Come Funziona Il Pignoramento Presso Il Datore Di Lavoro?

Hai ricevuto un atto di pignoramento sullo stipendio e non sai cosa succederà? Il tuo datore di lavoro ti ha comunicato che è arrivata una notifica da parte di un creditore o dell’Agenzia delle Entrate? Se ti trovi in questa situazione, è normale sentirsi spaventati. Ma prima di tutto, è importante capire come funziona davvero il pignoramento presso il datore di lavoro.

Possono davvero toccarmi lo stipendio? Quanto possono prendere? Rischio di perdere tutto?

Il pignoramento presso il datore di lavoro è una procedura legale attraverso la quale il creditore ottiene una parte del tuo stipendio direttamente alla fonte, cioè prima che ti venga accreditato sul conto. È una forma di pignoramento “presso terzi”, perché coinvolge un soggetto terzo, il tuo datore, che ha l’obbligo di trattenere la somma e versarla al creditore.

Ma non tutto lo stipendio può essere pignorato: la legge tutela una parte del reddito, garantendoti sempre il minimo vitale.

Quanto possono prelevare dallo stipendio? E dipende dal tipo di debito?

Sì, la percentuale che può essere pignorata varia a seconda della natura del debito:

  • Fino a un quinto dello stipendio netto per debiti verso privati (banche, fornitori, privati cittadini).
  • Percentuali diverse (più alte o cumulate) se si tratta di debiti fiscali o alimentari.
  • Il giudice può comunque valutare il tuo tenore di vita e le tue necessità familiari prima di autorizzare la trattenuta.

E se il pignoramento riguarda più debiti? Possono prelevarmi più volte?

In caso di più pignoramenti contemporanei, c’è un limite complessivo: la trattenuta non può superare la metà dello stipendio netto mensile. Il datore di lavoro è tenuto a seguire rigorosamente le indicazioni del giudice e a versare le somme nel rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Si può bloccare o sospendere il pignoramento?

Sì, in alcuni casi è possibile presentare un’opposizione al pignoramento se ci sono vizi o irregolarità, oppure avviare una procedura di sovraindebitamento per chiedere la sospensione delle azioni esecutive e una ristrutturazione complessiva del debito.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni, pignoramenti e tutela del debitore – ti spiega come funziona il pignoramento presso il datore di lavoro, quali sono i limiti imposti dalla legge, come difenderti legalmente e cosa possiamo fare per aiutarti a tutelare il tuo stipendio.

Hai ricevuto un pignoramento in busta paga e temi di non arrivare più a fine mese? Vuoi sapere se è legittimo o se puoi bloccarlo prima che parta?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo insieme l’atto ricevuto, verificheremo se ci sono irregolarità e ti aiuteremo a trovare la strada più sicura per proteggere il tuo reddito e la tua serenità.

Introduzione

Il pignoramento presso il datore di lavoro – ovvero l’espropriazione coattiva di somme dovute al lavoratore – è disciplinato dal codice di procedura civile (CPC) italiano e mira a garantire il soddisfacimento del credito del creditore procedente nei limiti previsti dalla legge, bilanciando l’interesse al recupero del credito con la tutela del lavoratore-debitore. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, illustra in dettaglio ogni aspetto del pignoramento dello stipendio, con particolare attenzione alla tutela del debitore in tutte le fasi, alle ultime novità normative e giurisprudenziali, alle prassi dei maggiori tribunali, a esempi di calcoli applicativi, tabelle riassuntive e FAQ. Sono inoltre indicate puntuali fonti normative, casi giurisprudenziali e riferimenti dottrinari.

Quadro normativo generale e principi fondamentali

Il pignoramento presso terzi è regolato dal CPC (D.R. 1443/1940), artt. 543 e ss. Il terzo pignorato (nel caso dello stipendio, il datore di lavoro) ha obblighi analoghi a quelli del custode dei beni (art. 546 CPC). Il principio cardine è che solo una parte della retribuzione può essere aggredita: in linea di massima non oltre 1/5 (20%) del netto mensile. In altre parole, “la legge stabilisce che lo stipendio possa essere pignorato fino a un massimo di un quinto (20%) del netto mensile”. Questo tetto massimo è previsto dall’art. 545, comma 3, c.p.c. e tutela il minimo vitale del debitore.

Il legislatore italiano, in armonia con la Costituzione, ha previsto altresì alcune eccezioni e limiti particolari:

  • Crediti alimentari: Le somme di natura alimentare (ad es. pensioni di invalidità, assegni familiari, ecc.) sono in gran parte impignorabili. L’art. 545 c.p.c. stabilisce che “non possono essere pignorati i crediti aventi per oggetto sussidi di sostentamento a persone in stato di bisogno, ecc.”; in ogni caso, se si tratta di crediti alimentari, è necessario il preventivo nulla-osta del presidente del tribunale. In pratica, lo stipendio in sé rimane pignorabile nei limiti suddetti, salvo che il credito da riscuotere ricada nel regime speciale dei crediti alimentari.
  • Cessione del quinto e delegazione di pagamento: Se il lavoratore ha già ceduto parte del proprio stipendio (per prestiti, cessione del quinto, deleghe di pagamento), questo influenza la quota massima pignorabile. In caso di pignoramenti concorrenti, la legge prevede che la somma complessiva pignorabile non può eccedere metà dello stipendio lordo. Inoltre, se esiste già una cessione del quinto, l’ammontare complessivo trattenuto (somma di cessione + pignoramento) non può superare metà dello stipendio, per cui la quota pignorabile si riduce alla differenza tra metà dello stipendio e la quota ceduta.
  • Limiti specifici per debiti fiscali: L’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia) è soggetta a regole più favorevoli al debitore: i pignoramenti derivanti da cartelle esattoriali seguono quote massime ridotte (1/10, 1/7, 1/5) in base all’importo dello stipendio, per garantire un impatto minore sul reddito del contribuente.
  • Minimo vitale: In passato si è discusso se esista un “minimo vitale” da salvaguardare. Con sentenza n. 248/2015 la Corte Costituzionale ha stabilito che l’art. 545 c.p.c., limitando la pignorabilità al quinto della retribuzione, è compatibile con l’art. 36 Cost. (reddito sufficiente) e che non è previsto un ulteriore limite rispetto a quello percentuale. In pratica, anche se lo stipendio è basso, si può procedere al pignoramento nella misura consentita dalla legge, purché non si travalichi la quota massima del 20%. Questo orientamento è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità, che considera prevalente la disciplina speciale dell’art. 545 c.p.c. rispetto al principio costituzionale di tutela del lavoro (art. 36 Cost.).

Le norme fondamentali vanno integrate con altre disposizioni rilevanti: l’art. 72-ter del D.P.R. 602/1973 (che, analogamente, limita la pignorabilità delle pensioni di almeno il doppio dell’assegno sociale), l’art. 156 c.c. e l’art. 54 della L. 83/2015 (per il pignoramento delle somme accreditate sui conti correnti), nonché gli aggiornamenti normativi introdotti di recente (cfr. sezioni successive).


1. Presupposti e oggetto del pignoramento presso il datore di lavoro

1.1 Soggetti coinvolti

  • Il creditore procedente è chi vanta un titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo definitivo, Cambiale Protestata, ecc.) e desidera eseguire il suo diritto di credito attraverso il pignoramento presso terzi. Deve avere già notificato al debitore il precetto di pagamento.
  • Il debitore esecutato è il soggetto che deve la somma (il lavoratore). Egli non è formalmente parte del giudizio esecutivo, ma vi partecipa per effetto del pignoramento dei suoi crediti.
  • Il terzo pignorato è colui che deve al debitore somme o beni. Nel pignoramento dello stipendio, il terzo è il datore di lavoro. Nel caso di stipendi pubblici, potrebbe trattarsi di un ente pubblico o della pubblica amministrazione.
  • Eventuali creditori concorrenti/intervenuti: altri creditori con titoli esecutivi validi possono intervenire nel processo esecutivo per partecipare alla distribuzione, ai sensi dell’art. 525 c.p.c. In particolare, se ci sono più creditori che chiedono trattenute sullo stipendio del medesimo debitore, si applica l’art. 545, comma 5 c.p.c., che disciplina la concorrenza (cfr. sez. 4.3).

1.2 Titolo esecutivo e precetto

Il pignoramento presso terzi si fonda su un titolo esecutivo valido (es. decreto ingiuntivo definitivo, sentenza passata in giudicato, atto notarile con clausola esecutiva, ecc.). Prima di procedere al pignoramento, il creditore deve aver notificato al debitore atto di precetto con intimazione al pagamento (ad esempio, il precetto con riferimento ad una sentenza impagata). Dopo aver atteso l’ordinario termine legale per adempiere (10 giorni), può promuovere l’espropriazione esecutiva.

Forma del pignoramento: L’atto di pignoramento, redatto secondo le forme di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., deve contenere le indicazioni tipiche (titolo esecutivo, indicazione del terzo, somma esatta da pagare, ecc.) e – a seguito delle recenti modifiche – anche un invito al debitore di comunicare il proprio indirizzo PEC o domicilio digitale. L’atto viene notificato sia al terzo pignorato (datore di lavoro) sia al debitore esecutato.

1.3 Somme pignorabili

Come detto, l’importo pignorabile è generalmente un quinto della retribuzione netta mensile. Nel calcolo si considerano tutte le voci salariali (stipendio, indennità, ecc.), con esclusione di quanto espressamente impignorabile (es. retribuzioni che eccedono in misura minima, TFR precedentemente corrisposto, sussidi assistenziali destinati al sostentamento, etc.). Se il lavoratore ha già cessioni o deleghe in corso, esse incidono sulla quota disponibile (vedi sez. 4.3). Ad esempio, se un lavoratore percepisce uno stipendio netto di 2.000 € mensili, il massimo pignorabile sarà 400 € (pari a 1/5).

Il codice prevede alcune casistiche particolari:

  • Accredito dello stipendio su conto corrente: Se lo stipendio viene accreditato su conto corrente bancario o postale intestato al debitore, si applica l’art. 546 c.p.c. aggiornato: se l’accredito avviene prima del pignoramento, l’importo infrangibile è pari al triplo dell’assegno sociale (circa €1.077 per il 2025); se l’accredito avviene alla data del pignoramento o dopo, valgono i limiti del quinto. In altre parole, il datore di lavoro (o la banca, se si trattasse di pignoramento di conto) deve trattenere le somme pignorate nei limiti di legge.
  • Debito alimentare: Se il credito da riscuotere è di natura alimentare, la trattenuta segue regole speciali: di solito occorre l’autorizzazione del tribunale (art. 545, comma 6 c.p.c.), e la somma trattenibile può arrivare fino al 50% dello stipendio a seconda dei casi. In ogni caso, queste ipotesi richiedono un accertamento specifico e vengono trattate separatamente dagli altri crediti.
  • Pignoramento interscambio contratti di finanziamento: La cessione del quinto e altre forme di delega di pagamento concordate dal lavoratore non sospendono automaticamente il pignoramento, ma incidono sulla quota disponibile (se vi è già un quinto ceduto, si potrà pignorare al massimo la differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta).

2. Fasi procedurali del pignoramento dello stipendio

Il pignoramento presso il datore di lavoro è un procedimento “a formazione progressiva”, articolato nelle seguenti fasi principali:

  1. Iscrizione a ruolo: Il creditore deve iscrivere l’esecuzione presso il tribunale competente (solitamente quello del domicilio del debitore o del luogo di esecuzione).
  2. Notifica dell’atto di pignoramento: L’atto di pignoramento viene notificato al terzo (datore di lavoro) e al debitore esecutato. A decorrere da tale notifica, il terzo è vincolato come un custode dei beni fino alle somme dovute al debitore, nei limiti stabiliti.
  3. Dichiarazione del terzo (art. 547 c.p.c.): Il terzo pignorato (datore di lavoro) deve rilasciare una dichiarazione di debito, indicando a quanto ammontano le somme dovute al debitore e quando devono essere pagate. Si può fare per via cartacea, via PEC, o tramite un procuratore. Dev’essere specificato se e quali somme e indennità (anche di fine rapporto) sono a titolo di retribuzione e la data di pagamento.
  4. Udienze di accertamento: Dopo la dichiarazione del terzo, il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza per verificare l’esattezza delle somme indicate. Se alla prima udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione del terzo, il giudice rinvia l’udienza successiva, notificando al terzo l’ordinanza almeno 10 giorni prima. Se il terzo non compare o si rifiuta di dichiarare nella nuova udienza, si considera non contestato il credito pignorato e si procede all’assegnazione.
  5. Opposizioni: Il debitore o terzi possono opporsi all’esecuzione. In particolare, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) se sussistono vizi o illegittimità nell’atto di pignoramento (ad esempio errore sull’importo, mancanza di titolo valido, difetto di iscrizione a ruolo entro i termini). In tali casi, il procedimento prosegue con un giudizio speciale: se l’opposizione è accolta, il pignoramento può essere dichiarato inefficace. Anche il terzo (datore di lavoro o banca) può impugnare l’ordinanza di assegnazione entro 10 giorni se non è stato debitamente informato (art. 548 c.p.c.).
  6. Assegnazione delle somme (art. 552-553 c.p.c.): Una volta accertato l’obbligo del terzo, il giudice dell’esecuzione emette ordinanza di assegnazione delle somme. Tale ordinanza stabilisce le scadenze e modalità di pagamento ai vari creditori (tra cui altri creditori intervenuti) secondo le quote spettanti. Il termine ordinario di pagamento del terzo è fissato in 8 giorni dalla scadenza del periodo in cui avrebbe dovuto erogare la retribuzione (solitamente 8 giorni dopo il giorno di paga mensile).
  7. Pagamento e distribuzione: Il terzo esegue il pagamento al creditore entro il termine stabilito. Se il debito è saldato prima del termine di iscrizione a ruolo, il creditore deve comunicarlo subito a debitore e terzo: da quel momento cessa l’obbligo di trattenuta. Se il debito non è saldato, il giudice provvede all’assegnazione delle somme nei confronti del creditore procedente e degli eventuali creditori intervenuti, con le relative notifiche.

Durante tutto il procedimento, la diffida al terzo è prassi consolidata: spesso il creditore notifica al datore di lavoro un invito a pagare l’intera somma direttamente in proprio, solitamente chiedendo il 100% della somma (anticipando la notifica formale di pignoramento). Ciò, però, ha effetto soltanto dopo la formale iscrizione a ruolo. 


3. Tutela del debitore in ogni fase del procedimento

La legge e la giurisprudenza prevedono diversi istituti a tutela del debitore in fase esecutiva. Le tutele si articolano in più momenti:

  • Verifica formale: Il debitore può controllare che tutti gli atti siano stati correttamente eseguiti (titolo, notifiche, iscrizione a ruolo). L’inosservanza delle forme (ad es. mancata iscrizione dell’esecuzione entro 30 giorni dalla notifica del pignoramento) rende inefficace il pignoramento; analogamente, se il creditore si è opposto in sede esecutiva, l’attuazione è sospesa fino alla decisione. Le recenti modifiche del 2024 impongono inoltre al creditore di dichiarare al debitore (e al terzo) l’inefficacia del pignoramento nel caso in cui l’esecuzione non venga iscritta a ruolo nei tempi previsti. Questo garantisce al debitore di non subire ingiustamente trattenute quando il procedimento non è stato tempestivamente avviato.
  • Limiti di retribuzione: Come ricordato, il debitore gode di una protezione “automatica” tramite i limiti percentuali (1/5 e, nel caso di concorrenza tra crediti diversi, 1/2 dello stipendio). In particolare, per evitare un sovra-pignoramento, l’art. 545 c.p.c. comma 5 dispone che in caso di concorso di crediti di natura diversa la trattenuta non può eccedere la metà della retribuzione. Se il datore di lavoro o un creditore trattenesse più del consentito, il debitore può far valere l’opposizione all’esecuzione per violazione di legge.
  • Opposizione all’esecuzione: Il debitore può proporre opposizione (art. 615 c.p.c.) per vizio o inefficacia del titolo e degli atti. Tipici motivi di opposizione sono: indebitamente pignorate somme oltre il quinto; notifica irregolare; pignoramento su crediti inesistenti o già estinti; mancato rispetto del “minimo vitale” nel caso di retribuzioni particolarmente basse (anche se, come detto, tale limite non è autonomamente previsto dalla legge). Se l’opposizione è accolta dal giudice, il pignoramento può essere dichiarato inefficace o modificato.
  • Intervento del difensore e informazione: Dalla riforma Cartabia 2024 è obbligatorio indicare nell’atto di pignoramento l’indirizzo PEC del debitore. Ciò favorisce una più rapida comunicazione degli atti e tutela il debitore da mancata conoscenza. In ogni fase, il debitore può contattare il proprio legale per chiedere chiarimenti e sollevare eccezioni.
  • Termine decadenziale: Va annotato che l’esecuzione si estingue di diritto dopo 10 anni dalla notifica del pignoramento (o, in caso di più terzi, dall’ultima notifica). Di fatto, il debitore non può subire trattenute indefinite nel tempo. Inoltre, nei due anni antecedenti i dieci anni l’esecutato (e gli eventuali creditori intervenuti) sono informati con una “dichiarazione di interesse” che il creditore può notificare per estendere l’efficacia del pignoramento. In assenza di tale dichiarazione, il pignoramento decade automaticamente, sciogliendo ogni obbligo di trattenuta. Si tratta di tutela indiretta: il debitore sa che dopo un periodo lungo di inattività l’azione esecutiva si estingue.

In sintesi, il debitore è protetto da norme che ne limitano l’esposizione (ad es. il vincolo di trattenere solo 1/5) e da rimedi processuali (opposizioni e decadenze). La giurisprudenza, come visto (Cass. 248/2015), ha confermato l’equilibrio di sistema tra interesse del creditore e tutela del lavoratore, pur lasciando margine al legislatore per eventuali tutele aggiuntive in casi estremi.


4. Quote pignorabili, limiti e soglie

Di seguito si riassumono i principali limiti quantitativi e le soglie normative:

  • Quota massima generale: 1/5 (20%) della retribuzione netta mensile. È il limite ordinario per ogni singolo creditore (diverso dai casi speciali).
  • Concorrenza di creditori diversi: Se vi sono più crediti di diversa natura (ad es. un creditore alimentare, un fisco, un creditore privato), il limite totale non può superare 1/2 dello stipendio lordo. In pratica, quando operano insieme crediti alimentari, tributi, altri, la trattenuta complessiva può arrivare fino al 50%. In presenza di cessione del quinto già in corso, si applica anche l’art. 68 del D.P.R. 180/1950, che prevede che la somma dei pignoramenti concorrenti (compresa la cessione) non possa eccedere la differenza tra metà dello stipendio e la quota già ceduta (così da garantire sempre una parte almeno pari all’1/2 dello stipendio libero da trattenute).
  • Limiti per crediti alimentari: Normalmente il credito alimentare è impignorabile, salvo casi particolari (ad es. per esecuzioni con fine alimentare devono essere rispettate quote minime di sostentamento). In pratica, se il creditore è alimentare, può ottenersi un’autorizzazione ad agganciare fino a 50% dello stipendio residuo ai sensi dell’art. 545, comma 6 c.p.c. (dopo autorizzazione del tribunale).
  • Esenzioni particolari: Le pensioni basse (fino al doppio dell’assegno sociale) sono totalmente esenti se già accreditate (cfr. art. 72-ter DPR 602/1973). Per il 2025, l’assegno sociale è di €538,68 mensili (13 mensilità), per cui un’ipotesi teorica di pensione di €1.077 al mese è del tutto impignorabile.
  • Limiti per tributi e Agenzia Entrate: Con riferimento ai crediti fiscali:
    • D.P.R. 602/1973 (art.72-ter): fissa sempre l’importo minimo impignorabile pari al doppio dell’assegno sociale (circa €1.077 mensili nel 2025) in caso di pensione/pensione sociale.
    • Agenzia delle Entrate – Riscossione: per i debiti tributari il legislatore ha previsto quote massime più basse di quelle ordinarie. In particolare, se lo stipendio (o la pensione) è debitore di un tributo, si può trattenere al massimo un decimo se ≤ €2.500, un settimo se tra €2.500,01 e €5.000, e un quinto se oltre €5.000. Ad esempio: un lavoratore con stipendio netto di €2.400 non può subire più di €240 di pignoramento per debiti fiscali (1/10).
  • Termini di efficacia: Il pignoramento del credito cessa di diritto dopo dieci anni dalla notifica (come detto), salvo proroga. Se il pignoramento resta in vigore, i contratti in corso (quali cessioni/deleghe) possono comunque concorrere alle trattenute ma nel rispetto dei limiti summenzionati.

Le seguenti tabelle riassumono limiti, termini e soglie normativi:

Tipologia di creditoQuota massima pignorabileRiferimenti/Note
Crediti alimentari0% (impignorabile, salvo autorizz.)Salvo casi di alimenti; serve nulla-osta (art. 545 c.p.c., comma 6)
Stipendio (creditore ordinario)1/5 (20%)Limite ordinario dell’art. 545 c.p.c.
Concorso di crediti diversi1/2 (50%) complessivoArt. 545 c.p.c., comma 5: se pignoramenti per cause diverse
Cessione del quinto + pignoramenti successiviDifferenza tra 1/2 dello stipendio e quota cedutaArt. 68 DPR 180/1950; Cass. n.4584/1995
Credito fiscale (AdE-R)1/10 – 1/7 – 1/5 (graduato)Se stipendio ≤ €2.500: 1/10; ≤ €5.000: 1/7; oltre: 1/5
Pensione (art.72-ter DPR 602/73)Doppio assegno socialePensione fino al doppio dell’assegno sociale (∼€1.077 nel 2025) impignorabile
Termine efficacia del pignoramento10 anniL’art. 551-bis c.p.c. (D.L. 19/2024) stabilisce la decadenza dopo 10 anni
Mancata iscrizione a ruoloInefficace se non iscritta entro i terminiIl creditore deve dichiarare inefficacia entro 5 giorni dalla scadenza (c.d. “correttivo Cartabia”)

5. Aggiornamenti normativi e giurisprudenziali (fino a giu. 2025)

Negli ultimi anni il pignoramento presso terzi è stato interessato da significativi interventi normativi e da pronunce giurisprudenziali rilevanti.

  • Riforma Cartabia – Decreto correttivo 164/2024: Pubblicato l’11 novembre 2024 ed entrato in vigore il 26/11/2024, il Decreto legislativo n. 164/2024 ha modificato vari aspetti del codice di procedura civile. In materia di espropriazione presso terzi si segnalano in particolare:
    • Nuova forma dell’atto di pignoramento: è richiesto di indicare nell’atto l’invito al debitore a comunicare PEC/domicilio digitale.
    • Art. 543 c.p.c., comma 5: Chiarisce che, in caso di pignoramento presso più terzi, l’inefficacia dell’atto opera solo nei confronti dei terzi non notificati o non iscritti a ruolo. In altre parole, se l’esecutato ha più crediti rivolti a diversi terzi, e uno di tali terzi non riceve correttamente l’avviso di pignoramento o di iscrizione, il pignoramento resta efficace verso gli altri terzi notificati.
    • Art. 543 c.p.c., comma 6 (nuovo): Se il creditore ottiene il pagamento del debito prima della scadenza del termine di iscrizione a ruolo, deve informare immediatamente debitore e terzo. Da quel momento cessa l’obbligo del terzo di ulteriori trattenute. Questo evita inutili trattenute se il debito viene estinto spontaneamente durante il procedimento.
    • Reclamo dopo decorso termini: Il correttivo ribadisce che, se l’esecuzione non è iscritta nei termini (30 giorni dalla notifica del pignoramento), il creditore deve dichiarare l’inefficacia dell’atto a debitore e terzo entro 5 giorni dalla scadenza. In questo modo il debitore diventa consapevole della fine anticipata dell’esecuzione.
  • Decreto-legge “PNRR” 19/2024 (2 marzo 2024): L’art. 25 di tale decreto (convertito con L.56/2024) ha introdotto l’art. 551-bis c.p.c., novità di rilievo per la durata dell’efficacia del pignoramento dei crediti verso terzi. Tale norma prevede che, salvo pronuncia di assegnazione o chiusura del processo, il pignoramento perde effetto dopo 10 anni dalla notifica al terzo. Nei due anni antecedenti l’annualità decennale il creditore (o un creditore intervenuto) può notificare una “dichiarazione di interesse” per conservare il vincolo pignoratizio: dopo tale notifica resta efficace la misura a favore del creditore. In mancanza della dichiarazione, trascorsi 10 anni il pignoramento cessa di diritto e il debitore è liberato dalle trattenute. Inoltre, nel pignoramento verso più terzi, l’inefficacia decade solo verso i terzi non destinatari della dichiarazione di interesse. Questa innovazione rafforza la certezza dei tempi di esecuzione: il debitore sa che dopo un lungo periodo l’espropriazione si estingue automaticamente.
  • Giurisprudenza costituzionale: Come già richiamato, la Corte Costituzionale con sent. n. 248/2015 ha confermato la legittimità dell’art. 545 c.p.c. nelle parti in cui stabilisce il pignoramento fino a 1/5 senza ulteriore tutela per i redditi da lavoro. Ciò significa che la restrizione percentuale è considerata sufficiente a contemperare gli interessi, anche in presenza di bassi redditi (restano comunque impugnabili eventuali eccessi pignorati con l’opposizione all’esecuzione).
  • Giurisprudenza di legittimità: La Cassazione ha più volte ribadito i principi di concorrenza tra creditori e di eventuali limiti: ad es., Cass. civ. n. 4584/1995 ha affermato che in presenza di cessione del quinto e pignoramenti successivi la somma complessivamente trattenibile non può superare la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta. Altre pronunce hanno chiarito questioni procedurali sul procedimento incidentale dell’art. 549 c.p.c., sull’efficacia del pignoramento non opposizione del terzo, ecc.
  • Aggiornamenti di legge: Va segnalata anche la prassi legislativa sui tempi fiscali: nel 2024 il Governo ha in studio una riforma del fisco locale per accelerare l’esecuzione dei tributi (riduzione da 180 a 60 giorni per iscrizione a ruolo di IMU/TARI), ma tali misure riguardano in generale le tempistiche di iscrizione a ruolo e successiva esecuzione (non modificano direttamente le quote di pignorabilità dello stipendio).

In sintesi, rispetto al passato la disciplina del pignoramento del salario è rimasta sostanzialmente invariata nei contenuti essenziali, con novità procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia e dal c.d. Decreto PNRR (istituzione dell’art. 551-bis). Le novità legislative recenti hanno ancor più accentuato la chiarezza sui termini di efficacia e sull’onere di comunicazione del pagamento al debitore, a vantaggio della trasparenza dell’azione esecutiva.


6. Prassi operative presso i principali tribunali italiani

Nella prassi forense possono riscontrarsi alcune differenze procedurali tra tribunali (Milano, Roma, Napoli, ecc.). Si riportano qui cenni generali, tenendo conto che ogni ufficio esecuzioni può avere proprie circolari o prassi interne:

  • Tribunale di Milano: Gli Uffici esecuzione mobiliare del Tribunale di Milano solitamente richiedono la presentazione dell’atto di pignoramento e di tutti gli allegati (titolo, precetto, dichiarazione del terzo, procura, ecc.) in formati precisi, spesso tramite deposito telematico. È prassi consolidata verificare l’inesistenza di rapporti debitori già in corso (cessionari presso l’INPS) tramite visti in banca dati. Milano spesso fissa udienze abbastanza ravvicinate per l’accertamento dell’obbligo del terzo. In casi di pignoramenti multipli il giudice dell’esecuzione convoca rapidamente le parti per valutare richieste di riduzione o inefficacia (art. 546 c.p.c.).
  • Tribunale di Roma: Anche a Roma l’esecuzione presso terzi è gestita telematicamente. Il Tribunale di Roma (Sez. Esecuzioni Mobiliari) utilizza modalità snelle di notifica, inclusa la PEC. Nei pignoramenti dello stipendio, può chiedersi precisi calcoli delle quote trattenute e la documentazione reddituale aggiornata. È comune che il giudice verifichi con attenzione la correttezza del computo delle somme pignorabili (in relazione a cedole paga e contributi) per tutelare il lavoratore. Il Tribunale di Roma ha emanato nel tempo anche alcune linee guida interne sugli adempimenti.
  • Tribunale di Napoli: A Napoli, tradizionalmente, l’iter esecutivo può subire qualche slittamento a causa di carichi di lavoro, ma ultimamente i tribunali campani hanno adottato anch’essi sistemi telematici avanzati. A Napoli il creditore deve spesso indicare con precisione la data di ogni possibile pagamento (mensile o periodico). Il Tribunale di Napoli presta attenzione alla corrispondenza tra le trattenute e i periodi di paga (ad esempio se ci sono tredicesime o premi). Ogni ufficio di cancelleria può chiedere chiarimenti sui conteggi prima di fissare l’udienza.
  • Altre note generali: Alcuni tribunali, in caso di più pignoramenti dello stesso stipendio, invitano le parti a concordare una divisione (anche attraverso soluzioni bonarie) prima dell’udienza. Le modalità di pubblicazione degli avvisi di deposito in cancelleria o di comunicazione tramite PEC possono variare leggermente. In ogni caso, la forma dell’atto di pignoramento presso terzi è uniformata per legge, e le differenze pratiche sono solo organizzative: tempi di fissazione udienze, modalità di notifica delle ordinanze di assegnazione, richieste di documentazione integrativa, ecc.

Differenze rilevanti:

  • A Milano è prassi eseguire prima le trattenute alimentari (cfr. art. 545) e poi suddividere la parte restante, con eventuale rilascio di quietanze ai terzi; a Roma e Napoli analogamente, ma con tempistiche talvolta più estese.
  • In alcuni Tribunali (ad es. Napoli) si richiede spesso che il datore di lavoro costituisca presso il tribunale le somme trattenute, anziché pagare direttamente, per accelerare il rilascio di ordini di pagamento. Altri tribunali (Milano, Roma) accettano invece ordini di pagamento diretto al creditore con rendicontazione successiva.

In generale, sebbene i principi sostanziali siano comuni a tutta Italia, l’avvocato o il consulente dovranno verificare sempre le circolari interne (se disponibili) e i moduli richiesti dal singolo tribunale. Il rispetto puntuale delle formalità (notifica, modulistica, calcoli) è essenziale per evitare ritardi o eccezioni.


7. Esempi pratici e simulazioni

Di seguito si presentano alcuni casi pratici di pignoramento stipendio, illustrando calcoli e situazioni applicative.

  • Caso 1 – Stipendio unico creditore ordinario: Mario Rossi percepisce uno stipendio netto mensile di €2.500. Un creditore privato (ad esempio, banca o altro) procede al pignoramento di €20.000. L’esecuzione autorizza il pignoramento del quinto: quota mensile pignorabile = €2.500 × 1/5 = €500. Il datore di lavoro tratterrà €500 ogni mese finché durano i pagamenti o fino all’esaurimento del credito. In questo caso, la quota residua garantita per Mario rimane €2.000 al mese (4/5 dello stipendio). Se dopo 4 mesi il debito sarà estinto (€500×4 = €2.000), il creditore deve comunicarlo e il datore di lavoro cesserà trattenute.
  • Caso 2 – Credito alimentare concorrenza: Luisa Bianchi riceve €1.200 netti al mese. Ha due creditori: (a) ex-coniuge con titolo alimentare (sentenza divorzio, €300 mensili), (b) una ditta privata (fornitura, €5.000). L’ex-coniuge può pretendere fino al 50% di quello che resta dopo la quota alimentare (art. 545, c.3-4). In pratica, dal suo stipendio si fanno due blocchi: prima l’assegno di €300 (che non viene “pignorato” ma versato direttamente all’ex marito), poi del residuo €900 si può pignorare fino a metà se si considera concorso di creditori (alimentare + privati). La legge consente in via eccezionale fino al 50% complessivo per concorrenza. Qui, il creditore alimentare avrebbe già prelazione, poi il pignoramento di €900 è limitato a €450 (metà). Quindi Luisa percepirà almeno €450 mensili in più oltre i €300 già destinati all’ex marito.
  • Caso 3 – Concorrenza con cessione del quinto: Giorgio Verdi ha stipendio €3.000 netti. Ha già ceduto il 20% a banca (cessione quinta = €600 mensili). Ora un altro creditore chiede pignoramento. Secondo la prassi, la trattenuta del nuovo pignoramento non può superare la metà dello stipendio (qui €1.500), ma tenendo conto della quinta già in corso. Infatti la legge impone (art. 68 DPR 180/1950) che la somma di cessione + pignoramento non ecceda il 50%. Con la quinta, già utilizza €600 di €1.500 massimi, quindi il nuovo pignoramento potrà arrivare fino a €900 al mese (ottenendo così assieme i €1.500 consentiti). Se il creditore pignorante era un privato con titolo esecutivo, questa è la quota massima anche se il quinto ne occupa parte. Se, invece, vi fossero più creditori privati senza altri tipi di credito, l’importo complessivo non supererebbe 1/5 dell’intero stipendio, cioè €600; ma dato che qui un credito è garantito (ceduto), il residuo fungibile è €2.400, di cui si può utilizzare fino a €480 per altri creditori (operando sempre secondo 1/5 rispetto al lordo). Tuttavia, per non complicare, si applica la regola pratica della differenza tra metà e ceduto: €1.500–€600 = €900, come sopra.
  • Caso 4 – Pignoramento per cartella esattoriale (AdE-R): Anna Neri percepisce €2.800 netti al mese. L’Agenzia delle Entrate Riscossione le notifica una cartella per un debito di €4.000 di imposte locali. Il limite applicabile è 1/10 (poiché 2.800 < 2.500 è falso, quindi si applicherà 1/7, dato che rientra tra 2.500,01 e 5.000). Quindi, al massimo può essere trattenuto €2.800 × 1/7 ≈ €400 mensili (14,3%). Di conseguenza, Anna continuerà a percepire almeno €2.400 netti (85,7% dello stipendio).
  • Caso 5 – Estinzione anticipata del debito: Mario (caso 1) decide di pagare spontaneamente €5.000 del suo debito prima della scadenza delle udienze. Il creditore a cui spettano questi €5.000 li versa interamente al datore di lavoro prima del termine di iscrizione a ruolo. A questo punto, come previsto dalla riforma Cartabia, il creditore deve immediatamente comunicarlo a Mario e al datore. Dal momento della comunicazione, il datore di lavoro è autorizzato a interrompere le trattenute successive (poiché il debito residuo è diventato €15.000). Le restanti trattenute proseguiranno fino a esaurimento del nuovo debito, secondo le medesime modalità.

Nei calcoli di trattenute si procede spesso tramite Tabelle o Fogli Excel per non commettere errori. È buona prassi riassumere i dati in uno schema numerico (con stipendio, quota trattenuta, residuo, debiti residui, ecc.), indicando mese per mese. In situazioni complesse (cedole paga multiple, trattenute alimentari, pignoramenti contemporanei) può essere utile preparare un prospetto analitico come quello che vedrebbe l’avvocato/datore di lavoro nel procedimento esecutivo.


8. Tabelle riepilogative

Per comodità, si riportano alcune tabelle di sintesi:

1) Quote pignorabili ordinarie e concorrenti

Credito richiedente% pignorabileSoglie e condizioni
Credito ordinario (privato/pubblico)20% (1/5)Finché non concorrono altri crediti “diversi”
Concordato (diversi crediti)50% (1/2)Se concorrono più crediti di natura diversa
Cessione/delega + pignoramentidipendeTotale ≤ 1/2 dello stipendio; attuata seconda la diff. tra 1/2 e quota ceduta

2) Limiti speciali per tributi e pensioni

CasoQuota impignorabileRiferimenti normativi
Pignoramento da AdE-R (stipendi fino €2.500)10% (1/10)(Debito fiscale)
Pignoramento da AdE-R (€2.500–€5.000)14,3% (1/7)(Debito fiscale)
Pignoramento da AdE-R (> €5.000)20% (1/5)(Debito fiscale)
Pensioni di importo fino a doppio assegno sociale (~€1.077)0% (impignorabile)Art. 72-ter DPR 602/73; assegno sociale 2025=€538,68
Pignoramento su conto correnteTriplo assegno sociale (≈€1.616 nel 2024; ~€1.077 nel 2025)Art. 546 c.p.c. e art. 72-ter (il terzo non può trattenere oltre questa soglia)
Termine efficacia espropriazione10 anniArt. 551-bis c.p.c. (D.L. 19/2024)

3) Termini procedurali principali

AdempimentoTermineRiferimento normativo
Notifica precetto al debitorePrecedente all’esecuzione
Iscrizione dell’esecuzione a ruoloEntro 30 gg dalla notifica pignoramentoArt. 543 c.p.c. (forma del pignoramento)
Pagamento da parte del terzo (datore di lavoro)8 giorni dal periodo retributivoArt. 548 c.p.c. (dichiarazione del terzo)
Udienza per mancata dichiarazione del terzo10 gg prima della nuova udienzaArt. 548 c.p.c. (comma abrogato ma rubricato)
Riduzione/inefficacia pignoramenti multipli (richiesta)20 giorni decisione del giudiceArt. 546 c.p.c. (ultimo comma)
Opposizione all’esecuzione (termine per il debitore)40 giorni dalla notifica del pignoramento (art. 617 c.p.c.)Opposizione esecuzione (art. 615 c.p.c.)
Estinzione automatica del pignoramento10 anni dalla notificaArt. 551-bis c.p.c. (D.L. 19/2024)

9. Domande frequenti (FAQ)

  • D: Qual è la quota massima dello stipendio che può essere pignorata?
    R: In linea di massima il datore di lavoro può trattenere fino a 1/5 (20%) della retribuzione netta mensile. Se si verificano concorrenze particolari (altri creditori, cessione del quinto), il limite complessivo può arrivare al 50% di quel netto. Nei casi di debito fiscale con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, valgono limiti più ridotti (1/10 o 1/7) a seconda dell’importo dello stipendio.
  • D: Lo stipendio è pignorabile anche se basso o unico reddito familiare?
    R: Sì, secondo la legge vigente si può pignorare anche l’unico stipendio del debitore nei limiti predetti. La Corte Costituzionale (sent. 248/2015) ha confermato che non sussiste un ulteriore limite costituzionale (art. 36 Cost.) oltre a quello percentuale. Ciò significa che, pur essendo inevitabilmente gravoso per redditi modesti, il debitore può subire trattenute finché non si violano i limiti di legge. Eventuali dubbi sulla liceità dell’ammontare possono essere risolti con opposizione all’esecuzione.
  • D: Cosa succede se il debitore ha già una cessione del quinto?
    R: In tale ipotesi la somma trattenuta complessivamente (cedola + pignoramento) non può superare la metà dello stipendio. Praticamente si applica l’art. 68 del D.P.R. 180/1950 insieme all’art. 545 c.p.c.: la differenza tra metà dello stipendio e la quota ceduta rappresenta la quota massima pignorabile. Ad esempio, se metà stipendio è €1.500 e già ne sono stati ceduti €600, il pignoramento non potrà eccedere €900.
  • D: In quale momento posso difendermi?
    R: Il debitore può opporsi fin da subito sollevando eccezioni procedurali (es. notifica irregolare o mancata iscrizione a ruolo) o di merito (dubitare del diritto del creditore). In ogni fase – prima dell’udienza di accertamento del terzo, o quando viene emessa l’ordinanza di assegnazione – il debitore può presentare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), chiedendo che si accerti l’illegittimità del pignoramento. È importante agire entro i termini processuali, altrimenti il pignoramento resta valido e le trattenute saranno eseguite.
  • D: Quali tutele prevede la legge per proteggere il mio stipendio?
    R: Oltre ai limiti percentuali (vedi sopra), è prevista la salvaguardia dei trattamenti minimi: ad es. se l’accredito avviene su conto, rimane libero il triplo dell’assegno sociale (cfr. riquadro). Inoltre, il creditore deve comunicare subito l’estinzione del debito: in tal caso il datore smette di trattenere (cfr. sezione 2). Infine, dopo 10 anni senza atti continuativi, il pignoramento decade automaticamente (salvo dichiarazione di interesse del creditore).
  • D: Posso oppormi dicendo che non è stato rispettato il “minimo vitale”?
    R: L’art. 545 c.p.c. stabilisce espressamente i limiti di pignorabilità (1/5) e non parla di un minimo vitale assoluto. Secondo la Corte Costituzionale, già citata, non è previsto un ulteriore criterio di impignorabilità per lo stipendio oltre a quello percentuale. Quindi in genere non si può chiedere di pignorare meno di quanto consente la legge. Tuttavia, se il terzo (datore) dovesse trattenere somme eccedenti il 20% o in modo irregolare, il debitore può chiedere al giudice di accertare il vizio e di dichiarare inefficace la parte di pignoramento eccedente.
  • D: E se il creditore si costituisce debitamente pagato prima dell’udienza?
    R: Se il creditore incassa (anche da terzi o dal debitore) il proprio credito prima che si perfezioni la fase esecutiva (cioè prima che scada il termine per iscrivere a ruolo), deve darne comunicazione a debitore e terzo. Da quel momento l’atto di pignoramento si estingue e il datore di lavoro non deve più trattenere nulla. In pratica il pignoramento cessa per sopravvenuta estinzione del credito.

Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali

Le informazioni contenute in questa guida si basano su:

  • Fonti normative: Codice di procedura civile (artt. 545-551-bis c.p.c.), con le modifiche recate dal D.Lgs. 31.10.2024 n. 164 (cd. correttivo Cartabia) e dal D.L. 2.3.2024 n. 19 (cd. Decreto PNRR); D.P.R. 602/1973, art. 72-ter; D.P.R. 5.1.1950 n. 180 (art. 68); L. 6.8.2015 n. 132 (comma 6 art. 23 del D.L. 83/2015); Legge 12.11.2014 n. 162 (riforma esecuzioni) e successive modifiche.
  • Giurisprudenza: Corte Costituzionale, sentenza n. 248/2015 (ribadita compatibilità di art. 545 c.p.c. con art. 36 Cost.); Cassazione Civile, sent. n. 4584/1995 (concetto di cumulo tra cessione del quinto e pignoramenti); Cass. civ., sez. lav., 23.4.2003 n. 6432; varie pronunce sulla procedura esecutiva, sull’opposizione all’esecuzione e sull’inefficacia del pignoramento (tra cui Cass. 20/1968, Cass. 506/2002, ecc.).

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