditori privati, anche se la procedura rimane complessa e costosa per il creditore.

Misure straordinarie e moratorie statali

In situazioni di crisi economica, il legislatore può prevedere sospensioni d’emergenza. Ad esempio, il Fondo di solidarietà per la sospensione del mutuo prima casa (c.d. Gasparrini, art. 54 D.L. 18/2020) consente a soggetti in temporanea difficoltà di interrompere le rate fino a 18 mesi. Dal 1° gennaio 2024 l’accesso al Fondo è limitato a mutui prima casa con ISEE ≤ 30.000€ e importo massimo 250.000€. Il Fondo prevede sospensioni da 6 a 18 mesi secondo la durata del problema lavorativo (licenziamento, Cassa integrazione, etc. fino al 50% di rimborso degli interessi da parte dello Stato).

È cessata invece la moratoria generale Covid: le sospensioni automatiche previste dal D.L. Cura Italia (17/3/2020, art. 54) e successive proroghe non sono state rinnovate in via permanente. Resta però il rimborso parziale (50%) degli interessi maturati durante la sospensione concessa. Analogamente, esistono moratorie per imprese (art. 56 CCII, derivati da D.L. Cura Italia) che sospendono i finanziamenti delle PMI in difficoltà per 9-12 mesi. Questi strumenti emergenziali, pur utili, hanno durata limitata. Vanno considerate soltanto come soluzioni temporanee in attesa di misure strutturali (ad es. rinegoziazioni o ristrutturazioni concordate).

Soluzioni stragiudiziali con la banca

In assenza di specifiche misure statali, il primo passo pratico è ricontattare la banca. Sono possibili trattative private per modificare il piano di ammortamento:

  • Rinegoziazione del mutuo: aumento della durata (fino a 10 anni in più, come consentito dallo “sconto” pubblico sul mutuo di liquidità del 2020) o revisione del tasso;
  • Sospensione/rimodulazione rate: accordi bilaterali in cui la banca accetta di saltare temporaneamente alcune rate (spesso compensando poi con maggiorazione delle ultime);
  • Saldo e stralcio: accordo transattivo in cui il debitore paga un importo inferiore al residuo per estinguere il mutuo. Nel saldo e stralcio del mutuo, debitore e banca concordano un nuovo piano di pagamento “agevolato” (ad es. pagamento di un lump-sum molto inferiore o ripiano rateale ridotto) e la banca rinuncia a qualsiasi ulteriore rivalsa. Questo strumento è totalmente extragiudiziale: deve essere negoziato privatamente, aiutando il debitore a evitare l’asta e il creditore ad incassare almeno parte del credito, spesso più che nulla in caso di esecuzione.

L’accordo stragiudiziale non ha una disciplina codificata: va negoziato caso per caso (talvolta con l’assistenza di avvocati o consulenti del debito). Un altro approccio può essere affitto a riscatto o vendita dell’immobile: vendendo o dando in locazione con opzione di riscatto, il debitore estingue il mutuo, pur perdendo la proprietà. In casi estremi, alcuni debitori offrono in vendita la casa prima dell’asta per poter coprire il debito col ricavato (anche con formule di “vendita alle condizioni del mercato” anziché all’asta, spesso sotto costo).

In ogni caso, la chiave è negoziare per tempo: se il debitore contatta subito la banca per proporre soluzioni (estensione, sospensione, pagamento parziale), spesso si può raggiungere un compromesso migliore che lasciare che la procedura legale segua il suo corso. Rinegoziare può però rallentare lo scorrere del tempo per altre soluzioni (ad es. sovraindebitamento), perciò è importante valutare tutti gli strumenti disponibili (vedi oltre).

Sovraindebitamento del consumatore

Quando il debitore è una persona fisica non imprenditore (consumatore, o libero professionista con debiti estranei all’attività professionale) in eccessivo indebitamento, può ricorrere alle procedure previste dalla legge 3/2012 (ora confluite nel Codice della crisi e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019). Queste procedure, gestite da organismi di composizione della crisi (OCC) e giudice, permettono di ristrutturare o liquidare i debiti civili (anche mutui ipotecari) con piano omologato. Gli strumenti principali sono:

  • Piano del consumatore (artt. 12, 67-68 CCII): è una composizione concordata dei debiti, riservata al consumatore, omologata dal tribunale. Il debitore propone di pagare parzialmente i suoi crediti (chirografari e garantiti) attraverso un piano pluriennale, basato sulle sue capacità reddituali future. Il Correttivo 2024 ha ulteriormente agevolato questa procedura: è stata reintrodotta una moratoria fino a 2 anni sui crediti garantiti (es. rate mutuo) dall’omologazione del piano, rendendola meno onerosa per il debitore. Ad esempio, la recente sentenza del Tribunale di Napoli n. 78/2025 ha omologato un piano del consumatore in presenza di debiti misti (mutuo + fideiussione aziendale), perché i debiti personali risultavano prevalenti. Il piano prevedeva 20 anni di rate da 1.050€ (per estinguere integralmente il mutuo prima casa) e il pagamento del 30% agli altri creditori. In sostanza, il piano del consumatore spalma il mutuo su un lungo periodo e definisce una percentuale di pagamento, con benefici fiscali per il creditore (nessun costo aggiuntivo) ma salda le fila della propria posizione debitoria.
    I requisiti principali sono: mancanza di colpa grave nella crisi (ad es. frode) e sufficiente capacità reddituale futura per onorare il piano. L’iter è giudiziale ma prevede solitamente una sola udienza per l’omologa. All’esito, se il debitore ha collaborato, i residui debiti non soddisfatti vengono “esdebitati” e cancellati (decreto di esdebitazione), liberando il debitore da qualsiasi obbligo residuo verso i creditori concorsuali.
  • Accordo di composizione della crisi (artt. 15 e ss. CCII): si tratta di un piano negoziato fra debitore e creditori (anche professionista o impresa non fallibile) sottoposto all’approvazione del tribunale, senza la partecipazione di tutti i creditori. È simile ad un accordo di ristrutturazione aziendale, ma per soggetti non fallibili. Richiede l’avallo di almeno il 60% dei creditori concorsuali.
  • Liquidazione del patrimonio del sovraindebitato (art. 72 CCII): se il consumatore non può ripagare i debiti nemmeno con un piano, può presentare istanza di liquidazione giudiziale delle sue sostanze. In pratica, tutti i beni (immobile, mobili, denaro) vengono venduti e il ricavato distribuito ai creditori. Con il Correttivo 2024, l’OC composizione valuta preliminarmente se esiste un attivo utile da liquidare; se no, la domanda è dichiarata inammissibile. Se invece procede, i creditori ammessi al passivo incassano proporzionalmente, e al termine il debitore ottiene l’esdebitazione (liberazione finale dai debiti residui non pagati) se ha seguito le regole.
  • Concordato minore (art. 77 CCII): è una procedura più snella (ex “concordato semplificato”) riservata ai piccoli imprenditori/partite IVA che non sono fallibili, simile al piano del consumatore ma esteso anche ai debiti d’impresa di minore entità. Si articola in stadi (piano, liquidazione) meno formali.

Tali procedure giudiziali offrono due vantaggi: fermano le esecuzioni (il Tribunale sospende i pignoramenti) e consentono di ripagare solo parte del debito con piani sostenibili. Tuttavia, richiedono tempi procedurali e onorari (curatore, esperto), e possono portare alla vendita dell’abitazione se non si trova altra copertura. I rischi da bilanciare: un debitore incapiente (senza reddito né patrimonio) può vedersi liquidare la casa per far cassa, ma allo stesso tempo restare senza debiti concorsuali residui al termine (tramite esdebitazione).

Strumenti per imprese e professionisti

Se il debitore è un’impresa o professionista (soggetto fallibile), si applicano gli strumenti della ristrutturazione aziendale previsti dal nuovo Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019, come corretto). Questi si dividono in negoziali e giudiziali:

  • Strumenti negoziali (artt. 57-64 CCII): rientrano gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII) e i piani attestati di risanamento (art. 56 CCII). In sintesi, l’imprenditore propone ai creditori (quelli aderenti al piano devono rappresentare almeno il 60% del debito totale) una ristrutturazione: riduzione del debito, allungamento delle scadenze, cancellazione degli interessi moratori, ecc., comprovata da un professionista che attesta la fattibilità. Se la banca e gli altri creditori chiave (anche l’Erario) sottoscrivono l’accordo, il Tribunale omologa la transazione (tutelando gli aderenti). Esistono anche convenzioni di moratoria (art. 62 CCII) con le banche per sospendere il pagamento dei debiti bancari per un certo periodo, in attesa di un piano definitivo. Un altro strumento è la composizione negoziata della crisi (D.L. 118/2021, art. 10-13 CCII) che permette all’impresa in difficoltà di ottenere, attraverso un esperto indipendente, un rinvio dei termini verso i creditori principali ed eventualmente negoziare in via concorsuale (antecedendo l’eventuale fallimento). Questo strumento è flessibile e prevede incentivi (es. più facile accedere al concordato se la negoziazione fallisce).
  • Strumenti giudiziali (artt. 160-198 CCII):
    • Concordato preventivo: procedura storica finalizzata al salvataggio dell’impresa. L’imprenditore presenta un piano di ristrutturazione (con continuazione parziale dell’attività o liquidazione), i creditori votano e il Tribunale omologa se le maggioranze sono raggiunte e i trattamenti proposti sono ammissibili. La novità del CCII è il “concordato semplificato” (art. 166 CCII, introdotto dal correttivo D.Lgs. 83/2022) riservato alle PMI che hanno tentato invano una composizione negoziata: è un procedimento abbreviato che consente di approvare all’unanimità un piano di liquidazione totale dell’attivo. Nel concordato ordinario, il piano può (se credibile e favorito) costituire alternativa al fallimento e imporre trattamenti anche ai creditori dissenzienti (c.d. cram down fiscale) previo controllo di convenienza. L’omologazione comporta l’esdebitazione del debitore per i debiti compresi nel piano.
    • Liquidazione giudiziale (ex-fallimento, artt. 198-223 CCII): con decreto del tribunale l’impresa insolvente è posta in liquidazione coatta. Un curatore realizza i beni aziendali (anche cedendo l’azienda) e soddisfa i creditori secondo l’ordine legale di prelazione. Dopo tre anni dall’apertura (o su domanda del debitore stesso al termine della procedura), il tribunale può pronunciare l’esdebitazione (art. 281 CCII)†. Il nuovo correttivo 2024 ha reso più razionale l’esdebitazione, ad esempio semplificando la chiusura dopo tre anni e rimuovendo alcune preclusioni soggettive. L’inconveniente principale è la perdita totale del controllo dell’impresa e (spesso) valori molto ridotti di realizzo, ma garantisce una “chiusura legale” per il debitore e blocca pignoramenti in corso.

Riassumendo, gli strumenti giudiziali garantiscono il divieto di iniziative esecutive da parte dei creditori e l’opportunità di ripagare il debito solo in parte e in modo pianificato. Quelli stragiudiziali consentono in molti casi di adeguare i debiti alla reale situazione dell’azienda evitando il fallimento. La scelta dipende dalle condizioni patrimoniali del debitore e dal consenso dei creditori.

Tabelle riepilogative degli strumenti

StrumentoRiferimenti normativiDestinatari e condizioniEffetti principaliVantaggiSvantaggi
Sospensione GasparriniD.L. 18/2020, art. 54Mutuo prima casa, ISEE ≤30k€, max €250k, problematiche lavorative (licenz./CIG)Sospende rate (6–18 mesi), Stato rimborsa 50% interessiNon incide su storia creditizia; salva temporaneamenteSolo prima casa; requisiti stretti; non prolunga il debito
Piano del consumatoreD.Lgs. 14/2019, art. 67-68 (ex L.3/2012)Debitore consumatore (persona fisica), reddito sufficiente, assenza grave colpaOmologa piano di pagamento ridotto a creditori chirografari e ipotecari; possibilità di moratoria fino a 2 anniCancellazione residui (esdebitazione); nessuna garanzia aggiunta richiestaPercorso giudiziale; tempi lunghi; richiede attestazione di fattibilità
Liquidazione del sovraindebitatoD.Lgs. 14/2019, art. 72 e ss.Debitore consumatore che non può ristrutturare i debitiVendita coatta dei beni del debitore, soddisfa creditori; chiusura della procedura con esdebitazioneSemplice: distribuzione proporzionale; fine contenzioso concorsualePerde tutta la ricchezza; incasso creditori modesto; iter burocratico
Accordo di ristrutturazioneD.Lgs. 14/2019, art. 57-58Imprenditore fallibile, creditori ≥60% del debito devono aderirePiano di ristrutturazione concordato, depositato e omologato dal tribunale (efficacia anche vs terzi)Permette trattare con numero limitato di creditori; niente asta forzataNecessaria adesione di maggioranza; costi notarili e giudiziali; rigore amministrativo
Concordato preventivoD.Lgs. 14/2019, art. 160 e ss.Imprenditore fallibile in crisi, piani di continuità o liquidazioneEsame dell’attivo, votazione dei creditori, omologa tribunale. Se ok, blocca creditori e impone pianoCopre tutti i creditori, compreso Fisco (cd. cram-down fiscale); tempo legalmente regolatoCostoso e complesso; rischi di dichiarazione di fallimento se non approvato; incertezza voto creditori
Composizione negoziataD.L. 118/2021 conv. L.147/2021Imprese in crisi iniziale; Organismo indipendente (OCC) nominato dal tribunaleMoratoria sui pagamenti (fino a 60 giorni, rinnovabile), valutazione preventiva, assistenza negoziata con creditoriStrumento extra-giudiziale trasparente; incentivi normativi (facilità concordato dopo); flessibileSolo per imprese (non consumatori); non vincolante se creditori non partecipano; presuppone costi OCC

Tabella 1 – Principali strumenti di tutela del debitore (aggiornati al 2025). Alcune note: i valori indicati (es. limiti ISEE, somme) possono variare in base ai decreti ministeriali di applicazione o a leggi di bilancio; “cred. concorsuali” indica i crediti ammessi al passivo della procedura.

Simulazioni di casi pratici

Caso 1: Privato con prima casa indebitata. Mario è dipendente, ha un mutuo prima casa residuo di €180.000 e perde il lavoro. L’ISEE familiare scende sotto i 25.000€.

  • Soluzione Gasparrini: Mario accede al fondo di sospensione prima casa. Ottiene 12 mesi di sospensione delle rate, durante i quali lo Stato copre metà degli interessi. Oltre a questa moratoria, Mario chiede alla banca di estendere la durata residua da 20 a 30 anni per abbattere le rate. Questo gli permette di superare la crisi temporanea senza perdere l’abitazione.
  • Altra soluzione (Piano consumatore): se Mario non ottiene la sospensione (magari ISEE non idoneo), può proporre al Tribunale di avviare un piano del consumatore. Supponiamo che, con il nuovo lavoro part-time, egli possa pagare solo €800/mese su 25 anni. Il piano omologato prevede quindi rate ridotte al minimo e l’abbattimento di interessi e alcuni oneri. Al termine, se ha adempiuto al piano, i residui del debito non coperti vengono cancellati (esdebitazione). La banca recupera parte delle somme, Mario rimane in casa pagando meno.
  • Esito alternativo (vendita casa): se nessun istituto lo assiste, la banca ottiene il pignoramento. L’asta immobiliare però va deserta o arriva sotto i €150.000. La banca può quindi rientrare con l’ipoteca per la differenza (il c.d. “conguaglio”). In questo scenario estremo Mario rischia di perdere la casa e di avere ancora un debito residuo da pagare come persona fisica.

Caso 2: Ditta individuale in crisi. Elisa gestisce una piccola impresa artigiana e ha un mutuo di €300.000 su un capannone. A causa del calo degli affari, non riesce a pagare da mesi. Ha debiti anche con fornitori per €50.000 e contributivi per €20.000.

  • Concordato preventivo in continuità: Elisa affida il salvataggio a un professionista che redige un piano di rilancio. Propone ai creditori di continuare l’attività (con un nuovo socio finanziatore) e di riconoscere il 50% dei debiti entro 5 anni. Raccoglie il consenso dei creditori privilegiati (banca, Erario) e supera le assemblee di classe. Il Tribunale omologa il concordato: Elisa ottiene lo stop ai pignoramenti e può proseguire l’attività; la banca accetta di ricevere il 50% del mutuo nel piano (rimanendo l’ipoteca fino a saldo). Alla fine, con l’imprenditoria rilanciata, Elisa estingue i debiti come concordato (e ottiene l’esdebitazione sui residui).
  • Concordato liquidatorio: se il piano di rilancio non trova consensi (o i conti non tornano), Elisa potrebbe proporre un concordato liquidatorio. In tal caso vende il capannone, cede i macchinari e versa il ricavato ai creditori secondo un piano omologato (ad es. 70% del mutuo, 100% dei debiti fiscali con un’unica rata). La ditta chiude, Elisa ottiene esdebitazione finale (se avrà cooperato) e chiude i conti, pur perdendo l’attività.
  • Accordo di ristrutturazione stragiudiziale: in alternativa, Elisa potrebbe aver cercato direttamente un accordo extragiudiziale con la banca (art. 57 CCII) che prevede, ad esempio, di ristrutturare il mutuo con un allungamento a 40 anni e una riduzione di interessi. Se la banca aderisce (ad es. per non andare in perdita), può far depositare il patto in tribunale per renderlo efficace verso tutti i creditori (se è omologato dal giudice). Questo richiede però l’accordo della maggioranza dei creditori.
  • Liquidazione fallimentare: scenario peggiore, Elisa dichiara fallimento (liquidazione giudiziale). Il tribunale nomina un liquidatore che vende il capannone e i beni, incassa circa €250.000 e paga i creditori (prima banca, poi Erario, poi fornitori chirografari) secondo l’ordine di legge. Qualora residui un debito concorsuale, Elisa (se persona fisica) può chiederne l’esdebitazione trascorsi 3 anni dal fallimento.

Questi esempi mostrano che l’esito varia a seconda delle scelte: un accordo di ristrutturazione o concordato permettono di modulare il debito e di evitare pignoramenti immediati, mentre la liquidazione giunge solo se non ci sono più soluzioni, salvaguardando però l’esdebitazione finale.

Domande frequenti (FAQ)

D: Che differenza c’è tra mutuo ordinario e mutuo fondiario?
R: Il mutuo fondiario (regolato dalla L.250/1985) è un mutuo a medio-lungo termine per imprese o privati, che gode di particolare garanzia ipotecaria e tassi calmierati; in caso di mancato pagamento il creditore può intimare risoluzione anticipata e ottenere direttamente il possesso. Il mutuo ordinario (art. 1813 c.c.) non ha questi requisiti di tasso/tipo di istituto; comunque la banca può dichiararlo risolto con un decreto del giudice se sono scadute 6 rate consecutive. In sostanza, entrambi permettono il pignoramento dell’immobile in caso di inadempienza, ma il fondiario ha normative specifiche più favorevoli alla banca.

D: Posso impedire il pignoramento della mia casa se è la “prima casa”?
R: Solo in parte. Per i creditori privati (banche, fornitori, condomini) non c’è un’esenzione assoluta: la prima casa può essere pignorata come qualsiasi altro immobile se garantiva un mutuo. La tutela dell’impignorabilità prevista dall’art. 76 del DPR 602/1973 (modificato dal Decreto del Fare DL 69/2013) riguarda solo i crediti tributari. Come ribadito dalla Cassazione (ord. 32759/2024), se l’abitazione principale del debitore è unica e il debito con il fisco è inferiore a €120.000, allora l’Agenzia delle Entrate non può pignorare. Invece, se è la banca a intimare il pignoramento, non vige questa protezione. Pertanto, gli obblighi di pagamento restano e, per salvare la casa, bisogna attivare gli strumenti visti sopra (piano del consumatore, trattativa, concordato).

D: Che cos’è il piano del consumatore e chi vi può accedere?
R: È una procedura di composizione dei debiti riservata ai consumatori (persone fisiche senza attività d’impresa rilevante) in sovraindebitamento. Consiste nell’elaborare un piano di ristrutturazione/riconduzione del debito da sottoporre al giudice, basato sulla capacità di rimborso del debitore (redditi futuri) e senza alcun vincolo di pagamento anticipato. Viene approvato (omologato) dal tribunale se rispetta i requisiti di legge (assenza di colpa grave, prevalenza dei debiti personali su eventuali garanzie prestate, convenienza rispetto alla liquidazione). Il piano può stabilire rate ridotte, dilazioni anche su mutui ipotecari (sospesi fino a 2 anni) o anche il trasferimento di beni in vendita programmata. Al termine positivo, il debitore ottiene l’esdebitazione per i debiti non soddisfatti dal piano.

D: Cosa significa ottenere l’esdebitazione?
R: L’esdebitazione è la cancellazione legale dei debiti residui a carico del debitore (persona fisica) alla chiusura di una procedura concorsuale. In pratica, se il tribunale dichiara la procedura chiusa e concede l’esdebitazione (artt. 278-281 CCII), i debiti non pagati nel piano concordato o nella liquidazione non sono più esigibili in via esecutiva. Ne beneficiano i debitori che hanno collaborato correttamente alla procedura e non hanno commesso frodi. Dal 2024 l’accesso all’esdebitazione è stato semplificato: per esempio non si richiede più uno “shock esogeno” a giustificare l’insolvenza, ma solo l’assenza di colpa grave.

D: Quali sono i costi e i tempi per avviare un piano del consumatore?
R: Occorre nominare un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) presso la Camera di Commercio. I costi comprendono onorari dell’esperto (OCC) e del giudice delegato. Il procedimento si conclude in diversi mesi (sollecitato anche dall’estensione a 90 giorni del termine per la presentazione dei crediti). È importante non attendere fino all’ultimo momento: una procedura prudente prevede di depositare la domanda almeno pochi mesi prima che la banca chieda il pignoramento.

D: Cosa succede se abbandono la casa e non pago più il mutuo?
R: Se il debitore lascia l’immobile, non è esentato dal debito: la banca procederà comunque al pignoramento dell’immobile con le tappe ordinarie (precetto, pignoramento, vendita). Se la casa rimane invenduta all’asta (o venduta sotto il debito residuo), il creditore può rivalersi sul debitore per la parte non coperta (salvo che il piano accordato non dica altrimenti). Si ricorda che le procedure di sovraindebitamento o concordato, sospendono l’esecuzione: quindi è sconsigliato abbandonare l’immobile senza aver prima attivato uno strumento legale, altrimenti lo rischia venduto senza potersi opporre.

D: Cosa succede alle agevolazioni fiscali della prima casa se la perdo?
R: Le agevolazioni (es. detrazioni IRPEF interessi mutuo, imposte ridotte sull’acquisto) richiedono in genere di mantenere la casa come unica abitazione per almeno 5 anni. Se vendi o perdi la casa prima di 5 anni, normalmente perdi anche i benefici: ad es. devi versare l’imposta di registro piena (pari al 9% invece che 2% sul primo acquisto). Inoltre, se il mutuo aveva benefici fiscali (detrazione interessi), con la perdita della casa decadono in automatico. La decadenza si applica indipendentemente dal fatto che la perdita sia volontaria o forzosa.

Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali

  • Normativa principale: Codice Civile (artt. 1813, 2744, 2744‐bis, 2748), D.P.R. 602/1973 (art. 76 impignorabilità prima casa), D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi e dell’insolvenza, con correttivi D.Lgs. 83/2022 e 136/2024), Legge 3/2012 (sovraindebitamento), D.L. 17/2020 (Cura Italia, Fondo Gasparrini) e seguenti, D.L. 118/2021 (conv. L.147/2021, “Decreto Negoziazione”).
  • Prassi e linee guida: Ministero dell’Economia, Consap (Fondo Gasparrini), ABI (istruzioni moratoria mutui), normative speciali (es. legge fallimentare, DM 2021-2022 sulle procedure).
  • Giurisprudenza significativa: Cass. civ. ord. 32759/2024 (impignorabilità prima casa da parte del Fisco); Cass. civ. ord. 3128/2025 (piano consumatore e debiti misti); Trib. Napoli, sent. 5.5.2025 n.78 (omologa piano consumatore con debiti misti); App. Bari 30.4.2025 n.626 (assenza grave colpa nei piani di consumo); Trib. Trani 16.12.2024 (omologazione piano consumatore con mutuo, trascurata meritevolezza); Cass. civ. sent. 5.6.2024 n.15695 (criteri per mutuo di scopo aziendale).

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Conclusione

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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